13 maggio · 2015 Convegno Ecclesiale Diocesano 2015: LA ... e volti... · SCOPRI LA MAPPA DELLE...

20
CED 2015, 13 maggio · 2015 SOMMARIO OMMARIO Anno V - n. 9 Convegno Ecclesiale Diocesano 2015 pagg. 1-3 Storia dell’Arcidiocesi pag. 4 Anno della Vita Consacrata pag. 5 Chiese di Puglia verso Firenze 2015 pag. 6 Comunicazioni Sociali pag. 8 Ricerche e studi pagg. 10-11 Libri pag. 12 A 100 anni dalla grande guerra pag. 13 Settimana dell’Educazione pag. 14 Maggio di cultura cristiana pag. 15 Ecclesia in Gargano pagg.16-20 I l percorso pastorale voluto dal no- stro Arcivescovo negli ultimi cin- que anni con la Lettera Pastora- le: “Andate anche voi lavorare nel- la mia vigna” e le annuali Linee Pasto- rali, è noto a tutti. E la diocesi intera è stata chiamata a fare verifica per constatare quel cam- biamento generale di mentalità sul ruolo dei laici nella Chiesa e consolida- re un laicato maturo e impegnato, ca- pace di dare il proprio contributo alla missione ecclesiale nel rispetto dei mi- nisteri e dei compiti affidati ad ognu- no e sempre in comunione col Vescovo. E’ un ruolo di fondamentale importan- za quello dei laici, soprattutto in que- sta fase della nostra storia, che va gui- dato e sorretto dal Magistero sociale della Chiesa per diventare ed essere fucina di solidarietà e carità, per cre- scere nella corresponsabilità di offri- re agli uomini del nostro tempo un fu- turo di speranza, e per avere il corag- gio di formulare alla società proposte esigenti. don Stefano Mazzone* La laicità all’interno della Chiesa, scri- ve il vescovo Bruno Forte nel libro Lai- cato e Laicità – Marietti Editore, si pone su un triplice livello: sul piano dei rapporti intraecclesiali, su quello del- la comune responsabilità dei battezza- ti nei confronti del mondo, infine sul piano del riconoscimento da parte del- la Chiesa del valore proprio delle real- tà del mondo … La laicità nella Chiesa che è quello della tolleranza, del dialo- go e della libertà nella responsabilità di ciascuno in ordine alla crescita della co- munità nella pienezza della verità(cfr Dei Verbum, 8); ed ancora … la laici- tà della Chiesa che significa responsa- bilità di tutti i battezzati, e non solo dei laici, chiamati a farsi presenti alla si- tuazione storica in cui sono posti per- ché tutti sono in forza della dignità bat- tesimale al tempo stesso chiesa che in- segna e chiesa che impara, chiesa che riceve e chiesa che dona lo Spirito (cfr Lumen Gentium, 12); e infine … la lai- cità in ecclesiologia che comporta il ri- spetto e l’attenzione verso la laicità del mondo … fatta attraverso il dialogo e il servizio che non è perdita di identità, ma ritrovamento dell’esigenza evange- lica di “perdere” la propria vita per “sal- varla” (cfr Mt 10,39) ”. Secondo Lumen Gentium 31 del Con- cilio Vaticano II la specificità della vo- cazione laicale si realizza attraverso la chiamata a ricercare il Regno di Dio trattando le cose temporali. segno di unità e fraternità Convegno Ecclesiale Diocesano 2015: LA COMUNITÀ CRISTIANA GREMBO CAPACE DI RIGENERARE Le mani della fede si alzano verso il cielo, ma lo fanno mentre edificano, nella carità, una città costruita su rapporti in cui l’amore di Dio è il fondamento(Lumen Fidei 51) Continua a pag. 2 nistero d’insegnamento soprattut- to nell’Istituto Teologico Pugliese di Molfetta, di cui è stato Direttore per vari mandati, e nella Facoltà di Teo- logia della Pontificia Università La- teranense dove ha occupato la catte- dra di Ecclesiologia fino al momen- to della sua elevazione all’episcopa- to. Autore di diversi libri e articoli, specialmente nell’ambito dell’Eccle- siologia, ha partecipato come relato- re a simposi nazionali e internazio- nali. Il 25 luglio 1998 è stato nomi- nato Vescovo di Oria ove ha svolto il ministero pastorale fino al 1 ottobre 2004, quando è stato trasferito alla Sede Suburbicaria di Albano, di cui è attualmente vescovo. Mons. Seme- raro è stato Segretario speciale al- la X Assemblea Ordinaria del Sino- do dei Vescovi “Il Vescovo ministro del Vangelo per la speranza del mon- do” (settembre-ottobre 2001), e nel giugno 2010 è stato nominato presi- dente della Commissione episcopa- Continua a pag. 2 Mons. Marcello Semeraro al 1° momento del Convegno I l Vescovo mons. Marcello Seme- raro, nato a Monteroni di Lecce nel 1947, ha studiato nel semina- rio Diocesano di Lecce e in quel- lo Regionale di Molfetta ove ha conse- guito la Licenza e poi il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Universi- tà Lateranense. Ordinato sacerdote l’8 settembre 1971, ha svolto l’ufficio di Vice-Rettore nel seminario arcivescovile di Lecce e successivamente in quello regionale di Molfetta. Nell’originaria arcidioce- si di Lecce è stato pure Vicario Episco- pale per il Laicato e per il Sinodo Dio- cesano. Docente di Teologia in diversi Istitu- ti e Facoltà Teologiche, ha svolto il mi-

Transcript of 13 maggio · 2015 Convegno Ecclesiale Diocesano 2015: LA ... e volti... · SCOPRI LA MAPPA DELLE...

CED 2015,

13 maggio · 2015

SOMMARIO

OM

MA

RIO

Anno V - n. 9

Convegno Ecclesiale Diocesano 2015 pagg. 1-3Storia dell’Arcidiocesi pag. 4Anno della Vita Consacrata pag. 5Chiese di Puglia verso Firenze 2015 pag. 6Comunicazioni Sociali pag. 8Ricerche e studi pagg. 10-11

Libri pag. 12A 100 anni dalla grande guerra pag. 13Settimana dell’Educazione pag. 14Maggio di cultura cristiana pag. 15Ecclesia in Gargano pagg. 16-20

Il percorso pastorale voluto dal no-stro Arcivescovo negli ultimi cin-que anni con la Lettera Pastora-le: “Andate anche voi lavorare nel-

la mia vigna” e le annuali Linee Pasto-rali, è noto a tutti. E la diocesi intera è stata chiamata a fare verifica per constatare quel cam-biamento generale di mentalità sul ruolo dei laici nella Chiesa e consolida-re un laicato maturo e impegnato, ca-pace di dare il proprio contributo alla missione ecclesiale nel rispetto dei mi-nisteri e dei compiti affidati ad ognu-no e sempre in comunione col Vescovo.E’ un ruolo di fondamentale importan-za quello dei laici, soprattutto in que-sta fase della nostra storia, che va gui-dato e sorretto dal Magistero sociale della Chiesa per diventare ed essere fucina di solidarietà e carità, per cre-scere nella corresponsabilità di offri-re agli uomini del nostro tempo un fu-turo di speranza, e per avere il corag-gio di formulare alla società proposte esigenti.

don Stefano Mazzone*

“La laicità all’interno della Chiesa, scri-ve il vescovo Bruno Forte nel libro Lai-cato e Laicità – Marietti Editore, si pone su un triplice livello: sul piano dei rapporti intraecclesiali, su quello del-la comune responsabilità dei battezza-ti nei confronti del mondo, infine sul piano del riconoscimento da parte del-la Chiesa del valore proprio delle real-tà del mondo … La laicità nella Chiesa che è quello della tolleranza, del dialo-go e della libertà nella responsabilità di ciascuno in ordine alla crescita della co-munità nella pienezza della verità(cfr Dei Verbum, 8); ed ancora … la laici-tà della Chiesa che significa responsa-bilità di tutti i battezzati, e non solo dei laici, chiamati a farsi presenti alla si-tuazione storica in cui sono posti per-ché tutti sono in forza della dignità bat-tesimale al tempo stesso chiesa che in-segna e chiesa che impara, chiesa che riceve e chiesa che dona lo Spirito (cfr Lumen Gentium, 12); e infine … la lai-cità in ecclesiologia che comporta il ri-spetto e l’attenzione verso la laicità del mondo … fatta attraverso il dialogo e il servizio che non è perdita di identità, ma ritrovamento dell’esigenza evange-lica di “perdere” la propria vita per “sal-varla” (cfr Mt 10,39)”.Secondo Lumen Gentium 31 del Con-cilio Vaticano II la specificità della vo-cazione laicale si realizza attraverso la chiamata a ricercare il Regno di Dio trattando le cose temporali.

segno di unità e fraternità

Convegno Ecclesiale Diocesano 2015: LA COMUNITÀ CRISTIANA GREMBO

CAPACE DI RIGENERARE“Le mani della fede si alzano verso il cielo, ma lo fanno mentre edificano, nella carità, una città costruita su rapporti

in cui l’amore di Dio è il fondamento” (Lumen Fidei 51)

Continua a pag. 2

nistero d’insegnamento soprattut-to nell’Istituto Teologico Pugliese di Molfetta, di cui è stato Direttore per vari mandati, e nella Facoltà di Teo-logia della Pontificia Università La-teranense dove ha occupato la catte-dra di Ecclesiologia fino al momen-to della sua elevazione all’episcopa-to. Autore di diversi libri e articoli, specialmente nell’ambito dell’Eccle-siologia, ha partecipato come relato-re a simposi nazionali e internazio-nali. Il 25 luglio 1998 è stato nomi-nato Vescovo di Oria ove ha svolto il ministero pastorale fino al 1 ottobre 2004, quando è stato trasferito alla Sede Suburbicaria di Albano, di cui è attualmente vescovo. Mons. Seme-raro è stato Segretario speciale al-la X Assemblea Ordinaria del Sino-do dei Vescovi “Il Vescovo ministro del Vangelo per la speranza del mon-do” (settembre-ottobre 2001), e nel giugno 2010 è stato nominato presi-dente della Commissione episcopa-

Continua a pag. 2➜

Mons. Marcello Semeraro al 1° momento del Convegno

Il Vescovo mons. Marcello Seme-raro, nato a Monteroni di Lecce nel 1947, ha studiato nel semina-rio Diocesano di Lecce e in quel-

lo Regionale di Molfetta ove ha conse-guito la Licenza e poi il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Universi-tà Lateranense. Ordinato sacerdote l’8 settembre 1971, ha svolto l’ufficio di Vice-Rettore nel seminario arcivescovile di Lecce e successivamente in quello regionale di Molfetta. Nell’originaria arcidioce-si di Lecce è stato pure Vicario Episco-pale per il Laicato e per il Sinodo Dio-cesano. Docente di Teologia in diversi Istitu-ti e Facoltà Teologiche, ha svolto il mi-

13 M

AG

GIO

201

5

Periodico dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni RotondoAnno V - n. 9 del 13 maggio 2015Iscritto presso il Tribunale di Foggia al n. 13/2010del Registro Periodici - Cronologico 1868/10del Registro Pubblico della StampaDirettore responsabileAlberto CAvAllini

RedazioneUfficio per le Comunicazioni Sociali dell’ArcidiocesiVia s. Giovanni Bosco n. 41/b - Tel 0884.581899 71043 Manfredoniae-mail: [email protected]@gmail.comLe foto pubblicate appartengono all’archivio fotografico dell’Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi

Hanno collaborato a questo numero: don Stefano Mazzone, don Michele Pio Cardone, don Emanuele Spagnuolo, don Nicola Iacovone, Antonio Tomaiuoli, Antonio Stuppiello, Leonardo Ciuffreda, Michelangelo Mansueto, Matteo Di Sabato, Bartolo Baldi, Vincenzo Castaldo, suor Maria Bambina Centra ASC, Antonia Palumbo, Arcangela Bisceglia, Maddalena Saccia.

Il periodico VOCI e VOLTI è iscritto alla

Stampa:Grafiche Grilli - Via Manfredonia Km 2,200 - 71121 Foggia

Il giornale diocesano VOCI e VOLTI può essere letto in formato elettronico o scaricato dall’home page del sito della nostra Arci-diocesi: www.diocesimanfredoniaviestesangiovannirotondo.ite sul sito http://www.costruireponti.it/index.php/buona-lettura/voci-e-voltiQuesto numero è stato chiuso in redazione l’11 maggio 2015

V O C I E V O L T I

I contributi e le riflessioni a pubblicarsi nel prossimo numero di VO-CI e VOLTI che uscirà venerdì 19 giugno 2015, per motivi tecnici, de-vono pervenire in redazione per e-mail , entro e non oltre lunedì 8 giu-gno 2015.

[Convegno Ecclesiale Diocesano 2015]

le per la dottrina della Fede, l’annun-cio e la catechesi. Il 13 aprile 2013 papa Francesco lo ha nominato segretario del gruppo di cardinali chiamati a consigliar-lo nel governo della Chiesa univer-sale e a studiare un progetto di re-visione della Curia romana. Il suc-cessivo 4 novembre lo stesso Ponte-fice lo ha chiamato a ricoprire anche l’ufficio di amministratore apostoli-co ad nutum Sanctae Sedis dell’ab-bazia territoriale di santa Maria di Grottaferrata.

➜ ➜

Attuali incarichi di mons. Marcello SEMERAROSegretario del Consiglio dei Cardina-li per l’aiuto al Santo Padre nel governo della Chiesa Universale (Chirografo di pa-pa Francesco del 28 settembre 2013)Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis del Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata (4 novem-bre 2013) Membro della Congregazione delle cause dei santi (31 gennaio 2009)Presidente della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi dal 25 maggio 2010 per il quin-quennio 2010-2015 della C.E.I.Membro del Consiglio Permanente del-la C.E.I. per lo stesso quinquennio. Pre-sidente del Consiglio d’Amministrazione di Avvenire dal 5 maggio 2007 e riconfer-mato il 14 maggio 2013 per un altro trien-nio fino al 2016.

Ciò comporta la messa a fuo-co di un laico credente che nella radicalità della scelta di fede, testimonia nelle condizioni ordinarie dell’esistenza la sua appar-tenenza cristiana. Questo problema dell’indole secolare del laico chiede da più tempo di rimettere al centro la que-stione antropologica e il valore della Chiesa “segno”, permeata dalla logica del servizio e della corresponsabilità.Che cosa si aspetta, oggi, il nostro Pa-store? Ritengo, innanzitutto che Egli auspichi una comunità diocesana più missionaria che sa mettere al centro di tutto ciò che vive il Risorto, tesa a comunicare gioia e speranza agli uo-mini di buona volontà, nella solidarie-tà con tutti, soprattutto con i più de-boli, mettendo a disposizione i nume-rosi carismi, le competenze maturate, la coerenza, e testimoniante così una presenza che nella diversità è unita-ria e integrata, senza la preoccupazio-ne di coltivare orticelli particolari che rischiano asfissia e disagio.Alla presenza della comunità nel ter-ritorio è legata, dunque, una testimo-nianza limpida che sa entrare negli spazi della vita con dolcezza, rispet-

to, retta coscienza, libertà operosa, rin-

novando relazioni per-sonali e istituendo nuovi

legami e nuovi progetti sociali: e i lai-ci incarnati nel tempo e capaci di mo-strare l’autentica faccia del Vangelo in-carnato sono i testimoni prescelti per questa testimonianza nel mondo.Insomma, il Vescovo si attende di ve-dere laici competenti, dialoganti, co-erenti, operativi e coraggiosi che vi-vono nel mondo per tornare nella co-munità e per ritornare poi ancora nel mondo, illuminati dalla fede. Sottoli-nea l’Arcivescovo “… ecco allora i due gesti della nostra pastorale: “prende-re il largo, cioè riversarci nel territorio circostante le parrocchie, andare tra la “folla” e gettare“ le reti sulla sua parola Dobbiamo uscire dal tempio fatto di pie-tre per entrare nel tempio fatto di car-ne: la gente …” Un invito che è segno di unità e fraternità che tutti noi sia-mo chiamati a dare, oggi, in un terri-torio molto frammentato come il no-stro Gargano.

*vicario generale dell’Arcidiocesi

13 M

AG

GIO

201

5

DESTINAL’8XMILLE

ALLA CHIESACATTOLICA.

SCOPRI LA MAPPA DELLE OPERE8XMILLE CHE HAICONTRIBUITO A CREARE.Regione per regione, città per città, scopri su www.8xmille.it la mappa interattiva con le opere realizzate grazie ai fondi 8xmille destinati alla Chiesa cattolica. Oppure scarica gratis l’APP mappa 8xmille. Uno strumento semplice per un 8xmille sempre più trasparente.

Centro Caritas Destinati: € 281.000

MARCHE: San Benedetto del Tronto

Casa Magdala Associazione “Albero di Cirene”Destinati: € 80.000

EMILIA ROMAGNA: Bologna

Centro di ascolto e di solidarietà “Mons. ItaloCalabrò” ArchiDestinati: € 15.000 annui

CALABRIA: Reggio Calabria

Mappa 8xmille 236x160 Ese 2.qxp_Layout 1 19/02/15 09:06 Pagina 1

[Convegno Ecclesiale Diocesano 2015]

Tante sono le definizioni per in-tendere la Chiesa, ma impre-scindibile appare quella che espressa nella “Lumen Gen-

tium”: - L’eterno Padre, per liberissima e misteriosa disposizione della sua sa-pienza e bontà, ha creato l’universo e ha deciso di elevare gli uomini a partecipare della sua vita divina. Quando essi diven-nero peccatori in Adamo, egli non li ha abbandonati, ma ha sempre offerto loro gli aiuti per la salvezza, in considerazio-ne di Cristo redentore che “è l’immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura” (Col 1, 15). (…) Coloro che cre-dono in Cristo li ha voluti convocare nel-la santa Chiesa, la quale, già prefigura-ta fin dall’origine del mondo, preparata mirabilmente nella storia del popolo d’I-sraele e dell’antica alleanza, istituita in questi ultimi tempi, manifestata dall’ef-fusione dello Spirito, otterrà il suo com-pimento nella gloria alla fine dei secoli. Allora tutti i giusti, a partire da Adamo, “dal giusto Abele fino all’ultimo eletto”, saranno riuniti presso il Padre nella chie-sa universale - (LG, n. 2). Da quanto detto, possiamo capire che la Chiesa è mistero che viene dall’alto, dal-la Trinità Santa verso la quale essa va. La Chiesa è popolo in cammino verso il “non-ancora”, da cui proviene. Tra il

LA CHIESA, “PLASMATA DAL PADRE, FONDATA NEL TEMPO DAL CRISTO REDENTORE, RADUNATA DALLO SPIRITO SANTO”

già posto e il compimento della promes-sa c’è il tempo della Chiesa. Essa è radi-cata nel mistero-progetto eterno di Dio che è la chiamata rivolta a tutti gli uomi-ni per diventare “figli di Dio” tramite il loro essere costituiti “fratelli di Cristo” (figli nel Figlio). La “Lumen Gentium” al n. 3 prosegue: “ Il Padre ha mandato il suo Figlio, nel quale ci aveva eletti pri-ma della creazione del mondo e predesti-nati alla filiazione adottiva: aveva infat-ti deciso di ricapitolare il lui tutte le cose (cf. Ef 1, 4-5 e 10). Per compiere la volon-tà del Padre, Cristo è venuto e ha inaugu-rato sulla terra il regno dei cieli, rivelan-docene il mistero, e con la sua obbedien-za ha operato la nostra redenzione. La Chiesa è il regno di Cristo già misteriosa-mente presente; essa cresce visibilmente nel mondo per la potenza di Dio”. Qui Gesù Cristo è visto come il centro della storia, egli è il culmine della rive-lazione-realizzazione del piano di Dio. Dalla visione globale aperta su tutta la storia si passa alla concentrazione su un segmento storico e si evidenzia l’even-to del mistero pasquale da cui è nata la Chiesa: “Questo inizio e questa crescita sono simboleggiati dal sangue e dall’ac-qua che uscirono dal costato aperto di Ge-sù crocifisso (cf.Gv 19, 34), e sono prean-nunciati dalle parole del Signore a propo-

sito della sua morte in croce: - E io, quan-do sarò elevato in alto da terra, attirerò tutti a me - (Gv 12, 32),(Ivi, n.3). Dopo aver parlato di Gesù, istitutore e fondatore storico della Chiesa, il Conci-lio insiste sugli eventi del Mistero pa-squale da cui è nata la Chiesa, quasi mi-stico parto di dolore, con le parole di Gio-vanni: “sangue e acqua” sgorgati dal co-stato del Cristo in croce. Per questo si dà rilievo al momento verticale, all’azione liturgica che attualizza l’emergere della Chiesa quale evento e dono che scende dall’alto. Ancora la “Lumen Gentium” al n. 4: “Quando il Figlio ebbe compiuto l’o-pera che il Padre gli aveva affidato da at-tuare sulla terra (cf.Gv 17, 4), fu manda-to a pentecoste lo Spirito Santo, per san-tificare in permanenza la Chiesa. Si apri-va così ai credenti l’accesso al Padre per mezzo di Cristo nell’unico Spirito” (cf. Ef 2, 18). Lo Spirito Santo è “il protagoni-sta” della costruzione della Chiesa, il suo “creatore”, ovviamente in quanto (lo Spi-rito Santo) dono di Cristo e del Padre”. Lo Spirito inabita nella Chiesa e nel cuore dei fedeli come in un tempio (cf. 1Cor 3, 16; 6, 19), in essi prega e attesta la veri-tà tutta intera (cf. Gv 16, 13), la unifica nella comunione e nel servizio, la costi-tuisce e la dirige mediante i diversi doni gerarchici e carismatici, e la arricchisce

dei suoi frutti (cf. Ef 4, 11-12; 1Cor 12, 4; Gal 5, 22). Vediamo dunque che la Chie-sa è il popolo di Dio adunato dall’unità del Padre, del Figlio, e dello Spirito San-to. La Chiesa è opera della Trinità Santa. “La Chiesa è concepita nel disegno del Pa-dre ed è opera di Cristo. Egli inviò da par-te del Padre lo Spirito Santo perché com-pisse dal di dentro la sua opera di salvez-za e stimolasse la Chiesa a svilupparsi. La Chiesa, dunque, è una realtà plasma-ta dal Padre con le sue due ‘mani’, ossia dal Figlio e dallo Spirito. Pensata e voluta dal Padre, essa è istituita da Cristo e co-stituita dallo Spirito. Procedendo dall’a-more dell’eterno Padre, la Chiesa è fon-data nel tempo dal Cristo Redentore ed è radunata dallo Spirito Santo” (Marcello Semeraro, “Mistero, comunione e mis-sione”, Manuale di ecclesiologia, EDB, Bologna 1996, pag.34-35). Consapevoli che la Chiesa è nel tempo, nel frattempo, e che il Mistero pasquale, dalla incarna-zione alla Risurrezione del Cristo, ci por-ta avanti, ci protende nel Mistero di Dio, quale popolo in cammino tendiamo gli occhi e il cuore alla Patria-Origine.

*parrocchia S. Maria del Carmine in Monte Sant’Angelo

Antonio Stuppiello*

13 M

AG

GIO

201

5 [Soria dell’Arcidiocesi]

Michele Castoro*

Il ministero pastorale di mons. Andrea Cesarano fra tradizione e novitàLa mia conversazione ha il seguente sviluppo: dopo aver delineato la figura dell’Episcopus così come emerge dal Co-dice di Diritto canonico (CJC) del 1917, presento il “racconto” che mons. Cesa-rano fa del suo ministero pastorale in tre Relationes ad limina, precisamente quelle del 1936, 1946, 1966, che, di ben 35 anni di ministero, delineano gli ini-zi, il cuore e il congedo: avremo, così, tutti modo di considerare la mole di la-voro, la “cura” pastorale, il legame col passato e alcune sue intuizioni profe-tiche …… Avendo per oggetto della nostra inda-gine le Relationes ad limina ci chiedia-mo subito: esse sono una presentazio-ne oggettiva della realtà? Sono da con-siderarsi fonti storiche? Sul loro valore storico si è sviluppato nel corso del No-vecento un ampio dibattito, con posizio-ni diversificate ma che, sostanzialmen-te, convergono nell’indicare «l’indiscu-tibile importanza delle relationes come fonte». L’attendibilità concerne i dati ri-portati, la ricostruzione evolutiva del si-stema ecclesiastico, il tessuto religioso, ma anche storico e sociale della dioce-si, la presenza di attività assistenziali, educative e, finalmente, il governo del-la diocesi.Dalle relationes da noi prese in esame, traspare anche la sensibilità del pasto-re nel fornire una rappresentazione del-la diocesi che tenga conto di eventua-li attese romane, di speciali attenzioni nel delineare il profilo generale: aspet-ti che, pur manifestando visioni perso-nali, non travisano la sostanza della ve-rità. Dei molteplici fenomeni compresi nelle relationes presenterò, e in estre-ma sintesi, solo alcuni, quelli nei quali ritengo si manifesti più intenso l’impe-gno pastorale di mons. Cesarano e cioè le strutture ecclesiali, la formazione del Clero, la situazione religiosa e morale della popolazione. La prima relatio del 1936, si attiene strettamente al dettato del questiona-rio e con uno stile asciutto delinea il volto della diocesi che si segnala per la povertà di mezzi ed è ben lontana dagli accesi contrasti lamentati dal suo pre-decessore. Questo scenario nuovo sem-bra essere il frutto di sguardo e di co-

municazione nuovi: il Vescovo, ritengo, intende soprattutto stornare l’eccessiva attenzione cui è stata sottoposta la sua diocesi nel tempo passato e che in certo qual modo ne aveva leso l’immagine … Ancora più in sintesi espongo il rac-conto che il Vescovo fa nella RL 1946.Il numero degli abitanti è cresciuto, co-sì pure quello delle parrocchie (sei nuo-ve parrocchie). Il Vescovo, in questi an-ni ha ordinato quindici nuovi sacerdo-ti, ma in totale il clero è leggermente re-gredito di numero. Sono in crescita le case religiose femminili. Il nuovo Retto-re del Seminario è don Augusto Viotto, sacerdote pio, colto e diligente.Nel tessuto della RL si avverte e poi campeggia la tragedia della guerra, la quale ha degradato ancor più una si-tuazione già precaria e fragile: i pove-ri sono più poveri, le imposte gravano pesantemente, il caro vita deprime gli animi, il mercato nero permette l’ingiu-sto arricchimento di alcuni. Le conse-guenze non si riscontrano solo nel cam-po economico e giuridico, ma soprattut-to in quello sociale, religioso e morale.Dal punto di vista socio-politico, ha pre-so piede il comunismo che, annota il Vescovo, approfitta delle ripercussio-ni negative e miserande della guerra e del malcontento per attirare alla pro-pria causa; talora ha provocato qualche tentativo di violenza (ad esempio la ban-diera rossa nelle chiese); soprattutto si adopera a minare la stima e la credibi-lità del clero. Sotto l’aspetto morale, si assiste a fe-nomeni nuovi dovuti alla presenza dei soldati alleati, e cioè matrimoni misti, abiure dal protestantesimo o, in qual-che raro caso, dal cattolicesimo, la con-suetudine innaturale per la quale, die-tro compenso, la popolazione ospita le amanti dei militari, perché provenien-ti da lontano, ed ancora la mancata re-sistenza di alcune donne del luogo alle lusinghe dei soldati. La lunga frequen-za coi soldati alleati, la brama del gua-dagno e del vivere lussuosamente han-no procurato il logoramento della mo-rale cristiana e il lento sfaldamento dei vincoli familiari.Il Vescovo solo nel penultimo capover-so della RL ricorda la presenza dei Tede-schi a Manfredonia: Deo favente, in Ger-manorum recessu, mihi concessum est ut vitarem officinarum eversionem et ci-

vium cladem, qui apud me confugerant ut oves apud pastorem. La nostra dio-cesi ha curato le pagine del diario di mons. Cesarano sulla occupazione te-desca (cfr. nota 4) e, lunedì 20 aprile alle ore 19.00, curerà la presentazione del diario di don Silvestro Mastrobuo-ni, sempre sui giorni “infausti” di tale occupazione.Accanto all’angoscia mons. Cesara-no intravede, come sempre, motivi di speranza. L’associazionismo cattolico è cresciuto in qualità e in quantità: a parte l’Azione Cattolica in tutti i suoi rami, agiscono l’Opera del catechismo, la Congregazione mariana, la Buona stampa, i vari terz’ordini, gli Esplora-tori cattolici, i Fucini, le ACLI… Ed anco-ra: nella città di Manfredonia sono isti-tuite quattro nuove scuole cattoliche: asilo infantile e laboratori per fanciul-le, scuole elementari affidate alle suo-re, il Ginnasio-Liceo. E poi il collegio maschile, affidato a sacerdoti, e quello femminile affidato alle Suore, destinati particolarmente a studenti provenien-ti dai paesi garganici, privi di struttu-re scolastiche superiori.La semina darà frutti abbondanti.Il congedo: RL 1966.È la relazione conclusiva del ministero pastorale e coincide con la consegna del suo mandato nelle mani del Papa, per raggiunti limiti di età, così come stabili-to dal Concilio Vaticano II. L’8 dicembre 1965 Papa Paolo VI, in piazza s. Pietro, aveva solennemente chiuso il Concilio: mons. Cesarano nella relatio esprime piena gioia per aver partecipato a tut-te e a ciascuna delle congregazioni ge-nerali. Constata che il soffio del Con-cilio si fa presto sentire nelle singole parrocchie della diocesi, a partire dal-la riforma liturgica che diventa mezzo privilegiato di maturazione spirituale. Il vescovo annota come l’evento conci-liare abbia persino favorito il recupe-ro della stima e della dignità sacerdo-tale nei fedeli.La popolazione della diocesi raggiun-ge i 135.000 abitanti; il clero in quanto al numero si mantiene sui livelli degli anni precedenti, ma è decisamente più giovane; il Seminario regionale acco-glie 29 chierici, mentre quello diocesa-no 76 seminaristi. Un dato importante è la crescita numerica delle parrocchie: dalle 18 del 1936 alle 44 del 1966. In es-se la Liturgia è eseguita secondo le nor-me prescritte e si dà estrema importan-za alla omelia. Al presente - riconosce mons. Cesarano - il numero delle par-rocchie sembra soddisfare alle neces-sità della popolazione, ma egli è pronto ad erigerne altre nel caso di espansio-ne territoriale delle città e paesi: le ne-cessità sono rilevate nelle continue vi-site alla Diocesi.La preparazione culturale, morale e spirituale del Clero ha ricadute positive sull’intera popolazione, la quale, però si trova abbastanza impreparata a vivere

Ringrazio il Nuovo Centro di Documentazione stori-ca perché mi viene permes-so di aprire un piccolo varco

sul passato e dare uno sguardo, sem-pre stupito, sulla storia di questo no-stro popolo e sulle figure straordina-rie dei Pastori che mi hanno preceduto: in loro scorgo stili diversi di conduzio-ne, tutti, però, radicati sull’amore pro-fondo per la gente; ne ammiro il corag-gio, la prudenza, la pazienza, il lavoro instancabile.Ma proprio l’ammirazione nei loro con-fronti mi mette a disagio, sapendo che potrei incorrere in tentativi agiografici, cosa non del tutto consentita in un Con-vegno di storia. Parlando pertanto di mons. Andrea Cesarano, adotto, come criterio ermeneutico, quello della “pa-storalità”, metodo già praticato ed ap-plicato da storici autorevoli. Di lui e del suo lungo ministero pastorale (dal 1931 al 1966, data in cui rimette il mandato), in verità, hanno parlato e scritto già al-tri: chi servendosi del genere aneddoti-co, chi di quello celebrativo, chi di quel-lo più strettamente documentario. Per cui non insisterò su particolari che pos-sono ritrovarsi in questi autori.

Man

fred

onia

13 M

AG

GIO

201

5[Anno vita consacrata]

Il ministero pastorale di mons. Andrea Cesarano fra tradizione e novità

poi, desta un qualche allarme: i giorna-li per lo più sono «materialisti, irreligio-si ed osceni», così come il cinema o la televisione. Per affrontare le novità il Vescovo fa af-fidamento sull’Azione cattolica e sulle altre associazioni, nonché sulle scuo-le, in specie quelle dipendenti dall’au-torità ecclesiastica. Di esse egli va fie-ro, perché, pur essendo le scuole pub-

i fenomeni che rappresentano il moto-re del miglioramento economico, e cioè l’emigrazione, il turismo, la industria-lizzazione e la comunicazione socia-le. Anche il Vescovo mostra le sue per-plessità, alternando dubbi ad aperture. Ammette che l’emigrazione offre una qualche tranquillità economica, ma ne avverte i pericoli scaturenti dalla separazione dei coniugi, e cioè la di-sgregazione della famiglia e le unioni illegittime. Per questo egli affida la pa-storale della emigrazione ai Padri «del-la pontificia opera per gli emigranti», cui dona una casa a Siponto, e sollecita i parroci a mantenere rapporti non so-lo epistolari con i fedeli emigrati. An-che il turismo, di cui sono meta privi-legiata i nostri paesi, porta con sé una qualche levitas, leggerezza di costumi, in specie tra i giovani. A riguardo invita i parroci ad impegnarsi a finalizzare la propria azione educativa nel creare una mentalità che punti non solo al profitto, ma soprattutto allo scambio culturale, a gesti di autentico amore (caritas) nei confronti di gente di diversa estrazio-ne sociale, culturale e geografica, on-de prevenire danni morali e religiosi. A riguardo il Vescovo apprezza lo sfor-

zo educativo che il Seminario Regiona-le rivolge ai nuovi sacerdoti, che sem-brano più aperti e preparati per tali pro-blematiche. Anche l’industrializzazio-ne incipiente richiede adeguata prepa-razione nel clero e nel laicato: dottrine religiose e sociali contrarie alla Chiesa, egli dice, sono frutto della latitanza del-le istituzioni religiose e civili nelle pe-riferie cittadine. Il fenomeno dei media,

bliche gratuite, i genitori scelgono per i propri figli le scuole religiose, stima-te anche dalle autorità civili che han-no persino insignito il Vescovo di me-daglia d’oro (è una concessione alla va-nità!) per il suo impegno nella «cultu-ra, arte e scuola». Chiudo qui il sinteti-co racconto di mons. Cesarano: eventi, tragedie, riprese hanno caratterizzato 35 anni di ministero, ravvivati, anche in tarda età, da gioiosa speranza e fi-ducia negli uomini. Mi piace riporta-re le parole che sigillano la relatio del 1966 e che riporto in versione italiana: «Guardando agli anni trascorsi ho moti-vo di rendere grazie a Dio che, benevolo verso di me, malgrado le mie deboli for-ze e le umane infermità, mi ha concesso di veder rinate queste terre, già ricche di bellezza e di santità, così da consegnare nelle mani del successore designato dal Papa una Diocesi ben ordinata e aperta ad ogni speranza. Che dire di me? In que-sti 35 anni di servizio episcopale mi sono adoperato con tutte le forze a far splen-dere la gloria di Dio in tutti e a porre al sicuro la salvezza delle anime affidate-mi». Vorrei anch’io poter dire un giorno parole simili.

*Arcivescovo

Anno della Vita consacrataPercorsi di comunione tra i religiosi e i laici Sr Maria Bambina Centra ASC*

Alla luce dell’impegno che i re-ligiosi assumono nel momen-to in cui si pongono alla seque-la Christi, nasce la necessità

di chiarire il ruolo e l�impegno che que-sti assumono nel mondo, e in particolare nei confronti del laicato. Ma prima anco-ra di individuare percorsi di comunione e collaborazione con i laici bisogna doman-darsi se tale comunione e collaborazione preesiste tra i religiosi stessi. La risposta porta alla luce la necessità di una mag-giore collaborazione tra istituti maschili e istituti femminili, che insieme ,e non se-guendo cammini diversi, devono svolgere il proprio lavoro sulla base di piste dioce-sane. Da ciò consegue che è necessario un cammino unitario visto che la vocazione è una, e tutti lavoriamo come servi di Cristo ; è auspicabile dunque un percorso fatto in unità di spirito e intenti, pur rispettan-do ciascuno i propri carismi. Altra fondamentale e necessaria collabo-razione è quella tra religiose e Diocesi, che ancora oggi , per quanto dichiarata, trova difficoltà a concretizzarsi. Infatti, la ric-chezza femminile non sempre viene re-almente confessata e i carismi incarnati dalle religiose sul territorio non trovano espressione in un apostolato attivo, tanto che esse si trovano a ripiegarsi su se stes-se dedicandosi a missioni sicuramente lo-

devoli, ma lontane da quelle situazioni in cui occorrerebbe la loro presenza attiva. Le religiose nelle parrocchie, ad esempio, svolgono lavori a margine, spesso di ma-novalanza, di soluzione di piccoli proble-mi contingenti o di riempimento di ruoli temporaneamente lasciati vacanti da al-tri, senza una reale e oggettiva responsa-bilità. Oggi più di ieri bisogna sottolineare che le religiose vengono opportunamente formate, che sono culturalmente prepara-te e in grado di affrontare situazioni diffi-cili e di dedicarsi ad attività di responsa-bilità, sempre nel rispetto dei ruoli.Pertanto, occorre rivalutare il ruolo delle religiose alla luce di una Chiesa univer-sale in cui ogni parte svolge la sua funzio-ne in armonia con le altre; così le religiose potrebbero essere destinate: All’accompagnamento religioso di diver-se categorie sociali;Alla gestione di spazi destinati a varie at-tività parrocchiali e diocesane;A rivestire ruoli di responsabilità all�interno della Chiesa.� La vita consacrata, radicata negli inse-gnamenti di Cristo è un dono di Dio alla sua Chiesa per mezzo della Spirito che for-ma e plasma dei “ chiamati ”, configuran-doli a Cristo e spingendoli a far propria la sua missione. Lasciandosi guidare dallo Spirito essi diventano persone Cristiformi, prolungamento nella storia di una specia-le presenza del Signore risorto” ( VC 19 ).Sentiamo che ci viene chiesto da parte della storia, della Chiesa e del Magistero, di andare ancora più alla radice, alla fon-te dei nostri rispettivi carismi per rein-

carnarli con una nuova semina nei solchi dell� �oggi� così esigente, ma anche, così pazientemente in attesa che i doni dello Spirito vengano a renderlo nuovamente fecondo. Avvertiamo che l�identità profe-tica ci pone varie sfide: la sfida della spi-ritualità, della inculturazione di rinnova-te relazioni con tutte le vocazioni, la sfida di una presenza nuova della donna con-sacrata nella Chiesa. “Non voi avete scelto me , ma io vi ho scelti”. Il Padre-Dio- riser-va per sé una persona, cioè la consacra a Sé, ponendola alla sequela di Cristo e su cui lo Spirito getta una luce di splendore affascinate.I consacrati sono fatti per Cristo non solo per qualche momento e per qualche aspet-to, ma a tempo pieno, e grazie al loro impe-gno ogni cosa può essere riportata in un contesto di spiritualità perché siamo un unico popolo in cammino verso la terra promessa, verso Cristo; tutti, infatti, reli-giosi e laici, siamo seguaci di Cristo pove-ro, obbediente e casto. Inoltre, attraverso un�attività educativa e formativa in sinergia col clero diocesano, i religiosi possono aiutare i laici ad acquisi-re la consapevolezza che è Cristo che sce-glie il suo popolo e che tutti siamo chiama-ti a seguirlo anche dopo aver fatto scelte di vita diverse. Oggi i religiosi, più di ieri, so-no consapevoli dell’importanza del ruolo del laicato. Infatti, la vita consacrata inse-rita in un contesto socio-ecclesiale lavo-ra in sinergia col laicato per portare Cri-sto nelle evoluzioni sociali e nei cambia-menti repentini del mondo.Importante è il ruolo dei religiosi nella

collaborazione con la pastorale vocazio-nale della diocesi perché. in primis, è la Chiesa universale che non solo accoglie e accetta, ma anche riconosce l�utilità dell�inserimento dei religiosi di vita apo-stolica in un contesto territoriale, poiché essi continuano la missione di Cristo.Da ciò consegue che la Chiesa locale so-stiene e gioisce per l�impegno dei reli-giosi nel proprio territorio, poiché questi non sono isole che portano avanti un loro �personale discorso”, ma testimoni di Cri-sto morto e risorto.La Chiesa locale facendosi carico della presenza dei religiosi nel territorio e abi-litandoli a strumento trainante del Van-gelo, aiuta i giovani a scoprire i tanti ca-rismi che pullulano nel proprio territorio; oggi più che mai i giovani hanno bisogno di esempi, sono attenti ai modelli esisten-ti, perché vogliono sapere chi sono, per chi vivono, in cosa devono sperare e soprat-tutto chi amare. Così il mistero di Cristo testimoniato e fatto partecipe dai religio-si verrà accolto, amato e seguito. Così che tanto la pastorale giovanile quanto quel-la vocazionale, grazie all’aiuto dei religio-si potrà aiutare ancor più i giovani a fare maggiore discernimento nelle scelte di vi-ta e a crescere in modo più maturo e con-sapevole. Il rendere il popolo consapevole della presenza dei religiosi porta ad una ricaduta positiva sul laicato e si cemen-ta ulteriormente quel legame tra le mem-bra del corpo di Cristo, un unico popolo in cammino gioioso verso la salvezza.

*delegata diocesana USMI

13 M

AG

GIO

201

5 [Chiese di Puglia verso Firenze 2015]

Michelangelo Mansueto

Carissimi,siamo molto lieti di ospitare in questa nostra terra garganica il 3° incontro di preparazione dal titolo “La forza della debolezza. Educare nel tempo della fragilità e della liquidità” in vista del prossimo Convegno Ecclesiale Naziona-le di Firenze avente come tema In Gesù Cristo, il nuovo Umanesimo, per esse-re, come Chiesa, all’altezza delle molte e complesse sfide del nostro tempo. La nostra è la terra di S. Pio da Pietrelcina, il quale ha fatto della fragilità umana la cifra antropologica per incarnare una fede e una carità che fosse-ro capaci di guarire le molte piaghe sia dell’anima che del corpo di una mol-titudine di persone spesso senza più speranza e senza più orizzonti certi. Fatto partecipe, per divino privilegio, delle sofferenze di Cristo crocifisso, Padre Pio, come segno di questa cura e di questa attenzione agli ultimi, ha realizzato la sua opera: l’Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”, dove le fragilità vengono studiate e curate non soltanto con i mezzi del progres-so tecnico e scientifico, ma ancora più con l’amore e con la dedizione di tan-te persone che si richiamano all’Umanesimo cristiano. Questo accade quando diventiamo consapevoli, come ci insegna il capitolo 25 del Vangelo di Matteo, che chiunque si prende cura di una qualsiasi per-sona in situazione di fragilità, in fondo si prende cura di Gesù in persona, sì che ogni uomo fragile diventa per noi sacramento di CristoLa nostra è anche la terra del Santuario di S. Michele Arcangelo, simbolo della lotta contro colui che, ribellandosi alla Grazia divina, ha scelto il ma-le, e che contagiando l’uomo tramite il peccato, ha posto la radice di ogni forma di fragilità. Alla luce che irradia da questi due luoghi santi, mi auguro e vi auguro, co-me ci sta ricordando Papa Francesco, di essere meno Chiesa- dogana e più Chiesa-locanda.

Oggi la fragilità ha tanti nomi e tanti volti. Essa si presenta a noi nella forma della precarietà e della instabilità, della vulnerabilità e della sfiducia, ma anche della insicurezza e della incertezza. C’è una fragilità invisibile che passa sotto diverse spoglie davanti ai nostri occhi incapaci di intercettarla. Una fragilità spesso indecifrabile con i soli strumenti delle scienze umane e mediche, perché affonda le sue radici in una interiorità sempre più spez-zata e sfilacciata, orfana di senso perché senza più trascendenza. Queste fragilità toccano tutte le fasce di età. Sono fragili gli adulti che tro-vano mille difficoltà nell’essere sposi e genitori, perché sedotti dal mito di un giovanilismo consumistico che purtroppo li fa abdicare alle proprie re-sponsabilità educative e generative. Una fragilità adulta che a sua volta ge-nera fragilità familiari, sociali, lavorative, relazionali.Sono fragili i giovani, ai quali, come dice il filosofo Galimberti, stiamo con-segnando un futuro che da promessa invece sa di minaccia. Fragili sono le loro emozioni, i loro sentimenti, i loro corpi, i loro cuori, che come og-getti e merce di scambio vengono barattati nel grande mercato degli affetti che la nostra cultura dell’effimero crea per manipolarli e comprarli. Fragi-li sono anche molti luoghi delle nostre città a causa di un individualismo esasperato e di una socialità frammentata.

Tutte queste fragilità aspettano da noi una risposta. E noi siamo qui per que-sto: per capire, per accogliere e per ripartire. Tutto ciò esige una profonda conversione che deve essere pastorale ma an-che culturale e sociale. La prima ci fa ritornare al Vangelo per ritrovare quella giusta grammatica che il Cristo ci ha consegnato per prenderci cura di ogni persona fragile. La seconda per farci essere una Chiesa in uscita che va in cerca dei lonta-ni, e che sulla soglia non conta mai quelli che ci sono già, ma quelli che an-cora mancano. Una Chiesa missionaria che sa scendere dai piedistalli per andare verso le periferie esistenziali. Una Chiesa in dialogo che sa essere crocevia di relazioni, e che, come il Buon Samaritano, non cerca più Dio soltanto nel tempio, ma per strada, do-ve le ferite e le fragilità gridano a quel Dio liberatore che udendole manda noi a lenirle per redimerle. Tutto questo nella convinzione che ogni uomo se seguirà Cristo uomo perfetto, diventerà anch’egli finalmente più uomo, ve-ra immagine di Dio e di Gesù Cristo suo Figlio che della debolezza ha fatto il suo punto di forza.

*arcivescovo

Intervento dell’arcivescovoRitrovare la giusta grammatica di Cristo

nel prenderci cura di ogni persona fragileMichele Castoro*

Il gesuita p. Giovanni Cucci, docente di filosofia e psicolo-gia alla Pontificia università Gregoriana e membro del col-

legio degli scrittori de “La Civiltà Cattolica” ha tenuto una lectio ma-gistralis su l’EDUCARE NEL TEM-PO DELLA FRAGILITÀ E DELLA LIQUIDITÀ.Non c’è dubbio che le società occi-dentali attraversino una crisi di cre-dibilità, una crisi di crescita, ha sot-tolineato p. Cucci, il quale poi ha fat-to una disanima attenta ed esausti-va sul disagio oggi esistente nella so-cietà occidentale, caratterizzato dal-la scomparsa del padre e dominato da una diade perversa, da un approc-cio emotivo all’esistenza, dall’attrat-tiva della morte, dal trionfo del nar-cisismo. Di qui l’importanza decisiva e del-la famiglia e dei riti di passaggio, ha sottolineato p. Cucci, e del ruolo indi-spensabile del padre che esprime la norma e che protegge, e della sconfit-

Essere educatori è difficile ma affascinante

ta edipica e della dimensione religio-sa, “fino al punto di arrivo che è la generatività, che è un discernimen-to dei segni dei tempi: riconoscere il momento in cui è necessario farsi da parte perché altri possano proseguire l’opera intrapresa. La missione edu-cativa può dirsi compiuta quando ha generato qualcuno in grado di conti-nuarla. Come recita un detto orien-tale: «Sappi fermarti un passo prima che un altro ti dica: basta! Sappi in-terrompere il tuo cammino prima che un altro ti dica: basta! Sappi lasciare il posto a lungo occupato, prima che un altro ti dica: basta!».Essere educatori come persone ca-paci di generare è difficile ma affa-scinante, è ciò che rende alla fine la vita degna di essere vissuta.

Nell’introduzione ai lavori mons. Vito Angiuli,

vescovo di Ugento-S. Maria di Leuca e membro del

Comitato preparatorio del 5° Convegno Ecclesiale

Nazionale, ha sottolineato “quanto sia prezioso l’uomo sofferente agli occhi di Dio fino al punto che il Figlio

affronta sofferenza e morte. Perciò, è necessario uno sguardo contemplativo

sull’uomo ferito e sofferente, partecipe della redenzione. E’ necessario riconoscere in ogni persona che soffre quella domanda di senso

capace di educare alla verità e alla pienezza di vita”.

San

Gio

vann

i Rot

ondo

4° INCONTRO DELLE CHIESE DI PUGLIA

LA FORZA DELLA DEBOLEZZAEducare nel tempo della fragilità e della liquidità

7

13 M

AG

GIO

201

5

Destinando l’8xmille alla Chiesa cattolica aiuterai la tua parrocchia è lo slogan del concorso ifeelCUD promosso dal Servizio Promozione della C.E.I. È rivolto a tutte le parrocchie chiamate a ideare un progetto di utilità sociale che migliori la vita della propria comunità. Parteciperanno alla vincita di un contributo economico per la sua realizzazione. Basterà iscrivere la parrocchia, in accordo con il proprio parroco,su www.ifeelcud.it dal 1° marzo al 30 maggio. In palio 8 premi, da 1.000 a 15.000 euro, ai quali si aggiunge il premio del pubblico per il miglior video realizzato (1.000 euro).

ALLE PARROCCHIE RISORSE PER IL BENE COMUNE

PERCHÉ VALE LA PENAPARTECIPAREPapa Francesco in più occasioni haricordato che l’annuncio del Vangelo deve avere necessariamente risvoltisociali. Questo, più che un invito,rappresenta per i cattolici un impegnocontro le nuove solitudini umane e lamoderna tentazione all’individualismo. Non ci si salva da soli. Insieme, laici e sacerdoti, sono chiamati a testimoniare con la propria vita i valori del Vangelo. Ma anche a reperire,corresponsabilmente, le risorsenecessarie affinché la Chiesa possacontinuare la sua missione di annunciocon la Parola e le opere verso chi è nelbisogno: famiglie, emarginati, disoccupati,malati, afflitti. Una possibilità in più in tal senso la offre l’8xmille destinatoalla Chiesa cattolica, che aiuterà la tuaparrocchia perché ritornerà sul territorio in modo capillare trasformandosi in migliaia di progetti a favore dei più fragili.Quindi far partecipare la propria parrocchiaal bando nazionale ifeelCUD può ritenersi,una preziosa opportunità dalla triplicevalenza. Da una parte favorisce lapromozione della firma per l’8xmilleche concorre a far funzionare, tra l’altro, Caritas, centri di ascolto e d’accoglienza. Dall’altra permette ai contribuenti possessori solo del CU* (ex CUD) di esercitare un diritto di democrazia partecipata che spesso non sanno di avere. Infine, attraversoifeelCUD, le parrocchie possono vincere un contributo per la realizzazione di un’opera a beneficio della propriacomunità locale.

MARIA GRAZIA BAMBINO

I PROGETTI VINCITORI DELLA SCORSA EDIZIONEIn molte parrocchie si fa il possibile per non esseresolo degli “osservatori” della crisi economica che staattraversando il nostro Paese.Nonostante le comunità sianoinserite in contesti con enormiproblematiche sociali, cercanodi annunciare il Vangelo con la Parola e attraverso tanteopere socialmente utili, capacidi contrastare l’abbandonoscolastico, gravi solitudiniumane, disoccupazione,povertà. Con le risorseeconomiche si sostiene la Chiesa per servire tutti.

DI SEGUITO LE PARROCCHIE VINCITRICI DEL 2014 (particolari su www.ifeelcud.it).La parrocchia S. Leone con Uno spazio per tutti (Gragnano) ha offerto non solo uno spazio collettivo

dove possono stare insieme adulti, anziani, adolescenti, preadolescenti e fanciulli, ma soprattutto un luogo educativo dove i piccoli possano, attraverso lo sport e non solo, sperimentare il rispetto delle regole, della socializzazione, e del bene comune.

Maria SS. del Soccorso con Diamo una mano alla scuola? È pronto il soccorso (Palmi) ha risposto alle richieste delle famiglie del territorio con un servizio di doposcuola per i bambini delle primarie e secondarie. È stato istituito presso i locali della Casa canonica della parrocchia, per dare sostegnoagli alunni che hanno difficoltà nello studiare, nell’interagire e socializzare con altri ragazzi.

S. Luca con Il cerchio della vita (Latina), si è rivolto ai minori del territorio che vivono una serie di problematiche sociali ed evolutive legate alla sfera emotiva-affettiva e a quella scolastica. Il progetto prevedeva l’ampliamento del doposcuola gratuito per i ragazzi delle scuole superiori che, a causa del disagio familiare, non possono permettersi ripetizioni private.

Maria SS.ma delle Grazie al Purgatorio e il progetto M’arricreo (Casoria), attraverso un laboratorio di recupero di materiali di scarto, ha cercato di contrastare la povertà con iniziative capaci di trasformare lo spreco in risorsa, facendo leva sulle capacità creative individuali e di gruppo.

San Giovanni Battista de la Salle (Roma) ha proposto un centro organizzato di raccolta esmistamento di informazioni relative alle offerte e domande di lavoro selezionate da quotidiani,rete, siti di comune e provincia. Il tutto accompagnato anche dal supporto di un sito web che funzionacome un social network.

Per concorrere le parrocchie sono chiamate a:creare un gruppo in accordo con il parrocoiscriversi online su www.ifeelcud.itdal 1° marzo al 30 maggio 2015ideare un progetto di utilità sociale per la propria comunitàorganizzare una raccolta in busta chiusadelle schede 8xmille allegate ai modelli

CU* (ex CUD) delle persone esonerate dalla presentazione dei redditi, e consegnarlea un CAFrealizzare anche un eventuale video che mostri le idee proposte nel progetto

Vincono i contributi le 8 parrocchie che hannopresentato i progetti considerati più meritevolisecondo i criteri di valutazione pubblicati sul sito

www.ifeelcud.it. Le 8 parrocchie saranno poi ordinate in base al numero di schede CU raccolte.Il filmato, non obbligatorio, permette di vincere il premio del video più votato.La proclamazione dei vincitori avverrà sul sito dal 30 giugno 2015. Il progetto dovrà essererealizzato entro il 31 gennaio 2016.

*I TITOLARI DEL SOLO MODELLO CU (CERTIFICAZIONE UNICA, EX CUD), IN ITALIA OLTRE 10 MILIONI, SONO COLORO CHE POSSIEDONO ESCLUSIVAMENTE REDDITI DI PENSIONE, DI LAVORO DIPENDENTE O ASSIMILATI, E SONOESONERATI DALLA PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI. TUTTAVIA POSSONO DESTINARE L’8XMILLE ATTRAVERSO L’APPOSITA SCHEDA ALLEGATA AL MODELLO CU. IN ALTERNATIVA, SI PUÒ UTILIZZARE LASCHEDA ALLEGATA ALLE ISTRUZIONI DEL MODELLO UNICO, FASCICOLO 1 (SCARICABILE DA WWW.IFEELCUD.IT).

COME FUNZIONA IL CONCORSO IFEELCUD 2015

Tutte le info su www.ifeelcud.it

L’8xmille per il Vangelo delle opere

813

MA

GG

IO 2

015

49^

[Comunicazioni Sociali]

Giornata diocesana di AvvenireMichele Castoro*

La giornata del quotidiano cattolico rappresenta un momento annuale nel qua-le la stampa cattolica viene

promossa tra gli operatori parroc-chiali ed è occasione per raggiun-gere chi desidera davvero un’infor-mazione di valore. Sono felice perché almeno per un giorno all’anno un numero significa-tivo di cristiani garganici può apri-re, conoscere, apprezzare il giorna-le cattolico nazionale che racconta la storia delle Chiese d’Italia con obiet-tività, originalità e intelligenza. Un giornale che non polemizza né fron-teggia con supponenza visioni diver-

sando. In primo luogo perché esso spalanca lo sguardo al mondo inte-ro, educandoci a quel respiro cattoli-co che è proprio della vita cristiana, e in secondo luogo perché è un pre-zioso strumento educativo per tut-ti noi per la professionalità con cui fa giungere le notizie, lette alla luce della fede. Come il nostro VOCI e VOLTI rac-conta il cammino della Chiesa gar-ganica e ne mostra l’unica sorgente, l’appartenenza a Cristo, così Avve-nire è strumento efficace per dilata-re al fratello uomo la bellezza dell’e-sperienza cristiana. Alcune copie di Avvenire saranno

disponibili durante i giorni del no-stro Convegno diocesano nello spa-zio dedicato alla stampa diocesana promossa dall’Ufficio Comunicazio-ni Sociali. I parroci, i catechisti, gli inse-gnanti, i collaboratori e gli animato-ri parrocchiali della cultura e della comunicazione, sono invitati a leg-gere Avvenire, a diffonderlo in par-rocchia e tra gli amici, ad incorag-giare altri fedeli ad essere perseve-ranti nella lettura e, se possibile, ad abbonarsi.

* arcivescovo

Il parlare per immagini è sem-pre stato efficace e per la Gior-nata Mondiale delle Comunica-zioni Sociali di quest’anno pa-

pa Francesco ci ha offerto un’icona evangelica su cui meditare per en-trare nella comunicazione: la Visi-tazione della s. Vergine che pren-de l’iniziativa (primerear) e accorcia le distanze, correndo tra le braccia della cugina.Anche noi abbiamo ricevuto l’annun-cio di una vita nuova, quel messag-gio che ci mette in movimento gioio-so per andare verso l’altro. E il primo messaggio è ‘sono con te’.Il ‘grembo’ è poi la prima scuola di comunicazione, scrive papa France-sco. Segnata da intimità e mistero, la comunicazione mamma-bambino è l’esperienza originaria e universa-

GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

le cui tornare per capire cosa signi-fica comunicare oggi, in un mondo iper-tecnologico dove si respira aria di post- umano. Un’esperienza fatta di contatto e ascolto, segnali quasi impercettibili che rendono espres-sioni come ‘madre surrogata’ astratti e insensati tecnicismi, colpevolmen-te ciechi all’esperienza che tutti, per-ché ognuno di noi è nato da una ma-dre ed è stato rassicurato per tante settimane dal ritmo del suo battito e dal suono della sua voce. E le parole sono venute dopo.Comunicare è dunque prima di tutto riconoscere ed esultare: Giovanni, nel grembo di Elisabetta, per primo riconosce ed esulta. Poi viene il benedire, come la rispo-sta di Elisabetta ci suggerisce. In un mondo troppo inquinato dal dire-ma-

Abbonarsi ad Avvenire significa entrare ogni giorno nel

cuore del cambiamento della Chiesa e di tutto il mondo

cattolico. Grazie a idee, analisi e approfondimenti puoi

seguire e comprendere i mutamenti della società e riscoprire

i valori profondi dell’essere cristiani e cittadini dell’Italia

e del mondo. In più, con l’abbonamento, hai accesso senza

alcun costo aggiuntivo anche all’edizione digitale del

quotidiano già dalla mezzanotte. Abbonati ad Avvenire

per essere insieme protagonisti nel cambiamento.

Abbonati ad AvvenireOFFERTA SPECIALE

RISPARMI€179,60

Paghi € 289,00 anziché € 468,60

Chiama subitoil numero verde800 820084

dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 17,00

In più, per te, gratis anche l’abbonamento digitale

Avvenire pag Abbonamento-Voci e Volti 270X380 -2015.indd 1 29/04/15 14:53

se della vita, ma che piuttosto crede nella forza della verità cercata che ci fa prossimi agli altri, vicini e lonta-ni, e ci fa dialogare nella pacatezza, fidando nel desiderio del vero e del bene che anima tutti gli uomini di buona volontà.Perciò, la giornata dedicata ad Avve-nire è un’occasione privilegiata per prendere ancora una volta coscienza del valore del quotidiano cattolico per la vita di ognuno di noi e delle nostre comunità. Voglio soffermar-mi su due caratteristiche di Avveni-re che ritengo particolarmente signi-ficative per il travagliato momento di transizione che stiamo attraver-

Alberto Cavallini*

le, diviso da parole strattonate per avallare l’una o l’altra di alternative troppo spesso pretestuose, questa è una lezione preziosa.La famiglia è anche il grembo della nostra ‘seconda nascita’, dove impa-riamo a comunicare e ci rigeneriamo ogni giorno grazie alla comunica-zione, in tutte le sue modulazioni: il raccontarsi, il sentirsi vicini, la pre-ghiera, il perdono, la condivisione. Ma anche gli abbracci, i silenzi, le lacrime e tutte le sfumature di quel prezioso linguaggio «sconosciuto in ogni scuola, trasmesso dalla madre al figlio in un’occhiata sfuggente, senza farne parola » (Mario Luzi). Un linguaggio del corpo, ma di un corpo pieno di grazia; un linguag-gio che non si impara sui libri, sui banchi, nei master, ma nel grembo.

La famiglia è il luogo dell’imperfe-zione che non schiaccia, dell’amore che diviso si moltiplica, dei difetti che sommati si riducono. E’ una ‘comunità comunicante’ do-ve le persone più intime non si so-no scelte, dove tante volte si falli-sce, ma dove è sempre possibile ri-cominciare. Una comunità che se ri-mane chiusa in se stessa soffoca, e perciò deve aprirsi nello spazio, di-schiudendosi e sostenendo altre fa-miglie, e nel tempo, tenendo salda la vita nella catena delle generazioni.La Visitazione della s. Vergine è anche immagine di compresenza: madri e figli, ma anche il Padre e i figli e richiamo a chi è venuto prima e verrà dopo.Possiamo comunicare nella consape-volezza che siamo qui grazie ad altri, a ciò che ci hanno insegnato, alla vi-ta che ci hanno consegnato. La comunicazione, infine, può trasfi-gurare la realtà o sfregiarla. La Visitazione indica la via della trasfigurazione. Due donne sempli-ci, su strade polverose, nella delica-ta condizione di divenire madri, so-no il luogo in cui si rivelano le mera-viglie del Signore, dove egli compie «grandi cose». In un mondo prometeico che preten-de di trasformare tutto, esercitan-do in modo sempre più sofisticato la potenza, trasfigurare è l’alternativa grata e consapevole del limite che, proprio perché non ingombra dell’io, apre possibilità inaspettate di grazia e grandezza. Ricordiamolo, quando ascoltiamo, pronunciamo e soprattutto quando anche noi scriviamo parole in tutti i territori, anche digitali, che ogni giorno attraversiamo.

*direttore di VOCI e VOLTI

9

13 M

AG

GIO

201

5

Abbonarsi ad Avvenire significa entrare ogni giorno nel

cuore del cambiamento della Chiesa e di tutto il mondo

cattolico. Grazie a idee, analisi e approfondimenti puoi

seguire e comprendere i mutamenti della società e riscoprire

i valori profondi dell’essere cristiani e cittadini dell’Italia

e del mondo. In più, con l’abbonamento, hai accesso senza

alcun costo aggiuntivo anche all’edizione digitale del

quotidiano già dalla mezzanotte. Abbonati ad Avvenire

per essere insieme protagonisti nel cambiamento.

Abbonati ad AvvenireOFFERTA SPECIALE

RISPARMI€179,60

Paghi € 289,00 anziché € 468,60

Chiama subitoil numero verde800 820084

dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 17,00

In più, per te, gratis anche l’abbonamento digitale

Avvenire pag Abbonamento-Voci e Volti 270X380 -2015.indd 1 29/04/15 14:53

13 M

AG

GIO

201

5 [Ricerche e studi]

Voglio presentare l’inedi-to e poco noto affresco, nel quale mi sono imbattuto in Monza, che parla del nostro

santuario garganico e che riporta sotto la sede del vescovo, la sbiadita scritta apodanea ecclesia. Una doverosa, im-mediata e importante considerazione che subito viene a mente è che il san-tuario micaelico del Gargano nei seco-li passati era noto in terre lontane più di quanto oggi possiamo immaginare e che questa sua eco di fatti ed even-ti prodigiosi in esso accaduti si è ra-dicata in ogni dove - ho trovato trac-ce del nostro santuario in varie regio-ni d’ Oltralpe - ed anche in una città di terra longobarda del nord, lontana dal Gargano, ove in un affresco ornan-te una demolita chiesa altomedioevale dedicata all’Arcangelo è stato ricorda-to l’antico titolo che ha contraddistinto la chiesa-santuario del Gargano, detta appunto fin dalla antichità “apodanea”. La città di Monza, ricordo, ebbe un pe-riodo di particolare rilevanza politica e di intenso sviluppo artistico duran-te il VII secolo, quando fu capitale del-la Langobardia, il Regno longobardo del nord; in seguito, essa fu parte del Sacro Romano Impero e dal XII secolo libero Comune.Al periodo longobardo risale la costru-zione dell’antica chiesa dedicata a s. Michele, barbaramente demolita nel 1922 dalla civica amministrazione del tempo per creare la via Francesco Crispi, odierno salotto del centro cit-tà. Per ricordare l’esistenza della chie-sa il 29 settembre del 2004, nei pres-si del luogo ove sorgeva l’antica chiesa altomedioevale, fu collocata una sta-tua in bronzo di s. Michele, opera del Pietrogrande.Dell’antica chiesa di s. Michele si è sal-vato solo il grande affresco detto del-la messa di s. Michele che presenta l’invenzione del santuario micaelico del Gargano, il santuario “nazionale”

dei Longobardi, col pellegrinaggio del santo vescovo di Siponto e dei Sipon-tini, rappresentati dal vescovo sedu-to in cattedra, dal diacono, dagli an-geli ministranti e da altri personaggi posti dietro ai santi. Ma siccome la no-stra grotta garganica ha il particolare privilegio della messa aurea, l’affre-sco presenta anche quella prima mes-sa “aurea” ivi celebrata, cui assistono la s. Vergine Maria, diversi santi, e na-turalmente il nostro s. arcangelo Mi-chele che porta in mano il “baculus” gi-gliato del divino messaggero. Cristo è al centro della grande scena affresca-ta, cui sono presenti anche il re Agi-lulfo e la regina Teodolinda con i figli Gundeperga e Adaloaldo. Don Francesco Paolo Spagnoli nel suo Ragguaglio del santuario di s. Michele del Gargano del 1838 scrive che quel-lo del santuario garganico “ … è quel favorito altare ove Gesù Cristo rinnovel-lò e rinnovella giornalmente, circonda-to dai Santi, i prodigi del Calvario, offe-rendosi nella messa al Padre Eterno … di tal che possiam ridire Adorabo in lo-cum ubi steterunt pedes eius …”

Dunque, si tratta di un raro e prezioso esempio di “messa aurea” quella rap-presentata nell’affresco in esame, pro-pria della liturgia del mercoledì dei quattro tempora d’inverno e ricorda-ta nella Legenda aurea di Jacopo da Vo-ragine come quella celebrata di conti-nuo nel santuario micaelico del Gar-gano, di cui si hanno attestazioni nel-le vite di molti santi pellegrini, scritte nel corso dei secoli, tra tutte ricordo la Vita medioevale di s. Enrico di Bavie-ra, imperatore.«L’affresco, scrive Gina Pischel Fra-schini nella Relazione del Catalogo de-gli oggetti d’arte della provincia di Mi-lano, è di chiara derivazione giottesca e possiede una esigenza plastica ed una vena descrittiva realistica affrontata con rigidezze e pesanti manierismi. Es-so è certamente non posteriore alla me-tà del XIV secolo e certamente di un pit-tore locale piuttosto impacciato».Staccato da una parete prima dell’ab-battimento della chiesa, l’affresco è oggi conservato nel Museo del Duomo di Monza che sentitamente ringrazio per l’autorizzazione concessami a pub-blicarne la foto da me scattata.

Alle umane perplessità e ine-vitabili titubanze del san-to vescovo di Siponto, be-neficiario delle apparizioni

di s. Michele, lo stesso Arcangelo re-plicò con l’invito a salire con decisio-ne il Gargano e a trasformare in luogo di culto cristiano l’ arcana grotta de-signata e scelta da Lui stesso. E non ci fu nemmeno bisogno da parte del santo vescovo di procedere al rito della consacrazione dell’altare e della dedi-cazione del luogo, come è antichissima consuetudine della Chiesa, in quanto l’invitto Archistratega avvertì il vesco-vo di “avere Egli stesso consacrato il luo-go” con la sua presenza, lasciando il se-gno, visibilmente impresso sulla roc-cia, dell’impronta dei suoi piedi! Scrive nel ‘600 il vescovo Cavaglieri nel tomo II del Pellegrino al Gargano che “ … queste sacre vestigia sono effi-giate … elleno sono Michaelis praesen-tiae signum, come riferisce l’Alcuino e diedero il nome di Apodanea alla stes-sa celeste basilica in conformità di ciò si legge nell’antico vocabolario eccle-siastico Apodanea sic dicta fuit Ec-clesia sancti Michaelis a vestigio pe-dis, quod ibi impressum fuit … ubi po-

stea culmen appositum et altare impo-situm ipsaque Ecclesia ob signa ve-stigiorum Apodanea est vocata …” Tradizione antichissima questa, tra-mandata dall’ebraismo - il Salmista canta nel salterio “… entriamo nella dimora sua, prostriamoci allo sgabello dei piedi suoi…” (ps 131) ed ancora “ … adorate lo sgabello dei suoi piedi perché è santo …” (ps 98) - e dal paganesimo, che designa il “possesso riservato” su un luogo, un campo, una proprietà, di tal che la basilica garganica ebbe da subito il titolo di “apodanea” cioè let-teralmente “dalla impronta” in quanto dalla presenza di questa traccia visibi-le ebbe dedicazione il luogo per il culto divino ivi a celebrarsi. E tra le impronte di estremità umane che sono tra le forme e gli schemi più antichi dell’arte e le cui tracce si perdo-no nei meandri della preistoria, quel-la del piede inciso su pietra o su roccia stava a indicare il “possesso”, mentre quella posta sul corpo del nemico sim-boleggiava la “vittoria”. Dunque, le im-pronte dei piedi sono tra le prime reli-quie dell’umanità, tanto che sacre im-pronte furono lasciate da dei e semidei pagani di ogni dove: tra essi anche Mi-tra lasciava spesso nel mitreo attraver-so il Patér la sua impronta! La pietas popolare cristiana non ha perso occasione per esaugurare ossia “cristianizzare” questi simboli mol-to abbondanti e nella radice ebraica e nel mondo pagano.E così troviamo sparse un po’ ovunque molte presunte impronte anche dello stesso Cristo: la più famosa e venerata

8 MAGGIO, FESTA SECOLARE DEL MONTE GARGANO

Un affresco medioevale lombardo parla della basilica “Apodanea”

del GarganoAlberto Cavallini

La basilica apodanea del Gargano

11

13 M

AG

GIO

201

5[Ricerche e studi]

FESTA SECOLARE DEL MONTE GARGANO

La basilica apodanea del Garganoè la pianta del piede destro di Cristo la-sciata a Gerusalemme prima della glo-riosa Ascensione al cielo, avvenuta sul monte degli Ulivi ed oggetto di diver-se letture teologico-patristiche fin dai primi secoli, tra cui quella di Eusebio di Cesarea che per motivare l’impronta nella roccia dell’ascensione richiama il testo del profeta Zaccaria (14,,2-3): “… il Signore uscirà… e i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme…”, quasi a sottolineare che le impronte dei pie-di sono già in se stesse un monumento, una preziosa reliquia originatasi “per contatto” – dal greco “apò-dìdomi” - ed il cristiano sa bene che il suo cam-mino di fede e di testimonianza ini-zia dove si è fermato l’ultimo passo di Cristo; per questo la cappella gerosolo-mitana ancora oggi, pur se di proprie-tà musulmana, è molto visitata e l’im-pronta ivi custodita assai venerata e baciata dai pellegrini cristiani. Ma vi sono anche le impronte dei santi che sono state venerate dai pellegrini e che sono sparse in ogni dove, da quel-la dell’apostolo Bartolomeo in India a quella di s. Stefano martire impressa addirittura in un masso della Valtel-lina (!), alle orme dei piedi di s. Agata nel carcere di Catania e in quel di Pa-lermo, di s. Cristina a Bolsena, di s. Ri-ta a Cascia, a quelle infine più famose ed assai note nell’antichità del nostro arcangelo Michele sul Monte Gargano ma anche in Roma, nel Castel Sant’An-gelo. Dunque, è chiaro che in questa tradi-zione antica e ad imitazione dell’Ar-

cangelo, i pellegrini d’ogni tempo sono stati attenti e solerti nell’incidere nel-la roccia e nelle fabbriche del santua-rio del Gargano, oltre che brevi frasi di invocazione, piccole croci oppure la forma del proprio piede e della propria mano. Insomma, l’autentico significa-to simbolico di questi segni lasciati a ricordo sul nostro Monte Gargano è da-to da quel voler testimoniare, proprio dell’animo umano, un “memento”, una prova che si è lasciato qualcosa di sé all’Arcangelo per quell’umano deside-rio di voler rimarcare che ci si è sentiti legati al luogo prescelto dall’arcangelo Michele tanto da considerarsi compro-prietari, assieme al divino Messagge-ro, dell’antico santuario angelico. Questa tradizione dell’impronta, dun-que, è assai antica e di essa vi sono tracce un po’ ovunque. Nella lontana Cappadocia, tra le mille e mille chie-se rupestri, affrescate splendidamente sia durante il periodo iconoclasta con motivi geometrici e simbolici che do-po la vittoria dell’Iconodulia con affre-schi rappresentanti la vita di Cristo, degli Angeli, della Madre di Dio e dei Santi, v’è la Carikli Kilise, chiesa dei sandali, così chiamata per le impronte dei piedi dei pellegrini che fin dal IV secolo visitavano il deserto monastico cappadoce e che anch’io ho fotografa-to. Sia il presbitero Gaudentio da Bre-scia, poi vescovo della città (cfr il Trat-tato, 17) che la pellegrina Eteria, scel-sero entrambi di passare per la Cap-padocia prima di giungere a Gerusa-lemme. Siamo alla fine del IV secolo, quando il movimento anacoretico era

in quel gran fermento che continuò per alcuni secoli con un ulteriore in-cremento. Scrive Eteria nel suo Dia-rio che “ … ci capitò una gran fortuna, quella di arrivare là la vigilia della fe-sta di s. Elpidio, il nove delle calende di maggio, giorno in cui da tutte le zone della Cappadocia tutti i monaci, anche quelli anziani che vivono nella solitudi-ne e che son detti asceti, scendono per la festa che vi si celebra con grande so-lennità … così, dunque, abbiamo avuto la fortuna molto grande e insperata di vedere là molti monaci di Cappadocia, veramente santi uomini di Dio, e nella “chiesa dei sandali” anche noi abbia-mo lasciato le impronte del nostro pas-saggio …” (Dal Diario di Eteria, Itine-rariun Eteriae, Roma 1979). Ad Efeso, poi, ho avuto modo di fotografare su una lastra di pietra già appartenen-te alla basilica del Concilio, l’impron-ta del piede della sovrana Zoe, donna molto religiosa - così è scritto nel mo-saico di s. Sofia in Istanbul - moglie dell’imperatore Costantino Monomo-naco, che più volte fu pellegrina sia in Terra santa che negli antichi luo-ghi cristiani dell’Anatolia. Come memoria musulmana, infine, non posso trascurare di ricordare che nel tesoro del palazzo di TopKa-pi in Istanbul, ho visto conservata ed esposta l’impronta del piede del pro-feta Maometto lasciata, prima della sua ascensione al cielo, impressa su una pietra e fatta portare dal sultano Mehemet II il conquistatore, nell’an-no 1453, da La Mecca a Istanbul: es-sa è ancor oggi un oggetto di grande

venerazione. Lo studioso della religiosità popola-re Rossi riferisce che una mula lascia-va le impronte dette “coppelle” sulla pietra in Valleorco proprio come l’Ar-cangelo aveva lasciato l’impronta del suo piede sul Monte Gargano. E così i pellegrini hanno lasciato nel corso dei secoli le impronte dei propri pie-di e delle proprie mani pro itu et re-ditu. L’impronta della mano, invece, è già presente anche nei graffiti prei-storici di grotta Paglicci del Gargano, ma nel santuario micaelico del Garga-no essa è da ricondursi al segno del-la santa Mano di Dio incisa sul ripi-dion dell’Arcangelo nella icona bizan-tina custodita proprio nel santuario di Monte Sant’Angelo ed in genere a tutta l’iconografia orientale dell’Archistrate-ga, considerato e salutato come icona della santa Mano di Dio. Dunque, possiamo ben capire che il nostro è un santuario circondato fin dalle origini da un alone suggestivo a cui non sono da meno il fascino della collocazione paesaggistica, in alto sul monte Gargano e per di più in un an-fratto delle sue viscere, e la ricchez-za delle testimonianze di arte cui s’ag-giunge la moltitudine di pellegrini di tutti i secoli che si sono immersi e che continuano a tutt’oggi ad immergersi nella potente aura di mistero che lo av-volge e che è così palpabile da essere imbarazzante e talvolta gravosa ren-dendo la sacralità evidente e percepi-bile da parte di ogni visitatore.

Alberto Cavallini

13 M

AG

GIO

201

5

“Gli storici oggi si stanno in-terrogando sulle ragioni che fecero cadere in di-sgrazia i Gesuiti nel gi-

ro di pochi anni. E’ la storia affascinante dell’epopea della prima globalizzazione che si consumò fra la scoperta dell’Ame-rica e i tentativi di conquista commerciale dell’estremo oriente. I Gesuiti in quella vi-cenda ci entrarono completamente nel gi-ro di pochi decenni” così nelle prime pa-gine del libro “I figli del gesuita”, l’au-tore Francesco Mercurio, direttore della Biblioteca, dell’archivio storico e del si-stema museale provinciale, colloca sot-to il segno dell’ipocrisia le tristi vicende vissute dai padri Gesuiti dopo le deter-minazioni regie del 27 marzo e del 31 ottobre 1767 che ne stabilirono l’espul-sione da Spagna e regno di Napoli. In una sorta di documentario storico il no-stro autore ci racconta la lotta intestina all’interno dei due grandi regni europei durante il ‘700 che portò alla soppres-sione dell’Ordine religioso ignaziano for-nendoci un ragionato, puntuale e in più punti indispensabile resoconto.Delle pagine dei documenti l’autore

conserva date, titoli e contenuti trasfor-mandoli in capitoli densi che racconta-no la tragica vicenda dei Gesuiti di Or-ta, espulsi dal Regno con la conseguente confisca del loro grande feudo che, alla luce utopica dell’illuminismo allora do-minante, si cercò di organizzare in cin-que piccoli centri fatti appositamente na-scere nel nostro Tavoliere - Orta, Storna-ra, Stornarella, Carapelle, Ordona - e co-stituiti da una società agricola a dir po-co impossibile in quanto formata all’ini-zio da soli 410 ingenui e sempliciotti la-voratori della terra, presi dall’Appenni-no dauno e dalla costa delle saline e tra-piantati nel basso Tavoliere per costitu-ire queste nuove comunità, lavorando la terra dell’ex feudo gesuita, deserta e ma-larica. Sotto il segno di una necessità al-lora ritenuta storica, Mercurio segnala come frutto di disattenzioni, ambiguità, difetti di prospettiva, coercizioni, frain-tendimenti, gli eventi occorsi nel ‘700 nella nostra terra di Puglia, volti in so-stanza a espungere da sé l’Altro, in ogni sua forma, cacciando l’uno dal suo mi-nistero e dalla sua proprietà fondiaria e soggiogando l’altro a quei fini idealistici

Le ipocrisie dei regnanti borbonici e le vicende di Gesuiti e contadini nel Tavoliere

[Libri]

allora dominanti, alla ricerca di uno sta-to illuminista perfetto. Dunque la codar-dia dei regnanti animati da mero inte-resse e da insubordinazione nei confron-ti del magistero petrino ha fatto sì che la preziosa opera educativa e pastorale dei Gesuiti nella nostra terra fosse repenti-namente e definitivamente stroncata .Il nostro autore che fa usare a protago-nisti e personaggi minori ciò che hanno lasciato scritto o tramandato oralmen-te in canti, nenie e filastrocche, inseren-doli nella nefasta politica di Ferdinando IV volta a liberare il regno da ingeren-ze internazionali, ci racconta così la sto-ria di queste comunità lasciate in balia di un triste destino, voluto e determina-to da quell’assolutismo dispotico del so-vrano regnante e da quel parvente pro-gresso concesso ai servi, ritenuti giam-mai cittadini ma sempre sudditi, domi-nati e umiliati, anche nella loro sacro-santa dignità umana. Insomma, è tratta fuori “dalle nebbie del passato” la storia romanzata e l’esperien-za vissuta dai pionieri dei Cinque Re-ali Siti che circa 250 anni fa fondaro-no le cinque cittadine del sud Tavolie-

re, “figli di un’utopia settecentesca, rima-sta intrappolata nel pregiudizio antibor-bonico che ancora oggi, tot court, perva-de la storia ufficiale dei nostri testi scola-stici”. Ho letto tutto d’un fiato e con estre-mo piacere il testo del Mercurio che mi è stato prestato dall’amico Efrem, mona-co bibliotecario di Pulsano, che ringra-zio per avermi dato l’opportunità di gu-stare un testo interessante e assai piace-vole a leggere.

Francesco MercurioI Figli del GesuitaClaudioGrenzi editore – Edizione fuori commercio riservata alla Provincia di Foggia

Alberto Cavallini

Tra le varie patologie psico-fi-siche con cui l’uomo ha do-vuto fare i conti nel corso del tempo, da alcuni decenni i

disturbi del comportamento alimen-tare (DCA) stanno acquisendo sem-pre maggiore rilevanza da un punto di vista clinico e sociale, imponendosi all’attenzione sia dei mass-media che della gente comune. Proprio su que-sta tematica si è focalizzato il lavoro di ricerca di Chiara Santoro, giovane docente di religione cattolica origina-ria di San Giovanni Rotondo, ma or-mai dal 2007 impegnata nell’insegna-mento presso diversi Istituti scolastici di Roma. Tale studio – grazie al qua-le l’autrice ha conseguito, nel 2013, il Dottorato in teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana di Roma – è stato poi pubblicato in un volume dal titolo Il desiderio tra infinito e limite. Indagine etico-pedagogica sui distur-bi alimentari in adolescenza.La Santoro affronta l’argomento dei DCA in adolescenza con l’obiettivo specifico di fornire, a partire dai ri-sultati delle ricerche in campo medi-co-sanitario e psicoanalitico, un con-tributo di tipo etico-teologico e pedago-gico alla luce dei principi della morale cristiana, assumendo come chiave di lettura dell’intera problematica la ca-tegoria del desiderio.Il percorso si presenta articolato in quattro capitoli. Nel primo viene of-ferta un’analisi descrittiva del fenome-no dei DCA, facendo riferimento ai ri-sultati degli studi specialistici al ri-guardo. Questi dati sono approfondi-ti nel secondo capitolo e letti alla luce dell’orizzonte antropologico di fondo

che anima tutta la ricerca della San-toro: il personalismo ontologico. Il ter-zo capitolo offre un modello interpre-tativo dei DCA alla luce della categoria del desiderio quale elemento costituti-vo essenziale della persona, che è al-la costante ricerca dell’infinito. L’uo-mo, in quanto essere bisognoso, è ani-mato costantemente dal desiderio di una trascendenza che lo oltrepassi. Tale attesa, però, può compiersi solo nell’incontro con l’Altro in senso te-ologico; se, infatti, essa rimane fru-strata, perché magari si è fermata su “falsi infiniti” che non riescono a col-mare l’anelito del cuore umano, allora si corre il rischio – soprattutto in un momento delicato come l’adolescenza – di smarrire il senso dell’esistenza, dissipando così la propria vita. Visti in questa prospettiva, i DCA si presenta-no, allora, come patologie del deside-rio, poiché sono provocati dalla per-dita di un centro morale e spirituale in grado di dare una risposta alla do-manda di senso. Diventa necessario, quindi, educare le attese dei ragazzi, per aiutarli ad aprire la propria esi-stenza all’incontro con il vero infinito.A partire dai dati acquisiti, nel quar-to capitolo viene avanzata una propo-sta pedagogica che, con la collabora-zione attiva dell’adolescente e con una stretta sinergia tra famiglia e istitu-zioni educative, si propone l’obiettivo di rendere i giovani capaci di trova-re, nella libera adesione ad un proget-to di vita, la strada per rispondere, in prima persona, agli interrogativi sul-la propria identità e sul senso del pro-prio avvenire.

Chiara Santoro,

Il desiderio tra infinito e limite. Indagine etico-pedagogica sui disturbi alimentari in adolescenza, = Tesi Accademia Alfonsiana 5, Lateran University Press – Editiones Academiae Alfonsianae, Roma 2014.

Proposta pedagogicaAprire i giovani all’incontro con il vero Infinito

Se un repertorio è la raccolta di dati ordinati se-condo un criterio tale che li rende facilmente consultabili, allora la decennale opera certo-sina di Michele Ferri su tipografi e stampato-

ri che hanno operato nel nostro territorio provinciale soprattutto nel periodo tra Ottocento e prima metà del Novecento, raccolta nel volume “Editori e tipografi in Capitanata” edito dall’Ente Provincia di Foggia, ha ri-sposto appieno al significato del lemma anche perché è stata arricchita da sagacia, conoscenze, risorse del-lo stesso autore.Il poderoso studio, composto da ben 875 pagine, pre-senta gli annali tipografici degli stampatori locali e la loro storia con un ricco catalogo delle edizioni pro-dotte a Foggia, Lucera, Manfredonia, Monte S. Ange-lo, Cerignola e in tutti gli altri centri urbani di Capi-tanata: è la storia degli stampatori cosiddetti ‘minori - quasi secondari rispetto a quelli più famosi della cit-tà di Napoli - che hanno operato tra mille espedienti e con proprie risorse a favore della cultura locale. Attra-verso queste attività è oggi possibile studiare e capire l’importanza di una stamperia, nonché la presenza e l’uso del libro e dei giornali nella nostra società urba-na meridionale, dominata in passato dalla piaga dell’a-nalfabetismo. E’ noto che nelle nostre cittadine di pro-vincia l’impresa tipografica non è stata certamente in passato tra le attività più redditizie, e dunque dei co-raggiosi “pionieri” hanno lavorato sodo, a volte senza corrispettivi adeguati al lavoro svolto, e pubblicato cen-tinaia di testi e diversi giornali periodici per quella ri-stretta, ma attenta elite culturale locale, diffondendo e coltivando così memoria storica, sapere ed erudizio-ne, pur tra le immancabili difficoltà economiche e cri-si settoriali che portarono quasi sempre alla diaspo-ra degli stessi tipografi o alla chiusura degli opifici.All’autore va a pieno merito ribadito quanto scritto nel-la prefazione del testo dal direttore della biblioteca provinciale Franco Mercurio “… il ringraziamento del-la comunità scientifica per aver con insistenza, genti-le ma ferma, perseguito in un lavoro che diventerà uno strumento prezioso di lavoro degli studiosi e di cono-scenza per gli appassionati di cose patrie”.

don Nicola Iacovone

Editori e tipografi in Capitanata

Alberto Cavallini

Michele Ferri, Editori e tipografi in CapitanataClaudio Grenzi Editore – Edizione fuori commercio riservata alla Provincia di Foggia.

13

13 M

AG

GIO

201

5

100[Centenario della grande guerra]

Abbiamo ricevuto da un nostro lettore le origina-li pagine del maggio 1915 di un grande giornale na-

zionale: VOCI e VOLTI le condivide e invita i lettori a riflettere sull’even-to attraverso occhi, prospettive e lin-guaggi nuovi, nell’intento di custodi-re le storie dei nostri nonni coinvolti nel conflitto e le memorie di persone, luoghi e fatti. Non c’è alcun interesse per la cele-brazione di fasti e nefasti di un con-flitto che ha cambiato il volto d’Euro-pa, ma solo la ferma intenzione di di-fendere la memoria del sacrificio di tanti soldati caduti.A cento anni dallo scoppio della Pri-ma Guerra mondiale che ha visto l’I-talia prender parte al conflitto con-tro l’Impero Austro Ungarico nel maggio 1915 e contro la Germania nel 1916, come cristiani non possia-mo non continuare a far nostre le pa-role di Papa Francesco pronunziate di recente a Redipuglia:

Sono passati 100 anni“Trovandomi qui, in questo luogo, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia … La guerra distrugge... Distrugge anche ciò che Dio ha cre-ato di più bello: l’essere umano … La guerra stravolge tutto, anche il legame tra fratelli … La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione!”. E come i presenti si sono raccolti in un lungo silenzio per riflettere sulle parole del Ponte-fice e per ricordare i caduti, anche noi non possiamo che continuare a testimoniare il nostro più sentito No alla guerra. Una preghiera usata durante la pri-ma grande guerra da quei cattolici che pur contrari alle armi combatte-rono per la patria, in un’invocazione al Cristo concludeva così: “Se cadremo, fa’ che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente e a quello dei nostri morti a crescere nella pa-tria giustizia e libertà”. Sia detto in memoria di tutti i cadu-ti in guerra.

Il direttore e la redazione di VOCI e VOLTI

13 M

AG

GIO

201

5 [Settimana dell’educazione]

Come da programma lo scor-so 27 aprile si è svolto l’in-contro sul tema della lega-lità e dell’impegno socia-

le con don Luigi Ciotti, organizza-to dall’Arcidiocesi nell’ambito della “Settimana dell’Educazione” che ha visto la partecipazione di nume-rosi studenti della scuola Seconda-ria di 2° grado.Una presenza importante e incisiva quella di don Luigi Ciotti, fondato-re dell’Associazione Libera contro le Mafie che prima di incontrare gli studenti in cattedrale a motivo del-la pioggia, si era fermato a Piazza-le Brunelleschi per la benedizione dell’orto sociale e del parco giochi dedicato a don Giuseppe Diana, vo-luto dall’Amministrazione Comuna-le all’interno del progetto sugli orti sociali che, come ha ricordato il sin-daco Angelo Riccardi nel saluto di benvenuto all’illustre ospite, vuole essere un segno di provocazione e di attenzione. L’arcivescovo Miche-le Castoro ha accolto don Luigi ricor-dando l’impegno della nostra Chiesa

diocesana sul fronte dell’educazio-ne con vari progetti di dialogo con le agenzie educative per vincere con la formazione e la solidarietà ogni lega-me con delinquenza e illegalità, e lo ha ringraziato per il lavoro che svol-ge per i giovani e per la testimonian-za data che è per tutta la Chiesa e per tutti i sacerdoti.Don Ciotti, dopo aver ascoltato alcu-ne domande degli studenti presenti e risposto alle loro domande, ha ri-cordato la giovane ragazza manfre-doniana tragicamente scomparsa un mese fa e ha raccontato dell’incon-tro avuto con la mamma e della let-tura di un tema che parlava della vi-ta che va vissuta lasciando un segno, ed ha raccomandato ai presenti di continuare tutti insieme ciò che la giovane aveva cominciato sul fronte dell’impegno sociale e della legalità, perché da soli non si fa nulla.Ha parlato di mafia don Luigi e del-la cultura mafiosa che è peggiore. Ha spronato i giovani ad essere re-sponsabili, profondi, veri, a guarda-re le diversità, apprezzandole come dono da mettere insieme perchè “la diversità è il sale della vita e mai deve divenire avversità”. Ha chie-sto ai giovani presenti di impegnarsi a condannare alcuni atteggiamenti diffusi nella società civile, anche tra i giovani e nelle istituzioni, perché non “basta commuoversi, occorre muoversi”, ribadendo così la neces-sità di tornare a progettare insieme,

pensare azioni e contributi di cui tut-ti possono essere capaci.Alle istituzioni ha ricordato di “fa-re meno convegni”, sporadici ed insignificanti perché “… l’educazio-ne va progettata, costruita insieme in percorsi condivisi e in azioni concre-te”. E ai giovani ha detto con passione che “Se incontrate qualcuno che sa tutto, girate alla larga perchè in re-altà è uno che non sa niente”.Ha indicato tre parole: conoscenza, responsabilità e giustizia. Ha pre-cisato che tra queste non c’è una “e” congiunzione, ma una “è” verbo, per-ché ognuna è l’altra e non possono esistere senza. Conoscenza è “an-dare in profondità; oggi c’è il pecca-to di sapere, c’è troppa conoscenza di seconda mano, che altro non fa che creare fango su molti siti. Oggi c’è bi-sogno di ricercare e vivere esperienze sul campo”.Responsabilità è sapere che ciascu-no deve fare la sua parte, che ciascu-no ha le sue responsabilità sulle co-se, qualsiasi sia l’ età e che non si può stare zitti ed essere omertosi, altri-menti si è complici e non costruttori. Ed infine giustizia è relazione, do-ve ciascuno si fa prossimo all’altro e non cerca di sopraffarlo, ma insieme cerca il bene comune.Al termine dell’incontro, capiamo che parte dall’educazione il riscatto del Mezzogiorno con la sfida di un iti-nerario che riconosca le risorse uma-ne e culturali del nostro Sud. Dun-que, alla base di tutto deve esserci un progetto educativo che riabitui le giovani generazioni a vedere la bel-lezza, categoria molto simile al bene perché se i giovani non saranno ca-paci di vedere la bellezza delle cose non saranno nemmeno capaci di fa-re cose buone. Don Salvatore Miscio, responsabile della Pastorale giovanile dell’Arci-diocesi, prima di terminare l’incon-tro ha ricordato a docenti e ragazzi che è possibile lavorare su quanto ascoltato e che ciascuna scuola, cia-scuna classe può comunicare inizia-tive, idee, progetti che possono esse-re realizzati in nome dei valori cita-

Antonia Palumbo

Settimana dell’EducazioneDon Ciotti incontra i giovani dell’Arcidiocesi

cui raccomanda“Basta commuoversi , occorre muoversi’”

ti in modo da dar segno visibile del-la meraviglia e dell’operosità dei ra-gazzi.Dal coordinamento organizzativo della Settimana dell’Educazione - Ufficio Scuola e Cultura, Ufficio in-segnamento della Religione Cattoli-ca, Servizio per la Pastorale Giova-nile, Ufficio Famiglia, Progetto Po-licoro – è andato un ringraziamen-to all’Arcivescovo e a tutti di docen-ti che hanno creduto e favorito le ini-ziative intraprese, alle forze di Poli-zia e all’Amministrazione Comunale per la disponibilità mostrata, a don Ciotti per essere intervenuto e infi-ne al Gruppo Abele e all’Associazio-ne “Libera contro le mafie”.

Man

fred

onia

13 M

AG

GIO

201

5[Maggio cultura cristiana]

A venticinque anni dall’en-trata in vigore del Sinodo dell’Arcidiocesi Manfre-donia-Vieste (1985-1990),

l’Ufficio di Pastorale per la Cultura, l’Ufficio per le Comunicazioni Socia-li e l’Archivio storico diocesano han-no organizzato alcune manifestazio-ni per fare memoria grata di un Ve-scovo indimenticato e di un even-to ecclesiale - il Sinodo diocesano da mons. Valentino Vailati indetto e portato a termine - che si propone-va di «attuare il Concilio Vaticano II (lettera e spirito), e, insieme, di ap-

plicare in modo organico le diretti-ve della Conferenza Episcopale Ita-liana, nei suoi piani pastorali, attor-no al tema: La Parrocchia. Comunità che annuncia, celebra, testimonia il Cristo Risorto. Le iniziative sono state rivolte al Presbiterio diocesano e all’intera Arcidiocesi. Gli incontri inseriti nel “Maggio di Cultura Cristiana” han-no mirato al triplice scopo: presenta-re la visuale teologica della dimensio-ne sinodale della Chiesa da cui emer-gesse come essa costituisca l’essenza della Chiesa locale e non si limitasse

ad un puro stile metodologico; appro-fondire anche il ruolo storico dei ven-ti Sinodi sipontini e viestani che han-no ritmato la vita del popolo di Dio; indagare infine sulla “ricezione” e “profezia” dell’ultimo Sinodo, quello appunto celebrato da mons. Vailati.La mostra fotografica, che ha accom-pagnato la manifestazione (e che si spera possa essere allestita, su ri-chiesta, anche in altri paesi della no-stra Diocesi), si sviluppa su due per-corsi: l’uno segue le tappe più signi-ficative della persona e dell’episcopa-to di mons. Vailati, l’altro racconta il

Sinodo diocesano, dalla indizione al-la celebrazione assembleare.Riportare alla memoria scelte, che, pensate e sofferte nella speranza di schiarire il futuro di questa Chiesa, sono divenute acquisizioni pacifi-che del nostro presente e ci permet-tono di non essere in ritardo col tre-no della storia, ci è sembrato un at-to di somma venerazione tributata a tanti di questi fratelli e padri che non sono più tra noi.

*responsabile dell’archivio storico diocesano

Le iniziativeche raccontano

il 20° Sinodo

Diocesanoe

l’Arcivescovoche lo ha indetto

e portato a termine

Antonio Tomaiuoli*

MOSTRA FOTOGRAFICANEL 25° DEL SINODO DIOCESANO

MOSTRA A CURA DELL’ARCHIVIO STORICO E DELL’UFFICIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI DELL’ARCIDIOCESI

25°100100MOSTRA FOTOGRAFICA

NEL CENTENARIO DI

MOSTRA A CURA DELL’ARCHIVIO STORICO E DELL’UFFICIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI DELL’ARCIDIOCESI

alentino VAILaTI

1613

MA

GG

IO 2

015 [Ecclesia in Gargano]

le, con concerti, musical, raduno di bande musicali, riflessioni e appro-fondimenti in onore della celeste e santa“madre e protettrice”.Nella ricchezza del tempo pasquale, dunque, la comunità viestana è stata aiutata dai suoi presbiteri ad appren-dere da Maria, a superare le paure, a camminare nella modernità del no-stro tempo con umile coraggio e te-stimonianza trainante, sull’esem-pio dei padri che tanto hanno amato la Vergine di Merino facendo sì che quella loro pietas fosse tramandata e consegnata a noi.E Vieste in questo annuale tripudio di cuori ha saputo ancora una vol-ta stringersi intorno alla sua dolce Patrona e sceglierLa come model-lo dell’ascolto, donna concreta, ma-dre plurale, maestra di trascenden-za che porta a Cristo.Nel nostro tempo, la fine dell’umane-simo ha portato alla nascita di “sot-to-uomini” e di “super-uomini” che, senza Dio, vorrebbero fare tutto da sé, tutti intrisi di quella pseudo cul-tura che ha fatto del termine “uma-no” il sinonimo di chiusura a Dio: so-no state così favorite variegate impo-stazioni di vita incentrata sul pro-prio io che hanno generato e genera-no le tante tristi dipendenze moder-ne, dal denaro alla agiatezza sfrena-ta, dalla sottomissione al digitale al gender, dalla droga all’asservimen-to dell’altro, che purtroppo formano i tanti “vitelli d’oro” costruiti nel de-

Il mese di maggio che la pietà del popolo cristiano ha dedicato a Maria, nella città di Vieste assu-me una passione e una commo-

zione per così dire ‘speciale’ che ha il suo culmine nella Festa a Maria, la celeste patrona della bianca cit-tà garganica protesa nel mare, tan-to che si può esclamare senza meno che nulla di più bello può succede-re il 9 maggio, il giorno della secola-re festa di s. Maria di Merino. Tante persone si sono raccolte in pre-ghiera nella concattedrale per il so-lenne novenario e tante altre han-no seguito con attenzione e parteci-pazione il ricco programma in pre-parazione alla festa, organizzato dal parroco don Gioacchino Strizzi e dal Consiglio Pastorale parrocchia-

serto del nostro tempo. Che commo-zione, lo confesso, riascoltare i can-ti dei fedeli e vedere la loro grande partecipazione alla festa! E in quel-la commozione ho capito ancor più quanto Maria rimandi al grande di-zionario dell’umano, offrendo uno sguardo materno, chiaro, valoriz-zante la ricerca sincera di ognuno.Maria di Merino nel suo chilometri-co peregrinare da Vieste a Merino e da qui alla cattedrale insegna e pre-para quel cammino di ogni credente, sostiene la riflessione della comuni-tà cristiana, svela il criterio del rea-lismo cristiano che evita ignavia e

FESTA A MARIA, LA MAESTRA IN UMANITÀ

Alberto Cavallini

Isch

itella

Vie

ste

abitudini, fretta e attivismo, perché tutta la città di Vieste possa diventa-re un autentico luogo di esperienza di vita che accoglie, educa e coniuga anima e corpo, ristoro e sollievo, fe-de e vita, l’io e il noi di tanti ospiti e di tanti poveri che bussano alle no-stre porte.

se di Maggio, il mese della Madonna. Con la lotta assidua per l’umiltà deb-bo dimostrarle il mio amore”(1 mag-gio1947).Don Antonio guarda in Maria Co-lei che lo guida e lo accompagna nel suo cammino verso il sacerdozio e la santità: “Mamma del Cielo: sotto la vostra protezione sono nato e bat-tezzato! Sotto la vostra protezione ho indossato la veste talare. Sotto la vo-stra protezione sono diventato solda-to di Gesù Cristo. Sotto la vostra gui-da sicura voglio che il mio desiderio diventi realtà. Voi anche senz’altro lo volete:tenetemi per mano! Che non vi-va quest’anno che per essere santo” (21 novembre 1947). Egli vede nella Madonna il modello, l’umiltà che de-ve avere il sacerdote; perciò, si im-pegna a vivere seriamente il suo es-sere sacerdote con l’aiuto della Ma-donna: “Mamma mia, aiutate questo bambino” (10 agosto 1951).Quello che Maria è stata sul piano fi-sico e della realtà storica, il sacerdote lo è ogni volta sul piano della realtà sacramentale: “Mamma, solo quando ti ho considerata realmente presente vicino a me, ad assistere al mio sacri-ficio al quale niente è paragonabile

nell’universo, soltanto allora ho tro-vato un po’di pace!”(15 ottobre 1949).“Quali relazioni e quali distinzioni – sottolineava il beato Paolo VI, papa - vi sono fra la maternità di Maria, resa universale dalla dignità e dalla carità della posizione assegnatale da Dio nel piano della Redenzione, e il sacerdozio apostolico, costituito dal Signore per essere strumento di comu-nicazione salvifica fra Dio e gli uomi-ni? Maria dà Cristo all’umanità; e an-che il Sacerdozio dà Cristo all’umani-tà, ma in modo diverso, com’è chiaro; Maria mediante l’Incarnazione e me-diante l’effusione della grazia, di cui Dio l’ha riempita; il Sacerdozio me-diante i poteri dell’ordine sacro” Don Antonio vuole essere un san-to sacerdote è sa bene che il segreto per esserlo è amare la Madonna che a Vieste, dove lui è nato ed ha opera-to, è venerata sotto il titolo di SAN-TA MARIA DI MERINO. Si consa-cra per questo alla Madonna: “Mio ventiquattresimo compleanno. Mi so-no riconsacrato alla Madonna”(2 feb-braio 1950) , perché “Beato è il ven-tre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte” (Lc 11, 27), dice nel Vangelo una donna che procla-

ma beato il portare Gesù nel grem-bo, cui Gesù risponde: “Beati piutto-sto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” aiutando, in tal modo, quella donna e tutti noi, a capire dove risiede la grandezza per-sonale di Maria, sua Madre. Chi è in-fatti che “custodiva“ le parole di Dio più di Lei, della quale è detto due vol-te, dalla stessa Scrittura, che “custo-diva tutte le parole nel suo cuore?” (cf Lc 2, 19.51).Maria ha meritato cosi di ricevere il grande dono dell’Assunzione in cor-po ed in anima dalla terra al cielo, per virtù divina, a differenza dell’A-scensione di Gesù, il quale salì al cie-lo per virtù propria.Don Antonio Spalatro vive con tre-pidazione la proclamazione del dog-ma dell’Assunta: “Fra poco ci sarà la proclamazione del dogma dell’Assun-ta … Ogni grazia è mariana. Tutta la vita spirituale è anche mariana”(9 ot-tobre 1950).Tutti devono e possono imitare Maria nella sua fede, ma in modo tutto spe-ciale deve farlo il sacerdote.

*parroco di s.Nicola di Mira in Rodi Garganico

Il Servo di Do don Antonio Spalatro, la Madonna di Merino e il mese di maggiodon Michele Pio Cardone*

Della Madonna si parla mol-to spesso nel Diario Spiri-tuale di don Antonio Spa-latro che sottolinea quella

misteriosa vicinanza tra Maria e il sacerdote. Iniziato il giorno dell’Im-macolata: “Oggi è l’Immacolata! Al-lora dico a Lei perché faccio questa specie di diario” (8 dicembre 1946), in esso don Antonio si rivolge alla Madonna con parole semplici e con-fidenziali e per lui il Mese di Mag-gio è un mese nel quale deve chie-dere di più alla Madonna di aiutarlo a migliorarsi: “E’incominciato il me-

Alberto Cavallini

13 M

AG

GIO

201

5[Ecclesia in Gargano]Is

chite

llaUn tripudio di cuori l’annuale festa del ss. Crocifisso di Varano

Leonardo Ciuffreda

Festa di s. Giorgio

La piccola e antica chiesa del-la ss. Annunziata posta su una sponda dello scenogra-fico lago di Varano custodi-

sce un antico e miracoloso Crocifisso ligneo che trecento anni fa, il lonta-no 23 aprile 1717, data da allora ben impressa nei cuori delle popolazio-ni del Gargano nord, liberò da una tremenda siccità tutto il comprenso-rio dei Comuni di Ischitella, Carpi-no, Vico, Rodi, Cagnano, Sannican-dro da una lunga e terribile siccità

donando l’implorata acqua alle ter-re bruciate dal sole e alle popolazio-ni assetate. Un miracolo che si ripe-té più volte nel corso dei secoli ogni-qualvolta i contadini e gli allevatori di bestiame, stremati dalla tremenda siccità del sitibondo Gargano, sono ricorsi con fiduciose suppliche all’a-mato Crocifisso di Varano.Ed è proprio da quel lontano 1717 che la pia Unione ss. Crocifisso di Ischi-tella custodisce il prezioso manufat-to ligneo, cura il culto della chieset-ta, organizza l’annuale festa in onore del ss. Crocifisso coinvolgendo tutti i residenti nel Gargano nord, dai sin-daci dei Comuni sopra citati ai nu-merosi fedeli.Dopo la celebrazione della messa sul-le sponde dl lago segue il momento più solenne suggestivo: la proces-sione col Crocifisso portato a spalla, a turno, dai sacerdoti concelebran-ti, dai sindaci e dagli iscritti alla Pia Unione, giunge fin su un’altura vi-cina che simboleggia il Calvario da cui vengono benedetti il lago, i cam-pi e tutta la terra del Gargano nord.Partecipare a questa manifestazio-ne antica e solenne di fede significa sentire il pathos e la pietas religio-

I festeggiamenti del Santo patro-no a Vieste consistono nella pro-cessione del Santo, dalla catte-drale fino alle falde della colli-

na dove sorge la chiesa di s. Giorgio, dove viene celebrata la messa e do-ve si può, poi, assaggiare la famosa frittata offerta dalla civica ammini-strazione a viestani e turisti. Dopo il

sa del nostro popolo che caratteriz-za e circonda tutte le sue espressio-ni di fede, semplice e schietta. Parti-colarmente suggestivi sono i cori del-le “Cantatrici di Ischitella” che con i loro canti e le loro preghiere e sup-pliche rappresentano un importan-te anello di quel panorama etno-mu-

sicale che tramanda gli antichi can-ti popolari garganici e le litanie che accompagnano la processione del ss. Crocifisso. Una processione che è commozione autentica per la fede testimoniata dal trasporto dei cuori.

rientro del Santo in cattedrale, ci so-no i tradizionali fuochi pirotecnici. Ma è nel pomeriggio, che si svolge la tradizionale galoppata dei cavalieri lungo la spiaggia o “corsa al palio” che richiama numerosi turisti e vie-stani veraci. La storia di un popolo non sarà mai esaustiva se non si vi-vono sia pure succintamente le tra-

dizioni sociali, familiari e religiose che sono, per così dire, l’anima del-la gente, alimentano la fiamma del-la solidarietà e costituiscono l’asse portante dei sentimenti e del patri-monio storico-religioso di un popo-

lo. I Viestani tutto questo rivivono nella festa annuale del loro Santo pa-trono durante la quale si può scorge-re la secolare e ricca storia di tutto il popolo.

Vie

ste

1813

MA

GG

IO 2

015

È stato il titolo dell’interessan-te incontro organizzato dal Circolo Unione in occasione della Pasqua e che ha visto

come relatore don Salvatore Miscio , responsabile del Servizio Diocesa-no per la Pastorale Giovanile e Vo-cazionale. La moderatrice della se-rata, prof. Teresa De Padova, prima di presentare il relatore, ha analizza-to l’importanza del tema nell’ attua-le contesto socio-culturale.Oggi l’uomo, alla ricerca di nuovi ido-li nel continuo vagabondaggio cul-turale , segue falsi miti sacrificando la dignità e l’essenza stessa dell’ es-sere. Cristo dice :“Non c’è Amore più grande di chi dà la vita per gli ami-ci” cioè per gli emarginati , gli ulti-mi della società, i nemici. Nella vi-ta sociale il termine “Amore” è usa-to con molta superficialità. Certa-mente i mass-media sono responsa-bili della profonda congiura contro la vita , accreditando nell’opinione pubblica un tipo di cultura che met-te al centro di tutto la soddisfazione personale, mascherandola come ma-nifestazione d’amore. Come svegliarsi dall’assopimento eti-co che allontana dalla fedeltà a Dio e all’uomo? La difficile risposta è nel morire alla schiavitù del benessere facile e dell’io prepotente , entrando nel volere di Dio . Infine, la coordina-trice ha voluto ricordare alcuni prin-cipi di vita che l’ arcivescovo mons.

Michele Castoro , in un incontro par-rocchiale , ha offerto come piste di ri-flessione :Astenersi dal giudicare gli altri per scoprire il bene che è in noi .Astenersi dal lamentarsi sempre per scoprire le meraviglie della vita .Astenersi dal risentimento per sco-prire il bello del perdono .Don Salvatore Miscio, nel suo inter-vento, ha evidenziato che nella no-stra società il sentimento dell’indif-ferenza è dominante e, a riguardo, ha sottolineato che Papa Francesco mette in guardia da questo, ricor-dando che Dio si è sempre preso cu-ra dell’uomo. Oggi, invece, predomi-na la cultura dell’odio che nasce dal-la paura e dall’individualismo. L’im-perante modello dell’uomo Self-Med spazza via ogni fondamento del con-cetto di Bene Comune, mentre il po-tere del mercato impone il consumo sfrenato. E così, sotto la spinta di fal-si bisogni, “si consumano” i ruoli , le competenze , l’umanità dell’indivi-duo e si mercificano anche le rela-zioni interpersonali . I nuovi idoli, in tal modo, hanno sol-levato la persona dalla fatica delle re-lazioni autentiche. La nascita del “vil-laggio globale”, inoltre , ha segnato il passaggio da una realtà patriarca-le con valori condivisi a una società anonima , dove prevale il potere del-la tecnologia che rende l’uomo solo, dipendente e indifferente. L’era del-

la comunicazione, infatti, sta deter-minando una vera mutazione antro-pologica che porta al sorgere di una nuova soggettività umana, deter-minata dal grave rischio di perdita dell’identità personale con la cresci-ta della concezione individualista. La tendenza a sostituire il mondo reale con un mondo virtuale, il diffonder-si di una mentalità esclusivamente tecnologica e la forte crisi relaziona-le sono il risultato della profonda cri-si etica con conseguenze molto ne-gative sul piano personale e sociale.Certo, non si possono demonizza-re i nuovi mezzi di comunicazione, ma, come ha sottolineato don Sal-vatore, bisogna rimettere l’uomo al centro del progetto di Dio e divenire esperti di relazioni. Nella nostra so-cietà complessa e disorientata, dun-que, occorre esporsi. Per un cristiano non è sufficiente non fare il male, e’ necessario operare per il bene. Per-tanto è indispensabile una presa di coscienza dell’urgenza di una risco-perta di valori che consentano la ve-ra realizzazione dell’uomo. I cristia-ni devono occuparsi non “degli spo-gliatoi”, ma devono “scendere in cam-po” con coraggio e coerenza . La no-vità dei cristiani non può consistere nella semplice buona volontà , ma nel sentirsi amati da Dio e questo li ren-de capaci di affidarsi in totale abban-dono come Cristo al Padre. Durante il dibattito , entrando nel-

la realtà concreta della città, è sta-to chiesto come Manfredonia potreb-be uscire dal disfattismo che l’atta-naglia e le impedisce di svettare. Il relatore, approfondendo quanto esposto, ha ribadito il “modus viven-di” della nostra città che si connota per la grande presenza di gente nel-le strade e nelle piazze. Don Salvato-re, riprendendo una espressione ca-ra ai giovani, ha ribadito che Man-fredonia è una città in cui “si vive”, ma dove manca il senso della collet-tività. Solo quando l’individualismo viene superato e riemerge la solida-rietà, ispirata dalla gratuità, diventa possibile costruire un nuovo model-lo umano caratterizzato dal recupe-ro del valore della persona come sog-getto in relazione: famiglia, società, scuola, lavoro e politica contribuisco-no così a costruire una rete comuni-taria produttiva. In tal modo ognu-no sarà strumento di evangelizzazio-ne per sé e per gli altri , diventando “ Isole di Amore in un mare di in-differenza”. A conclusione dell’incontro il pre-sidente del Circolo Unione dott. Pio Longo, confermando la sua apertura alle varie tematiche, nel ringraziare l’organizzatrice e il relatore, ha mes-so in evidenza l’importanza del mo-mento di riflessione offerto, in cui l’a-nalisi sociale e la proposta evangeli-ca si sono intrecciati in costruttivo connubio.

Isole di amore in un mare di indifferenzaArcangela Bisceglia

ANNO DELLA VITA CONSACRATA

“La luce della cura per l’ascolto del silenzio, voce delle sofferenze”

Man

fred

onia

Matteo di Sabato

Èstato il tema affrontato dal prof. Filippo Maria Boscia, ginecologo, andrologo, di-rettore del Dipartimento

materno infantile e Fisioterapeuta della riproduzione umana presso l’O-spedale Di Venere di Bari e presiden-te nazionale dell’AMCI , Associazio-ne Medici Cattolici Italiani, nel cor-so dell’incontro tenutosi il 22 apri-le scorso presso l’Auditorium “mons. Vailati” di Manfredonia. La conver-sazione è stata inserita nel program-ma dell’evento formativo di pastorale socio sanitaria, percorso di alta for-mazione all’impegno sociale, educa-tivo e sanitario che la nostra Arcidio-cesi con il patrocinio del’Ufficio Na-zionale per la Pastorale sanitaria del-la CEI e in collaborazione con la “Ca-sa Sollievo della Sofferenza” anche quest’anno ha voluto offrire agli ope-ratori pastorali e a tutte le professio-nalità impegnate ed operanti nei ser-

vizi sanitari, sociali, educativi e so-cio-assistenziali. In un breve inter-vento il dott. Giuseppe Grasso, presi-dente della sezione AMCI di Manfre-donia, dopo aver rivolto i ringrazia-menti al dott. Boscia per la sua pre-ziosissima e autorevole presenza, sa-lutato p. Aldo Milazzo, direttore dio-cesano per la pastorale sanitaria, don Antonio D’Amico, assistente ecclesia-stico dell’AMCI, i medici e il numero-so pubblico presente, ha presentato l’illustre oratore. “Difficile e contrad-dittorio il tema affidatomi - ha esor-dito il prof. Boscia – ma cercherò di spiegare come la luce della cura porti all’ascolto del silenzio. Può sembrare innaturale che una persona possa es-sere ascoltata se rimane in silenzio. Ma i due elementi si fondono. La ri-sposta la troviamo in una bellissima frase che troneggia in alto, sulla por-ta della Cattedrale:”Non importa se intorno a te è buio. Inizia tu ad il-luminare”.Il buio e la luce, il silenzio e l’ascolto sono parte di un unico disegno che ci accompagna lungo il nostro percorso terreno. Non ci accorgiamo che molte volte rimanere in silenzio rinfranca lo spirito. Importante diventa quando at-traverso l’ascolto della coscienza si ri-

esce a portare luce al malato che sta per cadere nella voragine della malat-tia, anche tenendogli semplicemente la mano. Il rapporto di vicinanza si trasforma così in atto d’amore per ec-cellenza che si trasmette a chi soffre, trasformandosi in luce nella cura. Ma il rovescio della medaglia, molto spesso, presenta ben altro e ci riferia-mo alla mancanza del rapporto inter-personale tra il medico e il malato che sovente diventa difficile. Per la legge il medico ospedaliero, o di famiglia, può dedicare al paziente solo otto mi-nuti. E’ la straziante realtà tra i citta-dini, l’operato del medico e il paziente. Per sopperire a tali inconvenienti si ri-chiede responsabilità, risposte e abili-tà del medico nei confronti dell’amma-lato, elementi indispensabili perché si possa stabilire una relazione affettiva trai due. In questo contesto, tra la lu-ce nella cura, attraverso la voce del-le sofferenze, s’inserisce prepotente-mente la fede che entra dentro la ma-lattia quale palliativo alla stessa sof-ferenza”. Non meno interessante anche la rela-zione del dott. Giovanni D’Errico, me-dico di famiglia e responsabile nazio-nale del Dipartimento Oncologico e Cure Palliative che ha parlato dell’as-

sistenza domiciliare: “L’integrazione delle cure come sola alternativa per salvaguardare la dignità dei pazienti incurabili - ha sottolineato l’oratore – trova oggi piena applicazione con la legge del marzo 2010 che consente al paziente l’accesso alle cure e terapie del dolore, ponendo il tema del dolore quale diritto irrinunciabile di un per-corso terapeutico che tiene conto del valore della dignità della persona as-sicurando l’equità nell’accesso all’as-sistenza e all’appropriatezza rispetto alle specifiche esigenze del malato. Un salto di qualità dunque l’assisten-za a domicilio, dove alla persona ma-lata, oltre all’insieme degli interventi socio-sanitari e assistenziali, vengono garantiti l’erogazione delle cure pal-liative e di terapia del dolore, coordi-nati dal medico di medicina generale. Viene così a crearsi una meravigliosa alleanza terapeutica tra il medico e il paziente, dove scienza e carità si fon-dono in un unico afflato”.

AM

CI

[Ecclesia in Gargano]

Rodi

Gar

gani

co

19

13 M

AG

GIO

201

5

S. SINDONE[Ecclesia in Gargano]

Pellegrinaggio diocesano alla

Rodi Garganico

Bartolo Baldi

Un popolo senza storia non ha identità e la storia in Italia si trova custodita, principalmente, presso

gli archivi ecclesiastici sparsi capil-larmente in ogni regione. Il rinnova-to interesse per le proprie radici fa sì che sempre più persone si dedichi-no alla ricerca storica, sia di caratte-re familiare (ricerche genealogiche) sia di carattere più ampio (ricerche su personaggi storici o su fatti di sto-ria locale). E se veramente si vuol fa-re una ricerca seria, bisogna bussare alle porte di un archivio ecclesiasti-co, sia esso diocesano, parrocchiale o monastico-conventuale.La Conferenza Episcopale Italiana, consapevole dell’enorme tesoro con-servato negli archivi, ha favorito tan-te iniziative per il recupero, la sal-vaguardia e la messa a disposizione dei documenti. Anche nella parroc-

chia s. Nicola di Mira, dopo 2 anni di duro lavoro, abbiamo digitalizzato i registri parrocchiali - stato delle ani-me, Battesimi, Matrimoni, Defunti - che vanno dal 1677 al 2015. Conosco il bellissimo lavoro realizza-to nell’ Archivio Storico Diocesano e proprio spinti da quanto realizzato in diocesi abbiamo voluto procedere alla digitalizzazione dei registri. La strada maestra è senza dubbio alcu-no la digitalizzazione degli archivi. Per quanto possa sembrare un lavo-ro improbo (è molto spesso lo è), non è impossibile. La digitalizzazione, ol-tre a garantire la conservazione dei documenti, preserva gli originali da consultazioni che inevitabilmente potrebbero rovinarli e rende molto più facilmente fruibili i dati stessi a chi li desidera consultare, diminuen-do sensibilmente, se non azzerando i pericoli di danneggiamento.

Digitalizzazione dell’archivio storico della parrocchia s. Nicola

Vincenzo Castaldo

Sabato 16 maggio la nostra parrocchia chiesa madre s. Ni-cola di Mira sarà

in festa perché ospiterà, in occasione del mese di mag-gio dedicato alla Madonna, gli Educatori del seminario arcivescovile ”SACRO CUO-RE” don Salvatore Miscio e don Fabio Clemente con i seminaristi.Dopo la s. messa i semina-risti e alcuni giovani pre-senteranno alla comuni-tà parrocchiale il musical ”NUVOLE DI SOLE”. Sta-remo tutti insieme, giova-ni-adulti-bambini, con gio-ia, per cantare, recitare e crescere nella fede e siamo certi che la nostra Rodi ac-coglierà con grande entu-siasmo questi “giovani che cercano di seguire la voce di Gesù che chiama”.Con questa rappresentazio-ne i seminaristi, non solo hanno la possibilità di far-si conoscere e portano vari messaggi, uno dei quali in-vita a non demordere nel-la superficialità della socie-tà d’oggi. Altre parrocchie hanno già chiesto di poter ospitare il Seminario e l’in-vito saràaccolto con gioia e entusiasmo.

Il Seminario Diocesano tra noi Maddalena Saccia

San

Gio

vann

i Rot

ondo

Rodi

Gar

gani

co

sul lenzuolo forse sta ad indicare proprio il mistero e la realtà della Resurrezione. Per noi - ha conclu-so monsignor Castoro - si tratta pro-prio di Gesù”. Toccante ed emozionante è stata la sosta – fulcro dell’intera giornata to-

rinese - davanti alla te-ca contenente il sacro li-no. In una fila intermi-nabile e silenziosa ognu-no ha affidato le proprie emozioni al mistero del-la morte e resurrezione

di Gesù. “Si notano – ha detto l’Ar-civescovo prima di concludere con la benedizione impartita sul sagrato la-terale della Cattedrale di Torino - i numerosi segni delle ferite e delle flagellazioni e questi segni trova-no un riscontro diretto nella testi-monianza dei Vangeli. Ognuno di noi, porti nel cuore le immagini di questa passione dipinta con il ve-ro sangue di Cristo”. Poi l’Arcivescovo ha ringraziato i convenuti augurando a tutti un buon ritorno a casa.

L’Amore più grande è un im-pegno che coinvolge tutti, ed è anche il cuore del messag-gio del pellegrinaggio di nu-

merosi fedeli della nostra Diocesi, te-nutosi a Torino in occasione dell’O-stensione della Sacra Sindone, sotto la guida dell’arcivescovo mons. Mi-chele Castoro. «Di fronte al Volto della Sindone – ha detto l’Arcivescovo - dobbiamo aprire il nostro cuore alla speran-za, alla giustizia e alla solidarietà fraterna. Su questo lenzuolo di lino

infatti è visibilmente impressa l’im-magine di un uomo morto in segui-to ad una serie di torture culminate con la crocefissione.Segni che, per le caratteristiche del-la sua impronta, ci aiutano a com-prendere e meditare la drammati-ca realtà della Passione di Gesù. Lo stesso Papa san Giovanni Paolo II la definì “specchio del Vangelo”. In-fatti sull’immagine della Sindone è identificabile non solo la condizio-ne di morte ma anche la causa della morte: la crocifissione. “ Oggi sia-mo qui nella terra di San Giovanni Bosco - ha detto ancora Monsignor Castoro durante il saluto ai pellegri-ni provenienti dai centri della Dio-cesi - per prepararci all’incontro con la Sacra Sindone. E per noi è proprio Cristo Gesù quello che ap-pare sul lenzuolo di lino. Si trat-ta dell’uomo flagella-to, crocifisso, corona-to di spine, trafitto da lancia, ma si tratta an-che di un uomo che è risorto perché l’im-pressione del sangue

13 M

AG

GIO

201

5

Maggiow w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.

bccsang iovannirotondo. it w w w. b cc s a ng i ov ann i r o tondo .i t w w w.bccsang iovannirotondo. it w w w.

b cc s a ng i ov ann i r o tondo . i t w w w.bccsang iovannirotondo.

2015

Giugno Nei giorni scorsi l’arci-vescovo mons. Miche-le Castoro ha benedet-to a Foce Varano, una

località costiera balneare del Par-co Nazionale del Gargano, frazio-ne del Comune di Ischitella la nuo-va cappella, sede della parrocchia santa Maria Madre della Speran-za, affidata alle cure pastorali del sac. Aldo Panella. La parrocchia è al servizio dei pescatori residen-ti sul lago di Varano e durante il periodo estivo dei numerosi turi-sti che affollano le spiagge di Fo-ce Varano.

Inaugurata la nuova cappella

che ospita la parrocchia

Foce

Var

ano

don Emanuele Spagnuolo

MAGGIO

Mercoledì 13 - giovedì 1415.30 CONVEGNO ECCLESIALE DIOCESANO

Centro di Spiritualità P. Pio S. Giovanni Rotondo

Venerdì 159.30 Ritiro del Clero di metropolia Santuario Incoronata - Foggia16.30 Saluto di introduzione al Convegno

Nazionale Antiusura - S. Giovanni Rotondo

Sabato 1612.00 Concelebrazione Eucaristica presieduta da

SE Mons Galantino a chiusura del Convegno Antiusura - S. Giovanni Rotondo

18.30 S. Messa e cresime SS. Redentore - Manfredonia

Domenica 1718.30 Cresime, Santuario SM della Libera - Rodi

Lunedì 18-giovedì 21 Conferenza Episcopale Italiana - Roma

Sabato 23 Veglia di Pentecoste

Domenica 24 – PENTECOSTE 11.00 S. Messa e Cresime Cattedrale - Manfredonia18.30 S. Messa e cresime S. Giuseppe - Manfredonia

Martedì 2618.00 Incontro con i cresimati e S. Messa S. Antonio - Peschici

Venerdì 299.30 Consiglio presbiterale18.30 Cresime - Stella Maris Manfredonia

Sabato 3018.30 S. Messa e cresime S. M. delle Grazie - Vieste

Domenica 3111.00 S. Messa e cresime - Zapponeta18.00 S. Messa a chiusura del mese di maggio Santario S.M. Grazie - S. Giovanni Rotondo

GIUGNO

Giovedì 417.00 Corpus Domini diocesano - Carpino

Venerdì 518.30 S. Messa e benedizione del progetto

benefico in ricordo del giovane Alessandro Gentile - S. Giuseppe - Manfredonia

Sabato 617.30 S. Messa Concattedrale - Vieste e

processione cittadina del Corpus Domini

Domenica 711.00 Cresime S. Michele - Manfredonia18.00 S. Messa Cattedrale - Manfredonia e

processione cittadina del Corpus Domini

Lunedì 811.30 S. Messa Ass. Nazionale finanzieri Cattedrale - Manfredonia

Martedì 9-mercoledì 10 Gruppi di Preghiera - Sardegna

Giovedì 11 Conferenza Episcopale Pugliese - Turi (BA)

Venerdì 1211.30 S. Messa Suore Apostole del Sacro Cuore Casa

Sollievo della Sofferenza - S. Giovanni Rotondo18.30 Cresime - Sacro Cuore - Monte SA

Sabato 1319.00 Ordinazione sacerdotale di don Giovanni

Antonacci - S. Giuseppe - S. Giovanni Rotondo

Domenica 1417.00 Peregrinatio Madonna di Fatima Stella Maris - Manfredonia

Giovedì 1818.00 S. Messa e Cresime - Foce Varano

Venerdì 199.30 Giornata di Santificazione sacerdotale -

Santuario S. Michele - Monte S. Angelo