13 - Esseri Elementari

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Quaderni del Gruppo di Ur XIII ELEMENTARI Edizione Gennaio 2006 La Fata Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emerso nell'omonimo forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perciò, sia citazioni degli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuo aggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato può rendere opportuna una nuova edizione.

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Quaderni del Gruppo di Ur

XIII

ELEMENTARIEdizione Gennaio 2006

La Fata

Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emersonell'omonimo forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perciò, siacitazioni degli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuoaggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato puòrendere opportuna una nuova edizione.

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INTRODUZIONE

Gli Elementari o Spiriti degli Elementi sono un tema piuttosto frequente nei testi rosacrociani eneorosacrociani.In questo Quaderno vengono proposti, dopo una conferenza di G. Kremmerz, introduttivaall'argomento, due classici commentati, molto simili tra loro: "Il Conte di Gabalis" e le "Letteresul commercio cabalistico col mondo elementare". Segue un approccio alla conoscenza degliElementari basato sulla gnoseologia di R.Steiner.Il presente Quaderno è perciò diviso in quattro parti:1) G. Kremmerz : Gli Elementari2) Montfaucon de Villars: Il Conte di Gabalis;3) G.F. Borri: Lettere sul commercio cabalistico col mondo elementare4) Maximus: Gli esseri elementari secondo R. Steiner

1) GLI ELEMENTARI

V Conversazione tenuta da Giuliano Kremmerz, presso l'Accademia

Pitagora di Bari, nel 1921

In italiano e negli scritti italiani di magia e affini, storicamente non esistono che spiriti elementari.Gli occultisti francesi con a capo «Papus» adoperano il termine «elementare» per indicare ilresiduo fluidico dell'uomo dopo la morte, ed «elementali» per indicare gli esseri intermediari trail mondo fisico e l'intellettuale, e cioè gli spiriti degli elementi: teoria che io non posso seguire,perchè non faccio della filosofia astratta.Considerate che dal punto di vista filosofico, precedentemente al XIX secolo e prima dellarinascenza, il mondo si riteneva composto di 4 elementi; aria - terra - acqua - fuoco. Il verosignificato degli «elementali» è quindi: «spiriti degli elementi» e avremmo dunque 4 categorie di«elementali».Però, se modernamente è nato lo «spiritismo», la parola «spirito» non è più quella italiana di untempo. - Nella nostra tradizione italiana, «spirito» dev'essere considerato come la cosa checirconda ed anima una determinata virtù. Per es., respirate in chiesa una grande aura didevozione e vi dite: pare che spiri o regni lo spirito di Cristo; e cioè non già l'anima, ma l'aura

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dell'insegnamento del Cristo, della carità, etc. Nel linguaggio comune italiano si dice: io sento lospirito della rivoluzione. - È chiaro che non è lo spirito disincarnato, ma l'aura, il senso, dirò:l'odore di questo qualcosa che diciamo spirito. Da noi, dunque, la parola spirito è altra cosa. - Eper «spirito elementare» nelle nostre discipline magiche, intenderemo appunto quel consenso divirtù attribuito a una determinata cosa. Gli spiriti del fuoco danno il calore - quelli dell'ariatendono alla variabilità e al movimento - e così via per gli altri.In un'epoca un poco posteriore, e cioè al tempo dei neoplatonici romani: (Pomponazzi - Borri)questi «spiriti elementari» cominciarono ad essere personificati, ovvero determinati a forma difigure, ed allora si ebbero gli «gnomi» (spiriti terreni), i «silfi» (quelli dell'aria), le salamandre (delfuoco), le ondine (dell'acqua); termini attinti a fonti non italiane. Il senso riposto e veramentefilosofico di ciò che ne dice il Borri, dal punto di vista italiano, può riferirsi anche agli esseriviventiche han condizioni spiccate per una determinata cosa. Per es:, un agricoltore attaccato alla suaterra dalla quale trae la sua esistenza, perchè non può essere uno gnomo, se in lui vi è unelemento specializzato (terra)? I francesi per «elementali» vogliono evidentemente riferirsi alleforme d'influenza, alla manifestazione di uno spirito degli elementi. - Es.: tutto ciò che dà fuocomoralmente, materialmente conserva in sè un'aureola precisa: lo spirito elementare del fuoco.Si dice: quell'oratore parla con fuoco, il che va spiegato come sopra. Tutte queste forme più omeno poetiche hanno, infatti, una secondaria graduazione: quella di determinare un'aura disecondo tempo, che noi abbiamo chiamato influenza. (1)Così, nelle lunazioni, noi crediamo che l'astro determini una forma volitiva su una certamedicina. - Viceversa la cosa va considerata come un'espansione di aura. Gli «elementali»francesi, corrispondono dunque alle nostre influenze, e cioè a specifiche tendenze che cosemateriali o immateriali possono determinare come azione sugli altri. Da autori stranieri, dopoche il Borri ed altri han scritto di gnomi, di salamandre, etc., si è cominciato a concepire l'ideache il mago possa creare a suo beneficio, o a beneficio altrui, degli esseri di una potenzialitàelementare, per determinare un fenomeno più che un altro. Questa è verità; ma in linguaggionostro noi chiamiamo «genio» tutto quello che è creazione vitale di un mago. Genius, dagenerare.I fattori della creazione di un genio sono:l° - il magnetismo animale individuato in una creazione soggettiva;2° - l'atto volitivo o l'atto di fede.Es.: una cappella in campagna con un quadro della Madonna. Un mago comincia a far crederea un miracolo: Egli avrà creato il «genius loci» e quindi quella cappella, con tale forma dipubblicità,diventerà fede in un fatto creato. - Questi geni sono temporanei e finiscono col finire dell'opera.3° - la terza categoria appartiene anche a Geni creati dal mago non con la magia naturale,sibbene unendo forze ed elementi naturali a un mondo eonico che non è in contatto con tutti.Una catena può creare un elementare potente per magnetismo sviluppato nella catena e peratto di fede fuori di essa. Se nella catena magnetica può entrare un Eone, si può avere unamanifestazione superiore, con la quale si entra nel campo della 3a categoria. La proiezionedelle forme mentali all'esterno appartiene alla creazione dei geni. Se arrivate a proiettare unaimmagine concepita e perfezionata in voi, a esteriorizzarla, la creazione del genio è concreta efatta.

(1) Nota di Afrodite Urania: Il fatto che anche certi esseri umani possano

essere considerati degli elementari non si trova solo in Kremmerz. Ad es. il 23Febbraio 1946, John W. Parsons scriveva ad Aleister Crowley : " Ho il mioelementare! Essa è arrivata improvvisamente una notte dopo la conclusionedell'Operazione... Ha i capelli rossi e gli occhi verdi, obliqui...E' un'artista volitiva edintelligente, con forti caratteristiche mascoline ed un senso di indipendenzafanatica..."

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2) IL CONTE DI GABALIS

di Montfaucon de Villars

(commento a cura di Sadescan) Nel 1670, con il sottotitolo "Entretiens sur les Sciences sécretes", le Edizioni

Barbin di Parigi pubblicarono per la prima volta "Le comte de Gabalis", scrittodall'abate Nicolas Pierre Henry de Montfaucon de Villars. Sull'autore di tale libro,Stanislao de Guaita dice nei "Commenti alla Prefazione di Zanoni": "Villars (L'abbè de Montfaucon de) nato presso Tolone nel 1635 è morto incircostanze assai misteriose. I contemporanei hanno generalmente creduto ad unavendetta occulta. Nel 1670 l'abbate de Villars aveva pubblicato, sotto il titolo di IlConte di Gabalis o Trattenimenti sulle Scienze Secrete, un opuscolo assai bizzarro,scritto del resto con molta arguzia, dove egli metteva in ridicolo il simbolismo deiRosaCroce, interpretandolo secondo la lettera; ma tutto ciò con uno stile assaiequivoco, ed in modo da lasciar credere che fervente seguace dell'Alta Scienza,egli non dileggiava che in apparenza e solo a fior di labbra. D'altra parte nons'ignorava che egli un tempo s'era fatto iniziare nei misteri di quest'OrdineKabbalistico, e che aveva egli stesso, a parecchi dei suoi intimi, narrato una volta,in tono semiserio e con una certa ansietà, come fosse stato in quei giorni citato acomparire innanzi ad una specie di Corte vetimica (1), sotto l'imputazione d'averprofanato gli arcani, e come egli si fosse dispensato dall'obbedire; ma che i fratellil'avevano condannato, per contumacia alla morte dei rivelatori e dei traditori...Tuttavia una dilazione gli era stata accordata per fare opposizione alla sentenza...Gli amici dell'abbate credettero ad una mistificazione di gusto agrodolce; ma bencompresero le sue parole quando fu raccolto lo spirituale libellista, assassinatosulla strada di Lione (1673).

(1) Si richiama alla Santa Vehme Istituita da Carlo Magno di cui è parola nellaprima parte dell'opera."

Tuttavia Villars aveva molti nemici. A Parigi frequentò ambienti più da delinquentiche da educande. Entrò in polemica con la Chiesa Cattolica. Il cardinale Mazarinolo radiò ed egli finì in carcere. Gli venne attribuito anche un assassinio. Fu unaccanito antigiansenista. Perciò la sua convocazione ad una specie di tribunale deiRosaCroce aveva tutta l'aria di una trappola e di una messa in scena dei suoinemici, per eliminarlo ed addossare l'assassinio ai misteriosi RosaCroce. Gliesoteristi italiani (più smaliziati, in questa circostanza, dei cugini francesi)continuarono perciò a credere, anche dopo la morte di Villars, che egli in realtàdivulgasse ciò che sembrava, con tono ironico, dileggiare (vulgat ridendohermeneumata) . Non a caso l'opera venne proibita dalla Chiesa nel 1712. Sempre non a caso, un esoterista come Raimondo de Sangro, ammiratore deiRosa-Croce (e più probabilmente Rosa-Croce egli stesso), ne diede alle stampe,nel 1751, una traduzione con il titolo "Il Conte di Gabalì" ovvero Ragionamenti sullescienze segrete, tradotti dal francese da una Dama Italiana. Nell'introduzionedell'ignota traduttrice si legge che: "ci ha molti, i quali si son dati a credere cheavess'egli inteso di spacciare un dogma". L'opera era ed è ben nota ai principaliesoteristi italiani. Ad es.Kremmerz ne "I tarocchi dal punto di vista filosofico" dice:"Parliamo della più facile delle due magie. La eonica ci deve trasportare in pieno

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Conte di Gabalis. Eone è l'essere...". Ne riproponiamo perciò la lettura.

Prima conversazione sulle scienze secrete

Narrando la sua prima conversazione, Villars presenta la figura del conte diGabalis, dandoci l'indizio che era tedesco e che le sue terre si trovavano verso iconfini della Polonia. Tale indizio va messo in relazione con quanto dice EliphasLevi, nella sua "Storia della Magia" (Libro VI, cap. 2), sul Conte di St. Germain: "Era nato a Lentmeritz, in Boemia, alla fine del secolo XVII, ed era figlio naturale oadottivo d'un Rosa-Croce che si faceva chiamare Comes Cabalisticus, compagnocabalista, e che fu messo in ridicolo, sotto il nome di Conte di Gabalis dallosventurato abate di Villars; Saint Germain non parlava mai del padre." Da questa prima conversazione si possono dedurre in particolare:1) L'uso del tema astrologico natalizio per conoscere un'eventualepredisposizione per l'iniziazione.2) La distinzione tra l'Astrologia Esoterica e quella comune, la primarappresentata da Fazio Cardano, la seconda dal di lui figlio Gerolamo Cardano[1501-1576]. Fazio, avvocato di Milano, era così esperto in matematica da essereconsultato da Leonardo da Vinci, di cui fu amico. Egli teneva dei seminari digeometria sia all'Università di Pavia, sia presso la fondazione Piatti a Milano. Gerolamo sostiene (De propria vita liber) di avere più volte sentito narrare dalpadre Fazio questa strana storia: "13 agosto 1491. Quando ebbi terminato i riti abituali, all'incirca alla ventesima oradel giorno, esattamente sette uomini mi apparvero, vestiti di abiti serici, chesomigliavano alle toghe dei greci, e che portavano anche dei calzari splendenti. Levesti che indossano sotto il pettorale brillante e rosso sembravano tessute discarlatto ed erano di straordinaria bellezza. Tuttavia non erano vestiti tutti in talguisa, ma solo due, che sembravano appartenere a un rango più nobile degli altri. Ilpiù alto, dal colorito rubicondo, era accompagnato da due compagni, e il secondo,dal colorito più chiaro e più piccolo di statura, da tre compagni. Così in tutto eranosette". Fazio Cardano precisava che i visitatori potevano avere tra i 30 e i 40 anni, "portatibene". Quando chiese loro chi fossero, questi dissero d'essere uomini fatti d'aria esoggetti alla nascita e alla morte. "Comunque, la loro vita era più lunga della nostrae potevano campare sino a trecento anni. Interrogati sull'immortalità della nostraanima, affermarono che nulla sopravvive dell'individuo, che sia personale. Quandomio padre domandò perché non avessero rivelato agli uomini i luoghi ove sitrovavano i tesori, risposero che ciò era loro vietato in virtù di una legge specialeche condannava alle più pesanti ammende colui che avesse comunicato quelleinformazioni agli uomini". Prosegue Cardano: "Essi restarono con mio padre perpiù di tre ore. Ma quando egli pose la questione della causa dell'universo, non sitrovarono d'accordo. Il più alto rifiutava di ammettere che Dio avesse creato ilmondo eterno. Al contrario, l'altro soggiunse che Dio avesse creato a poco a poco,di modo che, se avesse smesso di farlo, non fosse che per un attimo, il mondosarebbe perito. Che sia realtà o favola, questo è quanto." 3) Infine il rapporto maestro-discepolo esistente tra taluni saggi umani e glispiriti elementari. E' una nozione comune a molte tradizioni. Ad es. in Tibet si diceche certi asceti insegnino alle Dakini (fate).

Che l’anima del Signor Conte di Gabalis, del quale mi hanno appena scritto

che è morto per apoplessia, sia al cospetto di Dio. I signori curiosi non perderannol’occasione per dire che questo tipo di morte è normale per coloro che usano male i

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secreti dei Saggi, e che dopo che il beato Raimondo Lullo ne ha decretato lacondanna nel suo testamento, un angelo giustiziere non ha mai mancato di torcereil collo a tutti coloro che hanno indiscretamente rivelato i Misteri Filosofici.

Ma non condannino così alla leggera quest’uomo sapiente, senza essereilluminati sul suo comportamento. Egli mi ha svelato tutto, questo è vero: ma lo hafatto con tutte le cautele cabalistiche. Si deve rendere alla sua memoria latestimonianza che egli era un grande zelatore della religione dei suoi Padri Filosofi,e che si sarebbe gettato nel fuoco piuttosto che profanarne la santità, confidandosicon un principe indegno, con un ambizioso o con un incontinente, tre categorie dipersone scomunicate, in ogni tempo, dai Saggi. Per fortuna, io non sono principe,ho poca ambizione, e si vedrà in seguito che ho persino un po’ più della castità chenecessita ad un Savio. Egli ha trovato in me un temperamento docile, curioso,disinvolto; non mi manca che un po’ di melanconia per far riconoscere a tutti quelliche vorrebbero biasimare il Signor Conte di Gabalis per avermi svelato tutto che ioero un soggetto molto adatto alle Scienze Secrete. È vero che senza melanconianon si possono fare grandi progressi: questa poca che ho mi sono guardato dalrespingerla. "Voi avete (mi ha detto lui cento volte) Saturno in un angolo, nella suaCasa, e retrogrado; non potete mancare di essere, un giorno, malinconico comedeve essere un Saggio; il più saggio di tutti gli uomini (come sappiamo dallaCabala), aveva infatti, come voi, Giove in Ascendente; non si sa che abbia riso unasola volta in vita sua, tanto forte era l’influsso del suo Saturno; eppure era molto piùdebole del vostro.

È dunque con il mio Saturno, e non con il Signor Conte di Gabalis, che i signoricuriosi se la devono prendere, se io preferisco divulgare i loro secreti piuttosto chepraticarli. Se gli astri non fanno il loro dovere, il Conte non ne ha colpa, e se io nonho abbastanza grandezza d’animo per provare a diventare il signore della Natura, asconvolgere gli Elementi, a conversare con le Intelligenze supreme, a comandareai Demoni, a generare i giganti, a creare nuovi mondi, a parlare a Dio sul suoterribile trono ed a costringere il Cherubino che difende l’ingresso del paradisoterrestre a permettermi di andare a fare passeggiate nei suoi viali, tutt’al più sono ioche devo essere biasimato o compianto; non si deve, per questo, insultare lamemoria di quell’uomo eccezionale, e dire che è morto perché mi ha insegnatotutte queste cose. È forse impossibile che, siccome le armi sono di uso quotidiano,abbia avuto la peggio in un combattimento con un diavoletto ribelle? E potrebbeessere che, mentre parlava con Dio sul trono fiammeggiante non abbia potutotrattenersi dal guardarlo in viso: e sta scritto che non si può guardarlo senzamorire. Forse non è morto che in apparenza, come è d’abitudine per i Filosofi, chefingono di morire in un posto, e si trapiantano in un altro. Comunque sia, io nonposso credere che la maniera in cui mi ha affidato i suoi tesori meriti una punizione.

Ecco come sono andate le cose.Poiché il senso comune mi aveva sempre portato a sospettare che ci sia molto

vuoto in tutto ciò che viene chiamato Scienze secrete, non mi era mai venuta latentazione di perdere tempo a sfogliare i libri che trattano questi argomenti: maneppure trovano ragionevole condannare, senza una ragione, tutti coloro che vi sidedicano, tanto più che spesso si tratta di persone sagge, per lo più di sapienti, eduomini illustri di cappa e di spada; quindi avevo deciso (per evitare di essereingiusto e per non stancarmi con una lettura noiosa) di fingere di essere intestatocon tutte queste Scienze con tutti coloro dei quali venivo a sapere che eranointeressati ad esse. Ebbi subito un successo maggiore di quanto io stesso avessisperato.

Poiché tutti questi signori, per quanto misteriosi e riservati avessero deciso diessere, non domandavano di meglio che di esporre i loro pensieri e le nuovescoperte che pensavano di aver fatto sulla Natura, io divenni in pochi giorniconfidente dei più considerevoli tra loro; ne avevo sempre qualcuno nel mio studio,che avevo appositamente riempito dei loro autori più strani.

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Non passava alcun sapiente straniero senza che io ne fossi informato: in unaparola, oltre alla scienza, io mi trovai presto ad essere una persona importante.Avevo per compagni principi, gran signori, uomini di toga, signore belle, ed anchebrutte, dottori, prelati, monaci e monachelle, insomma, persone di ogni specie.Alcuni ce l’avevano con gli angeli, altri con il diavolo, altri con il loro genio, altri congli Incubi, altri con la cura di tutti i mali, altri con gli astri, altri con i segreti dellaDivinità, e quasi tutti con la Pietra Filosofale.

Si trovavano tutti d’accordo sul fatto che questi grandi segreti, e soprattutto laPietra Filosofale, sono difficili da scoprire, e che ben pochi ne sono in possesso:ma ciascuno di costoro aveva una altissima opinione di se stesso, sì da credersinel numero degli eletti. Fortunatamente, allora, i più importanti attendevano conimpazienza l’arrivo di un tedesco, gran signore e grande cabalista, le cui terre sitrovano verso i confini della Polonia. Egli, per lettera, aveva promesso ai Fanciullidei Filosofi che stanno a Parigi, di venire a trovarli e di passare per la Franciadurante il suo viaggio per l’Inghilterra. Io fui incaricato di stilare la risposta allalettera del grand’uomo, e gli mandai il mio tema di nascita, perché giudicasse sepotevo aspirare alla suprema sapienza. Il mio tema e la mia lettera ebbero lagrande fortuna di spingerlo a farmi l’onore di rispondermi che sarei stato uno deiprimi con cui si sarebbe incontrato a Parigi, e che, se il cielo non si fosse opposto,non sarebbe dipeso da lui se io non fossi entrato nella compagnia dei Savi.

Per fare buon uso della mia fortuna, mantenni con l’illustre Tedesco rapportiregolari. Di volta in volta, nella misura in cui riuscivo a ragionare, gli esposi profondidubbi sull’Armonia del Mondo, sui numeri di Pitagora, sulle visioni di San Giovanni,sul primo capitolo della Genesi.

L’importanza degli argomenti lo attirava: mi scrisse meraviglie inaudite, ed iomi resi conto di avere a che fare con un uomo di una immaginazione molto vasta epotente.

Ho sessanta, od ottanta, lettere sue, scritte in uno stile talmente straordinarioche non potevo più decidermi a leggere altro quando restavo solo nel mio studio.

Un giorno stavo ammirandone una delle più sublimi, quando vidi entrare unuomo di bellissimo aspetto che, salutandomi gravemente, mi disse in linguafrancese e con accento straniero: "Adorate, figlio mio, adorate il buonissimo egrandissimo Dio dei Saggi, e non inorgoglitevi troppo del fatto che egli vi mandi unFanciullo di Saggezza per associarvi alla loro Compagnia e per farvi partecipe dellemeraviglie della sua Onnipotenza".

Dapprima, la novità del saluto mi stupì ed io incominciai, per la prima volta, achiedermi se talvolta non vi siano delle apparizioni: tuttavia, tranquillizzandomiquanto potei e guardandolo nel modo più cortese che mi permetteva la piccolapaura che avevo provato, gli dissi: "Chiunque siate, voi il cui complimento non è diquesto mondo, mi fate un grande onore venendo a farmi visita: ma, per favore,vogliate che, prima di adorare il Dio dei Saggi, io sappia di quali Saggi e di qualeDio parlate; se vi aggrada, sedetevi su quella poltrona e datevi la pena di dirmi chisono questo Dio, questi Saggi, questa compagnia, queste meraviglie dionnipotenza, e dopo, oppure prima di tutto il resto, a quale specie di creatura hol’onore di parlare".

"Voi, signore, – rispose ridendo ed accettando la poltrona che gli avevo offerto– mi ricevete molto saggiamente: mi chiedete subito di spiegarvi cose che, sepermettete, oggi non vi dirò.

Il complimento che vi ho rivolto sono le parole che i Saggi dicono incontrandocoloro ai quali hanno deciso di aprire il loro cuore e di svelare i loro misteri. Iocredevo che, essendo saggio come mi siete sembrato nelle vostre lettere, questosaluto non vi fosse sconosciuto, e che fosse l’omaggio più gradito che il conte diGabalis vi potesse fare".

"Ah! Signore! – esclamai, ricordandomi che avevo una parte importante dasostenere – come potrò essere degno di tanta bontà? È mai possibile che il più

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grande degli uomini sia nel mio studio, e che il grande Gabalis mi onori di una suavisita?".

"Io sono il minore dei Saggi – rispose con espressione seria – e Dio, chedispensa la luce della sua Sapienza secondo il peso e la misura che piace alla suaSovranità, non me ne ha dato che una parte assai piccola a paragone di quella cheio ammiro con stupore nei miei compagni. Spero che voi potrete uguagliarli ungiorno, se posso permettermi di giudicare dal vostro tema di nascita, che mi avetefatto l’onore di mandarmi: comunque, permettete che mi lamenti con voi, signore –aggiunse ridendo – perché a prima vista mi avete scambiato per un fantasma".

"Ah, non per un fantasma – gli dissi – ma vi confesso, signore, che, essendomiricordato improvvisamente di quello che Cardano racconta di suo padre, che ungiorno nel suo studio ricevette la visita di sette sconosciuti vestiti di colori diversi,che gli tennero discorsi assai strani sulla loro natura e la loro funzione…".

"Capisco – mi interruppe il conte – erano Silfi, dei quali un giorno o l’altro viparlerò; sono delle specie di sostanze aeree, che qualche volta vengono aconsultare i Saggi sui libri di Averroè, che non capiscono molto bene. Cardano èstato sciocco a pubblicare questo, senza le sue finezze: aveva trovato quellenotizie nelle carte di suo padre, che era uno dei nostri e che, vedendo che suo figlioera chiacchierone per natura, non volle insegnargli niente di importante, e lo lasciòdivertire con l’astrologia comune, con la quale egli non seppe neppure prevedereche suo figlio sarebbe stato impiccato. Se mi avete fatto l’offesa di prendermi perun Silfo, la colpa è di questo briccone".

"Offesa? – ripresi – Come, signore, sarei tanto sciagurato da…"."Io non me la prendo – mi interruppe lui – voi non siete obbligato a sapere che

tutti questi spiriti elementari sono nostri discepoli; che sono assai felici quando noici degniamo di abbassarci ad istruirli; e che il minimo dei nostri Saggi è piùsapiente e più potente di tutti quei signorini. Ma di tutto questo parleremo un’altravolta: oggi mi basta la soddisfazione di avervi veduto. Cercate, figlio mio, direndervi degno di ricevere i lumi cabalistici; l’ora della vostra rigenerazione ègiunta, e non dipenderà che da voi essere una creatura nuova. Pregateardentemente Colui che solo ha il potere di creare cuori nuovi, affinché ve ne diauno che sappia contenere le grandi cose che ho da insegnarvi, e mi ispiri a nontacervi nulla dei nostri misteri".

A questo punto si alzò, ed abbracciandomi senza darmi la possibilità dirispondergli, proseguì: "Addio, figlio mio, devo vedere i nostri compagni che sono aParigi, dopo di che vi darò mie notizie. Frattanto, vegliate, pregate, sperate etacete".

Così dicendo, uscì dal mio studio. Accompagnandolo, io mi lamentai dellabrevità della sua visita e del fatto che avesse la crudeltà di lasciarmi così presto,dopo avermi fatto intravvedere una scintilla dei suoi lumi. Ma, dopo avermiassicurato con molto garbo che non avrei perduto nulla nell’attesa, montò sulla suacarrozza, e mi lasciò tanto sorpreso da non potersi dire. Non potevo credere ai mieiocchi ed alle mie orecchie: "Sono sicuro – dicevo – che quest’uomo è di granclasse, che ha una rendita di cinquanta mila lire; d’altra parte sembra moltocompito. È possibile che si sia intestato con quelle follie? Mi ha parlato di questiSilfi senza alcun riguardo. Sarà, in effetti, uno stregone, ed io fino ad ora mi saròsbagliato credendo che non ve ne siano più? Ma, se anche fosse, sono costorotanto devoti come sembra essere questo?".

Non ci capivo niente: decisi pertanto di andare a fondo, benché prevedessi checi sarebbe stato da sopportare qualche sermone, e che il demone che lo animavafosse molto moralista e predicatore.

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Seconda conversazione

In questa seconda conversazione vengono messe in evidenza altre dottrinetradizionali, importanti ai fini magici:1) La dottrina degli elementi alchimici (diversi com è noto dai moderni elementichimici); essi sono: lo spazio (non solo fisico) detto simbolicamente daglialchimisti "quinta essenza" o "etere"; la vibrazione o "aria"; la radianza o "fuoco";la coesione o "acqua"; l'inerzia o "terra". Questi elementi possono essereenumerati in varia sequenza. Quella che abbiamo appena utilizzato può esseredetta sequenza di emanazione, perchè esprime l'ordine secondo cui ciascunelemento può derivare dal precedente. Tra le numerose altre sequenze puòessere citata quella per "sottigliezza", nella quale il fuoco segue direttamentel'etere e perciò precede l'aria.2) La dottrina degli esseri elementari, relativa all'esistenza di esseri nei qualiuno degli elementi prevale sugli altri, a differenza dell'uomo che partecipa deglielementi più o meno in ugual misura e perciò, potenzialmente, è dominatore ditutti gli esseri elementari.3) La dottrina delle "nozze con un essere elementare", che allude ad una viaalternativa "a due vasi", nella quale, anzichè unirsi ad un partner umano, ci siunisce ad un partner elementare.4) La dottrina della differenza tra i cacodemoni (o demoni malvagi o diavoli) egli esseri elementari. Una precisazione importantissima, visto che persino alcunisedicenti esoteristi scambiano tra loro (per ignoranza o ad arte) queste entità. Unesempio abbastanza recente ed eclatante è quello di Erim che, nella sua opera"Il Conseguimento Celestiale", scrive il seguente pastrocchio, ove fa di tutto perconfondere gli studiosi dell'occulto, non condividenti la sua del tutto personale edisterica visione del Cristianesimo, con i satanisti: "L'essena deve evitareassolutamente: le scuole costituite dai veri stregoni intellettuali, i più pericolosi,anche se molto rari, come i santi di cui sono l'inversione: adoperano la magia dipatto con i maggiori kakodemoni, adoperandosi more biforcuto, con l'aborto e laconnessa morte della madre; si propongono dare l'androgenato temporaneo aiquattro elementi maggiori diabolati, per le realizzazioni iperfisiche di profitto,mantenendo in vita il fantasma a spese della credula ed ingenua massa degliaffiliati. Quelle costituite dai maghi neri, di basso conio, anch'essi rari, cheadoperano la magia di patto con le bestie disincarnate, dette spiriti degli elementi,praticando il sortilegio, ludi lubrici e le messe nere. Ed infine quelle meno funeste,ma dannose alla ragione, dei neo pagani, negatori della Verginità della VergineCeleste Madre, ed assertori di una magia cerimoniale che gradualmentesdrucciola nella prevaricazione mentale, per assenza di autentiche basiesoteriche. E' la magia rifugio in prevalenza dei mancati monaci e di eunuchicongeniti. Le scuole soltanto deviative, costituite dagli enfatici semplicisti,assertori del preteso nuovo verbo contemporaneo; tali sedicenti maestri, dotati

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generalmente di ignoranza templaria, visto che sono fatti acquisiti, lo yogha (sic),l'influsso magnetico, la vasta letteratura di pretesi maghi dal frasario oscuro o diripetizioni delle dottrine orientali (non bene acquisite), facendo del tutto unmiscuglio ed insegnando che solo fachiricamente respirando e pensandoautoipnoticamente si sviluppano certi centri del corpo iperfisico e la perfezione diessi darebbe la divinità personale, il superamento; sterile dottrina in disarmoniaalla cosmica-umana e alla ineffabile immensa scienza templaria. Quelle costituitedagli spiritisti, che sono innocui, ma inguaribili; come compartecipare l'ansia ed iltormento di una autocreazione spirituale gloriosa a chi si illude di parlare a volontàcon le più alte personalità dell'empireo. Quelle costituite dai neo sedicenti teosofi,brava gente generalmente, gente di cui i più sono dotati di spirito altruistico, maconvinti che vi sia più merito a decifrare e comprendere dei vocaboli difficili deibrahaman, che nel guardagnarsi faticosamente i misteri Essenici, profondi dellapropria razza bianca, assoma di tutte le razze colorate, che si avvialuminosamente alla gloria rivelata dal Redentore per la universalità del Globo."5) La seconda conversazione termina con un accenno alla possibilità dellanutrizione sottile, in sostituzione di quella grossolana.

Il conte volle lasciarmi tutta la notte per dedicarmi alle preghiere, el’indomani, allo spuntare del giorno, mi annunciò con un biglietto che sarebbevenuto da me verso le otto, e che, se fossi stato d’accordo, saremmo andati afare una passeggiata insieme. Lo aspettai, venne, e, dopo lo scambio di saluti, midisse: “Andiamo in qualche posto dove siamo liberi, e dove nessuno possainterrompere la nostra conversazione”.

“Rueil – gli dissi – mi sembra molto gradevole e molto solitario”.“Andiamoci” rispose.Montammo in carrozza. Durante il tragitto osservavo il mio nuovo maestro. Io

non avevo mai veduto in nessuno un’aria di così grande soddisfazione qualequella che appariva in tutti i suoi modi. Aveva lo spirito più tranquillo e più libero diquanto pensavo che possa avere uno stregone. Tutto il suo aspetto non eraquello di un uomo al quale la coscienza rimproverasse qualche cosa di oscuro, edio sentivo una straordinaria impazienza di vederlo entrare in argomento, nonpotendo capire come un uomo che mi pareva tanto giudizioso e compito in ognialtra cosa, si fosse guastato lo spirito con le visioni, dalle quali il giornoprecedente avevo saputo che era stato preso. Egli mi parlava in modo divino dellapolitica, e fu contentissimo di sentire che avevo letto quello che ne ha scrittoPlatone.

“Un giorno o l’altro avrete bisogno di tutto questo – mi disse – un po’ più diquanto non crediate. E, se non oggi ci metteremo d’accordo, non è impossibileche col tempo mettiate in pratica queste sagge massime”.

Entravamo allora a Rueil; andammo nel giardino; il conte trascurò di

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ammirarne le bellezze, e si diresse decisamente al labirinto.Vedendo che eravamo soli come desiderava, “Io lodo – esclamò alzando gli

occhi e le braccia al cielo – io lodo la Saggezza eterna, perché mi ispira a nonnascondervi nulla di queste verità ineffabili. Quanto sarete fortunato, figlio mio, seessa ha la bontà di mettere nel vostro animo le disposizioni che questi alti misteririchiedono da voi! Voi imparerete a comandare a tutta la Natura; Dio solo sarà ilvostro maestro, e soltanto i Saggi saranno vostri pari. Le supreme intelligenze siglorieranno di obbedire ai vostri desideri, i demoni non oseranno trovarsi dovesarete voi, la vostra voce li farà tremare nelle cloache dell’abisso, e tutti i popoliinvisibili che abitano i quattro elementi si considereranno fortunati ad essereministri di ciò che vi piacerà. Vi adoro, o gran Dio! per aver coronato l’uomo ditanta gloria, e per averlo posto come monarca sovrano di tutte le opere dellevostre mani. Sentite, figlio mio – aggiunse rivolgendosi a me – sentite voi questaambizione eroica, che è la sicura caratteristica dei Figli della Saggezza? Osatedesiderare di non servire altri che Dio, e di dominare su tutto quello che non èDio? Avete compreso che cosa significa essere uomo? E non vi infastidisceessere schiavo, dal momento che siete nato per essere sovrano? E se avetequesti nobili pensieri (e il vostro tema di nascita non mi lascia alcun dubbio),considerate seriamente se avrete il coraggio e la forza di rinunciare a tutto ciò chepuò esservi di ostacolo al raggiungimento dell’elevazione per la quale siete nato”.

Qui si fermò, e mi guardò fisso, come se attendesse la mia risposta, o comese cercasse di leggere nel mio cuore.

Quanto l’inizio del suo discorso mi aveva fatto sperare che saremmo entratipresto in argomento, altrettanto ne disperavo dopo le sue ultime parole. La parolarinunciare mi spaventò, e non ebbi alcun dubbio che mi avrebbe proposto dirinunciare al battesimo o al paradiso. Così, non sapendo come tirarmi fuori daquesta situazione ingrata, gli dissi:

“Rinunciare, signore? Come? È necessario rinunciare a qualche cosa?”.“In verità – rispose – è proprio necessario, e lo è tanto assolutamente, che

bisogna cominciare da questo. Io non so se riuscirete a decidervi: ma so beneche la Saggezza non dimora in un corpo soggetto al peccato, come non entra inun’anima predisposta all’errore e alla malizia. I Saggi non vi ammetteranno in lorocompagnia, se voi non rinunciate fin d’ora a una cosa che non può esserecompatibile con la Saggezza. Bisogna – aggiunse piano e chinandosi al mioorecchio – rinunciare ad ogni rapporto carnale con le donne”.

A questa bizzarra proposta, io ebbi uno scoppio di risa. “Signore – esclamai –mi avete liberato con poca cosa. Io mi aspettavo che mi proponeste qualcherinuncia strana, ma se è che alle donne che vi riferite, l’affare è fatto da tempo; iosono assai casto, grazie a Dio! Tuttavia, signore, siccome Salomone era piùsaggio di quanto io non potrei essere, eppure tutta la sua saggezza non gli potéimpedire di lasciarsi corrompere, ditemi, per favore: quale espediente usate, voisignori, per fare a meno del sesso? E quale inconveniente sarebbe, se nel

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paradiso dei Filosofi ogni Adamo avesse la sua Eva?”.“Mi chiedete delle cose profonde – ribatté lui meditando tra sé se doveva

rispondere alla mia domanda. Tuttavia, siccome vedo che voi vi allontaneretedalle donne senza sforzo, vi dirò una delle ragioni che hanno obbligato i Saggi adimporre questa condizione ai loro discepoli: e da ciò saprete in quale ignoranzavivono coloro che non sono dei nostri. Quando sarete entrato nel numero dei Figlidei Filosofi, ed i vostri occhi saranno rafforzati dall’uso della santissima medicina,voi scoprirete innanzi tutto che gli elementi sono abitati da creature perfettissime;la conoscenza di esse ed i rapporti con loro sono stati tolti dal peccato dellosciagurato Adamo alla sua troppo sventurata posterità. Questo spazio immensoche è tra la terra e il cielo ha degli abitanti ben più nobili che gli uccelli e imoscerini; questi mari così vasti hanno ben altri ospiti che i delfini e le balene;l’interno della terra non è per le sole talpe; e l’elemento del fuoco, più nobile deglialtri tre, non è stato creato per restare inutile e vuoto. L’aria è piena di unainnumerevole moltitudine di esseri della figura umana, un po’ superbi inapparenza, ma in realtà docili: grandi amatori delle scienze sottili, servizievoli coni Savi, e nemici dei folli e degli ignoranti. Le loro mogli e le loro figlie sono bellezzemascoline, a somiglianza di come vengono dipinte le amazzoni.

“Come, signore – esclamai – volete forse dirmi che quei diavoletti sonosposati?”.

“Figlio mio, non vi allarmate per così poco – replicò lui – Credetemi, tuttoquello che vi dico è sicuro e vero; questi non sono altro che gli elementi dell’anticaCabbala, e non toccherà che a voi verificarlo con i vostri occhi: ma accettate conspirito docile la luce che Dio vi manda per mio tramite. Dimenticate tutto quelloche su questo argomento potete aver sentito nelle scuole degli ignoranti: o avreteil dispiacere, quando sarete convinto dall’esperienza, di essere obbligato aconfessare che vi eravate ostinato a sproposito. Ascoltate, dunque, fino in fondo,e sappiate che i mari e i fiumi sono abitati come l’aria; gli antichi Saggi hannochiamato Ondine, o Ninfe, questa specie di esseri. Vi sono pochi maschi, e lefemmine sono in grande numero; la loro bellezza è estrema, e le figlie degliuomini non hanno paragone con loro.

La terra è piena, fino quasi al centro, di Gnomi, esseri di piccola statura,guardiani dei tesori, delle miniere, e delle pietre preziose. Questi sono astuti,amici dell’uomo, e facili da comandare; forniscono ai Fanciulli dei Saggi tuttol’argento di cui necessitano, e, come ricompensa dei loro servigi, non chiedonoaltro che la gloria di essere comandati. Le Gnomidi, le loro donne, sono piccole,ma molto graziose, e il loro abito è molto strano.

Quanto alle Salamandre, abitanti fiammeggianti della regione del fuoco,servono i Filosofi: però non si danno premura di cercare la loro compagnia; e leloro mogli e figlie si fanno vedere raramente

“Hanno ragione – lo interruppi – e io le dispenso dalle loro apparizioni”.“Perché?” disse il conte. “Perché, signore – risposi – che me ne faccio di

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conversare con una bestia laida come la Salamandra, maschio o femmina?”.“Avete torto – ribatté – questa è l’idea che hanno i pittori e gli scultori ignoranti; ledonne delle Salamandre sono belle, e forse più belle di tutte le altre, perché sonodi un elemento più puro. Io non ve ne ho parlato, ed ho fatto una concisadescrizione di questi popoli, perché li vedrete voi stesso con comodo efacilmente, se ne avrete la curiosità. Vedrete i loro vestiti, i loro cibi, le lorousanze, la loro pulizia, le loro leggi ammirevoli. Sarete affascinato dalla bellezzadel loro spirito ancor più che da quella del loro corpo: ma non potrete impedirvi dicompiangere questi infelici, quando vi diranno che la loro anima è mortale, e chenon hanno speranza nel godimento eterno dell’Essere supremo, che essiconoscono ed adorano religiosamente. Vi diranno che, essendo composti delleparti più pure dell’elemento che abitano, e non avendo in sé qualità contrarie,perché sono fatti di un unico elemento, non muoiono che dopo parecchi secoli:ma che cos’é questo tempo di fronte all’eternità? Dovranno rientrare eternamentenel nulla. Questo pensiero li affligge molto, e noi facciamo una grande fatica aconsolarli. I nostri Padri Filosofi, parlando faccia a faccia con Dio, si sonorammaricati con lui per la sfortuna di queste genti: e Dio, la cui misericordia èsenza limiti, ha loro rivelato che non è impossibile porre rimedio a questo male.

Egli ha suggerito loro che come l’uomo, grazie all’alleanza che ha stipulatocon Dio, è stato fatto partecipe della Divinità, le Silfidi, gli Gnomi, le Ninfe e leSalamandre, grazie all’alleanza che possono contrarre con l’uomo, possonoessere fatti partecipi dell’immortalità. Così, una Ninfa, o una Silfide, diventaimmortale e capace di quella beatitudine alla quale aspiriamo noi, quando è tantofortunata da sposarsi con un Savio, ed uno Gnomo o un Silfo cessano di esseremortali dal momento in cui sposano una delle nostre donne. Ecco come nacquel’errore dei primi secoli, di Tertulliano, di Giustino Martire, di Lattanzio, Cipriano eClemente Alessandrino, del filosofo cristiano Atenagora, ed in genere di tutti gliscrittori di quel tempo. Essi avevano saputo che questi mezzi-uomini elementariavevano cercato il rapporto con le fanciulle: da questo, hanno creduto che lacaduta degli angeli fosse stata causata da null’altro che dall’amore per le donne,dal quale si erano lasciati prendere. Alcuni Gnomi, desiderosi di diventareimmortali, avevano voluto ottenere i favori delle nostre figlie, ed avevano portatoloro delle pietre preziose, delle quali sono custodi naturali; questi autori hannocreduto, appoggiandosi al libro di Enoch frainteso, che esse fossero le trappoleche gli angeli innamorati avevano teso alla castità delle nostre donne. Al principio,questi Figli del cielo generarono i famosi giganti, tramite l’amore con le figlie degliuomini, ed i cattivi cabalisti Giuseppe e Filone (siccome tutti gli Ebrei sonoignoranti), e dopo questi tutti gli autori che ho nominato poco fa, hanno detto,come Origene e Macrobio, che erano degli angeli, senza sapere che erano i Silfie le altre popolazioni degli elementi che, sotto il nome di figli di Elohim, sidistinguono dai figli degli uomini. Così, quello che il saggio Agostino ha avuto lamodestia di non giudicare, riguardo alle persecuzioni che quelli che vengono

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chiamati Fauni o Satiri infliggevano agli Africani del loro tempo, è chiarito daquello che ho appena detto, sul desiderio di unirsi agli uomini che tutti questiabitanti degli elementi hanno, essendo questo il solo mezzo per ottenerel’immortalità, che essi non hanno.

Ah! I nostri Saggi si guardano dall’attribuire all’amore delle donne la cadutadei primi angeli, come a subordinare gli uomini al potere del demonio, perattribuire a lui tutte le avventure delle Ninfe e delle Silfidi, di cui sono piene leopere degli storiografi. Non c’è mai stato niente di criminale in tutto ciò. C’eranodei Silfi che cercavano di diventare immortali. Le loro innocenti persecuzioni, benlungi dallo scandalizzare i Filosofi, ci sono sembrate tanto giuste che noi tuttiabbiamo deciso, di comune accordo, di rinunciare completamente alle donne e didedicarci soltanto a rendere immortali le Ninfe e le Silfidi.

“O Dio, – esclamai – che cosa sento? Fin dove arriva la f…”.“Sì, figlio mio – mi interruppe il conte – guardate fin dove arriva la felicità

filosofica! In cambio di donne le cui fragili attrattive passano in pochi giorni e sonosostituite da orribili rughe, i Savi posseggono bellezze che non invecchiano mai eche essi si gloriano di rendere immortali. Immaginate l’amore e la riconoscenza diquesti amanti invisibili, e con quanto ardore esse cerchino di compiacere ilFilosofo caritatevole che si impegna a renderle immortali”. “Ah, Signore, iorinuncio!” esclamai nuovamente.

“Sì, figlio mio – riprese lui, senza darmi il tempo di terminare – Rinunciate agliinutili e sciocchi piaceri che si possono avere con le donne: la più bella di esse èorribile a paragone della più brutta delle Silfidi: mai nessun disgusto consegue ainostri saggi amplessi. Miserabili ignoranti, che dovete rammaricarvi di non poterpiù godere delle voluttà filosofiche”.

“Miserabile conte di Gabalis – interruppi io con un tono misto di collera e dicompassione – volete lasciarmi finalmente dire che rinuncio a questa saggezzasenza senso, che trovo ridicola questa filosofia visionaria, che detesto questiabominevoli amplessi che vi uniscono a dei fantasmi, e che temo, per voi, chequalcuna delle vostre pretese Silfidi si affretti a portarvi all’inferno durante i vostrirapporti? Ho paura che un uomo per bene come voi non si renda conto, alla fine,della follia di questo zelo chimerico, e non faccia penitenza per un crimine cosìgrande”. “Oh! Oh! – rispose lui arretrando di tre passi e guardandomi con occhiadirati – guai a voi, spirito indocile!”.

Il suo atteggiamento, lo confesso, mi spaventò; ma fu molto peggio quandovidi che, allontanandosi da me, tirò fuori dalla tasca una carta, che io intravvidi dalontano, tutta piena di caratteri che non potevo distinguere bene. Egli lesse conattenzione, si rattristò e parlò a bassa voce. Io credetti che evocasse qualchespirito contro di me, e mi pentii un poco del mio zelo sconsiderato. “Se esco daquesta avventura – dissi – mai più un cabalista mi interesserà”. Tenevo gli occhisu di lui come su un giudice che mi avrebbe condannato a morte, quando vidi cheil suo viso tornava sereno. “È duro per voi – mi disse ridendo e tornando verso di

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me – è duro recalcitrare allo stimolo. Voi siete un vaso d’elezione. Il cielo vi hadestinato ad essere il più grande cabalista del vostro secolo. Ecco qui il vostrotema di nascita, che non può sbagliare. Se non sarà adesso e per il miointervento, sarà quando piacerà al vostro Saturno retrogrado. “Ah! Se devodiventare un Saggio – gli dissi – non avverrà mai se non tramite il grande Gabalis;ma, per parlare francamente, ho proprio paura che sarà difficile che possiatepiegarmi alla galanteria filosofica”. “È possibile – ribatté – che siate un così cattivofisico da non essere persuaso dell’esistenza di queste genti?”. “Io – replicai – nonlo so, ma mi sembrerebbe sempre che non fossero altro che diavoletti travestiti”.“Crederete sempre più alla vostra nutrice – mi disse – che alla ragione naturale, aPlatone, Pitagora, Celso, Psello, Proclo, Porfirio, Giamblico, Plotino, Trismegisto,Nollio, Dorneo, Fludd, o al grande Filippo Aureolo Teofrasto Bombasto Paracelsodi Hohenheim ed a tutti i nostri compagni”. “Io vi crederei, signore, molto, molto, epiù che a tutte quelle persone; ma, caro signore, non potreste fare in modo, con ivostri compagni, che io non fossi obbligato a sciogliermi in tenerezza con questedamine elementari?”.

“Ohimè! – rispose – non c’è dubbio che siate libero, e non si ama se non sivuole; pochi Savi hanno potuto difendersi dal loro fascino: tuttavia se ne sonotrovati che, conservandosi totalmente per cose più grandi (come saprete a suotempo), non hanno voluto fare questo onore alle Ninfe”.

“Io – ribattei – farò parte di questi; in realtà non riuscirò a decidermi a perdereil tempo con le cerimonie che, secondo quanto mi ha detto un prelato, bisognacompiere per avere rapporto con questi geni”. “Quel prelato non sapeva ciò chediceva – disse il conte – perché un giorno vedrete che non sono geni; e, d’altraparte, mai un Saggio ha usato cerimonie né superstizione per familiarizzare con igeni, come con le genti di cui parliamo. Il cabalista non agisce se non secondo iprincipi della Natura: e se talvolta nei nostri libri si trovano parole strane, caratterie profumi bruciati, è soltanto per nascondere agli ignoranti i principi fisici.Ammirate la semplicità della Natura in tutte le sue operazioni più meravigliose, ein questa semplicità una armonia ed un accordo così grande, così giusto, e cosìnecessario, che vi farà ricredere, vostro malgrado, sulle vostre idee sbagliate.Quello che vi dirò, noi lo insegniamo a quelli dei nostri discepoli che non vogliamoassolutamente lasciar entrare nel santuario della Natura, ma che non vogliamo,tuttavia, privare della compagnia dei popoli elementari, per la compassione cheproviamo per questi.

Le Salamandre, come forse avrete già capito, sono costituite delle parti piùsottili della sfera del Fuoco, conglobate ed organizzate per l’azione del fuocouniversale (del quale un giorno o l’altro vi parlerò), chiamato così perché è ilprincipio di tutti i movimenti della Natura. Allo stesso modo le Silfidi sonocomposte dei più puri atomi dell’Aria, le Ninfe delle più sottili parti dell’Acqua e gliGnomi delle più sottili parti della Terra. Vi era uno stretto rapporto tra Adamo equeste creature così perfette, perché, essendo composto di ciò che vi era di più

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puro nei quattro elementi, egli racchiudeva in sé le perfezioni di queste quattrospecie di popoli, ed era il loro re naturale. Ma da quando il suo peccato lo ebbeprecipitato negli escrementi degli elementi (come vedrete qualche altra volta)l’armonia fu sconvolta, e non vi fu più rapporto, essendo lui impuro e grossolano,con queste sostanze tanto pure e sottili. Quale il rimedio a questo male? Comerisalire da questo fango, e recuperare la sovranità perduta? O Natura! Perché ti sistudia così poco? Non capite, figlio mio, con quale semplicità la Natura puòrendere all’uomo quei beni che ha perduto?”. “Ohimè! Signore – replicai – sonomolto ignorante in queste semplicità”. “Eppure è molto facile essere sapiente inesse – ribatté lui – Se volete riconquistare il dominio sulle Salamandre, bisognapurificare ed esaltare l’elemento del Fuoco che è in noi e rialzare il tono di questacorda rilassata. Non c’è che da concentrare il fuoco del mondo in un globo divetro per mezzo di specchi concavi: questo è l’artificio che tutti gli antichi hannonascosto gelosamente, e che il divino Teofrasto ha scoperto. In questo globo siforma una polvere solare che, purificatasi da sola dalla mistura degli altrielementi, e preparata secondo l’arte, diviene in assai poco tempo sommamenteadatta ad esaltare il fuoco che è in noi ed a farci diventare, per così dire, di naturaignea. Da questo momento gli abitanti della sfera del fuoco diventano nostriinferiori e, lietissimi perché vedono ristabilire l’armonia reciproca e perché cisiamo riavvicinati a loro, hanno per i loro simili tutto il rispetto che devonoall’immagine ed al sostituto del loro creatore, e tutte le attenzioni che può ispirareloro il desiderio di ottenere da noi l’immortalità che essi non hanno.

È vero che, siccome sono più sottili che le creature degli altri elementi, vivonomolto di più, e quindi non si affrettano per ottenere l’immortalità dai Saggi. Voi,figlio mio, potreste appropriarvi di qualcuno di essi; ma se l’avversione che miavete manifestato durerà in voi fino alla fine, forse non vi parlerò mai di quello chepaventate tanto.

Per le Silfidi, gli Gnomi e le Ninfe, non è la stessa cosa. Siccome questivivono meno a lungo, sono più una questione nostra: così la loro familiarità è piùfacile ad ottenersi. Non c’è che da chiudere un bicchiere pieno d’aria mescolatacon acqua o terra, e lasciarlo esposto al sole per un mese. Poi, si separano glielementi secondo la scienza, cosa che, soprattutto con l’acqua e la terra, è moltofacile. È meravigliosa la capacità magnetica di ciascuno di questi elementipurificati per attirare Ninfe, Silfidi e Gnomi. Dopo averne preso poco più di nienteogni giorno per qualche mese, si vede nell’aria la repubblica volante delle Silfidi,le Ninfe che arrivano in folla alla riva, e i guardiani dei tesori che mostrano le lororicchezze. Così, senza caratteri, senza cerimonie, senza parole barbare, sidiventa sovrani su tutti questi popoli. Essi non esigono alcun culto dal Saggio,perché sanno bene che è più nobile di loro. Così la venerabile Natura insegna aisuoi figli a ricostituire gli elementi con gli elementi. Così si ristabilisce l’armonia.Così l’uomo recupera il suo dominio naturale e può tutto negli elementi, senzademonio e senza arte illecita. Così vedete, figlio mio, che i Saggi sono più puri di

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quanto pensiate. Voi non mi dite nulla…”.“Io vi ammiro, signore – gli dissi – e comincio a temere che mi facciate

diventare distillatore”. “Ah, figlio mio, Dio ve ne scampi! – esclamò lui – non è aquelle sciocchezze che la vostra nascita vi destina. Al contrario, io vi proibisco didivertirvi con esse: vi ho detto che i Saggi insegnano queste cose solamente acoloro che non vogliono ammettere nella loro turba. Voi avrete tutti questi vantaggi, ed altri infinitamente più gloriosi e gradevoli, contali procedimenti, ben altrimenti filosofici. Io vi ho descritto questi metodi non peraltro che per dimostrarvi la purezza di questa filosofia e per eliminare i vostriterrori panici”. “Grazie a Dio, signore – risposi – non ho più tanta paura come neavevo prima. E, benché non mi decida ancora all’accordo che voi mi proponetecon le Salamandre, io continuo ad avere la curiosità di sapere come avete fatto ascoprire che queste Ninfe e queste Silfidi muoiono”. “In verità – replicò lui – ce lohanno detto loro e noi le vediamo morire”. “Come è possibile che le vediatemorire – ribattei – dal momento che i rapporti con voi le rendono immortali?”.Sarebbe un’osservazione giusta – disse – se il numero dei Saggi uguagliassequello di queste creature; inoltre ci sono molti, tra loro, che preferiscono morirepiuttosto che rischiare, diventando immortali, di essere sventurati come vedonoche sono i demoni. È il diavolo che ispira loro questi sentimenti, perché non c’ènulla che egli non faccia per impedire a queste povere creature di diventareimmortali grazie all’unione con noi.

Quindi, io considero come una tentazione assai dannosa e come unsentimento assai poco caritatevole questa avversione che voi provate nei loroconfronti, ed anche voi, figlio mio, dovete considerarla così. Inoltre, per quantoriguarda la morte di cui mi parlate, chi mai ha obbligato l’oracolo di Apollo a direche tutti coloro che parlavano negli oracoli erano immortali come lui, secondo ciòche riporta Porfirio? E che cosa pensate volesse dire quel grido che si sentì intutte le sponde d’Italia e che suscitò tanto spavento a coloro che si trovavano sulmare? IL GRANDE PAN È MORTO.

Erano le genti dell’aria che annunciavano alle genti delle acque che il primo eil più vecchio dei Silfi era appena morto”. “Io risposi: Quando si sentì quel grido,mi sembra che tutti adorassero Pan e le Ninfe. Questi signori, di cui mi vantate lafamiliarità, erano dunque i falsi dèi dei pagani?”. “È vero, figlio mio – ribatté lui – iSaggi si guardano dal credere che il demonio abbia mai avuto il potere di farsiadorare. Esso è troppo sciagurato e troppo debole per poter mai avere ottenutoquesto piacere e questa autorità. Però ha potuto persuadere questi abitatori deglielementi a mostrarsi agli uomini ed a farsi erigere dei templi e, grazie al poterenaturale che ciascuno di loro ha sull’elemento che abita, essi agitavano l’aria e ilmare, scuotevano la terra e distribuivano i fuochi del cielo secondo la lorofantasia, di modo che non faticavano molto ad essere considerati divinità, fintantoche l’Essere sovrano non si preoccupava del benessere delle genti. Ma il diavolonon ha ricavato dalla sua malizia tutto il vantaggio che sperava, perché da ciò è

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derivato che avendo Pan, le Ninfe e le altre popolazioni elementari trovato il mododi trasformare questo rapporto di culto in rapporto d’amore (infatti, come benricordate, secondo gli Antichi Pan era il re di quegli dèi che essi chiamavano dèiincubi, e che ricercavano molto le fanciulle), parecchi pagani sono sfuggiti aldemonio e non bruceranno nell’inferno”.

“Io non vi capisco, signore”, risposi. “Voi non avete cura di capirmi – continuòlui ridendo e con un tono canzonatorio; questo vi supera, e supererà anche tutti ivostri dottori che non sanno che cosa sia la bella fisica. Ecco il grande mistero ditutta questa parte della filosofia che concerne gli elementi e che certamente vitoglierà (se avete un po’ di amore per voi stesso) questa ripugnanza così pocofilosofica che voi a tutt’oggi dimostrate. Sappiate dunque, figlio mio (e non andatea divulgare questo grande Arcano a qualche ignorante indegno), sappiate che,come le Silfidi hanno acquistato un’anima immortale grazie all’alleanza che hannostretto con gli uomini predestinati, così gli uomini che non hanno diritto alla gloriaeterna, questi sventurati per i quali l’immortalità non è altro che un vantaggiofunesto, per i quali il Messia non è stato mandato…”. “Siete dunque anchegiansenisti, signori cabalisti?” – lo interruppi.

“Noi non sappiamo che cosa sia, ragazzo mio – replicò lui bruscamente – enon ci degniamo di informarci su che cosa consistano le varie sette e le diversereligioni di cui si infatuano gli ignoranti. Noi ci atteniamo all’antica religione deiFilosofi nostri Padri, sulla quale sarà bene che un giorno vi istruisca. Ma perriprendere il nostro argomento: questi uomini la triste immortalità dei quali nonsarà che una eterna sventura, questi sventurati figli che il Padre Supremo hatrascurato, hanno ancora la risorsa di poter diventare mortali unendosi ai popolielementari. Per cui, vedete che i Saggi non rischiano nulla per l’eternità: se sonopredestinati, hanno il piacere di portare al cielo (dopo avere abbandonata laprigione del corpo) la Silfide o la Ninfa che hanno reso immortale; e se non sonopredestinati, il rapporto con la Silfide rende mortale la loro anima e la libera dagliorrori della seconda morte. Così il demonio si è visto sfuggire tutti i pagani che sisono uniti alle Ninfe. Così i Saggi o gli amici dei Saggi, ai quali Dio ci ispira dicomunicare qualcuno dei quattro secreti elementari (che io approssimativamentevi ha insegnato) si liberano dal pericolo di essere dannati”. “Sinceramente,signore – esclamai, non osando renderlo ancora di cattivo umore, e ritenendoopportuno rimandare il dirgli interamente i miei sentimenti fino a che non miavesse rivelato tutti i secreti della sua cabala, che, da questo campionario,giudicavo essere assai bizzarri e divertenti – sinceramente, voi spingete moltoavanti la Saggezza! Ed avevate ragione a dire che questo supererà tutti i nostridottori. Io credo che supererà anche tutti i nostri magistrati, e che se essipotessero scoprire chi sono coloro che con questo mezzo sfuggono al demonio,siccome l’ignoranza è colpevole, prenderebbero le difese del diavolo contro questifuggitivi, e li metterebbero a mal partito”. “È anche per questo – rispose il conte –che vi ho raccomandato, e vi raccomando, il segreto assoluto. I vostri giudici sono

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strani! Condannano una azione innocentissima come un crimine gravissimo. Chebarbarie è stata quella di mettere al rogo quei due preti che il principe dellaMiranda dice di aver conosciuto, ciascuno dei quali aveva avuto la sua Silfide perquarant’anni! Che atrocità aver fatto morire Jeanne Hervihier, che aveva lavoratotrentasei anni per rendere immortale uno gnomo! E quale ignoranza mostra Bodinche la tratta da strega e prende spunto dalla sua avventura, ed autorizza lechimere popolari sulle cosiddette streghe con un libro tanto impertinente chequello della sua repubblica è ragionevole.

Ma è tardi, e io mi preoccupo del fatto che voi non avete ancora mangiato”.“È per voi che parlate, signore – dissi io – perché da parte mia vi ascolterei

fino a domani senza disagio”. “Ah! Per me – riprese lui ridendo ed avviandosiverso la porta – si vede bene che sapete poco che cosa sia la Filosofia. I Sagginon mangiano che per il piacere, e mai per necessità”. “Io avevo una ideaopposta della Saggezza – replicai – credevo che il Saggio non dovesse mangiareche per soddisfare la necessità”. “Voi vi ingannate – disse il conte. Come pensateche noi Saggio possiamo resistere senza mangiare?”. “Come posso saperlo? – glidissi – Mosè ed Elia ne fecero a meno per quaranta giorni; voi Saggi, senzadubbio, lo fate per qualche giorno di meno”. “Bello sforzo sarebbe! – rispose –L’uomo più sapiente che vi sia stato, il Divino, il quasi adorabile Paracelsoassicura di aver veduto molti Saggi che avevano trascorso circa venti anni senzamangiare checchessia. Egli stesso, prima di arrivare alla monarchia dellaSaggezza, della quale abbiamo giustamente conferito a lui lo scettro, volleprovare a vivere molti anni cibandosi soltanto di un mezzo scrupolo diquintessenza solare. E, se volete avere il piacere di far vivere qualcuno senzamangiare, non dovete fare altro che preparare la terra come vi ho detto che si puòpreparare per la società degli Gnomi. Questa terra, applicata sull’ombelico erinnovata quando è troppo secca, fa sì che si possa fare a meno di mangiare e dibere senza sforzo alcuno: il sincero Paracelso dice di avere fatto l’esperimento diciò per sei mesi. Ma l’uso della medicina cattolica cabalistica ci libera moltomeglio di tutte le noiose necessità alle quali la natura assoggetta gli ignoranti. Noinon mangiamo se non quando ci fa piacere, e, poiché tutto quello che dellevivande è superfluo svanisce per traspirazione insensibile, noi non civergogniamo mai di essere uomini”.

A questo punto tacque, vedendo che eravamo vicino a persone. Andammo alvillaggio, per un leggero spuntino, secondo l’abitudine degli eroi della Filosofia.

Terza conversazione

La terza conversazione verte principalmente sugli oracoli antichi e moderni. IlConte di Gabalis ne attribuisce i responsi agli esseri elementari. Per una

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piena comprensione del testo, che mantiene il tono ironico delle precedenticonversazioni, il lettore può tener presente quanto insegnato da Kremmerz suglielementari.

Dopo aver desinato, tornammo al labirinto. Io ero pensieroso, e la pietà chesentivo per la stravaganza del conte, dalla quale mi rendevo ben conto che misarebbe stato difficile guarirlo, mi impediva di divertirmi per tutto quello che miaveva detto, quanto avrei fatto se avessi sperato di ricondurlo alla ragione. Avreicercato nell’Antichità qualche cosa da contrapporgli a cui non potessecontrobattere, poiché, qualora volessi addurre i pareri della Chiesa, egli mi avevadichiarato che non si atteneva che all’antica religione dei suoi padri, i Filosofi e,volendo convincere un cabalista con la ragione, l’impresa sarebbe stata un lavorolungo: oltre al fatto che mi guardavo dal discutere con un uomo del quale nonconoscevo ancora tutti i principi.

Mi venne in mente che quello che mi aveva detto sui falsi dei, ai quali avevasostituito i Silfi e gli altri popoli elementari, poteva essere confutato con gli oracolidei pagani, che la Scrittura considera dappertutto come diavoli, e non come Silfi.Ma, siccome non sapevo se, secondo i principi della sua cabala, il conteattribuisse i responsi degli oracoli a qualche causa naturale, pensai che sarebbestato opportuno fargli spiegare ciò che ne pensava.

Mi dette l’opportunità di farlo entrare in argomento quando, prima di inoltrarcinel labirinto, si voltò verso il giardino. “Quanto è bello! – disse – Queste statuefanno un bellissimo effetto”. Io risposi: “Il cardinale che le fece portare qui avevauna fantasia poco degna del suo grande genio: credeva che la maggior parte diqueste immagini rappresentasse anticamente degli oracoli, e su questa base leaveva pagate molto care”. “É la malattia di molti. – ribatté il conte – L’ignoranza facommettere ogni giorno un genere di idolatria assai criminale, poiché siconservano con grande cura e si considerano tanto preziosi gli idoli dei quali sicrede che in altri tempi si sia servito il diavolo per farsi adorare. O Dio! non sisaprà mai, nel mondo, che Voi, all’origine dei secoli, avete precipitato i vostrinemici sotto lo sgabello dei vostri piedi, e che tenete i demoni prigionieri sotto laterra, nel vortice di tenebre? Questa curiosità, così poco lodevole, di raccoglierecosì questi pretesi organi dei demoni, potrebbe essere innocente, figlio mio, se sivolesse lasciarsi persuadere che mai è stato permesso agli angeli delle tenebre diparlare negli oracoli”. “Io non credo – lo interruppi – che sia stato facile far valerequesto per i curiosi, ma forse lo sarebbe per gli uomini increduli. Infatti, non moltotempo fa, in una assemblea tenuta espressamente su questo argomento daimpegni di prim’ordine, è stato stabilito che tutti questi pretesi oracoli altro nonerano che una soperchieria dell’avidità dei sacerdoti pagani, o un espedientepolitico dei sovrani”. Il conte disse: “Erano i Maomettani mandati in ambasciata alvostro re, quelli che fecero questa assemblea e risolsero la questione in questo

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modo?”. “No, signore” gli risposi. “Di quale religione sono dunque quei signori –replicò lui – visto che non considerano per nulla la divina Scrittura, che famenzione, in così tanti passi, di tanti oracoli differenti? E soprattutto dei Pitoni,che stabilivano la loro residenza e davano i loro responsi nei luoghi destinati allamoltiplicazione dell’immagine di Dio?”. “Io ho parlato – ribattei – di tutti questiventriloqui ed ho fatto notare alla compagnia che il re Saul li aveva banditi dal suoregno, dove, tuttavia, ne trovò ancora uno alla vigilia della sua morte; la sua voceebbe il meraviglioso potere di resuscitare Samuele alla sua preghiera ed alla suarovina. Però, quei sapienti non smisero di sostenere che non ci sono mai statioracoli”. “Se non li ha convinti la Scrittura – disse il conte – bisognava convincerlicon tutta l’Antichità, nella quale è facile mostrare mille stupefacenti prove dellacosa in questione: una tale quantità di vergini gravide del destino dei mortali, chepartorivano gli avvenimenti buoni o quelli cattivi di coloro che le consultavano.Perché non avete citato Crisostomo, Origene ed Ecumenio, che fanno menzionedi quegli uomini chiamati Engastrimandri, il cui ventre profetico articolava oracolitanto famosi? E se quei signori non amano le Scritture ed i Padri, bisognavacitare quelle fanciulle prodigiose di cui parla il greco Pausania, che sitrasformavano in colombe e sotto questa forma pronunciavano i celebri oracolidelle Colombe Dodonidi. Oppure avreste potuto dire, a gloria della vostra nazione,che in passato vi erano in Gallia fanciulle famose che prendevano tutte le forme,a seconda di coloro che li consultavano e che, oltre ai famosi oracoli chepronunciavano, avevano un mirabile potere sulle onde ed una forza terapeuticasulle malattie incurabili”. “Tutte queste belle prove sarebbero state considerateapocrife” gli dissi. “Forse che l’antichità le rende sospette? – rispose – Nondovreste fare altro che citare gli oracoli che si danno ancora, tutti i giorni”. “Inquale parte del mondo?” gli chiesi. “A Parigi” replicò. “A Parigi!” esclamai. “Sì, aParigi – proseguì.

Siete maestro in Israele e non lo sapete. Forse che non si consultano tutti igiorni gli oracoli acquatici nei vasi di acqua o nei bacili e gli oracoli aerei neglispecchi o sulle mani delle vergini? Non si trovano, in questo modo, rosari perdutied orologi rubati? Non si conoscono, così, notizie dai paesi lontani e non sivedono gli assenti?”. “Ehi, signore, che cosa mi raccontate?” gli dissi. “Vi racconto– riprese – quello che so per certo che succede ogni giorno e sul quale nonsarebbe difficile trovare mille testimoni oculari”. “Io non ci credo, signore – ribattei– i magistrati infliggerebbero punizioni esemplari e non si potrebbe sopportare chel’idolatria…”. “Ah, come siete impetuoso! Non è poi tanto male che voi la pensiatecosì e la Provvidenza non permetterà che si elimini questo resto di Filosofia che siè salvato dal deplorevole naufragio che ha subito la verità. Se fra la gente rimaneancora qualche vestigio della tremenda potenza dei nomi divini, sareste delparere che si cancellasse e si perdesse il rispetto e la riconoscenza dovuta algran nome AGLA, che opera tutte queste meraviglie, persino quando è invocatodagli ignoranti e dai peccatori e che farebbe ben altri miracoli sulla bocca di un

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cabalista. Se aveste voluto convincere i vostri signori della verità degli oracoli, nonavreste avuto che da esaltare la vostra immaginazione e la vostra fede, e,voltandovi verso l’Oriente, gridare forte: AG…”.

“Signore – lo interruppi – io avevo ritegno a parlare di argomenti di questotipo con persone virtuose come quelle con cui ero: mi avrebbero giudicatofanatico, perché sicuramente non hanno fede in tutte quelle cose e, quand’ancheio avessi conosciuto l’operazione cabalistica di cui mi parlate, non sarebberiuscita per bocca mia: io ci credo meno di loro”. “Bene, bene – disse il conte – senon avete fede, ve la faremo venire. Tuttavia, se pensavate che i vostri signorinon avrebbero prestato fede a quello che possono vedere tutti i giorni a Parigi,avreste potuto citare una storia assai recente: l’oracolo che Celio Rodigino dice diavere visto con i suoi occhi, pronunciato verso la fine del secolo scorso daquell’uomo straordinario che parlava e prediceva l’avvenire con lo stesso organodell’Euricleo di Plutarco”. “Io non avrei voluto citare Rodigino: la citazione sarebbestata pedantesca e poi non si sarebbe mancato di dire che quest’uomo era, senzadubbio, un demoniaco”. “Lo si sarebbe detto con spirito molto monacale” replicò.Io lo interruppi: “Signore, malgrado l’avversione cabalistica che vedo che provateper i monaci, io non posso fare a meno di stare dalla loro parte in questadiscussione. Credo che non ci sarebbe tanto male a negare del tutto che ci sianomai stati oracoli, come a dire che non era il demonio che parlava in essi. Poiché,infine, i padri e i teologi…”. “Poiché infine – mi interruppe lui – i teologi non sitrovano d’accordo sul fatto che la sapiente Sambethé, la più antica delle Sibille,era figlia di Noé?”. “Beh, che importanza ha?” replicai. “Plutarco – riprese – nondice forse che la più antica Sibilla fu la prima a formulare oracoli a Delfo? Questospirito che Sambethé ospitava nel suo seno non era, quindi, un diavolo, né il suoApollo un falso dio, poiché l’idolatria iniziò soltanto molto tempo dopo laseparazione dei linguaggi; e sarebbe più verosimile attribuire al padre dellamenzogna i libri sacri delle Sibille e tutte le testimonianze della vera religione che iPadri ne hanno tratto. E poi, figlio mio, non tocca a voi rompere il connubio che ungrande cardinale ha decretato tra David e la Sibilla, né accusare questo sapientepersonaggio di avere messo in relazione un grande profeta ed una pazzasciagurata! Infatti, o Davide rafforza la testimonianza della Sibilla, o la Sibillaindebolisce l’autorità di Davide”. “Vi prego, signore – lo interruppi – riprendete adessere serio”. “Sono d’accordo – disse lui – purché non mi accusiate di esserlotroppo. Secondo voi, il demonio è mai diviso da se stesso? E si mette, qualchevolta, contro il suo interesse?”. “Perché no?” dissi io. “Perché no? – ribatté –Perché colui che Tertulliano ha, così felicemente e così stupendamente, chiamatola Ragione di Dio non lo trova giusto. Satana non si è mai separato da se stesso.Ne consegue, dunque, o che il demonio non ha mai parlato negli oracoli, o chenon ha mai parlato contro i suoi interessi. Ne consegue, dunque, che se gli oracolihanno parlato contro gli interessi del demonio, non era il demonio che parlavanegli oracoli”.

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“Ma Dio – gli dissi – non potrebbe aver forzato il demonio a renderetestimonianza alla verità ed a parlare contro se stesso?”. “E se Dio – replicò lui –non l’avesse forzato?” “Ah! – risposi – in questo caso, avreste più ragione voi chei monaci”. “Lo vedete, dunque – proseguì – e, per procedere vittoriosamente ed inbuona fede, non voglio addurre le testimonianze degli oracoli che i Padri dellaChiesa riferiscono, benché sia sicuro della venerazione che voi avete per questigrandi uomini. La loro religione e l’interesse che avevano alla questionepotrebbero aver fatto sì che fossero prevenuti, ed il loro amore per la veritàpotrebbe aver fatto sì che, vedendola, nel loro secolo, piuttosto povera e spoglia,si fossero serviti, per adornarla, di qualche abito e di qualche ornamento dellamenzogna stessa: erano uomini, e di conseguenza – secondo la massima delPoeta della Sinagoga – potevano essere stati testimoni non fedeli.

Quindi, ora citerò un uomo che non può essere sospetto a questo riguardo:pagano, e pagano di una specie diversa da Lucrezio o Luciano o gli Epicurei, unpagano ben infatuato degli dei e degli innumerevoli demoni, superstizioso oltremisura, grande mago, o che si dichiarava tale, e di conseguenza grandepartigiano dei diavoli, cioè Porfirio. Ecco qui, parola per parola, alcuni oracoli cheegli riferisce.

ORACOLO

AL DI SOPRA DEL FUOCO CELESTE VI È UNA FIAMMAINCORRUTTIBILE, SEMPRE RISPLENDENTE, FONTE DELLA

VITA, SORGENTE DI TUTTI GLI ESSERI E PRINCIPIO DITUTTE LE COSE. QUESTA FIAMMA PRODUCE TUTTO, E

SOLTANTO CIÒ CHE ESSA CONSUMA PERISCE.

ESSA SI FA CONOSCERE DA SE STESSA; QUESTO FUOCO NON PUÒ ESSERE CONTENUTO IN ALCUN LUOGO;

É SENZA CORPO ED IMMATERIALE, CIRCONDA I CIELI E DAESSO ESCE UNA PICCOLA SCINTILLA CHE FA TUTTO LOSPLENDORE DEL SOLE, DELLA LUNA E DELLE STELLE.

ECCO CHE COSA SO DI DIO: NON CERCARE DI SAPERNEDI PIÙ, PERCHÉ QUESTO SUPERA LA TUA PORTATA PERSAPIENTE CHE TU SIA. DEL RESTO, SAPPI CHE L’UOMOINGIUSTO E MALVAGIO NON PUÒ NASCONDERSI A DIO.

NÈ ABILITÀ, NÈ SCUSA POSSONO NASCONDERE QUALCOSA AI SUOI OCCHI PENETRANTI. TUTTO È PIENO DI DIO,

DIO E DAPPERTUTTO.

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“Vedete, figlio mio, che questo Oracolo non sa tanto di demonio”. “Quantomeno – risposi – è molto lontano dal suo carattere”.

“Eccone un altro – disse – che parla ancora meglio”.

ORACOLO

VI È IN DIO UNA IMMENSA PROFONDITÀ DI FIAMMA: IL CUORENON DEVE AVERE PAURA A TOCCARE QUESTO FUOCO ADORABILE

E AD ESSERE DA ESSO TOCCATO;NON SARÀ CONSUMATO DA QUESTO FUOCO TANTO DOLCE,

IL CUI CALORE TRANQUILLO E QUIETO FA L’UNIONE,L’ARMONIA E LA DURATA DEL MONDO.

NULLA ESISTE SE NON DA QUESTO FUOCO, CHE È DIO STESSO.

NESSUNO LO HA GENERATO, È SENZA MADRE, SA TUTTO,

E NON GLI PUOI INSEGNARE NIENTE: È INCROLLABILE NEISUOI DISEGNI, ED IL SUO NOME È INEFFABILE.

ECCO CHE COSA È DIO.INFATTI, DI PER NOI, CHE SIAMO I SUOI MESSAGGERI,

NON SIAMO CHE UNA PARTICELLA DI DIO. “Ebbene! Che ne dite di questo?”. “Io direi di tutt’e due – replicai – che Dio può forzare il padre della menzogna

a rendere testimonianza alla Verità”. “Eccovene un altro – riprese il conte – che vitoglierà questo scrupolo.

ORACOLO

AHI! TRIPODI, PIANGETE E RECITATE L’ORAZIONEFUNEBRE DEL VOSTRO APOLLO; EGLI È MORTALE, STA

PER MORIRE, SI SPEGNE: PERCHÉ LA LUCE DELLA FIAMMA CELESTE LO FA SPEGNERE.

Vedete bene, figlio mio, che chiunque sia che parla in questi oracoli e che

spiega così bene ai pagani l’Essenza, l’Unità, l’Immensità, l’Eternità di Dio,

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confessa di essere mortale e di non essere altro che una scintilla di Dio. Non èdunque il demonio che parla, perché è immortale e Dio non lo costringerebbe adire che non lo è. È decretato che Satana non si divide in opposizione a sestesso. È forse il modo di farsi adorare, dire che non c’è che un solo Dio? Diceche è mortale: e da quando in qua il diavolo è tanto umile da togliersi le suequalità naturali? Vedete dunque, figlio mio, che se sussiste il principio di colui chesi chiama il Dio delle Scienze per eccellenza, non può essere il demonio che haparlato negli oracoli”.

“Ma se non è il demonio – gli dissi – a mentire allegramente quando sidichiara mortale o a dire la verità per forza quando parla di Dio, a chi dunque lavostra Cabbala attribuirà tutti gli oracoli che voi sostenete essere statieffettivamente resi? Forse all’esalazione della terra, come Aristotele, Cicerone ePlutarco?”. “Ah! Questo no, figlio mio – disse il Conte – grazie alla sacra Cabbala,io non sono pazzo a tal punto”. “Come – replicai – considerate questa opinionecome pazza? Eppure i suoi sostenitori sono persone di buon senso”. “In questonon lo sono, figlio mio – continuò – ed è impossibile attribuire a questa esalazionetutto ciò che è avvenuto negli oracoli. Per esempio, quell’uomo che, secondoTacito, appariva in sogno ai sacerdoti di un tempio di Ercole in Armenia ecomandava loro di tenergli pronti dei corsieri equipaggiati per la caccia. Fin quipotrebbe essere l’esalazione, ma quando questi corsieri tornarono la seraspossati e con le faretre vuote di frecce, ed il giorno seguente si trovarono nelbosco tante bestie morte quante frecce erano state messe nelle faretre, vedetebene che non poteva essere l’esalazione a fare questo effetto. Ed ancora menoera il diavolo, perché significherebbe avere una idea più ragionevole e piùcabalistica della sventura del nemico di Dio credere che gli fosse permesso didivertirsi ad andare a caccia di cerve e di lepri”. “A che cosa, dunque, la sacraCabbala attribuisce tutto ciò?” gli dissi. “Aspettate – rispose – prima che vi riveliquesto mistero, bisogna che guarisca bene il vostro spirito dalla prevenzione chepotreste avere per questa pretesa esalazione, dato che mi sembra che abbiatecitato con enfasi Aristotele, Cicerone e Plutarco. Avreste potuto citare ancheGiamblico, che, per quanto di grande ingegno fosse, rimase per qualche tempo inquesto errore, che, tuttavia, abbandonò non appena ebbe esaminato la cosa davicino nel Libro dei Misteri.

Pietro d’Apona, Pomponazzi, Levinio Sirenio e Lucilio Vanino sono anch’essilieti per avere trovato questa scusa in alcuni Antichi. Tutti questi pretesi spiriti fortiche, quando parlano delle cose divine, dicono quello che desiderano piuttosto chequello che conoscono, non vogliono ammettere nulla di sovrumano negli oracoli,per paura di riconoscere qualche cosa al di sopra dell’uomo. Hanno paura che sifaccia loro una scala per salire fino a Dio, che temono di conoscere con i gradidelle creature spirituali, e preferiscono fabbricarsene una per discendere nel nulla.Invece di elevarsi verso il cielo, scavano la terra ed, invece di cercare negli esserisuperiori all’uomo la causa di questi trasporti che lo elevano al di sopra di se

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stesso e lo fanno diventare una forma di divinità, attribuiscono fiaccamente a delleesalazioni impotenti questo potere di penetrare nell’avvenire, di scoprire le cosenascoste e di elevarsi fino ai più grandi secreti dell’Essenza divina. Tale è lamiseria dell’uomo, quando lo spirito di contraddizione e il capriccio di pensare inmodo diverso dagli altri lo domina. Ben lungi dal raggiungere i suoi fini, siimbroglia e si ostacola. Questi atei non vogliono assoggettare l’uomo a sostanzemeno materiali di lui e lo assoggettano ad una esalazione, senza considerare chenon vi è alcun rapporto tra questo fumo chimerico e l’anima dell’uomo, tra questovapore e le cose future, tra questa causa frivola e quegli effetti miracolosi, bastaloro essere originali per credere di essere ragionevoli. Per loro, è abbastanzanegare gli spiriti e fare gli spiriti forti”. Io lo interruppi: “Vi dispiace dunque moltol’originalità, signore?”. “Ah, figlio mio – mi disse lui – è la peste del buon senso ela pietra d’inciampo dei più grandi ingegni. Aristotele, per quanto grande logicofosse, non ha potuto evitare la trappola nella quale il capriccio dell’originalità portaquelli che tormenta con la violenza con la quale tormentava lui”. “Non ha saputoevitare – dissi io – di imbrogliarsi e di confondersi. Nel Libro della generazionedegli animali e nella sua Morale, dice che lo spirito e l’intelletto dell’uomo glivengono dall’esterno, e che non ci possono venire da nostro padre; e per laspiritualità delle operazioni della nostra anima, conclude che essa è di una naturadiversa dal composto materiale che vivifica, la materialità del quale non fa cheoffuscare le speculazioni, anziché contribuire alla loro produzione”. “CiecoAristotele! Poiché, secondo voi, il nostro composto materiale non può essere lafonte dei nostri pensieri spirituali, come pensate che una debole esalazione possaessere la causa dei pensieri sublimi e dello sforzo che compiono i Pitoni chepronunciano gli oracoli? Vedete bene, figlio mio, che questo spirito forte siconfonde, e che la sua originalità lo fa traviare”. “Ragionate benissimo, signore –gli dissi, felice di vedere che parlava molto sensatamente e sperando che la suafollia non sarebbe stata un male incurabile – Dio voglia che…”. “Plutarco, peraltrotanto solido – continuò lui interrompendomi – fa pena nel suo dialogo Perché glioracoli sono finiti? Si fa obiettare cose convincenti, che non risolve per nulla.Perché non risponde quando gli si dice che, se è l’esalazione a causare iltrasporto, tutti coloro che si avvicinano al treppiedi fatidico sarebbero presidall’entusiasmo, e non una sola fanciulla, che per di più dev’essere vergine. Macome può, questo vapore, articolare voci dal ventre? Inoltre, questa esalazione èuna causa naturale e necessaria, che deve fare il suo effetto regolarmente esempre; perché questa fanciulla non è agitata che quando la si consulta? E, cosache più importa, perché la terra ha smesso di emanare simili vapori divini? È forsemeno terra di quanto fosse prima? Riceve forse altri influssi? Ha forse altri maried altri fiumi? Chi dunque ha così otturato i suoi pori o cambiato la sua natura?

Io mi meraviglio di Pomponazzi, di Lucilio e degli altri atei che hanno preso leidee di Plutarco e si sono allontanati dal modo con cui si esprime. Egli avevaparlato più giudiziosamente di Cicerone ed Aristotele, poiché era un uomo molto

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sensato; e, non sapendo come concludere con tutti questi oracoli, dopo unatediosa incertezza, si era convinto che tale esalazione, che riteneva uscisse dallaterra, fosse uno spirito molto divino; così attribuiva alla divinità i movimenti e leilluminazioni straordinarie delle sacerdotesse di Apollo.

Questo vapore profetico, dice, è un soffio ed uno spirito assai divino ed assaisanto. Pomponazzi, Lucilio e gli atei moderni non si adattano a tali discorsi, chepresuppongono la divinità: Queste esalazioni – dicono – sono della natura deivapori che infettano gli atrabiliari, i quali parlano lingue che non conoscono. MaFernel controbatte molto bene questi empi, provando che la bile, che è un umorecattivo, non può causare questa varietà di linguaggi, che è uno dei piùmeravigliosi effetti del ragionamento, ed una espressione artificiale dei nostripensieri. Egli, però, ha concluso la questione imperfettamente, quando haconvenuto con Psello e con tutti quelli che non sono penetrati molto a fondo nellanostra filosofia. Non sapendo da dove prendere le cause di effetti tantosorprendenti, ha fatto come le donne e i monaci, e le ha attribuite al demonio”. “Achi, dunque, bisognerà attribuirle? – gli dissi – È un bel po’ di tempo che aspettoquesto secreto cabalistico”. “Lo stesso Plutarco lo ha notato assai bene – midisse lui – ed avrebbe fatto bene ad attenervisi. Poiché questa maniera irregolaredi esprimersi con un organo indecente, dice quel pagano, non è abbastanzagrave né abbastanza degna della maestà degli dei, e poiché ciò che gli oracolidicono supera tanto le forze dell’anima dell’uomo, hanno reso un grande servizioalla filosofia quelli che hanno ammesso tra l’uomo e gli dei delle creature mortali,alle quali si può riferire tutto ciò che supera la debolezza umana e non vi siavvicina alla grandezza divina. Questa opinione è di tutta l’antica filosofia. IPlatonici e i Pitagorici l’avevano presa dagli Egizi, e questi da Giuseppe ilSalvatore e dagli Ebrei che vivevano in Egitto prima del passaggio del Mar Rosso.Gli Ebrei chiamavano Sadaïm queste sostanze che si trovano tra l’angelo el’uomo; ed i Greci, spostando sillabe ed aggiungendo due lettere, Daimonas.Questi demoni sono, secondo i filosofi antichi, un popolo aereo, che domina glielementi, mortale, generante, sconosciuto, in quel tempo, a coloro chericercavano poco la verità nella sua antica sede, vale a dire nella Cabbala e nellateologia degli Ebrei, i quali avevano dalla loro l’arte particolare di intrattenerequesta popolazione aerea, e di conversare con tutti questi abitanti dell’Aria”.“Eccovi ancora, a quanto mi pare, ritornato alle vostre Silfidi, signore!” lointerruppi.

“Sì, figlio mio. Il Theraphim degli Ebrei – continuò lui – non era il cerimonialeche bisognava osservare per tale rapporto, e quel Micas Ebreo che nel Libro deiGiudici si lamenta perché gli sono stati tolti i suoi dei, non piange altro che laperdita della piccola statua nella quale i Silfi lo intrattenevano. Il dio che Rachelerubò a suo padre, era anch’esso un Theraphim. Né Micas né Labano sonoaccusati di idolatria, e Giacobbe non avrebbe certo vissuto quattordici anni con unidolatra, né ne avrebbe sposato la figlia; non si trattava che di un rapporto con

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Silfidi e, noi sappiamo per tradizione, che la sinagoga teneva queste relazionilecite e che l’idolo della moglie di Davide altro non era che il Theraphim, grazie alquale ella manteneva contatti con i popoli elementari; e voi potete ben capire cheil Profeta del cuore di Dio non avrebbe tollerato l’idolatria in casa sua.

Questi popoli elementari, nel tempo in cui Dio trascurò la salvezza del mondoper punizione del peccato originale, erano lieti di spiegare agli uomini, a dare loroconsigli molto saggi e molto utili, come se ne vedono in grande quantità pressoPlutarco e tutti gli storici. Da quando Dio ebbe compassione del mondo e volledivenire lui stesso il suo dottore, questi piccoli maestri si ritirarono. Da qui derivò ilsilenzio degli oracoli”. “Dal vostro discorso risulta quindi, signore – risposi – checon certezza vi sono stati degli oracoli, e che a renderli erano le Silfidi, ed ancheche esse li rendono ogni giorno nei bicchieri o negli specchi”. “Le Silfidi o leSalamandre, gli Gnomi o le Ondine” ribatté il conte. “Se così è – risposi io – tuttivostri popoli elementari sono creature ben disoneste”. “Perché mai?” chiese. “Eh!– proseguii – non si vede niente di più cialtrone di tutte queste risposte a doppiosenso che esse danno sempre”. “Sempre? – rispose – Ah, no! Non sempre. LaSilfide che apparve in Asia a quel Romano e gli predisse che un giorno vi sarebbetornato con la dignità di proconsole, parlò forse oscuramente? E Tacito non diceche tutto successe come essa aveva predetto? Quella iscrizione e quelle statue,famose nella Storia di Spagna, che rivelarono allo sventurato re Rodrigo che lasua curiosità e la sua incontinenza sarebbero state punite da uomini vestiti edarmati come loro, e che questi uomini neri si sarebbero impossessati dellaSpagna e vi avrebbero dominato a lungo? Poteva tutto questo essere più chiaro,ed i fatti non lo confermarono lo stesso anno? Non vennero forse i Mori adetronizzare il re effeminato? Voi ne conoscete la storia, e vedete bene che ildiavolo, che dopo il regno del Messia non dispone degli imperi, non ha potutoessere l’autore di tale oracolo, e che sicuramente era stato qualche grandeCabalista che lo aveva appreso da qualche Salamandra delle più sapienti. Infatti,siccome le salamandre apprezzano molto la castità, ci rivelano volentieri i disastriche devono colpire il mondo per la mancanza di tale virtù”. “Ma, signore – gli dissi– vi sembra tanto casto e tanto degno del pudore cabalistico quell’organoeteroclito del quale essi si servivano per predicare la loro morale?”. “Ah, questavolta – disse ridendo il conte – il pazzo siete voi, e non vedete la ragione fisicaper cui la Salamandra infuocata si compiace per natura dei luoghi più ignei, ed èattirata da…”. “Capisco, capisco – lo interruppi – non è il caso che vi spieghiatepiù a fondo”. “Quando all’oscurità di alcuni oracoli – continuò lui seriamente – chevoi chiamate cialtroneria, forse che le tenebre non sono la copertura ordinariadella verità? Forse che Dio non si compiace di celarsi sotto il loro velo ombroso el’oracolo continuo che ha lasciato ai suoi figli, la sacra Scrittura, non è avvolta inuna adorabile oscurità, che confonde e fuorvia i superbi, mentre la sua luce guidagli umili? Se non avete che questa difficoltà, figlio mio, vi consiglio di non tardaread entrare in rapporto con i popoli elementari. Li troverete creature molto oneste,

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sapienti, benefiche e timorose di Dio. Io sarei del parere che dovreste cominciarecon le Salamandre, poiché avete un Marte nell’alto del cielo nel vostro tema;questo significa che vi è molto fuoco in tutte le vostre azioni. E, per il matrimonio,sono dell’avviso che prendiate una Silfide: sarete più felice che con le altre,perché avete Giove sulla punta del vostro ascendente, in sestile di Venere. Ora,Giove presiede all’aria ed ai popoli dell’aria. Tuttavia, su questo bisognaconsultare il vostro cuore; infatti, come un giorno vedrete, è con gli astri interioriche il Saggio si governa, e gli astri del cielo esterno non servono che a fargliconoscere con maggior certezza gli aspetti degli astri del cielo interiore che è inogni creatura. Quindi, tocca a voi dirmi subito quale sia la vostra tendenza,affinché procediamo alla vostra alleanza con i popoli elementari che vi piacerannodi più”. “Signore – dissi – questa faccenda, a mio parere, richiede un po’ diriflessione”. “Vi apprezzo per questa risposta. – mi disse, posando la mano sullamia spalla – Riflettete ponderatamente sulla questione, soprattutto con colui cheviene chiamato, per eccellenza, l’angelo del Gran Consiglio: andate a pregare, edio verrò da voi domani alle due del pomeriggio”.

Tornammo a Parigi. Durante il viaggio, lo riportai sul discorso contro gli atei egli increduli: e mai ho sentito ragionare tanto bene e dire cose tanto profonde econsistenti sull’esistenza di Dio e contro la cecità di coloro che passano la vitasenza dedicarsi completamente ad un culto serio e continuo di Colui al qualedobbiamo l’essere e che ce lo conserva. Il carattere di quell’uomo misorprendeva, e non potevo comprendere come potesse essere ad un tempo tantoforte e tanto debole, tanto ammirevole e tanto ridicolo.

Quarta conversazione

Nella quarta conversazione viene sviluppato, mediante il simbolismo al quale siamo ormaiabituati, l'argomento delle nozze con gli elementari. In tutte le tradizioni esoteriche si ammetteche la magia (o la teurgia) sessuale possano praticarsi, oltre che con un partner umano, anchecon un elementare. Tale pratica non deve essere confusa con i rapporti diabolici e neppure ha ache fare con i fenomeni dell'incubato e del succubato, giacchè incubi e succube sono fantasmierotici, che nei casi estremi possono anche evocare delle entità, ma che sono creati, in genereinvolontariamente, dalla fantasia erotica di persone comuni e non da maghi. I "figli" nati dalleunioni con gli elementari sono, prima di tutto, simboli atti a indicare il tipo di conoscenza o dipotere, che il mago può acquisire, unendosi con una certa specie elementare, piuttosto che conun'altra. Ma, avendo Kremmerz indicato che anche alcuni esseri umani possono in un certosenso essere considerati degli elementari, il termine figli può anche indicare i figli effettivi che ilmago può avere dall'unione con questi tipi di partner umani.

Attesi a casa mia il Signor conte di Gabalis, come avevamo fissato quando ci eravamocongedati. Egli venne all'ora stabilita ed, apostrofandomi con aria sorridente, mi disse: «Ebbene,

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figlio mio, per quale specie di popoli invisibili Dio vi dà inclinazione, e quale alleanza preferite,quella con le Salamandre, gli Gnomi, le Ninfe o le Silfidi? ». « Io non mi sono ancora deciso pernulla a questo matrimonio, signore », risposi. « E per quale ragione? replicò ». «Francamente,signore - dissi io - non posso guarire la mia immaginazione; essa mi rappresenta sempre questicosiddetti ospiti degli elementi come dei terzuoli diabolici ». «O Signore! - esclamò lui - o Dio diluce, dissipate le tenebre che l'ignoranza e la perversa educazione hanno versato nello spirito diquesto eletto, che voi mi avete fatto conoscere e che destinate a così grandi cose. E voi, figliomio, non impedite il passo alla verità che vuole entrare in voi; siate docile. Ma no, vi dispensodall'esserlo: infatti è offensivo per la verità prepararle le strade. Essa sa forzare le porte di ferroed entrare dove vuole, malgrado tutta la resistenza della menzogna. Che cosa potete avere, voi,da opporle?Forse che Dio non avrebbe potuto creare negli elementi quelle sostanze tali quali io le hodescritte?». «Non ho esaminato - gli dissi - se vi sia impossibilità nella cosa in se stessa, se unsolo elemento possa fornire sangue, carne ed ossa, se si possa avere un temperamento senzamescolanza, e delle azioni senza contrasto; ma supponiamo che Dio abbia potuto fare ciò:quale prova valida c'è, che lo abbia fatto? ». «Voi volete esserne convinto subito - replicò luisenza tanti complimenti-. Farò venire le Silfidi di Cardano, sentirete dalla loro bocca che cosafanno, e quello che ve ne ho detto io». «No, signore, questo no, per piacere, esclamaibruscamente: ve ne scongiuro, differite questa specie di prova fino a che io non sia persuasoche quelle creature non sono nemiche di Dio; perché fino a quel momento preferirei morire chefare un tale torto alla mia coscienza di... ». « Ecco, ecco l'ignoranza e la falsa pietà di questitempi sciagurati - interruppe il conte in tono adirato. E perché mai non si cancella dal calendariodei santi il più grande degli anacoreti? E perché non si bruciano le sue statue? È un granpeccato che non si insultino le sue venerabili ceneri, e che esse non siano gettate al ventocome si farebbe con quelle di quegli scellerati che sono accusati di avere avuto commercio con idemoni. Forse che non ha esorcizzato i Silfi? e non li ha trattati da uomini? Che cosa avreste dadirgli, signor scrupoloso, voi, e tutti i vostri miserabili dottori? Il Silfo che parlò della sua naturacon quel patriarca, secondo voi, era un terzuolo demoniaco? Forse che quell'uomoincomparabile ragionò sul Vangelo con un diavoletto? E voi lo accusate di avere profanato imisteri divini conversando con un fantasma nemico di Dio? Atanasio e Gerolamo sono dunqueassai indegni del gran nome che hanno fra i vostri sapienti, se hanno scritto con tantaeloquenza l'elogio di un uomo che trattava tanto umanamente i diavoli? Se essi consideravanoun diavolo quel Silfo, bisognava o nascondere il fatto, o sopprimere in ispirito la predicazione oquell'apostrofe tanto patetica che l'anacoreta più zelante e più credulo di voi fa alla città diAlessandria; e se lo hanno considerato una creatura partecipe della redenzione quanto noi,come egli assicurava, e se tale appnrizione è, a loro avviso, una grazia straordinaria che Dioaveva fatto al santo del quale essi scrivono la biografia, siete ragionevole a voler essere piùsapiente di Atanasio e Gerolamo, e più santo del divino Antonio? Che cosa avreste detto aquell'uomo ammirevole, se foste stato nel numero dei diecimila solitari ai quali riferì laconversazione che aveva avuto con il Silfo? Più saggio e più illuminato di tutti quegli angeliterrestri, avreste dovuto contestare al santo abate che tutta la sua avventura non era che puraillusione, ed avreste dissuaso il suo discepolo Atanasio dal far sapere a tutta la terra una storiacosi poco conforme alla religione, alla filosofia ed al senso comune. È cosi? ». « È vero - glidissi che io sarei stato del parere o di non dire niente del tutto o di dirne di più ». « Atanasio eGerolamo non potevano dirne di più, perché non ne sapevano di più, e, quand'anche avesserosaputo tutto, il che non può essere se non si è dei nostri, non avrebbero divulgatotemerariamente i secreti della Saggezza ». «Ma perché - ribattei - quel Silfo non propose asant'Antonio quello che voi mi proponete adesso? ». «Che cosa? - disse ridendo il conte -. Ilmatrimonio? Ah! Sarebbe stato proprio a proposito! ». « È vero - risposi - che evidentemente ilbrav'uomo non avrebbe accettato il partito ». « No, certamente, perché sarebbe stato tentareDio, sposarsi a quell'età e chiedergli dei figli ». « Come! - ribattei - ci si sposa con quei Silfi peraverne dei figli? ». «E perché, dunque? - disse lui- È mai lecito sposarsi per un altro fine? ». « Ionon pensavo - risposi che se ne volesse discendenza, e credevo che tutto ciò avesse per scoposoltanto di immortalare le Silfidi ». «Ah! Avete torto - proseguì - la carità dei filosofi fa sì che essisi prefiggano per scopo l'immortalità delle Silfidi: ma la Natura li porta a desiderare di vederle

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fecondate. Quando vorrete, vedrete nell'aere queste famiglie filosofiche. Felice il mondo, se nonavesse altro che queste famiglie, e non avesse figli del peccato!». «Chi chiamate figli delpeccato, signore? » lo interruppi. « Sono, figlio mio - proseguì - sono tutti i figli che nascono perla via normale: figli concepiti per la volontà della carne, e non per la volontà di Dio, figli dellacollera e della maledizione; in una parola, figli dell'uomo e della donna. Voi avete voglia diinterrompermi: vedo bene quello che mi volete dire. Sì, figlio mio, sappiate che non fu maivolontà del Signore che l'uomo e la donna avessero figli come li hanno. Il progetto delgrandemente saggio Operaio era assai più nobile: egli voleva popolare il mondo ben altrimentidi come lo è. Se il miserabile Adamo non avesse grossolanamente disobbedito all'ordinericevuto da Dio, di non toccare assolutamente Eva, e se si fosse accontentato di tutto il resto deifrutti del giardino della voluttà, di tutte le bellezze delle Ninfe e delle Silfidi, il mondo nonavrebbe subito l'onta di vedersi riempito di uomini tanto imperfetti che potrebbero passare permostri a paragone dei figli dei Filosofi ». « Come, signore? - gli dissi -. A quanto vedo, voicredete che il delitto di Adamo sia altra cosa che aver mangiato la mela? ». « Come, figlio mio?- ribatté il conte - siete nel numero di coloro che hanno l'ingenuità di prendere alla lettera lastoria della mela? Ah! Sappiate che la lingua sacra usa di queste innocenti metafore perallontanare da noi le idee poco oneste di una azione che ha causato tutti i mali del genereumano. Così, quando Salomone diceva: voglio montare sulla palma e cogliere i suoi frutti,aveva ben altro desiderio che quello di mangiare datteri. Questa lingua che gli angeliconsacrano, e della quale si servono per cantare inni al Dio vivente, non ha un termine cheesprima ciò che essa nomina in modo figurato, chiamandolo mela o dattero. Ma il Saggio svelafacilmente quelle caste figure. Quando vede che il gusto e la bocca di Eva non sono puniti pernulla, mentre ella partorisce con dolore, capisce che il peccatore non è il gusto e, scoprendoquale sia stato il primo peccato per la cura che misero i primi peccatori nel nascondere confoglie certe zone del corpo, conclude che Dio non voleva che gli uomini fossero moltiplicatiattraverso questa via spregevole. O Adamo! Non dovevi generare che uomini simili a te, o nongenerare che eroi o giganti ». «Eh! E che espediente vi era - lo interruppi - per l'una o l'altra diqueste generazioni meravigliose? ». « Obbedire a Dio - replicò - e non toccare che le Ninfe, leGnomidi, le Silfidi o le Salamandre. Così, non avrebbe visto nascere che eroi, e l'universosarebbe stato popolato da creature tutte meravigliose, e riempito di forza e di saggezza. Dio havoluto far immaginare la differenza che c'era fra quel mondo innocente e questo mondocolpevole che vediamo, permettendo, di quando in quando, che si vedano dei figli nati dallaforza che egli aveva proiettato ». «Si sono dunque veduti, qualche volta, di questi figli deglielementi, signore? - gli chiesi -. Allora un licenziato della Sorbona, che giorni fa mi citavasant'Agostino, san Geronimo e san Gregorio Nazianzeno, si è ingannato, credendo che nonpossa nascere alcun frutto da questi amori degli spiriti per le nostre donne, o dal commercio chegli uomini possono avere con certi demoni che chiamava ifialti ». « Lattanzio ha ragionatomeglio - ribatté il conte, ed il valido Tommaso d'Aquino ha saggiamente concluso che non soloquesti rapporti possono essere fecondi, ma che i figli che ne nascono sono di una natura benpiù generosa ed eroica. In effetti, voi, quando vorrete, leggerete le imprese generose di quegliuomini potenti e famosi, che Mosé dice essere nati dalla forza presso di noi, ne abbiamo lestorie nel libro delle guerre del Signore, citato nel ventesimo terzo capitolo dei Numeri.Frattanto, giudicate come sarebbe il mondo, se tutti gli abitanti assomigliassero, per esempio, aZoroastro ». « Zoroastro, - dissi io - di cui si dice che sia autore della Necromanzia? ». «Propriolui - rispose il conte sul quale gli ignoranti hanno scritto questa calunnia. Egli aveva l'onore diessere figlio del Salamandro Oromasi e di Vesta, moglie di Noè. Visse dodici secoli, il piùsaggio monarca del mondo, dopo di che fu rapito da suo padre Oromasi nella regione delleSalamandre ». « Non dubito - gli dissi --che Zoroastro sia con la Salamandra Oromasi nellaregione del fuoco, ma non vorrei fare a Noè l'oltraggio che gli fate voi ». « L'oltraggio non è cosigrande come potete credere, rispose il conte; tutti quei patriarchi consideravano un grandeonore essere padri putativi dei figli che i figli di Dio volevano avere dalle loro donne, ma questoè ancora troppo profondo per voi. Torniamo ad Oromasi: fu amato da Vesta, moglie di Noè.Questa Vesta, dopo la morte, fu il genio tutelare di Roma, ed il fuoco sacro che voleva fosseconservato con tanta cura da vergini era in onore del Salamandro suo amante. Oltre aZoroastro, dal loro amore nacque una fanciulla di rara beltà e di estrema saggezza; era la divina

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Egeria, dalla quale Numa Pompilio ricevette tutte le leggi. Ella obbligò Numa, che amava, a farerigere un tempio a sua madre Vesta, dove si sarebbe conservato il fuoco sacro in onore di suopadre Oromasi. Ecco la verità della favola che i poeti e gli storici hanno raccontato sulla ninfaEgeria. Guillaime Postel (il meno ignorante di tutti coloro che hanno studiato la cabbala sui libriordinari) ha saputo che Vesta era moglie di Noè, ma ha ignorato che Egeria era figlia di Vesta,e, non avendo letto i libri secreti dell'antica cabbala, di cui il principe della Miranda acquistò unesemplare ad un prezzo tanto alto, ha confuso le cose, ed ha creduto soltanto che Egeria fosseil buon genio della moglie di Noè. Noi sappiamo, da questi libri, che Egeria fu concepitasull'acqua quando Noè errava sui flutti vendicatori che avevano inondato l'Universo: le donneerano allora ridotte al piccolo numero di quelle che si erano salvate nell'Arca cabalistica che ilsecondo padre del mondo aveva costruito; quel grand'uomo, soffrendo nel vedere il castigospaventevole con cui Dio aveva punito i crimini causati dall'amore che Adamo aveva provatoper la sua Eva, vedendo che Adamo aveva perduto la sua discendenza preferendo Eva allefiglie degli elementi, sottraendola a quello dei Salamandri o dei Silfi che aveva saputo farsiamare da lei, Noè, dicevo, divenuto saggio dopo l'esempio funesto di Adamo, consenti cheVesta, sua moglie, si concedesse al Salamandro Oromasi, principe delle sostanze ignee, epersuase i suoi altri tre figli a cedere le loro tre mogli ai principi degli altri tre elementi. In pocotempo, l'universo fu ripopolato di uomini eroici, cosi sapienti, cosi belli, cosi ammirevoli, che iloro discendenti, abbagliati dalle loro virtù, li presero per divinità. Uno dei figli di Noè, ribelle alconsiglio di suo padre, non potè resistere alle attrattive della sua donna, cosi come Adamo alfascino della sua Eva; però, come il peccato di Adamo aveva annerito tutte le anime dei suoidiscendenti, la scarsa compiacenza che Cham ebbe per le Silfidi marchiò tutta la sua neradiscendenza. Da questo deriva (dicono i nostri cabalisti) l'orribile colore degli Etiopi e di tutti queilaidi popoli ai quali è comandato di vivere sotto la zona torrida, per punizione dell'ardore profanodel loro padre».«Ecco dei particolari ben curiosi, signore - dissi, meravigliandomi per il vaneggiamento diquell'uomo - la vostra cabbala serve meravigliosamente per chiarire l'Antichità ». «Meravigliosamente - egli rispose con serietà - e, senza di essa, Scrittura, storia, favola e naturasono oscure ed incomprensibili. Voi credete, per esempio, che l'offesa che Cham fece a suopadre sia quella che sembra alla lettera: in verità, è ben altro! Noè, essendo uscito dall'arca edavendo visto che Vesta, sua moglie, diventava sempre più bella per il rapporto che aveva con ilsuo amante Oromasi, ricominciò a provare passione per lei. Cham, temendo che suo padreripopolasse la terra di figli neri come gli Etiopi, aspettò il momento buono, un giorno che il buonvecchio era completamente ubriaco, e lo castrò senza misericordia. Voi ridete? ». «Rido - glidissi - dello zelo indiscreto di Cham ». «Bisogna, piuttosto, ammirare - ribattè il conte -l'onestà diOromasi, al quale la gelosia non impedi di avere compassione della disgrazia del rivale. Egliinsegnò al figlio Zoroastro, altrimenti chiamato Japhet, il potentissimo nome del Dio, cheesprime la sua fecondità eterna: Japhet pronunciò sei volte, alternandosi al fratello Sem, ecamminando all'indietro verso il Patriarca, il temibile nome Jabamiah, e cosi rigenerarono ilvecchio nella sua completezza. Questa storia, male intesa, ha fatto dire ai Greci che il piùvecchio degli dei era stato castrato da uno dei suoi figli: ma questa è la verità. Da qui potetevedere come la morale dei popoli del fuoco sia più umana della nostra, ed anche più di quelladei popoli dell'aria o dell'acqua: infatti, la gelosia di questi è crudele, come ci ha dimostrato ildivino Paracelso in un episodio che racconta, e che fu veduto da tutta la città di Staufenberg. UnFilosofo, con il quale una Ninfa era entrata in commercio d'immortalità, fu tanto disonesto daamare una donna; una volta che pranzava con la sua nuova amante ed alcuni dei suoi amici, sivide nell'aria la più bella coscia del mondo; l'amante invisibile aveva voluto farla vedere agliamici dell'infedele, affinché giudicassero quanto torto aveva a preferirle una donna. Dopo diche, la Ninfa, indignata, lo fece morire all'istante ». « Ah, signore! - esclamai - questo potrebbeallontanarmi dn amanti cosi delicate ». « Confesso - replicò - che la loro delicatezza è un po'violenta. Però, come si sono vedute, fra le nostre donne, amanti adirate uccidere i loro amantispergiuri, non ci si deve stupire che tali amanti, cosi belle e cosi fedeli, vadano in collera sevengono tradite; tanto più che esse non esigono dagli uomini altro che rinuncino alle donne,delle quali non possono sopportare i difetti, e ci permettono di amarne, fra loro, quante nevogliamo. Esse antepongono l'interesse e l'immortalità delle loro compagne alla soddisfazione

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individuale, e sono ben liete che i Saggi diano alla loro repubblica tanti figli immortali quanti nepossono dare ». «Ma infine, signore - ripresi - come mai vi sono tanto pochi esempi di tutto ciòche mi dite? ». «Ce n'è un gran numero, figlio mio - prosegui lui - ma non vi si riflette, o non vi simette per niente fede, o infine, li si spiega male, perché non si conoscono i nostri principi. Siattribuisce ai demoni tutto ciò che dovrebbe essere attribuito agli abitanti degli elementi. Unpiccolo gnomo si fa amare dalla celebre Maddalena della Croce, badessa di un monastero diCordoba, in Ispagna; ella lo rende felice dall'età di dodici anni, ed il loro rapporto continua pertrent'anni. Un direttore ignorante persuade Maddalena che il suo amante è un diavoletto, e laobbliga a chiedere l'assoluzione al papa Paolo IlI. Tuttavia, è impossibile che si trattasse di undemonio; tutta l'Europa, infatti, ha saputo, e Cassiodoro Remo ha voluto tramandarlo allaposterità, il miracolo che avveniva ogni giorno in nome della santa giovane, cosa chechiaramente non sarebbe successa se il suo rapporto con lo Gnomo fosse stato cosi diabolicocome pensava il venerabile direttore. Questo dottore avrebbe osato dire, se non erro, che il Silfoche si era immortalato con la giovane Geltrude, religiosa del monastero di Nazareth nelladiocesi di Colonia, era un diavolo ». «Certamente - gli dissi - e lo credo anch'io ». «Ah! figlio mio- continuò ridendo il conte - se cosi fosse, il diavolo non sarebbe tanto sfortunato, a poter avererapporti galanti con una fanciulla di tredici anni, e scriverle i biglietti amorosi che furono trovatinella sua cassetta. Credete, figlio mio, credete che il demonio, nella regione della morte, hadelle occupazioni più tristi e più consone all'odio che il Dio della purezza ha per lui, ma è cosiche si chiudono volontariamente gli occhi. Per esempio, in Tito Livio si legge che Romolo erafiglio di Marte; gli spiriti forti dicono: È una favola; i teologi: È figlio di un diavolo incubo; i burloni:La signorina Silvia aveva perduto la verginità, e volle coprire la vergogna dicendo che era un dioche gliel'aveva carpita. Noi, che conosciamo la Natura, e che Dio ha chiamato dalle tenebre allasua meravigliosa luce, sappiamo che il cosiddetto Marte era un Salamandro che, invaghito dellagiovane Silvia, la rese madre del grande Romolo, l'eroe che, dopo aver fondata la sua superbacittà, fu rapito da suo padre su di un carro fiammeggiante, come avvenne per Zoroastro peropera di Oromasi. Un altro Salamandro fu padre di Servio Tullio; Tito Livio, ingannato dallasomiglianza, dice che fu il dio del fuoco, e gli ignoranti hanno fatto lo stesso ragionamento cheper il padre di Romolo. Il famoso Ercole e l'invincibile Alessandro erano figli del più grande deiSilfi. Gli storici, non sapendo questo, hanno detto che suo padre era Giove: ed hanno detto laverità, perché, come avete sentito, Silfi, Ninfe e Salamandre si erano eretti a divinità, e glistorici, credendoli tali, chiamavano figli di Dio tutti coloro che nascevano da essi. Cosi fu per ildivino Platone, l'ancor più divino Apollonio di Tiana, Ercole, Achille, Sarpedonte, il pio Enea, ilfamoso Melchisedech: sapete chi fu il padre di Melchisedech? ». «Veramente no - gli risposi -perchè san Paolo non lo sapeva ». «Dite che non lo diceva, - ribattè il conte - e che non gli erapermesso rivelare i misteri cabalistici. Egli sapeva bene che il padre di Melchisedech era Silfo, eche il re di Salem era stato concepito nell'Arca dalla moglie di Sem. Il modo di sacrificare diquesto pontefice era lo stesso che sua cugina Egeria insegnò al re Numa, come purel'adorazione di una divinità sovrana senza immagine e senza statua: per questo i Romani,diventati idolatri, qualche tempo dopo bruciarono i santi libri di Numa, che aveva dettato Egeria.Il primo dio dei Romani era il vero Dio, il loro sacrificio era quello vero: essi offrivano del pane edel vino al Sovrano Maestro del Mondo, ma tutto questo, in seguito, si perverti. Dio, tuttavia, inricompensa di quel culto primitivo, non mancò di dare a questa città, che aveva perduto la suasovranità, l'impero dell'universo». Io lo interruppi: «Ve ne prego, signore, lasciamo stareMelchisedech, il Silfo che lo generò, sua cugina Egeria ed il sacrificio del Pane e del Vino.Queste prove mi sembrano un po' vecchie, e vi sarei molto grato se mi raccontaste notizie piùfresche, perché ho sentito un dottore, al quale era stato chiesto quali fossero i compagni diquella specie di satiro che era apparso a sant'Antonio e che voi avete chiamato Silfo, dire che alpresente quelle genti sono morte. Ed i popoli elementari potrebbero bene essere periti, dato chevoi li dichiarate mortali, e non ne abbiamo alcuna notizia». « Io prego Dio - ribatté agitato ilconte - prego Dio che nulla ignora di ignorare quell'ignorante che dichiara con tanta decisioneuna cosa che non sa. Dio confonda lui e tutti quelli simili a lui. Da dove ha saputo che glielementi sono deserti e che tutti quei popoli meravigliosi sono annientati? Se volesse darsi lapena di leggere un poco le storie e di non attribuire al diavolo, come fanno le donnette, tuttoquello che oltrepassa la chimerica teoria che si è fatto sulla natura, troverebbe in tutti i tempi ed

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in tutti i luoghi delle prove di quanto vi ho detto. Che cosa direbbe il vostro dottore di questastoria autentica arrivata da poco in Ispagna? Una bella Silfìde si fece amare da uno Spagnolo,visse tre anni con lui, ne ebbe tre bei figli e poi morl. Si dirà che era un diavolo? Ah, che rispostasaggia! Secondo quale fisica il diavolo può costruirsi un corpo di donna, concepire, generare,allattare? Quale prova c'è nella Scrittura di tale stravagante potere, che i vostri teologi sonoobbligati, in tale circostanza, ad attribuire al demonio? E quale ragione verosimile può lorofornire la loro debole fisica? Il gesuita Delrio, siccome è in buona fede, racconta ingenuamentemolti di questi episodi e, senza intricarsi in ragioni fisiche, si leva dagli impicci dicendo chequelle Silfìdi erano demoni; è proprio vero che i vostri dottori più grandi assai spesso non nesanno più delle donnicciole! Tanto è vero che Dio ama ritirarsi nel suo trono nebuloso ed,addensando le tenebre che circondano la sua Maestà terribile, abita in una luce inaccessibile enon lascia vedere le sue verità che agli umili di cuore. Imparate ad essere umile, figlio mio, sevolete penetrare le sacre tenebre che circondano la verità. Imparate dai Saggi a non attribuire aidemoni alcun potere sulla Natura, da quando la pietra fatale li ha racchiusi nelle cloache degliabissi. Imparate dai Filosofi a cercare sempre le cause naturali in tutti gli avvenimentistraordinari; e quando le cause naturali mancano, ricorrete a Dio ed ai suoi santi angeli e mai aidemoni che non possono più nulla, se non soffrire; altrimenti, bestemmiereste spesso senzaaccorgervene, ed attribuireste al diavolo l'onore delle più meravigliose opere della Natura.Quando vi si dirà, per esempio, che il divino Apollonio di Tiana fu concepito senza concorso diuomo, e che uno dei Salamandri più alti scese per immortalarsi con sua madre, direste che quelSalamandro era un demonio, ed attribuireste al diavolo la gloria della generazione di uno dei piùgrandi uomini che siano nati dai nostri matrimoni filosofici? ». « Ma signore, - lo interruppi -quell'Apollonio fra noi è considerato un grande stregone, e questo è tutto il bene che se nedice». «Ecco - riprese il conte - uno dei più evidenti effetti dell'ignoranza e della cattivaeducazione. Infatti, come si sente fare dalla nutrice con i racconti di streghe, tutto ciò che distraordinario avviene non può avere per autore che il diavolo. Hanno un bel dire i massimidottori: non saranno creduti se non parlano come le nostre nutrici. Apollonio non è nato da unuomo; comprende il linguaggio degli uccelli; è stato veduto nello stesso giorno in diverse localitàdel mondo; scompare alla presenza dell'imperatore Domiziano che vuole maltrattarlo; resuscitauna fanciulla per virtù dell'Onomanzia; ad Efeso, in una assemblea di tutta l'Asia, dice che inquello stesso momento, a Roma, viene ucciso il tiranno. Bisogna dare un giudizio suquest'uomo: la nutrice asserisce: «È uno stregone ». San Gerolamo e san Giustino Martiredicono che non si tratta che di un grande Filosofo? Gerolamo, Giustino e i nostri cabalisti sonodei visionari, e la donnicciola l'avrà vinta. Ah! perisca l'ignorante nella sua ignoranza, ma voi,figlio mio, salvatevi dal naufragio! Quando leggerete che il celebre Merlino nacque, senza operad'uomo, da una religiosa, figlia del re della Gran Bretagna, e che prediceva l'avvenire piùchiaramente di un Tiresia, non dite, col popolo, che era figlio di un demonio incubo, poiché nonce ne sono mai stati, né che profetizzava per arte dei demoni, poiché il demonio è la piùignorante di tutte le creature, secondo la sacra cabbala. Dite invece, con i Saggi, che laprincipessa inglese fu consolata nella sua solitudine da un Sil£o che ebbe compassione di lei,che si preoccupò di distrarla, che seppe piacerle, e che i! loro figlio Merlino fu educato in tutte lescienze dal Silfo e che questi gli insegnò a fare tutte le meraviglie che la storia d'Inghilterraracconta. Non fate più ai conti di Clèves l'offesa di dire che il diavolo è il loro padre, ed abbiatemigliore opinione del Silfo che giunse a Clèves su di un naviglio miracoloso, trainato da uncigno, che vi era attaccato con una catena d'argento. Il Silfo, dopo avere avuto molti figlidall'erede di Clèves, riparti un giorno, in pieno mezzodi, alla vista di tutti, sulla sua nave aerea.Che cosa ha fatto ai vostri dottori, per obbligarli a giudicarlo un demonio? Ma avreste assaipoco riguardo per l'onore della casata di Lusignano? Ed attribuireste ai vostri conti di Poitiersuna genealogia diabolica? Che cosa direte della loro celebre madre? ». «Signore-lo interruppi -credo che stiate per raccontarmi la favola di Melusina ». «Ah! se mi negate la storia di Melusina- ribattè - ve la dò vinta; ma, se la negate, bisognerà bruciare i libri del grande Paracelso che, incinque o sei passi diversi sostiene che nulla è più certo che quella Melusina era una Ninfa; ebisognerà smentire i vostri storici che dicono che, dopo la sua morte, o, per meglio dire, dopoche scomparve agli occhi di suo marito, non ha mai mancato, ogni volta che i suoi discendentierano minacciati da qualche disgrazia o che qualche re di Francia doveva morire in maniera

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eccezionale, di apparire in lutto sulla grande torre del castello di Lusignano che aveva fattoerigere. Voi sarete in discordia con tutti i discendenti della Ninfa o con i parenti della suaCasata, se vi ostinerete a sostenere che essa è stata un diavolo ». «Credete, signore - gli dissi -che quei nobili preferiscano avere origine dai Silfi? ». «Lo preferirebbero certamente - replicò -se sapessero quello che vi sto insegnando, e considererebbero un grande onore queste nascitestraordinarie. Se avessero qualche concetto di cabbala, si renderebbero conto che, essendoquesta forma di generazione più conforme a quella secondo la quale, al principio, Dio intendevache i! mondo si popolasse, i figli che ne nascono sono più fortunati, più valenti, più saggi, piùfamosi e più benedetti da Dio. Per quegli uomini illustri, non è più glorioso discendere dacreature tanto perfette, sagge e potenti, piuttosto che da qualche sporco diavoletto o da qualcheinfame Asmodeo?». «Signore, - gli dissi - i nostri teologi non asseriranno mai che il diavolo sia ilpadre di tutti gli uomini che nascono senza che si sappia chi li mette al mondo. Essi sanno che i!diavolo è uno spirito, e quindi non può generare ». «Gregorio di Nicea, - ribattè il conte - nondice cosl, dato che ritiene che i demoni si moltiplichino tra di loro, come gli uoniini ». « Noi nonsiamo di questo avviso - replicai - ma i dottori dicono che succede che... ». «Ah! - mi interruppeil conte - non dite ciò che dicono, altrimenti direste, come loro, una sudiceria molto sporca emolto disonesta. Quale abbominevole scusa hanno trovato? È stupefacente come tutti,unanimemente, abbiamo accettato questa porcheria, e come abbiamo preso piacere a fareappostare in agguato dei folletti per approfittare dell'oziosa bestialità dei Solitari, e da quimettere prontamente al mondo uomini prodigiosi, dei quali sporcano l'illustre memoria con unaorigine tanto indegna! Chiamano questo filosofare? È degno di Dio, dire che abbia questacompiacenza per il demonio, si da favorire queste cose abominevoli, da accordare loro la graziadella fecondità che ha rifiutato a grandi santi, e da ricompensare queste porcherie creando perquesti embrioni di iniquità delle anime più eroiche che per quelli che si sono formati nella castitàdi un matrimonio legittimo? È degno della religione dire, come fanno i vostri dottori, che ildemonio può, con questo detestabile espediente, mettere incinta una vergine durante il sonno,senza danneggiare la sua verginità: cosa tanto assurda come la storia che Tommaso d'Aquino(per altro, autore assai valido e che sapeva un poco di cabala) si lascia andare a raccontare nelsesto Quodlibet, di una fanciulla, coricatasi con suo padre, alla quale dice sia capitata la stessacosa che alcuni rabbini eretici dicono sia successa alla figlia di Geremia, che secondo loro,concepì il grande cabalista Bensyrah essendo entrata nel bagno dopo il profeta. Io giurerei chequesta impertinenza è stata inventata da qualche... ». «Signore - dissi - se osassi interromperela vostra enfasi, vi confesserei, per tranquilizzarvi, che sarebbe desiderabile che i nostri dottoriavessero inventato qualche soluzione che offendesse meno le orecchie pure come le vostre.Oppure, avrebbero dovuto negare completamente i fatti sui quali si basa la questione ».«Bell'espediente! - ribattè il conte -. Che mezzo, negare cose vere? Mettetevi al posto di unteologo con la pelliccia d'ermellino, e supponete che il beato Danuzero venga da voi comeall'oracolo della sua religione... ».A questo punto, un servitore mi venne a dire che un giovane signore era venuto a trovarmi. «Non voglio che mi veda» disse il conte. «Vi chiedo perdono, signore - gli risposi - ma, dal nomedi questo signore, voi capite che non posso fargli dire che non mi si può vedere: abbiate quindila compiacenza di entrare in quello studio». «Non vale la pena - disse lui - mi renderò invisibile». «Ah, signore! - gridai - per piacere, bando alle diavolerie! Non mi piacciono scherzi su questoargomento! ». «Che ignoranza - disse il conte ridendo e stringendosi nelle spalle -non sapereche per essere invisibile basta mettere davanti a sé la parte posteriore della lampada! ».Entrò nel mio studio, e quasi contemporaneamente il giovane signore entrò nella stanza; glichiesi scusa e non gli parlai della mia avventura.

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Quinta Conversazione

La "Quinta Conversazione" è, come le altre, di facile lettura e scritta con il solito tono ironico. Apossibili interpretazioni allegoriche o simboliche del testo si è già accennato nelle precedentiintroduzioni. Rimane da inquadrare (o da cominciare a inquadrare) il testo storicamente,nell'ambito dell'ermetismo. Al paragone tra "Il Conte di Gabalis" di Montfaucon de Villars e "LaChiave del Gabinetto" del Borri accenneremo nel seguito. Per ora, faremo presente che le fontitradizionali più immediate di tali opere sono probabilmente gli insegnamenti di Paracelso. Nei suoi "Scritti Alchemici e Magici" gli elementari sono definiti come "gli esseri che sono leggericome gli spiriti e che generano come l’uomo...volano come gli spiriti.....evacuano, bevono,hanno carne e ossa alla maniera degli uomini. L’uomo ha un’ anima, lo spirito non ne habisogno ; le creature in questione non hanno affatto un’anima e tuttavia non sono simili aglispiriti : questi non muoiono, quelli muoiono....Sono l’immagine grossolana dell’uomo comel’uomo è l’immagine grossolana di Dio". Paracelso aggiunge che: "...questi esseri potrebberoavere rapporti carnali con gli uomini e averne figli. Questi bambini sono di razza umana perché ilpadre, essendo uomo e discendendo d’Adamo, gli dona un’anima che li rende simili a lui edeterni. E credo che la femmina che riceve quest’anima con il seme è come la donna, riscattatadal Cristo. Noi non giungiamo al regno divino se non in quanto comunichiamo con Dio.Ugualmente, questa femmina non acquisisce un anima fintanto che non conosce un uomo ... ecco dunque ancora una ragione dell’apparizione di questi esseri : cercano il nostro amore perelevarsi, come i pagani ricercano il battesimo per acquisire un’anima e rinascere con il Cristo". Ma come si inquadra la conoscenza del mondo elementare nel complesso più ampio dell'operaermetica? Nel Mondo Magico de gli Heroi (1605), che venne tradotto da Evola, l'autoreCesare Della Riviera dice: "Finalmente nel nostro Mondo magico non solo si manifestano lespecie corporee, ma si rendono visibili anche quelle incorporee. Il detto mondo viene formatodall’eroe secondo l’ordine che segue. Dalla materia prima, vale a dire dalla prima terra magica,egli trae con mirabile artificio spagirico e con sottile arte pironomica tutte le specie elementari ecorruttibili : il Mondo elementare. Da questo vengon poi tratte con esattissima diligenza lespecie celesti e incorruttibili ... formate tutte le specie elementari e celesti si viene per ultimoalla formazione delle altre, interamente perfette, che, ... posson dirsi specie intellettuali e mentimagiche disciolte". Kremmerz si esprimerà in modo assai simile nelle sue Risposte ad unAspirante Ermetista: "L’ermetismo si presta a tutte le applicazioni: nel mondo della materia allatrasformazione dei metalli cioè di tutti i corpi bruti o di anima rudimentale nell’oro o metallonobilissimo - e quindi a far danaro, la febbre del presente e dei passati secoli. Nel mondo delleanime a trovare il magnete che attira gli spiriti di tutte le gerarchie della natura visibile edinvisibile e li aggiorna o li rende propizi. Nel mondo dell’intelligenza pura trasforma lafiamma-vita nella scintilla-essenza o iod del tetragramma gabalista (sic)". Si può dunquecomprendere perchè Raimondo De Sangro e altri ermetisti italiani hanno dato importanza aquesta operetta fintamente satirica.

Quando il signore importante fu uscito, tornando dall'averlo accompagnato trovai il conte diGabalis nella mia stanza. «È un vero peccato - mi disse - che il signore che vi ha appenalasciato diventi un giorno uno dei settantadue principi del Sinedrio della nuova legge; senzaquesto, infatti, sarebbe un ottimo soggetto per la santa causa: ha lo spirito profondo, puro,sublime e ardimentoso; ecco qui una figura geomantica che ho appena tracciato per lui, mentreconversavate; non ho mai veduto punti più fortunati e che indicassero un'anima tanto bella:guardate questa Madre, che generosità gli conferisce. Questa Figlia gli procurerà la porpora; iovoglio male a lei ed alla fortuna, perché sottraggono alla Filosofia una persona che, forse,supererebbe voi. Ma dove eravamo quando è arrivato? ». «Voi mi parlavate, signore - dissi - diun beato che non ho mai veduto nel calendario romano: mi pare che lo abbiate chiamatoDanuzero ». «Ah, mi ricordo! - riprese - vi dicevo di mettervi nei panni di uno dei vostri dottori e

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di supporre che il beato Danuzero venga ad aprirvi la coscienza e vi dica: "SIGNORE, io vengoda oltre monti, per la fama della vostra scienza: ho un piccolo scrupolo che mi tormenta. In unamontagna d'Italia, vi è una Ninfa che tiene là la sua corte: la servono mille Ninfe, quasi bellecome lei: uomini molto belli, molto sapienti e persone molto oneste vanno là da tutta la terraabitabile; amano quelle Ninfe e sono amati da esse; vi conducono la vita più dolce del mondo;hanno bellissimi figli da quella che amano; adorano il Dio vivente; non fanno male ad alcuno;sperano nell'immortalità. Un giorno, io passeggiavo su questa montagna: piacqui alla NinfaRegina, che si rese visibile e mi mostrò la sua affascinante corte. I Saggi, che si sono resi contoche ella mi ama, mi rispettano quasi come loro Principe, e mi esortano a lasciarmi attrarre daisospiri e dalla bellezza della Ninfa; ella mi parla della sua sofferenza, e non tralascia nulla pertoccarmi il cuore, ed infine mi avverte che morirà se io non la voglio amare, e che, se l'amerò,mi sarà debitrice della sua immortalità. I ragionamenti di quei sapienti hanno convinto il miospirito, e le attrattive della Ninfa mi hanno preso il cuore; io l'amo, e ne ho figli di belle speranze;però, in mezzo alla mia fedeltà, talvolta sono scosso dal pensiero che la Chiesa Romana, forse,non approva molto tutto questo. Signore, vengo da voi per chiedervi che cosa sono questaNinfa, questi Saggi, questi figli, ed in quale stato sia la mia coscienza". Via, signor dottore, checosa rispondereste al signor Danuzero? ». « Gli direi - risposi "Con tutto il rispetto che vi devo,signor Danuzero, siete un po' fanatico, oppure la vostra visione è un incantesimo; i vostri figli ela vostra amante sono diavoli, i vostri Saggi sono dei pazzi, e ritengo che la vostra coscienza siamolto cauterizzata" ». «Con questa risposta, figlio mio, potreste meritare il berretto da dottore,ma non meritereste di essere accettato tra noi - rispose il conte con un profondo sospiro -. Eccola barbara disposizione in cui sono tutti i dottori di oggidì. Un povero Silfo non potrebbemostrarsi senza essere subito preso per un diavolo; una Ninfa non può cercare di diventareimmortale senza essere considerata un fantasma impuro, ed un Salamandro non si azzarda acomparire per paura di essere preso per un diavolo, e che le pure fiamme che lo costituisconosiano scambiate per il fuoco infernale che lo accompagna dappertutto. Per dissipare questecongetture tanto ingiuriose, hanno un bel farsi il segno della croce quando appaiono,genuflettersi davanti ai nomi divini, ed anche pronunciarli con reverenza; tutte questeprecauzioni sono vane: non riescono a far sì che non li si reputi nemici del Dio che adorano piùreligiosamente di coloro che li fuggono ». «Ma davvero, Signore, - gli chiesi credete che questiSilfi siano creature tanto devote? ». « Devotissime - rispose - e molto zelanti verso la divinità.Gli eccellenti discorsi che ci fanno sull'Essenza divina e le loro meravigliose preghiere ciedificano grandemente». «Hanno anche delle preghiere? Mi piacerebbe - dissi - vederne unafatta da loro». «È facile soddisfarvi - rispose - e, per non riferirvene una sospetta e che possiatedubitare sia stata composta da me, ascoltate quella che il Salamandro che rispondeva neltempio di Delfi volle insegnare ai pagani, e che Porfirio riporta. Contiene una teologia sublime, eda essa vedrete che non si doveva a quelle sagge creature che il mondo non adorasse il veroDio.

Orazione delle Salamandre

Immortale, Eterno, Ineffabile e Sacro Padre di tutte le cose, che sei trasportato sul Carroperennemente rotante dei Mondi che sempre girano. Dominatore delle Campagne eteree, doveè innalzato il trono della tua Potenza, dall'alto del quale i tuoi occhi terribili tutto scorgono, e letue belle e sante orecchie tutto ascoltano, esaudisci i tuoi figli, che ami dal principio dei secoliperché la tua dorata, grande ed eterna Maestà riplende al di sopra del mondo e del. cielo dellestelle tu ti innalzi su di esse, o fuoco risplendente.Là ti illumini ed intrattieni te stesso con il tuo stesso splendore e dalla tua Essenza esconoinesauribili ruscelli di luce che nutrono il tuo Spirito infinito. Questo Spirito infinito produce tutto ecrea quel tesoro inestinguibile di materia, che non può mancare alla generazione che sempre locirconda a causa delle innumerevoli forme delle quali è incinta, e delle quali tu l'hai colmata alprincipio. Da questo spirito traggono la loro origine anche quei re santissimi che stanno erettiintorno al tuo Trono, che compongono il tuo Cuore, o Padre universale! O Unico! Padre deibeati mortali ed immortali! Tu hai creato, specialmente, delle Potenze che sonomeravigliosamente simili al tuo Pensiero eterno, ed alla tua Essenza adorabile. Tu le hai

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dichiarate superiori agli angeli che annunciano al mondo le tue volontà. Infine, tu hai creato pernoi una terza specie di sovrani negli Elementi. La nostra occupazione costante è lodarti eadorare i tuoi desideri. Noi bruciamo dal desiderio di possederti, o Padre, o Madre, la più teneradelle Madri! O Modello ammirevole dei sentimenti e della tenerezza delle Madri! O Figlio, fiore ditutti i Figli! O Forma di tutte le Forme! Anima, Spirito, Armonia e Numero di tutte le cose!

Che mi dite di questa orazione delle Salamandre? Non è forse sapientissima, elevatissima edassai devota? «Ed anche assai oscura - risposi -. Io l'avevo sentita parafrasare da unpredicatore che se ne serviva per provare che il diavolo, tra gli altri difetti che ha, è soprattuttoun grande ipocrita ». «Ma bene! - esclamò il conte -. Che risorse avete dunque, poveri popolielementari? Dite cose meravigliose sulla natura di Dio, del Padre e del Figlio, dello SpiritoSanto, delle intelligenze assistenti, degli angeli, dei cieli. Fate preghiere mirabili, le insegnateagli uomini, e alla fine non siete che diavoli ipocriti! ». «Signore - lo interruppi - non mi fatepiacere ad apostrofare cosi quelle genti ». «Beh, figlio mio, - riprese - non abbiate paura che iole chiami, ma che la vostra debolezza vi impedisca almeno di stupirvi in avvenire, per il fatto chenon vedete tutti gli esempi che vorreste della loro alleanza con gli uomini. Via! Dov'è la donna acui i vostri dottori non abbiano guastato l'immaginazione, che non guardi con orrore queirapporti e che non tremi alla vista di un Silfo? Dov'è l'uomo che non rifugga dal vederle, se sipicca un po' di essere uomo dabbene? Troviamo forse, se non rarissimamente, un gentiluomoche voglia familiarizzare con loro? E non vi sono altro che dei debosciati, o degli avari, o degliambiziosi, o dei bricconi che ricercano quest'onore, che, tuttavia, non avranno mai (grazieaDio), perché il timor di Dio è il principio della sapienza». «Che cosa diventano dunque - glichiesi - tutti questi popoli volanti, ora che le persone dabbene sono cosi preoccupate contro diloro?». «Ah, il braccio di Dio - disse lui - non si è accorciato, ed il demonio non ricava tutto ilvantaggio che sperava dall'ignoranza e dalla falsità che ha diffuso a danno loro: infatti, oltre alfatto che i Filosofi, che sono in gran numero, vi rimediano più che possono col rinunciarecompletamente alle donne, Dio ha permesso a tutti questi popoli di usare tutti gli innocentiespedienti dei quali possono servirsi per conversare con gli uomini a loro insaputa». «Che midite mai, signore?» esclamai. «Vi dico la verità - proseguì -. Credete che un cane possa averefigli da una donna? ». «No» risposi. «Ed una scimmia? » aggiunse. «Neppure» replicai. « Ed unorso? » continuò. «Né cane, né orso, né scimmia - gli dissi - questo è, senza dubbio,impossibile, contro la Natura, contro la ragione ed il senso comune». «Benissimo - disse - ma ire dei Goti, non sono forse nati da un orso e da una principessa svedese?». «È vero - risposi -la storia dice così». «Ed i Pegusei, ed i Sionesi delle Indie - continuò lui - non sono nati da uncane e da una donna?». «Ho letto anche questo» gli dissi. «E quella donna portoghese -proseguì - che, esposta in un'isola deserta, ebbe figli da un grande scimmiotto?». «I nostriteologi - dissi - rispondono a questo dicendo che il Diavolo, prendendo l'aspetto di quellebestie...». «Voi - mi interruppe il conte - state per citarmi le sporche fantasie dei vostri Autori.Ma capite, una volta per tutte, che i SiIfi, vedendo che li si prende per demoni quando sipresentino in forma umana, per sminuire l'avversione che si ha per loro, prendono l'aspetto dianimali, e si adattano così alla bizzarra debolezza delle donne che avrebbero orrore di un belSilfo e non ne hanno per un cane o per uno scimmione. Potrei raccontarvi molte storielle su queipiccoli cani di Bologna con pulzelle di vari luoghi, ma voglio invece rivelarvi un secreto piùgrande. Sappiate, figlio mio, che c'è chi crede di essere figlio di un uomo, ed è figlio di un Silfo;c'è chi crede di essere con sua moglie, e senza saperlo immortala una ninfa; una donna crededi abbracciare il marito, e tiene tra le braccia un Salamandro; e una fanciulla, al risveglio,giurerebbe che è vergine, mentre, durante il sonno, ha avuto un onore di cui non sa nulla. Cosìil demonio e gli ignoranti sono ingannati ugualmente». «Come? - dissi io - il demonio nonsaprebbe svegliare la ragazza addormentata, per impedire al Salamandro di diventareimmortale?». «Potrebbe - replicò il conte - se i Saggi non provvedessero: ma noi insegniamo atutti quei popoli il mezzo per vincolare i demoni ed opporsi ai loro sforzi. Non vi ho detto, l'altrogiorno, che i SiIfi e gli altri signori degli elementi sono felicissimi ch,e vogliamo insegnare loro laCabbala? Senza di noi, il Diavolo, loro grande nemico, li tormenterebbe molto, ed essiavrebbero molte difficoltà ad immortalarsi all'insaputa delle fanciulle». «Mi meraviglio molto -ribattei - della profonda ignoranza in cui viviamo. Si crede che le potenze dell'aria qualche volta

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aiutino gli amanti ad ottenere quello che desiderano, mentre le cose vanno in tutt'altro modo: lepotenze dell'aria hanno bisogno che gli uomini le aiutino nei loro amori». «L'avete detto, figliomio - riprese il conte - il Saggio dà aiuto a questi poveri popoli, che senza di lui sarebberotroppo sfortunati e troppo deboli per poter resistere al diavolo: ma così, quando un Silfo imparada noi a pronunciare cabalisticamente il potente nome NEHMAHMIHAH, ed a combinarlogiustamente con il dolcissimo nome ELIAEL, tutte le poterize delle tenebre prendono la fuga, edil Silfo può godere tranquillamente di chi lo ama. Così fu immortalato quell'ingegnoso Silfo cheprese l'aspetto dell'amante di una damigella di Siviglia: la storia è nota. La giovane spagnola erabella, ma, quanto bella, crudele. Un cavaliere castigliano, che l'amava inutilmente, decise, unmattino, di partire senza dire nulla, e di andare viaggiando finché non fosse guarito dalla suainutile passione. Un Silfo, trovando la bella di suo gusto, decise di divertirsi un po', e si armò ditutto ciò che uno dei nostri gli aveva insegnato per difendersi dagli ostacoli che il diavolo,invidioso della sua fortuna, avrebbe potuto opporgli. Va a trovare la fanciulla sotto l'aspettodell'amante lontano, si lamenta, sospira, viene respinto. Insiste, sollecita, persevera: dopo moltimesi fa breccia, si fa amare, persuade, ed infine viene accontentato. Dal loro amore nasce unfiglio, la cui nascita è segreta ed ignorata dai parenti per la scaltrezza dell'amante aereo.L'amore continua, e viene benedetto da una seconda gravidanza. Frattanto il cavaliere, guaritodalla lontananza, fa ritorno a Siviglia ed, impaziente di rivedere la sua crudele, va in tutta fretta adirle che finalmente è in condizione di non dispiacerle, e che viene ad annunciarle che nonl'ama più. Figuratevi, di grazia, lo stupore della fanciulla, la sua risposta, i suoi pianti, i suoirimbrotti, e tutto il loro incredibile dialogo. Ella gli ricorda che lo ha accontentato: egli lo nega;che il loro figlio è nel tale posto, e che lui è padre di un altro che porta in grembo. Egli si ostina anegare. Ella si dispera, si strappa i capelli, alle sue grida accorrono i genitori, l'amante continua isuoi lamenti e le sue invettive; si verifica che il gentiluomo è stato assente per due anni; si cercail primo figlio, lo si trova, ed a suo tempo nasce il secondo». «E l'amante aereo - interruppi - cheparte ebbe durante tutto questo? ». Vedo bene - rispose il conte - che trovate crudele che egliabbia abbandonato la sua amante alla severità dei genitori, od al furore degli inquisitori: maaveva una ragione per lagnarsi di lei. Infatti, non era molto devota: quando quei signori si sonoresi immortali, si danno seriamente da fare e vivono molto santamente per non perdere il dirittoal possesso del bene supremo, che hanno appena acquisito. Così, vogliono che la persona allaquale si sono legati viva secondo una innocenza esemplare, come si vede nel celebre caso diun giovane signore della Baviera. Egli era inconsolabile per la morte della moglie, che amavaappassionatamente. Uno dei nostri Saggi consigliò una Silfide di prendere l'aspetto della donna:ella lo fece e si presentò al giovane afflitto, dicendo che Dio l'aveva resuscitata per consolarlodel suo enorme dolore. Vissero insieme molti anni, ed ebbero dei figli molto belli. Ma il giovanenon era abbastanza per bene per poter tenere accanto a sé la saggia Silfide: imprecava ediceva brutte parole. Ella lo ammonì spesso, ma, vedendo che le sue rimostranze erano inutili,un giorno scomparve, lasciandogli soltanto i suoi vestiti ed il pentimento per non aver volutoseguire i suoi pii consigli. Vedete quindi, figlio mio, che i Silfi qualche volta hanno ragione ascomparire, e vedete che il diavolo non può impedire, come non lo possono i fantasiosi capriccidei vostri teologi, che i popoli degli elementi cerchino, con successo, di ottenere l'immortalità,quando sono aiutati dai nostri Saggi». «Ma signore - risposi - siete convinto in buona fede che ildemonio sia tanto nemico di questi corruttori di damigelle?». «Nemico mortale - disse il conte -soprattutto delle Ninfe, delle Silfidi e delle Salamandre. Quanto agli Gnomi, non li odia tantoperché, come credo abbiate capito, essi, spaventati dalle urla dei demoni che sentono nelcentro della terra, preferiscono restare mortali che correre il rischio di essere tormentati così,una volta acquisita l'immortalità. Da ciò deriva che gli Gnomi ed i demoni, loro vicini, hanno moltirapporti. Questi ultimi convincono gli Gnomi, per natura molto amici dell'uomo, che obbligarlo arinunciare alla sua immortalità significa rendergli un grandissimo servizio e liberarlo da ungrande pericolo. Perciò, essi si impegnano a fornire a colui che possono persuadere a talerinuncia tutto il denaro che chiede, a stornare i pericoli che potrebbero minacciare la sua vita perun certo tempo, o ad altre condizioni, a piacere di colui che stringe questo patto infame; così ildiavolo, da quel furbo che è, con la mediazione dello Gnomo rende mortale l'anima di un uomoe la priva del diritto alla vita eterna». «Come, signore - esclamai secondo voi questi patti, deiquali i demonografi raccontano tanti esempi, non vengono fatti con il demonio?». «Certamente

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no - rispose il conte -. Forse che il principe del mondo non è stato scacciato? Non è rinchiuso?Non è legato? Non è forse la terra maledetta e dannata che è rimasta al fondo dell'opera delsupremo ed archetipo distillatore? Può forse risalire nella regione della luce, e spargervi letenebre concentrate? Non può nulla contro l'uomo. Non può fare altro che ispirare agli Gnomi,suoi vicini, di fare tali proposte a quelli tra gli uomini che egli maggiormente teme siano salvati,allo scopo di ottenere che la loro anima muoia con il corpo». «E, secondo voi, - aggiunsi ioqueste anime muoiono? ». «Muoiono, ragazzo mio», rispose. «E quelli che fanno tali patti nonsono dannati?» proseguii. «Non possono esserlo - disse - perché la loro anima muore con ilcorpo». « Quindi se la cavano a buon mercato, - ribattei - e sono puniti ben lievemente, per avercommesso un crimine tanto enorme come rinunciare al loro battesimo, ed alla morte delSignore». «Chiamate essere puniti lievemente - rispose il conte - rientrare nei neri abissi delnulla? Sappiate che è una pena peggiore che essere dannati, che vi è ancora un resto dimisericordia nella giustizia che Dio esercita nell'inferno contro i peccatori, che è una grandegrazia non consumarli nel fuoco che li brucia. Il nulla è un male peggiore dell'inferno: è questoche i Saggi predicano agli Gnomi, quando li convocano in assemblea, per far capire loro qualeerrore commettano preferendo la morte all'immortalità, ed il nulla alla speranza della beataeternità, che essi avrebbero il diritto di possedere, se si alleassero agli uomini senza esigere daloro tali criminali rinunce. Qualcuno ci ascolta, e noi li facciamo sposare alle nostre figlie». «Voiquindi evangelizzate i popoli sotterranei, signore?» gli dissi. «Perché no? - ribattè. Noi siamo iloro dottori, come lo siamo dei popoli del fuoco, dell'acqua e dell'aria; e la carità filosofica sispande indifferentemente su tutti questi figli di Dio. Siccome sono più sottili e più illuminati chela maggior parte degli uomini, sono più docili e più capaci di disciplina, ed ascoltano le veritàdivine con un rispetto che ci incanta». «Effettivamente, deve essere incantevole - esclamairidendo vedere un cabalista sul pulpito, a predicare a tutti quei signori». «Avrete questo piacere,figlio mio, quando vorrete - disse il conte - e, se lo desiderate, li convocherò fin da questa sera epredicherò loro a mezzanotte». «A mezzanotte! - esclamai - ho sentito disse che è l'ora delSabba». Il conte incominciò a ridere e disse: «Mi fate ricordare di tutte le sciocchezze che idemonografi raccontano sull'argomento del loro immaginario Sabba. Vedrei bene, per lastranezza del fatto, che ci credeste anche voi». «Ah, quanto ai racconti del Sabba - ribattei - viassicuro che non ne credo uno». «Fate bene, figlio mio, perché (vi ripeto) il diavolo non ha ilpotere di burlarsi così del genere umano, né di stringere patti con gli uomini, ed ancor meno difarsi adorare, come credono gli inquisitori. Ciò che ha dato origine a questa voce popolare, èche i Saggi (come vi ho appena detto) riuniscono gli abitanti degli elementi per predicare i loromisteri e la loro morale; e, siccome avviene normalmente che qualche Gnomo si ravveda dalsuo errore, comprenda l'orrore del nulla ed accetti che lo si renda immortale, gli si dà unafanciulla, li si sposa, e le nozze si celebrano con tutta l'allegria che la conquista ottenutarichiede. Ecco che cosa sono quelle danze e quelle grida di gioia che Aristotele dice che sentivain certe isole, dove, però, non vedeva necessuno. Il grande Orfeo fu il primo che convocò queipopoli sotterranei; alla sua prima ammonizione, fu reso immortale Sabazio, il più vecchio degliGnomi; ed è da questo Sabazio che ha preso nome questa assemblea, nella quale i Saggi glihanno rivolto la parola finché è vissuto, come appare negli inni del divino Orfeo. Gli ignorantihanno confuso le cose, ed hanno colto l'occasione per fare su questo mille favole impertinenti,ed informare una assemblea che noi convochiamo soltanto per la gloria dell'Essere sovrano».«Non avrei mai immaginato - dissi - che il Sabba fosse una assemblea di devozione ». «Invecelo è - proruppe - molto santa e molto cabalistica: cosa di cui il mondo non si persuaderebbefacilmente. Ma questo è il deplorevole accecamento di questo secolo ingiusto: ci si intesta suuna diceria popolare, e non si vuole esserne distolti. Hanno un bel dire i Saggi, gli sciocchi sonocreduti più di loro. Un filosofo ha un bel mostrare chiaramente la falsità delle chimere che sonostate inventate: qualsiasi esperienza e qualsiasi solido ragionamento abbia usato, se arriva unincappucciato che vi insorga contro, l'esperienza e la dimostrazione non hanno più forza, e laverità non ha più il potere di ristabilire il suo dominio. Si dà più credito a questo incappucciatoche ai propri occhi. Nella vostra Francia si è avuta una prova memorabile di questa caparbietàpopolare. Il famoso cabalista Zedechia, durante il regno del vostro Pipino, si era prefisso diconvincere la gente che gli elementi sono abitati da tutti quei popoli dei quali vi ho descritto lanatura. L'espediente che escogitò fu di consigliare ai Silfi di mostrarsi a tutti nell'aere. Essi lo

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fecero con magnificenza; si vedevano nell'aria queste meravigliose creature in forma umana,schierate a battaglia, che marciavano in buon ordine, o reggendo le armi, o accampate sottotende superbe; oppure su navi aeree di una mirabile struttura, la cui flotta volante navigavasecondo gli zefiri. Che cosa successe? Credete che a quella gente ignorante sia venuto inmente di ragionare sulla natura di quei meravigliosi spettacoli? Il popolo credette subito chefossero stregoni che si erano impossessati dell'aria per suscitare tempeste e far grandinaresulle messi. I sapienti, i teologi ed i giureconsulti furono ben presto della stessa opinione; locredettero anche gli imperatori; e questa ridicola fantasia andò tanto avanti, che il saggio CarloMagno e dopo di lui Luigi il Buono comminarono gravi pene a tutti questi pretesi tiranni dell'aria.Potete vedere questo nel primo capitolo dei Capitolari di questi due imperatori. I Silfi, vedendoche il popolo, i pedanti e persino le teste coronate si erano messi cosi sulla difensiva contro diloro, per disperdere la cattiva opinione che si aveva della loro flotta innocente, risolsero di rapireuomini di ogni parte, di mostrare le loro belle donne, la loro repubblica e il loro governo, e poi dirimetterli a terra in vari luoghi del mondo. Fecero ciò che avevano progettato. La gente chevedeva scendere questi uomini, accorreva da tutte le parti, preoccupata che fossero stregoniche si erano allontanati dai compagni per venire a gettare veleni sulle frutta e nelle fontane, e,secondo il furore che tali fantasie ispiravano, trascinavano quegli innocenti al supplizio. Èincredibile il numero che ne fecero morire con l'acqua e con il fuoco in tutto il reame. Avvenneche un giorno, tra gli altri, a Lione si videro scendere dalle navi aeree tre uomini e una donna;tutta la città si raduna là intorno, grida che sono maghi e che Grimoaldo, duca di Benevento,nemico di Carlo Magno, li manda per rovinare le messi della Francia. I quattro innocenti hannoun bel dire, per difendersi, che sono dello stesso paese, che sono stati rapiti da poco da uominiprodigiosi che hanno mostrato loro meraviglie inaudite e li hanno pregati di riferirle. Il popoloostinato non ascoltò la loro difesa; stava per gettarli nel fuoco, quando il brav'uomo Agobardo,vescovo di Lione, che aveva acquistata molta autorità quando era stato monaco in quella città,accorse al rumore, ed, avendo udito l'accusa del popolo e la difesa degli accusati, sentenziògravemente che l'una e l'altra erano false, che non era vero che quegli uomini erano scesidall'aria, e che quello che dicevano di avervi veduto era impossibile. Il popolo credette più aquello che diceva il buon padre Agobardo che ai suoi propri occhi, si calmò, rimise in libertà iquattro ambasciatori dei Silfì ed accolse con ammirazione il Libro che Agobardo scrisse perconfermare la sentenza che aveva pronunciata; cosi la testimonianza dei quattro testimoni furesa vana. Tuttavia, siccome erano sfuggiti al supplizio, furono liberi di raccontare quello cheavevano veduto, cosa che non avvenne affatto senza scalpore; infatti, se ben ricordate, il secolodi Carlo Magno fu ricco di uomini eroici, cosa che denota che la donna che era stata presso iSilfì aveva trovato credito fra le signore di quel tempo, e che, per grazia di Dio, molti Silfidivennero immortali. Cosi pure molte Silfìdi diventarono immortali per quello che i tre uominiriferirono sulla loro bellezza, cosa che obbligò le persone di quel tempo a dedicarsi un poco allaFilosofia; e di là sono venute tutte le storie di fate che trovate nelle leggende amorose delsecolo di Carlo Magno e di quelli che seguirono. Tutte le cosiddette fate non erano che Silfìdi eNinfe. Avete letto quelle storie di eroi e di fate?». «No, signore» gli dissi. «Mi dispiace - rispose -perché vi avrebbero dato qualche idea dello stato in cui i Saggi hanno deciso di ridurre ungiorno il mondo. Quegli uomini eroici, quegli amori di Ninfe, quei viaggi al paradiso terrestre,quei palazzi e boschi incantati, e tutte le affascinanti avventure che vi si vedono, non sono cheuna piccola idea della vita che conducono i Saggi e di ciò che sarà il mondo quando essi vifaranno regnare la Saggezza. Non vi si vedranno che eroi: il più piccolo dei nostri bambini saràdella forza di Zoroastro, Apollonio o Melchisedec, e la maggior parte di essi sarà perfetta come ifigli che Adamo avrebbe avuto da Eva se non avesse peccato con lei ». Io lo intermppi: «Non miavete detto, signore, che Dio non voleva che Adamo ed Eva avessero figli, che Adamo nondoveva toccare che le Silfìdi, ed Eva non doveva pensare che ad uno dei Silfì o deiSalamandri?». «E' vero - disse il conte - non dovevano fare dei figli con il sistema con cui lifecero». Io continuai: «La vostra cabbala, signore, dà dunque all'uomo ed alla donna qualcheespediente per generare figli in modo diverso dal metodo ordinario?». «Certamente» rispose.«Oh, signore - proseguii - ve ne prego, insegnatemelo». «Oggi non lo saprete, con vostra buonapace - mi disse lui ridendo -. Voglio vendicare i popoli elementari, perché vi siete dato tanto dafare per convincervi della loro pretesa diavoleria. Non ho dubbi che ora vi siate ravveduto dei

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vostri terrori panici. Quindi vi lascio, per darvi agio di meditare e decidere davanti a Dio qualespecie di sostanze elementari sarà più opportuno, per la loro gloria e la vostra, renderepartecipe della vostra immortalità. Frattanto, vado a raccogliermi un poco, per il discorso che miavete invitato a fare agli Gnomi questa notte». Io gli chiesi: «Spiegherete loro qualche passo diAverroè?». «Credo - disse il conte che qualche cosa di questo potrà entrarci, perché ho inmente di predicare loro l'eccellenza dell'uomo, per portarli a cercare l'alleanza con lui. EdAverroé, dopo Aristotele, ha dichiarato due cose che sarà bene che io chiarisca: l'una, sullanatura dell'intelletto, e l'altra sul supremo bene. Egli dice che non c'è altro che un solo intellettocreato, che è l'immagine dell'increato, e che quest'unico intelletto basta per tutti gli uomini:questo richiede spiegazione. E, quanto al bene supremo, Averroé dice che esso consiste nellaconversazione degli angeli, cosa che non è molto cabalistica, perché l'uomo fin da questa vitapuò, ed è creato per questo, godere Dio, come capirete un giorno e come sperimenteretequando sarete nel numero dei Saggi».Cosi fini la conversazione del conte di Gabalis. Egli tornò il giorno seguente, e mi portò ildiscorso che aveva tenuto ai popoli sotterranei: è meraviglioso! Lo pubblicherei con il seguitodelle conversazioni che una viscontessa ed io abbiamo avuto con quel grand'uomo, se fossisicuro che tutti i miei lettori avessero lo spirito retto e non considerassero malvagio che io midiverta alle spalle dei pazzi. Se vedo che si vorrà permettere al mio libro di fare il bene che ècapace di produrre e che non mi si farà l'ingiustizia di supporre che io voglia dare credito allescienze secrete, con il pretesto di metterle in ridicolo, continuerò a divertirmi con il signor conte,e potrò pubblicare presto un altro volume.

3) Lettere sul commercio cabalistico col mondo elementare

Da La chiave del Gabinetto del cavagliere G. F. Borri Colonia (Ginevra) 1681

Dal testo "La Chiave del Gabinetto del Cavagliere Gioseppe Francesco Borri Milanese", cheporta la data del 1681 in Colonia, (ma in realtà forse Ginevra) estraiamo cinque lettere, che lostampatore attribuisce al Borri, alchimista di cui già ci siamo occupati nel Quaderno "La PortaErmetica di Roma". L'edizione è dedicata da un anonimo al preteso autore con una letteraferoce nella quale lo si chiama il Cristo falso, l'Alchimista truffiere e il Coglionatore dei curiosi. Lecinque lettere, che sono datate 1662, 1665, 1666 (due) e 1667, hanno molta rassomiglianza con l'opera "Il Conte di Gabalis", che pertanto è stata considerata da taluni come la traduzioneparziale di questo testo di Borri. Ma esso fu in realtà pubblicato undici anni più tardi ed ha trattoin errore, perché le due parti iniziali furono antedatate al 1666 dall’editore, forse un anonimostampatore olandese che, sotto lo pseudonimo “tipografico” di Pietro del Martello (PierreMarteau), faceva circolare, anche in traduzione, opere vietate nei paesi d’origine. Roger Laufer,nella sua edizione critica del libro di Villars, ha ritenuto di poter dimostrare, basandosi sulconfronto linguistico dei due testi, l’impossibilità che il Borri sia stato plagiato, mentre sarebbevero il contrario. Infatti, rimasto in carcere a Roma fino al 1678 per eresia, Borri, grazie allepressioni delle sue nobili amicizie (in particolare a quelle all’ambasciatore francese ducaD’Estrées, che era stato guarito da Borri), riuscì ad ottenere quel che si potrebbe definire unregime di semilibertà: sistemato in una struttura a Castel S. Angelo, gli fu permesso diattrezzare un laboratorio e continuare i suoi studi, ma anche di uscire per frequentare casepatrizie e per esercitare la sua professione. In questo periodo, potrebbe perciò aver presovisione dell'opera di Villars e scritta la sua. Fu il nuovo papa Innocenzo XII a togliere ogniprivilegio al condannato, che venne segregato a Castel S. Angelo nel 1691 e ivi si spense, permalattia, nel 1695.

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Le lettere furono pubblicate tra il 1910 e il 1911 sulla rivista Commentarium per le accademie ermetiche (S.P.H.C.I.), diretta da G. Kremmerz.

I

Mando a V. E. la meditazione che feci a Roma sovra la produzione de' metalli naturalmente ed ilmodo artificiale della Pietra Filosofale; la quale vostra E. mi chiede. L'assicuro che e' molto ch'iol'abbia ancora conservata fra pochi papelli, che meco ho portato nelle mie preseenzioni.

Eccola tale quale la feci.

La Natura invia continuamente dal centro della Terra un vapore caldo, ed umido, quale e'principio d'ogni produzione vegetale, e minerale. Quando questo si giugne alle parti terrestri, neaccumula alcune che unisce e compone, cosi' li misti che non sono diversi che per la diversita'della materia, ma che sono tutti animati da un sol mercurio, di cui i metalli sono formati cosi'.Quando passa a' traverso d'una terra secca, sottile e sulfurea, vi si giugne facilmente, e ne e'attratto, perche' tutto il suo secco vuoi essere inumidito e come questo mercurio e' spinto dalcalore centrale che lo inalza continuamente, passa oltre carico pero' di qualche porzioncella diterra. Finche' trova la volta delle caverne de' monti, donde cade su questa terra, gia' inumiditanel passare, donde viene di nuovo rispinto in alto dal calore piu' caricato di terra; il che lo faricadere piu' presto e doppo varie sublimazioni, e precipitazioni, in fine tutto questo Mercuriovien sorbito dalla siccita' della Terra, o cotto indi con essa col calore interno se ne forma il mistochiamato metallo, la cui materia come altresi' la forma sostanziale, e' la stessa in ogni metallo,che non e' differente tra se, che accidentalmente cioe' per il peso e colore.

Questo peso che e' piu' ne' perfetti proviene per la mescolanza di parti materiali, ed eterogenee,che impediscono il perfezionarsi delle omogenee. Il colore diverso proviene dalla stessa causa.

Si che se si volesse fare quanto fa' la natura circa i metalli, bisognerebbe pigliare questa terrasecca sottile e sulfurea, e questo Mercurio o vapor umido, e caldo, poi chiudendoli assieme,sublimarli e circolarli, finche si fissassero in sostanza metallica, la quale si farebbe infine Oro, etanto piu' agevolmente, quanto si potrebbe impiegare un calore maggiore del centrale. Ma ildisegno del Filosofo non e', che di fare. una polve sottile, squaglievele, penetrante, fissa, etignente, affinche' si possa squagliare al minimo calore, colla sua sottigliezza possa insinuarsine' pori del metallo, e colla sua penetrazione mischiarsi in tutte le parti fino al centro per unirle,scacciandone le eterogenee, che impedivano questo effetto, e colla tintura secchi l'imperfetto, emetti il perfetto. Ora non vi e' polvere piu' propria per questo elle quella che ha servito allanatura per tal effetto, perche' quando sara' perfezionato dall'arte non solamente fissera' quantofissava prima, ma anche lo stesso vapore condensato in metallo, come -si puo' vederenell'esempio della farina, che avendo la virtu' di fermar l'acqua, e di condensarla in pasta tenera,e molle, indurisce e secca la pasta, se vi si mette altra farina, ma se invece di farina cruda, simettesse nella pasta del biscotto macinato, la dissecazione si farebbe piu' pronta, piu' forte epiu' eccellente.

Ora bisognerebbe cercare questa materia, ma come viene celata dalla natura, si puo' pigliarequella, che ci da' gia' cotta, e molto preparata, e senza mistione di parti eterogenee, come e'quella dell'oro, la quale e' conce il detto biscotto, elio potrebbe senz'arte diseccare le altre pastepiu' che non sono, perche' si sottigliasse e che si potesse mischiare con esse. E tutta l'arteconsiste in assottigliare perfettamente il sale, e cio' non si puo' fare, che coll'aprirlo, edissoverlo, e conce non e' coagulato, che dalla unione del Mercurio a' tutte le sue parti materiali,che tiene unite colla sua qualita' vischiosa, non si ponno disunire, che col separare coll'artequest'umore col suo simile nel quale avendo gettato l'oro lo dissolve incontinente perche' ha ilmezo colla sua sottigliezza d'entrare ne' pori dell'oro, dove introdotto si giugne col sua simile, edabbandonando le porti materiali, che unisce lo dissolve perfetto e radicalmente.

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Ora tutta la difficolta' consiste ad avere di questo Mercurio che sia indeterminato, perche' quelloche e' ne' metalli e' specifico. Ora questo, che e' dissolvente, si deve trarre dalla Magnesia,dove e' inviluppato dalla natura, d'onde si trae puro ed indeterminato, ed in quantita' dopo di cheavendo eccitato un poco la sua virtu' dissolvente ed avendolo preparato con qualcheconcozione, nella quale consiste la prima operazione, ed avendolo posto in istato di dissolventeperfetto, gli si fa' divorare il corpo, cioe' vi si fa' dissolvere l'oro imitando nel rimanente la natura,come si e' detto, e come diro' a V. E. per altra mia, non avendo adesso il tempo di poter scriveredi vantaggio, sendo l'ora tarda, e la posta sul punto di partire. Mi riserbo dunque ad un'altroordinario, e fra tanto la supplico di credere che sono con rispetto

di V. E.

Da Amstelodamo li 15 febbraio 1662

Umilissimo, ed Ubb.mo Serv.re

Francesco Borri

IILettera al Signor ................. Firenze.

Amico Carissimo,

Non posso esprimere il piacere che V. S. mi ha' fatto di farmi pervenire sue nuove. Vedo bene,che non sono totalmente sfortunato, e che se l'Inquisizione mi perseguita, come il piu' perversodi tutti gli nomini, trovo pero', che vi sono persone, che non badano alle ciarle de' FratiInquisitori, e che non per questo mi a'nno scancellato dal numero de' loro Amici.

In verita' questo e' uno de' maggior soglie'vi, ch'io possi avere in tante disgrazie, ch'io provo, edho provato. E vedo bene, che vi e' rimedio a tutto, fuorche' alla morte. Non mi stendo, Amicocaro, a' dargli nuove del mio stato, pecche' non saprei dirgli cosa prefissa, pecche' un uomoperseguitato dalla fortuna e che erra vagabondo derelitto quasi tutti non deve far festa, se trovaqualche umanita' fra i meno umani. E s'accontenti che gli dichi solo, che io mi poeto bene, e chesono lo stesso che sono stato per il passato, cioe' suo vero amico.

Ed e' in tal qualita' che m'appongo a' dirle il modo di congelare il Mercurio. I modi sono vari, echi lo fa' in un modo e chi in un'altro, ma egli e' vero che varie di queste congelazioni non sonoben disposte per lo fissamento, che e' forsi quello per lo quale V. S. cerca la congelazione. Visono molti che lo congelano col succo di limone in un'ampolla di vetro e dibattuto assieme perqualche spazio.

Altri traono da certe erbe succhi co' quali lo congelano, ma quando si viene al fissamento, dinuovo si squaglia. Vi e' una cert'erba chiamata Lunaria, il cui succo gettato freddo sopra ilmercurio e poi dibattuto, e riscaldato lo congela, se si getta in un ferro incavato, e moltiappruovano tal congelazione per essere stata trovata buona.

La migliore che io abbia provata e' stata quella, di fare scaldare in un crocciuolo pieno di lapisbianco il mercurio, poi avendolo lasciato quasi divenir freddo, gettarlo nel suco di tabacco ereiterarlo una seconda fiata; poi avendo fatto squagliare del Piombo e fatto una concavita'dentro, com'e' quasi freddo, gettarvi dentro il Mercurio che vi si congela: ma la difficolta' e' ditrarlo, e separarlo dal Piombo, il che pero' riesce, pigliando una mezz'oncia di Vetriolo Romanopolverizzato, mezz'oncia di Verde Rame, due dramma di Salnitro, due dramma d'Alume diRocca, quattro dramma di Mercurio, e borace che si mischia ed incorpora con oglio, mettendo

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tutto in un crociolo molto ben chiuso e lutato.

Ho voluto compiacerla quantunque lo posai assicurare che cio' serve poco, o nulla, se non si sa'purificare e dargli una concozione maggiore, pecche' in tal caso si ponno fare tesori: ma acongelarlo semplicemente e' una bagatella che riesce con mille maniere, ed alle volte a caso,senza che si sappi la causa di questo effetto. Del resto V. S. mi fara' favore particolare di darmiqualche nuova della nostra Italia. Se ne vedono bene sulle Gazette che corrono, ma alle fiatenon osano i gazettieri mettere le cose come passano, il che io desidero di sapere.

Se V. E. vuole altra cosa di me deve disporre della mia poca capacita' a' suo arbitrio. So nonavessi avuto altro dalla natura mi vi confesso tenuto per avermi dato un' inclinazione totale perservire gli amici di cuore, e con zelo.

Sono tutto giocoso, quando vedo, che son impiegato e che vengono esercitati i miei debolitalenti a' pro' degli amici, tra quali suppongo, e mi lusingo che V. S. sii, e non credo di presumertanto, quando penso alla innata bonta' di V. S. colla quale cattiva tutto il mondo, ed ha cattivatome, che mi pregio di essere con sincero affetto di V. S.

Da Amstelodamo li 9 marzo 1665

Aff.mo Serv.re ed Amico sviscerato

G.Francesco Borri

III

Ill.mo ed Ecc.mo Signor, Sig. r Padron Col.mo. V. E. mi ha mostrato tanto piacere, mentre eroin Roma, quando mi faceva la grazia di darmi qualch'ora di trattenerla di cose curiose, che hostimato che non trovarebbe disdicevole che la trattenessi ancora lontano. Massime che quantoho da dirle e' si' curioso, che al contrario son certo che gradira' questo segno del mio osseguio.

Avendo io sempre sospettato (come sovente ho pigliato l'ardire di dire a V.E.) che tutte lescienze segrete erano piene di vanita', non sono mai stato tentato di perdere il tempo a leggerei libri che ne parlano ; ma altresi' non trovando ragionevole di condannare, senza sapere ilperche' tutti quegli che vi si danno in preda, che sono persone sapienti, savie e di qualche serie,mi son posto (per evitare d'esser ingiusto, e per non affaticarsi ad una tediosa lettura) a' fignereche mi ero imbarcato in queste scienze con tutti quegli, che ho potuto sapere, che vi eranoimmersi.

Ebbi subito un successo maggiore che non isperavo. Come questi Signori, per misteriosi eriserbati che procurino di parere, non domandano altro che di enumerare le loro imaginazioni ele scoperte nuove, che pretendono aver fatto nella natura, fui subito e in poche settimane il pu'confidente de' piu' riguardevoli tra quegli, che trovavo nelle mie erranze, alle quali sonocostretto, come V. E. sa per le persecuzioni dell'Inquisizione.

Quando fui in Amstelodamo e avevo sempre alcuno nel mio Gabinetto, che avevo empito a'posta de' loro Autori piu' ghiribizzosi e fantastici : non passava alcuno straniero sapiente chenon ne fossi avvertito : in una parola mi trovai ben tosto un grand'uomo, fuorche' la scienzasegreta mancava. Avevo per compagni Prencipi e Gran Cavaglieri, Dame bellissime e dellebrutte ancora : Dottori, prelati. Frati, Monache, in fine persone d'ogni serie. Alcuni inclinavano a'Diavoli, gli altri agli Angeli ; alcuni al genio, altri agl'Incubi ; alcuni a guarire d'ogni male, gli altrialle stelle ; alcuni a segreti della Divinita', e quasi tutti alla Pietra Filosofale.

Rimanevano tutti d'accordo che questi gran segreti, e sovra tutto la Pietra Filosofale, erano

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malagevoli a cercare, e che pochi erano quegli che li sapevano ; ma ciascuno in particolare erain buon concetto appo se stesso per credersi del numero degli Eletti. Per mia buona fortuna ipiu' riguardevoli aspettavano all'ora con impazienza l'arrivo d'un danese gran Signore e grangabalista. Aveva egli promesso ai figli della filosofia, ch'erano in Amstelodamo, di venire avisitarli nell'andare in Inghilterra. Io ebbi la commissione di far risposta alla lettera di questoGrand'Uomo, e gli mandai la figura della mia nativita', affinche' giudicasse se potevo aspirarealla somma sapienza. La mia figura e la mia lettera ebbero fortuna bastevole per portarlo arispondermi che sarei il primo ch'egli visitarebbe in Amstelodamo, e che se il cielo non vi siopponeva, non terrebbe ad esso che non entrassi nella societa' de' savi. Per conservarmiquesta fortuna tratenni commercio con quest'Illustre Danese. Gli proponevo di tempo in tempoalcuni dubbj, scifrati quanto potevo sull'armonia del Mondo, sulli numeri di Pitagora, sulle visionidi S. Giovanni, e sul primo capitolo della Genesi.

La grandezza della materia lo rapiva in estasi, e mi scriveva cose inudite, e viddi bene cheavevo a che fare con un uomo d'un imaginazione vigorosa e vastissima. Ho piu' di sessantalettere d'uno stile si' straordinario che non potevo risolvermi a' legger altro, quando ero solo. Miarrivarono alcune cose in Amstelodamo, e mi ritirai a Coppenaga, sperando di trovarlo quivi, maper mia disgrazie era partito per la Francia, e mi trovai deluso nella mia speranza. Pascevo sta'la mia curiosita' col leggere le sue lettere, quando un giorno, che ne leggevo ed ammiravo una,viddi entrare un bell'uomo, il quale salutandomi con gravita' mi disse in Italiano ed in accentostraniero : Adori V. S., adori il Grand'Iddio de' Savj, e non s'inorgoglischi mai se manda a V. S.uno dei figlj della sapienza per associarla nella loro Compagnia, e per farla partecipe dellemaraviglie della sua onnipotenza.

Un simil nuovo saluto mi reco' stupore, e cominciai a dubitare per la prima fiata, se si ha allevolte qualche apparizione : Pure facendo animo e guardandolo il piu' civilmente, che la paura mipermetteva - Chiunque V. S. sii (gli dissi) il cui compimento non e' di questo mondo, mi fa moltoonore di visitarmi : ma permetti, pria di adorare il Dio de' savj, ch'io sappia di quai Savj e di qualDio V. S. parla, e se gradisce, seda cola' e mi favorisca di dirmi chi e' questo Dio, questi Savj,questa Compagnia, queste maraviglie d'onnipotenza, e pria, e doppo a' qual sorte di creatura hol'onore di parlare.

-V. S. mi riceve saviamente (ripiglio' egli ridendo e pigliando la sede) V. S. mi dimanda questecose, che pero' non gli voglio dire oggi. Il compimento fattogli e' un ristretto delle parole che iSavj dicono nell'accostare quegli a' quali a'nno risoluto di aprire il cuore, e scuoprire i Misteri.Ho' stimato che se'ndo essa cosi' sapiente come mi parsa nelle sue lettere, questo saluto glisarebbe noto, e che fosse il piu' grato compimento che gli potesse fare il di lei amico il Danese.-

- Ah Signore ! (esclamai) come potro' rendermi degno di tanti favori. E' egli possibile che ilmaggiore di tutti gli uomini sia nel mio Gabinetto, e che il Gran Danese mi visiti e mi faccia talonore ?-

- Sono il minimo de' Savj (replico' egli con gravita') e non ho' che una parte di quanto ammiro ne'miei compagni. Spero che V. S. li eguagliera' qualche giorno, se ne devo giudicare dalla suafigura di nativita' che mi ha mandato. Ma se vuol bene V. S. che mi duolga (aggiunse ridendo)perche' V. S. a prima vista m'ha pigliato per un Fantasima ?-

- Ah, non gia' per un fantasima (gli dissi) ma gli confesso Signore, che ricordandomi di quantoriferisce Cardano, che suo padre fu visitato un Giorno nel suo museo da sette uomini incogniti,vestiti di varj colori che gli tennero varj discorsi bizarri della loro natura, e del loro impiego.-

- Intendo V. S. (ripiglio' egli) erano Silfi, di cui io parlero' che sono una sorte di sostanze aeree,che vengono alle fiate consultare i Savj sulli libri d'Averroe, che non intendono troppo. Cardanoe' un pazzarello d'aver pubblicato questo nelle sue sottigliezze. Egli aveva trovato questememorie ne' papelli di suo Padre, che era uno de' Nostri, e che vedendo che suo figlio era

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naturalmente un ciarlone, non gli volse insegnare niente di rilievo e gli lascio' perdere il tempoall'Astrologia Ordinaria per la quale non seppe prevedere ned anche che suo figlio sarebbegiustiziato. Costui e' causa che V. S. m'ha fatto l'ingiuria di pigliarmi per un Silfo.-

- Ingiuria (replicai) come sarei assai sfortunato per.....-

- -Non importa, non vado in colera (interruppe egli) V. S. non e' tenuto a sapere che tutti questipopoli elementarj sono nostri discepoli che sono contenti, quando ci vogliamo abbassare adistruirli, e che il minimo de' nostri Savj e' piu' sapiente e piu' potente di tutti loro. Ma parleremoun'altra fiata di questo.-

- Di grazia, signore, V. S. dice male di Cardano. Abbia riguardo almeno che era miocompatriota, e che la' i suoi descendenti, che sono oggidi' viventi a Milano che sonogalantuomini e persone onorate.-

- Basta, basta (interruppe egli ridendo). Lasciamo Cardano, e mi basta d'aver avuto oggi ilcontento di vederla.

Procuri fra tanto di rendersi degno di ricevere la notizia de' Misteri gabalistici. L'ora dellaregenerazione e' arrivata non terra' che a V. S. d'essere una nuova creatura.-

Si levo' poi, ed abbracciandomi, senza darmi luogo di rispondere - Addio (mi disse) ho' a' fareun poco, doppo che gli daro' mie nuove. Vegghi, fra tanto, prieghi, speri e Taccia.-

Usci' in questo mentre, e mi duolsi della brevita' della visita, ma mi disse che non perdereinell'aspettare, e se ne ando', lasciandomi in un grande stupore. E viddi bene che il Demonio chelo agitava era un gran Predicatore, e molto morale.

Mi venne a trovare il giorno seguente, e m'indusse ad andare a spasso ad un luogo di diportofuori di Coppenaga, appartenente al Re'. Per istrada osservavo con esatezza questo uomo : enon ho mai visto persona alcuna si piena di sodisfazione, e contento interno, come mi pareva intutte le sue azioni. Aveva l'animo piu' tranquillo e piu' sciolto che non mi pareva che dovesseavere uno stregone. Il suo aspetto non era d'un uomo che la sinderesi stimolasse, ne' potessepugnere con qualche mancamento, e stavo con grand'impazienza di vederlo ingolfare nellamateria desiata, non potendo concepire come una persona che sembrava tanto giudiciosa, eperfetta in ogn'altra cosa, si fosse corrotto il cervello colle visioni chimeriche e pazze, comeavevo conosciuto essere il giorno innanzi.

Mi parlo' benissimo di politica, e gode' d'udire che avevo letto quanto ne aveva scritto Platone,tanto piu' che mi disse che ne avrei d'uopo qualche giorno. Mi trattenne molto sull'Alchimia, econ sodezza di discorso, forsi per maggiormente allettarmi, sapendo la mia inclinazione totale aquesta scienza.

Arrivassimo al luogo, ed egli sdegno' di mirarne le bellezze, cominciando ad abracciarmi elevare le mani in alto dicendomi che non poteva assai rallegrarsi per essere ispirato di noncelarmi niente, e che sarei al sommo della felicita', se potevo avere le disposizioni che tali cosechiedevano.

- V. S. va' (mi disse) ad imparare a comandare alla natura tutta ; il Sommo facitore solo sara'suo Padrone, ed i Savi saranno suoi uguali e pari. Le supreme intelligenze si glorificherannod'ubbidirla ; i Demoni non oseranno essere presenti al suo aspetto ; la di lei voce li fara'aggriccire nelle cloache abissali, e tutti i popoli invisibili elementari si recheranno a' fortunad'essere li ministri de' di lei piaceri. Oh di quanta gloria e' coronato l'uomo, gia' che e' stabilitoMonarca Sovrano ed assoluto di tutte le opere fatte dal Sommo Facitore ! sente V. S. (aggiunseegli) questa ambizione eroica, che e' il carattere sicuro de' Savj ? Osa V. S. desiare di non

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servire, che al solo Protomonarca de' Cieli ? Ha capito V.S. che cosa voglia dire esser' Uomo, enon s'infastidisce ella d'esser schiava, gia' che e' nata per essere un Sovrano ? E se conosce dinodrire tali nobili pensieri, consideri maturamente se avra' l'animo di rinunciare a' quanto puolessergli d'ostacolo per pervenire all'innalzamento a che ella e' nata ?-

Stava egli aspettando la mia risposta. E come avevo sperato d'udirlo parlare della materiacominciai quasi a disperare d'udirlo seguire. La parola di rinunciare m'agghechi', e non dubitaiche non mi andasse a proporre di rinunciare al battesimo ed al Paradiso, si che perplesso glidissi. :

- Come dunque bisogna rinunciare a' qualche cosa ?-

- Si certo, mi rispose, cio' e' talmente necessario che bisogna da questo cominciare. Non so seS. V. vi si potra' risolvere, ma sia certa che la saviezza non abita in un corpo peccaminoso, sicome non entra in un'anima preoccupata d'errore o malizia. I Savj non l'ammetteranno mai alloro consorzio, se non rinuncia adesso ad una cosa che e' loro incompatibile. E' d'uopo(aggiunse egli col chinarmisi all'orecchio) e' d'uopo rinunciare ad ogni commercio carnale colledonne-.

Jo scoppiai di riso a tal proposizione, e gli dissi che m'astringeva a poca cosa ; che aspettavoche volesse esiggere qualch'altra rinuncia, ma poiche' non ne voleva che alle femine , la cosa e'fatta, e' un pezzo. Io sono assai casto. Fra tanto come Salomone era il piu' Savio del mondo, epero' si lascio' corrompere, gli chiesi di dirmi come faceva egli ed i suoi compagni ad esentarsidi quelle, e che inconveniente vi era che nel Paradiso de' Filosofi ogni Adamo avesse la suaEva .

- Sono cose riglievanti (mi replico' egli) a spiegare, ma gia' che la vedo disposta a tal rinuncia lediro' una ragione che ha' costretto i Savj a' esiggere questa da' loro discepoli, quinci da cio'conoscera' in qual ignoranza vivon gli altri.

Quando V. S. sara' nel numero de' Filosofi, e che li di lei occhi saranno fortificati scoprira' esseregli Elementi popolati da creature assai perfette, la cui cognizione e' stata levata all'uomo, forsiper il peccato primiero del mondo. Questo spazio immenso tra' il Cielo e la Terra ha' abbitantipiu' nobili che gli uccelli e le mosche ; i Mari a'nno bene altri ospiti che Delphini e Balene ; laTerra non e' solo per le talpe ; e il fuoco piu' nobile degli altri non ee' stato fatto per rimanervuoto. L'aere e' pieno d'un numero grande di popoli di figura umana, d'aspetto apparente fieri,ma' realmente docili ; amanti le scienze penetranti, Ufficiosi a' Savj, e nemici degl'ignoranti. Leloro femine a'nno una bellezza simile a quella, con che si pignono le Amazzoni.-

Restai attonito dell'ardire di quest'Oltramontano di credere di poter persuadere simili pazzie adun'Italiano, la cui nazione passa per perspicace, e non potei rattenermi di dirgli se mi teneva perun Idiota di volermi far credere che quei spiriti rubelli fossero maritati ed avesero figliuoli. Ma'egli mi rispose di non irarmi, che tali cose le vedrei co' miei propri occhi, e che fra' tanto dovevoobliare quanto avevo udito in tal maniera nelle scuole degl'Ignoranti, altrimente che mispiacerebbe poi, doppo esser co'vinto dalla sperienza, d'esser sforzato di confessare che m'eroostinato fuori di proposito. E che dovevo udire tutto, e sapere che i mari ed i fiumi erano abitaticome l'aere,e che quei abitanti erano stati chiamati dagli Antichi Savj Ondini o Ninfe. Che pochierano i maschi, ma molte le femine che erano di gran bellezza.

Che la terra era piena quasi fino al centro di Gnomi di statura piccola, custodi de' Tesori,miniere e pietre preziose, ingegnosi amici dell'Uomo, e facili ad eseguire quanto si comandavaloro. Che questi somministravano tutto il il danaro necessario a' Savj, non ambendo altraricompensa che la gloria d'essere commandati. Le Gnomidi loro mogli erano piccole, ma'graziose e con un abito curioso.

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Non sarebbero della mia amicizia gli Ondini (risposi ridendo) perche' temo troppo l'acqua. Ma sevi fossero gli Gnomi sarebbero bene i miei diletti, se mi volessero dare tesori ; perche' cosi' avreitralasciato d'affaticarmi tanto in traccia della Pietra Filosofale, com'egli poteva sapere chefacevo a gran spesa del Re', che quasi s'annoiava della lunghezza del lavoro. -E bene, mirispose, li vedra' quanto prima, e sara' lei a disporne.-

-Quanto alli Salamandri (continuo') abitanti infiammati della ragione del fuoco, servono a'Filosofi, ma non cercano con ardore, benche' ardenti la loro compagnia, e le loro femine silasciano vedere di rado.-

- Elle no a'nno ragione (interruppi) e non mi curo delle loro apparizioni.

- Perche' ? (disse egli)-

- Perche' (ripigliai) che non avevo a fare di conversare con una bestia si' brutta come laSalamandra, per maschio o femina che fosse. -

- V. S. ha' torto (replico' egli) questa e' l'idea che ne a'nno li pittori e scultori ignoranti. Le feminedegli Salamandri sono belle, e piu' belle di tutte le altre, perche' sono d'un elemento piu' puro enobile. E non ne parlo perche' V. S. le vedra' a suo piacere, come altresi' li loro abiti, vivericostumi e le loro leggi mirabili. V. S. sara' affaturato dalla loro belta', dell'ingegno loro piu' ancheche dal corpo, ma non potra' non commiserarle quando udira' che le loro anime sono mortali, eche non a'nno punto di speranza nel godimento eterno dell'essere supremo, che conoscono edadorano religiosamente. Eglino gli diranno che sendo composti di parti purissime di quell'abitatoelemento, e non avendo qualita' contrarie, per esser fatti che d'un elemento solo, non muoronoche dopo varj secoli. Ma che cosa e' il tempo a rispetto dell'eternita' ! Sara' d'uopo rientrare perun'eternita' nel niente. Tal pensiero li affligge, ed a'nno grande stento li Savj a' consolarli. I nostriPrimi filosofi commiserando lo stato di queste creature elementari, chiesero da che potevadarne cognizione, rimedio a tal male, e fu' ispirato loro che li Silfi, li Gnomi, li Ondini e liSalamandri potevano coll'alleanza che potevano contrarre coll'Uomo, essere fatti partecipantidell'immortalita'. Cosi' una Ninfa o una Silfide diviene immortale quando puo' maritarsi un Savio,ed uno Gnomo od un Silfo cessa d'esser mortale quando sposa una femina delle nostre. Da cio'nacque l'errore de' primi secoli di Tertulliano, di Giustino Martire, di Lattanzio, di Cipriano, diClemente Alessandrino, d'Atenagora Filsofo Cristiano, e di tutti gli altri Scrittori di quel tempo.Eglino avevano saputo che tali mezi uomini elementarj avevano cercato la compagnia dellefemine : ed a'nno tratto da cio' che la caduta degli Angeli non era provenuta che dall'amore alquale si erano dati in preda per le donne. Alcuni Gnomi desiosi d'immortalizzarsi, avevanovoluto guadagnarsi le buone grazie delle figlie degli uomini, ed avevano loro portato alcunepietre preziose, di cui eglino, come ho' detto, sono custodi : e questi Autori a'nno stimato,fondandosi sul libro d'Enoc, inteso male, che era il laccio teso deli Angeli Amorosi alla castita'delle nostre femine. Nel principio fattesi questi amare dalle figlie degli uomini generarono ifamosi Giganti, e li Cabalisti ignoranti, Gioseppe e Filone (come sono tutti gli ebrei ignoranti) edoppo essi i nominati Autori a'nno detto, come altresi' Origene e Macrobio, che erano Angeli, enon a'nno saputo che erano i Popoli elementarj che sotto il nome di figli di Eloim sono distinti da'figli degli uomini. Cosi' quando il Prudente Agostino ha' avuto la modestia di non decidere circale sollicitazioni che quegli che si chiamavano Fauni , o' Satiri, facevano alle Africane a' suotempo, e' spiegato da quanto si e' detto del desio di quelle creature di allearsi cogli uomini perimmortalizzarsi. I nostri Savj non imputeranno mai all'amor delle donne la caduta degli Angeli,ne' sopporranno mai gli uomini al potere de' Demonj, per attribuir loro tutte le venture dell Ninfee de' Silfi che riempono la storia. Non vi fu' mai alcun male in cio'. Erano Silfi che procuravanod'immortalarsi. Le loro sollicitazioni, invece di scandalizzarci, si sono parse si' giuste che percio'd'un consenso comune abbiamo risoluto di rinunciare totalmente alle donne, e di darci adimmortalare le Ninfe e le Silfidi.

- Oh che odo ! (esclamai) e fin dove va la f......

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- Si' (m'interruppe) ammiri V. S. fin dove va' la felicita' Filosofica ! Per femine di belta' labileposseggono i Savj bellezze inalterabili, e che a'nno la gloria d'immortalare. Giudichi di graziadel'amore e della ricognizione di queste amanti invisibili, e con qual'ardore cercano a' piacere alcaritatevole Filosofo che si applica ad immortalarle.-

- Ah, rinuncio (esclamai ancora una fiata).-

- Si' (segui' egli senza darmi tempo di parlare) rinunci V. S a' piaceri inutili ed insipidi delledonne. La piu' bella tra esse e' deforme a' rispetto della minima Silfide : tra questiabbracciamenti non vi e' mai nausea. Oh miseri quelli che non ponno godere queste volutta'Filosofiche !-

- Oh misera lei (interruppi d'una voce framista di colera e di compassione) mi lasci dire fin doveva la follia Filosofale, e che rinuncio a questa saviezza insensibile, che trovo ridicola questafilsofia chimerica. Che detesto tai abracciamenti abominevoli che vi uniscono a fantasime, e chetremo per lei che qualcuna delle chimeriche Silfidi non si acceleri a portarla nell'Inferno nel piu'caldo de' suoi trasporti, temendo in fine che V. S. non si accorga della demenza di questo zelochimerico, e non faccia penitenza d'un fallo cosi' grande e cosi' enorme.-

- Oh oh (rispose egli rinculando alcuni passi e guardandomi d'un occhio bieco) misera lei spiritoindocile.-

Quest'azione mi pavento', lo confesso : ma fu peggio quando viddi che, allontanandosi trassedalla saccoccia una carta, che vedevo da lungi, piena di caratteri che non potevo discernere.

Leggeva egli con attenzione, si metteva in collera e parlava tra se'. Stimai che invocassequalche spirito per ruinarmi, e mi pentii quasi un poco del mio zelo indiscreto. Se evito questa(dicevo tra me) mai piu' Cabalista alcuno mi parlera'. Tenevo gli occhi fissi in esso, come sovraun giudice che andava a condannarmi a morte, quando viddi rasserenarsi la sua faccia-

- Durum est tibi (mi disse ridendo ed accostandomisi) contra stimulum calcitrare. V. S. e'destinata ad essere il primo Cabalista di questo secolo. Se non sara' per mio mezo, sara'quando piacera' al suo Saturno.-

Ah se devo divenire uno di questi pazzi Savj (gli dissi) non sara' che per su mezo, ma temo chesara' malagevole che mi possa attrarre all'amore filosofico.-

- Perche' ? (mi replico') sarebbe V. S. assai cattivo fisico per non sapere l'esistenza di questipopoli ?-

- Non so (risposi) ma mi sembra che sarebbero sempre diavoli travestiti.

- Come ? (soggiunse egli) Ne credera' V. S. piu' sempre alla sua nodrice che alla ragionenaturale, che a' Platone, a' Pitagora, a' Celso, a' Psello, a' Proclo, a' Porfirio, a' Giamblico, a'Plotino, a' Trismegisto, a' Nollio, a' Dorneo, a' Fluddo, al gran Teofrasto Paracelso, e che a' tuttili nostri colleghi ?

- Ne crederei (risposi) piu' anche a V. S. che a' tutti li nominati, ma non potrebbe V. S. fare chenon fossi tenuto di sfarmi in tenerezza con queste Signorette elementari .-

- Si' (replico' egli, ognuno e' libero, e non si ama se non si vuole : pochi savi a'nno potutodifendersi da tai bellezze. Ve ne sono pero' stati, che non non a'nno potuto amare per serbarsia' cose maggiori.-

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- Saro' dunque (ripigliai) di questo numero, Tanto piu' che non saprei risolvermi a perder iltempo alle cerimonie, che ho udito dire da un Prelato, che si devono praticare per il commerciodi questi Genij. -

- Questo Prelato (disse egli) era un ignorante, perche' questi non sono Genij, ed inoltre Savioalcuno non impiego' mai ceremonie, ne' superstizioni per la famigliarita' de' genij, non piu' cheper questi popoli elementari. I Savj non oprano che con i principj della natura : e se sovente sitrovano ne' nostri libri parole inusitate, caratteri e suffumiggi, cio' serve solo per celareagl'ignoranti i principj fisici. Ammiri V. S. la simplicita' della natura in tutte le sue operazioni lepiu' stupende! ed in tal simplicita' un'armonia ed un concerto cosi' grande e giusto, e si'necessario, che lo fara' ridurre a' suo malgrado, e lo ritrarra' dalle sue fievoli immaginazioni.Vorrei dirgli qui quanto insegnamo a' nostri discepoli, a' quelli cioe' che non vogliamolasciar'entrare totalmente nel ripostiglio piu' recondito della natura, e che non vogliamo pero'privare della societa' dei popoli elementarj per la compassione che abbiamo di questi stessipopoli, voglio dire che vorrei dirgli il modo che si tiene per vedere questi popoli, e di trarli a se',ma poiche' la vedo cotanto ostinata, voglio prima procurare di rimuoverla da questa suacaparbia durezza, e poi in altro tempo gli spiegaro' i modi segreti a' questo effetto, e servira' cio'di lieve castigo alla sua ostinazione.

L'avversione che mi mostra per l'amore di queste creature mi fa ricordarle che potrebbeaccomodarsi con le Salamandre, perche' come sono piu' pure che le altre degli altri elementi,vivono lungo tempo, quinci non s'accelerano a chiedere a' Savj l'immortalita' e forsi non glieneparlerebbero mai. Il modo che diferiscono a dirgli e' tutto chimico ; senza caratteri, senzacerimonie, senza parole ostruse si diviene padrone assoluto di que' popoli ; ed egli non esigonoalcun culto da' Savj, perche' sanno essere piu' nobili d'essi. E la venerabile natura ignea a' suoifigli a riparare gli elementi cogli elementi. Colla sola chimica si ristabilisce l'armonia, e cosi'l'uomo ricupera il suo impero naturale, e puo' tutto negli elementi, senza demonio e senz'arteillecita ; e da cio' V. S. vede, e vedra' da quanto gli diro' fra qualche tempo, che i Savj sono piu'innocenti di quello che si pensa. V. S. non mi dice niente ? -

- Ammiro (risposi) il suo discorso, e comincio a' temere che non mi faccia divenire maggioredistillatore di quello che sono. Di gia' per questo ho' incontrato tante disgrazie, e V. S. vede cheanche adesso vi sono immerso fino alla gola. Quante spese non ho fatto fare a' varie persone,alla Regina Cristina di Svezia in Amburgo, ed a' questo Re' ? L'assicuro che temo co' suoidiscorsi dell'avvenire.-

-No', no' (mi disse) . V. S. lascera' un giorno tutto questo ; e gli ho' detto che i Savj nonmostrano queste cose che a' quegli che non vogliono annoverare totalmente tra essi. V. S. coltempo avra' questi vantaggi, ed altri ben piu' gloriosi, e grati con procediture ben'altrimentofilosofiche. Non gli ho' detto questo, che per mostrargli l'innocenza di questa filosofia e perlevargli il terrore che mostrava. -

- Non ho piu' tanta paura che ne avevo teste' (risposi), E benche' non mi determini ancora adaccomodarmi con le Salamandre, come mi ha proposto, non lascio pero' d'avere la curiosita' disapere come ha' scuoperto che que' popoli morivano. -

- Eglino ce lo dicono (ripiglio' egli) e li vediamo morire.-

- Come dunque (replicai) li puo' vedere morire, gia' che il comercio de' Savj l'immortala ?-

- Cio' sarebbe buono (disse egli) se il numero de' Savj uguagliasse il loro : oltre che vi sonomolti d' essi che amano piu' tosto di morire che d'arrischiare coll'immortalita' d'essere infelici,come vedono che sono i demonj. Il Diavolo ispira loro tale sentimento, e fa tutto per impedirequeste povere creature di divenir' immortali col nostro comercio. Si che tengo, e V. S. devetenere per una tentazione perniziosa e come un muoto fuori d'ogni carita', l'avversione che V. S.

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ha'. Del resto per quanto concerne questa, chi e' che costrinse l'Oracolo di Apollo di dire, chetutti quegli che parlavano negli oracoli erano come desso mortali, come riferisce Porfirio ? E chepensa lei che vogli dire quella voce intesa nelle spiagge della di lei Italia, che pavento' que' chesolcavano il mare ? Il GRAN PAN E' MORTO. Erano i popoli Aerei che avvertivano gli Ondiniche il primo ed il piu' vecchio dei Silfi era morto.

- Quando questa voce fu' udita (gli dissi) mi sembra che il mondo adorava Pan e le Ninfe.Questi dunque erano i Dij falsi de' Pagani ? E vuol poi ch'io abbia comercio con essi ?

- Egli e' vero (ripiglio') i Savi non diranno mai che il diavolo abbia mai avuto il potere di farsiadorare. E' troppo sfortunato e fievole per aver avuto questo piacere e questa autorita'. Ma ha'potuto persuadere a questi elementari di mostrarsi agli uomini e di farsi ergere tempj ; e per ildominio naturale, che ciascuno ha sull'elemento che abita, intorbidavano l'aere ed il mare,vacillavano la terra e davano il fuoco dal Cielo a' loro piacere ; si che non avevano stento adesser pigliati per Divinita', finche il Sommo Essere non volle trarre dal buio le Nazioni. Ma' ilDiavolo non ha' ottenuto dalla sua malizia quanto sperava ; posciache da cio' e' successo chePan e tutti gli elementari, avendo trovato modo di mutar questo culto in comercio d'amore(sendo che, se V. S. si ricorda appo gli Antichi Pan era il Re di quei Dij che nominavano Incubi,e che sollecitavano molto le femine) molti si sono sottratti al Diavolo, e non abbrucerannonell'Inferno, almeno secondo alcuni, che non so se devo nominar dementi e pazzi. -

- Non intendo questo (ripigliai).-

- V. S. non intende certo ( continuo' egli) ridendo e burlando. Questo supera tutti quegli, che nonintendono questa fisica. Sappia che si come gli elementari acquistano immortalita' coll'alleanzaco' gli uomini predestinati, cosi' gli uomini che non hanno parte alla gloria eterna, questi miseri,a' quali l'immortalita' non e' che un vantaggio funesto, per i quali il Messia non e' stato mandato.

- Voi siete dunque Giansenisti, signori Cabalisti ? (interruppi).

- Non sappiamo queste opinioni (replico' egli agramente). Questi sfortunati, a' quali la tristeimmortalita' non sarebbe che una disgrazia eterna, a'nno ancora il rimedio, come alcuni credonodi poter divenir mortali alleandosi coi popoli elementarj. Se cio' e' i Savj non arrischiano nienteper l'eternita'. Se sono predestinati a'nno il piacere di condurre al Cielo nel lasciare la prigione diquesto corpo, la Silfide o Ninfa che hanno immortalata, e se non sono predestinati, il comerciocon la Silfide mortalizza l'anima loro e lo libera dall'orrore della seconda morte. Cosi' si esentanodal pericolo d'essere dannati.

- Senza dubbio (Esclamai non osando irarlo per farlo seguire a scoprire i suoi chimerici segretidella Gabala, che stimai bizarri, e ricreativi dal poco che aveva detto) V. S. da' una perfezionetroppo indiscreta alla sua Filosofia. Sono Cristiano, Signore, e giammai mi lasciaro' metter'incapo cose simili che repugnano alla ragione ed alla Scrittura Sagra, la quale e' necessarioseguire per salvarsi.

- V. S. vede (mi disse) che gli ho detto che e' opinione solamente d'alcuni. Ma se questa e' vera,supera l'intelligenza di tutti i di lei dottori.

- V. S. ha ragione (replicai) e credo che superi anche l'intelligenza de' nostri Magistrati, e che sepotessero scoprire chi sono quegli che fuggono dalle mani del Demonio con questo meza,pigliarebbero gl'interessi del Diavolo contro que' fuggiaschi, e farebbero loro un cattivissimopartito.

- E' percio' (ripiglio' egli) che vi raccomando il segreto. I giudici sono stravaganti, condannanoun'azione innocente come un delitto abominevole. Qual barbarie ! di aver fatto abbruciare queidue Preti che dice il Prencipe della Mirandola d'aver conosciuti, che avevano avuto ciascuno la

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sua Silfide lo spazio di quarant'anni ! Che inumanita' d'aver fatto morire Giovanna Ervilliera, chesi era apposta ad immortalare un Gnomo lo spazio di trenta sei anni ! e qual ignoranza a Bodinodi trattarla da strega, e di pigliar motivo da cio' di autorizzare le chimere popolari circa lestreghe. Ma' vedo esser tardi, e che V. S. non ha' magnato, perche' per noi altri magnamo perpiacere, e mai per necessita', come fanno i Savj del mondo che non magnano, che pernecessita'. Che pensa S. V. (continuo') che possino star'i Savj senza magnare ? -

- Non so (gli risposi). Moise' ed Elia stettero quaranta giorni, i savj, stimo, staranno qualchegiorno di meno.

- Che bello sforzo sarebbe (ripiglio'). Paracelso afferma aver veduto veri Savj che sono stativent'anni senza magnare la minima cosa. Egli stesso, prima d'essere pervenuto alla MonarchiaFilosofica, provo' di vivere molti anni col pigliar solamente un mezo scrupolo di quintessenzasolare. E' non si ha' che a' separare la terra elementare, cioe' depurata di grassizie, da ogn'altroelemento, porla sull'umbilico, e rinnovarla quando e' troppo secca, e fa che non si cura l'uomo dimagnare e bere senza stento veruno, come ha' provato Paracelso per sei mesi. Sovracio'andassimo a pransare secondo l'uso degli Eroi Filosofici.-

Doppo pranso ritornassimo al luogo di conversazione. Avevo compassione della demenza diquesto Signore, dalla quale vedevo che era malagevole di ritrarlo, e questo mi vietava di pigliarespasso di quanto m'aveva detto, almeno tanto quanto avrei fatto se avessi avuto speranza diritrarlo. Cercavo nell'antichita' qualche cosa per opporgli a' che non potesse rispondere, perche'di addurgli li sentimenti della chiesa stimavo che non gli piacerebbero per esser pazzo, e divoler convincere u cabalista colla ragione, cio' mi sembrava troppo arduo. Mi venne in questomentre nel capo che aveva parlato de' Dij falsi, a' quali aveva sostituito gli elementarj, e che cio'poteva essere refutato cogli Oracoli de' Pagani, che la scrittura tratta con verita' per tutto diDiavoli, e non di silfi. Ma' come non sapevo se attribuirebbe gli Oracoli a qualche causanaturale, stimai necessario di fargli dire il suo pensiero sovra di cio'. Me ne diede motivolodando certe statue che erano in quel luogo dov'eravamo.

- Sono state qua portate massime d'Italia (ripigliai) credendo che altre fiate avevano resi oracoli,quinci sono state comprate a' gran contenti.-

- E' un male comune (ripiglio' egli) L'Ignoranza fa commettere ogni giorno una manierad'Idolatria colpevole, col conservare con cura gl'idoli che si credono aver servito altre fiate aldemonio per farsi adorare. Non si sapra' mai nel mondo, che nel suo principio i nemici sono statiprecipitati sotto lo sgabello de' piedi, e che il demonio e' tenuto incatenato sotto la terra nel buiotenebroso ! tal curiosita' poco lodevole. Di ragunare cosi' que' creduti organi del Diavolo,potrebbe divenir innocente se si potesse persuadere che mai il demonio ha oracolizzato.

- Non istimo (interruppi) che fosse agevole d'asserirlo tra curiosi ; ma ben si forse tra i Sodi.Posciache e' stato deciso poco fa in una Ragunanza fatta apposta per tal materia da' acutissimiingegni, che tutti questi Oracoli non erano che una superchierie dell'avarizia de' Preti Gentili, odun'artifizio della politica de' Sovrani. -

- Erano forsi (mi disse) Maomettani quegli della ragugnanza, e che decisero questo ?-

- No (risposi)

- Di qual religione dunque erano (replico') poiche' non badano alla Scrittura Sagra, che parla intanti luoghi di tanti varj Oracoli ? e particolarmente de' Pitoni, che facevano la loro residenza eche rendevano le loro risposte nelle parti destinate alla moltiplicazione.-

- Parlai (replicai) di questi ventri parlatori, e feci notare che Saule li aveva banditi dal suo Regno,dove ne trovo' pero' ancora uno la vigilia della sua morte, la cui voce ebbe l'ammirabil potere di

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resuscitar Samuele, a' suo priego, ed alla sua rovina. Ma questi sapienti non lasciarono didecidere, che non vi furono mai Oracoli.-

- Se la Scrittura non faceva loro impressione (disse egli) bisognava convincerli coll'antichita',nella quale era agevole di far loro vedere mille bellissime pruove. Tante Vergini gravide deldestino de' mortali, che partorivano la buona o la cattiva fortuna di quegli che le consultavano.Perche' non adduceva V.S. Crisostomo, Origene ed Ecumenio ? Che rammentano que' indovinichiamati da Greci Engastrimandes , i cui ventri profetici articolavano Oracoli tanto famosi. E senon volevano la Scrittura e i Padri, bisognava addurre quelle zitelle miracolose menzionate daPausania, che si mutavano i colombe, e rendevano li celebri Oracoli delle Colombe di Dodona ;o' quelle zitelle illustri della Francia, che si mutavano in ogni figura, al piacere de' Consultanti, eche oltre gli Oracoli celebri che rendevano, avevano l'imperio sovra li fiotti, ed una autorita'salutare sulle malattie piu' incurabili.-

- Oh (risposi) sarebbero state trattate queste cose di falsita'.-

- Perche' (ripiglio' egli), l'Antichita' forsi le faceva sospette ? Doveva allegar loro gli Oracoli chesi rendono ancora ogni giorno.

- Ed in qual luogo del mondo (gli dissi)

- Per tutto (rispose) V. S. e' maestro in Israele e non lo sa ? Non si consultano forse ogni giornogli oracoli acquatici dentro bicchieri d'acque o' dentro bacini, e gli aerej negli specchi, co' crivellie sulle mani delle Vergini ? Non si recuperano cosi' gli orologi rubati e cose perdute ? Non sisanno cosi' le nuove de' paesi lontani ?-

- Ah, che mi dice V. S. (gli dissi)-

- Gli dico (ripiglio' egli) quanto son sicuro che arriva ogni giorno. -

- Mi scusi Padrone (replicai) io non lo credo. I magistrati farebbero giustizia e darebbero qualcheesempio d'un'azione tanto abominevole e non tolerarebbero che l'idolatria.......-

- Oh, come V. S. e' pronto ! (interruppe) non vi e' tanto male come pensa in questo, e laprovvidenza non lasciera' che si estirpi questo rimasuglio di filosofia che si e' salvato dalmiserando naufragio della povera verita'. Se rimane ancora qualche vestigio del formidabilepotere de' nomi divini fra' i popoli, perche' scancellarlo ? e perder cosi' il rispetto a' quegli cheoperano soli tante meraviglie, anche invocato dagli ignoranti e peccatori, e che farebbero benealtri miracoli, e piu' stupendi in una bocca cabalistica. Se S.V. voleva convincerli della verita'degli Oracoli non aveva che da esaltare la sua imaginazione, e la sua fede, e volgendosi versol'Oriente gridare ad altra voce A. G........-

- Signore (interruppi) avrei ben badato di far un simile argomento a' persone si onorate comequello colle quali ero ; m'avrebbero pigliato per pazzo, perche al certo non vi prestano fede, equando anche avessero saputo l'operazione gabalistica, che V. S. dice, non sarebbe riuscitaper mia bocca, perche io vi ho' ancora minor fede d'essi.-

- Se V. S. non ne ha (disse egli) ce ne faro' bene venire. Fratanto se avesse V. S. stimato chenon avessero prestato fede a quanto si vede ogni giorno, dovea addur loro l'Oracolo che diceCelio Rodigino aver veduto egli stesso render nel fine del secolo passato da quell'uomostraordinario che prediceva il futuro collo stesso organo di Euricle di Plutarco -

- Non avrei voluto (risposi) citar Rodigino, perche' sarebbe stata la citazione assai pedantesca,e non avrebbero mancato di dirmi che quest'uomo era un' indemoniato.

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- Si l'avrebbero detto, ma frateschissimamente (ripiglio' egli)-

- Signore (interruppi) nonostante la di lei avversione cabalistica che vedo che ha per gliEcclesiastici, non posso far di meno in tal'occasione di prendere il loro partito. Stimo che non visarebbe tanto male di dire che non vi sono mai stati Oracoli, quanto vi sarebbe nel dire che nonera il demonio che parlava. Poiche' in fine i Padri ed i Teologi......-

-Poiche' infine (interruppe egli) i Teologi non concedono eglino che la sapiente Sambetea, lapiu' antica delle Sibille era figlia di Noe' ?

- Che importa ?(ripigliai)

- Plutarco (ripiglio' egli) non dice egli che la piu' antica delle Sibille fu' la prima, che rese glioracoli a Delfo ? Questo spirito, che teneva Sambetea nel suo seno, non era dunque unDemonio, ned il suo Apollo era un Dio falso ; poiche' l'idolatria non comincio' che un pezzodoppo la divisione de' linguaggi, e sarebbe poco verisimile d'attribuire al padre delle menzogne ilibri delle Sibille e tutte le pruove della vera Religione che ne a'nno tratte i Padri : e poi nontocca a V. S. di rompere il matrimonio fatto da un cardinale di Autorita' tra Davide e la Sibilla, ne'di accusare questo personaggio d'aver comparato un si' gran profeta ed un sfortunataEnergumena. Posciache' o Davide fortifica la testimonianza della Sibilla, o' la Sibilla affievoliscel'autorita' di Davide. In oltre il Demonio e' mai egli stato diviso da se stesso ? ed egli alle fiatecontrario a' suoi proprj interessi ?

- Perche' no ? (gli risposi)

- Perche' no ? (disse egli) Perche' quello che Tertulliano ha' chiamato la ragione di Dio, non lotrova a proposito. Il Demonio non e' mai diviso da se stesso. Ne siegue dunque o' che ildemonio non ha' mai parlato contro i suoi proprj interessi ; quinci se gli oracoli a'nno parlatocontro gl'interessi del demonio, non era il Demonio che parlava negli Oracoli.

- Ma Dio non ha' egli potuto sforzar il Demonio (gli dissi) di dar luogo alla verita' e di parlarcontro se stesso ?

- Ma (replico' egli) se Dio non l'ha' sforzato ?

- Ah ! in questo caso (ripigliai) V. S. avra' maggior ragione che li Ecclesiastici.

- Vediamolo dunque (segui' egli) e per procedere invincibilmente non voglio addurre gli Oracoliaddotti da' Padri perche' com'eran uomini potevano ingannarsi, ma' voglio addurre un'Uomo chenon puo' essere sospetto in cio' : Pagano, e Pagano d'altra sorte che Lucrezio, Luciano o' gliEpicurei, un Pagano infatuato de' suoi Dij e de' demoni senza numero, superstizioso fuor dimodo, Mago e per conseguenza gran partigiano del Diavolo, Porfirio io dico. Ecco alcuni oracolich'egli riferisce, eccoli, parola per parola.

Oracolo

Vi e' sovra il fuoco celeste una fiamma incorruttibile, sempre risplendente, scaturigine dell vita,fonte d'ogni essere e principio d'ogni cosa. Questa fiamma produce tutto, e non perisce chequanto questa consuma, si fa conoscere da se stessa e non puol'esser contenuta da alcunluogo.Ella e' senza corpo, senza materia, circonda i Cieli ed esce da essa una scintilluccia che fa tuttolo splendore del Sole, della Luna e delle Stelle. Ecco quanto so d'Iddio : non cerca a' saperne dipiu', perche' eccede la tua capacita' per sapiente che tu sij. Del resto sappi che l'uomo ingiusto

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e cattivo no puo' celarsi da Dio. Ne' scaltrezza, ne' senza puo' coprire niente a' suoi occhipenetranti. Tutto e' pieno di Dio. Dio e' per tutto.

- Questo Oracolo non mi pare procedente dal Demonio. Almeno (dissi) esce assai dal suocarattere.

- Eccone un altro (disse egli) che dice meglio.

Oracolo

Vi e' in Dio una profondita' immensa di fiamma il cui calore tranquillo e quieto fa l'armonia e ladurata del mondo. Cosa veruna non esiste che da questo fuoco, che e' lo stesso di Dio. Non e'stato generato da alcuno, e' senza madre, sa tutto, e non gli ci puol'insegnar niente ; e'invacillabile ne' suoi disegni, ed il suo nome e' ineffabile. Ecco cosa e' Iddio, posciache per noi,che siamo suoi Messaggieri, non siamo che una particella di Dio.

- E bene che dice V. S. di questo ?

- Diro' di tutti due (replicai) che Dio puo' sforzar il Padre delle menzogne a' dar luogo alla verita'.

- Eccone un altro (ripiglio' egli) che levara' questo scrupolo

Oracolo

Ahi Tre'piedi ! Piagnete e fate l'Orazione funebre del vostro Apollo. Egli e' mortale, si spegneperche' la luce della fiamma celeste lo fa spegnere.

- V. S. vede bene che, chiunque sia che parla in questi Oracoli, che spiega cotanto bene a'pagani l'essenza, l'Unita', l'immensita' e l'Eternita' di Dio, confessa che e' mortale e che non e'una scintilluccia di Dio. Non e' dunque il demonio che parla, poiche' e' immortale, e che Dio nonlo sforzarebbe a dirlo, che non lo e'. E' costante che il Demonio non si divide contro se stesso. Eegli questo il modo di farsi adorare, di dire che non vi e' che un Dio solo ? dice che e' mortale, eda quando in qua il Demonio e' si' umile di levarsi le sue qualita' naturali ? V. S vede dunque,che, se il principio di quello che si chiama per eccellenza il Dio delle scienze sossiste, nonpol'essere il Demonio che ha' parlato negli Oracoli.

- Ma se non e' il demonio (gli dissi) o' con mentire quando si dice mortale, o' dicendo la verita'per forza quando parla di Dio, a' chi attribuire dunque questi oracoli che V. S. sostiene esserveramente stati resi ? Forsi all'esalazione della Terra, come Aristotele, Cicerone e Plutarco ?

- Oh questo no (disse egli) non sono cosi' pazzo.

- Come (replicai) tiene V. S. questa opinione per pazza ? i suoi partigiani sono pero' persone digiudizio.

- Non lo sono in questo (ripiglio' egli) ed e' impossibile di attribuire all'esalazione quanto si e'fatto negli Oracoli. Per esempio, quell'uomo appo Tacito, che compariva in sogno a' Sacerdotid'un tempio d' Ercole, nell'Armenia, e che comandava loro di tenergli pronti corsieri bardati perla caccia. Sin qui potrebb' essere l'esalazione : ma quando i corsieri venivano alla sera stanchi,ed il carcasso vuoto di frecce, e che il giorno seguente si trovavano tante bestie morte ne'boschi quante frecce nel carcasso, cio' non puo' derivare dall'esalazione. E non era il Diavolo,perche' non si puo'l'attribuire all'inimico di Dio senza pazzia, che gli sia permesso di pigliarsi talespasso.

-A' che dunque (gli dissi) attribuisce la Gabala tutto cio' ?

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- Aspetti V. S. (replico') e mi lasci levargli dal capo quest'esalazione, perche' ha citato con tant'Emfasi Aristotele, Cicerone e Plutarco che V. S. potrebbe ancora citare Giamblico, che, perdotto che fosse, stette in tal'errore qualche tempo, che lascio' pero' quando ebbe squitinata lacosa nel libro de' misterj.

Pietro d'Aponio, Ponponaccio, Levinio, Sisenio e LucinioVanino ancor'eglino, a'nno piacered'aver trovato questo in alcuni antichi. Tutti questi dotti, quali, quando parlano delle cose divinedicono piu' tosto quanto bramano, che quanto conoscono, non ammettono cosa alcuna di sovraumano negli Oracoli, per riconoscere qualche cosa di superiore all'uomo. Temono di fare unascala per arrivare sino a' Dio, che temono di conoscere co' gradi delle Creature Spirituali, evogliono piu' tosto farsene una per iscendere nel niente. Non vogliono assoggettare l'uomo allesostanze meno materiali, e l'assoggettiscono ad un'esalazione, e senza considerare che non vie' alcun rispetto tra' questo fumo chimerico e l'anima dell'Uomo tra' questo vapore e le cosefuture, tra' questa causa fievole e questi effetti miracolosi, basta loro d'essere singolari percredere che sono ragionevoli, e di niegare gli spiriti per sembrare dotti e giudiziosi..

- La singolarita' dunque spiace molto a V. S. (interruppi)

- Ah (mi disse egli) e' la peste del giudizio, e la pietra d'inciampo de' giudiziosi. Aristotele, pergran logico che fosse, non ha' potuto evitare il laccio, nel quale la fantasia ed il ghiribizzo dellasingolarita' induce tutti, non ha' potuto, dico, evitare d'imbrogliarsi e di contraddirsi. Dice nel librodella generazione degli animali, e nella sua morale, che l'intelletto umano viene dall'uomoesteriormente, e che non puo' procedere dal Padre : e per la spiritualita' delle operazionidell'anima conchiude esser'essa d'un altra natura che il composto materiale che anima, e la cuimaterialita' non fa che offuscare le speculazioni invece di contribuire alla loro produzione. CiecoAristotele ! poiche' secondo esso il composto materiale non puol'essere l'origine de' pensierispirituali, e vuole poi che un'esalazione fievole possa essere la causa de' pensieri sublimi, edello scopo pio de' Pitoni che oracolizzano. Ecco come si contradice, e come la singolarita' lo fatraviare.

- V. S. parla benissimo (gli dissi) - sperando di sanarlo dalla sua demenza, gia' che vedevo cheparlava bene, dio voglia che.....

- Plutarco (interruppe egli) tanto sodo, muove a compassione ne' suoi dialoghi, perche' glioracoli a'nno cessato. Si oppone varie cose convincenti che non risolve punto. Perche' non sirisponde degli, quando gli si dice che se e' l'esalazione che sia la causa di questi trasporti edentusiasmi, tutti quegli che si avicinano al trepiede fatidico sarebbero pieni d'entusiasmi, e nonuna zitella sola, ed ancora e' d'uopo ch'essa sia vergine ? Ma' come puo' questo vaporearticolar voci nel ventre ? Di piu' questa esalazione e' una causa naturale, necessaria, che devefare il suo effetto regolarmente e sempre : e perche' questa zitella e' agitata solo quando vienconsultata ? E perche' la terra ha' cessato ella di tramandare simili vapori ? E' essa meno terradi prima ? riceve ella altri influssi ? ha essa altri mari, e fiumi ? Chi ha' dunque otturato i suoipori, o' mutata la sua natura ? Ammiro Ponponaccio, Lucillo ed altri d'aver pigliato l'idea diPlutarco, e d'aver lasciato il modo con che si spiega. Egli aveva parlato piu' giudiziosamented'Aristotele e di Cicerone. Com'egli era uomo giudizioso, e non sapendo che conchiudere degliOracoli, doppo un'irresoluzione tediosa, si era prefisso che tal'esaltazione era uno Spirito Divino; cosi' attribuisce alla divinita' que' moti e chiarezze straordinarie delle sacerdotesse d'Apollo(Questo vapore indovino- dic'egli - e' un soffio ed uno spirito divino e santo). Ponponaccio,Lucillo e gli Atei moderni non tengono simili discorsi, che suppongono la divinita' . Tai esalazioni(dicono eglino) erano della natura de' vapori che infettano gli Atribilarj, che parlano linguaggioche non sanno. Ma Fernello refuta questi empj, provando che la bile, che e' un'umor peccantenon puo' cagionare questa diversita' di linguaggi, che e' un effetto miracoloso dellaconsiderazione, ed un espressione artifiziale de' nostri pensieri. Egli ha' pero' deciso la cosaimperfettamente quando si e' soscritto a Psellio ed altri che non a'nno capito la nostra filosofia.

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Non sapendo d'onde pigliare le cause di tanti effetti, ha' fatto come le Donne ed i Frati e li ha'attribuiti al Demonio. -

- A chi dunque attribuirli (gli dissi) e' un pezzo che aspetto tal segreto.

- Plutarco stesso l'ha' notato (mi disse egli) ed avrebbe fatto bene di tenervisi. Questo modoirregolare di spiegarsi per un organo indecente, non essendo assai grave e degno della maesta'de' Dij (dice questo pagano) e superando quanto dicevano gli Oracoli le forze dell'animadell'Uomo, quegli a'nno reso un buon servizio alla Filosofia che a'nno stabilito alcune creaturemortali tra' gli Dij e gli uomini, a' quali si puo' riferire quanto supera la fievolezza umana, e chenon si avvicina alla grandezza divina. Quest'opinione e' di tutta la filosofia antica. I Platonici, ePitagorici lo''avevano pigliata dagli Egizj, e questi da Gioseppe e dagli ebrei che abitaronol'Egitto prima del passaggio del mar Rosso. Gli Ebrei chiamano queste sostanze che sono tra gliAngeli e l'uomo Sadaim ed i Greci trasportando le sillabe e non aggiungendovi che una lettera,Daimonos. Questi Demonj sono appo gli antichi Filosofi un popolo aereo dominante gli elementi,mortale, generante, incognito in quel secolo a' quegli che tracciavano poco la verita' nella suaantica stanza, cioe' la nella Gabala, e nella teologia degli Ebrei che avevano appo d'essi l'arteparticolare di trattenere questa nazione aerea, e di conversar con essa.

- Eccola ancora, per quanto io credo (interruppi) alli suoi Silfi.

- Si' (continuo' egli). Il Terafim de' Giudei non era che la cerimonia che bisognava osservare pertal comercio ; e quel Micas ebreo che si lagna nel libro de' Giudici che sono stati levati li suoi Dij,non piagne che la perdita della statua nella quale i Silfi lo trattenevano. I Dij che Rachele rubbo'a suo Padre, erano un Terafim. Micas, ne' Labano non sono ripresi d'idolatria : e Giacobbe nonavrebbe vissuto quatordici anni con un'Idolatra, ne' sposato la sua figlia. Cio' non era che uncomercio de' Sifi : e noi sappiamo per tradizione che la Sinagoga teneva tal comercio lecito, eche ‘Idolo della moglie di Davide non era che il Terafim col quale teneva comercio co' popolielementarj : poiche' V. S. puo' ben credere che un simile Profeta non avrebbe tolerato l'Idolatriain casa sua. Questi elementarj prima della venuta del Messia pigliavano piacere a' spiegar'agliuomini negli oracoli quanto sapevano di Dio ; ed a' mostrar loro a' vivere moralmente, a' dar loroconsigli prudenti ed utilissimi, come se ne vedono molti appo Plutarco ed altri Storici. Maquando Dio ebbe pieta' del mondo, e volle divenir'egli stesso Dottore, questi Dottorelli siritirarono, e quinci il silenzio degli Oracoli.

- Risulta dunque (replicai) da tutto il discorso, che vi sono stati Oracoli, e che i Silfi li rendevano ;e che sono dessi che li rendono ogni giorno ne' bicchieri, negli specchi e crivelli.

- Li Silfi,o' Salamandri, i Gnomi o' li Ondini (ripiglio' egli)

- Se cio' e' (replicai) i di lei elementarj sono bene poco onesti.

- Perche' ? (disse egli)

- Eh, puossi vedere cosa piu' brutta (seguitai) che tutte queste risposte equivoche che davanosempre.

- Sempre ? (ripiglio' egli). Ah non sempre. Quella Silfide che apparve a quel romano in Asia eche gli predisse che vi riverrebbe una fiata in qualita' di Proconsole, parlava forsi essa conoscurita' ? E Tacito non dice egli che la cosa successe com'era stata predetta ? Quell'iscrizione,e quelle statue famose nelle Storie di Spagna, che predissero allo sfortunato Re' Rodrigo che lasua curiosita' e la sua incontinenza sarebbero castigate da persone vestite ed armate comeloro, e che questi uomini neri s'apponderarebbero della Spagna, e vi regnarebbero lungo tempo.Cio' non poteva essere piu' chiaro, e se ne vidde l'effetto lo stesso anno, perche' i Moristronarono questo Re' effeminato, e V. S. ne sa la storia ; e V. S. vede bene che il Demonio,

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che doppo la venuta del Messia non dispone degl'Imperi, non ha' potuto esser'autore di questoOracolo, e che sicuramente e' stato qualche Gran Gabalista che l'aveva saputo da qualcheSalamandra delle piu' dotte : poiche come queste cose amano molto la castita', ci diconovolentieri li disastri che devono arrivare al mondo per la mancanza od intaccamento di tal virtu'.-

- Ma Signore (gli dissi) trova V. S. casto e degno del pudore Cabalistico quell'organo eteroclitodi cui si servivano per predicare la loro Morale ?

- Ah questa volta (disse ridendo) V. S. e' pazzo, non vede ella la ragione fisica che fa che ilSalamandra infiammato si piace nei luoghi piu' ignei, ed e' attratto dal....

- Intendo, intendo (interruppi) senza che si spieghi piu' avanti

- Quanto all'oscurita' d'alcuni Oracoli (segui' egli gravemente) che V. S. chiama bruttezza esporchezze, le tenebre non sono elleno l'abito ordinario della verita' ? L'oracolo continuolasciato da Dio, la Scrittura dico,, non e' ella ingombrata d'una oscurita' santa che confonde isuperbi come conduce gli umili ? Se V.S. non ha' che questa difficolta', la conseglio a' nondifferire d'entrare in comercio co' questi elementarj. V. S. li trovera' onesti, sapienti, benefici etimorosi di Dio. Son di parere che V. S. cominci da' Salamandri, perche il suo Marte denotimolto ardore nelle sue azioni ; E per il matrimonio son di parere che si pigli una Silfide. V. S.sara' piu' felice con ella che con altre, perche' il suo Giove in sestile di Venere presiede all'aeree popoli aerei. Pero' squitini il suo interiore, perche' come sapra' un giorno, e' per gli astriinteriori che il Savio si governa, e gli astri del cielo esteriore non servono che a fargli conoscerepiu' certi gli aspetti degli astri del Cielo interiore, che e' in ogni creatura. Cosi' tocca a'V. S. a dirla sua inclinazione per procedere all'alleanza cogli elementarj che gli saranno piu' a' grado.-

- Cio' (risposi) richiede tempo per deliberarmi - e sovra questo ritornassimo a Coppenaga, ed inistrada lo feci discorrere degli Atei e non ho' mai udito parlare cotanto bene, ne' dire cose si'sode per l'esistenza di Dio e contro l'accecamento di quegli, che passano la loro vita senzadarsi ad un culto continuo di quello dal quale teniamo l'essere e che ci conserva. Ed assicuro V.E. ch'ero attonito dal carattere di questo signore, e non potevo capire come poteva essere inuno stesso tempo tanto forte e tanto fievole, si mirabile quanto ridicolo.

Fra' tanto in me stesso ruminavo tutte queste cose, ed avrei volentieri desiderato che quantom'aveva detto fosse vero, perche volentieri avrei voluto aver comercio co' Gnomi per aver daessi Tesori e segreti proprj per accumular danari per potermi astenere dalle fatiche continue allequali m'ero dedicato per tracciare la Pietra Filsosfale, ma' quando squitinavo tutto, trovavo cheera chimerico, e cosi' lasciando tutti questi elementarj chimerici nel loro niente, continuai leprincipali fatiche per questo Re', ne' mi sono piu' curato di vedere questo Signore per qualchetempo. Egli mi e' stato a' cercare gia' due volte, ma' non avevo tempo di parlargli. Se lo vedro' dinuovo non mancaro' di dar parte a' V. E. della continuazione di questo trattenimento bizzarro,che dal detto si puo' dedurre che sara' bello.

Fra' tanto V. E. puo' spassarsi di questo fin ad altro tempo, che mi verra' fatto di trattenerlad'altre cose, e la supplico di credere che in ogni occasione mi gloriaro' d'essere con rispetto eriverenza

D. V. E.

da Coppenaga li 16 Maggio 1666

Umilissimo, ed Ubb.mo Serv.re

Francesco Borri

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IV

Eccellentissimo Signore

Eccomi di nuovo con questa a' dare spasso , per quanto m'imagino a' V. E. colla continuazionedel discorso di quel Signore Danese, del quale gia' le scrissi in altra mia lungo ragionamento,circa l'esistenza di certe creature elementari, come da quella V. E. avra' visto. Ho' tardato tantoperche' ho' tardato d'abboccarmi con esso, quantunque egli lo desiderasse in sommo e che nesollecitasse li mezi : ma' miei soffiamenti mi tenevano talmente occupato che non ho' avutotempo per dare qualche ora a' simili trattenimenti, finche arrabbiato un giorno per lo scoppio diqualche vaso di liquor prezioso, che avevo quasi ridotto a' perfezione, e cio' per aver dato fuocoquasi in eccesso, godei che giustamente mi venne a' trovare, che servi' per dar sollievoall'affanno che mi rodeva il cuore.

Egli m'accosto' : - Embe' (mi diss'egli) per quale specie de' popoli invisibili ha' V. S. maggiorinclinazione, per le Salamandre, Gnomidi, Ondini o Silfidi ? -

- Non ho ancora (risposi) risoluto il matrimonio, e se lo volessi, amerei meglio con le Gnomidiche con altre, affinche per amore mi facessero riuscire la pietra Filosofale. -

- E perche' non si risolve ? (ripiglio') -

- A' parlare ingenuamente, Signore (gli dissi) non posso mutar pensiero, ne' l'immaginatione :questa mi rappresenta sempre questi elementarj come tanti griffagni del diavolo.

- Oh Dio (esclamo' egli) non chiudi di grazia l'adito alla verita', sia piu' docile. Ma no', lo dispensod'esserlo perche' si offende la verita' con prepararle strada.

Essa sa abbattere le porte di ferro ed entrare ovunque vuole a' malgrado della resistenza dellamenzogna. E che puo' V. S. opporle ? Forsi che Dio non ha potuto creare tali sostanzeelementari ? -

- Non ho' squitinato (gli dissi) se vi e' qualche impossibilita' nella stessa cosa. Se un elementosolo puo' somministrare sangue, carne d ossa, se vi puol'essere un temperamento senzamescolazione, ed azione senza contrarieta' ; ma supposto che Dio l'abbia potuto fare, chepruova soda evvi che l'abbia potuto fare ?-

- Vuol V. S. esserne convinto all'istante (ripiglio' egli) senza tante maniere ? me ne vado a farvenire i Silfi di Cardano, e V. S. sentira' dalla loro bocca cio' che sono e quanto gliene ho' detto.-

- No' no', di grazia Signore (eclamai) differischi la supplico questa sorte di pruova, finche sijpersuaso che costoro non sono nemici di Dio, posciache fin'a' questo vorrei piu'ttosto morire chefar questo torto alla mia coscienza di......-

- Ecco l'ignoranza e la devozione falsa di questi tempi ! (interruppe egli) Perche' non siscancella dal Calendario de' Santi il maggiore degli Anacoreti ? perche' non si abbracciano lesue statue ? E' peccato che si gettino al vento le sue ceneri, come quelle di chi vien accusatod'aver comercio col Demonio. Non ha' egli esorcizzato i Silfi, e non li ha' egli trattati come uomini? Che ha' V. S. a' dire a' questo Signor scrupoloso ? Il Silfo che discorre della sua natura a' quelPatriarca, a' suo parere, e' egli un griffagno del Diavolo ? E' egli con uno spirito folletto chequell'uomo incomparabile ebbe conferenza nel Vangelo ? ed accusarallo V. S. d'avereprofanato que' Sagri Misterj parlandone con una fantasima nemica dell'Altissimo ? Atanasio eGerolamo sono dunque indegni della gran fama che a'nno fra i di lei Dottori, d'avere scritto con

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tant' Eloquenza ‘elogio d'un uomo che trattava tanto umanamente co' diavoli : Se pigliavanoquel Silfo pe'r un diavolo, bisognava o' celarne l'accidente, o' levare la predicazione in ispirito, o'quell'apostrofe si' patetica che fa il piu' zelante anacoreta, ma piu' credulo di V. S. alla citta' diAlessandria ; se l'a'nno pigliato per una creatura che aveva parte, come assicurava, nellaredenzione come noi ; e se tal' apparizione, a loro parere, e' una grazia straordinaria che Diofaceva al Santo di cui scrivono la vita, perche' voler essere piu' sapiente d' Atanasio eGerolamo, e piu' santo d'Antonio Eremita ? che avrebbe V.S. detto ad Antonio, se V. S. fossestato nel numero de' dieci mila solitarj a' quali narro' la conversazione avuta col Silfo ? Piu' savioed illuminato di tutti quegli Angeli Terrestri V. S. avrebbe rimostrato al Santo Abbate che talconversazione non era che una semplice illusione, ed avrebbe dissuaso il suo discepoloAtanasio di far sapere a' tutta la terra una storia si' poco conforme alla religione, all Filosofia edal suo buon senso. Non e' egli vero ?-

- Egli e' vero (gli dissi) che sarei stato di parere o' di non parlarne, o' di dirne di piu'.-

- Atanasio e Gerolamo (ripiglio' egli) non potevano dirne di piu', perche' non ne sapevano di piu',e quando avrebbero saputo tutto, il che non puo' essere se non si e' nel numero di noi altri, nonavrebbero divulgato temerariamente li segreti della sapienza.-

- Ma perche', replicai) non propose questo Silfo a' Sant'Antonio quanto V. S. mi propone adesso?

- Che (diss' egli ridendo) il matrimonio ? Ah ! sarebbe stato a proposito ?

- Egli e' vero (ripigliai) che apparentemente il buon vecchio non avrebbe accettato il partito, el'offerta. -

- Non certo (diss' egli) perche' sarebbe stato tentar Dio di maritarsi in quell'eta' e domandargliprole.

- Come ? (ripigliai) si marita dunque con le Silfidi per aver prole ?

- Perche' dunque (disse egli) e' farsi, che e' mai lecito maritarsi per altro fine ?

- Non istimavo (risposi ) che si pretendeva da queste descendenza, e credevo che tuttoterminasse ad immortalare le Silfidi.

- Ah ! V. S. aveva torto (segui' egli), la carita' de' Filosofi fa ch'eglino si propongono l'immortalita'delle Silfidi : ma la natura fa ch'eglino desiderano di vederle feconde ; V. S. vedra' nell'aere,quando vorra', queste famiglie filosofiche. Oh mondo felice se non vi fossero che questefamiglie, e se non vi fossero figli d'iniquita' !

- Ma che chiama V. S. (interruppi) figli d'iniquita' e del peccato ?.

- Sono (continuo' egli) tutti i figli che nascono per la strada ordinaria ; concepiti per la volonta'della carne e non di Dio, figli d'Ira e di maledizione, ed in una parola figli d'Uomo e di Donna. V.S. desia d'interrompermi, vedo bene quanto mi vorrebbe dire. Si, sappia che non fu mai lavolonta' del Signore che l'uomo e la donna avessero figli nel modo che a'nno. Il disegno era piu'nobile. E se Adamo non avesse disubbidito all'ordine che aveva di non toccar' Eva, e che sifosse accontentato del rimanente de' frutti del Paradiso terrestre, di tutte le bellezze delleelementari, il mondo non sarebbe pieno di uomini imperfetti, che ponno passare per mostri a'rispetto de' figli de' Filosofi.

- Come (gli dissi) V. S. crede per quanto vedo che il fallo d'Adamo e' ben altro che d'avermangiato un melo ?

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- Non lo crede (ripiglio') perche' la scrittura dice altrimenti ; anzi detesto quelli che non voglionocredere alla Scrittura Sagra. Ma gli parlo in senso d'alcuni che non pigliano la storia del meloletteralmente. Dicono che la lingua santa suole metaforizzare per allontanare da noi le ideepoco oneste d'un' azione cagionatrice delle sfortune del genere umano. Cosi' quando Salomonediceva che voleva salire sulla Palma, e come frutti ci dicono che aveva tutt'altro appetito che dimagnar dattoli. La lingua degli Angeli tutta pura e casta, non ha termini per ispiegare edesprimere quanto nomina melo o dattolo. Ma questi cifrano tai figure quando vedono che ilgusto e la bocca d'Eva non sono gastigati, che partorisce ne' dolori, vogliono che il gusto nonsia reo, e stimano di scoprire il primo peccato per la cura che pigliarono i primi peccatori dicelare con foglie certi luoghi del corpo, e conchiudono che l'uomo non doveva moltiplicarsi perquesta strada. Se cio' fosse vero, cosi' come e' falso, Adamo non doveva generare che uominisuoi pari, od Eroi o' Giganti.

-E che espediente vi era (interruppi) per queste generazioni mirabili ?

- Non toccare (replico') che le creature elementari. E cosi' non sarebbero nati che Eroi, el'Universo sarebbe stato popolato di persone forti. Si puo' congetturare la differenza che vi eratra il mondo innocente ed il colpevole d'oggidi' per i figli nati cosi' alcune fiate.

- si sono dunque visti (di questi figli degli elementi ? Ed un dottore che mi cito', vi e' qualchetempo, San Agostino, San Gerolamo e san Gregorio Nazianzeno, si e' dunque ingannato,credendo che non potesse nascer prole dall'amore degli Spiriti colle Donne, o' dal comercio cheponno aver certi uomini co' certi demonj che chiamava Ifialti, incubi e succubi.

- Lattanzio ha' ragionato meglio, e Tomaso d'Aquino ha risoluto sodamente che non solamentetai comercj potevano esser fecondi, ma che i figlj che ne nascono sono d'una natura piu'generosa, ed eroica. V. S. leggera' a suo piacere i fati generosi di que' uomini potenti e famosiche asserisce il Legislatore Mose' che sono nati cosi'. Noi ne abbiamo la storia al vigesimo terzoCapitolo de' Numeri. Fratanto giudichi come sarebbe il mondo se tutti gli suoi abitantirassomigliassero, per esempio, a Zoroastre.

- Zoroastre (gli dissi) che vien detto esser l'Autore della Negromanzia ?

- Egli stesso (disse egli) di cui gl'ignoranti a'nno scritto questa calunnia, egli aveva l'onored'esser figlio di Oromasi Salamandro e di Vesta moglie di Noe'. Visse dodici secoli il piu' SavioMonarca del mondo, e poi fu' rapito da Oromasi suo Padre ne' la Regione delle Salamandre.

- Io non dubito (gli dissi) che Zoroastre non sij nel fuoco con Oromasi, ma' non vorrei farel'oltraggio che v. S. fa a' Noe'.

- L'oltraggio non e' si' grande come V S. crede (mi replico'). Tutti que' Patriarchi si recavano agrand'onore d'essere i padri putativi de' figli che gli elementarij volevano avere dalle loro donne.

- Certo (ripigliai) non sarebbero di quell'umore nella nostra Italia. Gli uomini sono troppo gelosidelle loro mogli, che di lasciarsi fare loro le corna dal Diavolo.

- Ben bene (continuo' egli) ritorniamo a Oromasi. Questo fu amato da Vesta moglie di Noe'.Questa, sendo morta fu' il genio tutelare di Roma, ed il fuoco sagro ch'essa voleva che leVergini conservassero con tanta cura, era in onore di Oromasi Salmandro suo Amante. OltreZoroastre nacque dall'amore loro una figlia di rara belta' e d'una sapienza estrema, chiamataNuma, ch'essa amava di far ergere un tempio a' Vesta sua madre, dove si terrebbe il fuocosegreto in onore di Oromasi suo Padre. Ecco la verita' della favola, narrata da' Poeti e StoriciRomani della Ninfa Egeria.

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Guiglielmo Postello, il meno ignorante di tutti quegli che a'nno studiato la Gabala ne' libricommuni, ha' saputo che Vesta era moglie di Noe' ; ma' non ha' saputo che Egeria fosse il buonGenio della moglie di Noe'. Si sa da questi libri che Egeria fu concetta sull'acqua mentre Noe'vagava sulle onde vendicatrici che inondavano l ‘Universo ; le Donne erano allora ridotte al poconumero che si salvarono nell'Arca Gabalistica, che questo secondo Padre del Mondo fecefabricare. Questo pover'uomo temendo di vedere il castigo spaventevole con che venivanopuniti i falli cagionati dal peccato di Adamo, fatto accorto dall'esempio di questo acconsenti' cheVesta sua moglie si dasse ad Oromasi Prencipe delle sostanze ignee, e persuase ad i suoi trefigli di cedere le loro tre mogli a' Principi degli altri tre elementi. L'universo fra poco fu' ripopolatod'uomini eroici, si' sapienti, si' belli e si' mirabili, che la posterita', abbacinata dalla loro virtu' , liha' pigliati per tante divinita'. Uno de' figli di Noe', rubelle al conseglio del Padre, non pote'resistere agli allettamenti di sua moglie ; ma' come il peccato d'Adamo aveva annegrito tutte leanime de' suoi discendenti, la poca compiacenza che Cam ebbe per le Silfidi anneri' tutta la suaposterita'. Da cio' nasce, dicono i gabalisti, la nerezza degli Etiopi e di tutti que' popoli diformi, a'quali viene commandato d'abitare sotto la zona torrida per castigo dell'ardore profano del Padreloro.

- In verita' (gli dissi) ecco ghiribizzi molto singolari, e la di lei Gabala serve mirabilmente periscifrare l'antichita'.

- Ho' detto(replico' egli) che cio' viene asseriti da alcuni, che volendo forsi penetrare troppoavanti, s'impazziscono, ma' per me sto attaccato alla scrittura, ne' presto fede a cose simili. Eglie' ben vero che in molte cose la Gabala serve, e mi creda che nelle cose profane (toltene lesagre) senz'essa la storia, la favola e la natura sono cose oscure ed inintelligibili.

- Perche' dunque (diss'io) adduce tra questi ghiribizzi le cose sacre ?

- Lo faccio (replico' egli) affinche' V. S. Sappia tutto quanto si dice de' Gabalisti, e che poi rigettiquanto si deve rigettare, e non s'appigli che a quanto non offende la scrittura sagra, perche'questa si deve evitare di offendere per non incorrere nella taccia di profano. Questi che a'nnovoluto penetrare piu' avanti, dicono bene cose di ugual rilievo. Dicono che l'ingiuria che feceCam a suo Padre non fu tale, come si spiega litteralmente. Ma' che uscito Noe' dall'Arca, evedendo che Vesta sua moglie non faceva che divenir piu' bella col comercio col suo Oromasi,rivenne passionato per essa. Cam, temendo che suo Padre non ripopolasse la terra di personesi' nere che li suoi Etiopi, piglio' il suo tempo, che il buon Vecchio era pieno di vino, e lo castro'senza misericordia. V. S. ride ?

- Io rido del zelo indiscreto di Cam (gli dissi)

- E' d'uopo piuttosto ammirare l'onesta' di Oromasi, che la gelosia non impedi' di avercompassione del suo Rivale. Insegno' a suo figlio Zoroastro, chiamato altrimente Jafel, il nomedivino che esprime la sua fecondita' eterna. Jafel pronuncio' sei fiate, alternativamente con suofratello, indietreggiando verso il Patriarca, il nome insegnatogli, e restituirono al buon vecchio leparti recise. Questa storia mal' intesa ha' fatto dire a' Greci che il piu' vecchio de' Dij era statocastrato da uno de' suoi figli, ma' quegli che l'asseriscono cosi' tengono la cosa vera per nelmodo narrato. Donde (se fosse vero) si potrebbe vedere quanto la morale de' popoli ignei siapiu' umana della nostra, e piu' di quella degli altri elementarij ; pecche' la gelosia di questi altri e'piu' crudele, come ce lo dimostra Paracelso in un caso che narra, e che e' stato visto da tutta lacitta' di Stranffemberg. Un Filosofo, con cui era entrata in comercio d'immortalita' una Ninfa, fuassai inonesta per amare una femina, come pranzava colla nuova Amata ed altri amici, si viddenell'aria la piu' bella coscia del mondo : l'amante invisibile volle bene farla vedere agli amici delsuo infedele, affinche' giudicassero del torto che aveva di preferirle una femina. Doppo che laninfa sdegnata lo fece morire nello stesso momento.

- Ah signore (esclamai) Cio' potrebbe bene frastornarmi da queste amanti cotanto delicate..

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- Confesso (replico' egli) che la loro delicatezza e' un poco violenta. Ma se si sono viste tra lefemine alcune amanti irate far morire i loro spergiuri amanti, non bisogna stupirsi che questeamanti si' belle e fedeli si trasportino, quando vengono tradite, massime che elleno non esigonodagli uomini che d'astenersi dalle femine, i cui difetti non sono loro tolerabili, e ch'elleno cipermettono d'amarne, tra esse, quante ne vogliamo. Elleno antepongono l'interesse el'immortalita' delle loro compagne alla sodisfazione particolare, ed elleno godono che i Savijdijno alla loro repubblica tanti figli quanto ne ponno dare.

- Ma infine (ripigliai) donde procede che ci sono tanti pochi esempi di quanto mi dice.

- Ve ne e' un gran numero (siegui' egli) ma' non vi si fa riflesso, o non vi si presta fede, od infinesi spiegano male per mancanza du conoscerne i principi. Si attribuisce al Demonio quanto sideve attribuire agli elementarj. Un Gnomicello si fa amare dalla famosa Maddalena della Croce,Abbadessa di un monastero di Cordova in Ispagna, Ella lo rende felice e l'accontenta fin dall'eta'di dodici anni, e continuano il loro comercio per trent'anni. Un direttore ignorante persuadeMaddalena che il suo amante e' un folletto, e la costringe a chiedere assoluzione da Papa PaoloIII. Frattanto e' impossibile che fosse un Demonio, pecche' tutta l'Europa ha saputo eCassiodoro Renio ha' voluto mandar'alla posterita' il miracolo che si faceva ogni giorno a favoredella zitella, il che non sarebbe successo se il suo comercio col gnomo fosse stato diabolico,come se lo prefiggeva il Venerabil Direttore. Questo Dottore avrebbe detto con ardire, se nonm'inganno, che il Silfo che s'immortalava colla giovane Gertrude, monaca nel Monastrero diNazzaretto nella diocesi di Colonia era qualche diavolo.

- Certo (gli dissi) e cosi' lo credo.

- Ah ! (siegui' egli ridendo) Se cio' e' il Diavolo, non e' guari infelice di poter aver un comercio diamore con una zitella di tredici anni, e scriverle i viglietti pieni di espressioni amorose che lefurono trovati. Creda V. S. che il diavolo ha' nella regione della morte occupazioni piu' tristi ; mae' cosi' che si chiudono volontariamente gli occhi. Si trova, per esempio, in Tito Livio cheRomolo era figlio di Marte, i giudiziosi dicono esser una favola : i teologi che era figlio delDiavolo incubo ed i Spassosi che la Signora Silvia avea perduto li suoi guanti verginali,e che nevolle pagliare la vergogna , dicendo che un Dio gliele aveva rubbati Ma i Cabalisti dicono chequesto Marte era un Salamandro, che, innamorato di Silvia la fece madre del gran Romolo,quell'eroe, che doppo aver fondata la sua famosa Citta', fu rapito da suo Padre in un carroinfiammato, come fu' Zoroastre da Oromasi.. Un altro Salamandro fu' Padre di Servio Tullio ;Tito Livio dice che fu' il Dio del Fuoco, ingannato per la rassomiglianza ; e gli ignoranti a'nnofatto lo stesso giudizio, come del Padre di Romolo. Il famoso Ercole, e l'invincibile -Alessandroerano figlij del maggiore de' Silfi : gli Storici che lo ignoravano a'nno detto che Giove era loroPadre ; eglino dicevano la verita', posciache' come V. S, ha' udito, sendosi questi elementarijerti in tante Divinita', gli Storici, che li credevano tali, chiamavano figli delli Dij tutti quelli che nenascevano. Tal fu' Platone, Apollonio Tianeo, Ercole, Achille, Serpedone , il Pio Enea ed ilfamoso Melchisedec ; posciache sa chi fu il Padre di Melchisedec ?

- No (gli risposi).

- Il Padre di Melchisedec (ripiglio' egli) era un Silfo, e questo Re di Salem fu' concetto nell'arcadalla moglie di Sem. Il modo di sacrificare di questo Pontefice, era lo stesso che insegno' Egeriasua Cugina a' Numa, come altresi' l'adorazione di una divinita' sovrana senza imagini ne' statue; per lo che divenuti li Romani Idolatri qualche tempo doppo, abbruciarono i libri di Numa, dettatida Egeria. Il primo Dio de' Romani era il vero Dio, il loro sacrifizio era il vero, eglino offrivanopane e vino al sommo monarca del Mondo, ma' tutto indi si perverti'. Dio non lascio' pero' inricognizione del primo culto di dare a' questa citta' l'Impero dell'Universo. Lo stesso sacrifizioche Melchisedec.......

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- La supplico Signore (interruppi) lasciamo li' Melchisedec, il Silfo che lo genero', Egeria suaCugina ed il sacrifizio del pane e del vino. Queste pruove mi sembrano un poco vecchie : e V.S. mi obbligherebbe bene di dirmene di piu' fresche e nuove, perche' ho udito dire a' un dottore,a chi fu' chiesto ch' erano divenuti i compagni di quella spezie di Satiro che appariva aSant'Antonio e che V. S. ha' nominato Silfo, che tutt' ora sono morti. Cosi' gli elementarijpotrebbero bene esser periti, giacche' V. S. li confessa mortali, e che non se ne ha' nuovaalcuna.

- D'onde ha' pigliato questo Dottore (replico' egli gravemente) che gli elementi sono deserti, eche tutti que' popoli sono annichiliti ? Se volesse leggere un poco le storie, e non attribuire alDemonio, come fanno le Donnicciuole, quando supera la chimerica Teorica che si fa dellanatura, trovarebbe in ogni tempo e luogo pruove di quanto ho' detto. Che direbbe questi Dottoredella storia autentica arrivata poco fa in Ispagna ? Una bella silfide si fece amare da unoSpagnuolo, visse con esso lui tre anni e poi mori'. Dirassi che fosse un Diavolo ? La bellarisposta puuuh ! Secondo qual fisica puo' il Diavolo organizzare un corpo di Donna, concepire,partorire ed allattare ? Che pruova essi nella Scrittura, del potere che sono costretti i Teologi didare al Demonio in tal' occasione ? E qual ragione verisimile puo' dar loro fievole fisica ? DelRio gesuita narra molti di questi casi, e senza imbrogliarsi di ragioni fisiche conchiude chequesti Silfidi erano Demonij ; cosi' i piu' gran Dottori non fanno bene spesso piu' delleDonnicciuole. Impari V.S. ad esser umile, ed a non dare, come fanno i Savij, a' Demoni alcunpotere della natura, da che la pietra fatale li ha' rinchiusi nelle cloache abissali. Impari da'Filosofi a cercar sempre le cause naturali in ogni cosa straordinaria ; e quando queste mancanoricorri a' Dio ed a' suoi Angeli, e mai a' demoni, che non possono piu' niente che soffrire,Altrimente V. S. attribuira' al Diavolo l'onore delle opre piu' mirabili della natura. Quando gli sidirebbe ad esempio che Apollonio Tianeo fu' concetto senza operazione d'uomo, e che unSalamandro scese per immortalarsi con sua Madre, V. S. direbbe che questo sarebbe unDemonio, e V. S. Darebbe la gloria al Diavolo della generazione d'uno de' maggiori uomini chesiano usciti da' nostri matrimoni filosofici.

- Ma signore, (interruppi) questo Apollonio e' reputato tra noi per un grande stregone, ed e'quanto si dice di bene d'esso.

- Ecco (ripiglio') uno de' piu' mirabili effetti dell'ignoranza e della cattiva educazione. Perche' siodono dalla nodrice vane parole de' Stregoni, tutto lo straordinario non puol avere che il diavoloper autore. I maggiori dottori faccino quanto vogliono, non saranno creduti, se non parlanocome le nodrici. Apollonio non e' nato d'uomo, intende il linguaggio degli uccelli, e' visto in unostesso giorno in varij luoghi del mondo, sparisce alla presenza di Domiziano che vuolmaltrattarlo, resuscita una fanciulla per virtu' onomantica ; dice un Efeso in una ragugnanza ditutta l'Asia, che nella stessa ora vien' ucciso a Roma il Tiranno. Si tratta di far giudizio diquest'uomo, la nodrice dice che era uno Stregone, S. Gerolamo e S Giustino martire dicono chenon e' che un Gran Filosofo. Gerolamo, Giustino ed i nostri Gabalisti saranno ghiribizzosi, eduna donnicciuola avra' la vittoria. Ah ! che l'ignorante perisca nella sua ignoranza, ma' si salvi V.S. dal naufragio. Quando V. S. leggera' che il famoso Merlino nacque senza operazioned'uomo, d'una monaca, figlia del Re' della Gran Bretagna, e che egli prediceva il futuro piu'chiaramente di Tiresia, non dica col popolo che fosse figlio d'un Demonio incubo, perche' non e'vero, ne' profetizzo per arte diabolica, perche' il Demonio e' la piu' ignorante di tutte le creature.Dica co' Savij che la Principessa Inglese fu' consolata nella sua solitudine da un Silfo che avevacompassione d'essa, che piglio' cura di darle spasso, che seppe piacerle, e che Merlino lorofiglio fu' aglievato dal Silfo in ogni scienza, ed imparo' da esso a' fare tutte le cose mirabilinarrate dalla Storia d'Inghilterra. Non faccia, di grazia, l'oltraggio a' Conti di Cleve di dire che ilDiavolo e' Padre loro, ed abbia meglior opinione del Silfo, che, dice la storia che ando' a Clevesovra una nave miracolosa tirata da un Cigno che vi era attaccato con una catena d'argento ;questo Silfo doppo aver avuto varij figli dalla erede di Cleve riparti' un giorno di mezo di' a' vistadi tutto il mondo sovra la sua nave aerea ; e che ha' egli fatto a' Dottori d'ergerlo in Demonio ?Dara' V. S. a' Conti di Poitiers della Casa di Lusignan di Francia una generazione diabolica ?

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Che dira' V. S. Della loro famosa Madre ?

- Stimo, Signore (interruppi) che V. S : mi vuol raccontare la favola di Melussina ?

- Ah ! se V. S. (ripiglio' egli) vuol negarmi la storia di Melussina, gli cedo tutto ; ma' se lo niega,bisognera' metter nel fuoco di libri di Paracelso, che sostiene in cinque o sei luoghi differenti nonesservi cosa piu' certa che questa Melussina era una Ninfa e bisognera' far mentire gli Storici diFrancia, che dicono che doppo la sua morte, o, per dir meglio, dopo che sparve agli occhi delMarito, non ha' mai mancato, ogni fiata che i suoi discendenti erano minacciati di qualchedisgrazia, o' che qualche Re' di Francia doveva morire straordinariamente, di comparire in abitolugubre sulla gran torre del Castello di Lusignano ch'essa aveva fatto edificare. V. S. avrebbe, esarebbe in discordia co' tutti li discendenti di questa Ninfa, o' che sono parenti di questafamiglia, se si ostina a' dir che fosse il Diavolo.

- Pensa V. S. (gli dissi) che questi Signori amino piu' tosto esser originarij da' Silfi ?

- Certo, (replico' egli) se sapesser quanto dico a V. S. , e si recarebbero a' grand'onore talinascite straordinarie. Non e' egli piu' glorioso per que' sgnori di descendere da queste Creaturesi' perfette, savie e potenti, che da qualche spirito impuro o' da qualche infame Asmodeo.

- Signore (gli dissi) i Teologi non asseriranno mai che il Diavolo sia Padre di tutti questi uomini,che nascono senza che si sappia chi li mette al mondo. Eglino sanno che il Diavolo e' unospirito, e che cosa non puo' generare.

- Gregorio di Nizza (ripiglio' egli) non dice questo, posciache' tiene che i Diavoli si moltiplicanotra essi, come gli uomini.

- -Non siamo del suo parere (riplicai) ma' succede (dicono i nostri dottori) che......

- -Ah ! non dica (interruppe egli) quanto dicono, altrimenti V. S. direbbe com' essi unasporchezza abominevole. E' cosa Stupenda come a'nno tutti abbracciato questa lordura, ecome a'nno pigliato piacere di mettere delle scudelette in imboscate per profittare dell'oziosabestialita' de' solitarj, e metterne prontamente al mondo questi uomini miracolosi, di cuidenegrano e deturpano la memoria illustre con un'origine si' turpe e sporca.

Chiamano eglino cio' un filosofare ? E ella cosa degna di dire, che Dio abia questa compiacenzaper i Demoni, di favorire queste abominazioni, di concedere loro la grazia della fecondita',refutata a' tali Santoni, e di ricompensare queste sporchezze col creare per questi embrionid'iniquita', animi piu' eroici che per quegli, che sono stati formati nella castita' d'un matrimoniolegittimo ? E' ella cosa degna della Religione di dire, come fanno i Teologi che il demonio puo'con tale abominevole artifizio ingravidare una Vergine , mentre dorme senz'intaccare la suaverginita' ? Il che e' tanto assurdo quanto e' la storia di Tomaso D'Aquino (d'altrove autore sodo,e che sapeva un poco di Gabala) che dice nel suo sesto quodlibet d'una fanciulla corcata consuo Padre a' chi fa succedere un simil caso a quello che dicono alcuni falsi Rabini, che avvennealla figlia di Gieremia, alla quale fanno concepire il Gran Cabalista Benfiracco coll'entrare nelbagno doppo il Profeta. Giurerei che tale impertinenza e' stata inventata da qualche........

- Se osassi Signore (interruppi) far pausa alla di lei esclamazione, confesserei per aquetarla,che sarebbe bene che i Teologi avessero trovato qualche soluzione che offendesse meno gliorecchi puri come li suoi. O dovevano niegare totalmente i fatti de' quali si tratta.

- Buon mezo (ripiglio' egli) eh ! che mezo e' questo di niegare cose verissime ? Si metti V. S.nella vece di un Teologo, e supponga che il Beato Danuzero venga da V. S. come all'oracolodella sua Religione per iscuoprire la sua coscienza e gli dica : Signore io vengo d'Ultra montes.Ho' uno scrupolo che mi stimola la coscienza. Vi e' in una montagna d'Italia una Ninfa che tiene

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cola' la sua Corte : Mille Ninfe la servono, quasi tanto belle ch'essa : molti uomini belli, sapientied onesti vanno cola' da tutta la terra abitabile ; eglino amano queste Ninfe, e ne sono amati ; vimenano la vita piu' dolce e tranquilla del mondo ; a'nno bellissima prole da quelle che amano ;adorano Dio vivente ; non nuocono ad alcuno e sperano l'immortalita'. Spasseggiavo un giornoin questa montagna ; piacqui alla Ninfa Regina, si rende visibile, mi mostra la sua bella Corte. Isavij, che s'accorgono che questa mi ama mi rispettano come loro Principe, mi esortano acorrispondere a' sospiri ed alla belta' della Ninfa ; ella mi dice il suo martirio, e non lascia in obliocosa veruna per muovermi, e mi rimostra infine che morira' se non la voglio amare, e che se iol'amo mi sara' tenuta della sua immortalita'. I ragionamenti di que' Savj a'nno convinto il mioanimo e le bellezze della Ninfa a'nno guadagnato il mio cuore : io l'amo e ne ho' figli di grandesperanza, ma nel mezo della mia felicita' son' alle volte intorbidato dalla rimembranza che laChiesa Romana non appruovi farsi tutto questo. Vengo dunque da V. S. per sapere chi e'questa Ninfa, questi Savj, questi figli, ed in che stato sia la mia coscienza. che risponderebbedunque V. S. al signor Danuzero ?

- Gli direi (risposi) con rispetto al Signor Danuzero, V. S. e' un poco pazzo, o' la sua visione e'un' incantesimo ; i suoi figli e la sua Amata sono Demoni ; i Savj sono pazzi e la sua coscienzae' ulcerata.

- Con tal risposta (ripiglio' egli con un sospiro) V. S. potrebbe meritare la beretta dottorale, manon gia' ‘essere ricevuto fra' noi. Ecco la disposizione in che sono tutti li Dottori d'oggidi'. Unpovero Silfo non oserebbe mostrarsi senz'essere creduto un folletto ; una Ninfa non puol'applicarsi a divenir immortale senza passare per una fantasima impura, ed un Salamandro nonosa apparire di paura d'essere pigliato per un Diavolo, e le fiamme pure che lo compongono perun fuoco d'inferno, che lo concomita per tutte. Per quanto faccio per mostrare che non sononemici di Dio, non ponno ottenere che non siano reputati rubelli a quel Dio che adorano piu'religiosamente di quegli che li fuggono.

- In verita' Signore(gli dissi) V. S. crede che siano elementarj molto divoti ?

- Divotissimi (rispose egli) e zelantissimi per la divinita' : Li discorsi eccellentissimi che ci fannodell'essenza divina e le loro orazioni, ci edificano molto.

- Anno eglino (gli dissi) altresi' Orazioni ; desiarei bene di vederne una.

- Egli e' agevole a soddisfarla (ripiglio') ed a' fine di non riferirne una che possa parer sospetta,veda quella che riferisce Porfirio, che il Salamandro che rispondeva nel Tempio di Delfi volleben insegnare a' Pagani. Ella contiene una Teologia sublime, e vedra' da quella che nonmancava da quelle Creature, che il mondo non adorasse il vero Dio.

- Io l'ho' letta (risposi) e l'ho' udita parafrasare da un Predicatore che provava con cio' che ilDiavolo, oltre gli altri vizj che ha'., soprattutto e' un grand'Ipocrita.

- Embe' (ripiglio' egli) non tema che io le domandi, ma almeno non si stupisca per l'avvenire senon vede tanti esempi quanto ne vorrebbe della loro allianza cogli uomini. Oh Dio ! dov'e' lafemina chi li Dottori non abbiano corrotto l'imaginazione ? che non guardi con orrore questocomercio, e che non tremasse all'aspetto di un Silfo ? Dov'e' l'uomo che non fugge di vederle,se si vanta d'essere uomo dabbene ? Si trova dunque che rarissimamente un uomo onorato,che voglia la loro famigliarita' ? Ed evvi solamente la gente dissoluta, avara, ambiziosa odingannatrice che cerchi quell'onore ? che non avranno pero' mai (Viva Dio) : perche' il trimor diDio e' il principio della Sapienza.

- Che divengono dunque (gli dissi) tutti questi popoli volanti ora che le persone da bene sonopreoccupate contr'esse ? Ah ! il braccio di Dio non e' accorciato, ed il Demonio non trae tutto ilvantaggio che sperava dall'ignoranza e dall'errore che ha' sparso a pregiudizio loro ; posciache'

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oltre che i Filosofi, che sono in gran numero, vi rimediano quanto ponno col rinunziare le Donne,dio ha' permesso ad essi di servirsi di tutti gli artefizj innocenti che potranno trovare perconversare cogli uomini senza loro saputa.

- E che mi dice V. S. ? (esclami)

- Gli dico la verita' (siegui' egli) Crede V. S. che un cane, una scimia ed un orso possino averprole da una Donna ?

- No (risposi) ne' un cane, ne scimia ned orso ; questo e' impossibile senza dubbio ; controlanatura, contro la ragione ed il buon senso.

- Molto bene (diss' egli) ma' i Re' de' Goti non sono eglino nati d'un' orso e d'una PrincipessaSvezzese ?

- Egli e' vero (ripigliai) la storia lo dice.

- Ed i Pegusei, ed i Sionesi delle Indie (replico' egli) non sono eglino nati d'un cane e d'unaDonna ?

- Ho' letto ancora questo (gli dissi).

- E quella Donna Portughese (continuo' egli) che esposta in un'isola deserta, ebbe prole da unoscimmiotto ?

- I teologi (gli dissi) rispondono a cio', che pigliano il diavolo in figura di tai bestie....

- V. S. m'addurra' ancora (interruppe egli) le immaginazioni sporche di questi Autori. Comprendauna fiata per sempre che vedendo Silfi che sono pigliati per Demonj quando appariscono informa umana, per isminuire l'avversione che si ha' d'essi, pigliano la figura di tai animali, es'aggiustano cosi' alla fievolezza ghiribizzosa delle Donne, che avrebbero orrore di un bel Silfo,e che non ne a'nno tanto per un cane, un'orso e per un scimiotto. Potrei dirvi varie storiette de'cani di Bologna con certe zitelle del mondo ; ma' voglio darvi contezza d'un maggior segreto.Sappia che tale vi e', chi si stima figlio d'un uomo, che e' figlio d'un Silfo. Tale crede di esserecon sua moglie, che senza pensarvi immortala una Ninfa. Tal donna pensa abbracciar suoMarito, che tiene tra' le braccia un Salamandro e tal fanciulla giurarebbe nello svegliarsi che e'Vergine, che ha' avuto dormendo un' onore che non sa. Cosi' il Demonio e gl'Ignoranti venganodelusi ugualmente.

- Come ! Il Demonio (gli dissi) non saprebbe egli risvegliare questa fanciulla addormentata perimpedire al Salamandro d'immortalarsi ?

- Lo potrebbe (ripiglio' egli) se li Savj non vi mettessero ordine, ma noi insegnamo a' que' popolidi vincigliar'il Demonio ad opporsi a' loro sforzi. Non gli diss'io che que' popoli si stimanofortunati, quando vogliamo insegnar loro la nostra Gabala. Senza il nostro aiuto, il Diavolo, grannemico loro, recarebbe loro gran disturbo, e stentarebbero ad immortalarsi senza saputa dellefanciulle.

- Non posso (replicai) ammirare assai l'ignoranza profonda nella quale siamo immersi. Si credeche le potenze aeree aiutano ale fiate gli amanti a' conseguir l'intento, ma' la cosa va' alcontrario, pecche' elleno a'nno d'uopo che gli uomini le servano nei loro amori.

- V. S. ha' indovinato (disse egli) Il Savio da' soccorso a' quei poveri popoli, troppo fievoli senzatal aiuto pe resistere a' Diavoli. Cosi' quando a'nno imparato a' pronunciare Gabalisticamente ilnome di Dio, tutte le potenze delle tenebre fuggono, ed i Silfi godono tranquillamente quanto

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amano. Cosi' fu imortalato quell'ingegnoso Silfo che piglio' la figura dell'amante di una Signoradi Siviglia, la cui Storia e' nota. La giovane Spagnuola era bella, ma tanto crudele quanto bella.Un cavagliere Castigliano che l'amava inutilmente, risolvette di partire una mattina senza dirniente, e d'andar a' viaggiare finche' fosse risanato della sua passione inutile. Trovando un Silfoquesta bella a' suo grado, piglio' questo tempo ed armandosi di quanto uno de' nostri gliinsegno' per difendersi dagli aguati che gli avrebbe potuto suscitar il Diavolo invidioso della suabuona fortuna, va a vedere la Dama sotto forma dell'amante lontano, si lagna , sospira, vienributtato. Spigne, sollecita, persevera, dopo alcuni mesi fa breccia, si fa amare, persuade, evien' infine accontentato. Nasce dal'amor loro un figlio, la cui nascita viene celata a' parenti colladestrezza dell'amante aereo. L'amore continua, si ha' una seconda gravidanza, fra tanto ilCavagliere riavutosi per l'assenza dell'amore, ritorna a Siviglia, ed impaziente di rivedere la suainumana, corre a' dirgli che e' infine in stato di non piacerle piu', e che va' ad annunciarle chenon la ama piu'. Si prefigga di grazia l'aggechimento della zitella, la sua risposta, i suoi pianti, isuoi rimbrocci e tutto il loro Dialogo. Essa gli sostiene che l'ha' accontentato, ed egli lo niega ;che il loro figlio commune e' in tal luogo, e che egli e' il padre d'una ch'essa aveva nel grembo ;ed eli s'ostina a niegare . Ella si desola, si svelle i capelli ; i parenti corono a' queste grida ;l'Amante disperata continua a' lagnarsi ed ad invettivare ; verifica che il gentiluomo era assenteda due anni ; si cerca il primo figlio, si trova, ed il secondo nacque a' suo tempo.

- E l'amante aereo (interruppi) che faceva egli fra' tanto ?

-Vedo bene (rispose egli ) che V. S. trova strano che abbia abbandonato la sua Amante alrigore de' Parenti od al furore degl' Inquisitori, ma' aveva una ragione di duolersi d'essa. Ellanon era assai devota, poiche' quando questi si sono immortalati s'oppongono gravemente, evivono santamente per non perdere il diritto che acquistano al possesso del sommo bene. Cosi'vogliono che la persona amata, viva con un innocenza esemplare, come si vede nel celebreCaso d'un signore di Baviera. Egli era inconsolabile della morte di sua moglie, che amava conpassione. Una Silfide fu' consigliata da' nostri Savj di pigliare la figura umana, essa lo fece, e sipresento' al giovane afflitto dicendo che Dio l'aveva risuscitata per consolarlo della sua estremaafflizione. Eglino vissero assieme molti anni, ed ebbero fanciulli bellissimi. Ma' il giovane non eraassai uomo da bene per ritenere la Savia Silfide. Egli giurava e diceva parole inoneste. Essal'ammoni' spesso ; ma' vedendo inutili le sue ammonizioni, disparve un giorno, e non gli lascio'che le vesti, col pentimento di non aver voluto sieguire i suoi Savj Consegli. Cosi' V. S. vede,che i Silfi a'nno alle fiate ragione di sparire, e V. S. vede che il Diavolo non puol' impedire, nonpiu' che i ghiribizzi fantastici de' Teologi, che gli elementarj non s' apponghino con esito alla loroimmortalita', quando sono soccorsi da' nostri Savj.

- Ma di grazia, Signore (ripigliai) Tiene V. S. per vero che il Demonio sia tanto nemico a' questisubornatori di zitelle ?

- Nemico mortale (diss' egli) sovra tutto degli Ondini , Silfi e Salamandre. Poscia che per iGnomi, non li odia tanto perche', come credo, spaventati li Gnomi dagli urli spaventevoli de'Demoni che odono nel centro della terra, vogliono piu' tosto rimanere mortali, che arrischiared'essere tormentati cosi', se acquistassero l'immortalita'. Da cio' procede che i Gnomi ed iDemonni loro vicini a'nno gran comercio, questi persuadono a' Gnomi, amici naturalmentedell'uomo, essere un rendergli servizi di rilievo e liberarlo d'un gran pericolo di ubbligarlo a'rinunziare la sua immortalita'. S'impegnano percio' di somministrare all'uomo, a' chi possonopersuadere tal rinunzia, tutto il danaro che domanda, di frastornare i pericoli che potrebberominacciare la sua vita fin'a' certo tempo, od altra condizione che piace a' chi fa questo pattoinfame ; cosi' il Diavolo, il furbo che e', col mezo de' Gnomi cerca di mortalare l'anima dell'uomoe sottrarla alla vita eterna.

- Come signore (esclamai) questi patti di cui riferiscono i Demonografi tanti esempj, non si fannodunque col Diavolo.

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- No certo (ripiglio' egli) Il Principe del mondo non e' egli stato scacciato fuori ? Non e' eglichiuso ? Non e' egli legato ? Non e' egli la terra maledetta e dannata che e' rimasto al fondodell'opra del supremo ed Archetipo distillatore ? Puol' egli salire nella regione di luce e spargervile sue tenebre concentrate. Ah ! Egli non puo' cosa veruna contro l'uomo. Non puo' che ispirarea' Gnomi suoi vicini di venir' a' fare tai proposizioni a' quegli tra gli uomini che teme di piu' chesiano salvati, sperando di far morire l'anima col loro corpo.

- Si che (io aggiunsi) secondo V. S. quest' anime muorono ?

- Io non l'asserisco ; ma' alcuni dicono che muorono, e cosi' se cio' fosse, non sarebberodannati.

- Se questo fosse (ripigliai) sarebbero dunque puniti lievemente d'aver fatto un crime, d un fallocoranto enorme, di rinunziare al Battesimo ed alla morte del Signore.

- Se cio' fosse vero (ripiglio' egli) chiamerebbe V. S. esser puniti lievemente di rientrare negliabissi oscuri del niente. Io la stimerei maggior pena che d'esser dannato. E' una grazia grande ilnon consumarli col fuoco che li abbrucera'. Il niente e' un maggior male dell'Inferno. Questo e'quanto predicano i Savj e' Gnomi quando li ragunano per far loro capire il torto che si fanno dipreferire la morte all'immortalita' ed il niente alla speranza della beata eternita', che ponnopossedere col mezo degli uomini senz'esigere da essi alcuna rinunzia colpevole. Alcuni cicredono e li maritiamo alla femina.

- Vangelizzano dunque loro Signori a' popoli sotterranei ? (gli dissi)

- Certo, noi siamo i loro Dottori, come anche degli altri. E com'eglino sono piu' sottili che ilcommune degli uomini, sono piu' docili e piu' capaci di disciplina, ed odono le verita' sagre congran rispetto.

- In effetto (dissi ridendo) dev'esser bello di vedere un Cabalista sul Pergamo a' predicare a'que' Popoli.

- Lo faro' quando piacera' a V. S. (mi rispose ) e predicaro' loro alla meza notte.

- Alla meza notte ! (esclamai) ho' udito esser l'hora del Sabbato, sia Sinagoga, o Tregenda degliStregoni.

Il Conte si pose a' ridere.

- V. S. mi fa ricordare di tutte le pazzie che riferiscono i Demonografi sovra questa chimericaragunanza , o' Sabbato. Vorrei bene che V. S. lo credesse altresi'.

- Ah ! per le favole (ripigliai) della Sinagoga l'assicuro che non ne credo una.

- V. S : fa bene (diss' egli) pecche' il Diavolo non ha' il potere di burlarsi cosi' del genere umano,ne' di far patti cogli uomini, e meno ancora di farsi adorare, come si persuadono gl'inquisitori.Quanto ha' dato luogo a' questi rumori popolari, e' che i Savj ragunano gli abitanti degli Elementiper predicar loro i misteri e la morale ; e come alle volte qualche Gnomo riviene dasl suo errore,capisce gli orrori del niente ed acconsente d ‘ esser immortalato, gli si da' moglie, le nozze sicelebrano con allegrezza, e sono queste le danze ed i gridi d'allegrezza che Aristotele dice ches'udivano in certe isole dove pero' non si vedeva alcuno. Orfeo fu' il primo che convoco' questipopoli sotterranei, ed alla sua prima predica, Sabbasio il piu' vecchio de' Gnomi fu' immortalato,e da Sabbasio ha' il nome questa ragunanza, al quale a'nno i Savij diretta la parola, Finche' ha'vissuto, come si vede negl'inni di Orfeo. Gl' Ignoranti a'nno confuso la cosa, ed a'nno pigliatoluogo di fare sovra di cio' mille favole, e di infamare una ragunanza che non si convoca che a'

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gloria del sommo essere.

- Non mi sarei mai prefisso (gli dissi) che questa fosse una ragunanza di devozione.

- Fra' tanto ella e' bene (replico') e buona, e Cabalista ; il che non si crede. Ma tale e'l'acciecamento del mondo. Ponno i Savj fare quanto vogliono, un Frate guadagna sovra laverita', e vien creduto piu' ad un capuccio che a' propri occhi. Vi e' stata in Francia una pruovanotabile di questa credulita' popolare. Il famoso Nedecchia Gabalista si pose in capo sotto ilRegno di Pipino di convincere il mondo che gli elementi erano abitati da' detti popoli. Il mezoche trovo' fu' di consigliare a' Silfi di mostrarsi a tutti nell'area. Si vedevano queste creature informa umana, ora ordinate in battaglia, andare in buon ordine, od armate, od accampate sottosuperbi padiglioni ; ora su navi aeree d'una mirabile struttura la cui flotta volante veleggiava a'grado de' Zefiri. Il secolo ignorante non s'appose a discorrere sulla natura di tai spettacolimeravigliosi. Il popolo crede' subito che fossero stregoni, apponderati dell'aere per eccitarvitempeste, e gragnuolare la messe.

I Teologi e Giuristi furono del parere del popolo, e gl' Imperadori lo credettero altresi', e questachimera ando' si' avanti che Carlo Magno e Luigi il Buono imposero pene gravi a' questisupposti Tiranni dell' aere, come si puo' vedere nel capitolo I° delle Capitolari di que' dueImperadori.

Vedendo i Silfi che il Popolo, i Pedanti e le Teste Coronate erano contro essi, per far prenderela cattiva opinione della flotta loro innocente, risorsero di rapire uomini d'ogni parte, di far vederele loro belle femine, la loro Republica, governo e pulizia, e poi riporli a terra in varj luoghi delmondo ; e cosi' fecero. I popoli che vedevano scendere questi uomini, correvansi d' ogni parte,e preoccupati che fossero Stregoni staccati da' loro compagni per andar'a' gettar veleno ne'frutti e fonti, secondo il furor ispirato da tali immaginazioni, strascinavano quei innocenti alsupplizio ; e ne fecero perire molti coll'acqua e col fuoco. Un giorno tra' gli altri si videro a' Lionescendere da queste navi aeree tre uomini ed una donna . Tutta la citta' si raguna, sgrida, edesclama che sono Maghi mandati da Grimoaldo Duca di Benevento nemico di Carlo Magno, perdissipare la messe de' Francia. Non ostante che questi quattro dichino che sono del paese, chesono stati rapiti da uomini miracolosi che a'nno loro fatto vedere meraviglie inaudite, e li a'nnopregati di riferirle.

Il popolo ostinato non ode le loro difese, ed andava a' gettarli nel fuoco, quando AgobardoVescovo di Leone, che aveva acquistato grand'Autorita' mentr' era frate in quella citta',pronunzio' dopo aver udito l'accusa del Popolo e la difesa degli Accusati, che ambedue eranofalse. Che tai uomini non erano scesi dall'aere, e che quanto eglino dicevano che avevano vistoera impossibile.

Il popolo presto' maggior fede ad Agobardo che ai proprj occhi, s'aqueto', libero' i quattroambasciatori de' Silfi, e riceve' con istupore il libro d'Agobardo fatto sovra cio', e cosi' latestimonianza di quattro fu' resa vana.

Fra' tanto, come vennero sottratti al supplizio, furono liberi di raccontare quanto avevanoveduto, il, che non fu' senza frutto, poiche' si ricorda bene che il secolo di Carlo Magno fu' pienod'uomini Eroici, il che denota che la Donna che era stata appo i Silfi, trovo' credito appo le Damedi quel tempo, e che cosi' molti Silfi s'immortalarono. Molte Silfidi divennero altresi' immortali peril racconto fatto dalli tre uomini della loro belta', il che fece applicare gli uomini un poco allaFilososfia, e da cio' sono venute tutte le storie delle Fate, che si trovano nelle leggendeamorose del ssecolo di Carlo Magno e de' sieguenti. Tutte quelle Fate non erano che Silfidi eNinfe, e quelle storie ponno dare idea dello Stato al quale vogliono una fiata i Savj ridurre ilmondo. Que' uomini eroici, quegli amori di Ninfe, que' viaggi al Paradiso terrestre, que' palazzi eboschi incantati, non e' che un'idea piccola della vita de' Savj, e di quanto fara' il mondo quandovi regnera' la sapienza. Non vi si vedranno che Eroj ; i minimi dei nostri figli saranno come

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Zoroastre, Apollonio, Melchisedec, e la maggior parte sarebbero tanto perfetti, come i figli cheAdamo avrebbe avuto d' Eva se non avesse peccato.

- Ma piano Signore (interruppi) non mi ha V. S. detto che Adamo ed Eva non dovevano averfigli, che Adamo non doveva amare che Silfidi ed Eva che Silfi o Salamandri ?

- Egli e' vero (ripiglio' egli) non dovevano avere figlj per lo mezo che ne ebbero.

- La di lei Gabala (continuai) da' qualche invenzione all'uomo ed alla Donna di far figli altrimenteche col metodo ordinario ?

- Certo ( ripiglio' egli)

- Eh di grazia (sieguii) Signore la supplico di dirmelo.

- Embe' (rispose egli) voglio far vendetta de' popoli elementari con non sodisfare la suacuriosita' per adesso. Fra tanto pensi lei a deliberarmi con qual spezie di sostanza di sostanzeelementarie vorra' far parte della sua immortalita' ; ed io vado a studiare per far discorso questanotte a' Gnomi.

Vorrei ben esservi, e vederne alcuni de' piu' sapienti (gli dissi)

- Embe' verso la meza notte la verro' a pigliare (replico' egli).

Veramente un'ora prima della meza notte mi venne a' pigliare, e mi condusse in una cavernadove convoco' molti Gnomi, a' quali predico' con lungo discorso l'eccellenza dell'uomo affine dispegnerli a' cercare l'alleanza. Spiego' quanto disse Averroe e poi Aristotele dell'intelletto e delsommo bene. Non ho' mai udito un discorso piu' belo e sodo. Io fra' tanto temevo all'affetto dicostoro e tremavo, imaginandomi sempre che sotto quelle apparenze umane vi era nascosta lanatura diabolica. Non lasciai pero' doppo il discorso di parlare col principale, il quale m'insegno'molti segreti della natura, massime chimici. Lasciai poi il Signore, e doppo non l'ho' piu' vedutopecche' io fui costretto di partire con questo Re' per Cristianestatte, ed al ritorno trovai ch'egli siera imbarcato per la Francia : Vivo in impazienza grande di sapere tutte le demenzeGabalistiche e sovra tutto il modo di aver l'impero sovra questi elementarj , che se l'avro' puo'star certa, che subito la communichero' a V. E.. Fra tanto mi spiego' sovra queste bagattelle ,che non a'nno fatto impressione alcuna nella mia persona, pecche' tutte queste cose le stimofalse e tutte queste apparizioni son diaboliche ed infernali. Chi crede altrimenti e' pazzo, fatuo edemente, e chi le rigetta, detesta ed abbomina sara' Santo, prudente ed uomo da bene. Cosi'credo che fara' V. E. . Non vorrei che l ‘Inquisizione mia persecutrice si formalizzasse di quantoscrivo in questa lettera che potrebbe offendere in altro modo la scrittura Sagra, quanto la puol'offendere, mi dichiaro che il mio cuore e' di abominarlo e detestarlo, facendo professione diesser suo Cristiano, col qual carattere prego Dio di farmi vivere e morire, congiuntamente conquello

D. V. E.

Da Coppenaga li' 11 Luglio 1666

Umilissimo, ed Ubb.mo Serv.re

Francesco Borri

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VEccellentissimo Signore

L'onore che V. E. mi fa colla sua di chiedermi intenzioni per la decantata Pietra Filosofale, comele prometto in altra mia, mi spigne a compiacerla, quantunque avessi determinato di noncomunicar il segreto a chi si sia. Tanto piu' che conformando forsi V. E. il piu' liquido del suo allatraccia di questa, gli potra' servire di fanale per evitare gli scogli ne' quali senza dubbio V. E.scassinera' col lasciarsi portare senza maturita' a frutti d'una speranza vana per suggestione diqualche chimerico Alchimista. So' che vi sono molti, che avendo udito parlare della scienza de'sapienti (ecc.) o letto in qualche libro, gli effetti mirabili di quella, il minimo de' quali e' di far oro,ed argento in infinito, lasciandosi trasportare dal desio naturale dell'homo di esser ricco, sipersuadono agevolmente della verita' di tai effetti, a tal segno che lasciano tutto per gir intraccia di questo Vello Amfrisio, prefiggendosi che per arrivarvi non si ha', che a' fabricar fornelli,abbruciar carboni, e fragnere vetri, lusingandosi con tal falso discorso che se altri vi e'pervenuto, eglino lo potranno conseguire, si' che per ogni mezo la tracciano colla lettura, colcontinuo lavoro, con iscaltrezza da stimati Alchimisti, ed avendo acquistato quattro Recipechimici, li conservano con tanta cura, e leggono e rileggono ogni giorno con tanto piacerequanto ne ha un Ricco avaro nel numerare i suoi ori, ma pretendendo poi di metter inesecuzione i loro segreti, si trovano fuori di stato di apporvisi, o' per mancanza di commodita', odi danaro, difetto piu' ordinario di tali persone si' che per porvi rimedio, a'nno ricorso alla borsaaltrui dappoi aver vuotata la propria, e per allettare e spiguere quelli che credono averla piena,ad aprirla loro tanto piu' liberamente, non permettono loro cosa minore, che di farli piu' ricchi chegli stessi Re, eglino che sono i piu' poveri e meschini del mondo, e per dominar meglio tai animicreduli, doppo aver esagerato tre, o' quattro delle loro operazioni, il minimo delle quali valetesori, e che chiamano infallibili, ed esperimentare, doppo l'ennunciazione di qualche storia, chenon manca mai in simil'occasione, protestano anche co' giuramenti, che doppo cio' faranno benvedere cose maggiori, che non vogliono dire, perche' vogliono prima vedere, se sene da' loromotivo, allettando e lusingando cosi' gli occhi di questi creduli, ed empiendo il cuore di speranzesi' sode, che s'immaginano di gia' di divenir Cresi, non badando che tai speranze ingannatrici liprecipitano in uno stato deplorabile, se non si disingannano a' buon'ora con un doloreimmortale, che rimarra' loro d'un'applicazione della quale invece di trarre il prefisso contento,non riportano, che miseria e confusione, non avendo altro di Creso, che le apparenze d'ungiumento.

Doppo la mia partenza d'Italia ho incontrato varj di questi creduli, e molti ne ho' disabusati conpreste operazioni, quantunque non abbi fatto commune il vero segreto. Incontrai sovra tuttoprima di ritirarmi appo questa Maesta', la Regina Cristina di Svezia nella citta' di Amburgo, chepreoccupata da tai desiderj, ha' voluto da me qualche istruzione, ma non ero portatodall'inclinazione, a' scoprirle il midollo, sendomi accontentato di dare il suco a' qualcheoperazione, per la quale, avendo speso grosso contante, si sazio' di farmi piu' oltre procedere.Trovai doppo questo Re molto inclinato a' tal ricerca, ed invero mi vi porto con sincerita' perrendergli comune la mia scienza. Avendolo disingannato di varie cose; che simili dettiingannatori posto gli avevano in capo per trarne danaro, in vece d'insegnargli a farne.

Stimo V. E. troppo prudente ed accorta per essersi mai lasciata illabirintare dalle ciarlatanerie ditai Calcanti, ma come il desio naturale. che V. E. ha' di sapere, potrebbe farla sdrucciolare nelgalappio, facendo io riflesso alle ubbligazioni, che le ho, ho' voluto bene darlene 1'istruzione permostrarle la strada che si deve tenere per non esser ingannato e di non lasciarsi preoccuparedalle false proposizioni di tai ingannatrici sirene, ma di fare le cose alla lieve, ma confondamento, per riuscire nella giusta fatica. E' ben vero che la supplico umilmente di tenercelata questa mia in un ripostiglio piu' segreto del suo piu' caro scrigno, affinche' non cada inaltra mano, che potrebbe rendere troppo usuale questo tesoro, che deve tenersi in pregio per lasua rarita'. Afferri bene V. E. ch'io gli discorrero' di tutto come si deve.

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V. E. sa' che in ogni imitazione vi vuole la causa efficiente, e la materiale, perche' di niente nonsi puo' fare qualche cosa, si' che e' d'uopo, che vi sia qualche soggetto, che precede. Dio soloha fatto per la creazione qualche cosa di niente, e doppo che ebbe creato il mondo, ha volutoche tutto fosse supposto ad una perenne mutazione. Quanto e', comprende tutti li corpi naturali,e' cio' e' la materia. Ogni corpo ha la sua forma sostanziale naturale, e partecipa della quattroprime qualita', ed oltre cio' che ha la sua consistenza alle qualita' secondarie. Questa forma dal'essenza al corpo, e da tal forma si distinguono gli spiriti da corpi naturali, gli uni dagli altri per lequalita', talmente che uno si chiama di temperamento caldo, l'altro freddo, l'altro umido, l'altrosecco, l'altro temperato di queste qualita', cosi' la consistenza non da la forma, perche' bisognadistinguere l'uno dall'altro per le qualita' secondarie che sono molte, come durezza e mollezza:rarita' o spongosita'; gravita o leggerezza; aridita' o viscosita' ed altre affezioni corporali. Ora taicorpi non hanno avuto la forma, il temperamento, e la consistenza da se stessi; ma da qualcheesteriore, cosi' non ponno perdere queste loro prime cose, se non per qualche causa efficienteche muova la materia per levarle la sua prima forma, temperamento, e consistenza e darlenealtre che siano nuove. Cio' non solo de' corpi naturali, ma altresi' artificiali s'intende, a' quali vienmutata figura, perche' un chiavaro non potrebbe fare una chiave, ne' il ferro potrebbe da se'divenir chiave, e mutare la sua figura primiera senza il chiavaro, il ferro e la materia dellachiave, e la maestria del chiavaro la causa efficiente, la materia che puo' mutar forma, od e'aliena cioe' lontana, o prossima. La prima e' quella che deve mutare molte forme prima dipervenire a quella che si desidera. La prossima e' quella che con poca mutazione pigliaimmantinente la forma che si vuole. La materia della quale si fa l'oro artificiale, non e' quella dicui si fa l'oro nelle miniere della terra, perche' e' impossibile; ma la materia prossima e' ilmercurio volgare, e quello che e' ne' metalli cioe' nell'Argento, nello stagno, nel piombo, nelRame e nel ferro, posciache' l'oro,

secondo la sua materia, non e' che mercurio puro, cotto in ultimo grado di concozione metallica;ed il Mercurio vulgare, non e' che un'oro puro, crudo ed indigesto; ed i metalli, quanto allamateria loro, non sono che mercurio impuro un poco piu' digerito nel vulgare, ma non tantoquanto l'oro. Percio' affinche' il mercurio volgare diventi oro, non gli manca che d'essere cotto,ed affinche' i metalli imperfetti si convertivo in oro, e' necessario, che si spoglino delle loroimpurita' e sostanze esteriori della natura del mercurio, e che il loro mercurio che rimane, siafinito di cuocere. La causa efficiente e' quella che puo' cuocere, digerire, e tignere il mercuriovolgare in oro, e che puo' nettare e purgare gli altri metalli dalle loro impurita', talmente che nonvi rimanga, che la materia pura del loro mercurio, e di digerirli e tignerli. Con tutto quanto ha' talvirtu' fa l'oro, e per me per quanto riguarda l'argento massime che e' molto puro, e digesto edassai simile alla natura dell'oro; ho sovente con cemento de' sali, ed altre cose che purgano edigeriscono estratto oro dall'argento. Quanto agli altri metalli e' difficile, anzi nel cimentarel'argento, le spese superano l'utile ed il guadagno per il calo e la fatica che richiede. Alcunistimano che bisogna estrarre il mercurio de' metalli, e cuocerlo con calce d'oro, e con cio'dicono che l'estraente e in parte la causa efficiente coll'aiuto del fuoco: sovra di che stimo chese i Mercuri di metalli ponno essere estratti potranno essere piu' tosto cotti dalla calce dell'Oro,che il mercurio ordinario per la sua gran frigidita', umidita' ed indigestione, e che tal mezoparticolare e' vero, ma l'artifizio di estrare i detti mercurj e', malagevolissimo e faticoso e di molti,che millantano di saperne l'estrazione, non ne vedo uno, che ne conseguisca l'intento: Vi e'un'altra causa efficiente e tracciata dagl'ingegnosi all'esempio de' sali che purgano, edigeriscono all'esempio de' sali e che chiamano pietra o polvere d'oro, che in un momento perprogezione sul mercurio comune, lo digerisce e tigne in vero oro, e quanto a' metalli imperfetti lipurga, digerisce e tigne in un momento. Io la chiamo Pietra Filosofale d'oro, posciache' come lapietra filosofale si squaglia e risolve in tutti li liquori, ne' quali vien posta, tal pietra o polve fa ilsimile e conio la prima purga, digerisce e disecca colla sua virtu' dissecutiva l'umidita' superfluad'ogni cosa; cosi' questa fa lo stesso verso 1' impurita' de' metalli coll'aiuto del fuoco, si' che nonrimane che il mercurio puro di quelli, il quale collo stesso mezo digerisce e riduce alla suaqualita', come altresi' nel consumare l'umidita' superflua del mercurio comune, lo forma e fissa;e come ogni corpo, che si liquefa' in acqua; la tigne del suo colore, come il zafferano, cosi'

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questa tigne il mercurio comune, e quello de' metalli nel suo colore, e come ogni cosa cotta e'soda, cosi' i Mercurj, tanto comuni che de' metalli cotti in questa pietra, sono sodi. Ed il vocabolodi Alchimia denota che si deve fare una pietra filosofale squaglievole. La Pietra Filosofale d'orodunque e' quella, che informa la materia, cioe' il mercurio comune, o' quello de' corpi imperfettiin vero oro. Come la natura non ha fatto questa pietra filosofale d'oro, e' d'uopo farla coll'arte,aiutando con questa la natura per estrarla dalle cose, nelle quali si trova naturalmente. Ed iostimo che si debba estrarre dall'oro, perche' ogni simile fa' il suo simile. Di piu' come l'oro non e'che un Mercurio piu' cotto e digesto, che il comune, e quello degli altri metalli, come questolapis non e' altro che piu' cotto dell'oro: L'arte comincia dove la natura finisce, cioe' lo scopodella natura e' l'oro, ed in esso comincia l'arte per generare le tinture che sono nel lapis. Di piu'in ogni cosa vi e' la causa efficiente, ed il paziente non e' come la materia. Nelle generazioni de'metalli che constano d'umido e secco, proprio alla natura metallica, il mercurio e' l'umido, chepatisce d'esser congelato ed e' freddo ed umido, ed il secco terrestre, e' quello che opera econgela l'umido. Ora i Mercurj de' metalli ed il comune sono tutti simili, e non sono differenti, chenelle qualita' ed accidenti, sendo gli uni, piu' o men cotti degli altri, e' sono materia comune ditutti li' metalli. Ma i loro secchi terrestri, che li congela sono diversi di specie tra essi, e bisognaestrarli per render puro il mercurio. Non niego pero' che per estrarre il lapis dall'oro non vipossono servire i Mercurj comuni e degli altri metalli ma' da chi depende la virtu', come causaefficiente e' l'oro, che e', come il maschio, ed il mercurio, come la femina. Ora questa lapis d'oroe' di due sorti per i due effetti, che fa', uno minore dell'altro; il minore ha solo la virtu' di digerire ilmercurio, o quello de' corpi imperfetti (doppo che e' estratto), e l'argento e tignere i detti Mercurjin vero Oro, ma non ha la virtu' di separarne l'impuro delli quattro metalli imperfetti, e quantonon e' naturale de' loro mercurj. Questo lapis si chiama la medicina della seconda serie, perche'colla sola progezione di questa si separa da' corpi imperfetti, quanto non e' loro naturale, ed ilrimanente vien dal lapis digerito e tinto collo stesso mezo, il che non fa' il primo lapis, chesolamente digerisce, e tigne senza separazione alcuna. Per trasformare l'argento, ed i Mercurjcomuni, ed estratti da' metalli si richiede, solamente il primo, perche' nel comune, ed estratti nonvi e' altro di diverso, perche' tutto e' Mercurio, come l'argento e' quasi tutto mercurio, e se haqualche impurita' vien levata facilmente dal suo semplice Amalgama, che passera' per una telagrossa, e che sara' lavato esattamente, e doppo cio' il detto argento, non deve piu' a ch'esserdigerito, e tinto il che si fa' dal primo lapis squaglievole, per la sua progezione. E la materia diqueste due lapis e' sempre la stessa, cioe' l'oro, e la sola differenza consiste, nella maggior ominor preparazione, ma la proprieta' e qualita' d'ambedue sono tali, che si concominano. Primala natura di questo lapis deve essere della natura dell'oro, e cio' procede dalla proprieta' dell'oro,e questa proprieta' procede dalla forma ed essenza dell'oro e non della sua materia considerataal suo spirito, ne' dal suo temperamento, o' prime qualita' o seconde. Si' che si potrebbe trarreun lapis dal rame e dal ferro che sarebbe piu' rosso del lapis d'oro, e che dara' una tintura rossacitrina, ma tal tintura e' sofistica che non resiste alla pruova, si'.che la vera tintura si trae dall'oroe non si puo' fare dall'artifizio. Le altre qualita' di questo lapis s'acquistano coll'arte, cioe' per laseconda, che sia squaglievole come la vera, perche' dello squagliamento si fa' la mistione,altrimente sarebbe fatta. Ora tale squagliamento si acquista nell'oro, quando e' fatto lapis,perche' ogni lapis da' squagliamento. La terza qualita' che tale squagliamento sia sottile, comel'acqua affinche' penetri, e tal tennezza si aumenta per le reiterazioni di dissoluzioni come diro'.La quarta, ed una delle principali e' che questo lapis sia di qualita' calda, e secca, e di virtu'ignea a fine di far consumare l'umidita' de' mercurj, e consolidare la loro fluridezza, digerire efissare la crudita' loro, come anche quella dell'argento. Tal qualita' non e' nell'oro, e pero' collasua mistione non si muta, ned altera, ne' li trasmuta come fa il suo lapis attesoche' una delleregole della sua mistione e' che quello che opra, come questo lapis, sia di qualita' contraria alpaziente, come i metalli, perche' con tal contrarieta', si fa un temperamento dal quale risulta unanuova spezie, e forma sostanziale, poiche' tal purita', o' lapis l'aumenta colla decozionecontinua, perche' ogni cosa decotta e' piu' calda, che la terra. La quinta qualita' e' la purita', e latrasparenza del lapis affinche' penetri meglio, e si acquista come si dira' piu' abasso. La sesta e'la fissazione del lapis, che non deve in modo alcuno svaporarsi, ma deve rimaner fermo, estabile, e fisso nel fuoco senza svaporarli.

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Molti fanno questi due lapis diversamente. Si deve per adesso accontentarsi di ridurre l'oro innatura di lapis fondibile; posciache' senza dubbio trasformera' l'argento in oro per progezione edil Mercurio per concozione, siasi il comune o quello de' metalli imperfetti, posciache' il lapiscomune, fatto squaglievole colle frequenti calcinazioni, e dissoluzioni ha' ben questa virtu' difermare e congelare il mercurio comune in metallo per concozione, e cio' per la gran siccita', etenuezza, che consuma col penetrare, l'umidita' indefinita del detto mercurio, il che ho'sperimentato io stesso.

Che se cio' riesce col lapis comune, tanto piu' si fara' con quello dell'oro per la gran similitudinedell'essenza, che ha col mercurio per esser usati d'una stessa radice, e che l'oro non e' chemercurio cotto, ed il mercurio comune oro crudo, nondimeno il lapis d'oro non si estraefacilmente, per la gran difficolta' ed industria, che si cerca a calcinarlo, perche' e' impossibile diridurlo a' lapis, senza calcinarlo bene. Ora la calcinazione e' una reduzione col fuoco, d'un corposodo in polve sottile per la privazione della sua umidita', che teneva le parti in sodezza. Equesta si fa col fuoco per differenza del solo tritamento col quale le parti del corpo soggetto adesser triturato, ponno esser con tal trituramento poste in tenuissime parti; ma con cio' l'umidita'non e' levata, ned alterata: Egli e' ben vero che serve tal trituramento alla calcinazione per lamaggior facilita', che il fuoco ha di operare sulle parti minute che grosse. La privazionedell'umidita' si fa' in due modi. Una deve intendersi quando tutta l'umidita' che pareva parte dellasostanza del corpo, ne e' separata, come quando e' triturato e ridotto in cenere; ed in questacalcinazione ogni accidente squaglievole e visibile perisce, perche' nella cenere non si notaalcun accidente, o qualita' di legno. L'altra e' quando l'umidita' radicale non si distrugge punto,ma e' animata, ma' solo la qualita' umido e' alterata per la siccita' del fuoco, e l'umidita'convertita in siccita', ed in questa tutti li accidenti sensibili non si distruggono.

Posciache' i metalli calcinati ritornano col fuoco ardente in corpo, come prima, ed ho visto peresperienza, che dalle ceneri dello stagno volte in lapis, ne e' stato estratto mercurio col mercuriovulgare o comune. E la fiussibilita' de' metalli squagliati, o del mercurio estratto e' una qualita' edaccidente sensibile, che non si perde colla detta calcinazione; nella perfetta calcinazione, perola calce non deve volgersi in Mercurio. L'oro, come ha' un'umidita' vischiosa unita colla suasiccita' terrestre non puol'essere calcinato dal fuoco solo come si puo' fare degli altri metalli. Oraper pervenire a' tal calcinazione si e' trovato un mezo, che e' di tritarlo e cio' col mercurio,perche' non si corrompe niente, e senza denso tal trituramento non si puo' fare agevolmente. Sipiglia percio' Oro fino col quale si imischia mercurio comune, poi si aggiugne dodici volte piu' dimercurio si tritura minuto in un mortaro per lungo tempo, aggiungendovi aceto distillato perlavarlo bene, poi si passa con una tela densa e si continua a mettervi mercurio tanto che l'orosia passato come in mercurio per sottigliar meglio le parti dell'oro.

Allora si pigliano tutti li mercurj, che si mettono in un alambico col suo cappello sulle cenericalde, per 24 ore a fuoco lento, affinche' l'oro si purifichi col mercurio, poi si versa tutto in unapelle di camozza, se ne spreme il mercurio, e rimarra' un globicello nella pelle, che conterra'tutto il corpo, e tre parti di piu' di mercurj: ma se nel finire si spreme colla tela, si spreme tuttodalla pelle senza ricuocerlo, tutto potrebbe passare col mercurio. Si piglia il globo e si mette nelfondo di Lambicco col suo capello sul fornello di cenere a fuoco lento per due o tre ore, finche' ilglobo sia secco, si leva poi dal fornello, e se e' salita qualche parte di mercurio, si fa scenderecon una penna; doppo che sara' scesa la massa si polverizza sottilmente e si rimetto tal polverea cuocere adagio col suo mercurio estratto, poi si leva, si tritura, facendo cio' finche' la polveresia sottilissima, e che non si tenghi piu' in corpo, o massa: la polve si mette in un fondo diLambicco e si distilla a fuoco ardente tutto il mercurio, poi si leva cio' che e' al fondo, e se sitrova massa si risolve col mercurio uscito, e si reiterano le operazioni finche' sia polve sottileche non si tenghi in massa. Si piglia poi la polve e si macina sottilmente sul marmo, e non nelmortaro, poi si setaccia in un setaccio finissimo e se vi rimane qualche parte grassa, si rimacinafinche' passo' tutta, e cosi' si avra' la polve disposta ad essere calcinata col fuoco, il che si famettendo la polvere in una scatola di terra, o di vetro a' fuoco proprio di calcinazione per duegiorni, doppo che si levara' la scatola, si aprira', e si levara' il piu' sottile con una penna, e si

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conservara' e si reiteri lo stesso, finche' si levi tutto colla detta penna.

Il lapis, che si fa' secondo gli antichi, e' altresi' un lapis ed una polve rossa, come questa, marichiede un'anno di tempo per perfezionarsi.

L'oro congelato cosi' non sara' squagliabile, e percio' si deve fare cosi'. Si piglia questa calce, esi mette in un vaso di vetro, che abbia un collo lungo, e vi si getta sopra due volte piu' del nostromercurio, s'ottura il buco del vaso con cera gommata, e si mette al bagno Maria per 24 ore, e sirovescia il dissoluto, si continua l'operazione, finche' il mestruo si colori, e poi si rincalcinano lefeccie, e si dissolvano in un nuovo mestruo, e so rimane qualche cosa sara' una polve morta edinutile. Si pigliano poi i mestrui, e si mettono in un lambicco col suo cappello, e si distilla a fuocolento, ed al fondo rimane un lapis preziosissimo, di cui se ne mette un poco sovra una lamad'argento, e si roventa al fuoco, se si squaglia cosi' presto che la cera, senza fumare, ne' farrumore, e che si stendi per tutto, e ch'entri nella lama e la tinga in color d'oro, si fissi ed imischicon essa e non se ne separi mai e' assai, perche' e' il vero segno di perfezione; cio' pero' nonsuccede cosi' presto e per arrivarvi si fa in due maniere; una e' di recalcinare il lapis a' fuocolentissimo in una scatola di vetro e non di terra finche' abbia il detto segno. L'altra che si distillial bagno Maria, finche' non si coaguli piu' al fuoco, ma che rimanga un'olio denso, e allora e' ilvero oro potabile fatto senza mistione d'altra cosa, che si liquefara' in ogni liquore, e servira'molto alla sanita', e per la trasmutazione dell'argento in oro col far progezione del detto orosull'argento, mettendovene in molte occasioni, finche' si conosci il peso della calce, che richiedeun tal peso d'argento, per essere ben colorato. E per il Mercurio comune e de' metalli, se nemetteranno cento parti in un vaso piano di vetro col collo lungo, e vi si inetti sovra una parte dellapis, che si cuoceranno a' fuoco lento per otto giorni, aumentando in fine il fuoco fino all'ignizione inclusivamente, e si avra' una polve rossa che si squagliera' colla borace, e si avra' orobuono, e se si vuol fare progezione sul mercurio comune o' di metalli, come anche sull'argento.E come questo lapis si puol aumentare si mischia' con altrettanto di mercurio d'oro, e si mette inun'oro filosofico, turato con un turaccio di vetro per dodici giorni coll'aumentar del fuoco di tre' intre' giorni, e gli ultimi tre giorni si fa fuoco d'ignizione e si avra' una polve simile alla prima, chefara' lo stesso effetto, e cosi' si puo' moltiplicar in infinito, col porvi il peso uguale del mercurio disole e cuocendolo per dodici giorni. Ora per estrarre il mercurio dall'uno d'ogni altro metallo,bisogna incorporarlo con Mercurio comune, poi calcinarlo nel modo sudetto, ma non all'estremo,bastando che rimanga in polvere impalpabile, nella quale il loro mercurio sara' contenuto, all'orasi mette in aceto distillato al bagno Maria, e ne trarra' tutto il colore e la dolcezza della calce, siversa poi dolcemente e se ne mette di nuovo e quando ne avra' fatta tutta la dolcezza, e chenon sara' piu' rosso, come prima sara' d'uopo filtrarlo e svaporarlo, e rimarra' al fondo un lapisbianco che si dissolvera' di nuovo e si fara' come prima per averlo piu' puro, il che e' il mercuriomorto, il quale si vivifica cosi'. Si pigliano due dramma del detto lapis e s'incorporano sovra unmarmo con una dramma di mercurio comune, e tutto poi si mette in un lambicco col suo capello,poi si secca, e fatto secco si rimacinera' sul marmo ed il mercurio avra' vivificato a se' tutto ilmercurio che era morto nella detta polve, o lapis, e noti V. S. che la calce che sara' rimasta nelfondo del vaso, nel quale si sara' versato l'aceto distillato, dev'essere ricalcinato di nuovo afuoco graduato in un vaso ben cimentato, finche' non si trova piu' che una terra inutile. Il fioreche salira' dall'oro, ed argento e' un mercurio puro, quando si purifica bene.

Sin adesso ho' parlato della materia, e non mi rimane che a' parlare della causa efficiente, laquale e' una forza e virtu', che e' in una sostanza o' sottile, colla quale muove la materiaprossima in quest'arte che e' il mercurio per informarlo, e dargli una forma sostanziale d'oro, o'd'argento. L'oro non ha' tal virtu' attuale, ma in potenza, perche' deve depurarsi colla materiaimpura, colla quale e' sempre congiunta tal virtu', la quale essendo varia ne' corpi, le uneimpediscono gli effetti delle altre. Tal virtu' deve aversi col far' ajutare la natura dall'arte, qualeconsiste nel fuoco per esser quello che dissolve i corpi, e ci fa' conoscere le parti componenti:con che si viene alle operazioni sudette di estrarre coi modi sudetti, ed aiuto del fuoco il verolapis. Questo e' l'unico ed il piu' perfetto mezo che sia mai stato trovato nel mondo, appruovatodagli antichi e piu' penetrativi filosofi, ed investigatori di questa scienza ed arte occulta. Vi sono

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altri mezi per fare questo lapis, e varie, altre operazioni bellissime: ma questo segreto che io gliscrivo e' il diamante tra altre pietre preziose di comunal valore. E' questo ch'io adesso metto inesecuzione. Ma' come e' malagevole di far esattamente le calcinazioni, lo faccio adagio perriuscire. Sono altresi' occupato a fare altre operazioni mirabili, nelle quali questo Re' pigliapiacere non ordinario, ed io non ne piglio meno, perche' oltre che le operazioni non mi costanoniente, e che da queste imparo, come V. E. sa' che nella Chimica s' impara ogni giorno dalleoperazioni, vi trovo un profitto grandissimo. Sono amato dal Re, stimato dai Grandi, riverito da'piccoli, e mi trovo in autorita', e quello che e' meglio, co' molti contanti in saccoccia. Se V. E. miconosce capace di poterla ubbidire in cosa di maggior rilievo, la supplico umilmente degnarsi dinon rattenersi d'impormi: vedra' V. E. dagli effetti, se veramente dico di cuore, che ambiro' inogni luogo, tempo ed occasione di qualificarmi con umile rispetto del carattere glorioso di

Di V. E.

Copenage, li 9 agosto 1667.

Umilissimo, ed Ubb.mo Serv.re

Francesco Borri

4) Gli esseri elementari secondo R. Steinerdi Maximus

Si è già parlato delle possibili relazioni dell'uomo con gli esseri elementari, trattando del Conte diGabalis. In tale opera, è esposto scherzosamente il punto di vista rosacrociano su questoargomento. Dell'esistenza degli esseri elementari trattano tutte le tradizioni, a cominciare daquella indù, ove essi sono denominati Bhuta Ganas e sono considerati i servitori di Shiva. Nellibro intitolato "Teosofia", Rudolf Steiner parla, tra le altre cose, di quegli esseri che sonoinvisibili per i sensi grossolani, esprimendosi così: "Ma coloro che hanno la facoltà di visionispirituali percepiscono questi esseri e li possono descrivere. Alle categorie più basse di questiesseri appartiene tutto ciò (per coloro che percepiscono il mondo spirituale) che descrivonocome salamandre, silfidi, ondine, gnomi. Non dovrebbe essere necessario dire che questedescrizioni non possono avere valore come immagini che hanno per base la realtà fisica. Se lofossero, il mondo di cui si parla non sarebbe spirituale, ma grossolanamente sensibile. Sonoraffigurazioni di una realtà spirituale, che appunto si lascia rappresentare solo in questo modo,per parabole. E' del tutto comprensibile, per colui che dà valore solo al mondo sensibile, che egliconsideri questi esseri soltanto creazioni di fantasia morbosa o di superstizioni. Per gli occhisensibili non possono mai essere percepiti, naturalmente, perchè non hanno un corpo sensibile.La superstizione non è nel fatto che si considerino questi esseri come una realtà, ma che sicreda che appaiano in modo sensibile. Esseri di questo tipo collaborano al divenire del mondo eci si imbatte in loro dal momento in cui si entra in quelle regioni più elevate del mondo stesso,che rimangono chiuse ai sensi corporei. Superstiziosi non sono coloro che in queste descrizionivedono immagini di realtà spirituali, ma coloro che credono alla presenza sensibile di questeimmagini e anche coloro che rifutano lo spirito perchè credono di dover rifiutare l'immaginesensibile".

Dunque, un incontro con esseri elementari non può mai basarsi sulla comune ConoscenzaMateriale, non possedendo essi un corpo grossolanamente sensibile. Esistono invece,seguendo la gnoseologia steineriana, tre modalità di incontro, basate sulle tre formesuperiori di conoscenza: Immaginale, Ispirativa e Intuitiva. Cominciamo dalla prima modalità.

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Incontri basati sulla Conoscenza Immaginale

Resisi capaci di conoscenze immaginali, con le apposite pratiche indicate da Steiner, ad es. conl'Esercizio della Rosacroce, si può passare all'evocazione diretta degli elementari. Convienefarlo in località in sintonia con il tipo di elementare evocato, servendosi delle orazioni e dei rititradizionali e dei simboli degli elementi, che fungono come "porte" per i loro mondi. Perchè tali entità si possano manifestare nel giusto modo, si deve imparare ad accantonare idesideri e le rappresentazioni personali. Altrimenti, anzichè gli elementari, si manifestano quelleillusorie e pericolose "Simili Nature", descritte efficacemente da Kremmerz. Facilmente poi simescolano al proprio sperimentare ricordi di immagini di opere d'arte o di libri di vario genere(grimori, libri di favole, libri di mitologia). Perché questi esseri possano prendere opportunaforma è importante il lavoro su me stesso, l'abitudine ad una distaccata osservazione epresenza mentale. La Conoscenza Immaginale di una entità è un' esperienza interiore, della cui qualità sonofortemente responsabile. Quanto più altruisticamente imparo a immedesimarmi nell'altraentità, tanto più l'immagine perde i tratti provenienti dalla mia soggettività. Essa riflette,con sempre maggior chiarezza, l'essere com'è, i tratti umani dell'immagine spariscono. In casidubbi, opportuni simboli e rituali di "bando" hanno il potere di far svanire le immagini illusorie,mantenendo quelle autentiche. Lo sperimentare immaginale degli esseri elementari è simile ad un sogno lucido. E' perciòdiverso da un comune sogno inconsapevole, perché io imparo a controllarlo e a dominarlo,similmente a quanto avviene per una percezione sensoria.Il consiglio, già dato da altri in relazione al lavoro sui sogni lucidi, di rimanere neutro neiconfronti di ciò che si sperimenta è valido anche qui. La lucidità ed il controllo dell'esperienzaessendo assai più importanti del contenuto della medesima.

Incontri basati sulla Conoscenza Ispirativa

Quando l'Esercizio della Rosacroce o altri consimili hanno condotto dalla ConoscenzaImmaginale a quella Ispirativa, si può "conversare" con gli esseri elementari. La comprensione èpossibile perchè gli elementari non hanno una voce come gli esseri umani o gli animali e perciònon hanno un loro linguaggio verbale, che a noi potrebbe risultare incomprensibile. Non ciparlano come un uomo che ci sta di fronte, ma trasmettono il loro messaggio nellanostra interiorità, in modo che esiste in noi come un pensiero non nostro, ma ricevuto.Chiunque abbia sperimentato un fenomeno di telepatia può comprendere di cosa si tratti. Chinon lo ha sperimentato (o non ci ha mai fatto caso), può farsene un'idea, ripensando a qualchecircostanza in cui qualcuno ha iniziato a dirgli qualcosa, senza terminare di parlare. La parteudita si è propagata interiormente, associandosi da sola a ricordi ed aspettative,"completandosi", come se l'altro avesse effettivamente finito di parlare. Similmente, losperimentare umano ispirativo ci fa sembrare il "linguaggio" degli esseri elementari comecostituito di parole e frasi, proprio come lo sperimentare immaginale ci sollecita a rappresentarequesti esseri come figure. Il fatto che i narratori di favole e leggende ci abbiano ad es.tramandato i saggi "consigli" degli gnomi o di altri elementari non è dunque da considerarsi,sempre e necessariamente, come un'invenzione della comune fantasia di scrittori.

Incontri basati sulla Conoscenza Intuitiva

Come spiega R. Steiner in diversi suoi libri (ad es. in "Sulla via del'iniziazione"), gli esercizi perprepararsi all'Intuitio Intellectualis richiedono che il discepolo elimini dalla sua coscienza nonsoltanto le immagini (conoscenza immaginale), ma anche la forza animica che le ha edificate(conoscenza ispirativa). Ciò può ottenersi, in modo graduale, facendo diventare "trasparenti" le

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immagini, per mezzo di una continua concentrazione entro le immagini stesse: esseacquisteranno trasparenza per loro propria tendenza e natura. In seguito diverranno tali da nonessere più viste, ma solo sentite come enti viventi nella propria anima: potremo percepire, permezzo loro, la "sostanzialità" della realtà soprasensibile. Liberi da qualsiasi ricordo di parola eimmagine è dunque l'esperire intuitivo degli esseri elementari. Mi posso sperimentarenell'interiorità di un essere elementare e l'essere elementare è dentro di me, cicompenetriamo a vicenda. Pur essendo due esseri, però, in questo stato, siamo come uno. Egrazie a questa unione posso conoscere la sua vera essenza.Vi è tuttavia un pericolo: nel mondo eterico le entità che "penetrano" nell'uomo, non sono come iflebili, sottili ed evanescenti pensieri automatici che si palesano all'uomo nell'ordinaria vita delpensare, ma si presentano come esseri ben più forti, perchè recano in sé una volontàautonoma. Il rafforzare, in via preliminare, il pensiero mediante la concentrazione volontariaserve appunto a contrapporsi all'interferire dei processi di pensiero degli esseri elementari, iquali tendono a prevalere sull'Io interiormente non rafforzato. E' indispensabile che nel corpoeterico del discepolo siano presenti contemporaneamente due forze opposte, da equilibrare:1- Alla "periferia", la capacità di diventare, di trasformarsi in altri esseri. 2- Al "centro", il forte sentimento dell'io, di sé come essere conchiuso. Senza la facoltà di "diventare" la conoscenza intuitiva è impossibile. Senza un forte sentimentodell'Io si corrono i rischi dei quali si è detto. Per esercitarsi, sia rivolti ad esperienze di fattisensibili, sia innanzi a esperienze spirituali occorre dirsi:"Io sono in questo stato di concentrazione particolare; sono collegato in modo vivente conun'entità la quale, per sua natura, trasforma ora la mia entità nel suo "modo o stato". Questotrasformarsi, questo dedicarsi all'immersione in altre entità è una vera e propria caratteristica delvivere nei mondi spirituali; l'immedesimarsi consente di imparare a conoscere i processi e gliesseri di quei mondi.Aggiungiamo di passata che questo è il vero e più profondo significato di espressionicome "nozze con la fata" ed altre consimili che si possono trovare nei testi occulti.