12111 Il Disco Di Festo

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    Il disco di Festo.Lenigma di unascrittura

    di Louis Godart

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    Edizione di riferimento:

    Louis Godart, Il disco di Festo. Lenigma di unascrittura, Einaudi, Torino 1994

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    Indice

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    Premessa 4

    Introduzione 6

    I. Gli archeologi italiani a Creta 11II. La pianura della Messar e il palazzo di Festo 23

    III. Il disco di Festo e le scritture cretesi 38IV. Il senso di lettura dei segni del disco 50V. Il testo del disco di Festo 66VI. I segni e le loro raffigurazioni 83VII. La provenienza del disco 118VIII. La decifrazione del disco di Festo 134

    Conclusioni 139

    Bibliografia 145

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    il disco di festo. lenigma di una scrittura

    A Fulvio Tessitore e Alberto Varvaro

    che mi hanno insegnato ad amare Napoli

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    Premessa

    Sono felice di esprimere la mia viva gratitudine a tutticoloro che mi hanno aiutato nella realizzazione di que-

    sto volume.I primi cui va la mia riconoscenza sono CharalambosKritsas e Alexandra Karestou, i quali, aprendomi unavolta in pi le porte del museo di Iraklion, mi hannoconsentito di studiare la pi celebre delle iscrizioni chevi conservata.

    Devo all'impegno e alla competenza di Judith Langele fotografie del disco e del palazzo di Festo, mentreStephanos Alexandrou mi ha fornito le riproduzioni

    dell'ascia di Arkalochori. facile capire che senza l'in-tervento determinante di questi due grandi artisti il pre-sente volume non avrebbe alcuna ragione di esistere.

    Adele Franceschetti, Fabrizio Perrone Capano e Mas-simo Perna hanno letto e commentato il mio mano-scritto. Sono debitore a questi amici di molti suggeri-menti che hanno contribuito a migliorare la qualit deldiscorso contenuto in queste pagine.

    Infine, i collaboratori della casa editrice Einaudi, ein particolare Gianni Cervetti, Maria Perosino e PaoloFossati, mi hanno aiutato con i loro consigli, i loro ripe-tuti interventi e, soprattutto, la loro amicizia, a realiz-zare questo volume dedicato a uno dei pi affascinantimisteri della protostoria del Mediterraneo.

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    Introduzione

    Ogni grande civilt si imposta alla memoria degliuomini attraverso monumenti e opere che fanno ormaiparte della cultura universale. Le maschere doro delle

    tombe a fossa di Micene ci riportano al mondo miste-rioso di Agamennone e dellepopea omerica; lacropolidi Atene e il Partenone simboleggiano la Grecia classi-ca; il Colosseo la Roma imperiale. Cos Versailles ricor-da i fasti della corte di Luigi XIV e la Grande Muragliagli imperatori della Cina millenaria.

    Le colonne del palazzo di Minosse a Cnosso, il torosacro raffigurato sulle pareti del labirinto disegnato daDedalo e il misterioso testo stampato sul disco dargillascoperto a Festo nel luglio del 1908 sono diventati a lorovolta gli emblemi dellantica civilt cretese.

    Nelle pagine che seguono racconteremo la scoperta diquesta iscrizione famosa, ne proporremo ledizione etenteremo di collocarla nel panorama delle scritture chesono nate e si sono sviluppate nel bacino orientale delMediterraneo tra il III e la fine del II millennio a. C.

    Se abbiamo deciso di scrivere questo volume per-

    ch, da quando gli archeologi italiani della missione diCreta hanno scoperto il disco sulle alture di Festo ottan-tacinque anni orsono, centinaia di persone hanno ten-tato di decifrarlo; anno dopo anno, molti ci scrivono perchiedere informazioni sulla disposizione dei segni, sulcolore dellargilla, sui presunti rapporti tra i caratteri

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    alla sagacia dei lettori linsieme dei problemi posti dauna delle pi grandi scoperte archeologiche di questosecolo. Scorrendo le pagine che seguono il lettore tro-ver per la prima volta un materiale iconografico di qua-

    lit che, grazie allabbinamento delle fotografie a colo-ri e dei disegni, gli permetter di seguire lo svolgersi deltesto impresso sulle due facce delliscrizione. Le circo-stanze del ritrovamento del disco vi sono ampiamenteraccontate; stato realizzato un indice completo delleparole attestate nelliscrizione; i segni sono stati discus-si e, laddove possibile, avvicinati alle diverse realtarcheologiche di Creta o di altre localit del Mediterra-neo antico. In breve, tutti i dati che riguardano il disco

    di Festo sono esposti in queste pagine. Il lettore potrsognare e tentare, se lo vuole, di penetrare nel cuore diuno dei pi antichi misteri della storia. Una sola cosadifferenzia questo volume dalle moderne riviste specia-lizzate in vari tipi di rebus come la Settimana enigmi-stica: lautore non stato in grado di esporre la solu-zione dellenigma proposto.

    Ma il desiderio di fornire un passatempo ai lettorinon lunica ragione che mi ha spinto a scrivere questolibro. Un oggetto archeologico inconsueto sul quale dipinta, incisa o stampata uniscrizione misteriosa poneinfiniti problemi. Perch stato rinvenuto in quellalocalit? A quando risale? Da dove proviene? Che cosasignifica? Liscrizione appartiene a una scrittura cono-sciuta? Tale scrittura alfabetica, sillabica o ideografi-ca? Quale lingua nasconde? Che messaggio vi ha lascia-to il suo anonimo autore?

    Ledizione qui proposta non consentir di rispondereallinsieme dei vari quesiti, ma vorrei che aiutasse alme-no coloro che lavorano negli scavi del bacino orientale delMediterraneo, del vicino oriente o dellEgitto a familia-rizzarsi col disco di Festo e con ognuno dei segni che visono stampati. Una conoscenza pi approfondita del

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    disco potrebbe aiutarli a confrontare parte del materia-le iconografico in esso contenuto con qualche reperto cheproviene dai loro scavi, e un giorno, forse, a metterlo inrelazione con un oggetto in grado di svelare una parte del

    mistero che avvolge ancor oggi il disco di Festo.Larcheologia attira gli amanti del passato e le ricer-

    che sui vecchi testi, soprattutto se oscuri e non ancoradecifrati, appassionano il pubblico.

    La storia delle scritture antiche si confonde spessocon la storia di giovani, uomini e donne, che un giorno,con immensa dedizione e grande entusiasmo, hannodeciso di impegnare le loro forze nella lettura e nella

    decifrazione dei testi del passato. Altrove abbiamo rac-contato la vita e le scoperte di uomini come Jean-Franois Champollion o Michael Ventris, che hannoconsacrato la loro vita a una ricerca totalizzante. Leloro fatiche sono state ampiamente ripagate: il primo hadecifrato i geroglifici dellantico Egitto e il secondo lascrittura dei micenei. A questi geniali ricercatori, e atutti quelli che con il loro paziente lavoro di interpre-tazione hanno restituito alla storia i mondi scomparsi,si pu benissimo applicare la frase di Georges Dumzil:Devant les sicles leur oeuvre est faite, di fronte ai seco-li la loro opera compiuta.

    probabilmente per questo motivo che tanti, oggi,si lanciano intrepidamente alla ricerca di una chiave dilettura per svelare il mistero delle lingue scomparse edelle scritture indecifrate. Tentare di capirne i segretipu benissimo diventare una ragione di vita.

    Il disco di Festo un oggetto intrigante. La sua pre-sunta antichit, la qualit della scrittura che lo ricopre,il fascino indiscusso della cultura cretese alla quale associato ne fanno un oggetto prediletto per chi sognadi diventare un nuovo Champollion o un secondo Ven-tris. Perci, in unopera di questo genere, non poteva-

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    mo esimerci dal trattare i problemi relativi alla sua let-tura e alla sua eventuale decifrazione; anche perch rite-niamo che, sulla base delledizione fotografica che pro-poniamo, molti si sforzeranno, dopo infiniti altri, di

    decifrare questa iscrizione.A loro vanno i nostri migliori auguri, anche se abbia-mo il dovere di ricordare che non tutti hanno le capa-cit di Jean-Francois Champollion, che difficile riper-correre il cammino di una stella e che il disco di Festonon la stele di Rosetta.

    Roma, gennaio 1994.

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    gli scavi di Kalokerins a Cnosso e di Schliemann aMicene stanno lentamente rivelando. Il seguito dei suoilavori a Creta lo dimostrer.

    Le ricerche di Halbherr ebbero subito esito eccezio-

    nale. Recandosi nella pianura della Messar, il fedelediscepolo di Domenico Comparetti ebbe la fortuna discoprire la pi importante delle epigrafi greche, la Gran-de Iscrizione di Gortina sistemata sulle pareti dellO-deon della citt.

    Scavare non mai semplice: lo scavo un atto irri-petibile; chiunque manipoli gli strati che risalgono al pas-sato e, a fortiori, al passato pi remoto, distrugge auto-maticamente parte delle informazioni che dovrebbero

    consentire la ricostruzione storica. Infatti, scavando unsito occupato senza soluzione di continuit per millen-ni e millenni, si costretti a smantellare le strutture pirecenti per giungere agli strati pi antichi e, ovviamen-te, loperazione si fa al prezzo del sacrificio degli stratisuperiori. Occorre quindi, attraverso un lavoro com-plesso e sovente noioso, raccogliere tutte le informazio-ni legate alle strutture destinate a essere smantellate perpoter cos, nella sintesi storica, scrivere in modo rigorosola storia del sito che si scava. Oltre poi ai problemi postidallo scavo vero e proprio, larcheologo deve spessoaffrontare condizioni ambientali non facili, legate sia alleimperviet del sito, sia a rapporti non sempre idilliacicon gli abitanti del luogo.

    La scoperta della Grande Iscrizione di Gortina daparte di Halbherr a questo punto esemplare. Prima delsuo arrivo a Creta, alcuni blocchi frammentari della pi

    rilevante delle epigrafi greche erano gi stati segnalati daalcuni viaggiatori francesi. Proprio nel 1884, la scoper-ta casuale di altri blocchi indusse il roveretano a porta-re alla luce tutto il muro dellOdeon di Gortina. Le dif-ficolt furono immani. Il sito era occupato da un muli-no ad acqua, il cui canale correva proprio lungo il muro

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    costituito dai blocchi dellepigrafe. I proprietari, assaiaggressivi, non volevano assolutamente consentire allar-cheologo di condurre le sue ricerche e un bel giorno,mentre Halbherr era sceso nellalveo del canale momen-

    taneamente sbarrato per copiare lepigrafe, tentarono diannegare il giovane archeologo: rimossero improvvisa-mente la barriera immettendo nuovamente lacqua nelcanale, e per poco Halbherr non dovette pagare con lavita il suo amore per lepigrafia greca.

    Dal 1884 al 1888 Halbherr si occupa di epigrafi gre-che. Sono gli anni del lavoro a Gortina, della scopertae dello studio della grande iscrizione dellOdeon, degliscavi del Pythion e anche della raccolta del materiale per

    il corpus delle iscrizioni cretesi da realizzare insieme alComparetti. Ma sono anche gli anni in cui allaccia rap-porti e relazioni di amicizia con i membri del Sillogo diCandia, che appartengono allaristocrazia intellettuale diCreta e si preoccupano delle sorti delle antichit delli-sola, al punto che, nel 1895, lo stesso Sillogo gli affidalo scavo della grotta del monte Ida, la montagna sacradove, secondo la leggenda, Rea avrebbe nascosto Zeusper sottrarlo alla voracit paterna. Sul monte Ida poi ilfanciullo sarebbe stato allattato dalla capra Amalteamentre i suoi vagiti erano coperti dalle musiche dei cori-banti cretesi.

    La personalit di Halbherr si ormai imposta sulloscenario cretese, e la pianura della Messar, dove prin-cipalmente lavora, il suo terreno di predilezione. Leantichit di Gortina sono al centro delle sue preoccu-pazioni, ma, per poter affermare il primato dellItalia

    nella zona, occorre travalicare i confini della Greciaellenistico-romana e occuparsi anche del mondo minoi-co-miceneo. Nella stessa pianura della Messar vi sonotracce vistose di insediamenti che risalgono ai periodipili alti della storia cretese, tra cui linsediamento diFesto. In questottica, gettare le basi per una ricerca

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    archeologica da condurre a Festo unoperazione poli-tica alla quale Halbherr non pu rimanere insensibile. Ilsito promettente, anche perch la citt di Festo giricordata nellIliade (II, 648) e nellOdissea (III, 296)

    nonch presso numerosi autori antichi tra cui Diodoroe Strabone. Strabone (X, 579) ne misura la distanza daGortina (60 stadi), dal mare (20 stadi) e da Matala, suoporto (40 stadi).

    Cos, nel 1894, Halbherr apre alcune trincee di sag-gio sulle pendici meridionali delle alture festie, affian-cato da Antonio Taramelli

    1. Queste trincee intoppava-

    no, sotto i resti di mura elleniche allora solamente visi-bili in superficie, in uno scarico di cocciame contenen-

    te fra laltro numerosi frammenti di quella ceramicapreellenica policroma gi allora conosciuta col nome diceramica di Kamares.

    Il progetto, da lungo tempo accarezzato, di condur-re veri e propri scavi a Festo fu avviato non appena, fon-data nel 1899 una permanente Missione italiana diCreta, si ottenne dallalto commissariato dellisola chelesplorazione della Messar fosse affidata agli italianiche componevano la missione. Gli scavi furono iniziatinella primavera del 1900, poco dopo linizio di quelliavviati da Arthur Evans a Cnosso.

    Il 2 giugno del 1900, i membri della missione desti-nata a esplorare le alture di Festo partirono per la pia-nura della Messar sotto la guida di Luigi Pernier. Itempi erano difficili e molte zone di Creta, tra cuiappunto la Messar, erano in preda alla malaria. Per evi-tare di restare vittime dellinsalubrit che regnava nella

    pianura, in particolare nel vicino paese di San Giovan-ni, e per essere pi vicini allo scavo, gli archeologi ita-liani sinsediarono alla meglio nelle rovine del conven-to di San Giorgio posto sulle alture.

    La pianura della Messar attraversata da un fiume,lo Jeropotamos. A sud di questo fiume vi sono tre acro-

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    poli che formano una piccola catena in direzioneest-ovest. La prima e la pi occidentale anche la pi altae i suoi fianchi salgono ripidamente fino alla vetta, il cuipiano ha unestensione di appena dieci metri. Le altre

    due alture finiscono invece in una platea che, sullacro-poli pi orientale, presenta una notevole ampiezza.Pernier fa notare, nella sua relazione del 18 novem-

    bre 1900 a Luigi Pigorini, allora presidente della Scuo-la archeologica italiana, che le tracce di antichi edificisono ovunque scarse e incerte, ma che una grande quan-tit di frammenti di vasi additava quel luogo come unimportante sito miceneo, forse, prosegue lo scopritore diFesto, il luogo dove si colloca la citt gi celebrata nei

    poemi omerici.Il 4 giugno, gli archeologi esplorano laltura centra-le. Senza esito. Effettuano anche altri saggi lungo ilmuro perimetrale meridionale del convento di San Gior-gio e sullacropoli orientale. Le ricerche si rivelaronopresto ben poco fruttuose sia presso il convento che sulfianco meridionale della prima acropoli, perci tutto illavoro si concentr sullampia platea della terza acropo-li e precisamente nella porzione meridionale della stes-sa: l vennero alla luce le grandiose costruzioni di un edi-ficio miceneo la cui scoperta entusiasm, a quanto pare,lo stesso Halbherr.

    Infatti, in una lettera a Domenico Comparetti del 3settembre 1900, lo scopritore dellepigrafe di Gortinascrive:

    Il pi e il meglio si trovato a Festo, dove abbiamo scoperto

    il palazzo miceneo; un edificio di enormi proporzioni, chedomander almeno due o tre campagne per essere comple-tamente scavato. Il dr. Pernier, che ho lasciato col a con-tinuare i lavori, vi rester fino alla met di settembre. Essen-do il luogo malarico, si dovr allora sospendere lo scavo eriprenderlo nellinverno. Intanto io ora verr in Italia con

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    un permesso dun paio di mesi. Il palazzo di Festo di cui unterzo e pi adesso messo in luce, ha dato vasi micenei bel-lissimi, idoli in terracotta del tipo di quelli di Troia, figuri-ne di animali, due splendide tavole di libagione con deco-

    razioni di spirali a rilievo come nella stele di Micene, fram-menti dintonaco dipinti, bronzi, ecc. I blocchi del palazzohanno le segnature come quelli di Cnosso, finora 24 segnidifferenti. Mancano per sino ad oggi le tavolette iscritte,ma non manca la speranza di trovarne pi in l.

    La speranza di Halbherr di trovare testi a Festosarebbe stata esaudita nel migliore dei modi, poich ilsito cretese da lui prescelto per condurre ricerche rela-

    tive allet minoico-micenea avrebbe restituito il pifamoso documento iscritto di tutte le civilt egee.

    La scoperta del disco.

    I lavori iniziati a Festo procedettero molto spedita-mente (anzi, troppo speditamente secondo gli usi ormaiin atto nellarcheologia moderna). Pernier ricorda checon la campagna del 1903 si potevano ritenere delinea-ti nelle loro linee, fondamentali i confini del palazzo. Anord-est, il quartiere cosiddetto privato terminava conla parete settentrionale del vano 88 e col muro a essoperpendicolare che fiancheggia a est il corridoio 87.Langolo esterno delimitato da tali muri era occupato darocce calcaree. Da queste rocce, fino allorlo settentrio-nale e orientale, si stendeva invece unampia lingua di

    terra di riporto, sotto la quale gli archeologi italianisospettavano che si trovassero altre costruzioni.Nel 1900-901 furono aperti i primi pozzi di saggio in

    quella zona e furono portati alla luce resti di et elleni-stica. Nel 1903 fu praticato un ulteriore saggio nellazona e furono portati in superficie resti pi antichi (un

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    pilastro quadrangolare e una base di colonna in calcare,un pavimento a lastroni di gesso, vasi dipinti interi eframmentari appartenenti per la maggior parte alla finedel medio minoico).

    Le costruzioni site in quel luogo, per la sopraeleva-zione rocciosa sulla quale poggiavano, erano separatecos nettamente dal palazzo che non era certo possibileconsiderarle come facenti parte del complesso palazialevero e proprio; potevano tuttal pi rappresentare unannesso della costruzione principale o un fabbricato atti-guo. Perci si decise di procedere al loro scavo definiti-vo soltanto dopo aver portato alla luce linsieme delcomplesso. Tuttavia, il bel lastricato in gesso, il pilastro

    e la colonna erano indizi che dimostravano limportan-za del complesso al quale appartenevano. Vi erano inparticolare alcune lastre dargilla semicotta, poste a pocadistanza luna dallaltra, che si vedevano affiorare aoriente dellangolo nord-est del vano 86: l Pernier deci-se di aprire una trincea nel 1908.

    Le lastre dargilla semicotta erano le pareti divisoriee il rivestimento interno di una serie di cinque piccolis-simi vani rettangolari allineati da ovest a est e compre-si entro una cerchia di muro a blocchi di calcare squa-drati e connessi in modo irregolare. Non cera pratica-mente nulla in quelle fossette e perci la loro finalitrimaneva inspiegabile, ma a est della quinta fossettaecco apparire unaltra che sembrava meglio conservatae dal cui scavo si poteva sperare di ricavare alcuni lumiper intuire la finalit dellinsieme.

    La sera del 3 luglio 1908, nel piccolo vano rettango-

    lare che si stende dal muro meridionale delle fossette 6e 7 fino alla roccia, vicino allangolo nord-ovest e a circa50 centimetri sopra il fondo roccioso, in mezzo a terrascura commista a cenere, carboni e frammenti cerami-ci, fu rinvenuto il famoso disco di Festo. Pochi centi-metri pi a sud-est, nel vano stesso, quasi alla medesi-

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    to interamente a vernice rosso-corallina lucente comequella dei vasi aretini. La presenza di questo materialesignifica in modo inoppugnabile che la zona dalla qualeproviene il disco era stata perturbata nel corso della sto-

    ria e che sulla base dei dati stratigrafici qualsiasi certezzacirca la datazione precisa del disco stesso impossibileda raggiungere.

    Inoltre, Pernier segnala da che il tipo di costruzionie il genere di suppellettili concordano nel disegnare lostato in cui furono trovati il disco e la tavoletta comecontemporaneo dellultimo periodo di esistenza del pri-mitivo palazzo festio e dellepoca in cui siniziava laricostruzione della grande reggia di Cnosso. Il vasella-

    me associato ai documenti scritti corrisponde perfetta-mente a quello che giaceva sui pavimenti, sui banchi, neiripostigli del primo palazzo di Festo al momento dellacatastrofe che lo colp, e a quello trovato nei vani piantichi del rinnovato palazzo cnossio, per esempio nellecassette sotterranee del magazzino 4 e nel tesoro delladea con i serpenti.

    Le fossette di cui abbiano parlato presentano incre-dibili analogie con i ripostigli sotterranei di Cnosso e diHaghia Triada; si tratta di ripostigli come le caselledi Cnosso, in particolare come quelle dei magazzini occi-dentali del lungo corridoio adiacente, e del santuariodella dea con i serpenti. Il vano 8, dove fu trovato ildisco insieme alla tavoletta, presenta poi una stretta eforse non casuale somiglianza con la stanza del tesoro(ove erano i talenti di bronzo) nel palazzetto di HaghiaTriada e con il vano della reggia cnossia in cui si con-

    servava il pi ricco deposito di tavolette scritte concaratteri geroglifici.Tutti i piccoli vani di questi tre palazzi sono non sol-

    tanto simili fra loro per la struttura, ma forse anche con-temporanei, cio della fine del medio minoico (minoicomedio III di Evans). probabile che le fossette di Festo

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    e il vano dove fu trovato il disco servissero come ripo-stigli o depositi di oggetti importanti e preziosi.

    2 A. Taramelli, Ricerche archeologiche cretesi, in Monumenti Anti-chi, IX (1899), coll. 293 sgg.; Una visita a Phaistos, in American jour-nal of Archaeology, V (1901), pp. 418 sgg.

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    Capitolo secondo

    La pianura della Messar e il palazzo di Festo

    Il viaggiatore che lascia Candia e la costa settentrio-nale di Creta per dirigersi verso sud, attraversa i ricchivigneti e i campi un tempo coltivati da coloro che vive-

    vano alle dipendenze del palazzo di Cnosso, prima di ini-ziare la salita verso il villaggio di Haghia Varvara e laPatela di Prinias, laddove sorgeva, tra la fine del II e li-nizio del I millennio a. C., lantica citt e acropoli diRhyznia.

    Dopo Haghia Varvara, la strada sale ancora fino araggiungere il passo di Askyphou a 700 metri di altez-za. A questo punto lo sguardo scopre un orizzonte infi-nito: ai piedi del versante meridionale delle montagneappena superate, si estende fino al mare libico lim-mensa pianura della Messar. Si ha limpressione chetutti i monti di Creta, dal massiccio dello Psiloritis conil monte Ida a nord ai monti Asterusia a sud, faccianoda scudo protettore ai campi di grano e agli uliveti checospargono la pianura della Messar.

    La ricchezza della Messar colpisce chiunque conoscale terre spesso parche del sud. Labbondanza dacqua e

    il terreno fertile hanno da sempre assicurato ai contadi-ni del luogo generosi raccolti, e ancor oggi questa pia-nura tra le pi fertili di tutto il Mediterraneo.

    Era inevitabile che una zona cos favorita dalla natu-ra fosse intensamente sfruttata sin dalla pi alta anti-chit e che gli uomini della Messar avessero saputo

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    approfittare delle condizioni geografico-ambientali diun simile luogo per far prosperare le loro comunit. Einfatti, tutto lascia supporre che i primi coloni di Cretasi siano insediati nella pianura della Messar sin dal lon-

    tano periodo neolitico. Nel 1908, scavando nellangolonord-ovest del cortile occidentale del palazzo di Festo,Luigi Pernier port alla luce, sotto un lastricato delperiodo protopalaziale, i resti di un lastricato pi anti-co. Nello strato compreso tra i due pavimenti furonoindividuati due livelli: uno che risaliva probabilmente alminoico antico e un secondo, pi profondo, che dovevaessere del periodo neolitico. Ricerche ulteriori condot-te a Festo tra il 1950 e il 1966 hanno consentito di por-

    tare alla luce altri resti di ceramica del periodo neoliti-co. Si pu cos affermare senza ombra di dubbio che lacollina dove sorgeva il palazzo era gi stata occupata dal-luomo prima che i minoici si stanziassero a Creta allal-ba del III millennio a. C.

    Durante il bronzo antico I (minoico antico I) alcu-ne costruzioni monumentali fanno la loro comparsanella pianura della Messar: si tratta di grandi tombecircolari.

    Tali monumenti erano concepiti per accogliere sepol-ture collettive; i morti vi potevano essere sepolti anchea centinaia. Le ossa sono state rinvenute nel pi totaledisordine, perci difficile determinare la posizionenella quale venivano distesi i corpi dei defunti. In alcu-ni rari casi si tuttavia potuto constatare che i corpi ave-vano le gambe ripiegate, mentre in altri casi gli schele-tri sono stati scoperti distesi, con la schiena poggiata sul

    suolo. Un sottile strato di terra veniva poi gettato soprai cadaveri nellattesa che il monumento ospitasse ulte-riori inumazioni.

    Addosso ai defunti sono state ritrovate soltantopoche spille, mentre i gioielli, come i diademi, gli anel-li, le collane, i pendagli che facevano da corredo alle

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    sepolture, testimoniano dellesistenza di un artigianatodi grande qualit nella Messar dellinizio del in mil-lennio a. C. Oltre a questi reperti, decine di anni (ottan-ta pugnali sono stati rinvenuti nella tomba di Platanos,

    mentre ben cinquanta pugnali provengono dalla tombadi Haghia Triada), arnesi vari (lame di ossidiana, ascedi pietra), vasi in argilla e in pietra, statuette votive zoo-morfe e antropomorfe e infine sigilli accompagnavano imorti racchiusi in queste costruzioni.

    Linsieme dei ritrovamenti delle tombe circolari dellaMessar dimostra che le comunit che vivevano nellapianura allinizio dellet del bronzo avevano raggiuntoun notevole benessere ed erano in grado di procurarsi,

    fuori dalle frontiere di Creta, le materie prime che ser-vivano ad alimentare il loro artigianato di prestigio.Infatti, tra le materie prime associate alle sepolture,oltre alle ossidiane che provenivano dallisola di Milo,occorre ricordare i metalli (oro, argento, rame e stagno)che i cretesi dovevano certamente procurarsi in altrezone del Mediterraneo, come pure lavorio. Tali metal-li giungevano nella Messar allo stato grezzo ed eranoverosimilmente acquistati fuori dalle frontiere cretesi incambio di una parte dellabbondante produzione agri-cola della regione.

    Non c dubbio che questi scambi sono stati certa-mente facilitati dalla presenza, lungo il litorale dellaMessar, di attracchi come Kommos o Matala, da dovesalpavano le navi verso altri lidi del Mediterraneo.

    Allinizio del medio bronzo, verso il 2100 a. C., le

    comunit rurali da lungo tempo impiantate nelle zonefertili di Creta, tra cui le pianure intorno a Cnosso, a LaCanea, a Mallia e la stessa pianura della Messar, si svi-luppano e raggiungono dimensioni abbastanza prossimea quelle che saranno le loro dimensioni massime nelperiodo di maggiore espansione della civilt minoica, tra

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    il XVIII ed il XVI secolo a. C. Il territorio viene valoriz-zato e vi sorgono vaste strutture architettoniche carat-terizzate dalla presenza di ambienti con finalit diverse(quartieri domestici, cucine, scuderie e cos via). Que-

    ste costruzioni rispondono a un disegno architettonicocoerente; probabile che siano state ideate da un indi-viduo o da un gruppo che fanno valere la loro autoritsullintera regione. Tre funzioni precise sono associatea queste residenze della fine del III e dellinizio del II mil-lennio a. C. che vengono chiamate palazzi: una fun-zione economica, una funzione politica e una funzionereligiosa.

    La funzione economica la prima e certamente la pi

    importante delle caratteristiche di questi grandi com-plessi architettonici. documentata dallampiezza e dalnumero dei magazzini che gravitano intorno ai quartie-ri di abitazione o che sono sistemati nei piani interratidi questi ultimi. fuor di dubbio che i responsabili ditali costruzioni abbiano gestito la produzione agricola diunintera regione e che lolio, il vino, i cereali, i fichiprodotti sul territorio in mezzo al quale esse sorgevanosiano confluiti verso i magazzini appena edificati. Lacostruzione di queste residenze si accompagna quindi aun cambiamento nellorganizzazione delleconomia diunintera regione. Possiamo dire che fa la sua comparsaun tipo di economia basato sulla consegna al palazzo, ela ridistribuzione da parte delle autorit dello stessopalazzo, dei beni prodotti dal popolo delle campagne.

    La funzione politica la diretta conseguenza delnuovo stato di cose che viene manifestandosi. Colui che

    riesce a controllare unintera porzione di territorio chiamato a esercitare un potere effettivo sulle personeche abitano la regione e ne sfruttano le terre. Gli agri-coltori che lavorano i campi e i possedimenti di un indi-viduo capace di imporre la sua autorit sulla regione siaspettano dal nuovo potere protezione e compensi in

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    cambio del lavoro effettuato. Lo stesso vale per gli arti-giani e gli operai che collaborano alla vita economica eallo sviluppo del nuovo potere.

    La funzione religiosa unaltra conseguenza della

    situazione appena delineata. Lambito cultuale avvolgei campi dellignoto e del mistero. Colui che sa parlarecon gli di, che sa interrogarli, interpellarli, interpreta-re i loro segni, chiedere loro assistenza, ha, agli occhi deisuoi simili, un indiscusso ascendente. Non c dubbioche esistessero sacerdoti e stregoni in grado di mediaretra gli uomini e gli di nel periodo neolitico o nel minoi-co antico, e non c dubbio che questi individui abbia-no goduto di una considerazione particolare da parte

    della popolazione. Il nuovo potere che nasce a Creta, sevuole sopravvivere, non pu lasciare da parte la sferacultuale e religiosa. Non basta dominare le necessitprimordiali degli uomini per poterli controllare e coman-dare, bisogna anche regnare sulle loro anime. I padronidei grandi complessi architettonici nascenti del minoi-co medio lo hanno capito perfettamente, poich hannoadibito alcuni ambienti delle loro costruzioni a santua-ri e a luoghi di culto.

    Ma la nascita di uneconomia nuova basata sulla ridi-stribuzione dei prodotti richiede anche strumenti nuoviin grado di consentire agli amministratori dei palazzi uncontrollo sullinsieme delle operazioni legate ai movi-menti che si effettuano nei magazzini. Ed ecco quindiapparire nelle residenze palaziali di Creta i primi stru-menti amministrativi che porteranno allinvenzione dellascrittura nel mondo egeo.

    Allinizio, per calcolare le quantit di prodotti distri-buiti a coloro che lavorano per conto del palazzo, gliamministratori utilizzano un sistema molto empirico:chiunque bussi alle porte dei magazzini per ritirare unquantitativo di razioni alimentari, grano, orzo, olio chesia, deve lasciare al responsabile del magazzino una zolla

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    dargilla nella quale sono stampate delle impronte disigilli. Il numero delle impronte impresse nellargillamolle corrisponde al totale delle razioni sottratte alleriserve palatine.

    In seguito, le amministrazioni palatine perfezionanoil loro sistema di contabilit inventando prima le cifre,poi gli ideogrammi e i segni di scrittura. Due scritturenascono nella Creta del medio bronzo: la scrittura gero-glifica e la scrittura lineare A. Cos, alla fine del perio-do protopalaziale, nel medio minoico IIB (1700 a. C.), iminoici utilizzano la scrittura, servendosene per tra-smettere nel tempo e nello spazio un messaggio univo-co, esattamente come facciamo noi.

    Il palazzo minoico di Festo gode di un periodo displendore durante la fase protopalaziale. Gli scavi con-dotti da Doro Levi negli strati del medio minoico IIhanno portato alla luce i resti di costruzioni impressio-nanti per ampiezza e qualit. Non c dubbio quindi cheil centro economico, politico e amministrativo che domi-nava tutta la pianura della Messar nel medio bronzofosse uno dei pi importanti dellintera isola di Creta.

    Grazie a ricerche recenti condotte nella valle diAmari, a nord-ovest del palazzo di Festo, lungo lanti-ca strada minoica che dal golfo della Messar conduce-va alla costa settentrionale dellisola, siamo in grado dicapire molto meglio i rapporti che intercorrevano tra leresidenze principesche della Creta dellinizio del II mil-lennio a. C. e, in particolare, tra Festo e altri centri dellaCreta protopalaziale. Luniversit degli studi di NapoliFederico II, luniversit di Creta e il ministero greco per

    i Beni Culturali stanno infatti portando alla luce duecentri palaziali particolarmente importanti nel cuoredella valle di Amari. Si tratta degli insediamenti di Apo-doulou e Monastiraki, a una distanza di rispettivamen-te 25 e 45 chilometri dal palazzo di Festo. In queste duelocalit sorgevano dei complessi architettonici inferiori

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    per ampiezza a quello di Festo, ma sufficientementegrandi per comprendere vasti magazzini, scuderie, saledi rappresentanza e appartamenti, e tali da svolgere lefunzioni economiche, politiche, amministrative e cul-

    tuali tipiche delle residenze principesche minoiche e dacostituire inoltre veri e propri punti di riferimento perleconomia di buona parte della fertile valle di Amari.

    Ora la scoperta di documenti darchivio a Monasti-raki ci permette di illuminare con maggior precisionealcuni dei rapporti che esistevano tra i centri della valledi Amari e Festo. Abbiamo infatti rinvenuto centinaiadi cretule dargilla con migliaia di impronte di sigillinelle rovine del complesso protopalaziale di Monasti-

    raki: questi documenti darchivio sono identici a quelliritrovati da Doro Levi negli strati del primo palazzo diFesto. Si tratta di zolle dargilla che servivano a chiu-dere vari contenitori, soprattutto vasi, panieri e cofa-netti ma anche porte di magazzini, e nelle quali alcunifunzionari palatini avevano stampato i loro sigilli. Que-ste cretule, che erano dargilla cruda, si sono conserva-te grazie allincendio che ha devastato i palazzi alla finedel medio minoico IIB.

    Abbiamo appena scoperto che alcune delle improntedi sigilli stampate nelle cretule ritrovate a Monastirakisono identiche ad altre impronte ritrovate a Festo. Lostesso sigillo stato quindi utilizzato per la confezionedi questi documenti darchivio. Poich un sigillo unoggetto personale, appannaggio di un individuo impor-tante chiamato a svolgere un ruolo di notevole peso nel-lamministrazione di una regione, il ritrovamento delle

    stesse impronte a Monastiraki e a Festo significa che unastessa persona era abilitata e autorizzata a frequentarei magazzini palaziali dei due centri. Vi erano quindirelazioni amministrative, economiche e burocratiche traFesto e Monastiraki nel periodo protopalaziale, e vierano funzionari chiamati a gestire alcuni beni afferen-

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    ti alluna e allaltra di queste due grandi residenze dellaCreta del medio bronzo.

    I magazzini di Monastiraki e di Festo potevano quin-di essere visitati da persone abilitate dai rispettivi

    sovrani dei due palazzi a prelevare dalle riserve certiquantitativi di beni. Si tratta di una conclusione impor-tante che consente di capire alcuni dei meccanismi lega-ti alla circolazione dei beni nella Creta protopalaziale.Tali rapporti tra palazzi vicini implicano necessaria-mente una collaborazione al massimo livello tra i respon-sabili dei due insediamenti. Ma le relazioni tra Festo,Apodoulou e Monastiraki sono anche documentate daaltri reperti: ad Apodoulou stato ritrovato un tornio

    da vasaio di fabbricazione e di decorazione identica a untornio scoperto a Festo; a Monastiraki sono venuti allaluce alcuni importanti vasi in ceramica di Kamares, lapregiata ceramica di corte del medio minoico, di chiaraprovenienza festia; inoltre la ceramica cosiddetta volgareo di uso comune presenta le stesse caratteristiche sia adApodoulou sia a Monastiraki e a Festo.

    Tutto ci ci consente di affermare che un legameestremamente stretto collegava tra loro questi tre inse-diamenti nel periodo protopalaziale. Possiamo infineaggiungere che gli scavi condotti nelle tre localit hannoconsentito di attribuire la fine di ognuno dei tre inse-diamenti a un violento terremoto seguito da un incen-dio di vaste proporzioni. Il fatto che le stesse improntedi sigilli si ritrovino nelle cretule di Monastiraki e diFesto ci consente di affermare con forza che lo stessoterremoto ha, senza alcun dubbio, provocato la fine

    delle residenze principesche di Festo, di Monastiraki edi Apodoulou. intorno al 1700 a. C. Infatti il sigillodi una stessa persona che ha autenticato i documentidarchivio di Monastiraki e di Festo. Ora, queste cretuledargilla erano utilizzate durante un ciclo stagionale benpreciso e alla fine di ogni esercizio venivano eliminate.

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    La presenza di cretule con le stesse impronte di sigilli aMonastiraki e a Festo ci permette quindi di affermareche ci troviamo di fronte a documenti strettamente con-temporanei. Poich le cretule sono state cotte per caso

    nellincendio che ha devastato le sale darchivio dei duepalazzi, chiaro che i due incendi e quindi le due distru-zioni sono strettamente coevi.

    Anche le altre residenze palaziali della Creta delmedio bronzo sono state distrutte intorno allo stessoperiodo (1700 a. C.). Si discusso a lungo sulle causeche avrebbero potuto provocare la distruzione dellacivilt protopalaziale in tutta lisola di Creta: alcunihanno sostenuto che i fenomeni sismici, bench fre-

    quenti nellisola, avrebbero difficilmente potuto spiegaregli incendi che dappertutto hanno accompagnato questemedesime distruzioni e la scomparsa dellintera civiltpalaziale cretese.

    Perci si pensato di attribuire parte almeno delledistruzioni in questione o ad eventuali invasori chesarebbero giunti a Creta alla fine del medio minoico IIB,oppure a ipotetiche rivalit tra gli stessi centri ammini-strativi cretesi.

    Nessuno oggi crede pi allarrivo di un nuovo grup-po etnico che sarebbe giunto nellisola e si sarebbe resocolpevole delle distruzioni compiute a Creta intorno al1700 a. C., mentre sembra prendere corpo lipotesi discontri interni legati a rivalit tra i vari palazzi, come hasottolineato Jean-Claude Poursat nel capitolo del librosulle civilt egee dedicato al periodo protopalaziale.Infatti, a Pirgo, sulla costa sud-orientale dellisola, alcu-

    ni muri di terrazzamento importanti, la base di unatorre quadrata e due grandi cisterne potrebbero signifi-care che gli abitanti stessero organizzando la difesa del-linsediamento; a Mallia inoltre, alcuni vasi di bronzosono stati nascosti sotto il pavimento di uno dei magaz-zini del Quartier Mu, come se gli abitanti avessero temu-

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    to le razzie compiute da eventuali predoni che minac-ciavano linsediamento.

    Oggi, sulla base delle testimonianze di Monastirakie di Festo, siamo in grado di affermare che almeno que-

    sti due centri sono caduti contemporaneamente. Cipermette di escludere che la loro distruzione sia da attri-buire a una guerra interna che avrebbe visto contrap-poste le popolazioni dei due palazzi. Poich, daltraparte, le tracce del sisma sono evidenti sui muri non sol-tanto di Festo ma anche di Monastiraki e di Mallia,tutto lascia davvero credere che sia il terremoto lunicoresponsabile della catastrofe che ha chiuso lera proto-palaziale cretese verso il 1700 a. C.

    Dopo la caduta dei primi palazzi alla fine del mediominoico II, si passa, a Creta, senza una drammatica solu-zione di continuit, al periodo cosiddetto neopalaziale.I palazzi vengono ricostruiti e ricevono il loro assettoarchitettonico definitivo. Malgrado alcune peculiaritdovute senza dubbio alla situazione particolare e alla sto-ria dei singoli siti, si pu notare nelle ricostruzioni diquesto periodo una specie di sforzo di uniformazioneche sembra prendere a modello il palazzo di Cnosso e lemodifiche architettoniche che vi sono state introdotte.

    A Mallia, il quartiere residenziale, con il suopolythyron che riproduce le forme cnossie, rappresentauninnovazione, nella zona nord-ovest del palazzo. Lostesso si pu dire di Zakro, dove la pianta globale delpalazzo sembra sovrapporsi a un primo stato anteriore,che daterebbe al medio minoico in tardo minoico IA. AFesto, la trasformazione radicale: le rovine degli inse-

    diamenti protopalaziali vengono livellate sotto una get-tata di calcestruzzo, il cortile centrale spostato di varimetri verso est e, di conseguenza, gli accessi allo stessocortile vengono completamente modificati.

    Se le innovazioni architettoniche che caratterizzanoil periodo della ricostruzione dei centri palatini minoici

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    appaiono condizionate dallesperienza cnossia, sembralogico pensare a una specie di dominio, almeno cultura-le, esercitato da Cnosso sugli altri centri della Cretadellinizio del tardo bronzo. Questa ipotesi trova con-

    ferma nelle dimensioni stesse dei palazzi. Infatti, men-tre la volumetria totale del palazzo di Cnosso di circa13 000 metri cubi, quella dei centri di Mallia e di Festo di soli 6500 metri cubi e, infine, quella di Zakro di3250 metri cubi. Non c dubbio quindi che la moletotale del palazzo di Cnosso ne facesse un centro chenon aveva rivali nel contesto generale della Creta deltardo bronzo. In una situazione del genere plausibileche il peso politico ed economico esercitato da Cnosso

    si riflettesse sulle mode, anche architettoniche, dellaCreta della ricostruzione. Non del tutto impensabileche la leggenda del grande Dedalo derivi dalla situazio-ne venutasi a creare nellisola nel periodo del tardobronzo. Infatti tutti i palazzi del tardo minoico I for-mano una massa monumentale compatta, composta dablocchi sistemati intorno a un grande cortile centraleorientato nord-sud.

    Lala occidentale, la pi imponente, comprende san-tuari e ambienti di rappresentanza che danno sul corti-le centrale, e presenta una facciata monumentale conrisalti verso ovest, laddove sistemato un vasto piazza-le. Le altre ali del palazzo sono quasi incorporate allecase delle citt che circondano il centro politico e ammi-nistrativo, mentre il piano nobile comprende le stanzepi importanti: sale per i ricevimenti, officine, ufficiamministrativi. Ora, una pianta del genere, caratteriz-

    zata dalla presenza di un grande cortile centrale, puntodi riferimento per la circolazione tra le diverse ali dellacostruzione e per le varie strade che portano al palazzo,si imposta in tutte le province dellantica Creta, daZakro sulla costa orientale, a Festo nella pianura dellaMessar, a Cidonia nella Creta occidentale, e deriva da

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    un archetipo che potremmo individuare nella stessapianta architettonica del palazzo di Cnosso. Larchitet-to, o gli architetti, che lhanno concepita devono quin-di esser stati celeberrimi in tutto il mondo minoico.

    del tutto impensabile allora che essi siano entrati nellaleggenda e che sia proprio la lontana eco delle loroimprese che le tradizioni ricordano quando evocanoDedalo e i suoi rapporti col mitico Minosse? A questoproposito va ricordato che, nelle tabelle in lineare B diCnosso che risalgono al 1370 a. C., un testo, la tavolettaFp 1, registra diversi quantitativi di olio pregiato dadistribuire alle divinit dellantica Creta. Tra le offertedestinate a Zeus, a tutti gli di, alla sacerdotessa dei

    venti e cos via, al rigo 3 del documento menzionataunofferta a da-da-re-jo-de, una parola che corrisponde algreco Daidaleionde, da tradurre verso il santuario diDedalo. Il nome del leggendario costruttore del palaz-zo di Cnosso quindi ricordato in un documento cre-tese del 1370 a. C. proveniente dallo stesso palazzo diCnosso! Ancora una volta leggenda e storia sembranofondersi per raccontarci gli stessi eventi e parlarci deglistessi eroi.

    I palazzi minoici vengono distrutti intorno al 1450 a.C. A eccezione di Cnosso, i centri di Mallia, Festo eZakro scompaiono per non essere pi rioccupati nelperiodo immediatamente successivo. Oltre ai palazzi, legrandi residenze minoiche, come ad esempio quelle diHaghia Triada, di Tilisso, di Pirgo, vengono distrutte e,nella maggior parte dei casi, incendiate. Queste distru-zioni interessano tutto il territorio cretese, perci gli

    archeologi e gli storici cercano una soluzione unitaria perspiegare il fenomeno. Alcuni hanno ritenuto di doverassociare la distruzione generalizzata che ha colpitoCreta alla fine del tardo minoico IB allesplosione del vul-cano di Santorini. Tale esplosione, essi dicono, para-gonabile a quella che si verificata nellarcipelago indo-

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    nesiano nel 1883 quando esploso il vulcano del Kraka-toa. Ora, gli effetti devastanti delleruzione, causatisoprattutto dal maremoto provocato dallesplosione delKrakatoa, furono avvertiti fino a 500 chilometri dalle-

    picentro. Poich Creta si trova soltanto a 120 miglia daSantorini, probabile, essi aggiungono, che sia statainvestita in pieno dal maremoto e che i palazzi minoicisiano stati distrutti dal cataclisma.

    Questa spiegazione non convince pi. Infatti le-splosione del vulcano di Santorini e la distruzione del-linsediamento minoico di Akrotiri sono di alcuni decen-ni anteriori al 1450 a. C: non vi pu quindi essere unacorrelazione diretta tra lesplosione del vulcano e la

    scomparsa nel fuoco e nelle fiamme dei centri palazialidella Creta minoica. Inoltre, un semplice sguardo allacarta geografica consente di respingere tale ipotesi: qua-lora un maremoto avesse investito lisola di Creta, ipalazzi della costa settentrionale avrebbero forse rischia-to di essere colpiti dal cataclisma, ma difficile imma-ginare che anche i centri della costa meridionale, comead esempio Festo, siano stati accomunati nella stessasorte. Infine, un palazzo della costa nord come Cnossonon stato distrutto nel 1450.

    In realt, tracce di razzie e di vandalismi sono evi-denti in numerosi siti della Creta del 1450 a. C.; ma ilsaccheggio ha preso di mira alcune costruzioni, rispar-miandone altre. A Pirgo, ad esempio, la villa e alcunecase vicine sono state incendiate, ma altre costruzionidellinsediamento non sono state distrutte. Tutto cilascia pensare che la catastrofe che ha colpito la civilt

    palaziale minoica intorno al 145o a. C. sia da attribuireallintervento delluomo.Sappiamo che un ordine nuovo sinstaura a Creta

    allindomani della scomparsa dei palazzi minoici. Unprincipe miceneo, che parla greco e che gestisce granparte del territorio dellisola, da Cidonia nellovest a

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    Festo, a Tilisso e a Litto, con laiuto di amministratoriche parlano greco e utilizzano una scrittura nuova perCreta, la lineare B, ormai insediato sul trono che fu diMinosse. Tutto ci dimostra che un popolo diverso dal

    popolo minoico si impadronito dellisola allindomanidella distruzione dei centri palaziali minoici. alta-mente probabile che questo stesso popolo sia responsa-bile della catastrofe del 1450 e che siano quindi i grecimicenei ad aver distrutto i palazzi di Mallia, Festo,Zakro e Cidonia.

    Sappiamo che lo scudo protettivo che faceva di Cretauna potenza senza rivali in tutto il Mediterraneo orien-tale tra il 1580 e il 1450 era costituito dalla flotta. Non

    a caso Tucidide evoca per i periodi pi alti della storiagreca il tempo in cui la talassocrazia di Minosse si esten-deva a tutto il mar Egeo e a tutto il Mediterraneo orien-tale. Se difficile pensare che i palazzi siano statidistrutti dalleruzione di Santorini, si pu invece rite-nere che la flotta minoica, almeno quella parte che face-va capo ai palazzi vicini alla costa settentrionale delli-sola ed era dislocata sul litorale nord di Creta, abbia sof-ferto parecchio a causa dellinevitabile maremoto pro-vocato dallesplosione del vulcano. Leruzione del vul-cano di Santorini pu quindi aver distrutto parte dellaflotta minoica. Se cos, gli abitanti di Creta hannoperso il loro scudo protettivo per eccellenza; il com-mercio, tutto basato sul traffico marittimo, ha risentitodella catastrofe e i palazzi sono diventati una facilepreda per i micenei del continente che, senza alcun dub-bio, nutrivano da tempo mire espansionistiche verso

    lEgeo e lisola di Creta. Alcuni anni dopo lesplosionedel vulcano di Santorini, i greci si sono impadroniti diuna Creta indebolita dalla perdita della flotta e quindivittima, probabilmente, di una crisi economica legataalla scomparsa delle navi che prima le consentivano difungere da tramite tra la Siria e lEgitto e di gestire una

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    parte del grande commercio internazionale tra lorientee la valle del Nilo.

    Il periodo miceneo coincide con loccupazione daparte degli achei della pianura della Messar e della stes-

    sa Festo. Lintera regione, che inserita nei meccanismiamministrativi del potere cnossio, rappresenta un puntodi riferimento di primaria importanza per leconomiadello stato miceneo. I centri della Messar produconograno, orzo, olive, fichi che vengono puntualmente regi-strati nelle tabelle di Cnosso. Le greggi che fanno capoai vari centri della zona, tra cui la stessa Festo, sono con-trollati dal palazzo di Cnosso; i tessuti fabbricati con lalana proveniente da quelle stesse greggi vengono pro-

    dotti da officine poste nei vari centri della regione; glioperai e le operaie che lavorano la lana ricevono le lororazioni alimentari su ordine del centro amministrativodi Cnosso. La Messar ha perso certamente la sua indi-pendenza, ma rimane un punto di riferimento fonda-mentale per leconomia cretese.

    Il ruolo centrale svolto nel Mediterraneo orientaledalla pianura della Messar non si limita al periodo dellapreistoria e della protostoria egea. Infatti, la citt diGortina, che sin dal IV secolo a. C. lottava contro Cnos-so per tentare di accaparrarsi legemonia su tutta Creta,divenne, dopo la conquista romana del 67 a. C., la primacitt dellisola e la capitale di Creta e della Cirenaica riu-nite in una sola provincia. Nel IV secolo d. C., limpe-ratore Costantino distacc la Cirenaica da Creta, maGortina rimase la capitale dellisola e, in quanto tale,pot sostenere un ruolo di primissimo piano nella dif-

    fusione del cristianesimo a Creta e nellEgeo.

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    Capitolo terzo

    Il disco di Festo e le scritture cretesi

    Tre scritture principali sono state utilizzate nellan-tica Creta tra il III e la fine del II millennio a. C.: la scrit-tura geroglifica, la scrittura lineare A e infine la scrit-

    tura lineare B.Le pi antiche testimonianze scritte risalgono al IIImillennio a. C. Infatti, in strati del minoico antico III o,al massimo, del medio minoico IA, alcuni sigilli che pre-sentano in tutto una quindicina di segni diversi sonostati ritrovati in tre localit dellisola: Arkhans, vicinoa Cnosso, Moni Odigitria nella pianura della Messar ePangalochori nei pressi di Retimo. La scrittura incisa suquesti sigilli, che sono per lo pi in avorio, anticipaquella che sar la scrittura geroglifica del periodo pro-topalaziale. Il fatto che le tre localit da cui provengo-no i sigilli appartengano alla Creta centrale del nord(Arkhans), del sud (Moni Odigitria) e dellovest (Pan-galochori) lascia supporre che questa prima scritturafosse gi diffusa sullintero territorio dellisola. quin-di probabile che ulteriori ricerche sui siti del III millen-nio a. C. consentiranno di portare alla luce altri ritro-

    vamenti del genere.Con la costruzione dei primi palazzi, il sovrano e lasua corte non possono pi controllare, con laiuto dellasola memoria, linsieme delle risorse dello Stato; sento-no perci la necessit di disporre di strumenti di conta-bilit in grado di rendere conto delle varie operazioni di

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    consegna e di prelievo che si effettuano nei magazzinipalaziali. La scrittura contabile fa cos la sua apparizio-ne nella Creta della fine del III millennio e dellinizio delII millennio a. C.

    Due sono le scritture attestate in quel periodo: lascrittura geroglifica e la scrittura lineare A. La prima, lascrittura geroglifica, bench certamente di origine cre-tese, deve il nome a una vaga somiglianza dei suoi segnicon i caratteri del geroglifico egiziano. La seconda scrit-tura, invece, stata battezzata lineare A perch i suoitesti sono ordinati orizzontalmente e perch precede cro-nologicamente la seconda scrittura cretese i cui testi pre-sentano le stesse caratteristiche: la lineare B. I testi in

    lineare A del periodo protopalaziale provengono tuttidalle rovine del primo palazzo scavato da Doro Levi aFesto. In uno strato che risaliva al medio minoico II, ilsuccessore di Luigi Pernier sul cantiere di Festo aveva lasorpresa di portare alla luce, nel 1953, alcune decine ditavolette dargilla cotte per caso nellincendio che avevadevastato la residenza principesca intorno al 1700 a. C.Pur presentando alcuni tratti arcaici marcati, la scrittu-ra utilizzata in questi documenti di Festo apparteneva inmodo inconfutabile alla lineare A che gli scavi delle resi-denze palaziali della seconda fase avevano insegnato ariconoscere. Le tavolette in lineare A della fase proto-palaziale di Festo erano tutte documenti di contabilit,il cui scopo era di informare il sovrano su quanto acca-deva ai raccolti, alle merci e alle persone poste sotto lasua giurisdizione. Beninteso, questi testi non sono deci-frati, tuttavia, grazie alla presenza di ideogrammi dal

    tracciato molto esplicito e di cifre disposte secondo ilsistema decimale, abbastanza facile capire che il taldocumento registra diversi quantitativi di vasi, il talal-tro grano, il talaltro ancora olio o uomini, e cos via.

    Nel periodo protopalaziale, mentre gli scribi dellalineare A si limitano a registrare dei conti, altri lettera-

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    Siria del nord, laddove sopravvissuta allo stato anato-lico durante i primi secoli del I millennio a. C. I docu-menti in geroglifico ittita comprendono rilievi rupestri,blocchi e ortostati scolpiti, stele commemorative, graf-

    fiti su oggetti duso quotidiano e infine una ricca colle-zione di sigilli personali e cilindri.La coesistenza tra due scritture diverse, sia nel

    mondo minoico sia nel mondo ittita, probabilmentelegata alla diversificazione dei messaggi da trasmettere.A Creta, la scrittura lineare A, in et protopalaziale, limitata alla registrazione di atti contabili, mentre lascrittura geroglifica utilizzata per la redazione dei testisu sigilli. Pur rimanendo lunica scrittura usata su que-

    sto tipo di supporto, la scrittura geroglifica verr ancheutilizzata, come abbiamo gi ricordato, su altri suppor-ti (vasi, tavolette, medaglioni dargilla, eccetera).

    A lungo si era pensato che la scrittura geroglificafosse scomparsa con il periodo protopalaziale. Un recen-te ritrovamento avvenuto a Petras, nei pressi di Palaika-stro, nella Creta orientale, dimostra il contrario: in unostrato del tardo minoico I sono venuti alla luce vari testiin geroglifico e in lineare A. quindi evidente che lascrittura geroglifica ha continuato a essere utilizzata,anche se sporadicamente, dopo la scomparsa dei primipalazzi cretesi.

    Nel periodo neopalaziale, la lineare A attestata suogni tipo di materiale e di supporto argilla, pietra ometallo con leccezione dei sigilli (ricordiamo che solola scrittura geroglifica documentata su questo parti-colare tipo di supporto). Non vi sono casi in cui i testi

    in lineare A o in lineare B risultino impressi in un qua-lunque materiale da un oggetto che presenti dei carat-teri incisi o sporgenti.

    Dopo la conquista micenea di Creta, nel 1450, lalineare B sostituisce la lineare A nelle cancellerie deigrandi palazzi dellisola. I testi in lineare B sono atte-

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    stati su tavolette dargilla e su vasi. Tutti i documentiche ci sono pervenuti redatti in questultima scritturasono di carattere economico.

    La maggior parte dei documenti in geroglifico crete-se, in lineare A e in lineare B rappresentata da testi suargilla giunti fino a noi grazie a un incidente della storia. infatti lincendio delle residenze principesche minoicheche, cuocendo largilla cruda che costituiva il supporto ditutti i testi darchivio redatti nelle tre scritture, ha con-sentito la loro preservazione. Questi testi su argilla sonotutti documenti di contabilit che informano sui movi-menti legati alle persone e ai beni dislocati sul territorio

    gestito dal palazzo. Oltre ai documenti contabili esiste-vano altri testi, nella civilt minoica e in quella micenea,relativi ad argomenti diversi? Testi che notassero un tipodi letteratura diversa da quella contabile?

    Sarebbe davvero paradossale se gli scribi dei grandicentri amministrativi, che allacciavano relazioni com-merciali e probabilmente anche politiche tra loro e conil resto del mondo mediterraneo, avessero annotato sol-tanto le transazioni relative alle localit sottoposte aldiretto controllo del signore del palazzo.

    Grazie ai testi egiziani, ad alcuni documenti orientalie a innumerevoli testimonianze archeologiche, sappiamoche i palazzi minoici, come del resto i palazzi miceneidi Tebe, di Micene, di Tirinto, di Pilo e di Cnosso,erano presenti sulla scena internazionale in tutto il perio-do della tarda et del bronzo. Ciononostante, gli archi-vi palaziali sono muti per quanto concerne il commer-

    cio e i rapporti internazionali dei re minoici di Cnosso,Mallia, Festo, Cidonia e dei sovrani micenei di Beozia,Argolide, Messenia e Creta. Sul continente, solo nel-larchivio di Pilo che troviamo alcuni riferimenti a sitiesterni alla Messenia e a localit eccentriche al mondomiceneo.

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    dellattivit dei micenei di Pilo nel Mediterraneoorientale.

    Oltre a questi nomi, troviamo altre testimonianzerelative a localit esterne alla Messenia nellarchivio di

    Pilo.La prima costituita dal sostantivo ku-pi-ri-jo, nomedi pastore a Pilo in Cn 131 e 719, di fabbro inJn 320 edi funzionario in Un 443. Si tratta di un nome la cui tra-sposizione in greco non pone problemi, ku-pi-ri-jo =Ku/prios, il cipriota. Ma questi vari ciprioti attestatinelle tavolette di Pilo non sembrano pi avere alcun con-tatto con Cipro, visto che appaiono perfettamente inse-riti nei meccanismi dellamministrazione messenica,

    esattamente come le donne delle serieA- di cui abbia-mo appena parlato.La seconda testimonianza rappresentata dalle-

    spressione ke-re-si-jo, we-ke attestata nelle tavolette dellaserie Ta che trattano di registrazioni di mobili di lusso(Ta 641 e 709) e dal termine ke-re-te presente inAn 128.

    Nelle due tavolette Ta, cinque tripodi, probabilmen-te di bronzo, sono detti ke-re-si-jo, we-ke = Kresiowergs,di stile cretese o di fabbricazione cretese, il chesignifica che esistevano rapporti, perlomeno nel campodellartigianato, tra Creta e la Messenia alla fine deltardo elladico IIIB.

    La tavolettaAn 128, in parte mutila, presenta al rigo3 lespressione ke-re-te ka-si-ko-no, VIR 5. Mentre il ter-mine ke-re-te pu solo significare Krh~tej, cretesi, laparola ka-si-ko-no, attestata anche nei testi della serie Radi Cnosso, probabilmente un nome di professione che

    serve a indicare degli artigiani specializzati nella fab-bricazione delle spade. Si sa che questo tipo di artigia-nato era particolarmente sviluppato a Creta e non cquindi da stupirsi oltre misura di fronte alla registra-zione di cinque cretesi di professione ka-si-ko-no a Pilo.Questi diversi riferimenti indicano il luogo dorigine di

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    lavoratrici o di artigiani inseriti nei meccanismi ammi-nistrativi dello stato di Pilo e il loro scopo non certoquello di trattare dei rapporti politici o commerciali trala Messenia micenea, la costa anatolica, lisola di Cite-

    ra o quella di Creta.La situazione che trapela dallanalisi dei dati di Cnos-

    so non diversa da quella riscontrata sul continente:nessun riferimento a rapporti commerciali con la Gre-cia, lAnatolia, la Siria e lEgitto, bens solo sporadicheallusioni a parole straniere concernenti personaggi o pro-dotti provenienti da altri paesi ma che, ormai, fannoparte del normale orizzonte cretese.

    Ritroviamo ku-pi-ri-jo, un uomo importante a quan-to risulta dalle tavolette che trattano di olio e profumi.Questo ku-pi-ti-jo non sembra pi avere il minimo lega-me con lisola di Cipro: o lui o i suoi antenati hanno pro-babilmente lasciato un bel giorno lisola di Afrodite pervenire a stabilirsi a Creta.

    Lo stesso si pu dire di a3-ku-pi-ti-jo, Agu/ptioj, le-

    giziano, pastore in una modesta localit della Cretacentrale chiamatasu-ri-mo.

    Lantroponimo a-ra-si-jo, potrebbe ricordare il nomeAlasia, con il quale i testi egiziani indicano lisola diCipro, ma pu darsi anche che questo nome sia da col-legare al toponimo Alassa o Lasaa noto nella zonameridionale di Creta.

    La spezia chiamatapo-ni-ki-jo, che corrisponde pro-babilmente al famoso aladanon (o alldan dei popolisemitici), come suggerisce Paul Faure, proviene verosi-

    milmente dalla Fenicia, ma cresce ormai nella zona cen-trale dellisola di Creta. La sua presenza nei testi diCnosso non pu quindi indicarci nulla a proposito deltraffico tra Creta e la costa siro-palestinese. Lattesta-zione di una donna chiamata la fenicia, po-ni-ki-ja,nella tavoletta Ln 1568, che responsabile di unoffici-

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    sabbie dellEgitto, hanno cancellato per sempre questetestimonianze di una diversa lineare B. Due relitti dinavi rinvenuti vicino alla costa meridionale dellAnato-lia, rispettivamente a Capo Gelidonya e a Ulu Burun,

    sono di un estremo interesse per quanto concerne la sto-ria dei rapporti commerciali tra lEgeo e loriente, ma,paradossalmente, alcuni oggetti rinvenuti tra i relittidella nave affondata vicino al capo Ulu Burun sono par-ticolarmente importanti per il nostro discorso sulla sto-ria della lineare B. Infatti, in mezzo ai vasi siriani,ciprioti e micenei provenienti dalla nave, vi erano anchetavolette di cera e stili, il che consente di affermare chea bordo si scriveva e si teneva una contabilit del cari-

    co immesso nelle stive.In verit, ulteriori argomenti, altrettanto validi,erano gi stati avanzati per postulare lesistenza di unascrittura lineare B su materiali pi nobili. Un primoargomento a favore di questa ipotesi derivava dallana-lisi della forma dei segni.

    Segni cos complessi come quelli del sillabario mice-neo erano probabilmente nati per essere scritti su unmateriale diverso dallargilla. Sullargilla ci si aspetta ditrovare una scrittura di tipo cuneiforme, profondamen-te diversa dalla lineare B. Largilla stata usata dagliscribi micenei per redigere quei soli documenti che veni-vano eliminati alla fine di ogni ciclo stagionale, ma ilmateriale destinato ad accogliere lessenziale degli scrit-ti dei palazzi era ben altro.

    Un ulteriore argomento che ci consente di trarre delleconclusioni circa lesistenza di una letteratura micenea

    su un supporto diverso si pu ricavare dalla presenza dinoduli dargilla e di impronte di sigilli con tracce di cor-dicelle. Tali documenti, rinvenuti in associazione con letavolette, servivano a sigillare dei rotoli, probabilmen-te di papiro o di pergamena.

    Questi vari materiali, di cui supponiamo lesistenza

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    ma che non ritroveremo mai, contenevano senza dubbioi conti delle operazioni commerciali effettuate dai mice-nei in Egitto o in oriente e anche i bilanci sinottici degliesercizi precedenti.

    Non escluso che un altro genere di letteratura siastato consegnato a questi rotoli, che trattati internazio-nali, lettere, accordi fra stati siano stati scritti su que-sto tipo di supporto; non neppure escluso che una let-teratura epica sia esistita in et micenea, ma la mancanzadi prove formali deve spingerci alla prudenza.

    Tuttavia, come abbiamo appena visto, gli argomentia favore di testi diversi, per laspetto, la forma e il con-tenuto, dalle tavolette e dagli altri documenti darchivio

    hanno un notevole peso.Quanto abbiamo detto circa una presunta letteratu-ra minoico-micenea su un supporto diverso dallargillapotrebbe ricevere unulteriore conferma da un passo diPlutarco. Lautore narra (Sul demone di Socrate, 577 ef)che, nel IV secolo, Agesilao, re di Sparta, fece aprire aTebe la presunta tomba di Alcmene, madre di Eracle.Vi fu scoperta, tra tanti altri oggetti che potevano risa-lire allet del bronzo:

    una tavola di bronzo con caratteri iscritti di una stupefa-cente antichit. Non fu possibile decifrare nulla di quellascritta, bench, dopo il lavaggio del bronzo, i segni fosse-ro particolarmente netti. I caratteri avevano un aspettoparticolare e barbaro, molto vicino a quello dei segni egi-ziani. Perci, Agesilao ne mand una copia al re dEgittochiedendogli di sottoporre il documento ai sacerdoti e di

    interpretarlo.Il disco ritrovato nel palazzo minoico di Festo appa-

    re quindi inserito in un contesto culturale in cui lusodella scrittura era abituale. Il fatto che la stragrandemaggioranza dei documenti minoici e micenei che ci

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    sono pervenuti sia costituita da testi darchivio chedescrivono situazioni economiche legate alla gestionedel patrimonio dei vari stati cretesi probabilmentedovuto a un mero incidente della storia. Del resto, in

    geroglifico cretese e in lineare A abbiamo alcuni docu-menti, come i testi sacri attestati sulle tavole per le liba-gioni, che contengono messaggi palesemente diversi daquelli consegnati alle tavolette e agli altri documentidarchivio, e non c dubbio che anche nelle residenzepalaziali micenee vi fossero documenti in lineare B dalcontenuto diverso da quello prettamente economicodelle tavolette dargilla e anche da quello delle iscrizio-ni vascolari.

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    Capitolo quarto

    Il senso di lettura dei gruppi di segni del disco

    Il disco dargilla rinvenuto nel vano 8 insieme allatavoletta in lineare A e ad altro materiale di epochediverse non perfettamente rotondo. La linea periferi-

    ca presenta leggere ondulazioni cosicch i diametri deldisco variano da 158 a 165 millimetri. Lo spessore oscil-la a sua volta tra 16 e 21 millimetri. Le superfici deldisco non sono del tutto piane; la faccia A presenta uningrossamento abbastanza pronunciato lungo quasi tuttala periferia mentre la faccia B ha un impercettibile rigon-fiamento al centro.

    Questo significa che il disco non deriva da una matri-ce, dalla quale avrebbe tratto una forma pi regolare,bens fu ottenuto a mano per compressione su una super-ficie piana di una palla dargilla ancora fresca. Il che con-sente di spiegare perch il circolo non perfetto, per-ch la faccia B meno piana dellopposta e perch que-stultima ha lorlo ingrossato. Lingrossamento si pro-dotto in quei punti in cui si voluto moderare la sover-chia espansione della creta comprimendola dalla perife-ria verso il centro. Anche alcune sottilissime spaccatu-

    re, che per la compressione della creta umida si sono pro-dotte specialmente sullo spessore del disco, indicanoche questo fu modellato a mano libera.

    Per modellarlo, si adoper unottima argilla, depura-tissima, di grana estremamente fine come quella delletazze minoiche dette a guscio duovo. Una volta stam-

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    Faccia B del disco con numerazione progressiva dei singoligruppi di segni

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    deve appurare quando si confronta con un testo scrittoin una scrittura e in una lingua sconosciuta.

    Alcuni testi vanno letti da sinistra verso destra, altrida destra verso sinistra, altri ancora dallalto verso il

    basso; vi sono poi dei documenti in scrittura bustrofe-dica, vale a dire il cui testo va letto alternativamenteda sinistra verso destra e da destra verso sinistra. Leleggi di Gortina scoperte nel 1884 da FedericoHalbherr, e di cui abbiamo parlato nel primo capitolodi questo volume, sono redatte in scrittura bustrofedi-ca. Lo scriba che ha vergato tali documenti ha proce-duto esattamente allo stesso modo del bue che ara uncampo: infatti lanimale, giunto alla fine di un solco,

    non viene riportato dal contadino al punto di partenzaper arare il solco successivo, ma cambia direzione e arain una direzione opposta a quella usata per scavare ilsolco precedente.

    La scrittura bustrofedica costituisce landamento nor-male di molte scritture del mondo antico: in Grecia usuale fino al VI secolo, a Creta fino alla met del V seco-lo. Alcune lettere non mutano orientamento nellanda-mento .b, altre invece ruotano sul loro asse verticale inmodo da accordarsi volta per volta al senso della scrit-tura. Probabilmente landamento risponde a un inizialeed elementare criterio di economia e funzionalit; lasuperficie disponibile via via coperta senza spreco dispazio e di movimenti. Lo scrivente, e con lui il lettore,non sono costretti ad abbandonare a ogni riga il puntoraggiunto per tornare a capo, e il risparmio pu essererilevante se si tratta, per esempio, non di un piccolo spa-

    zio di lettura ma di una lunga iscrizione murale.Vi sono ancora delle scritture serpentiformi, vale adire che si distendono secondo la direzione permessadallo spazio disponibile. Ne sono un esempio quei vasigreci in cui il nome di un personaggio iscritto tuttointorno alla figura a cui si riferisce.

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    la testa dellariete volge il muso verso lalto (B: XXVII2) e la barca ha la prua in basso (A: XIV 3, XX 3; B:IV 2, IX 4, XII 2, XXII 4) meno che in B: XXIX 4dove lo spazio disponibile rimasto allautore del disco ha

    permesso alloggetto di prendere la sua posizione nor-male.I segni stessi, che sono stati, lo ripetiamo, impressi

    con dei punzoni, possono perfettamente essere capo-volti. quello che accade entrambe le volte che inci-sa la zampa del toro (A: XV 1, XXI 1). Questo capo-volgimento non ha assolutamente alcun significato,tant vero che esistono dei segni capovolti che si alter-nano con segni identici non capovolti allinterno di grup-

    pi di segni identici. , ad esempio, il caso del segno dellapelle distesa, che ripetuto capovolto allinterno delgruppo A XMX mentre appare regolarmente eretto nelgruppo A XVII. Si pu citare anche il caso della testadi gatto, che rovesciata nel gruppo A III mentre regolarmente orizzontale nel gruppo B XX e cos via.

    Il capovolgimento dei segni non neppure dettatodalla necessit di guadagnare spazio, perch chiaro chesegni come luccello volante o la testa di gatto hannopraticamente bisogno dello stesso spazio, siano essi capo-volti oppure no; quindi questo fatto dovuto senzaalcun dubbio a un fenomeno meccanico legato alla lavo-razione con i singoli punzoni.

    Perci largomento utilizzato da coloro che sosten-gono un senso destrorso per la scrittura sulla base del-lorientamento dello sguardo delle figure umane rap-presentate sul disco non pu essere valido. Unattenta

    analisi della disposizione della stampa dei segni non con-sente in alcun modo di ricavare elementi atti a risolve-re la questione del senso di lettura delliscrizione.

    Fatta questa premessa, sul piano teorico, essendo igruppi di segni isolati allinterno di cartigli, il loro sensodi lettura pu essere da sinistra verso destra oppure da

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    destra verso sinistra. Della Seta ritiene che liscrizionevada letta da destra verso sinistra e che quindi linterotesto del disco si debba leggere dalla periferia verso ilcentro.

    Queste conclusioni derivano da una serie di consta-tazioni dettate dal modo in cui lartista ha condotto illavoro.

    Prima di tutto, chiaro, sia nella faccia A sia nellafaccia B, che la linea incisa a spirale stata tracciata par-tendo dalla periferia e procedendo verso il centro: loabbiamo gi detto sottolineando la validit in proposi-to delle affermazioni di Pernier. Ma vi sono altri argo-menti a favore di questa tesi. Il senso del tracciato della

    spirale risulta in modo particolarmente evidente nellafaccia B, quando vediamo la forma irregolare in cui essafinisce al centro. Questa forma irregolare dettata siadalla necessit di adattarsi al decorso della parte prece-dente, sia da quella di riempire tutto lo spazio ancora adisposizione.

    Uno studio attento del tracciato della spirale puanche rivelarci in quante riprese stata incisa la linea.Nella faccia A, infatti, ne stato tracciato il primo girofino al puntoA: l possiamo vedere larresto della puntaincidente e anche la ripresa per il secondo giro. Siccomelartista non aveva saputo o voluto allontanarsi gradual-mente dalla periferia, arrivato al puntoA, egli si tro-vato praticamente allaltezza del punto di partenza, eallora ha dovuto bruscamente elevarsi per dare alla secon-da zona unaltezza sufficiente. Da questo punto, la linea stata tracciata senza interruzioni evidenti sino al punto

    B e l, con una ripresa, stata infine incisa per lultimopiccolo tratto, che stato tracciato in due tempi. Larti-sta ha tracciato la linea da B a C, poi ha girato versodestra per ottenere una specie di semicerchio apertoallinterno del quale sarebbe stato possibile stamparelultimo carattere della facciaA. Questa continuit della

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    linea dal punto A al punto B ha fatto s che la spiraleabbia ricevuto una forma pressappoco regolare.

    Nella faccia B, invece, la linea stata tracciata condiversi momenti darresto. Qui, come nel caso della fac-

    cia A, il primo giro stato tracciato fino al puntoA. Edi nuovo, siccome non aveva voluto elevarsi e distaccarsiprogressivamente dalla periferia, lartista si trovato allafine quasi alla medesima altezza del punto di partenza,perci la linea del secondo giro stata innalzata bru-scamente. Vi stata una soluzione di continuit neltracciato dei due tronconi della linea, perch in A ilpunto di arrivo della linea del primo giro e il punto dipartenza della linea del secondo giro non si uniscono ma

    la seconda linea si distacca in modo impercettibile al disopra della prima.La linea del secondo giro, con due riprese in B e in

    Cche mostrano visibilmente come esse siano state fatteun po pi indietro del punto darresto e come la dire-zione fosse quindi da destra verso sinistra, stata con-dotta sino al punto D. Di qui, con distacco preciso, per-ch comincia un po pi in fuori del punto darrivo dellalinea precedente, parte la linea del terzo giro che arrivasino al punto E. Da E, in due momenti diversi, statatracciata lultima parte della spirale: il primo compren-de il piccolo tratto da Efino a F; il secondo lultimo trat-to da Fal termine.

    Il fatto che la spirale sia stata tracciata in momentidiversi dimostra una cosa importante: lartista non hatracciato prima tutta la spirale per poi affrontare il pro-blema dellimpressione dei caratteri sul disco, ma ha

    portato avanti le due operazioni contemporaneamente.In altre parole, lautore del disco ha tracciato una primaporzione della spirale, poi allinterno dei solchi incisi hastampato un determinato numero di gruppi di segni,dopo di che ha tracciato un altro spezzone della spirale,stampato altri gruppi di segni e cos via.

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    Possiamo affermare che la parte superiore della spi-rale era stata tracciata prima che venissero impressi isegni sottostanti perch, come risulta chiaramente daidisegni, i segni spesso tagliano o modificano, restrin-

    gendone il solco, la linea superiore. Questo vero sullafaccia A per i segni II 1, III 2, XIV 3, XX 3, XXVI 3,4 e sulla faccia B per i segni XII 2, XII 4. Infine, abbia-mo anche la prova che lartista, dopo aver impresso ungruppo di segni, tracciava la linea verticale di divisioneprima di passare al segno seguente; infatti, talvolta que-sta linea verticale modificata dal segno seguente comein A: II 1, XXIX 1; B: XXVIII 2.

    Il lavoro di impressione dei segni stato poi deter-

    minato dal decorso della spirale. Lo si pu notare dallapendenza dei segni. In A XII, i segni 3, 4, 5 pendonoverso destra per non lasciare troppo margine inferiore;A XXII 1 pende in basso per seguire la linea inferiore;A XXIX 1, 2 hanno una posizione irregolare perch lospazio a disposizione dellartista era limitato. Lo stessosi pu dire per B: XXI 5, XXVIII 1, 2.

    Ora, dalla posizione dei segni, possiamo ricavare unaserie di elementi che ci consentono di affermare che li-scrizione andava letta da destra verso sinistra.

    Prima di tutto, vediamo sulla faccia B che i segni gra-vitano sul puntoA, nel senso che il decorso dei segni stato determinato dal cambio di direzione effettuatodal decorso della spirale al termine del primo giro. Que-sto appare evidente per la testa del gatto del gruppo BXIII, per la pelle del gruppo B XXII e per la testa piu-mata del gruppo B XXVIII. chiaro che la posizione

    di questi segni stata condizionata dal decorso della spi-rale e che i segni non graviterebbero in questo modo sulpuntoA qualora fossero stati impressi partendo dal cen-tro del disco. Infatti, nel caso di una impressione deldisco da sinistra verso destra (quindi dal centro verso laperiferia), il puntoA avrebbe soltanto preannunziato il

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    punto iniziale dellultimo giro; il fatto invece che abbiacondizionato la disposizione dei segni di B: XIII, XXIIe XXVIII significa che spirale e segni sono stati impres-si da destra verso sinistra.

    Lultima parte incisa della linea, da D al termine, cos irregolare da non avere neanche pi laspetto di unaspirale. I segni del gruppo XXVIII sono stati impressiquando la linea divisoria tra XXVII e XXVIII era gistata incisa e lultimo tratto della spirale, da Eal ter-mine, stato inciso quando erano gi stati impressi isegni dei gruppi XXVIII e XXIX, come mostra il tra-passo brusco ad angolo al di sopra del segno della colon-na e della barca (XXIX 3, 4). Una spirale che fosse

    stata incisa senza alcun rapporto con i segni non avreb-be assunto questaspetto nellultimo tratto.Possiamo quindi riassumere dicendo che stata la

    direzione sinistrorsa della spirale e dei segni che haimpedito che la faccia B avesse un decorso regolare nellaparte centrale, decorso che lartista riuscito a mante-nere nella faccia A.

    Per quanto poi riguarda lordine in cui debbono esse-re lette le due facce, laspetto diverso della spirale per-mette di stabilire quale di esse debba essere stata rico-perta di segni per prima e andasse quindi letta in primaistanza.

    La faccia A, lo abbiamo gi detto, ha una regolaritnel decorso della spirale che manca alla faccia B. Dalpunto di vista psicologico questo si spiega, poich veroche un lavoro grafico, quando compiuto in una solavolta, viene in generale cominciato con maggiore accu-

    ratezza di quella con cui viene condotto a termine. Infat-ti, nel progredire dellopera, la stanchezza, o anche lamaggiore familiarit col lavoro, sono cause di minor pre-cisione.

    Infine, non soltanto laspetto della spirale ma anchelimpressione dei segni che differenzia le facce A e B. I

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    segni di B sono impressi meno profondamente di quel-li di A. Questo fenomeno potrebbe essere dovuto nontanto alla trascuratezza dellautore del disco, quanto alfatto che lartista, imprimendo i punzoni nella superfi-

    cie della faccia B, doveva anche badare a non oblitera-re i segni precedentemente impressi nella faccia A.La fine del discorso poi doveva certamente essere col-

    locata al punto centrale della faccia B. Infatti, arrivatoa quel punto, lo spazio a disposizione dellartista eraancora abbastanza abbondante, cosa che gli ha permes-so di lasciare un certo spazio tra i segni delliscrizione,contrariamente a quanto era avvenuto alla fine deldiscorso della faccia A. Infatti, in A XXIX, lartista, per

    mancanza di spazio, non ha potuto giustapporre i segnidella testa piumata e dello scudo ma li ha messi lunosotto laltro, ed stato inoltre costretto a risparmiarequalche millimetro e a capovolgere i due segni adiacen-ti della pelle. evidente che, se limpressione dei segnifosse partita dal centro, lautore del disco non avrebbeavuto bisogno di ricorrere a questi espedienti, poichavrebbe avuto dinanzi a s tanto spazio ancora da poter-ne far risparmio con minore irregolarit. Laspetto delgruppo XXIX richiama alla mente il lavoro di chi arri-va al termine della sua opera, non di chi appena par-tito dal punto iniziale.

    Nellultima parte della spirale della faccia B, invece,noi vediamo che lartista aveva spazio superfluo, tantoche ha derogato a quella che era stata per tutto il tempodella redazione del disco una regola ferrea, vale a direla sistemazione dei segni in altezza, per mettere, in

    XXIX, il segno 4, la barca, in posizione distesa. A que-sto proposito, occorre sottolineare che la disposizionedella spirale e dei segni alla fine della faccia B, in parti-colare la posizione angolata della linea graffita e quelladistesa della barca, mostra che lautore del disco avevauna perfetta cognizione del numero di segni che gli

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    rimanevano da stampare e dello spazio che questa stam-pa avrebbe richiesto. Ci dimostra quindi che si ispira-va e si lasciava guidare da un modello che aveva sottogli occhi.

    Infine, limpressione stessa dei segni ci consente diaffermare, che lautore del disco ha impresso i caratte-ri procedendo da destra verso sinistra. In alcuni casi unsegno ha rasentato o coperto una parte del segno adia-cente; siccome il segno che rasenta quello di sinistra,abbiamo la prova che limpressione dei segni ha proce-duto da destra verso sinistra, cio dalla periferia versoil centro. Prendiamo alcuni esempi:

    A XIV 2, 3: la barca ha tagliato una parte del brac-

    cio sinistro della pelle;A XVII 3, 4: la pelle 3 stata tagliata dalla pelle 4;A XXVI, 1, 2: lo scudo taglia lestremo angolo della

    testa piumata;A XXIX 3, 4: la seconda pelle ha coperto una piccola

    estremit della prima;B XXXI, 2: lelmo ha intaccato leggermente il segno

    del fascio ondulato.Vi uneccezione alla regola del segno di sinistra che

    copre parte del segno di destra: in A V, il segno 1 (latesta piumata) copre parte del segno 2 (lo scudo), ilquale, a sua volta, oblitera parte del segno 3 (il prigio-niero). Vi una ragione per questa eccezione: linterogruppo V stampato sopra un testo cancellato; nellostampare i nuovi caratteri, lautore del disco statocostretto a ripartire da sinistra per coprire lo spazioliberato dalla cancellatura. Perci in questo solo caso ha

    proceduto allimpressione destrorsa dei tipi.Possiamo dunque concludere che