12 Memoria sì, oblio no; ma - Diocesi Alessandria e altri. Ne è un esem-pio la giornata di studi...

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pegno come sacerdote. Un giorno del luglio 1941 in se- guito alla fuga di un prigio- niero, i nazisti decisero di ef- fettuare una rappresaglia se- lezionando dieci persone del- la stessa baracca per farle morire di fame. Quando uno dei dieci condannati scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, frate Kolbe si of- frì di morire al suo posto, salvandogli così la vita. Lo scorso settembre, quando l’Assessorato alla Cultura 13 n. 2 - 21 gennaio 2011 12 n. 2 - 21 gennaio 2011 In questi giorni, nell’imminenza del Giorno della Memo- ria, si moltiplicano le iniziative sociali, culturali, didattiche anche originali e di forte spessore. Nello stesso tempo au- menta sempre più la bibliografia di testi e di studi sulla realtà concentrazionaria e sulla Shoah, così come si molti- plicano i viaggi, soprattutto studenteschi, verso i luoghi della memoria dove più terribile è stato l’impatto della violenza e del razzismo nazifascisti. Tutto questo parrebbe che la co- noscenza e la consapevolezza della Shoah e dei crimini com- messi nel periodo della II Guerra mondiale siano oggi un fatto assodato. Ma non è proprio così. Lo sostiene lo storico francese Georges Bensoussan nel suo libro “L’eredità di Auschwitz. Come ricordare?” scri- vendo “l’insegnamento della Shoah e dei crimini nazisti non è mai stato fatto tanto bene come oggi. E mai, come oggi, la banalizzazione della xenofobia, del razzismo e dell’antisemi- tismo ha fatto tanti progressi”. Milioni di persone visitano i luoghi della memoria, numerosissime le iniziative per ri- cordare e far conoscere, ma pochi si sentono coinvolti in ciò che accade oggi nel mondo e, ancora peggio, troppi non immaginano nemmeno di poter intervenire per fare qualcosa. Se così vanno le cose, occorre eliminare l’equivoco: viag- gi nei luoghi della memoria, iniziative varie per il 27 gen- naio hanno la loro importanza, sono sicuramente momenti forti, se stimolano le persone, soprattutto i giovani, a com- prendere la storia, l’evolversi dei fatti, a rifarsi alle fonti, ad essere attenti osservatori della realtà odierna ed impe- gnati a ribadire con la testimonianza i valori e la dignità umana che sono stati calpestati in passato. Tutto quello che avviene in questi giorni come proposta commemorativa non ci cambia improvvisamente, non ci ren- de migliori e più sensibili e più impegnati contro l’intolle- ranza, il razzismo o l’indifferenza. Così come non bastano le reazioni di compassione e di lacrime o i sensi di colpa che possiamo provare di fronte alla tragicità dei fatti della deportazione e della Shoah. Occorre chiedersi chi erano gli ebrei uccisi, le persone perseguitate, quale la loro cultura, quale apporto hanno dato alla formazione della civiltà euro- pea dal punto di vista artistico, filosofico, letterario, econo- mico, religioso, politico. Porsi questi interrogativi vuol dire comprendere meglio il progetto nazifascista di distruggere non solo gli ebrei, ma di opprimere e rendere schiavi molte altre categorie di persone (portatori di handicap, zingari, testimo- ni di Geova, comunisti, avversari politici, religiosi, omoses- suali, malati di mente...). Se questo non avviene si rischia di essere complici della banalizzazione del male o di suscitare soltanto emozioni a danno della conoscenza storica. Quanto è avvenuto nella II Guerra mondiale ha avuto del- le origini, delle radici, dei germi che, se rispuntano (e ciò non è così inverosimile) possono preparare anche oggi, an- che nella nostra Italia un terreno culturale e politico che può produrre ancora violenza, discriminazione e razzismo. Il Lager di Dachau Occorre comprendere che nei Lager non è stato annienta- to un popolo - l’ebraico - ma è stato distrutto il concetto stesso di umanità. I Lager come Auschwitz-Birkenau sono stati l’ultimo atto che ha prodotto uccisioni e morti, ma più della metà delle vittime è avvenuta negli anni precedenti, soprattutto nel terribile 1942, nei camion a gas, per fame o per le privazioni nei ghetti o nei campi delle Aktion Rheinardt (Chelmno, Belzec, Treblinka, Sobibor...), due milioni di morti provocati dalle unità speciali in Polonia e in Russia (gli Einsatzgruppen)... Lì è iniziata la distruzione del concetto stesso di umanità. Purtroppo ci lasciamo ossessionare da esperienze come quelle di Auschwitz, che sono esperienze terminali, a scapi- to di una visione globale altrettanto terribile che ha prepa- rato la fine. Si arriva così all’identificazione del Lager di Auschwitz con la Shoah che non ci consente di riflettere su quello che è avvenuto prima, in sintonia con quanto recita il proverbio cinese “conoscere la fine, non ci aiuta a compren- dere l’inizio”. La conoscenza storica del genocidio degli ebrei e di tutto quello che il nazifascismo ha prodotto diventa così una fon- te inesauribile di riflessione che tocca tutti gli aspetti della vita umana. Allora il Giorno della Memoria ci consente di rivalutare la capacità di saper riflettere e di agire di conse- guenza nella realtà contemporanea, perchè, anche oggi, i germi che hanno prodotto l’annientamento di una grande parte di umanità, ci sono ancora e potenzialmente fertili. Gian Piero Armano Il 23 marzo 1933 a Dachau, presso Monaco di Baviera, il Reichsfuhrer delle SS Hein- rich Himmler inaugurò alla presenza della stampa gior- nalistica e dei mass media di allora il primo Campo di Concentramento per prigio- nieri politici (comunisti, so- cialdemocratici), religiosi oppositori del nazionalso- cialismo, testimoni di Geova, persone che avessero espres- so idee contrarie al Reich, nazisti caduti in disgrazia co- me le SA, persone asociali refrattarie al lavoro o sogget- te ad alcoolismo, ebrei. Du- rante lo svolgersi del conflit- to mondiale a Dachau con- fluirono anche prigionieri di guerra, soprattutto sovietici, partigiani, sinti e rom. Concepito come luogo di rieducazione sociale e poli- tica, così propagandava il potere nazista, e progettato inizialmente per 5mila depor- tati, Dachau arrivò ad ospi- tarne 31.442 oltre ai 36mila presenti nei sottocampi. Il campo di Dachau si di- stinse per la brutalità dei si- stemi di tortura testimoniati ancora oggi dalle drammati- che fotografie esposte nel museo del campo. I registri del campo, fino al momento della liberazione da parte del- le truppe statunitensi il 29 aprile 1945, riportano il nu- mero di 45mila decessi. Numerose furono le perso- nalità religiose cadute in di- sgrazia nel Reich e nei Paesi occupati dai tedeschi a causa di pubbliche dichiarazioni di opposizione al nazionalso- cialismo nonché del sostegno logistico, morale e spirituale a movimenti di resistenza e a giornali clandestini. Dalle statistiche del Campo risulta che a Dachau entrarono cir- ca 2.600 sacerdoti, vescovi e membri di ordini monastici (prevalentemente benedettini e francescani) di religione cattolica, ma anche 109 pa- stori evangelici, 22 prelati greco-ortodossi e altri della Chiesa Riformata e della Chiesa Veterocattolica. Memoria sì, oblio no; ma... All’inizio della vita del Campo i religiosi vennero trasferiti nel Block 17 e dal dicembre 1940 nel Block 26 denominato “Pfaerre-Block”. La situazione, anche dal pun- to di vista umanitario peggio- rò nel momento in cui arri- varono a Dachau molti sacer- doti, per lo più polacchi, dal Lager di Sachsenhausen. A partire dal gennaio 1941 le autorità del Campo permise- ro lo svolgimento nel Block 26 di iniziative religiose e di culto e fu allestita anche una piccola cappella per il culto domenicale. Nonostante l’intervento del- le autorità ecclesiastiche, ai religiosi non furono rispar- miati né i lavori forzati né i processi-farsa per presunti atti di sabotaggio o spionag- gio che, spesso, si concluse- ro con la condanna a morte. Dei 2.720 sacerdoti deporta- ti a Dachau, la maggior par- te erano polacchi (888), te- deschi ed austriaci (447) ol- tre a francesi, cecoslovacchi, olandesi, italiani e unghere- si; di essi 1.034 morirono per inedia, per malattia, per im- piccagione o fucilazione; cir- ca 300 furono sottoposti a brutali esperimenti medici o morirono sotto tortura. Impegnati nel ricreare nel Campo un clima di miglior sopportazione del regime concentrazionario, i religio- si con alle spalle un brillante curriculum di studi musicali diedero vita a una ricca pro- duzione musicale concertisti- ca a carattere religioso com- prendente Messe (alcune del- le quali con nutrito impianto strumentale o, alla maniera tedesca, con organo e quar- tetto di ottoni), Corali, Inni, brani strumentali per le festi- vità cristiane, favole musicali o fiabe natalizie. Tra i musicisti ecclesiastici tedeschi spicca la personali- tà di p. Gregor Schwake, mo- naco benedettino, nato il 15 aprile 1892 a Emmerick, Kappelmeister e composito- re, dichiaratamente ostile al regime nazionalsocialista. Fu arrestato dalla Gestapo a Linz il 6 ottobre 1943 e il 2 gen- naio 1944 deportato a Da- chau. Nel Campo compose numerose opere corali tra le quali la Dachauer Messe, In viam pacis e l’inno di Dachau Regina Pacis per coro ma- schile, un Pretudium und Fu- ge e una Fantasia uber Christ ist erstanden, entrambi per solo organo. Sopravvissuto, tornò ad Emmerich e morì il 13 giugno 1967 presso il mo- nastero di Gerleve. Ma va segnalata anche la Nel 1996 il Cardinale Car- lo Maria Martini, allora arci- vescovo di Milano, tenne un ciclo di incontri di riflessio- ne e formazione in prepara- zione al pellegrinaggio che i sacerdoti della diocesi meneghina avrebbero com- piuto a Cracovia ed Ausch- witz nell’aprile di quell’an- no. La figura a cui costante- mente il Cardinale fece rife- rimento fu quella di Massi- miliano Kolbe, un frate fran- cescano polacco che nel 1941 era stato arrestato dalla Ge- Le religioni nei campi di sterminio Un percorso di approfondimento nelle scuole superiori della provincia produzione musicale di ispi- razione religiosa ad opera degli Internati Militari Italia- ni (IMI), cioè soldati e uffi- ciali italiani che, all’indoma- ni dell’armistizio dell’8 set- tembre 1943 si rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò e vennero internati in diversi campi presso Czesto- chowa, Benjaminowo, Sand- bostet e altri. Ne è un esem- pio la giornata di studi dedi- cata alla figura di Francesco d’Assisi che venne organiz- zata il 4 ottobre 1944 a Sand- bostel dai cappellani militari e dagli ufficiali musicisti ita- liani; a conclusione della giornata venne eseguito il Cantico delle creature per so- li, coro e orchestra compo- sto da Pietro Maggioli, com- positore ed organista della Chiesa Madre di Pesaro e poi di Rovereto. A ragione di questo, nel con- certo che si svolgerà nella Cattedrale di Alessandria, domenica 23 gennaio, verran- no eseguiti gli otto pezzi com- posti da Pietro Feletti nello Stalag X di Fullen. Pietro Fe- letti nacque il 5 gennaio 1891 a Comacchio (Ferrara). Si de- dicò agli studi giuridici e di- venne notaio, ma coltivò an- che gli studi musicali. In quanto militare (IMI) fu in- ternato a Czestochowa, a Fullen e a Gross Haesepe as- sieme a numerosi soldati e ufficiali italiani all’indoma- ni dell’armistizio dell’8 set- tembre 1943. Insieme al cap- pellano militare p. Fedele Ac- corsi e ad altri ufficiali ita- liani, Feletti riuscì ad orga- nizzare in una cella del cam- po di Fullen una cappella dotata di harmonium ed ebbe anche il compito di dirigere un’orchestra composta da militari italiani. Lì compose gli otto pezzi che fece perve- nire a p. Accorsi che era già stapo, la polizia politica te- desca, con l’accusa di fomen- tare la ribellione dei suoi compatrioti contro l’occu- pante nazista. Deportato ad Auschwitz, il religioso ven- ne costretto a lavori faticosi e umilianti, come il traspor- to dei cadaveri. Più volte ba- stonato dalle guardie, non ri- nunciò a dimostrarsi solida- le nei confronti dei compa- gni di prigionia e, nonostan- te fosse vietato dalle SS, in segreto celebrò due volte messa e continuò il suo im- della Provincia di Alessan- dria mi ha proposto di colla- borare all’organizzazione di un percorso di formazione con gli istituti secondari del- la provincia sul tema dei re- ligiosi nei Lager nazisti in vista della celebrazione del- la Giornata della Memoria del 27 gennaio, ho pensato immediatamente di prendere spunto dalle riflessioni di Martini sul mistero del male e sulla storia dello sterminio del popolo ebraico, raccolte nel volume L’assurdo di Aus- chwitz, che contiene anche saggi di inquadramento sto- rico scritto da Guido Formi- goni e Giorgio Vecchio. Da lì sono partito per sviluppare l’ossatura di una lezione seminariale basata su due re- gistri differenti e comple- mentari: coltivare la memo- ria della realtà delle persecu- zione razziale e dei campi di sterminio come monito per le giovani generazioni e nel contempo provare ad affron- tare questioni tutt’altro che risolte dal punto di vista storiografico: come si svilup- pò l’antisemitismo fascista? Fu debitore solo al tradizio- nale antigiudaismo cristiano o non evolse piuttosto da una pseudo-scienza che misce- lava eugenetica ed etno-na- zionalismo? E soprattutto quale fu la risposta cattolica a quelle persecuzioni, pren- dendo ad esempio la realtà del Basso Piemonte durante la seconda guerra mondiale? Senza la presunzione di dare risposte definitive, ma piut- tosto con il desiderio di “se- minare” spunti di riflessione, ho quindi accettato con en- tusiasmo la proposta della Provincia iniziando, sotto la guida del professor don Gian Piero Armano, un intenso calendario di incontri che, tra Alessandria, Ovada, Casale Monferrato e Valenza, ci ha portati ad incontrare centina- ia di studenti delle classe quarte e quinte. Le chiese di fronte ai nazionalismi negli anni Venti e Trenta del No- vecento; i precedenti del raz- zismo e dell’antisemitismo durante la campagna per la conquista dell’impero fasci- sta; la “soluzione finale” de- gli ebrei nei Lager nel corso della seconda guerra mondia- le; la resistenza non armata di tanti sacerdoti, suore e laici cattolici, nel periodo 1943- 1945; la vita e le sofferenze fisiche e morali dei religiosi cattolici, protestanti e testi- moni di Geova deportati nei campi di concentramento, hanno rappresentato i temi principali trattati, con l’au- silio di documenti d’archivio, di una ricca bibliografia e di numerose foto dell’epoca, in gran parte tratte dai cd-rom Destinazione Auschwitz e Ebrei in fuga attraverso le Alpi, curati rispettivamente dal Centro di Documentazio- ne Ebarica di Milano (Cedec) e dall’Istituto piemontese per la Storia della Resistenza “Giorgio Agosti” di Torino. Apprendendo le vicende di alcuni “Giusti” delle nostre terre, come Giuseppe Brusa- sca che nel Monferrato creò una rete di nascondigli, o co- me don Lucarini che a San Rocco nascose un giovane e- breo facendolo passare per seminarista, o di religiosi che rientrato in Italia in quanto ammalato di tubercolosi. Le composizioni erano state espressamente richieste da p. Accorsi in vista della pubbli- cazione di un suo libro sul- l’esperienza nel campo di Fullen, libro che verrà pub- blicato nel 1946 a Bergamo con il titolo “Fullen, il cam- po della morte”. Feletti fu li- berato al termine della guer- ra e morì il 1 novembre 1986 a Ferrara. La musica creata da uomini e donne di qualsi- asi estrazione professionale e artistica nonché provenienti da qualsiasi contesto nazio- nale, sociale e religioso e che siano stati discriminati, per- seguitati, deportati, uccisi o che siano sopravvissuti alla tragedia dei Lager e della de- portazione durante la secon- da guerra mondiale ha impor- tante valore artistico ed esi- ge grande rispetto e conside- razione: per questo il Concer- to del 23 gennaio alle 21 nella Cattedrale di Alessandria è stato voluto come momento alto e solenne per riflettere, per pregare, per dare un mag- gior senso al Giorno della Memoria. gpa In alto da sinistra p. Gregor Schwake (anche in un dise- gno che lo ritrae durante la detenzione), Pietro Feletti, e Francesco Lotoro, direttore dell’istituto di letteratura musicale concentrazionaria di Barletta. Pace agli uomini che desiderano il male; si ponga fine ad ogni vendetta, non si parli più di castigo e correzione. I crimini commessi superano ogni misura; i limiti di ogni percezione umana, e molti sono i testimoni del sangue versato. Per questo, o Dio, non pesare con la bilancia della giustizia gli orribili delitti dei carnefici, di cui è giusto ti rendano conto, ma fa che le cose possano andare in altro modo. A tutte le persone che hanno agito con malvagità, ai carnefici, delatori e traditori, metti piuttosto in conto tutto il coraggio e la forza d’animo degli altri, la rassegnazione, la profonda dignità, la pena silenziosa, la fatica, la speranza, mai venuta meno, il coraggioso sorriso che vinceva le lacrime, e tutto l’amore, il sacrificio, l’amore bruciante. Tutti i cuori segnati e torturati che resistettero forti, senza perdere fiducia di fronte alla morte e nella morte, nelle ore della più acuta debolezza. Fa’ che conti tutto questo, o Dio. Come prezzo di riscatto per il perdono della colpa, perché risorga la giustizia. Conti tutto il bene, non il male. E ricordando i nostri nemici non parleremo più di sacrificio, non saremo l’incubo e l’orrore degli spiriti, ma verremo in loro aiuto perché possano abbandonare il razzismo. Solo questo chiederemo loro quando tutto sarà finito, un giorno, di poter vivere come persone fra persone. Torni la pace su questa povera terra, su ogni persona di buona volontà, la pace si estenda a tutti, senza distinzione. Ricorda, invece, i frutti che abbiamo portato proprio da queste sofferenze: E’ cresciuta in noi la disponibilità, ci si é fatta, più limpida la lealtà, più ampia la generosità E quando essi si presenteranno per il tuo giudizio, lascia che i frutti che abbiamo portato siano il loro perdono. Preghiera composta in un campo di sterminio da un ebreo Domenica 23 gennaio alle 21 in Cattedrale ad Alessandria con l’orchestra dell’Istituto di Letteratura musicale concentrazionaria di Barletta La Missa Dachoviensis e gli otto pezzi per il Libro di Fullen Studenti ad Auschwitz Monumento Carro dei deportati ebrei - Alessandria in nome della solidarietà per- sero la vita nei Lager, come padre Girotti o il pastore valdese Jacopo Lombardini, gli studenti hanno partecipa- to attivamente con domande e ragionamenti relativi non soltanto alla storia del passa- to ma anche a problemi come il razzismo, l’intolleranza e la difficoltà a dialogare che ancora oggi inquinano una pacifica coesistenza e che solo la memoria del passato può aiutarci ad affrontare e superare. Andrea Villa Università di Salerno Apeiron University of banja Luka (Bosnia)

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pegno come sacerdote. Ungiorno del luglio 1941 in se-guito alla fuga di un prigio-niero, i nazisti decisero di ef-fettuare una rappresaglia se-lezionando dieci persone del-la stessa baracca per farlemorire di fame. Quando unodei dieci condannati scoppiòin lacrime dicendo di avereuna famiglia a casa che loaspettava, frate Kolbe si of-frì di morire al suo posto,salvandogli così la vita. Loscorso settembre, quandol’Assessorato alla Cultura

13n. 2 - 21 gennaio 201112 n. 2 - 21 gennaio 2011

In questi giorni, nell’imminenza del Giorno della Memo-ria, si moltiplicano le iniziative sociali, culturali, didatticheanche originali e di forte spessore. Nello stesso tempo au-menta sempre più la bibliografia di testi e di studi sullarealtà concentrazionaria e sulla Shoah, così come si molti-plicano i viaggi, soprattutto studenteschi, verso i luoghi dellamemoria dove più terribile è stato l’impatto della violenza edel razzismo nazifascisti. Tutto questo parrebbe che la co-noscenza e la consapevolezza della Shoah e dei crimini com-messi nel periodo della II Guerra mondiale siano oggi unfatto assodato. Ma non è proprio così.

Lo sostiene lo storico francese Georges Bensoussan nelsuo libro “L’eredità di Auschwitz. Come ricordare?” scri-vendo “l’insegnamento della Shoah e dei crimini nazisti nonè mai stato fatto tanto bene come oggi. E mai, come oggi, labanalizzazione della xenofobia, del razzismo e dell’antisemi-tismo ha fatto tanti progressi”. Milioni di persone visitano iluoghi della memoria, numerosissime le iniziative per ri-cordare e far conoscere, ma pochi si sentono coinvolti in ciòche accade oggi nel mondo e, ancora peggio, troppi nonimmaginano nemmeno di poter intervenire per fare qualcosa.

Se così vanno le cose, occorre eliminare l’equivoco: viag-gi nei luoghi della memoria, iniziative varie per il 27 gen-naio hanno la loro importanza, sono sicuramente momentiforti, se stimolano le persone, soprattutto i giovani, a com-prendere la storia, l’evolversi dei fatti, a rifarsi alle fonti,ad essere attenti osservatori della realtà odierna ed impe-gnati a ribadire con la testimonianza i valori e la dignitàumana che sono stati calpestati in passato.

Tutto quello che avviene in questi giorni come propostacommemorativa non ci cambia improvvisamente, non ci ren-de migliori e più sensibili e più impegnati contro l’intolle-ranza, il razzismo o l’indifferenza. Così come non bastanole reazioni di compassione e di lacrime o i sensi di colpache possiamo provare di fronte alla tragicità dei fatti delladeportazione e della Shoah. Occorre chiedersi chi erano gliebrei uccisi, le persone perseguitate, quale la loro cultura,quale apporto hanno dato alla formazione della civiltà euro-pea dal punto di vista artistico, filosofico, letterario, econo-mico, religioso, politico. Porsi questi interrogativi vuol direcomprendere meglio il progetto nazifascista di distruggere nonsolo gli ebrei, ma di opprimere e rendere schiavi molte altrecategorie di persone (portatori di handicap, zingari, testimo-ni di Geova, comunisti, avversari politici, religiosi, omoses-suali, malati di mente...). Se questo non avviene si rischia diessere complici della banalizzazione del male o di suscitaresoltanto emozioni a danno della conoscenza storica.

Quanto è avvenuto nella II Guerra mondiale ha avuto del-le origini, delle radici, dei germi che, se rispuntano (e ciònon è così inverosimile) possono preparare anche oggi, an-che nella nostra Italia un terreno culturale e politico chepuò produrre ancora violenza, discriminazione e razzismo.

Il Lager di Dachau

Occorre comprendere che nei Lager non è stato annienta-to un popolo - l’ebraico - ma è stato distrutto il concettostesso di umanità. I Lager come Auschwitz-Birkenau sonostati l’ultimo atto che ha prodotto uccisioni e morti, ma piùdella metà delle vittime è avvenuta negli anni precedenti,soprattutto nel terribile 1942, nei camion a gas, per fame oper le privazioni nei ghetti o nei campi delle Aktion Rheinardt(Chelmno, Belzec, Treblinka, Sobibor...), due milioni di mortiprovocati dalle unità speciali in Polonia e in Russia (gliEinsatzgruppen)... Lì è iniziata la distruzione del concettostesso di umanità.

Purtroppo ci lasciamo ossessionare da esperienze comequelle di Auschwitz, che sono esperienze terminali, a scapi-to di una visione globale altrettanto terribile che ha prepa-rato la fine. Si arriva così all’identificazione del Lager diAuschwitz con la Shoah che non ci consente di riflettere suquello che è avvenuto prima, in sintonia con quanto recita ilproverbio cinese “conoscere la fine, non ci aiuta a compren-dere l’inizio”.

La conoscenza storica del genocidio degli ebrei e di tuttoquello che il nazifascismo ha prodotto diventa così una fon-te inesauribile di riflessione che tocca tutti gli aspetti dellavita umana. Allora il Giorno della Memoria ci consente dirivalutare la capacità di saper riflettere e di agire di conse-guenza nella realtà contemporanea, perchè, anche oggi, igermi che hanno prodotto l’annientamento di una grandeparte di umanità, ci sono ancora e potenzialmente fertili.

Gian Piero Armano

Il 23 marzo 1933 a Dachau,presso Monaco di Baviera, ilReichsfuhrer delle SS Hein-rich Himmler inaugurò allapresenza della stampa gior-nalistica e dei mass media diallora il primo Campo diConcentramento per prigio-nieri politici (comunisti, so-cialdemocratici), religiosioppositori del nazionalso-cialismo, testimoni di Geova,persone che avessero espres-so idee contrarie al Reich,nazisti caduti in disgrazia co-me le SA, persone asocialirefrattarie al lavoro o sogget-te ad alcoolismo, ebrei. Du-rante lo svolgersi del conflit-to mondiale a Dachau con-fluirono anche prigionieri diguerra, soprattutto sovietici,partigiani, sinti e rom.

Concepito come luogo dirieducazione sociale e poli-tica, così propagandava ilpotere nazista, e progettatoinizialmente per 5mila depor-tati, Dachau arrivò ad ospi-tarne 31.442 oltre ai 36milapresenti nei sottocampi.

Il campo di Dachau si di-stinse per la brutalità dei si-stemi di tortura testimoniatiancora oggi dalle drammati-che fotografie esposte nelmuseo del campo. I registridel campo, fino al momentodella liberazione da parte del-le truppe statunitensi il 29aprile 1945, riportano il nu-mero di 45mila decessi.

Numerose furono le perso-nalità religiose cadute in di-sgrazia nel Reich e nei Paesioccupati dai tedeschi a causadi pubbliche dichiarazioni diopposizione al nazionalso-cialismo nonché del sostegnologistico, morale e spiritualea movimenti di resistenza ea giornali clandestini. Dallestatistiche del Campo risultache a Dachau entrarono cir-ca 2.600 sacerdoti, vescovi emembri di ordini monastici(prevalentemente benedettinie francescani) di religionecattolica, ma anche 109 pa-stori evangelici, 22 prelatigreco-ortodossi e altri dellaChiesa Riformata e dellaChiesa Veterocattolica.

Memoria sì, oblio no; ma...

All’inizio della vita delCampo i religiosi vennerotrasferiti nel Block 17 e daldicembre 1940 nel Block 26denominato “Pfaerre-Block”.La situazione, anche dal pun-to di vista umanitario peggio-rò nel momento in cui arri-varono a Dachau molti sacer-doti, per lo più polacchi, dalLager di Sachsenhausen. Apartire dal gennaio 1941 leautorità del Campo permise-ro lo svolgimento nel Block26 di iniziative religiose e diculto e fu allestita anche unapiccola cappella per il cultodomenicale.

Nonostante l’intervento del-le autorità ecclesiastiche, aireligiosi non furono rispar-miati né i lavori forzati né iprocessi-farsa per presuntiatti di sabotaggio o spionag-gio che, spesso, si concluse-ro con la condanna a morte.Dei 2.720 sacerdoti deporta-ti a Dachau, la maggior par-te erano polacchi (888), te-deschi ed austriaci (447) ol-tre a francesi, cecoslovacchi,olandesi, italiani e unghere-si; di essi 1.034 morirono perinedia, per malattia, per im-piccagione o fucilazione; cir-ca 300 furono sottoposti abrutali esperimenti medici omorirono sotto tortura.

Impegnati nel ricreare nelCampo un clima di migliorsopportazione del regimeconcentrazionario, i religio-si con alle spalle un brillantecurriculum di studi musicalidiedero vita a una ricca pro-duzione musicale concertisti-ca a carattere religioso com-prendente Messe (alcune del-le quali con nutrito impiantostrumentale o, alla manieratedesca, con organo e quar-tetto di ottoni), Corali, Inni,brani strumentali per le festi-vità cristiane, favole musicalio fiabe natalizie.

Tra i musicisti ecclesiasticitedeschi spicca la personali-tà di p. Gregor Schwake, mo-naco benedettino, nato il 15aprile 1892 a Emmerick,Kappelmeister e composito-re, dichiaratamente ostile alregime nazionalsocialista. Fu

arrestato dalla Gestapo a Linzil 6 ottobre 1943 e il 2 gen-naio 1944 deportato a Da-chau. Nel Campo composenumerose opere corali tra lequali la Dachauer Messe, Inviam pacis e l’inno di DachauRegina Pacis per coro ma-schile, un Pretudium und Fu-ge e una Fantasia uber Christist erstanden, entrambi persolo organo. Sopravvissuto,tornò ad Emmerich e morì il13 giugno 1967 presso il mo-nastero di Gerleve.

Ma va segnalata anche la

Nel 1996 il Cardinale Car-lo Maria Martini, allora arci-vescovo di Milano, tenne unciclo di incontri di riflessio-ne e formazione in prepara-zione al pellegrinaggio che isacerdoti della diocesimeneghina avrebbero com-piuto a Cracovia ed Ausch-witz nell’aprile di quell’an-no. La figura a cui costante-mente il Cardinale fece rife-rimento fu quella di Massi-miliano Kolbe, un frate fran-cescano polacco che nel 1941era stato arrestato dalla Ge-

Le religioni nei campi di sterminioUn percorso di approfondimento nelle scuole superiori della provincia

produzione musicale di ispi-razione religiosa ad operadegli Internati Militari Italia-ni (IMI), cioè soldati e uffi-ciali italiani che, all’indoma-ni dell’armistizio dell’8 set-tembre 1943 si rifiutarono diaderire alla Repubblica diSalò e vennero internati indiversi campi presso Czesto-chowa, Benjaminowo, Sand-bostet e altri. Ne è un esem-pio la giornata di studi dedi-cata alla figura di Francescod’Assisi che venne organiz-zata il 4 ottobre 1944 a Sand-bostel dai cappellani militarie dagli ufficiali musicisti ita-liani; a conclusione dellagiornata venne eseguito ilCantico delle creature per so-li, coro e orchestra compo-sto da Pietro Maggioli, com-positore ed organista dellaChiesa Madre di Pesaro e poidi Rovereto.

A ragione di questo, nel con-certo che si svolgerà nellaCattedrale di Alessandria,domenica 23 gennaio, verran-no eseguiti gli otto pezzi com-posti da Pietro Feletti nelloStalag X di Fullen. Pietro Fe-letti nacque il 5 gennaio 1891

a Comacchio (Ferrara). Si de-dicò agli studi giuridici e di-venne notaio, ma coltivò an-che gli studi musicali. Inquanto militare (IMI) fu in-ternato a Czestochowa, aFullen e a Gross Haesepe as-sieme a numerosi soldati eufficiali italiani all’indoma-ni dell’armistizio dell’8 set-tembre 1943. Insieme al cap-pellano militare p. Fedele Ac-corsi e ad altri ufficiali ita-liani, Feletti riuscì ad orga-nizzare in una cella del cam-po di Fullen una cappelladotata di harmonium ed ebbeanche il compito di dirigereun’orchestra composta damilitari italiani. Lì composegli otto pezzi che fece perve-nire a p. Accorsi che era già

stapo, la polizia politica te-desca, con l’accusa di fomen-tare la ribellione dei suoicompatrioti contro l’occu-pante nazista. Deportato adAuschwitz, il religioso ven-ne costretto a lavori faticosie umilianti, come il traspor-to dei cadaveri. Più volte ba-stonato dalle guardie, non ri-nunciò a dimostrarsi solida-le nei confronti dei compa-gni di prigionia e, nonostan-te fosse vietato dalle SS, insegreto celebrò due voltemessa e continuò il suo im-

della Provincia di Alessan-dria mi ha proposto di colla-borare all’organizzazione diun percorso di formazionecon gli istituti secondari del-la provincia sul tema dei re-ligiosi nei Lager nazisti invista della celebrazione del-la Giornata della Memoriadel 27 gennaio, ho pensatoimmediatamente di prenderespunto dalle riflessioni diMartini sul mistero del malee sulla storia dello sterminiodel popolo ebraico, raccoltenel volume L’assurdo di Aus-

chwitz, che contiene anchesaggi di inquadramento sto-rico scritto da Guido Formi-goni e Giorgio Vecchio. Dalì sono partito per svilupparel’ossatura di una lezioneseminariale basata su due re-gistri differenti e comple-mentari: coltivare la memo-ria della realtà delle persecu-zione razziale e dei campi disterminio come monito per legiovani generazioni e nelcontempo provare ad affron-tare questioni tutt’altro cherisolte dal punto di vistastoriografico: come si svilup-pò l’antisemitismo fascista?Fu debitore solo al tradizio-nale antigiudaismo cristianoo non evolse piuttosto da unapseudo-scienza che misce-lava eugenetica ed etno-na-zionalismo? E soprattuttoquale fu la risposta cattolicaa quelle persecuzioni, pren-dendo ad esempio la realtàdel Basso Piemonte durantela seconda guerra mondiale?Senza la presunzione di darerisposte definitive, ma piut-tosto con il desiderio di “se-minare” spunti di riflessione,ho quindi accettato con en-tusiasmo la proposta dellaProvincia iniziando, sotto laguida del professor don GianPiero Armano, un intensocalendario di incontri che, tra

Alessandria, Ovada, CasaleMonferrato e Valenza, ci haportati ad incontrare centina-ia di studenti delle classequarte e quinte. Le chiese difronte ai nazionalismi neglianni Venti e Trenta del No-vecento; i precedenti del raz-zismo e dell’antisemitismodurante la campagna per laconquista dell’impero fasci-sta; la “soluzione finale” de-gli ebrei nei Lager nel corsodella seconda guerra mondia-le; la resistenza non armatadi tanti sacerdoti, suore e laicicattolici, nel periodo 1943-1945; la vita e le sofferenzefisiche e morali dei religiosicattolici, protestanti e testi-moni di Geova deportati neicampi di concentramento,hanno rappresentato i temiprincipali trattati, con l’au-silio di documenti d’archivio,di una ricca bibliografia e dinumerose foto dell’epoca, ingran parte tratte dai cd-romDestinazione Auschwitz eEbrei in fuga attraverso leAlpi, curati rispettivamentedal Centro di Documentazio-ne Ebarica di Milano (Cedec)e dall’Istituto piemontese perla Storia della Resistenza“Giorgio Agosti” di Torino.Apprendendo le vicende dialcuni “Giusti” delle nostreterre, come Giuseppe Brusa-sca che nel Monferrato creòuna rete di nascondigli, o co-me don Lucarini che a SanRocco nascose un giovane e-breo facendolo passare perseminarista, o di religiosi che

rientrato in Italia in quantoammalato di tubercolosi. Lecomposizioni erano stateespressamente richieste da p.Accorsi in vista della pubbli-cazione di un suo libro sul-l’esperienza nel campo diFullen, libro che verrà pub-blicato nel 1946 a Bergamocon il titolo “Fullen, il cam-po della morte”. Feletti fu li-berato al termine della guer-ra e morì il 1 novembre 1986a Ferrara. La musica creatada uomini e donne di qualsi-asi estrazione professionale eartistica nonché provenientida qualsiasi contesto nazio-nale, sociale e religioso e chesiano stati discriminati, per-seguitati, deportati, uccisi oche siano sopravvissuti alla

tragedia dei Lager e della de-portazione durante la secon-da guerra mondiale ha impor-tante valore artistico ed esi-ge grande rispetto e conside-razione: per questo il Concer-to del 23 gennaio alle 21 nellaCattedrale di Alessandria èstato voluto come momentoalto e solenne per riflettere,per pregare, per dare un mag-gior senso al Giorno dellaMemoria. gpa

In alto da sinistra p. GregorSchwake (anche in un dise-gno che lo ritrae durante ladetenzione), Pietro Feletti, eFrancesco Lotoro, direttoredell’istituto di letteraturamusicale concentrazionariadi Barletta.

Pace agli uomini che desiderano il male; si ponga fine ad ogni vendetta, non siparli più di castigo e correzione. I crimini commessi superano ogni misura; ilimiti di ogni percezione umana, e molti sono i testimoni del sangue versato.Per questo, o Dio, non pesare con la bilancia della giustizia gli orribili delitti deicarnefici, di cui è giusto ti rendano conto, ma fa che le cose possano andare inaltro modo. A tutte le persone che hanno agito con malvagità, ai carnefici, delatorie traditori, metti piuttosto in conto tutto il coraggio e la forza d’animo degli altri,la rassegnazione, la profonda dignità, la pena silenziosa, la fatica, la speranza,mai venuta meno, il coraggioso sorriso che vinceva le lacrime, e tutto l’amore, ilsacrificio, l’amore bruciante.Tutti i cuori segnati e torturati che resistettero forti, senza perdere fiducia di frontealla morte e nella morte, nelle ore della più acuta debolezza.Fa’ che conti tutto questo, o Dio. Come prezzo di riscatto per il perdono dellacolpa, perché risorga la giustizia.Conti tutto il bene, non il male. E ricordando i nostri nemici non parleremo più disacrificio, non saremo l’incubo e l’orrore degli spiriti, ma verremo in loro aiutoperché possano abbandonare il razzismo.Solo questo chiederemo loro quando tutto sarà finito, un giorno, di poter viverecome persone fra persone. Torni la pace su questa povera terra, su ogni personadi buona volontà, la pace si estenda a tutti, senza distinzione.Ricorda, invece, i frutti che abbiamo portato proprio da queste sofferenze: E’cresciuta in noi la disponibilità, ci si é fatta, più limpida la lealtà, più ampia lagenerosità E quando essi si presenteranno per il tuo giudizio, lascia che i fruttiche abbiamo portato siano il loro perdono.

Preghiera composta in un campo di sterminio da un ebreo

Domenica 23 gennaio alle 21 in Cattedrale ad Alessandria con l’orchestra dell’Istituto di Letteratura musicale concentrazionaria di Barletta

La Missa Dachoviensis e gli otto pezzi per il Libro di Fullen

Studenti ad Auschwitz

Monumento Carro dei deportati ebrei - Alessandria

in nome della solidarietà per-sero la vita nei Lager, comepadre Girotti o il pastorevaldese Jacopo Lombardini,gli studenti hanno partecipa-to attivamente con domandee ragionamenti relativi nonsoltanto alla storia del passa-to ma anche a problemi comeil razzismo, l’intolleranza e

la difficoltà a dialogare cheancora oggi inquinano unapacifica coesistenza e chesolo la memoria del passatopuò aiutarci ad affrontare esuperare.

Andrea VillaUniversità di Salerno

Apeiron Universityof banja Luka (Bosnia)