14 AURORA EssErE italiani a BruxEllEs - rifondazione.be · a tutti noi che veniamo da paesi caldi e...

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AURORA – n. 5 – Anno II – aprile 2009 14 O ggi è stata una di quelle giornate rigide dell’inverno che sembra non andarsene più via. Salvatore, questa sera, è tutto stretto nella sua giacca. Fuori fa ancora freddo. Non siamo potuti arrivare con molto anticipo rispetto all’inizio dell’incontro perché ci troviamo nel mezzo della settimana, alla fine di una faticosa giornata lavorativa; e, anche metten- do il termosifone al massimo, il locale della sezione dove ci incontriamo non si riscalda immediatamente. Riusciamo ad ambientarci dopo un po’ e ci leviamo i cappotti, Salvatore no, il freddo ce l’ha dentro: “Ho lavorato tutto il giorno fuori, ho ancora freddo” dice stringendosi nel giaccone. Quando accumuli tanto freddo ce ne vuole per riscaldarsi e se il locale non è ben riscaldato neanche una birra ti aiuta. Con la scusa di aiutare Salvatore tutti ci facciamo una birra ed iniziamo così a parlare della situazione di Bruxelles. Ci sono Carmelo, Giuseppe, Marco, Massimo, Pino e Salvatore. Nessuno di loro appartiene alla parte di collettività italiana privilegiata che lavora alle istituzioni dell’UE. Ognuno dice la sua, non è possibile riassumere in poche righe due ore di “chiaccherata/ intervista” citando singolarmente ognuno. Poiché ognuno aggiunge il suo punto di vista all’altro, si sovrappongono e si completano. Nessuno interviene sul freddo, perché è questione ben nota a tutti, in particolare per chi lavora all’aperto. Questione nota a tutti noi che veniamo da paesi caldi e questa non è la solita retorica, ma vissuto profondo. È una di quelle cose che hai dentro, che condividi autonomamente, “a prescindere” si potreb- be dire, e che ti accom- pagna anche in tutte le relazioni sociali. La “chiacchierata” fa allora, subito, af- fiorare i paragoni tra i 19, diversi comuni che compongono la capitale belga. Bruxel- les è, infatti, formata da 19 municipalità indipendenti (fino a qualche anno fa ogni Comune aveva anche ESSERE ITALIANI A BRUXELLES: incontro con 6 connazionali di Roberto Galtieri, Bruxelles la sua propria polizia...). Ogni comune ha dunque un suo sindaco, i suoi assessori ed una sua propria amministrazione comunale. Esiste un organismo amministrativo che riassume tutti i 19 comuni e qualche altro limitrofo; si chiama “region de Bruxelles capitale”, ma i connazionali parlano delle con- dizioni di vita nei comuni dove loro vivono: in questo caso Molembeek, Anderlecht, Koelkelberg, Schaerbeek. Non sono comuni ricchi questi, come, per esempio, quello di Uccle. Sono comuni i quali, tranne una parte di Schaerbeek, non sono abitati da quella parte di connazionali che lavorano nelle istituzioni dell’UE. I comuni in questione sono comuni popolari, un insieme di culture, lingue, nazionalità, europee e non che hanno in comune la condizione sociale proletaria. Sono comuni la cui popolazione è composta da brussellesi, da vecchia emigrazione “europea” (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia), la seguente “extracomunitaria” (magrebina, turca, etc.) e quella più recente proveniente dai paesi dell’est europeo. La convivenza tra le diverse culture spesso evidenzia problemi di relazioni sociali. Per quanto ci riguarda, le collettività italiana e araba sono nettamente separate tra di loro. Ad un orecchio Carmelo.

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AURORA – n. 5 – Anno II – aprile 200914

O ggi è stata una di quelle giornate rigide dell’inverno che sembra non andarsene più via. Salvatore, questa sera,

è tutto stretto nella sua giacca. Fuori fa ancora freddo. Non siamo potuti arrivare con molto anticipo rispetto all’inizio dell’incontro perché ci troviamo nel mezzo della settimana, alla fine di una faticosa giornata lavorativa; e, anche metten-do il termosifone al massimo, il locale della sezione dove ci incontriamo non si riscalda immediatamente. Riusciamo ad ambientarci dopo un po’ e ci leviamo i cappotti, Salvatore no, il freddo ce l’ha dentro: “Ho lavorato tutto il giorno fuori, ho ancora freddo” dice stringendosi nel giaccone. Quando accumuli tanto freddo ce ne vuole per riscaldarsi e se il locale non è ben riscaldato neanche una birra ti aiuta. Con la scusa di aiutare Salvatore tutti ci facciamo una birra ed iniziamo così a parlare della situazione di Bruxelles. Ci sono Carmelo, Giuseppe, Marco, Massimo, Pino e Salvatore. Nessuno di loro appartiene alla parte di collettività italiana privilegiata che lavora alle istituzioni dell’UE. Ognuno dice la sua, non è possibile riassumere in poche righe due ore di “chiaccherata/intervista” citando singolarmente ognuno. Poiché ognuno aggiunge il suo punto di vista all’altro, si sovrappongono e si completano.

Nessuno interviene sul freddo, perché è questione ben nota a tutti, in particolare per chi lavora all’aperto. Questione nota a tutti noi che veniamo da paesi caldi e questa non è la solita retorica, ma vissuto profondo. È una di quelle cose che hai

dentro, che condividi autonomamente, “a prescindere” si potreb-be dire, e che ti accom-pagna anche in tutte le relazioni sociali.

La “chiacchierata” fa allora, subito, af-fiorare i paragoni tra i 19, diversi comuni che compongono la capitale belga. Bruxel-les è, infatti, formata da 19 municipalità indipendenti (fino a qualche anno fa ogni Comune aveva anche

EssErE italiani a BruxEllEs:incontro con 6 connazionalidi Roberto Galtieri, Bruxelles

la sua propria polizia...). Ogni comune ha dunque un suo sindaco, i suoi assessori ed una sua propria amministrazione comunale. Esiste un organismo amministrativo che riassume tutti i 19 comuni e qualche altro limitrofo; si chiama “region de Bruxelles capitale”, ma i connazionali parlano delle con-dizioni di vita nei comuni dove loro vivono: in questo caso Molembeek, Anderlecht, Koelkelberg, Schaerbeek. Non sono comuni ricchi questi, come, per esempio, quello di Uccle. Sono comuni i quali, tranne una parte di Schaerbeek, non

sono abitati da quella parte di connazionali che lavorano nelle istituzioni dell’UE. I comuni in questione sono comuni popolari, un insieme di culture, lingue, nazionalità, europee e non che hanno in comune la condizione sociale proletaria. Sono comuni la cui popolazione è composta da brussellesi, da vecchia emigrazione “europea” (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia), la seguente “extracomunitaria” (magrebina, turca, etc.) e quella più recente proveniente dai paesi dell’est europeo. La convivenza tra le diverse culture spesso evidenzia problemi di relazioni sociali. Per quanto ci riguarda, le collettività italiana e araba sono nettamente separate tra di loro. Ad un orecchio Carmelo.

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disattento gli accenti riservati alla descrizione delle relazioni con gli arabi parrebbero sembrare astiosi; invece, paradossalmente, si tratta di autodenuncia, da parte dei nostri connazionali, dell’incapacità di organizzarsi.

“Se vai dal CPAS (vedi scheda) è sicuro che l’arabo riceve tutti i sussidi possibili, e l’italiano no!”.

“Non è sempre così”.“Certo che è così, ho chiesto al CPAS il sostegno per i

miei genitori e non me l’hanno dato, invece all’arabo con 8 figli sí”.

“Avresti dovuto averne diritto”.“No, tu non ne avevi diritto, perché i tuoi vivevano con

te, che lavori”. “Non lo sapevo”.“Gli arabi invece sanno sempre tutto!”“È per questo che riescono ad ottenere tutto quello che

richiedono”“E certo! Noi italiani siamo individualisti a pensare per

sé; loro invece sono sempre uniti”, e il concetto è rafforzato da una gestualità eloquentissima, ancora maggiore che non l’espressione del concetto: le due mani si congiungono e le dita si compenetrano. Emerge dunque con forza quello che è il pro-blema principale della collettività italiana a Bruxelles. Non c’è comunanza e condivisione delle esperienze e dei problemi. C’è la ricerca dell’amico “importante” che ti può aiutare piuttosto che l’organizzazione del disagio sociale e la creazione di una rete di solidarietà che permetta la condivisione delle informazioni,

del sapere e quindi – a tutti – la pos-sibilità di accedere ai servizi sociali laddove ce ne sia necessità e la rela-tiva possibilità di usufruirne.

Né il patrona-to storico di Bru-xelles, al quale si rivolge questa par-te della collettività di connazionali, l’INCA-CGIL, è più in grado di

svolgere quella qualità di servizio che in precedenza veniva fornito. Troppo spesso, infatti, anche fuori dalle dichiarazioni dei sei connazionali in questioni, ricevo segnalazioni di errori nello svolgimento delle pratiche, assenze, negligenza, pressap-pochismo. Un quadro desolante, che statisticamente non può più essere imputato solo ad una casualità di soggetti che ab-biano subito errori nello svolgimento delle loro pratiche. L’ulteriore assen-za di questo che era un punto di riferimento fonda-mentale peggiora le condizioni ma-teriali e di solida-rietà.

E invece “gli arabi sanno tutto”. Sono organizza-ti, mantengono la loro cultura, la loro lingua, sono solidali e penetrano con capacità e forza il tessuto urbano comunale. Hanno più ascolto presso i borgo-mastri (i sindaci) perché si presentano uniti, propongono loro candidati alle elezioni comunali nelle varie liste dei partiti in cui si riconoscono. Questi candidati sono votati e portano voti alla lista; dunque conseguono il risultato visibile del loro peso numerico e politico, in una parola: “contano”.

“È quello che dobbiamo fare anche noi”.“Dobbiamo innanzi tutto far iscrivere gli italiani nelle liste

elettorali comunali” quale momento concreto di partecipazione e forza negoziale. Sono moltissimi, infatti, i connazionali che

Giuseppe.

Pino.

Cos’é il C.P.A.S.?

Il Centro Pubblico d’Azione Sociale, presente in ogni Comune, assicura assistenza sociale per garantire un salario minimo a coloro i quali dispongono di mezzi economici insufficienti al fabbisogno quotidiano. Chiun-que viva e risieda legalmente in Belgio può accedere ai servizi del CPAS.

Interventi del CPAS :

– Sostegno finanziario– Alloggio– Sostegno per le spese mediche e cure a domicilio– Ricerca di lavoro– Mediazione sui debiti– Sostegno psicologico– Sostegno psicosociale– Assistenza giuridica– Accoglienza di crisi– Accompagnamento e assistenza finanziaria per le

fatture energetiche– Assegni culturali per favorire la partecipazione sociale

e culturale

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non sono iscritti nelle liste elettorali comunali (va ricordato che in Belgio i cittadini comunitari godono del diritto elet-torale attivo – possono candidarsi – e passivo – votano – per le elezioni comunali).

Ci sono italiani eletti nei comuni o nelle altre istituzioni politiche belghe, ma sono ex italiani, figli magari di minatori, come il presidente del Partito socialista, uno dei principali uo-mini politici del Belgio. Ma sono di fatto belgi per lingua, per cultura. Sono italiani di nome, di storia, forse di passato, ma non nel presente o nel futuro. “Dobbiamo andare nei consigli comunali, così potremo contare anche noi”.

“E contare, in questa fase di crisi, in una città dove la disoc-cupazione è al 20%, è e sarà decisivo per non essere emarginati e esclusi”.

La presenza attiva o l’assenza nella gestione politico-ammistrativa comunale del tessuto urbano tocca la vivibilità sociale del comune di residenza. Aiuta o meno a stabilizzare un rapporto con una collettività che si potrebbe trasformarsi in comunità. Permetterebbe dunque di ricucire positivamente un tessuto di relazione anche con le altre comunità.

In questo ambito ogni problema di-venterebbe un problema solvibile e non solo materia di lagnanza. La sporcizia dei comuni, strade, marciapiedi, spazi verdi non sarebbe più un raffronto tra pulizia nei differenti comuni, ma problema da risolvere.

“Ovvio che Uccle (il comune “bene” della città, ndr) sia più pulito”. La discus-sione sulla pulizia dei comuni di residenza porta con sé quella del carico di lavoro degli addetti alle pulizia, e degli straordinari. E il discorso va sul lavoro degli addetti comunali e sul proprio, e ancora, sulle differenza tra comune e comune. Era inevitabile il passaggio, a questo punto, importante, del proprio quotidiano.

Ci si dilunga su questo aspetto, negligendo quello per il quale ci siamo incontrati.

Eppure anche le questioni non affrontate sono elementi interessanti. Come per la ricerca scientifica è importante

anche un progetto di ricerca fallito poiché indica una strada da non percorrere; così, riflettere sui punti non toccati induce a riflessioni importanti sulla presenza italiana a Bruxelles.

I belgi denominano i loro problemi tra fiamminghi e valloni: “problemi comunitari”. Questi sono rilevanti; hanno portato alla paralisi governativa nazionale per ben 9 mesi dopo le scorse elezioni. Il governo alla fine formatosi è caduto. La riforma costituzionale dello stato non c’è stata. Alcuni comuni facenti parte della regione di Bruxelles (il Belgio, stato federale, è diviso in Vallonia, Fiandre, regione di Bruxelles, e regione germanofonica) hanno annunciato che non organizzeranno le prossime elezioni per protesta per la mancata autonomia richiesta. Questi comuni, che fanno parte della regione di Bruxelles ma sono di lingua fiamminga, vogliono staccarsi dalla regione che è maggioritariamente francofona. In altri comuni limitrofi i borgomastri eletti sono francofoni ed il governo della regione fiamminga non permette loro di eser-

citare il mandato elettivo poiché parlano la loro lingua e non il fiammingo. Insomma il Belgio è immerso in una grave crisi isti-tuzionale ed ora anche economica. Ebbene dalla prima, la collettività italiana si sente estranea. Come se la questione non la ri-guardasse. Prova di un autoghettizzazione che aumenta i problemi di isolamento e mancata integrazione, pur non mante-nendo la cultura e la lingua italiane come riferimento primo del proprio essere.

Significativa, dunque, l’assenza di que-ste tematiche; ed elemento di intervento culturale e politico tra i primi.

Abbiamo dunque parlato di Bruxelles. Di come sono inseriti o meno gli italiani che vi risiedono e non fanno parte della

parte privilegiata che lavora nelle istituzioni dell’Unione europea.

Non è stata affrontata la questione relativa al Consolato italiano a Bruxelles ed ai suoi servizi. Questo sarà oggetto di un’inchiesta ulteriore, anche perché per i connazionali è palese che si tratta di un ente inutile ai bisogni, foriero più di problemi e di scortesia che altro.

Massimo. Salvatore.

Marco.