11. I modelli RAI e Mediaset a confrontoSe Canale 5 è delegata a rastrellare il pubblico-massa...
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11. I modelli RAI e Mediaset a confronto
I contesti interessati all’elaborazione dei palinsesti rispettivamente di RAI e di Mediaset
sono congegnati in modelli strutturalmente diversi. Le differenze fra i due modelli ne
riflettono la diversa filosofia di gestione dell’insieme di reti di cui ciascuna dispone.
La RAI, pur prevedendo forme di coordinamento tra le programmazioni delle reti,
assegna piena autonomia a ciascuna struttura (Rete, Testata; Dipartimento Scuola
Educazione) che partecipa al palinsesto di ogni canale; Mediaset, al contrario, accentra
la programmazione delle sue tre reti, coordinandola quindi, strutturalmente sin dalla
fase iniziale di formazione dei palinsesti (Rizza N., 1989).
Il modello Mediaset
La programmazione delle tre reti Mediaset è affidata ad un unico Direttore dei
Programmi, che coordina la Struttura di Palinsesto, unica per le tre reti, e le cinque
Strutture Produttive, responsabili della produzione di “giochi e quiz”; “intrattenimento,
varietà e speciali”; “programmi giornalistici e sportivi”, “programmi per bambini e
ragazzi”; “fiction”.
La funzione del Direttore dei Programmi è quindi nello stesso tempo sia di direzione e
di coordinamento dei settori produttivi, che di definizione delle strategie di palinsesto
per tutte e tre le reti.
Di specifica competenza del Responsabile di Palinsesto, oltre alla formulazione delle
griglie di programmi, sono i settori addetti alla produzione della self-promoition e
all’impaginazione dei promo e delle pubblicità.
Il modello appare formulato all’insegna della massima concentrazione delle funzioni
direttive, funzionale ad organizzare in maniera sinergica e integrata l’offerta delle tre
reti. Strutture, magazzino, uomini e risorse non appartengono a nessuna rete, ma sono
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assegnati all’una o all’altra in base agli obiettivi fissati per ciascuna rete dalla strategia
aziendale, la cui impostazione è attuata unitamente a Publitalia.
Con quest’ultima, la Direzione Programmi e il Palinsesto concordano l’obiettivo
complessivo d’audience da raggiungere per le reti del gruppo e gli obiettivi parziali per
ciascuna rete. Ne risulta sia la calibratura che il profilo di ciascuna rete, determinato dal
rispettivo tipo di target: ad esempio, stabilito nel 45% dell’ascolto il totale da
raggiungere, la quota del 25% è assegnata a Canale 5, che deve mantenere una
caratterizzazione di rete familiare con forte presenza di responsabili d’acquisto superiori
ai 35 anni; del 13% a Italia 1, consolidata come rete a target più giovane, moderno e
metropolitano; del 17% a Retequattro, attualmente orientata ad un target più alto.
L’organizzazione dei palinsesti è tenuta ad osservare le calibrature di ciascuna rete,
mantenendone i reciproci rapporti. Ciò comporta che a tali grandezze corrisponda la
ripartizione del budget tra le reti, e quindi la valutazione del costo di ciascun palinsesto.
In sintesi, la definizione degli obiettivi commerciali determina la definizione delle linee
editoriali. L’accentramento delle funzioni direttive e di coordinamento assicura
stabilmente la complementarietà e la sinergia tra le reti del gruppo e favorisce la
prontezza ad adeguare l’offerta alla domanda di mercato.
Il modello RAI
In periodo di assoluto monopolio la RAI era organizzata in un modello che prevedeva la
separazione fra le strutture rispettivamente preposte all’ideazione, alla produzione e alla
programmazione; dal 1976, quando diventa operativa la legge di riforma dell’anno
precedente, il modello organizzativo prevede per le tre Reti, per le tre Testate e per il
Dipartimento Scuola Educazione, autonomia di produzione, di programmazione e di
budget.
Paradossalmente, quindi, il modello organizzativo della RAI è strutturato oggi secondo
una logica meno favorevole ad operare in una situazione concorrenziale di quanto non
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lo fosse in epoca di monopolio, quando il modello organizzativo si basava sulla
centralizzazione decisionale, sul governo unico delle reti e sull’autonomia del palinsesto
rispetto alla produzione.
In sintesi, il modello organizzativo della Rai presenta:
1. una elevata frammentazione di strutture interessate all’elaborazione del
palinsesto di ciascun canale;
2. tre Reti e tre Testate, cui non corrisponde una programmatica diversificazione o
una specializzazione dell’offerta;
3. la moltiplicazione dei ruoli organizzativi e produttivi per ciascuna rete;
4. l’autonomia della politica di programmazione di ciascuna rete;
5. la suddivisione delle risorse finanziarie tra le reti attuata secondo il criterio
quantitativo del trasmesso;
6. il coordinamento ad hoc degli schemi di palinsesto.
Le reti del servizio pubblico si muovono in un contesto organizzativo notevolmente più
complicato e vischioso di quello dell’emittenza privata: ciò condiziona la possibilità di
una pianificazione strategica dell’offerta RAI; la complementarietà delle reti non è
implicata dal modello organizzativo, bensì è prima genericamente auspicata dagli
“indirizzi” dati all’azienda dal Consiglio di Amministrazione e poi affidata alla funzione
di controllo espressa dal Coordinamento. Evitare la concomitanza di programmi dello
stesso genere è un obiettivo in genere raggiunto, attraverso il monitoraggio attuato dal
Coordinamento. La definizione della specificità editoriale è invece auspicata, ma non
perseguita programmaticamente.
La diversificazione può essere quindi obiettivo strategico di ciascuna rete (come
dimostra il caso di Rai 3 che ha scelto di mirare a pubblici minoritari), ma non è
obiettivo aziendale. Al contrario, la complementarietà tra le reti del gruppo Mediaset è
preventivamente definita in base ad obiettivi di mercato e connessa alla centralizzazione
decisionale e finanziaria. Le caratteristiche del modello privato favoriscono pertanto la
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sinergia tra le reti, l’ottimizzazione delle risorse e la flessibilità a cogliere la domanda
del mercato pubblicitario.
12. Un approfondimento: la scrittura dei palinsesti in Mediaset
Per l’emittenza commerciale il primo modello completo di palinsesto è quello
stagionale definito dai quattro ai sei mesi prima dell’emissione, allo scopo di consentire
a Publitalia di presentarlo agli acquirenti degli spazi pubblicitari.
Nel primo capitolo si è discusso brevemente sulla televisione e sul suo legame con la
pubblicità: prima di attirare il pubblico infatti, i programmi, organizzati entro lo schema
del palinsesto, devono convincere gli inserzionisti di possedere una potenzialità
commerciale, orientata ai target cui sono rivolti i prodotti da pubblicizzare; è questo il
vero e proprio cardine nel percorso compiuto dai palinsesti Mediaset, dalla
progettazione iniziale fino alla redazione definitiva.
Se il mercato pubblicitario costituisce per l’emittenza commerciale una risorsa, per il
palinsesto si risolve in un sistema di vincoli, poiché comporta: a) la predeterminazione
del pubblico-target da assicurare agli investitori; b) dinamiche di vendita degli spazi
pubblicitari, tale da condizionare sia la selezione dei programmi che la loro permanenza
in palinsesto; c) la particolare configurazione del flusso di programmi, dovuta
all’inserimento degli spazi pubblicitari all’interno della pubblicità.
Il motto non è di fare bella televisione, ma una televisione che si vende: tale criterio-
guida si traduce in un insieme di pratiche di costruzione dei palinsesti, in quanto la
strategia di programmazione delle reti commerciali cerca di corrispondere agli schemi
degli investitori pubblicitari, per trarre dai vincoli il massimo profitto. Tuttavia va
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osservato come talvolta la logica del fatturato venga sospesa in nome di una più ampia
strategia d’immagine (Rizza N., 1989).
Una televisione su tre canali
Mediaset ha scelto di fare “una televisione su tre canali”: ogni Rete ha cioè una propria
fisionomia che corrisponde a determinate grandezze di audience e di investimenti,
nonché a differenti tipologie di pubblico. Nello stesso tempo, la programmazione delle
reti si informa al criterio della diversificazione dei programmi di ciascuna rete in
rapporto ai pubblici potenziali nelle varie fasce orarie, in modo da massimizzare la resa
pubblicitaria in ogni ora di trasmissione.
“Dare pubblico”, “dare bambini” o “dare casalinghe” sono espressioni ricorrenti in
Mediaset: esse riescono a rappresentare l’atteggiamento, i criteri e gli scopi degli addetti
alla programmazione dei network commerciali: non si tratta infatti di “prendere
pubblico” attraverso i programmi, ma di venderlo agli inserzionisti. L’elaborazione del
palinsesto stagionale si correla alla progettazione delle audience da assicurare al
mercato pubblicitario. Sulla base dei risultati raggiunti nelle stagioni precedenti e degli
investimenti affrontati per gli acquisti, la Direzione Programmi e Publitalia collegano le
previsioni d’ascolto alle tariffe pubblicitarie per gli spazi offerti dalle diverse fasce
orarie di ciascuna rete. Particolari programmi di prime time, come film in prima visione,
sono venduti con prezzi ad hoc, in considerazione della loro potenzialità d’ascolto.
Se le previsioni sull’audience saranno superate dagli ascolti effettivi, l’eccedenza di
pubblico sarà “regalata” agli inserzionisti; se invece le previsioni si dimostreranno
eccessivamente ottimistiche, si sconteranno i clienti, con ripercussioni nelle stagioni
successive. Bisogna sottolineare inoltre che la capacità revisionale si collega ad una più
ampia strategia d’offerta, fondata sulla conoscenza delle caratteristiche e degli
orientamenti del mercato.
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Target e segmenti: i dettati del mercato
La situazione italiana è caratterizzata da una predominanza assoluta di “grandi clienti”
(la Procter & Gamble, gli alimentari ed i grandi distributori), con un budget illimitato di
spesa ed interessati a “responsabili d’acquisto”, donne, talora non giovanissime e di tipo
tradizionale. Clienti interessati a target molto settoriali o hanno scarsa possibilità di
spesa per la pubblicità televisiva oppure hanno scarsa propensione a trasferire i loro
investimenti pubblicitari dalla stampa specialistica al mezzo televisivo.
In questo quadro, la “televisione che si vende” è quella che assicura con continuità
grandi quote di pubblico agli investitori: essa per definire il suo target si adegua a
utilizzare le categorizzazioni di mercato, fondate su variabili anagrafiche e sul potere
d’acquisto, talvolta imprecise se riferite ai consumi televisivi.
Per sfruttare appieno le potenzialità di mercato, l’emittenza commerciale deve tradursi
in una televisione catch-call, tradizionale, familiare e popolare, che scoraggia, perché
rischioso, l’abbinamento tra il proprio macrotarget e la sperimentazione di formule
innovative. Di qui la scelta di Mediaset di puntare su Canale 5 con una programmazione
in grado di soddisfare le esigenze dei grandi investitori e in grado di assicurare con
l’ampiezza dell’audience gli alti profitti. Ciò contribuisce a spiegare perché la strategia
delle scelte di programmazione attuate per la rete leader del gruppo Mediaset dopo il
primo periodo americano, abbia perseguito con determinazione la strada del ricalco
prima e dell’esproprio poi di generi e formule di successo ampiamente collaudati dalla
programmazione RAI.
Se Canale 5 è delegata a rastrellare il pubblico-massa generalmente familiare, altre
fasce d’ascolto, sia pure quantitativamente inferiori e meno redditizie, possono essere
prospettate come target al mercato pubblicitario.
La macchina organizzativa e produttiva di Mediaset, dimensionata sul mercato
pubblicitario e sui grandi numeri, si trova così a dover differenziare i pubblici per poter
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massimizzare l’audience complessiva delle tre reti: quel che conta, alla fine, è il
risultato complessivo d’audience che le tre reti riusciranno ad ottenere.
La diversificazione rappresenta dunque una modalità strategica di gestione delle
dinamiche di frammentazione del pubblico televisivo. Nelle tre reti Mediaset le
procedure di programmazione messe al servizio di tale strategia sono di diversi tipi. Una
prima modalità è attuata attraverso l’offerta del day time di Canale 5, articolata secondo
un criterio naturalistico di caratterizzazione delle fasce d’ascolto. Pur essendo quasi
interamente monogenere, l’offerta viene modulata in rapporto alle diverse componenti
del macrotarget familiare che costituisce il pubblico di riferimento della rete. E’ questo
un tipico procedimento di costruzione del palinsesto in una televisione generalista:
poiché la composizione del pubblico televisivo muta da una fascia oraria all’altra, in
corrispondenza ai ritmi imposti dall’organizzazione del tempo sociale, le fasce orarie
sono predisposte a ospitare programmi calibrati, in quanto a costi e target di
riferimento, ai rispettivi bacini d’utenza.
Con Italia 1, che si posizione come rete mirata ad un pubblico più giovane, la
segmentazione del pubblico di riferimento avviene attraverso la qualificazione
dell’offerta e solo in seconda istanza attraverso la diversificazione delle fasce orarie.
Italia1 è quella che con più decisione segmenta il proprio target, adottando un criterio
di differenziazione anagrafica che si traduce in uno stile e in un ritmo di
programmazione potenzialmente in grado di aggregare settori di pubblico diversi per
età, ma tendenzialmente accomunati da un certo gusto televisivo. Rete a fortissima
identità d’immagine, nella cui programmazione sono stati riservati quegli elementi di
ironia e di “tendenza” interdetti a Canale 5, Italia 1 si rivolge elettivamente ai giovani,
e ai bambini in alcune fasce orarie, pur non precludendosi la possibilità di convogliare
fasce d’ascolto più ampie, che non si riconoscono nella tradizionale programmazione
generalista.
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Sebbene i programmatori Mediaset sottolineino le difficoltà che incontrano talvolta nel
“vendere” Italia 1 agli inserzionisti (a causa dell’orientamento del mercato italiano
verso responsabili d’acquisto più tradizionali ed adulti) non si può non rilevare le
potenzialità presentate da questa rete sia per l’evoluzione del linguaggio della
televisione commerciale, sia per il potenziamento dei nuovi mercati e nuovi target.
Esemplare è in questo senso il mercato dei prodotti per l’infanzia, che ha trovato nelle
strisce di programmi dedicati ai bambini da Italia 1 non soltanto il territorio favorevole
ad attualizzare potenzialità inespresse, ma anche l’incentivo alla stessa produzione
materiale. In una prospettiva di marketing, Italia 1 si direbbe posizionata per attributi e
per il tipo di consumatore, attraverso la strategia di differenziazione del prodotto e
segmentazione del mercato che caratterizza l’area intermedia tra il “marketing
indifferenziato” di Canale 5 e il “marketing di nicchia”.
Diversa appare la procedura di definizione del pubblico di Retequattro. Tale rete è stata
tradizionalmente programmata nel day time per un target femminile e nel prime time
come risultante della programmazione delle altre due reti. Perseguendo il
riposizionamento e il restyling avviati nel 2001, la rete ha differenziato poi la sua offerta
affinando a programmi tradizionali rivolti a un target femminile adulto, prodotti mirati
ad un pubblico maschile.
Il tentativo di cambiare faccia a Retequattro, programmandola come rete a target più
alto ma non più ampio, indica che la strategia dell’emittenza commerciale può talvolta
sospendere la rincorsa all’audience e al profitto immediato allo scopo di raggiungere un
effetto di attenzione da parte della stampa e del mondo politico e soprattutto in modo da
conseguire una maggiore credibilità come azienda televisiva a tutto campo.
Per quanto riguarda la questione dei rapporti tra mercato pubblicitario ed elaborazione
dei palinsesti, è importante notare che il perseguimento degli obiettivi d’immagine, non
funzionali all’incremento dell’audience, sospende ma non contraddice le logica
economica dell’emittenza commerciale, in quanto queste operazioni non escludono nel
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medio-lungo periodo un “ritorno”, valutabile anche in termini economici. E’
significativo inoltre il peso che i programmatori di Mediaset attribuiscono
all’accoglienza tributata dalla critica televisiva e dalla stampa alle diverse scelte di
programmazione.
L’immagine di rete, se riflessa dalla stampa, può costituire infatti un fattore capace di
modificare la rigidità del mercato pubblicitario. La capacità di legittimazione della
stampa acquista per l’emittenza commerciale uno spessore cruciale, in quanto elemento
che, sia pur indirettamente, interviene nella dinamica di negoziazione con il mercato
pubblicitario. E’ chiaro che questo lavoro di negoziazione si svolge ai margini di un
quadro in cui è il mercato degli investimenti pubblicitari ad imporre vincoli strutturali
nell’individuazione e nella quantificazione dei pubblico. Ed è il mercato a pronunciare
l’ultima parola, frenando o bloccando i tentativi di diversificazione dell’emittenza.
Verso un modello produttivo
Poiché la struttura organizzativa che riguarda l’elaborazione dei palinsesti delle reti
Mediaset è unica e funzionale, il processo di stesura dei palinsesti ne risulta
semplificato, sia per quanto concerne la programmazione di ciascuna rete, sia per
l’orchestrazione generale, in quanto le diverse fasi di impostazione delle griglie dei
programmi non sono disgiunte, come accade in RAI, da quelle di comparazione e di
controllo, ma si sviluppano sin dall’inizio secondo modalità integrate e di
diversificazione delle identità e degli obiettivi assegnati alle reti. La pianificazione dei
palinsesti dei tre network si raccorda quindi ai differenti tempi della produzione, degli
acquisti e della vendita degli spazi pubblicitari, in modo che la definizione delle griglie
dei programmi attraversa una successione di fasi interdipendenti, mirate a focalizzare
l’assetto ottimale di un periodo di programmazione sempre più delimitato.
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Le modificazioni intervenute nella strategia d’offerta di Mediaset, dal periodo degli
esordi sino alla fase attuale di duopolio, si riflettono sulla gestione del palinsesto, oggi
strumento di mediazione tra il modello produttivo e la messa in onda.
Alla nascita, il palinsesto di Mediaset rispondeva a un modello “distributivo”, fondato
su procedure di selezione – esposizione – packaging di programmi, in autonomia dalla
produzione: palinsesto come tecnica compositiva. Tale modello, che funziona al meglio
se abbinato ad una programmazione basata quasi esclusivamente su prodotti di fiction
seriale, da un lato esalta il potere e l’autonomia del palinsesto, dall’altro ne semplifica le
procedure di pianificazione.
Varie ragioni hanno incrinato la solidità di questo modello: l’opportunità commerciale
di caratterizzare in modo spiccato le reti mediante programmi specificatamente pensati
per i rispettivi target; il fisiologico logoramento dei serial e delle serie made in USA;
l’esigenza di rinnovare il magazzino con prodotti più vicini alla cultura del pubblico
italiano; la possibilità di espansione verso nuovi mercati; la ricerca di una diversa
legittimazione sociale e la necessità di reggere la sfida con il servizio pubblico.
Con l’incremento delle autopromozioni, il ruolo del palinsesto diviene anche
previsionale rispetto alle proprie necessità future e propositivo nei riguardi della
produzione: ne consegue l’allungamento dei tempi di elaborazione dei palinsesti,
modulati sui diversi ritmi della produzione, del mercato e della concorrenza. Ciò
comporta anche un’inversione di tendenza rispetto ai classici modelli di televisione
commerciale e un avvicinamento al modello di palinsesto a ciclo completo (che integra
le diverse fasi di ideazione – produzione – collocazione - trasmissione dei programmi).
La pianificazione a lungo termine
Le fasi di lungo e lunghissimo periodo riguardano l’impostazione delle linee portanti
della programmazione: si tratta di decidere gli investimenti da compiere e le scelte da
operare fra produzioni, acquisti ed ingaggio dei realizzatori, degli attori e dei conduttori.
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Poiché l’impostazione dei palinsesti implica importanti investimenti, la strategia di
programmazione a lungo termine deve venire concertata con la parte commerciale del
gruppo Mediaset, in funzione delle previsioni di mercato.
Gli specifici tempi di approvvigionamento delle differenti tipologie di programmi (la
programmazione viene definita, ad esempio, con molto anticipo per quanto riguarda
l’offerta cinematografica, dal momento che sono necessari due o tre anni dalla
commessa relativa a film appena usciti nelle sale sino allo sfruttamento televisivo,
mentre la fiction autoprodotta, serie e miniserie, è prevista nella programmazione con
un anticipo di circa 18 mesi) scandiscono gli stadi iniziali di pianificazione, di modo che
la scrittura dei palinsesti si attua mediante procedure di focalizzazione progressiva, via
via che si definiscono, attraverso la politica degli acquisti e della produzione, i titoli che
riempiranno i diversi spazi. Ad eccezione della programmazione estiva che non prevede
la prima visione di nessun film e che può essere definita globalmente con un anticipo di
5/6 mesi, gli schemi di palinsesto relativi alle altre tre stagioni si riempiono di titoli in
maniera graduale, in una successione di fasi differenziate in rapporto al genere e alla
modalità produttiva dei programmi.
Certe scelte di programmazione implicano il rischio di una pianificazione
eccessivamente anticipata rispetto al momento dell’emissione, e quindi più esposta
all’aleatorietà dei mutamenti di gusto del pubblico o delle modificazioni intervenienti
nella strategia d’offerta della concorrenza. Queste scelte sono cruciali per la futura
definizione della strategia di palinsesto: sia in linea generale, perché predeterminano la
configurazione dell’offerta, sia perché, a seconda della loro identità, possono favorire o
pregiudicare in maniera rilevante la capacità di adeguamento del palinsesto alle
contingenze che si presenteranno di periodo in periodo.
Il rischio di uno scollamento tra la fase progettuale e le successive sarebbe enfatizzato
se le scelte di produzione e d’acquisto non fossero guidate da un’idea di palinsesto, da
criteri di scrittura della programmazione e dal riferimento ad un contesto di rete. In
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realtà, la griglia di palinsesto, con le scansioni e le cifre di rete, costituisce lo schema di
riferimento nella pianificazione produttiva di Mediaset. Ci vorrà ancora del tempo
perché lo schema sia definito, ma sin da questa fase i progetti rispondono ad una logica
di stesura dei palinsesti e non soltanto alla generica esigenza di immagazzinamento di
materiali.
Le fasi di selezione e di predisposizione dei programmi hanno come elementi di
riferimento la specificità di ciascuna rete e l’organizzazione temporale del palinsesto,
articolata secondo i moduli: il day time nei primi 5/6 giorni della settimana è
organizzato in strisce orizzontali a frequenza quotidiana; la possibilità di questa
frequenza è contemplata anche per la programmazione di tarda serata. I programmi di
prime time hanno cadenze settimanali. La programmazione dei giorni feriali è distinta
da quella del week end e la programmazione estiva è distinta da quella delle altre
stagioni. Le produzioni sono progettate in riferimento a una determinata fascia e per un
determinata rete, in funzione della calibratura che ne è stata operata, dell’immagine che
le è costruita, dal target che le si è assegnato, secondo una logica di posizionamento
commerciale.
A monte c’è dunque una stratega commerciale che prova a tradursi in linea editoriale; a
valle, un giudizio di appropriatezza tra un programma da produrre e rete che dovrà
ospitarlo. Oltre al rapporto esistente tra i programmi e la rete deputata ad ospitarli, esiste
un secondo tipo di nesso tra programmi e palinsesti: quello relativo alle fasce orarie. La
strutturazione impressa alla griglia in senso orizzontale e in senso verticale e il diverso
peso di mercato delle fasce orarie impone che i programmi debbano avere caratteristiche
di costi e di formato adeguate alla loro collocazione. I programmi prodotti da Mediaset
per le fasce del day time sono formulati in funzione del tempo di emissione e della
lunghissima permanenza in palinsesto. Ciò implica la ricerca di formule di programmi
orientate ai bacini d’utenza delle diverse fasce, ma anche la definizione del minutaggio
complessivo di ciascun prodotto. La tendenza a rendere fissa la programmazione diurna
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è assecondata in Retequattro e in Italia 1 mediante prodotti d’acquisto, selezionati in
funzione del target assegnato a ciascuna rete (soap opera e telefilm per la prima, sit com
e cartoon per la seconda). Per Canale 5 sono invece progettate le produzioni di
intrattenimento leggero, i quiz e i giochi mirati a diverse fasce d’ascolto, che consentono
alla rete leader di costruire la propria riconoscibilità e di istituire con il pubblico un
rapporto diretto e vivace.
Per quanto riguarda il prime time, la pianificazione a lungo termine consiste nel
predisporre la disponibilità di programmi adeguati ai pubblici di riferimento delle
diverse reti; onde evitare dispersioni di audience, la durata dei programmi serali,
comprensiva la pubblicità, dovrebbe tendenzialmente protrarsi il più a lungo possibile
entro i confini della fascia oraria, ma il raggiungimento di questo obiettivo presenta
difficoltà in rapporto ai formati dei programmi che si iniziano a definire in questa fase
di elaborazione del palinsesto. Il film, già conformato in una taglia piuttosto estesa, è in
questo senso un prodotto perfetto, così come possono diventarlo il quiz o altre
produzioni da studio; maggiori difficoltà si incontrano invece con le produzioni di
fiction che tradizionalmente sono concepite in formati più ridotti.
Per la stesura del palinsesto l’estensione del prime time fino alle 23 comporta una
maggiore difficoltà di selezione dei programmi e di composizione della serata: proprio
per mitigare tali difficoltà si tende a modificare la dimensione di formati
tradizionalmente consolidati definendone i parametri contestualmente al progetto di
produzione, quindi in una fase ancora embrionale di scrittura del palinsesto.
L’impostazione delle strategie: il palinsesto stagionale
Quando viene consegnato alla forza vendita perché lo sottoponga agli investitori
pubblicitari, il palinsesto stagionale delle reti Mediaset è formulato in una redazione
pressoché definitiva, articolato quasi interamente per titoli e non solo per generi.
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E’ bene notare che questo tipo di programmazione supera l’ambito del trimestre cui si
riferisce il singolo palinsesto stagionale: la caratterizzazione del day time e
l’abbinamento tra le fasce orarie di ciascuna rete e i relativi generi di programmi
riguarda l’intero periodo che va da ottobre a maggio compresi.
La possibilità che un certo titolo permanga in palinsesto per più stagioni è condizionata
dal genere di appartenenza del programma.
Se si tratta di un telefilm, a decidere la durata della permanenza è la disponibilità di un
numero di episodi sufficiente a coprire l’intero arco dei tre trimestri. Qualora tale
disponibilità sia limitata a periodi più ridotti, le scelte possono essere di due tipi: o
replicare il ciclo daccapo o iniziare la programmazione di una nuova serie. In
quest’ultimo caso, la selezione del telefilm subentrante è compiuta dal responsabile
palinsesto sempre con un criterio di omogeneità con la tipologia del telefilm in uscita,
nell’ambito delle diverse categorie della fiction seriale: le soap opera costituiscono il
repertorio di Retequattro, mentre la fantasy e le sit-com sono le tipologie destinate ad
Italia 1.
Se invece la striscia orizzontale è coperta da programmi autoprodotti, come i quiz che
occupano quasi per intero il day time di Canale 5, lo stesso titolo sarà abbinato ad un
certo orario per tre stagioni consecutive, dal momento che il modulo di produzione-
trasmissione prevede all’incirca 200 puntate. Ciò significa che per il day time il
palinsesto è strutturato con estrema rigidità, resa ancora più inflessibile dal meccanismo
di vendita degli spazi. Per il day time gli aggiustamenti rispetto alle decisioni iniziali
sono molto rischiosi. Se per esempio si decide di fare una striscia alle 18, si deve
comunque partire con un piano di almeno 200 puntate: se ne vendono 200
all’inserzionista, si fanno contratti sul piano di 200 puntate, si fanno piani di
produzione sugli studi per 200 e se va bene non ci sono problemi, se va male invece, si
rischia, perché ci si trova di fronte al problema di doverlo sospendere senza avere
pronta nessuna sostituzione adeguata, andando incontro alle delusioni degli investitori
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pubblicitari. Nella realtà però, questo non si verifica, perché le stagioni sono
abbastanza prevedibili (Direttore Programmi).
Dalle risposte dell’audience la stesura del palinsesto del day time trae indicazioni per le
scelte da attuare di anno in anno: ciò che funziona non si cambia. Per il day time la
stesura del palinsesto è agevolata dal fatto di conoscere con sicurezza la
programmazione della concorrenza, da quando anche la RAI ha adottato il modulo
orizzontale per gran parte delle fasce orarie, replicando di anno in anno i formati dei
relativi programmi senza apportarvi modificazioni sostanziali. Ciò consente di
predisporre l’offerta sulle tre reti, mirando stabilmente ai target indicati dagli
investimenti pubblicitari.
Il trascinamento orizzontale (da un giorno all’altro nello stesso orario di trasmissione) e
quello verticale (il traino che ogni programma compie potenzialmente sul precedente e
sul successivo) sono i principi ispiratori della configurazione dell’offerta: più attendibile
il primo di quanto non possa esserlo il secondo, condizionato dal ricambio naturale dei
pubblici da una fascia all’altra della giornata.
Secondo le regole che derivano dall’adesione ai ritmi di consumo connessi
all’organizzazione del tempo sociale, cui si lega il flusso televisivo, la programmazione
del day time definisce, insieme ad estese zone dei palinsesti stagionali, la stessa
fisionomia delle reti.
In questa fase di elaborazione del palinsesto, il prime time presenta un minor grado di
definizione rispetto alle fasce diurne: minore poiché molti titoli attendono di essere
assegnati ad una data, ma precisa per quanto riguarda l’abbinamento dei generi ai
diversi giorni della settimana ed il repertorio dei programmi che saranno trasmessi nella
stagione.
La programmazione serale deve essere prevista con buon anticipo, dai quattro ai sei
mesi dall’emissione. Le fasi successive, quelle a ridosso dell’emissione, consentiranno
gli aggiustamenti tattici più opportuni rispetto all’offerta della concorrenza, ma la
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strategia di palinsesto dell’emittenza commerciale è già completamente delineata in tale
fase di elaborazione.
La ripartizione dei programmi disponibili in magazzino tra le diverse stagioni e la
stesura integrata dei palinsesti delle tre reti costituiscono le operazioni salienti della
strategia che si esplica nel palinsesto stagionale. La prima operazione si esplica tenendo
conto dei trend di ascolto stagionali, delle previsioni sul comportamento della
concorrenza, degli orientamenti del mercato pubblicitario e della disponibilità di
magazzino. La ripartizione dei programmi di prime time nell’arco delle stagioni sembra
essere la procedura affrontata con maggiore sicurezza in maniera omologa tra Rai e
Mediaset. La pianificazione del palinsesto stagionale è attuata secondo un criterio
inerente i risultati da raggiungere in base all’analisi della condizione del mercato e della
disponibilità di magazzino. Inoltre, l’autunno e l’inverno sono le stagioni privilegiate, in
cui la concorrenza è più aspra e in cui si lanciano i film in prima visione, mentre l’estate
rappresenta una stagione di scarso interesse, a causa della riduzione dell’audience, in
cui la programmazione si fa meno costosa: un palinsesto pieno di prime visioni è infatti
estremamente caro, mentre un palinsesto come quello estivo, che ha un’offerta
cinematografica costituita da repliche a costo zero, è di tutto risparmio.
Una volta che a ciascuna stagione sono stati assegnati i pacchetti di programmi, inizia la
fase cruciale di scrittura del palinsesto. Il criterio della calibratura e della vocazione
definite sinergicamente e singolarmente per le tre reti costituisce la base di partenza.
L’organizzazione dei programmi nei palinsesti stagionali viene attuata secondo una
logica di controprogrammazione11 rispetto all’offerta RAI.
La disposizione dei programmi è congegnata in modo che Canale 5 sia messa in grado
di contrastare la programmazione di Rai 1 e che le altre due reti agiscano invece come
11 Tale vocabolo, come già affermato, non ha sempre il preciso significato del termine americano (quello cioè di un modo di programmare che mira a raggiungere un pubblico non interessato al programma della concorrenza), anzi esso viene adottato nell’accezione opposta, indicando un modo di programmare mirato ad erodere lo stesso pubblico della concorrenza.
213
forze complementari (in modo da mirare alla massimizzazione degli ascolti, mediante la
proposta sera per sera, di un’offerta diversificata rispetto a quella della rete leader). Si
favorisce così la sinergia tra le reti, prevedendo programmazioni che, coprano
simultaneamente l’arco dei target prescelti. Contemporaneamente però l’attenzione è
rivolta agli schemi di palinsesto della concorrenza, per quanto possano esser previsti
anticipatamente. E’ la formula specifica in cui il genere viene declinato che individua il
target; pertanto le zone di palinsesto che Canale 5 nel palinsesto stagionale ricalca sul
modello classico di Rai 1 sono occupate da programmi che per impegno produttivo o
cast di attori possono esser presentate agli investitori pubblicitari come competitive. Il
contrapporre all’offerta della concorrenza i suoi stessi generi è un’ulteriore prova di
sfida che non può che enfatizzare l’immagine forte che Canale 5 si è costruita nel
tempo.
Per quanto riguarda l’attribuzione di spazi serali ai film, bisogna rilevare che
quest’ultimo non sembra subire le oscillazioni delle mode o le obsolescenze che in
questo decennio hanno interessato altri generi televisivi. Il film costituisce la risorsa
primaria di ogni palinsesto e spesso l’elemento più gradito.
I programmatori affermano di voler evitare l’assegnazione contemporanea di tre film
alle tre reti, perché è una scelta che non paga: meglio avere ogni sera un film o una
serata di produzione, ma non sempre questo è possibile. Quando il palinsesto stagionale
configura una serata tutta cinematografica, si dà per scontato che nel breve termine la
selezione verrà compiuta coerentemente con la strategia integrata di diversificazione dei
target e dell’identità di rete. A ciascuna rete, infatti, sono state assegnate specifiche
“affinità elettive” verso particolari tipologie cinematografiche: ad esempio, i film
italiani, nuovi e di prima visione sono di Canale 5, mentre i grandi film di Hollywood
sono di Retequattro. Una serata Mediaset programmata con tre film è quindi non meno
diversificata di una serata con tre differenti proposte di genere: si presuppone infatti che
214
più che scegliere il genere, il film o la produzione, il pubblico sceglie il tipo di
spettacolo.
Inoltre, bisogna notare che il film costituisce lo strumento più adatto a consentire le
“mosse situate” dell’ultimo momento (sempre che si disponga di un magazzino ben
fornito). Non è un caso che in alcune serate instabili della RAI la griglia di Canale 5
abbia previsto un film, in modo che fosse possibile al momento opportuno selezionarne
il tipo. Per mitigare il peso delle controindicazioni al film sono stati messi in opera
specifici dispositivi di composizione del palinsesto: l’inserimento dei film in un ciclo
che favorisce un effetto di serializzazione e quindi di maggior riconoscibilità e di
induzione di attese ed abitudini al consumo; l’abbinamento del film a un programma di
informazione e dibattito, che attualizza il film, inscrivendolo all’interno del “discorso
televisivo” dell’emittente.
Per quanto riguarda invece la programmazione di tarda serata (quella che va dalle 23
alle 2 di notte), la tendenza a modularla come striscia orizzontale fa sì che nel palinsesto
stagionale questa zona della griglia sia in gran parte esattamente definita per titoli: è
questa la scelta ormai stabilizzata per Canale 5 con il Maurizio Costanzo Show, la cui
permanenza in palinsesto osserva lo stesso lunghissimo modulo del day time. La
programmazione di tale fascia ha acquisito rilievo nella costruzione dei palinsesti e
nell’interesse del mercato pubblicitario. Se cala la quota di pubblico potenzialmente
raggiungibile, può infatti agevolmente aumentare lo share, in virtù di una
programmazione che con la sua cadenza quotidiana e con la qualità delle formule
adottate favorisce l’effetto-appuntamento e un ascolto più motivato e stabile di quello
tipico del prime time.
215
Aggiustamenti tattici: dal palinsesto mensile alla scaletta settimanale
Con il palinsesto stagionale le linee strategiche della programmazione sono già state
impostate. Le successive redazioni della griglia riguardano le mosse tattiche, attuate con
i programmi che sono già acquisiti.
La fase di aggiustamento ha i suoi punti fermi nella composizione del palinsesto e nella
messa a punto della scaletta settimanale. Il primo è finalizzato a fornire ai settimanali
informazioni sulla programmazione di un mese; la seconda, chiusa dai quindici ai venti
giorni prima dell’emissione, è da considerare in linea generale rigida, definitiva ed
operativa.
Con la scaletta settimanale il processo di focalizzazione del palinsesto giunge al suo
ultimo stadio formale. Il pacchetto di programmi che nelle fasi precedenti si è deciso di
attribuire a un determinato periodo viene gradualmente smistato, in modo da far fronte
alla concorrenza; nel caso della RAI, le variazioni apportate dall’ultima redazione
rispetto alle precedenti sono determinate dall’irruzione dell’attualità nel palinsesto e
solo in secondo luogo da motivi di controprogrammazione.; per Mediaset, invece, i
margini di flessibilità consentiti alla scaletta settimanale hanno come uniche variabili
l’offerta delle reti pubbliche e l’andamento degli ascolti.
Con la chiusura della settimana si decide tatticamente con prodotti che sono già
acquisiti: si decide cosa si vuole ottenere, si considera ciò che fa la concorrenza e si
stabilisce se si vuole vincere o perdere (Direttore programmi).
E’ chiaro che per i programmatori voler perdere significa soltanto perdere con il minor
danno possibile, evitando lo spreco di programmi in una situazione che si delinea già
vinta dalla concorrenza. Questo accade quando la RAI trasmette i classici programmi-
evento, come il Festival di Sanremo, ai quali sarebbe suicida contrapporre i film più
costosi, ma anche la trasmissione di partite di calcio particolarmente importanti. Quando
si verifica quest’ultimo caso, di cui talvolta si ha notizia dopo la chiusura della scaletta
216
settimanale, non si esita ad operare una sostituzione in tono minore, magari informando
soltanto all’ultimo minuto il pubblico.
La scaletta settimanale si imposta comunque per vincere; la sua definizione consente
nell’attribuire i titoli mancanti alle collocazioni non ripetitive del prime time: ai film,
alle produzioni di fiction drammatica e agli specials; I programmi seriali (quelli che
compongono le strisce orizzontali e quelli del prime time a cadenza settimanale, dal quiz
al varietà, dai serial sino alle rubriche), per la loro stabilità di permanenza nel palinsesto
sono già stati precedentemente definiti e non subiscono variazioni.
Anche qualora si verificassero per i programmi di questa classe ascolti inferiori alle
previsioni, la decisione di sospenderli è subordinata a diversi fattori: relativamente ai
programmi del day time e ai meccanismi di vendita degli spazi pubblicitari.
Relativamente ai programmi del prime time, invece, più forte appare la
controindicazione di ordine produttivo-programmativo. Poiché l’emittente commerciale
si è dotata di un forte apparato di produzione di instant-programs, il vuoto provocato da
un programma seriale potrebbe essere colmato velocemente soltanto con film adeguati
al prime time, particolarmente costosi e di non illimitata disponibilità, oltre che non
proponibili per ulteriori collocazioni serali stabili senza modificare l’immagine di rete.
La decisione di sospendere un programma previsto per una lunga permanenza in
palinsesto è confinata a casi eccezionali, per i quali si prendono decisioni immediate,
non pianificabili nelle redazioni di palinsesto. Le forze di manovra del palinsesto
settimanale sono i film: essi consentono aggiustamenti tattici, sia in base alla
programmazione della concorrenza, sia in base alla valutazione dei trend d’ascolto del
periodo che precede la settimana di cui si sta compilando al scaletta.
L’ipotesi di modificare una collocazione, sostituendo ad esempio un programma seriale
del prime time con un film non è mai presa in considerazione per una settimana
specifica; tuttalpiù, se si comprende che un certo programma seriale potrebbe
217
conseguire risultati migliori con un’altra collocazione, si rende stabile la modifica, una
volta attuata.
La scrittura del palinsesto risulta caratterizzata dalla continua ricerca di un equilibrio,
fra la tendenza alla stabilità delle collocazioni e la previsione della flessibilità da
esercitare in modo situato.
Se i modi in cui si esplica la flessibilità consentita dalla scaletta settimanale, mediante la
selezione dei film, trovano nella concorrenza il termine di confronto, sono tuttavia
condizionati a l’immagine di ciascuna rete, in quanto i prodotti devono esser giudicati
congrui al target prefissato. Per enfatizzare l’appropriatezza del film al target della rete,
lo strumento della self-promotion è essenziale. Alla chiusura della scaletta settimanale
corrisponde l’apertura della produzione della campagna promozionale sulla singola
settimana. Quando anche i promo sono pronti, circa una settimana prima della messa in
onda, una struttura tecnica si incarica della preregistrazione dell’intera programmazione,
impaginata a cura dell’ufficio addetto al palinsesto, per inviarla alle emittenti che la
diffonderanno su tutto il territorio.
Le ultime mosse
Talora le mosse della concorrenza sono tali da indurre i programmatori di Mediaset a
valutare l’opportunità di modificare le decisioni prese, allo scopo di attuare una
controprogrammazione ad hoc, anche se rimane necessario tener conto dei vincoli che
legano al mercato pubblicitario.
Soltanto se gli accordi presi con gli inserzionisti lo consentono e se si ritiene di disporre
di prodotti “giusti” in magazzino, allora bisogna decidere che vale la pena di superare
anche la controindicazione tecnica costituita dall’aver già piazzato i programmi e dal
non poter più fare in tempo ad arrivare sui settimanali.
218
Sino a 10 giorni prima della messa in onda si può confidare nella possibilità di produrre
una campagna promozionale, la cui crucialità è enfatizzata dall’essere rimasta lo
strumento più potente per informare il pubblico.
Anche nella controprogrammazione dell’ultimo momento, il criterio della specificità
dell’immagine di ciascuna rete continua ad essere operante. Ciò significa che le
modificazioni possono cercare di alzare il tono di una serata o magari mutare i rapporti
di calibratura fra le reti, ma non di tradirne la vocazione che per ciascuna di esse è stata
costruita nel tempo.
Per un cambio di titoli attuato in tempi ancora più stretti, resta invece solo
l’informazione sui quotidiani, attuata acquistando ulteriori spazi, ma per giungere a
quest’ultima risoluzione, la situazione deve avere caratteri di particolare gravità per le
sorti dei networks.
La self-promotion
Alla promozione si attribuisce il compito di esplicitare l’appropriatezza dei programmi
alla linea editoriale di ciascuna rete e di orientare il pubblico nei casi di variazione
dell’ultimo momento.
I promoters delle tre reti dipendono dalla Direzione del palinsesto e da questa ricevono
gli input necessari alla realizzazione dei promo. Già in occasione dei palinsesti
stagionali, i promoters vengono convocati dalla Direzione del palinsesto allo scopo di
essere istruiti sulle linee di politica di programmazione e sulle strategie editoriali decise
per ciascuna rete. In questa sede si impartiscono anche le direttive generali sulla
filosofia della self-promotion e sui criteri operativi cui attenersi nella scelta delle
immagini e del tono dei promo, in connessione con le politiche di immagine aziendale.
A ogni inizio di stagione, ai promoters di ciascuna rete viene di solito assegnata la
responsabilità della campagna trimestrale relativa a un programma seriale o a un ciclo di
film. Inoltre, in coincidenza della chiusura della scaletta settimanale, al promoter
219
prescelto sono forniti gli elementi di conoscenza sul prodotto da promuovere e sugli
obiettivi dei programmatori, perché sappia che il programma che promuove è
programmato contro un altro programma della concorrenza, che ha determinati
obiettivi, che bisogna raggiungere un determinato pubblico, che magari non è
immediatamente di quel programma, ma che con un certo taglio del promo lo si può
raggiungere (Responsabile palinsesto).
Per ciascun film, ad esempio, viene fornita al promoter una scheda informativa che,
oltre ai dati relativi alla trama o al regista, specifica: il giorno e l’ora di emissione; gli
obiettivi di audience e target che si intendono conseguire; il numero e la tipologia di
versioni di promo da produrre e l’identità di un eventuale sponsor del programma.
L’insieme di tali notizie orienta la selezione delle scene del film, in modo strumentale
agli obiettivi della programmazione. In particolare va notata la prassi della
“targettizzazione” del promo, nelle due diverse valenze in cui è usata: può trattarsi
infatti del tentativo di “riscrittura”, o costruzione di un nuovo frame per un film che è
almeno al secondo passaggio. Si cerca quindi di cambiargli i connotati, per poterlo
presentare come congruente alla linea editoriale e quindi al pubblico elettivo della rete
emittente. Oppure, può trattarsi del tentativo di convogliare su un film pubblici diversi:
il promoter dovrà produrre versioni diversificate di promo, corrispondenti ai vari target
da raggiungere. Per lo stesso film è possibile selezionare le scene o ricorrere agli effetti
speciali, per poi trasmettere ciascuna versione nell’orario e nel contesto di rete in cui più
facile è trovare il target corrispondente.
Le modalità di programmazione dei promo si incaricano quindi di potenziare
l’impostazione sinergica dei palinsesti Mediaset. Pur in assenza di precisi riscontri circa
l’influenza della promozione sul consumo televisivo, i programmatori le attribuiscono
enorme importanza: quando si vede, ad esempio, che nei suoi primi 10 minuti un brutto
programma ha un ascolto molto più alto di come poi prosegue, allora vuol dire che la
220
gente era incuriosita dalla campagna di promozione e questo dà una misura dei
risultati dello sforzo compiuto (Responsabile palinsesto).
Interruzioni fuori programma
La sospensione di un programma destinato a occupare il palinsesto per un certo numero
di settimane è un evento che si verifica con un certo clamore, perché sospendere
bruscamente programmi previsti per più settimane è sì prova di flessibilità, ma anche di
ammissione lampante, davanti al mercato pubblicitario, alla stampa e al pubblico, di un
insuccesso, cioè di un guasto nei meccanismi previsionali. Esporsi a questa prova
negativa d’immagine viene considerata tuttavia un male minore rispetto al perseverare
in una programmazione sbagliata.
Una scelta di questo genere si giustifica dunque solo in circostanze estreme, ad esempio
in caso di drastico calo degli ascolti o di eccessiva trasgressione, poiché provocano
danni di immagine all’azienda.
Inoltre, a differenza della RAI, nonché dei network statunitensi, Mediaset ha una fiducia
incondizionata nel proprio intuito e relativa sfiducia in ricerche che possono invece
prevedere il gradimento di un programma, ma non lo share che potrà raggiungere.
La ricerca
I programmatori Mediaset, pur non nutrendo eccessiva fiducia nella ricerca qualitativa,
non si privano del tutto delle indicazioni che le indagini sul pubblico e sull’accoglienza
dei programmi possono fornire per la costruzione del palinsesto.
Esistono stretti rapporti tra i responsabili della programmazione ed il settore
commerciale, il cui Ufficio Ricerche ha funzionato, sino alla fine dell’88, quando è stata
istituita la struttura “marketing di palinsesto”, come Ufficio Studi al servizio delle reti.
Tramite l’Ufficio Ricerche, che invia quotidianamente ai settori addetti alla
programmazione i report sugli ascolti, i programmatori hanno la possibilità di leggere
221
qualitativamente i dati quantitativi. Ciò significa conoscere capillarmente la
composizione dell’audience di un programma e verificare se corrisponde al target
prescelto dal mercato pubblicitario.
Un’altra modalità di lettura qualitativa dei dati quantitativi riguarda le curve di ascolto
di singoli programmi, che consentono di modificare la struttura dei programmi nei punti
che si rivelano più deboli.
I rari tentativi di indagine qualitativa con interviste e questionari sono stati invece
accolti con perplessità: viene infatti giudicata scarsamente indicativa una ricerca che
prevede il gradimento di un determinato programma, in quanto non può fornire
indicazioni sul comportamento effettivo del pubblico, che al momento del consumo sarà
chiamato a scegliere tra quel programma e quelli proposti dalla concorrenza.
L’istituzione di un Ufficio di Marketing del Palinsesto formalizza la funzione
precedentemente svolta dal Marketing di Publitalia e garantisce una maggiore aderenza
alle esigenze della programmazione televisiva. La domanda di conoscenza del
Palinsesto riguarda la possibilità di individuare con la maggior precisione possibile la
composizione dei target di specifici programmi, ma raramente i dati aggiungono
qualcosa in più rispetto a quello che l’esperienza ha già insegnato (Direttore
programmi).
222
CAPITOLO QUARTO
IL MARKETING, LE STRATEGIE E LE RICERCHE
1. Introduzione: il patto comunicativo fra la Tv e gli spettatori
La televisione cerca di incontrare il suo pubblico in diversi modi. Si è detto “incontrare”
e non “accondiscendere” o “accontentare”, in quanto ciò che è in gioco non è la mera
adeguazione ai gusti del telespettatore, ma la capacità di definire un terreno su cui
l’azione dell’emittente possa incrociare quella del ricevente, l’offerta di programmi
possa commisurarsi con una domanda e una proposta possa confrontarsi con un’attesa.
In altre parole, ciò che è in gioco è la possibilità di costruire un punto di convergenza
(Casetti F., 1988).
Per sottolineare la peculiarità di un simile punto d’incontro, si è convenuto di designarlo
con il nome di patto comunicativo: si tratta di quell’accordo di fondo grazie a cui
emittente e recettore riconoscono di comunicare e di farlo per delle ragioni
fondamentalmente condivise.
Questo patto va inquadrato nell’ambito televisivo, nella capacità della Tv di trasmettere
dei contenuti e di costruire dei rapporti sociali. Di fronte al video il telespettatore è
sollecitato a riconoscere i personaggi, ma ancor di più, è spinto a comprendere le
intenzioni che animano i programmi che li caratterizzano e le finalità che li sostengono.
In secondo luogo questo patto, riferito alla televisione, sembra assomigliare ad un
dikatat e cioè ad un disegno imposto da una delle due parti a scapito dell’altra. Tuttavia
dentro e fuori i programmi la presenza del pubblico non manca: il feed back è continuo
223
e soprattutto è evidente la preoccupazione dell’emittente di tener conto dei desideri del
recettore.
In terzo luogo questo patto costituisce un rapporto puramente simulato che viene
costantemente riproposto sullo schermo, ad esempio tra il conduttore ed il pubblico in
studio o tra il presentatore ed il suo ospite.
In quarto luogo questo patto non va pensato come qualcosa di definito: in televisione
c’è sempre lo spazio per un riaggiustamento o per una ristrutturazione; del resto un
accordo è sempre il frutto di una più o meno lunga negoziazione.
In conclusione, tutti i rituali comunicativi, anziché perdite di tempo, si rivelano in
televisione delle mosse cruciali, delle strategie e delle importantissime tattiche, messe in
atto dal marketing e dalla comunicazione, per costruire, mantenere ed incanalare il
rapporto fondamentale con il pubblico.
224
2. Le tendenze emergenti nella Neotelevisione
La nascita della neotelevisione ha evidenziato alcuni snodi essenziali, in particolare per
quanto riguarda l’audience. Essa, da entità direttamente raggiungibile è diventata
terreno di conquista: il pubblico va infatti guadagnato, cercato, sedotto e preso. Poco
importa che gli spettatori vengano catturati per poi essere venduti ai pubblicitari. La
necessità di un incontro passa in primo piano, in quanto diviene essenziale costruire un
buon rapporto fra lo spettatore e un programma o una rete (Casetti F., 1988).
Inoltre, il pubblico non è più definibile univocamente: anche a causa
dell’intensificazione dell’offerta, i suoi atteggiamenti e i suoi comportamenti si spostano
con rapidità; così come le categorie di appartenenza non costituiscono più un
riferimento sicuro. Se il video rischia di non sapere più bene per chi è acceso, lo
spettatore rischia di non saper più bene che cosa si vuole da lui. Ciò vale soprattutto là
dove al bisogno di una massimizzazione dell’ascolto, si aggiunge il bisogno di una
specializzazione: il profilo dello spettatore cui ci si rivolge è sempre qualcosa di
affermato ed insieme sfuggente. La perdita dei parametri fissi si rispecchia
nell’affermarsi di un palinsesto composito, strutturato sui “contenitori”: ciò che trionfa è
quindi il “flusso”, in cui viene dato di tutto un po’, tanto per non sbagliare.
Parallelamente il bisogno di registrare continuamente il rapporto tra il video e spettatore
si rispecchia nell’affermazione di figure come quelle del conduttore: vero e proprio
padrone del “flusso”, egli ha la funzione di precisare ciò che sta passando e a chi è
espressamente dedicato.
Inoltre la Neotelevisione mobilita anche altri fatti: ad esempio sostituisce alla ricerca di
un consenso la ricerca di una disponibilità al consumo o all’equilibrio dell’offerta delle
accelerazioni e degli ingorghi.
225
Un’altra particolarità della Neotelevisione riguarda i procedimenti di autopromozione
messi in opera dai diversi broadcaster per garantirsi, nell’attuale regime concorrenziale,
la massima quantità possibile di audience. Il sintomo più evidente di tale realtà è il
moltiplicarsi all’interno del “flusso” di occasioni di richiamo e accaparramento dello
spettatore: dai promo di ogni forma e dimensione ai richiami delle voci off in coda ai
programmi, dai prossimamente alle citazioni da una trasmissione all’altra, la televisione
non risparmia mezzi per mettere in atto un elogio a se stessa. Proprio la massiccia
presenza di tali fenomeni autopromozionali finisce d’altra parte per condizionare il
rapporto tra la televisione e il suo pubblico, caratterizzandolo come un rapporto di
persuasione e seduzione.
Anche le vendite in diretta e i programmi promozionali si prestano ad esibire con
chiarezza quei meccanismi di richiamo sempre un po’ chiassoso e di coinvolgimento
sempre un po’ forzato che sottostanno ai programmi di autopromozione messi in atto
dalle reti principali. Vi si vendono creme, caminetti, pentole o pellicce, e non
programmi a venire: ma i meccanismi sono gli stessi; se l’alibi della vecchia televisione
era la cultura, il rimosso della neotelevisione è il commercio.
La messa a fuoco del funzionamento della Neotelevisione ha consentito di avanzare
alcune osservazioni. La prima riguarda l’ipotesi di una televisione come semplice
fornitrice di beni. Un servizio pubblico dovrebbe concentrarsi sulla diffusione di
informazioni e consentire alle varie voci del sociale di farsi sentire: se ciò significa il
ritorno ad un’idea di televisione come “canale neutro” e come “megafono”, la strada
sembra preclusa. La televisione non trasmette più: costruisce o tenta di costruire delle
interazioni. Il servizio consiste nel far sì che il pubblico si senta interlocutore, nel
coinvolgerlo in quanto viene trasmesso e nell’immetterlo in una situazione di
convivialità. Il video comporta un lavoro di aggregazione sociale che si pone in linea
con le attuali tendenze della comunicazione (si pensi alla figura del P.R., il cui compito
è di far sentire il cliente non un target, ma un interlocutore).
226
La seconda osservazione riguarda la già menzionata figura del conduttore, il quale
costituisce l’incarnazione dei meccanismi della mediazione. Il conduttore rappresenta il
broadcaster: in qualche caso coincide con la filosofia o con l’etichetta di chi emette.
Egli è anche il rappresentante delle ragioni del pubblico: non solo perché non raccoglie
direttamente le richieste, ma anche perché si fa garante che queste vengano esaudite. Le
principali tendenze che si riscontrano nella figura del conduttore sono due: egli può
infatti assumere la “maschera neutra” in cui ciascuno può vedersi (Pippo Baudo, Mike
Bongiorno, che corredano la loro capacità di essere “opachi” con la capacità di
assumersi una regia rispetto alle presenze altrui) o divenire “macchietta” cui ci si affida
proprio perché non ci si identifica con essa (Funari, Wanna Marchi e tutti i personaggi
cardine delle televisioni minori, che hanno solo la possibilità di esagerare). Qualcuno
suggerisce un ridimensionamento della figura del conduttore; in realtà, il suggerimento
è molto spesso finalizzato alla sostituzione delle “maschere neutre” con le “macchiette”,
che certamente animano il panorama, ma che chiamate a ruoli comunicativi sono poi
costrette a ridursi a loro volta a guest-star.
Il terzo spunto riguarda i destini del “programma contenitore”. La formula non fa altro
che tradurre un dato di fatto, e cioè la trasformazione della programmazione televisiva
in una sorta di flusso generalizzato, in cui il passaggio da un segmento all’altro è poco
marcato (le voci che sulla coda di un film annunciano l’arrivo di un altro programma o il
giornalista del Tg che prima di chiudere ricorda come continuerà la serata). In questo
senso oggi il “programma contenitore” come genere specifico può scomparire perché
tutta la programmazione televisiva è ormai un gigantesco contenitore. Bisogna anche
sottolineare che il contenitore ha conosciuto due forme distinte: o l’accostamento di
brani disparati, uniti solo dalla presenza di un conduttore o la messa in atto di un quadro
di interazione permanente che si impone sui diversi contenuti via via messi in gioco (il
“salotto televisivo” realizza questa formula). Oggi è la prima idea di contenitore, più
227
meccanica, ad essere in crisi, mentre la seconda, proprio perché valorizza l’interazione,
appare ancora forte.
La quarta osservazione investe il problema dell’attuale concorrenza fra la RAI e
Mediaset. Ad esempio la RAI valorizza sempre di più la sua presenza come elemento
costante nel panorama nazionale: essa si qualifica rispetto ai telespettatori come “amica
da sempre”, mentre il network privato valorizza sempre più la sua capacità di soddisfare
ogni esigenza del momento, o la sua capacità di coprire ogni istante della giornata: esso
si presenta come “amico di sempre”. Inoltre, dal punto di vista della strategia
autopromozionale, la divaricazione appare più netta: l’emittente di Stato sembra
preferire figure forti di broadcaster-destinatore, che si pongono come punti di
orientamento e di riferimento delle strategie messe in atto. Di qui, nei promo, l’impiego
di testimonianze che vedono in scena rappresentanti dell’emittente, di racconti che
richiamano la natura di “azienda” della RAI, di attese non avventurose, ma per così dire
tranquille. Le reti private, al contrario, sembrano operare un indebolimento della figura
del broadcaster: protagonista della promozione diviene il flusso stesso, e l’unico merito
dell’emittente sembra quello di aprire un canale dei espressione a chi è capace di
manifestare da sé i propri meriti. Ne deriva, nei promo, l’impiego di racconti centrati
piuttosto sul consumo, di testimonianze affidate a voci di supposti spettatori; di attese
rilanciate in continuazione ed intrecciate caoticamente; così come ne deriva la
definizione delle figure in video quali esempi di “uomini di successo” piuttosto che
come “portaparola istituzionali”.
228
3. Il marketing della comunicazione
Nel paragrafo primo di questo capitolo si è accennato al fatto che la televisione
stabilisce con i telespettatori una sorta di patto comunicativo, il quale si serve di mosse
e strategie per costruire un rapporto di fiducia con il pubblico. Di conseguenza, viene
spontaneo chiedersi come funziona il marketing quando si considerano prodotti che
hanno a che fare con la comunicazione.
La comunicazione va concepita come un processo che deve seguire determinate regole e
come prodotto comunicazionale: per essere “venduto” al suo pubblico ha bisogno di
pianificazione (Passerini W., Tomatis A., 1992).
E’ necessario appropriarsi di un modello che, pur essendo specifico per ogni tipo di
impresa, deve essere composto da alcuni elementi di base. “Quali sono dunque i fattori
più importanti da considerare per il nostro modello di base?”, si domanda David
Bernstein, uno dei maggiori esperti internazionali di comunicazione. “La
comunicazione è: Chi dice, Che cosa, a Chi, attraverso Quale Canale e con Quali Effetti.
E’ un’attività complessa, dinamica e continua, dove ci sono molti viaggi di andata e
ritorno”. E conclude: “Lo scambio di messaggi formali e informali è continuo, la
comunicazione è dinamica, essa cambia la conoscenza dei partecipanti ed influenza le
relazioni tra loro. Dunque, ogni modello di comunicazione completo deve tenere conto
dei seguenti elementi: pensieri e impressioni, personalità-identità-immagine, emittente-
codificatore-decodificatore-ricevente, messaggi formali ed informali e loro interazioni,
interferenze, feedback, aspetto dinamico ovvero scambi ripetuti di messaggi, relazione
tra i partecipanti”.
Per ridurre a pochi termini il processo di comunicazione intenzionale, si può evidenziare
che esso deve rispettare almeno tre fasi o operazioni. La prima operazione da compiere
è quella dell’analisi del soggetto che comunica: che strategia sta perseguendo? Quali
229
sono i suoi bisogni? A che cosa deve servire la comunicazione? In una parola, la fase
uno coincide con la definizione degli obiettivi e la loro coerenza con l’ente emittente.
Come avviene nel marketing dei prodotti, il secondo passo da compiere è quello
dell’analisi dei differenti tipi di pubblico che si vogliono colpire. A chi intendo
rivolgere il mio messaggio? E’ un pubblico di specialisti con i quali posso usare un
certo gergo o è un vasto pubblico? Con il mio messaggio ho lo scopo d’invogliare il
pubblico ad acquistare il mio prodotto o voglio far crescere la mia notorietà? Mentre
parlo ad un pubblico posso urtare la suscettibilità di un altro? Sto “confezionando” un
messaggio troppo generico, con il rischio di colpire nessun tipo di pubblico? Quali sono
esattamente i miei pubblici? Tutti questi sono problemi vanno affrontati anche in ambito
di definizione delle strategie televisive.
Definiti gli obiettivi, la strategia e i tipi di pubblico giudicati interessanti, la terza fase
consiste nell’adottare un comportamento manageriale anche nel processo di
comunicazione. “La realizzazione di attività di comunicazione deve sottoporsi alla
stessa metodologia che si segue per ogni attività svolta nell’organizzazione: prevedere,
decidere, organizzare, dirigere, coordinare e controllare. Si tratta come è noto di un
ciclo di attività in cui il controllo ha lo scopo di fornire gli elementi per correggere gli
errori di previsione e di attuazione e consentire lo sviluppo di un nuovo ciclo sempre più
realistico ed efficace. Anche per le attività di comunicazione occorrerà, quindi, fissare
obiettivi realistici, determinare le risorse da impiegare, definire un periodo di tempo
adeguato per raggiungere gli obiettivi stessi e controllare, poi, se e in che misura sono
stati raggiunti, in modo da poter dare inizio successivamente a un nuovo ciclo, in cui
sempre più efficacemente ci si avvicinerà agli obiettivi stabiliti”.
Ovviamente, a differenza forse di altri processi aziendali, nell’ambito della
comunicazione gli elementi emozionali, non razionali e lo stile acquistano una notevole
importanza. Ciononostante il programma va costruito seguendo le regole di
pianificazione e controllo delle altre attività di gestione dell’impresa. Il mercato va
230
attentamente segmentato e i prodotti comunicazionali, dunque i programmi televisivi,
vanno veicolati così come vengono distribuiti gli altri normali prodotti. Il programma
avrà maggiori possibilità di successo se guidato da alta intenzionalità e da una rigorosa
analisi dei punti di forza e debolezza, ma avrà un’ancora più elevata probabilità di
centrare i suoi obiettivi se sarà preceduto e accompagnato costantemente da strumenti e
tecniche di ascolto.
Infine, la comunicazione deve rispondere a una visione integrata, coerente ed olistica: vi
deve essere coerenza tra la comunicazione che si rivolge all’interno e quella che si
rivolge all’esterno; vi deve essere coerenza tra gli strumenti adottati e i tipi di pubblico a
cui si intende rivolgersi; infine vi deve essere anche coerenza tra la comunicazione
intenzionale e le “fughe di informazioni” non intenzionali o emozionali che
scaturiscono.
231
4. Televisione e “marketing dell’esperienza”
La ragione più importante per cui consumiamo è che, attraverso il consumo, cerchiamo
di soddisfare un intenso bisogno di migliorare le nostre vite. Del resto, perché scatti la
decisione di acquistare un bene o un servizio, bisogna che il consumatore, prima di
tutto, immagini come sarà la propria vita dopo che si sarà procurato il prodotto, ne
preveda un miglioramento netto (ricavando da questa fantasia autostima e
gratificazione) e arrivi, in questo modo a desiderarlo.
Quando un’azienda assicura a una determinata marca un’“esperienza” molto
emozionante e, proprio per questa ragione, anche “memorabile” per il consumatore,
facilita questa sua “proiezione in avanti”, ovvero il processo di simulazione mentale
attraverso cui il consumatore vede se stesso e la propria vita “trasfigurati” dalla
fruizione del bene o del servizio in questione.
Pertanto, ogni volta che si parla di “marketing dell’esperienza” si intende fare
riferimento all’insieme degli strumenti, delle decisioni e delle azioni attraverso cui le
aziende, intenzionalmente e con risorse proprie, mettono in scena le proprie marche,
offrendo emozioni intense, perciò memorabili, ai consumatori. Naturalmente, nella
definizione l’elemento più importante è il concetto di “messa in scena”, dal momento
che il “marketing dell’esperienza” coniuga la proposizione e la vendita di un
determinato prodotto con l’entertainment.
E’ anche possibile costruire “esperienze” attraverso il recupero delle memorie
generazionali e la loro attualizzazione, condotta in relazione alla particolare sensibilità
delle varie generazioni; ciò dovrebbero non solo ridurre il rischio di operazioni banali e
“saturanti”, perché lontane dalla sensibilità dei consumatori, ma anche far giungere il
marketing e la comunicazione d’impresa ad una rifondazione del loro rapporto con il
consumatore, nel segno di una maggiore consapevolezza delle marche rispetto alle
232
emozioni da cui i consumatori sono mossi, e nella direzione di un più profondo rispetto
da parte delle marche per il disagio esistenziale che muove gli individui alla ricerca di
nuove esperienze; tale rispetto dovrebbe manifestarsi attraverso l’offerta di “esperienze”
che aiutino gli individui ad accettarsi con tutti i loro limiti.
La televisione costituisce indubbiamente un’esperienza per i telespettatori; certo:
un’esperienza debole, perché “mediata”, ma pur sempre “reale”. Talmente reale e
concreta da generare emozioni intense in chi la guarda e da fissarsi sia nei ricordi degli
individui sia nella memoria collettiva, divenendo così parte integrante della cultura e
dell’identità nazionali (Aroldi P., Colombo F., 2003).
Eppure, nonostante la natura “esperienziale” della televisione, è innegabile che, nelle
iniziative che “il marketing dell’esperienza”, specie in Italia, ha sinora rivolto ai
consumatori, la Tv sia stata molto spesso compresa nel mix degli strumenti e dei canali
di comunicazione impiegati, ma quasi mai centrale. In parte, però, questa situazione è
anche l’inevitabile conseguenza dell’abbandono, da parte della Tv, di quella funzione
“socializzatrice” che, fin dagli anni Cinquanta, essa ha sempre svolto nel nostro Paese.
Infatti, in Italia, la televisione ha innanzitutto insegnato ai cittadini ad apprezzare la
modernità e, per quanto possibile a gestirla. Tra gli anni Sessanta e Settanta, prima
Carosello e, in un secondo momento, le Tv commerciali hanno rappresentato per gli
Italiani “il manuale di istruzioni” grazie alle cui indicazioni essi hanno potuto sposare la
modernità, rappresentata da prodotti di marca, dai nuovi sistemi di produzione e
distribuzione di beni e servizi, dalle nuove tecnologie e da stili di vita svincolati da quel
mondo contadino che stava rapidamente scomparendo sotto i colpi
dell’industrializzazione. Ma in quel “manuale”, gli Italiani, oltre a modelli di vita e
consumi nuovi e accattivanti, hanno anche trovato le istruzioni per vivere il mutamento
sociale senza perdere tradizioni e cultura, dunque senza sradicarsi e smarrire la propria
identità. A questo progetto, come già ribadito, hanno risposto tanto la RAI di Barnabei e
Carosello, tra gli anni Sessanta e Settanta, quanto i network privati dei primi anni
233
Ottanta, con quella loro peculiare mistura di “America” e “nostranità” (tra Dallas e
Mondaini-Vianello).
Anche nel passaggio tra anni Ottanta e Novanta, la televisione ha mantenuto un ruolo di
primo piano nel processo di socializzazione del Paese, da una parte dando un contributo
all’opera di “disvelamento” di tutti i possibili retroscena (dalla politica all’economia),
dall’altra offrendo ai cittadini tutta l’informazione necessaria a comprendere i
mutamenti politici ed istituzionali in atto (ad esempio la nuova legge elettorale e il
bipolarismo).
Negli ultimi 5-7 anni, però, la televisione si è come arenata, attardandosi in una
funzione di “denuncia” che, sempre più spesso, assume il profilo della battaglia contro i
piccoli truffatori, i politici profittatori e i vip presenzialisti. Il tutto senza più un progetto
socio-culturale definito ed unitario, e senza quasi accorgersi di quanto bisogno ci
sarebbe, in un’epoca povera di grandi ideali, di qualcuno disposto a esporsi e a
consigliare.
Lo sconquasso emotivo generato, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo
millennio, dalla rapida crescita e dall’ancor più rapida implosione della New Economy,
così come lo shock prodotto dall’11 settembre, hanno fatto sì che intravedessimo tutti,
in maniera chiara e distinta, i nostri limiti: la nostra goffaggine di “aspiranti milionari
mancanti”, la nostra angoscia davanti alla prospettiva di una vita senza stupori né svolte
possibili e la nostra fragilità di “bersagli inconsapevoli” dell’odio religioso e di classe.
Ma è appunto nel limite che cerchiamo l’Altro, ovvero chi ci possa aiutare a superarlo.
E pur di fronte ad un bisogno così drammatico, la Tv continua a raccontarci che “siamo
a sette domande dall’esser miliardari e che siamo sempre ad un passo dal biglietto
vincente”.
Oggi ci troviamo di fronte al paradosso di una televisione produttrice d’immaginario e
fonte d’identità collettiva, meno rapida ed efficace delle imprese nel cogliere il bisogno
di rassicurazione e di “senso” che emerge dalla società. Mentre le aziende, entro breve,
234
incominceranno a porsi il problema di come rendere meno “volatili” per i consumatori
le esperienze associate ai propri marchi, la Tv, arroccata nella difesa di una non meglio
precisata “leggerezza”, rischia di perdere la propria centralità sociale e culturale,
divenendo così una semplice commodity, cioè un servizio anonimo e scontato. E questo
proprio mentre i telespettatori, sempre più esperti del mezzo e consapevoli delle proprie
esigenze, incominciano seriamente a distinguere, nel rapportarsi ai singoli programmi,
tra quelli in grado di valorizzare il proprio tempo libero e quelli che rischiano invece di
immiserirlo (Abis M., Bossi V., Carullo A., 1999).
Si respira, nella società, un bisogno talmente forte di autenticità e spessore umano che
ogni insistenza della Tv sugli stili e linguaggi superficiali e stereotipati ha un che di
insopportabilmente retrogrado. E questo appare tanto più evidente quando si fa
riferimento al tipo di esperienze che la Tv, in mercati più moderni e competitivi del
nostro, regala ai consumatori. Non sono rari, infatti, specialmente negli Stati Uniti, gli
esempi di fiction o di reality-show di successo che hanno generato in rete veri e propri
“portali” dove si con-fondono realtà e finzione, le storie del pubblico e le vicende dei
personaggi della Tv, l’intrattenimento, l’utilità sociale e la charity. E tutti questi “casi
pionieri” prefigurano una televisione “calda”, che non abbandona mai il proprio
pubblico, ma che gli consente, in qualunque momento, di entrare nel proprio mondo,
sospeso fra realtà e fantasia, e di “navigarlo”: non per separarsi dalla vita reale, ma al
contrario, per “rileggerla” da nuovi punti di vista e trovare i giusti consigli e gli stimoli
più efficaci per cambiarla in meglio.
235
5. Il marketing in Mediaset: il Marketing Palinsesto
Per quanto riguarda l’Ufficio Marketing di Mediaset, bisogna sottolineare che si tratta in
realtà dell’Ufficio Marketing e Merchandising, il quale, nello specifico, è strutturato in
diversi ambiti: c’è l’Area Prodotto, che si occupa della ricerca qualitativa sul prodotto e
delle ricerche di mercato; c’è l’Area Palinsesto e Coordinamento, che si occupa di
coordinare i prodotti televisivi a livello di programmazione e di fare in modo, quindi,
che in una determinata serata un programma di una rete sia collocato in modo tale da
non sovrapporsi e da non cannibalizzare un’altra rete. (Tale area si occupa anche di
assegnare alle reti i diversi film che vengono acquistati dalla Trasmissione Diritti);
infine c’è il Marketing Palinsesto, che si preoccupa di monitorare giorno per giorno ciò
che avviene nei palinsesti Mediaset e in quelli RAI, sia nella fascia del day time che del
prime time. Tale Ufficio è inoltre incaricato di supportare le reti quando si deve decidere
dove collocare un prodotto e quindi, si occupa di analisi a livello di contesto
competitivo, di totale ascolto e di analisi a livello di posizionamento dei vari prodotti,
sia in fase terminale che in fase previsionale degli ascolti, in quanto ad ogni stagione
viene richiesto da Publitalia di stimare quanto potrà fare il palinsesto ciascuna rete.
Vengono dunque effettuate diverse stime, le quali devono essere sottoposte alle varie
reti e, in base anche alle indicazioni di quest’ultime, viene stabilito quale potrebbe
essere l’obiettivo più opportuno per ciascuna di esse.
L’Ufficio Marketing Palinsesto si occupa anche di tenere sotto controllo tutto ciò che
riguarda la programmazione; si interviene infatti su qualsiasi cosa riguardi il prodotto,
non solo per decidere dove esso debba essere collocato, ma anche per valutare il suo
corso; si valuta inoltre l’andamento dei prodotti RAI e quanto essi possano dare
“fastidio”; entrando nello specifico di un prodotto si può determinare, analizzando
particolari curve, se i break sono posizionati più o meno bene e se può essere più o
236
meno opportuno spostare il programma “avanti” o “indietro”, utilizzando tutta una serie
di software.
Le analisi vengono fatte non soltanto a livello macro, sulla base dell’audience e dello
share, cioè a livello di ascolto, ma anche nel dettaglio, andando a vedere che profilo ha
un determinato programma o una determinata fascia oraria, con tutta una serie di
strumenti.
Le stime vengono effettuate essenzialmente sulla base degli storici: se si deve valutare,
ad esempio, quanto potrà fare il Grande Fratello il prossimo anno, è necessario andare a
vedere tutti gli storici di tale programma; valutare la possibile collocazione, per
determinare se è la stessa dell’anno precedente o cambia; e valutare il conteso
competitivo, cioè cosa fanno le altre reti in quella stessa fascia oraria e se sono più o
meno forti rispetto agli anni passati. Se invece il prodotto non è conosciuto e non è mai
stato sperimentato, come per la prima edizione del Grande Fratello, ci si basa
soprattutto sui dati dei paesi stranieri, nello specifico su ciò che ha fatto il Grande
Hermano in Spagna: sul successo che ha avuto in quel paese e su quale era il profilo.
Per profilo si intende quali sono gli spettatori che guardano di più un determinato
programma, cioè il target più rappresentativo: se sono più uomini o più donne, se sono
più giovani, più anziani o più bambini, più persone del Nord o del Sud, più laureati o
non laureati.
Per tutte le valutazioni vengono utilizzati i dati forniti dall’Auditel, sulla base dei quali,
attraverso particolari software, si riesce a vedere, sia per ogni fascia oraria che per ogni
programma, qual è il pubblico che segue lo spettacolo. Ad esempio, si è stimato che
Grande Fratello aveva uno share del 30%, cioè il 30% degli spettatori davanti al
televisore seguiva la trasmissione; questo 30% era costituito da una certa quantità di
uomini e da una certa quantità di donne. Il profilo viene messo anche in evidenza da
particolari grafici ed istogrammi, i quali mostrano con il colore blu la maggior presenza
di uomini e con il colore rosso, invece, la maggior presenza di donne.
237
Per quanto riguarda la strutturazione del palinsesto, si cerca sempre di bilanciare un
certo numero di programmi sicuri, già sperimentati, che ormai sono nella fase matura,
con programmi sperimentali che potrebbero in futuro divenire le trasmissioni di punta
del palinsesto. Ci sono periodi in cui il palinsesto è più occupato da programmi maturi,
ma anche periodi in cui il palinsesto è più coperto da programmi nuovi e sperimentali.
Non c’è esattamente una regola per quanto riguarda la collocazione stagionale dei nuovi
programmi: Grande Fratello, ad esempio, che aveva però già un marchio di successo
grazie all’esperienza degli altri Paesi, è stato collocato nella stagione autunnale, in
quanto evento, e quindi, come tale, poteva essere collocato solo in tale stagione; ci sono
invece dei programmi che vengono collocati durante la stagione estiva come numero
zero: ad esempio, qualche tempo fa Italia 1 trasmise Macchemù, un programma sulle
sigle televisive con Alessia Marcuzzi e Paola Barale; esso fu collocato come numero
zero verso fine primavera/inizio estate; dopo aver visto che era andato piuttosto bene,
sono state fatte altre quattro puntate, collocate però nella stagione autunnale. Molto
dipende dalla forza del programma: è ovvio che programmi vissuti come eventi o già
forti in partenza vengano collocati nella stagione autunnale. Queste considerazioni
riguardano però solo l’intrattenimento, in quanto la fiction è tutto un altro mondo.
La giornata tipo dell’Ufficio Marketing, costituito da circa una trentina di persone fra
marketing, merchandising e ricerca & sviluppo, inizia con la consultazione dei dati dei
palinsesti delle sette reti principali, suddivisi per fasce orarie. Essi vengono analizzati
grazie ai diversi indici: in primo luogo si analizza il prime time, cioè quanto hanno fatto
in tale fascia tutte le reti; dopodiché si guarda attentamente nel dettaglio tutto il
palinsesto di ciascuna rete.
Tra gli indicatori, quelli che vengono considerati di più per valutare la bontà di un
programma a colpo d’occhio sono lo share e l’ascolto medio; inoltre si possono fare
analisi più approfonditamente grazie ad ulteriori indici, come la penetrazione, anche se
in realtà vengono guardati di più la copertura e la permanenza, dove per copertura si
238
intende gli individui che hanno visto per almeno un minuto un determinato programma
in televisione (essa è una sorta di indice di attrazione del programma); mentre per
permanenza si intende il tempo dedicato dagli individui alla visione del programma,
cioè per quanto tempo si è rimasti sintonizzati sulla trasmissione (è una sorta di indice
di tenuta: indica cioè per quanto tempo questo programma è riuscito a trattenere gli
spettatori); mentre la copertura è l’attrazione, la permanenza può essere considerata
quasi un indice di fedeltà al programma.
Con questa serie di indici si valuta dunque il successo del palinsesto; se salta all’occhio
qualcosa di particolare, ad esempio se l’Eredità facesse il 36% di share (invece del
solito 27%) mentre Passaparola, anziché fare il suo 23-24%, facesse il 17%, si
andrebbe ad indagare che cosa è accaduto nella data fascia oraria, quale pubblico si è
spostato e si analizzerebbe su quale pubblico in realtà si è perso: se sui giovani, se sugli
adulti, se sugli uomini o sulle donne. Tutto viene dunque sempre fatto sulla base dei dati
Auditel, in quanto tutto il lavoro del Marketing Palinsesto si fonda essenzialmente su
tali dati, mentre l’Area Prodotto svolge analisi più qualitative, basate su ricerche di
mercato e focus group, in modo da poter analizzare di più i contenuti dei programmi. Il
Coordinamento si occupa invece di distribuire quello che è il magazzino film, tv-movie e
serie televisiva e di allocare le risorse alle diverse reti, le quali sceglieranno poi, come e
quando programmare; il Coordinamento fa in modo che ci sia una gestione coordinata
di tutte le risorse, sia per quanto riguarda la programmazione che la distribuzione: ad
esempio il film Il gladiatore viene collocato per forza su Canale 5, che è la rete
ammiraglia di Mediaset, così come invece un film più particolare, raffinato, ma non da
grandi numeri viene collocato su Retequattro, che ha degli spazi appropriati per tali
generi la domenica sera o in seconda serata; ci sono infatti dei film che vanno solo su
Retequattro per Cinema Festival e che non andranno mai sulle altre reti; i film d’azione,
invece, vengono collocati su Italia 1, in quanto si tratta di prodotti che hanno un
239
determinato target, ma anche potenzialità d’ascolto più contenute rispetto a quelle di
Canale 5.
Per quanto riguarda gli obiettivi a breve e a medio-lungo termine dell’attività di
marketing, è chiaro che l’attività mira a supportare le reti e le decisioni che vengono
prese dalla Presidenza, ma in realtà l’obiettivo fondamentale è facilitare la presa di
decisioni che riguardano la programmazione in generale; non c’è una vera e propria
distinzione fra obiettivi a breve e a lungo termine, in quanto il marketing in televisione è
molto diverso dal marketing che viene fatto in una normale azienda, poiché in Tv gli
obiettivi in astratto sono difficili da quantificare.
Per quanto riguarda il target delle tre reti, Canale 5 si rivolge ad un pubblico più
familiare ed adulto, Italia 1 ai giovani, mentre Retequattro, la rete più “anziana”, anche
se ora si sta “spostando”, alle donne. All’interno di queste macrodefinizioni, a seconda
della programmazione, ci può essere la serata in cui Canale 5 si rivolge ad un pubblico
più femminile, ad esempio il giovedì con il Bello delle Donne, escludendo i bambini,
per i quali Italia 1 si preoccupa di programmare un film adatto.
Queste decisioni vengono sempre prese tenendo conto anche della programmazione
della concorrenza; è infatti prassi tenere una riunione dove si decide la programmazione
delle reti da lì ai prossimi 15 giorni. E’ sempre possibile venire a conoscenza della
programmazione della concorrenza, in particolare di quella della RAI, attraverso lo
scambio di informazioni e soprattutto attraverso i giornali, come le guide televisive e, se
necessario, effettuare degli aggiustamenti sulla programmazione (Dott.ssa Marina Del
Bigio, Direzione Marketing Palinsesto, 2003).
240
5.1. Il marketing dell’Area Prodotto
L’Area Prodotto si occupa di quelle che sono le produzioni all’interno del palinsesto.
Mentre l’Area del Palinsesto ha un ruolo importante nel determinare quale slot
temporale è migliore per un determinato tipo di programma, l’Area Prodotto effettua
valutazioni più profonde sulle singole trasmissioni. In particolare, si occupa dei prodotti
dell’intrattenimento, dell’informazione e dei personaggi delle tre reti. Tale Area si
occupa anche della fiction, però solo di quella in onda, in quanto ciò che riguarda la
fiction prima che vada in onda, cioè i concept test e i test pilota, viene realizzato da altre
strutture.
Le valutazioni effettuate da quest’Area riguardano essenzialmente ciò che è andato in
onda, anche se c’è una parte di lavoro che si occupa dei numeri zero dei programmi che
verranno trasmessi, mentre molto difficilmente ci si preoccupa dei concept test. Per
concept test si intende la descrizione del programma, cioè l’elaborazione dell’idea senza
che il prodotto venga diffuso. Risulta quindi molto difficile per l’Area Prodotto lavorare
solo sulla descrizione, in quanto cambia totalmente la percezione che si ha nel leggere la
descrizione di un programma da quella che si ha invece nel vederlo, poiché gli elementi
che possono entrare in campo sono infiniti. E’ quindi molto più utile lavorare su un
numero zero ed, infatti, anche la politica aziendale negli ultimi anni sta andando in
questa direzione.
Una volta avuta l’idea di un nuovo programma, viene stesa con gli autori quella che sarà
la trasmissione e si realizza quindi un numero zero, il quale verrà poi testato.
Solitamente, per i numeri zero la metodologia di ricerca che viene utilizzata più spesso è
quella degli MPM (minut per minut), che sostanzialmente prevede innanzitutto una fase
di scelta del pubblico, selezionato ovviamente in base a determinati criteri: se si tratta di
valutare un nuovo programma di Canale 5, che apparterrà ad una determinata fascia
oraria e che andrà a sostituire un'altra trasmissione, verranno prese persone che
241
guardano la Tv in quella data fascia e che quindi vedono Canale 5 in quell’orario. Al
pubblico, che viene dunque selezionato ad hoc in base ad una serie di caratteristiche,
viene mostrato il numero zero e durante il visionamento può esprimere il suo giudizio
attraverso una specie di telecomando che gli consente di indicare il gradimento minuto
per minuto: con questo telecomando il pubblico può quindi segnalare se il programma
gli piace poco, abbastanza, molto o moltissimo; si tratta di una scala a quattro valori con
il “grado” indifferente nel mezzo. I giudizi espressi producono una curva minuto per
minuto che consente di vedere, conoscendo ovviamente il contenuto di ogni singolo
minuto, che cosa funziona e che cosa invece deve essere sistemato.
In questo caso non si tratta quindi di un programma che dopo essere stato realizzato
viene mandato in onda e valutato, ma di una cassetta, mai trasmessa, che viene mostrata
ad un pubblico appositamente selezionato, utilizzando quindi la metodologia dell’MPM.
Altre volte, invece, viene girato un numero zero che viene in seguito mandato in onda:
in questo caso è inutile utilizzare l’MPM, visto che la curva d’ascolto è già disponibile
grazie ai dati di ascolto, e si preferisce fare semplicemente una ricerca con il focus
group, prendendo quindi delle persone che hanno visto il programma e facendo un
lavoro di analisi e di riflessione con queste.
Per riassumere, il programma “pilota” può non andare in onda, richiedendo l’impiego
della metodologia dell’MPM al fine di essere valutato e testato, oppure andare in onda
ed in questo caso si utilizza, per la valutazione, il focus group.
Il focus group, quindi la ricerca qualitativa, viene usata normalmente per tutti i prodotti.
Solitamente, le ricerche qualitative vengono fatte su programmi che in onda non hanno
dei risultati in linea con le attese, in modo da capire che cosa non funziona e modificare
direttamente il prodotto (ovviamente questo può essere fatto solo quando sono previste
più puntate).
Le ricerche qualitative possono essere eseguite però anche su programmi che ottengono
dei buoni risultati: se, ad esempio, si realizza una ricerca di questo tipo su un
242
programma che va in onda tutti i giorni, come Passaparola, i risultati possono essere
disponibili circa 20-30 giorni dopo l’avvio delle ricerche, dando la possibilità, in
collaborazione con la rete, i produttori e gli autori del programma, di intervenire e
modificare ciò che, in base ai dati ottenuti, è risultato non funzionare.
A volte, vengono quindi anche fatte ricerche con fini non direttamente operativi, in
quanto il programma funziona, semplicemente per capire quali sono i modelli di
successo; vengono perciò indagate trasmissioni con buoni risultati, per comprendere
quali sono i meccanismi che ne consentono il successo.
La maggior parte delle ricerche effettuate dall’Area Prodotto è di tipo qualitativo, ma
talvolta si effettuano anche ricerche quantitative, le quali possono consistere in
interviste telefoniche; normalmente, tali interviste vengono fatte su aspetti specifici di
un dato programma, in quanto in una ricerca telefonica è abbastanza difficile riuscire ad
andare in “profondità”, come accade invece nei focus group, e quindi capire quali sono i
motivi profondi che hanno portato alla visione o al rifiuto di un programma. La ricerca
telefonica, che consiste nel proporre una serie di domande mirate, viene quindi utilizzata
quando si hanno elementi molto particolari da indagare: ad esempio la presenza di un
personaggio all’interno di una trasmissione oppure il fatto che uno specifico programma
preveda una data rubrica, laddove si hanno però già delle ipotesi sulla possibile
sostituzione del personaggio o sulla modifica della trasmissione rispetto agli aspetti che
si pensa non funzionino.
Inoltre, esiste anche tutta un’area di lavoro d’analisi sui personaggi; gli strumenti che
vengono utilizzati a tal fine consistono essenzialmente nella ricerca che viene fatta da
Abacus, grazie alla quale vengono rilevati due volte l’anno l’autorità e il gradimento di
una serie di personaggi dell’intrattenimento, del cinema e dell’informazione; e nei
questionari postali, somministrati ad un campione rappresentativo molto ampio. Con i
questionari vengono interviste circa 2000 persone, mentre un’intervista telefonica
riguarda numeri decisamente più piccoli (un campione per essere considerato
243
rappresentativo deve essere costituito da almeno 400-600 casi, anche se molto dipende
dall’obiettivo e da quanto serve dettagliare il target e il microtarget); i questionari
postali richiedono però tempi più lunghi rispetto all’intervista telefonica, in quanto il
fatto che le persone compilino tranquillamente a casa il questionario e lo rinviino
implica una fase di field che dura 3 o 4 settimane; dopodiché c’è anche tutta una fase di
ritorno e di rielaborazione dei dati; solitamente, solo nel giro di tre mesi è possibile
avere a disposizione dei risultati.
Per i personaggi si utilizzano le interviste telefoniche soprattutto quando serve avere un
riscontro in tempi più rapidi, in quanto la ricerca Abacus viene effettuata solo due volte
l’anno e, quindi, quando si necessita di indicazioni in tempi diversi o quando servono
dei dettagli maggiori, in quanto Abacus, proponendo un questionario, prevede solo una
serie di item che sono prestabiliti, senza nessuna possibilità di variazione.
Per quanto riguarda l’informazione, la sua analisi richiede un grosso lavoro sui dati di
ascolto, per cui c’è un monitoraggio costante dell’andamento dei telegiornali Mediaset e
RAI, nel corso dei giorni, delle settimane e dei mesi. I lavori qualitativi
sull’informazione sono meno frequenti; a volte si è provato a fare delle interviste
telefoniche o anche delle ricerche qualitative sui Tg Mediaset (ad esempio, quando partì
a suo tempo Tg5 mattina, fu fatto un lavoro di analisi sulla fascia oraria, sui bisogni
d’informazione degli spettatori in quella fascia e sulla struttura dei Tg), però sono un
po’ più random, in quanto l’immagine dei Tg è abbastanza sedimentata, di conseguenza
il lavoro qualitativo sui telegiornali non è così usuale. La maggior parte degli studi
sull’informazione è quindi un’analisi di dati.
Gli interlocutori di tutte queste ricerche sono la Direzione Marketing, le Direzioni di
rete, tutta l’Area della Produzione, gli autori dei programmi e chiaramente la Direzione
generale, la quale è interessata a qualsiasi lavoro di questo genere.
C’è anche una parte di studio più quantitativa, di analisi dunque dei dati di ascolto, che
accompagna il lavoro qualitativo, in quanto prima di partire con un’analisi qualitativa,
244
c’è normalmente un’elaborazione quantitativa dei dati ascolto, che consente di formare
delle ipotesi e di valutare, anche se solo attraverso uno studio di dati numerici, una serie
di indicazioni sul programma: ad esempio, l’analisi della curva di ascolto è uno
strumento molto utile, con un risvolto operativo concreto per lo studio del programma,
in quanto è possibile incrociare l’andamento della curva con il contenuto della
trasmissione, dando la possibilità di valutare la “tenuta” di un gioco o di una
trasmissione di prime time. E’ chiaro che qui entrano in gioco non solo valutazioni
rispetto al programma che c’è in onda, ma anche il fatto che esiste un contesto
competitivo attorno; perciò, se si ha un break su un’altra rete, la crescita della curva
della propria rete andrà valutata, non solo in relazione al contenuto della trasmissione,
ma anche in base al fatto che sull’altra rete c’è la pubblicità.
Questo è un lavoro che a volte sostituisce la ricerca qualitativa, dove è possibile e,
quindi, dove non c’è necessità di andare “in profondità”, in quanto la curva non può
certo dare indicazioni sulle motivazioni di visione o di rifiuto di un programma, anche
se si può intuirlo in base a ciò che c’è in onda; lo studio della curva non è certo
un’analisi che va a vedere il gradimento del pubblico.
Per quanto riguarda le ricerche di “scenario”, cioè le analisi delle tendenze e delle
preferenze manifestate dal pubblico a livello generale, esse non sono di competenza
dell’Area Prodotto, ma del Marketing Strategico, il quale si occupa di studiare gli
“scenari”, cioè di effettuare grosse ricerche sull’immagine delle reti nel corso del tempo,
oppure sull’immagine dei Tg nel corso degli anni e soprattutto si preoccupa di capire
quali sono le tendenze in atto nella società, le quali possono essere più generiche e
riguardare quindi la società dei consumi (anche la televisione, ma non solo quella)
oppure un po’ più dettagliate e focalizzate sul mercato televisivo; in questo caso c’è
allora un’analisi dell’andamento delle immagine delle reti rispetto al pubblico, che va
quindi ad indagare il gradimento che i telespettatori esprimono in relazione alla rete e al
programma sulla rete.
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Le ricerche sugli “scenari” vengono effettuate però da istituti esterni, sia per Mediaset
che per la RAI o per altre reti, in quanto richiedono un campione molto rappresentativo
della popolazione e quindi una struttura di ricerca molto grossa (Dott.ssa Barbara
Galbusera, Area Prodotto, 2003).
5.2. Il marketing dell’Area Palinsesto e Coordinamento
Il Palinsesto e Coordinamento mette insieme le tre ipotesi teoriche di palinsesto di
ciascuna rete per ogni stagione televisiva e sta attento che i target non si sovrappongano
l’uno con l’altro. Inoltre, fa in modo che l’offerta delle tre reti Mediaset sia competitiva
rispetto all’offerta RAI e che non si cannibalizzi al suo interno. Si cerca di far sì che
ogni sera la rete, a seconda del tipo di prodotto che le viene attribuito, possa fare il
massimo risultato possibile, perciò si cerca di trovare la collocazione ideale per ogni
specifico prodotto, lavorando sul target che quella specifica sera è “libero”. Si parla di
sera, perché questo tipo di ragionamento riguarda essenzialmente il prime time, in
quanto il palinsesto del day time è più stabile e più solido rispetto a quello della prima
serata.
Un altro compito dell’Area Palinsesto e Coordinamento riguarda le attribuzioni di titoli
di ciò che il gruppo Mediaset acquisisce a livello di film, telefilm, serie ed in parte anche
a livello di format, anche se non è proprio il campo specifico del Coordinamento e
Palinsesto, in quanto l’ambito elettivo di tale Area riguarda essenzialmente i diritti e
cioè i film, i telefilm e i tv-movie. In alcuni momenti specifici dell’anno il Palinsesto e
Coordinamento li attribuisce alle varie reti: si cerca quindi di capire quali sono le
esigenze dei palinsesti annuali di ciascuna rete e quali sono gli obiettivi d’ascolto che si
246
devono raggiungere; in base a ciò si cerca di proporre un certo numero di pezzi “forti”
confezionati e adatti all’obiettivo che si deve conseguire. Le esigenze vengono stabilite
contando i “buchi” cinema o i “buchi” serie che il palinsesto presenta: ad esempio, a
giorni finirà su Italia 1 Dawson’s Creek (sta infatti andando in onda l’ultima stagione e
nel giro di poche settimane è prevista la fine della serie); per riempire tale buco si
effettua prima di tutto un monitor sul mercato, al fine di valutare cosa c’è a disposizione
su quel genere (in questo caso si sta parlando di teen-drama da un’ora); è necessario
cercare prodotti che abbiano una durata abbastanza lunga, in quanto in questo caso si ha
l’esigenza di una programmazione a strisce e quindi quotidiana: non bastano perciò 22
episodi, ma ne servono almeno 40. Dopo il lavoro di monitor del mercato, si effettua
un’operazione di coordinamento con la struttura che acquisisce i diritti, cercando di
sensibilizzarla e di portarla ad acquistare ciò di cui si ha esigenza; infine, si
attribuiscono i prodotti alla rete. In questo caso si tratta di un lavoro di attribuzione
abbastanza semplice, molto più difficile è attribuire il cinema, in quanto tutte le reti lo
vogliono e lo programmano, visto che è un prodotto che funziona particolarmente; c’è
una infatti tipologia di cinema che in televisione ha un pubblico elettivo piuttosto ampio
e questo fa sì che i film siano particolarmente contesi dalle varie reti.
L’attribuzione ad una rete o all’altra dipende da molti fattori: da un bilanciamento
generale che riguarda la struttura del magazzino, dalla forza degli obiettivi che ciascuna
rete deve raggiungere, da come è messa la rete in quel momento, nonché da una
valutazione di quale rete si prevede farà più fatica, perché ha un palinsesto meno solido
o perché alcuni dei suoi programmi stanno cominciando a non funzionare più come
prima.
Il cinema è la tipologia di prodotto più “forte” ed immediata: appena una trasmissione
non funziona si sostituisce con il cinema, in quanto è sempre a disposizione; è infatti
molto più facile sostituire qualcosa che non va con il cinema, piuttosto che con altre
247
produzioni che richiedono ovviamente tutta una fase produttiva che il cinema ha già
avuto.
Al fine di coordinare la programmazione delle varie reti, se un programma è già andato
in onda si ha un vantaggio, in quanto si è a conoscenza di come è andato, di quanto ha
fatto, di quanto è stato “forte” e soprattutto si conosce la tipologia di pubblico che l’ha
guardato. Non sempre la tipologia di pubblico dei film è però la stessa, in quanto può
accadere che, a seconda della programmazione che sta attorno, possa cambiare il
profilo. E’ molto difficile che cambi il pubblico dell’Isola dei famosi o di Beautiful:
sono infatti dei prodotti a lunga “tenitura”, che hanno un target di riferimento stabile, il
pubblico può crescere o diminuire, ma la tipologia rimane sempre la stessa; invece, un
film di avventura può avere una sera una percentuale di bambini altissima, poiché questi
non hanno nulla da vedere, mentre un’altra sera può avere una percentuale di donne
elevatissima; comunque, se il film è già andato in onda è sempre possibile avere un
primo profilo del pubblico.
Ogni programma ha quindi un contesto, che dipende dalla programmazione delle altre
reti, ed il pubblico televisivo può preferirlo o meno a seconda di ciò che sta attorno; ci
sono infatti alcuni film “scacchiera”, che messi come sono fanno sì che siano gli altri a
doversi adeguare, ma la maggior parte delle volte l’abilità di chi si occupa della
programmazione, sia in Mediaset che in RAI, consiste nel cercare di infilarsi all’interno
di una scacchiera già pronta e di fare il massimo possibile. E’ chiaro che tale discorso
non riguarda un film come Titanic al primo passaggio, in quanto si tratta in questo caso
di un prodotto che una volta inserito richiede agli altri di adeguarsi.
La controprogrammazione è un’operazione molto delicata: per controprogrammare il
calcio si usa essenzialmente un prodotto femminile, ma bisogna sottolineare che negli
ultimi anni esso non è più così maschile ed è inoltre necessario chiedersi, per effettuare
una controprogrammazione efficace, se tale sport è, ad esempio, “giovane” o “vecchio”,
del “Nord” o del “Sud”. Anche controprogrammare San Remo non è un lavoro così
248
semplice: studiando lo storico dell’emesso, si nota che il pubblico è abbastanza statico,
ma l’abilità del programmatore consiste anche nel sorprenderlo. Il pubblico di San
Remo è comunque cambiato nel corso degli anni, ogni anno il programma non è sempre
forte e il suo successo dipende anche dalle serate, quindi ci sono delle sere in cui è più
facile controprogrammare e sere, invece, in cui è più difficile.
Un caso di controprogrammazione efficace, oltre che di ottimizzazione delle risorse,
riguarda il film Laguna Blu: si trattava di un prodotto che era ormai “finito” e che aveva
ottenuto sempre ascolti piuttosto bassi; eppure, grazie all’abilità dei programmatori,
Italia 1 è riuscita a posizionarlo in una serata in cui nulla si rivolgeva ad un pubblico di
adolescenti e di ragazzine e in cui niente aveva un aspetto avventuroso, esotico ed
arioso; Italia 1 è così riuscita a far fare a Laguna Blu l’11%, quando il suo storico
presentava invece la metà degli ascolti. Molto spesso programmare significa quindi
anche far sì che un prodotto molto visto e vecchio possa non essere morto. Anche una
scelta più nuova, in quella serata in cui Italia 1 ha collocato Laguna Blu, probabilmente
avrebbe fatto lo stesso in termini di ascolto, ma la vera abilità consiste anche
nell’ottimizzare il più possibile il magazzino e nel cercare di far sì che ogni prodotto
riesca a lavorare su tutto il suo potenziale. Ciò è facilissimo in alcune sere, mentre in
altre, in cui, ad esempio, Canale 5 e Raiuno da soli fanno la metà dell’ascolto televisivo,
diventa molto più complicato.
Le scelte sbagliate si pagano caro, in quanto si lavora per traguardi ed ogni stagione
presenta dunque il suo obiettivo. Parte degli spazi sono già stati venduti, quindi se una
sera una rete fa pochi ascolti, è necessario la sera seguente farne di più. Gli errori sul
prime time si pagano caro, anche se può ovviamente succedere di compiere scelte
sbagliate.
Come già affermato, si programma tenendo presente la programmazione della RAI,
della quale si viene a conoscenza attraverso i quotidiani. Il venerdì sera i settimanali
chiudono e quindi, se a questo punto una rete decide di variare la sua programmazione,
249
gli spettatori, tramite i giornali, si troveranno ad avere un’informazione sbagliata. Ciò
non conviene alla rete: è controproducente, poiché i programmi più sono promossi più
hanno probabilità di successo. Il cambio di palinsesti è comunque un processo molto
turbinoso, in quanto può addirittura capitare che si decida di variarli di mezz’ora in
mezz’ora.
Gli strumenti utilizzati dall’Area Palinsesto e Coordinamento sono tipici strumenti di
marketing, cioè di analisi di macrotarget e di dati Auditel. In base al responso dei dati
d’ascolto, che arriva la mattina verso le ore 10 circa, il lavoro viene organizzato per
ampiezza e per macrotarget. Inoltre, se tali macrotarget vengono analizzati più
approfonditamente, si arriva ad avere dettagli maggiori (Dott. Alessandro Grieco, Area
Palinsesto e Coordinamento, 2003).
250
5.3. Gli strumenti
Per valutare com’è andato un programma, cioè la sua performance, oltre al dato in share
o in valore assoluto, ci si basa anche sull’andamento che esso ha avuto nel corso della
sua messa in onda; a tal fine si analizzano le curve di ascolto, le quali possono essere
fatte sia in share sia in valore assoluto. Per valutare il buon andamento del programma
serve soprattutto la curva in share; tale curva viene mostrata da un grafico1, il quale
segnala anche le curve di ascolto di tutte le altre reti.
Ad esempio, il grafico allegato è stato analizzato per verificare i risultati di
Passaparola: il diagramma mostra delle freccette, le quali indicano l’inizio e la fine del
programma, e i vari blocchi. Inoltre, si può notare la punta finale d’ascolto con “il gioco
della ruota” prima del Tg5, che è uno dei punti più alti di Passaparola.
Con questo grafico è possibile valutare quali sono i blocchi più forti, quelli meno forti e
con quale rete è stato lo scambio di pubblico durante il break. E’ possibile quindi
analizzare il successo di un programma sia in assoluto (cioè, come è andato, ad
esempio, Passaparola nel complesso) sia rispetto alle altre reti, per valutare lo scambio
di pubblico che ci può essere stato.
Esiste anche la curva in valori assoluti2, la quale in realtà spesso rispecchia l’andamento
del totale ascolto, che dalle 17.30 alle 21.00 è in crescita, in quanto tutti gli individui
tornato a casa dopo il lavoro; quindi, più o meno tutte le reti mostrano, in questa fascia,
una curva in crescita: è ovviamente buona cosa per le reti, se si ha a che fare con un
totale ascolto in aumento, avere una curva che cresce, in quanto se rimane stabile
significa che si sta “perdendo” in share e dunque quote in termini percentuali.
Un altro tipo di elaborazione viene invece eseguita per valutare in una serata il profilo
ed il posizionamento di ciascuna rete. Ad esempio, l’allegato3 mostra il profilo del
1 Vedasi il primo allegato. 2 Vedasi il secondo allegato. 3 Vedasi il terzo allegato.
251
allegato primo
252
allegato secondo
253
allegato terzo
254
allegato quarto
255
prime time del 9 aprile 1999: si può notare che Canale 5 con Chi ha incastrato Peter
Pan si è posizionato sul pubblico delle famiglie, in particolare sui bambini e sul
pubblico delle donne fino ai 45 anni. Il grafico mostra infatti con il colore nero gli
individui, con il blu gli uomini, con il rosso le donne e con il colore azzurro i bambini
(dai 4 ai 14 anni). Inoltre vengono indicate con ogni sbarra le varie distinzioni: per
quanto riguarda gli uomini, ad esempio, la prima colonna rappresenta l’età dai 15 ai 25,
la seconda dai 25 ai 35, fino ad arrivare all’ultima colonna che mostra gli over 65.
Le sbarre gialle rappresentano invece l’istruzione, mentre quelle verdi l’area geografica.
Per quanto riguarda l’istruzione le varie colonne mostrano le elementari, le medie
inferiori, superiori e laurea. Le colonne verdi rappresentano invece il Nord-Ovest, il
Nord-Est, il Centro e il Sud.
Dal grafico si può quindi rilevare che Chi ha incastrato Peter Pan si posiziona sul
pubblico delle famiglie, in particolare sulle donne e sui bambini, mentre Italia 1, pur
avendo un pubblico sempre giovane, con Money Train si concentra prevalentemente
sugli uomini, risultando abbastanza allargato sul pubblico maschile; quindi se Canale 5,
nella serata del 9 aprile 1999, si è preoccupata delle famiglie, nella stessa serata Italia 1
ha cercato invece di “prendere” un pubblico maschile abbastanza largo.
Un altro strumento utilizzato per valutare come sono collocate le reti è la mappa di
posizionamento: l’asse orizzontale, andando verso destra, indica lo spostamento verso
un pubblico adulto, over 35; l’asse verticale, invece, indica che salendo si ha a che fare
con un pubblico più maschile. Dall’allegato del 1 dicembre 20034 si può notare che Il
processo di Biscardi (La7) ha un posizionamento adulto e maschile; Augusto il primo
imperatore (Rai1), invece, femminile e adulto; Canale 5 con il film Billy Elliot
femminile, ma molto più giovane; ciò vale anche per Rai2 con ER; mentre Italia 1, con
il film Gli svitati, costituisce, in termini di posizionamento, una via di mezzo fra Il
processo di Biscardi e Billy Elliot; Cinquanta (Rai3) si posiziona su un pubblico
4 Vedasi il quarto allegato.
256
femminile over 35; mentre Carabinieri 2 (Retequattro) si trova esattamente dentro la
fiction di Rai1, quindi risulta concentrato su un pubblico maschile e femminile over 35.
Ciò non significa però che Retequattro venga utilizzata per controprogrammare Rai1, in
quanto quasi sempre c’è un certa similitudine fra Rai1 e Retequattro, poiché, mentre
Canale 5 viene usata per controprogrammare Rai 1, Retequattro e Rai 1 presentano la
stessa tipologia di pubblico, che normalmente è più adulto.
La RAI ha infatti per tradizione un pubblico più adulto e quasi sempre i suoi prodotti
sono più forti sul pubblico over 35. Quindi, con Carabinieri 2 non si contoprogramma
in modo vero e proprio, ma si tenta di prendere un altro tipo di pubblico, cercando però
di “agguantarsi” il pubblico più centrale, anche se gli over 35 sono usualmente
d’appannaggio delle reti RAI (Dott.ssa Marina Del Bigio, Direzione Marketing
Palinsesto, 2003).
257
6. La Direzione di Rete e il riposizionamento di Retequattro
Mediaset comprende tre reti (Canale 5, Italia 1 e Retequattro) e quindi tre Direzioni di
Rete. Ognuna di queste reti ha un suo posizionamento preciso dal punto di vista del
mercato del pubblico televisivo: ciò significa che esse hanno costruito negli anni una
propria identità personale; hanno inoltre una serie di prodotti che le contraddistinguono
e che quindi sono in grado di dare una immagine di esse ben precisa al pubblico.
E’ possibile comprendere se il pubblico percepisce tali immagini di rete attraverso
un’indagine quantitativa, la quale consiste ovviamente nella verifica dell’Auditel, ma
anche nelle scansioni psicografiche, che analizzano le caratteristiche anagrafiche,
demografiche e sociali come, ad esempio, il livello di istruzione del singolo individuo
che sta guardando una data trasmissione. E’ quindi possibile avere una radiografia ben
precisa del pubblico che guarda sia le tre reti Mediaset che le altre reti. L’altro riscontro
è invece di tipo qualitativo: di tanto in tanto la Struttura Marketing affida a MAKNO &
C., una società esterna, un “Osservatorio” sull’impressione del pubblico rispetto alle
identità delle reti, indagando la posizione che i prodotti hanno nella percezione del
pubblico. Canale 5 è la rete ammiraglia, la rete più generalista e più familiare che esista,
si rivolge ad un pubblico ampio e il più diversificato possibile. Nel corso del tempo ha
costruito questo tipo di familiarità e consuetudine di programmazione e quindi ogni
anno va a consolidare il suo palinsesto, rifidelizzando il suo pubblico. E’ perlopiù
dedicata alla produzione di fiction e a una televisione di un certo tipo, da Distretto di
polizia al Bello delle donne, ma anche a programmi di intrattenimento più largo, da Il
Bagaglino e La sai l’ultima? a C’è posta per te e a reality-show come il Grande
fratello. Si tratta di proposte molto diversificate e la sua strategia, dal punto di vista
aziendale, è quella di controprogrammare e quindi di marcare stretto Raiuno.
Italia 1 ha un altro tipo di profilo, assolutamente diverso: si tratta di un pubblico
giovane, non solo dal punto di vista anagrafico, in quanto si è osservato che i giovani
258
numericamente sono pochissimi, ma anche dal punto di vista mentale; per cui Italia 1 si
posiziona verso quel tipo di pubblico che ha attitudini giovanili e che quindi è disposto a
vedere quel tipo di proposta. E’ la rete che può sperimentare di più e che si è spinta
oltre, in termini di linguaggio televisivo e di contenuti, con programmi come Le iene e
La Gialappa’s. E’ la rete che lancia molti programmi, i quali, una volta consolidati nel
loro successo, si trasferiscono su Canale 5, come è avvenuto per Zelig. Si tratta quindi
di una rete laboratorio, perché avendo delle particolarità, in questi anni ha sempre
cercato di riposizionare il suo profilo con dei programmi dai contenuti particolari; con
un certo tipo di serie televisiva, come Smallville e CSI; con un certo tipo di offerta
cinematografica, come Matrix e Speed, sicuramente innovativa dal punto di vista del
linguaggio; e con un certo tipo di proposta di produzione, come Zelig, Il Cabaret, Il
Brutto anatroccolo e Gli invisibili: tutte proposte alternative rispetto alla
programmazione di Canale 5.
Italia 1 veniva inoltre generalmente usata per controprogrammare Raidue, quando però
Raidue aveva più o meno lo stesso mandato; infatti, da un po’ di anni Raidue ha una
identità non ben precisa, è una commistione di generi; tale rete non si è delineata bene
nell’odierno panorama televisivo. Essa ha delle “corde” giovanili all’interno della sua
programmazione, ma anche delle “corde” un po’ più larghe: è la rete che programma
Incantesimo e Quelli che il calcio ed è la rete che propone Al posto tuo e La grande
notte del lunedì sera. Raidue ha quindi delle differenziazioni in termini di
programmazione, frutto certamente di scelte ben precise. Nell’ambito delle strategie
aziendali, Italia 1 non ha la missione specifica di controprogrammare altre reti, ma una
missione strategica in termini di presidio rispetto ad un certo tipo di pubblico, quello
giovane, il quale è estremamente interessante, in quanto si tratta del pubblico che
utilizza anche altri mezzi e che è più innovativo dal punto di vista tecnologico, poiché si
spinge verso i confini di Internet, del cinema e del consumo multimediale, ma che
contemporaneamente è anche molto sensibile a certe tendenze e certe mode.
259
Retequattro ha sempre avuto una storia molto particolare. Negli anni Novanta era
focalizzata su un pubblico essenzialmente femminile, anziano ed adulto, in quanto nel
corso degli anni aveva caratterizzato il suo palinsesto con una serie di prodotti adulti e
di lunga serialità, come le soap opera e le telenovelas, costruendo anche dei veri e
propri appuntamenti all’interno della sua programmazione. Questo creava una grande
presenza di pubblico, in quanto si raggiungevano degli ascolti abbastanza elevati (oltre
il 13% di media sul day time), ma portava anche ad un’immagine della rete
prevalentemente rosa, nella quale venivano inseriti dei programmi ad hoc. Questo tipo
di pubblico costituiva, dal punto di vista del mandato pubblicitario e quindi dal punto di
vista della concessionaria esclusiva di Mediaset (Publitalia ’80), la quale si occupa di
trovare dei clienti inserzionisti disposti ad acquistare spazi pubblicitari, un’audience
abbastanza interessante, ma di largo consumo. Tendenzialmente adesso, dopo la crisi
che si è avuta nel mercato, la concessionaria pubblicitaria e quindi, indirettamente le
aziende, cercano pubblici molto precisi, cioè il target mirato; non serve ai clienti
inserzionisti avere i numeri, i grandi quantitativi, bensì il pubblico di riferimento ben
preciso; non serve cioè sparare nel mucchio, ma individuare il bersaglio. Ad esempio,
un produttore di nuove tecnologie e di computer di nuova generazione ha bisogno di un
pubblico diverso da quello degli anni ’90 di Retequattro. In generale si ricerca ora, da
un punto di vista commerciale, un pubblico più pregiato e questa è stata anche la scelta
editoriale di Retequattro: da tre anni a questa parte si è infatti progettato questo nuovo
posizionamento della rete, un po’ voluto dalla concessionaria di pubblicità e un po’
anche perché rientrava nelle scelte editoriali. L’obiettivo è stato quello di non rinnegare
il pubblico esistente, ma di allargarsi ad un pubblico diverso, più giovane, più maschile
e soprattutto più colto, quindi con un’istruzione migliore; il tutto, però, senza perdere il
pubblico presente. In vista di questo fine, sono state fatte diverse scelte, considerando
che contemporaneamente il budget è stato ridimensionato, in quanto la crisi economica
che ha colpito tutte le aziende e quindi anche quelle del settore televisivo, ha portato ad
260
una riduzione dei budget di produzione; in questi due anni si è avuto un
ridimensionamento del budget dell’ordine del 38% (si tratta quindi di una riduzione
abbastanza consistente) ed è difficile dare una nuova identità alla rete con meno risorse.
Nonostante tali difficoltà sono state fatte però varie operazioni, quasi tutte coordinate
per andare a catturare questo nuovo tipo di pubblico. Si è lavorato soprattutto sulla
fascia della seconda serata, cha va dalle 23 in poi, dove il bacino di pubblico è inferiore
a quello del prime time, ma dove c’è anche un tipo di audience più disponibile a certe
proposte. Si è cercato quindi di puntare su alcuni generi che sono propri di questo
pubblico maschile e colto, i quali possono essere: la divulgazione scientifica,
l’approfondimento giornalistico, la storia, il calcio (argomento di grande fascino per il
pubblico maschile) e l’approfondimento politico. Notando il palinsesto attuale di
Retequattro si può infatti rilevare che esso è stato arricchito con nuovi appuntamenti
soprattutto nella fascia serale, che prima era caratterizzata esclusivamente da proposte
cinematografiche, i Bellissimi di Retequattro, i quali non sono stati eliminati, ma
mantenuti come appuntamento consolidato.
Il lunedì solitamente è dedicato all’Appuntamento con la storia, programma con Cecchi
Paone: vengono mostrati documentari della ZDF e della BBC, i quali sono d’acquisto e
riguardano i fatti storici più importanti del secolo scorso, dalla Prima Guerra Mondiale
agli ultimi giorni di vita di John Kennedy. Si tratta quindi di una trasmissione di
approfondimento con delle esclusive dal punto di vista visivo, cioè con delle immagini
mai viste prima d’ora, e con del materiale inedito. Il martedì è stata creata una testata
giornalistica dal titolo Record: si tratta di storie di miti e di sport. Si è ricostruita la
storia e la vita di grandi campioni dello sport per rivivere ad esempio le emozioni di
Senna o per raccontare i trionfi di Tomba o di Schumacher, abbinando l’aspetto
semplicemente agonistico e sportivo alla parte più personale e biografica del
personaggio. Il mercoledì è stata invece inaugurata una testata chiamata Top secret; è
dedicata a tutti i misteri irrisolti, dall’omicidio/suicidio di Marilyn Monroe alla morte di
261
Lady Diana. Si è cercato quindi di approfondire tali aspetti, ponendo particolare rigore e
attenzione ai particolari e alla stesura dei testi. Top secret si alterna 2000, un’altra
testata giornalistica di soft news, di grandi reportage ed inchieste, che possono
riguardare la prostituzione in Sud America, la chirurgia estetica o i disastri naturali. Si
tratta di un contenitore di news improntato alle denunce e alle inchieste. Il giovedì lo
spazio è invece dedicato ai Bellissimi, che riguardano una produzione cinematografica
di prima visione. Tali prodotti cinematografici sono andati incontro ad alcuni problemi
determinati dal fatto che, nel corso del tempo, questi film da bellissimi sono diventati
belli ed infine meno belli, in quanto ormai usurati nel loro ciclo di vita; inoltre, il
rifornimento di nuovi titoli, a causa della riduzione di budget, è stato minore, ciò ha
determinato la necessità di ridurre a solo due serate lo spazio dedicato ai Bellissimi per
preservare i titoli e per fare in modo che la proposta fosse unica e sensata. Il venerdì è
stato inaugurata una seconda serata dedicata all’approfondimento politico con Marco
Taradash, il cui titolo è La Zona rossa. In tale trasmissione vengono ospitati politici e
giornalisti che discutono fatti e argomenti di attualità. Al sabato viene invece dedicata
un’altra seconda serata al grande cinema, così come alla domenica. Dalle proposte si
può notare che si tratta non solo di prodotti destinati al pubblico femminile, ma anche di
prodotti diretti ad un pubblico ben disposto a seguire le grandi storie, i fatti di cronaca,
gli approfondimenti giornalistici e lo sport.
Anche in prima serata sono stati fatti diversi interventi: oltre al consolidato
appuntamento con La macchina del tempo, trasmissione dedicata alla divulgazione
scientifica attraverso documentari storici e naturalistici, è stata introdotta una seconda
testata, utilizzando sempre più o meno gli stessi materiali, ma riformulati e maneggiati
sotto un altro concept, quello del perché ed infatti il titolo del programma è Sai xchè?: si
cerca di rispondere alle piccole e grandi domande, ai piccoli e grandi interrogativi che
ogni persona può avere, da perché i dinosauri si sono estinti a perché ci si stringe la
mano quando ci si incontra; si tratta di curiosità antropologiche, ma anche di
262
spiegazioni sociali. Inoltre, è stato rinnovato anche il parco artisti, introducendo nuove
conduzioni: è stato infatti inserito Umberto Pellizzari, famoso per essere semplicemente
il detentore del record di immersione, il quale però serve al programma in quanto uomo
non solo in grado di condurre una trasmissione di questo genere, ma anche capace di
fare delle cose eccezionali, come sperimentare sul suo corpo alcune realtà che vengono
spiegate durante il programma (ad esempio, si è trasferito sotto la neve per spiegare il
modo in cui il corpo reagisce alle escursioni termiche); è stata anche inserita Barbara
Gubellini che, essendo una biologa, ha competenze specifiche e quindi una maggiore
credibilità. Si tratta dunque di due volti nuovi, assolutamente giovani, che permettono di
parlare di argomenti quali la natura, la scienza e la storia sotto un’identità diversa,
rispondendo alle esigenze del programma che è improntato alla risposta dei piccoli e
grandi perché.
Un altro programma che è stato introdotto di recente è Genius: si tratta di un quiz di
nuova generazione, come Chi vuol essere Milionario? o L’Eredità caratterizzati da una
certa atmosfera, da ritmi specifici e da domande a risposta multipla, condotto da Mike
Bongiorno. Si è infatti deciso di adottare Mike, il re del quiz, di riposizionare la sua
“arte” e di rimetterlo nella sua serata storica, il giovedì, dandogli però un formato
acquistato dall’esterno (Fox), riadattato e riscritto in funzione dei gusti italiani; il
risultato è stato un programma in cui si laureano dei piccoli geni, ragazzi dagli 11 ai 13
anni, che concorrono rispondendo a domande impegnative, non solo di cultura generale,
ma anche specifiche. Sono state fatte 10 puntate e in ognuna si laurea un genio;
l’attenzione è mista: da una parte c’è l’incredulità e lo stupore nei confronti di una
persona che a quell’età riesce a rispondere a certe domande complicate, dall’altra c’è
anche la voglia di concorrere in contemporanea, così come avviene per tutti i quiz. Si
tratta di un’operazione che ha pagato, in quanto non consiste nell’ennesima
riproposizione di un quiz di Mike, ma riguarda un nuovo formato che Mike Bongiorno è
stato in grado di gestire. E’ un programma caratterizzato da una contaminazione di
263
generi: esattamente ciò che sta facendo Retequattro, la quale si è posta come obiettivo
l’ibridazione delle categorie. L’infotainment (informazione ed intrattenimento) è infatti
ciò che ha ispirato la seconda serata, lo stesso si cerca di fare per il prime time: si vuole
mettere insieme stili che prima erano separati (l’informazione, l’intrattenimento e il
quiz) sotto una nuova luce ed un nuovo impianto visivo. Questi sperimenti stanno
sicuramente pagando, in quanto stanno dando alla rete maggiore visibilità. Inoltre,
essendo arrivati alla fine del 2003, si sta facendo una valutazione, la quale sta mettendo
in luce che in questi ultimi due anni la rete ha guadagnato più pubblico (si è cresciuti di
un punto percentuale in più di share sul prime time), risparmiando però il 40% delle
risorse.
Per quanto riguarda invece il day time si è deciso di mantenere solo due grandi
appuntamenti a lunga serialità (Sentieri e Febbre d’amore) e alcuni diritti d’acquisto
come Walker Texas Ranger o i classici del giallo (Poirot e Nero Wolfe): si tratta di
un’operazione di recupero di prodotti, che però sta dando anche una grande visibilità.
Nel day time è stata invece inserita una nuova striscia, Solaris – il mondo a 360°:
trasmissione sempre a carattere scientifico, che sta fornendo grandi soddisfazioni in
termini di ascolto e che propone anche un nuovo volto (Tessa Gelisio).
Altre operazioni di restlying sono state fatte non solo a livello di contenuto, ma anche a
livello di immagine, si è cercato infatti di rimaneggiare i colori classici della rete,
tentando di darle un’identità nuova: in apertura e chiusura dei break pubblicitari sono
stati previsti i promo, i quali sono anticipati da un’animazione di quattro secondi che
serve ad attirare l’attenzione: si tratta di animazioni di riprese live che si trasformano da
un’immagine all’altra proprio per indicare, da un punto di vista concettuale, che la rete è
in evoluzione, cioè in progress e che quindi si sta trasformando da una situazione
all’altra. Si stanno facendo perciò delle modifiche anche a livello di immagine, in
quanto un’immagine di rete viene costruita certamente attraverso i prodotti che si
propongono, ma deve anche essere cucita attraverso dei “segni di punteggiatura”: i
264
promo, gli annunci, le animazioni e le grafiche, che servono a caratterizzare la rete e a
“mettere la firma”. Sono tuttavia operazioni che si fanno in tempi lunghi e con grandi
risorse, anche se Retequattro ha fatto tutto ciò in poco tempo. L’aspetto che ha
favorevolmente colpito è che comunque il posizionamento è cambiato, seppur in poco
tempo: si sta andando verso un nuovo pubblico, il quale mostra di seguire i nuovi
programmi, senza che il “vecchio” pubblico abbia deciso di abbandonare la rete; non
solo non si è perso pubblico, ma lo si è anche guadagnato. Questa esperienza dimostra
che anche facendo programmi culturali si riesce ad ottenere l’apprezzamento degli
spettatori: la cultura non è noiosa, per divulgarla efficacemente è però necessario, in
ambito televisivo, adottare delle strategie, dei meccanismi ed un linguaggio diverso e
più familiare, in modo da non risultare monotoni. E’ così possibile ottenere la stessa
credibilità, rendendo però l’argomento un po’ più semplice e non spaventando le
persone che si avvicinano al programma.
Si è inoltre deciso di terminare La ruota della fortuna, programma storico di
Retequattro, il quale chiude definitivamente il 20 dicembre 2003, in quanto ci si è
accorti che il suo ciclo di vita è ormai usurato e che, quindi, non è più necessario
continuare; l’ipotesi più probabile per sostituire tale programma consiste nel serializzare
Genius, cambiando in parte i suoi contenuti.
All’interno della struttura di Retequattro lavorano varie persone che si occupano di
diverse funzioni: c’è il Direttore Generale (Dott. Giancarlo Scheri), che ha il mandato
per gestire questa situazione di cambiamento; c’è una persona che si occupa della
produzione, dell’immagine della rete e quindi anche della promozione (Dott. Angelo
Florio) e una persona che invece si preoccupa dell’area dei diritti: effettua delle
valutazioni sui titoli cinematografici e di lunga serialità che vengono dati a Mediaset
(Dott. Marco Costa), inoltre tale persona, in accordo con il Direttore di Rete, decide la
collocazione in palinsesto di determinati titoli, sceglie di promuovere determinate serie
e di mandare in onda i diritti, cioè gli acquisti cinematografici e di fiction.
265
Retequattro, così come le altre reti, cerca sempre di ottimizzare le risorse che Mediaset
possiede internamente: ha infatti replicato un grande successo come Carabinieri e
replicherà più avanti Distretto di polizia; nel corso del tempo sono stati inoltre acquisiti
tanti prodotti attraverso gli accordi con le Major, che sono stati però mandati in onda
tanto tempo fa. L’obiettivo è quindi, in regime di economia, quello di andare a
verificare i prodotti che si hanno in archivio, per vedere se c’è qualcosa di ancora utile
che possa funzionare rispetto alla linea editoriale di Retequattro. Tale operazione è
condotta brillantemente dalle redazioni che si occupano di diritti, le quali cercano di
scoprire prodotti fermi che possono essere utilizzati, come i classici del giallo (Poirot e
Nero Wolfe), i quali sono stati usati per creare un appuntamento.
Si è recuperato, inoltre, Law & Order, un programma a lunga serialità, con tantissimi
episodi e ben costruito, il quale va in onda il sabato. Un altro programma è 24, che va
invece in onda la domenica; si tratta di una serie in 24 episodi, ciascuno della durata di
un’ora. E’ la storia in tempo reale di una giornata di un detective del FBI che deve
risolvere un caso; la storia è costruita tutta in tempo reale e la particolarità del
programma consiste non solo nella scansione temporale che crea una grande tensione,
determinata dal fatto che in 24 ore bisogna risolvere un problema (la quale è in grado di
creare la fidelizzazione dell’appuntamento), ma anche nel fatto che si usano delle
tecniche particolari, per cui si vedono in tre quadrati tre momenti che avvengono
contemporaneamente: si tratta di un linguaggio nuovo e diverso da quello delle solite
fiction. Il programma ha però inizialmente sofferto, mentre ora sta ottenendo dei discreti
risultati. Anche questo è un tentativo di sperimentazione con il fine di catturare un certo
tipo di pubblico.
Per quanto riguarda la promozione, essa ha una struttura a parte, presieduta dal Dott.
Florio, ed è composta da sette promoter, più una coordinatrice ed una persona che si
occupa dell’impaginazione e che quindi deve decide dove posizionare il promo
all’interno di ogni break pubblicitario. Retequattro promuove quasi tutti i suoi
266
appuntamenti, sia di prima che di seconda serata e anche qualcosa del day time.
Tendenzialmente si promuovono circa 21 promo a settimana. I promoter sono una
figura di tipo tecnico-creativo che, visionando il materiale e guardando le immagini,
studiano una campagna articolata. Sono un po’ dei pubblicitari, con la differenza che in
questo caso si osserva tutto il ciclo di vita del prodotto, nel senso che si fa sia
l’ideazione del soggetto e del testo, sia la realizzazione tecnica, con la peculiarità che si
ha un budget più scarso rispetto a quello previsto per uno spot vero e proprio. La
promozione deve comunicare la rete, il prodotto e l’appuntamento, adottando un
linguaggio e una grammatica che siano quelli della rete; sono perciò diversi i promo di
Canale 5 rispetto a quelli di Italia 1 o delle reti RAI; il promo veicola, infatti, oltre al
prodotto, anche la rete a cui appartiene: quello di Italia 1 ha perciò delle espressioni
linguistiche ed un montaggio più accelerato rispetto al promo di Retequattro, la quale ha
invece una cura del dettaglio diversa. Il promo deve quindi veicolare il sistema valoriale
della rete: tutti i prodotti che vengono comunicati dalla rete devono possedere tale
sistema di valori. In 30 secondi, attraverso il promo, si deve riuscire a dire di che rete si
sta parlando e di che prodotto si tratta, ma si deve anche riuscire ad invitare e a sedurre
lo spettatore, oltre che a fargli prendere un appuntamento. Si tratta quindi di
un’operazione complicatissima, che deve essere realizzata in 30 secondi. Il promo ha un
valore referenziale puro: “ti invito a sintonizzarti su Retequattro alle ore 20,30”, ma ha
anche un valore seduttivo e pubblicitario, in quanto deve cercare di incantare, sedurre e
prendere lo spettatore. Ciò vale sia per i promo di programmi, che per i promo di fiction.
Si tratta di un’arte e allo stesso tempo di una tecnica di sintesi, la quale prevede la
conoscenza della grammatica creativa/pubblicitaria e di quella tecnico-realizzativa; si
deve conoscere il montaggio e il modo in cui un programma di 90 minuti può essere
smembrato e sistemato: si prendono infatti le single inquadrature, le quali, montate in
modo diverso, possono veicolare messaggi differenti e raggiungere quindi pubblici
diversi. L’obiettivo è infatti quello di catturare, tramite i vari promo, sia lo stesso
267
pubblico, che quello di altre reti (Dott. Angelo Florio, Direzione Promozione di Rete,
2003).
7. Le tendenze di rete
Dall’analisi dell’insieme della programmazione, é possibile riassumere le strategie e gli
stili di ciascuna rete (Casetti F., 1988). In primo luogo si può evidenziare
l’atteggiamento verso la quotidianità, la quale costituisce l’orizzonte comune entro il
quale si muovono le strutturazioni dei singoli palinsesti; in secondo luogo è possibile
rilevare le differenti forme di gestione dell’interazione comunicativa: si tratta di
analizzare i modi in cui il programma e il palinsesto vengono presentati allo spettatore.
Infine si può anche prendere in esame il tipo di accordo comunicativo caratteristico di
ciascuna rete, focalizzando l’attitudine d’ascolto richiesta allo spettatore.
Raiuno
Fin dalle prime battute, e cioè dal prologo della giornata televisiva, Raiuno mette in luce
la sua natura “istituzionale”. Anche il segnale orario e il telegiornale, che scandiscono i
momenti forti della giornata televisiva, sono segni di legittimazione e di fiducia
istituzionale.
L’istituzionalità della rete è confermata anche dagli annunci autopromozionali affidati
alle annunciatrici: essi sono, tra le varie forme di promozione, quella più ufficialmente
deputata a trasmettere la voce dell’emittente; i loro modi contribuiscono a costruire
un’immagine di legittimazione forte.
268
Questa caratteristica di istituzionalizzazione si innesta su un costante richiamo alla
quotidianità, che Raiuno assume come sfondo di ogni interazione sociale. Ogni
frammento di quotidianità viene inserito entro una cornice discorsiva. Questa
operazione di commento esplicito è molto evidente nei contenuti di Uno mattina, dove
momenti di apprendimento e spettacolo vengono trasformati, attraverso la mediazione
del conduttore, in occasioni di interazione diretta con il pubblico.
I tratti peculiari sono quindi riassumibili come autorevolezza istituzionale, riferimento
al “mondo della vita”, e continua incorniciatura dei brani ospitati attraverso una
mediazione personalizzata. Questi tre tratti sembrano convergere verso un’idea di patto
comunicativo in cui broadcaster e audience si segnalano per la buona condotta
reciproca. E’ appunto questo patto che costituisce la marca caratteristica di Raiuno.
Raidue
Raidue, all’interno del mandato istituzionale delle reti RAI, sembra riferirsi alla
quotidianità intendendola soprattutto come attualità. Quest’ultima viene pensata da
Raidue non come entità unica definita, ma come un insieme di frammenti dotati di una
duplice caratteristica: da una lato essi vanno scelti e messi in rilievo attraverso
un’azione di commento; dall’altra essi possiedono una loro significatività intrinseca. Di
qui un deciso stacco rispetto a Raiuno per quanto riguarda il rapporto con il
telespettatore: viene fatto emergere pienamente il senso dei fatti, il conduttore perde i
tratti personali particolarmente carismatici ed invadenti e l’interazione fra broadcaster e
audience viene costruita all’insegna di una trasparenza e neutralità. Inoltre c’è un
costante rimando allo spettatore, chiamato ad assumere in prima persona la complessità
dei frammenti. A ciò mira anche la struttura prevalente propria dei promo di questa rete,
costruiti spesso come racconti di consumo. In essi si anticipa al destinatario il tipo di
269
fruizione offerto dal testo promosso, e per far questo ne precisa le caratteristiche
(generi, protagonisti, trama e regista) e ne fornisce un “assaggio”.
In conclusione, la quotidianità intesa come attualità, la frammentazione del reale, il
ruolo “neutro” del conduttore e il compito affidato allo spettatore costituiscono le
strategie di Raidue, cioè la sua “filosofia” di rete.
Raitre
Raitre tratta la quotidianità come orizzonte e fonte di conoscenza; perciò il palinsesto
insiste sulla valorizzazione dei contenuti trasmessi, più che sulla valorizzazione
dell’interazione stessa. La quantità e la distribuzione quotidiana di programmi educativi
ne sono una dimostrazione, insieme al largo spazio occupato dai notiziari nazionali e
locali.
I modi di annuncio che questa rete ha adottato sono una sorta di compensazione, ma
anche di conferma: da un lato si vivacizza un momento di interazione con lo spettatore;
dall’altro canto, però, i tratti dell’annuncio paiono confermare lo stile di impegno e di
sperimentazione culturale di cui Raitre ha sempre voluto farsi carico e investire il suo
pubblico.
Inoltre, lo spettatore deve operare da solo sulle giunture che collegano i diversi
programmi, a differenza di Raiuno in cui la tendenza è di rendere fluidi i passaggi tra i
programmi, o di Raidue che invece tende a lessicalizzarli, attraverso il commento dello
speaker.
L’accordo comunicativo, quindi, si appoggia molto sul sapere dello spettatore e fonda
“una condotta consapevole”.
Canale 5
La quotidianità viene intesa da Canale 5 come gioco. Non ci si riferisce solo alla
presenza di un alto numero di quiz e concorsi, alcuni dei quali si rifanno direttamente ad
270
elementi della vita corrente, ma ad un modo generale di trattare la quotidianità.
Quest’ultima è assunta nei suoi elementi ludici, “frizzanti” e spettacolari. La
narrativizzazione della quotidianità (tendenza dominante anche nelle altre due reti del
polo privato) trova quindi su Canale 5 il suo primo riscontro.
E’ quanto viene ribadito anche da un esame dell’autopromozione praticata da questa
emittente: anzitutto, i promo adottano la struttura tipica dei “prossimamente” filmici;
poi, essi riguardano soprattutto programmi dominati dal patto dello spettacolo, in
particolar modo varietà e film; infine essi risultano piuttosto numerosi.
Per quanto riguarda i modi dell’interazione comunicativa, questi mostrano un
sostanziale equilibrio tra presentazione implicita e presentazione personalizzata. Il tratto
veramente originale è costituito dalla tendenza a costruire patti particolarmente
coinvolgenti: a ciò mira anche la strategia più adottata nei promo, cioè il continuo rinvio
dell’esplicitazione della proposta, che genera attesa e partecipazione. La condotta dello
spettatore è sottoposta ad una normatività debole: il patto regola perciò una condotta
informale, che punta spesso sulla sorpresa.
In conclusione, il racconto della quotidianità congiunta con la costruzione di un patto
insieme coinvolgente e debole, dà luogo ad un’interazione seducente, esasperata ed
inventata momento per momento.
Italia 1
La presenza marcata e continua di programmi di finzione fa pensare anche qui ad una
quotidianità narrativizzata. Su questo sfondo, comune anche agli altri network privati,
emergono, comunque, le peculiarità di Italia 1.
In primo luogo, si ricorre a una modalità d’interazione quasi sempre implicita,
riscontrabile anche negli spazi promozionali; in questo ambito abbondano, infatti, i
rimandi da un programma ad un altro affidati alla voce off, la quale assume il ruolo di
voce del programma successivo. In secondo luogo, il quadro narrativo in linea con il
271
target giovanile a cui vuole essere attento, si specializza e assume la forma di una
quotidianità ad hoc.
Retequattro
Retequattro, da parte sua, si rivolge ad un pubblico soprattutto femminile: ad esso sono
indirizzati, per esempio, i teleromanzi e le sit-com, che raccolgono il rapporto tra
emittente e spettatore, e il patto che lo inquadra, attorno al grande modello del racconto
sentimentale.
Le modalità di interazione comunicativa dominati si basano sulla presentazione
implicita, correlativamente alla predominanza dei programmi di finzione, quest’ultima è
confermata anche dalla nettissima prevalenza di promo relativi a film.
Conclusioni
Dopo aver analizzato brevemente le tendenze di programmazione delle singole reti, è
possibile fare un accenno anche ai tratti comuni che legano le reti entro strategie più
complessive, che vanno oltre la singola emittente e che interessano i poli televisivi nel
loro complesso.
Dall’esame delle singole reti sono emerse due direzioni diverse nell’orientamento verso
la quotidianità. Il polo RAI fa riferimento ad una quotidianità come concatenazione
stretta di segmenti, con la possibilità di inserimenti da parte dello spettatore: il “mondo
della vita” di Raiuno, l’”attualità” di Raidue e l’”universo culturale” di Raitre.
Il polo privato fa invece riferimento ad una quotidianità già più lavorata e più
finalizzata: in esso la vita di tutti i giorni da un lato assume il volto di un “racconto”,
dall’altro si innesta in un “rituale di consumo”.
Risulta diversa anche la politica autopromozionale dei due network: la televisione
pubblica dimostra di essere in grado di offrire un vasto ventaglio di possibilità allo
272
spettatore, e dunque è in grado di coprire tendenzialmente tutti gli aspetti della realtà,
mentre la televisione privata cerca di costruire un rapporto privilegiato con il
telespettatore, in cui la realtà passa in secondo piano e la quotidianità diviene terreno
d’incontro per un’interazione comunicativa mirata.
Anche l’interazione viene dunque intesa in modo diverso: in breve, nelle reti RAI si
registra una presenza dell’interazione molto superiore che sulle reti private; invece la
forma interattiva implicita, seppur presente in buona misura anche nella RAI, prevale
sul polo privato.
Inoltre, la RAI fa più uso degli annunci e dei rimandi ancorati alle presenze in video,
mentre le emittenti private preferiscono usare per lo più promo spettacolari o rimandi
effettuati dalla voce off.
L’insieme delle varie caratteristiche riscontrate disegna, dunque, due diversi modelli di
patto interattivo: la televisione pubblica sembra proporre un patto aperto, mentre le reti
private propongono un patto il cui destinatario appare continuamente evocato ed
insieme compresso.
273
8. Una ricerca di marketing: l’Osservatorio sul sistema televisivo
Dal 1989 prima la RAI, successivamente la RAI insieme a Mediaset commissionano a
MAKNO & C. una grande ricerca annuale sull’immagine della televisione:
l’Osservatorio sul sistema televisivo.
L’Osservatorio sull’immagine del sistema televisivo è una ricerca di carattere
continuativo sul rapporto fra il pubblico italiano e la Tv, focalizzata su tre filoni base:
1. il consumo televisivo in generale;
2. l’immagine delle reti;
3. l’immagine dei programmi e dei personaggi.
La ricerca è stata realizzata per la prima volta nel 1989 su un campione di 2000 cittadini
(dai 15 anni in poi) rappresentativo della popolazione italiana e da allora ripetuto tutti
gli anni. L’Osservatorio sul sistema televisivo in Italia, ideato dalla RAI, confinanziato
da Mediaset a partire dal 1993 e realizzato da MAKNO & C., costituisce quindi una
ricerca continuativa di monitoraggio che ormai fa parte del sistema informativo di
marketing di entrambi i protagonisti del mercato televisivo.
Il questionario utilizzato comprende una parte centrale riproposta in modo pressoché
costante nel tempo, cui sono affiancate, nelle varie edizioni, sezioni specifiche di
approfondimento degli snodi problematici volta a volta più rilevanti.
L’immagine delle reti, dei generi televisivi, dei programmi, dei personaggi e, più in
generale la struttura, le modalità e i valori del consumo televisivo vengono rilevati,
analizzati ed interpretati, permettendo anche di generare le serie storiche di numerosi
indicatori attinenti ai filoni costanti d’indagine e di sviluppare analisi di tendenza.
L’ingresso di nuove forme di comunicazione rese possibili dalla digitalizzazione, la
crescita esponenziale dei costi per l’acquisto dei diritti per la trasmissione delle partite
di calcio, le attuali difficoltà di alcuni generi televisivi, come il varietà, l’aumento di
peso di altri, come la fiction in primo luogo, e la stessa perdita di significato di alcune
274
linee di demarcazione tra generi sono tutti fenomeni che incrinano la relativa stabilità
pregressa del nostro sistema televisivo e che meritano di essere analizzati (Abis M.,
Bossi V., Carullo A., 1999).
La RAI è stata una delle prime aziende a fare ricerca: ricerca di mercato, ricerca sui
linguaggi e ricerca di gradimento. Erano gli anni ’50 e parlare di ricerca era ancora un
discorso per pochi mentre i primi istituti demoscopici cominciavano solo allora ad
operare. Oggi fare ricerca è diventato una realtà, oltre che una necessità, per ogni
azienda e la RAI, in particolare, ha completato il percorso di rafforzamento delle proprie
capacità conoscitive, di centralizzazione e razionalizzazione delle attività di intelligence
all’interno di una sua struttura, al fine di mettere a disposizione indicazioni utili. Tali
dati consentono inoltre all’Auditel di conoscere con profondità il rapporto tra domanda
ed offerta di televisione e di contribuire così alla qualità della programmazione.
Soltanto pochi anni fa, il nostro immaginario televisivo era in bianco e nero e si
accontentava di poche ore al giorno di televisione da seguire su due soli canali; i
genitori mandavano a letto i figli dopo Carosello, poi è arrivato il colore. Nel settore dei
media italiani però, la vera rivoluzione l’ha portata la Tv commerciale. La pubblicità
televisiva, liberata dai “Caroselli” ha fatto da volano alla nostra economia,
moltiplicando gli investimenti di grandi e piccole aziende su tutti i media, trasformando
e migliorando la stessa comunicazione pubblicitaria; contemporaneamente ha anche
accresciuto la consapevolezza del telespettatore, portandolo ad avere un rapporto più
maturo ed informato con i consumi.
Società italiana e televisione si sono evolute, l’una influenzata dall’altra. La
concorrenza dei network privati e, soprattutto di Canale 5, Italia 1 e Retequattro ha
fortemente influito sul sistema televisivo italiano, stimolando creatività ed innovazione
per restare al passo del cambiamento delle esigenze del pubblico, finalmente libero di
scegliere il programma preferito nel ricco panorama di reti a disposizione.
275
Immediatamente salta agli occhi la centralità della televisione generalista, la quale
deriva anche dall’immagine che il mezzo televisivo ed i suoi personaggi hanno presso il
pubblico, dal legame che lo lega a chi ne fruisce, dalla forza di coesione che genera e,
dal ruolo di socializzazione che svolge. La televisione generalista e i suoi contenuti
saranno dunque sempre centrali per il sistema. Film, telefilm, inchieste, news e talk
show continueranno ad essere i grandi protagonisti di quella “fabbrica
dell’immaginario” che è e sarà sempre la Tv, qualsiasi sia il mezzo attraverso il quale
entra nelle nostre case.
276
8.1. Le macrotendenze del mercato televisivo
Gli ultimi dieci anni circa di televisione costituiscono un periodo di importanti
trasformazioni del mercato televisivo e, più in generale, del sistema della comunicazioni
di massa nel nostro paese.
In tempi recenti, si è notato che la televisione sta diventando un mezzo fruito a livello
sempre più individuale; questo fenomeno ha principalmente tre cause:
1. la frammentazione dell’offerta, che rende disponibile una molteplicità di canali e
di generi tale da sollecitare interessi diversificati;
2. una diversa concezione della famiglia maggiormente disgregata e più
sporadicamente radunata attorno al “focolare domestico”;
3. l’aumento nel rapporto tra numero di televisori e componenti della famiglia,
dovuto sì alla riduzione della dimensione delle famiglie, ma soprattutto
all’aumento del numero di apparecchi televisivi.
Negli anni ’90, con la saturazione della crescita economica, la domanda si sposta da una
logica di prodotto a una logica di servizio, seguendo un bisogno complesso ed
articolato, guidato principalmente dalla variabile più scarsa, e cioè la variabile tempo; si
ricercano attributi intangibili vicini alla cultura dell’individuo; diventa cruciale il
posizionamento politico, religioso, etico e valoriale del singolo bene; il target diventa il
singolo individuo, che non si può raggruppare in segmenti omogenei semplicemente
sulla base di variabili strutturali, ma che si classifica sulla base dei gusti e del consumo.
Ciò si sta verificando anche per il mercato televisivo; di conseguenza, per le emittenti
televisive ci si trova di fronte alla necessità di studiare nuovi modelli di segmentazione
di mercato al fine di comporre la propria offerta in modo diversificato sulla base di
questa nuova articolazione della domanda.
277
Inoltre, si è notato che l’autoreferenzialità della televisione è diventata un fenomeno
sempre più rilevante e diffuso.
Vi è autoreferenzialità sia nell’offerta che nella domanda. Per quanto riguarda l’offerta,
numerosi studi mostrano come la televisione sempre più di frequente parli di se stessa e
promuova se stessa. Vi è peraltro autoreferenzialità anche dal punto di vista del
telespettatore: aumenta, infatti, nell’ambito delle fonti informative sui programmi
televisivi, il peso di Televideo, delle annunciatrici e dei messaggi promozionali, a spese
della stampa tradizionale e delle guide televisive, al punto da poter affermare che la
fonte informativa più utilizzata sulla televisione è oggi la televisione stessa.
L’Osservatorio ci dimostra infatti che la fonte informativa più frequentemente utilizzata
sulla programmazione televisiva è lo zapping (26,4% delle risposte), seguita dal
Televideo (23,6%), mentre un certo rilievo hanno pure le annunciatrici (16,4%) ed i
promo televisivi (13%).
Non si può dimenticare, infine, tra le principali macrotendenze oggi in essere, la
progressiva crescita delle nuove forme di televisione, a pagamento (pay-tv e pay-per-
view) digitali, trasmesse via cavo o tramite satellite, tematiche, a spese della classica
televisione gratuita, analogica, via etere, generalista.
Certamente la televisione generalista non ha per il momento i giorni contati. E’ inoltre
da chiedersi in che misura la televisione interattiva costituisca di per sé parte integrante
del sistema mass-mediatico: va considerato infatti che la capacità di scelta dei servizi
offerti e del momento in cui disporne la rende un’attività di tipo individuale e, in un
certo senso, asociale.
Un programma televisivo trasmesso via etere può essere un’esperienza condivisa in
tutto il mondo, mentre ciò non avverrà mai per l’interattività e la multimedialità.
La capacità di guardare un programma in un momento specifico scelto dall’utente e non
dai responsabili del palinsesto, potrebbe rappresentare un cambiamento significativo
nello stile di vita una volta che la televisione interattiva si sia diffusa su larga scala.
278
Questo fattore inciderà sull’ulteriore sviluppo della televisione interattiva: poiché gli
esseri umani sono animali sociali, una parte rilevante di essi potrebbe preferire a
un’esperienza tecnicamente superiore, ma individuale, un’esperienza condivisa.
8.2. Dieci anni di Osservatorio TV tra bilanci e previsioni
Sulla base delle osservazioni curate dalla Direzione Marketing di Mediaset (RTI), i cui
componenti, con il loro impegno e la loro sensibilità, si spingono sempre oltre la banale
contabilità della “guerra degli ascolti” (chi vince e chi perde) e sanno trarre validi
insegnamenti umani e professionali tanto dalle vittorie quanto dalle sconfitte, è possibile
affermare che i cambiamenti che hanno interessato da più di dieci anni a questa parte la
televisione si sono fatti sentire pesantemente.
Dieci anni fa Canale 5, Italia 1 e Retequattro avevano circa un decennio di vita. Un
decennio segnato dal contrasto tra le crescenti simpatie popolari per il fenomeno
dell’emittenza privata e le lentezza della macchina legislativa, in affanno sui tempi di
messa a punto di regolamenti in grado di accogliere e comprendere il continuo sviluppo
del settore delle telecomunicazioni, ma soprattutto, circa dieci anni fa Canale 5, Italia 1
e Retequattro non avevano i telegiornali e trasmettevano ancora in lieve differita gli
incontri sportivi, eventi musicali e ogni altra manifestazione che meritasse l’attenzione
delle cronache.
Pochi lo ricordano, tale è stato il radicamento che i notiziari delle reti Mediaset si sono
conquistati negli ultimi anni, ma i famosi “eventi dell’89” (la caduta del muro di Berlino
e dei regimi dell’Est europeo) così come la rivoluzione di Pechino, le vittorie di Azzurra
e la Coppa del Mondo dell’82, le Tv private hanno potuto raccontarli solo in differita.
279
Per dieci anni alle Tv private è stato impossibile essere vere televisioni (il che significa
entrare nel vivo degli avvenimenti, spalancare nuovi orizzonti davanti agli occhi dei
telespettatori, informare e contribuire a formare gli italiani). Questo non significa che
non vi siano stati tentativo di dare al pubblico anche lo sport e l’informazione, tuttavia
la cifra delle reti Mediaset non poteva che essere prima di tutto l’intrattenimento, un
genere gradevole e gradito al pubblico, ma pur sempre “un” genere.
Nella notte del 15 gennaio 1991, le reti Mediaset con un programma speciale chiamato
“Studio Aperto”, sono entrate definitivamente nell’era della diretta Tv.
Successivamente sono state varate le quattro testate giornalistiche Mediaset (Tg5,
Studio Aperto, Tg4 e Studio Sport) e servizi quali il meteo e il teletext (Mediavideo), la
diretta domenicale della Santa Messa (su Retequattro), le dirette elettorali (proprio il
Tg5 ha sperimentato per la prima volta in Italia la tecnica degli exit poll) e diversi
programmi in grado di trattare l’attualità.
Analogamente, lo sport ha trovato ampio spazio anche sulle reti Mediaset con le partite
di calcio e soprattutto con la Champions League. Con la diretta, anche l’intrattenimento
è potuto diventare più emozionante, aprendo lo spettacolo all’alea dell’imprevisto e
consentendo l’interazione con il pubblico a casa.
Una tappa fondamentale dello sviluppo televisivo è stata la legge Mammì, la quale,
dopo 15 anni di incertezza legislativa, durante i quali ogni imprenditore televisivo ha
dovuto sostenere “al buio” ingenti investimenti per affermarsi a sostenere il difficile
confronto con il Servizio Pubblico, ha sancito il principio delle pari dignità di tutte le tv
italiane. Lo Stato concede di utilizzare l’etere a tutte le aziende dotate di precise
prerogative sia economiche che editoriali e una volta ottenuta la concessione a
trasmettere, tutte le reti acquisiscono pari diritti e pari doveri.
Il risultato del referendum sulla Tv ha mostrato che gli italiani non desiderano rimettere
in discussione l’assetto del sistema televisivo, ma considerano soddisfacente quello
attuale, modellato dalle preferenze del pubblico e degli investitori pubblicitari. Il
280
Referendum ha dimostrato altresì che per il pubblico italiano le Tv private sono
diventate un patrimonio irrinunciabile.
In ogni caso il processo di “istituzionalizzazione”, dall’interno di Mediaset, è stato
vissuto anche secondo altri punti di riferimento: la possibilità di dare completezza alla
programmazione offrendo un miglior livello di servizio ai telespettatori; la possibilità di
soddisfare le domande di un pubblico diventato sempre più esigente, critico e maturo; la
possibilità di mettersi alla prova innovando il modo di trattare generi quali
l’informazione o lo sport.
L’istituzionalità passa anche attraverso la disponibilità ad impegnarsi nel sociale
(Mediaset svolge infatti da anni una sistematica attività a favore delle organizzazioni no
profit, aiutandole a produrre le loro campagne di comunicazione) e attraverso al
capacità di esercitare un autocontrollo sui propri contenuti.
Il pubblico ha premiato questo arricchimento dell’offerta Mediaset, visto che, come
rivela l’osservatorio MAKNO sull’immagine del sistema televisivo, i telespettatori che
dichiarano di seguire solo le reti Mediaset, trovandovi un’offerta esaustiva, sono passati
in un decennio dal 4% al 13%.
In dieci anni la Tv, in generale, e le reti Mediaset, in particolare, sono cambiate
profondamente, ma anche il pubblico ha subito profondi cambiamenti. La “casalinga di
Voghera” oggi è senz’altro più smaliziata. La meraviglia per il “luccicante mondo della
Tv” è stata sostituita da un atteggiamento più competente, distaccato e critico. Solo il
pubblico più anziano e con minore istruzione considera ancora la Tv come una mera
fonte di compagnia, mentre l’atteggiamento delle altre categorie sociali è decisamente
più attivo e pragmatico.
La variabile chiave per capire il telespettatore di domani sarà il tempo. Tempo
lavorativo e tempo libero si mescolano e la Tv entra nelle case solo se e quando piace,
se e quando interessa, se e quando accende passioni. Insomma, nel frattempo anche la
famosa casalinga ha acquistato dimestichezza con il mezzo televisivo ed è diventata più
281
curiosa ed esigente, oltre che più insofferente rispetto alle offerte ritenute non all’altezza
delle proprie aspettative.
L’Osservatorio MAKNO mostra inoltre come l’analisi delle serie storiche consenta di
evidenziare alcune tendenze piuttosto nette: l’ascolto televisivo si frammenta
(specialmente attraverso lo zapping), si diffonde nelle varie stanze dell’abitazione
(ormai solo una famiglia su tre dispone di un televisore solo) e si individualizza.
Resta da capire se queste tendenze preludano ad una generale perdita di peso della Tv
generalista (il modello televisivo praticato tanto dalla RAI quanto da Mediaset) a
vantaggio di reti tematiche (magari in versione pay o pay- per-view). In realtà, a oggi, la
Tv generalista sta dando prova di ottima salute (tra il 1997 e il 1998 l’ascolto televisivo
è aumentato sia in termini di “contatti” – chi ha visto la Tv per almeno un minuto -, sia
in termini di “minuti visti” ogni giorno dal telespettatore medio). Stando alle stime degli
esperti, le Tv tematiche in digitale assumeranno un’importanza economica di tutto
rilievo, tuttavia non dovrebbero sostituire, ma integrare l’offerta delle reti generaliste
che continueranno ad offrire al minimo costo la massima varietà d’offerta.
Semplicemente dovrebbe aumentare l’esposizione a tutti i media tout court.
Certamente molto dipenderà anche dai contenuti che la Tv generalista saprà veicolare in
futuro, dalla loro originalità, dalla loro innovatività e dalla capacità che avranno di
garantire alle famiglie svago ed informazione, proprio perché il livello di raffinatezza
del pubblico televisivo e della sua domanda è cresciuto enormemente.
282
8.3. Le preferenze degli spettatori
Se è vero, ad esempio, che nel 1998 quasi il 60% degli utenti si dice “abbastanza
soddisfatto” dei programmi televisivi, è anche vero che, di converso, un’altra porzione
piuttosto ampia li subisce passivamente. Consuma per “abitudine”, o perché “non sa
cosa fare” o per “occupare” il tempo libero, senza contare coloro per i quali il televisore,
prima o poi, si riduce a rumore di fondo. Alla base di queste scelte sta tutto un clima
ideologico che si riversa sulla televisione come prassi sociale o come forma ratificata di
alienazione: c’è, allora, chi motiva i propri giudizi sostenendo che la televisione lo
“rilassa” (43%), o che gli “tiene compagnia” (37%), o che ne guadagna in “cultura”
(28%) e c’è, perfino, chi attribuisce alla televisione le più ardue virtù, come quella di
permettere di “stare insieme” (4,4%) e di ”stimolare la conversazione” (3,2%). Se si
percepisce un calo di tensione nel rapporto con la televisione, si preferisce attribuirne la
causa ad un lavoro che si è fatto più impegnativo (30%), piuttosto che al venir meno
dell’interesse per i programmi trasmessi (27%).
Viste dalla parte di chi produce valori tramite un mezzo di comunicazione socialmente
capillare, queste sono le condizioni che via via si pongono come presupposto della
comunicazione stessa.
Per quanto riguarda le tipologie di programmi che gli spettatori preferiscono si
segnalano alcune tendenze. Continuano ad aumentare i giudizi positivi nei confronti del
film che, come genere, è percepito come un prodotto totalmente autonomo dall’apparato
produttivo della televisione. Con metà dei voti rispetto al film, cresce l’apprezzamento
dei telegiornali, ma non brillano i programmi di approfondimento dell’informazione e
dell’attualità. Il “varietà” è in calo, ma sono anche in atto alcuni tentativi di ibridarne il
genere tramite la spettacolarizzazione della cronaca privata e dei travagli domestici;
283
mentre il talk show e i vari giochi a quiz guadagnano qualche affezionato in più, un
progresso particolarmente significativo è toccato allo sport.
Il pubblico che segue lo sport si è ormai consolidato intorno a valori che sfiorano il
60%, ma, chiaramente, è l’evento sportivo ad interessare, e non quell’insieme di
trasmissioni, dove lo spettacolo della polemica e la “chiacchiera sportiva” hanno
sostituito l’analisi tecnica. Il calcio, notoriamente, abita più di altri sport l’immaginario
collettivo, perché può vantare una struttura simbolica forte non disgiunta dall’impatto
televisivo. Sci, tennis e pallavolo, per esempio, sono più vincolati al momento da certi
personaggi specifici che non risultano di immediata sostituibilità come i loro
corrispettivi del calcio. Soltanto così si spiega la disaffezione improvvisa nei confronti
del tennis che, ad esempio, dal 1996 al 1997 passa dal 22% al 14% delle preferenze, o
certe curiosità impreviste nei confronti dello sci che, nel medesimo periodo, passa dal
35,5% al 44,4%. Lo sport e lo spettacolo sportivo sono dunque diventati la narrazione
popolare più rilevante grazie alla televisione.
Per quanto riguarda la pubblicità, già alcuni aspetti quantitativi del fenomeno risultano
chiaramente indicativi: dai primi anni Ottanta al 1994 (secondo i dati Nielsen
Nasa/Nbi), il numero degli annunci pubblicitari televisivi nei canali della RAI è quasi
quintuplicato e quello nelle televisioni cosiddette “commerciali” sono settuplicati. Il
dato è ancora più significativo se letto alla luce della concorrenza nella raccolta
pubblicitaria fra stampa e televisione. Dopo anni di subalternità, infatti, le reti
commerciali hanno eguagliato e sopravanzato il totale degli investimenti nella stampa e
la RAI, da sola, ne ha raccolto più della metà.
Una presenza quantitativa di tale portata non poteva mantenere “intatta” l’ormai
tradizionale interazione comunicativa con l’utente. Da lì, la ricerca di nuove tecniche di
marketing, di nuovi linguaggi persuasivi e la ristrutturazione di tutti i programmi per
forme, contenuti e loro sequenzialità nel tempo dello spettatore.
284
ORARI DI ASCOLTO DEI TG
1992 (%) 1997 (%) 1998 (%) 1999 (%)
Mattina 11.6 18.7 30.2 30.9
Ora di pranzo 60.8 71.8 74.8 76.4
Tardo
pomeriggio
12.3 17.0 16.4
Ora di cena 86.9 88.1 88.8 88.1
Tarda
sera/notte
15.7 16.3 22.9 27.1
FREQUENZA DI ASCOLTO DEI TG
1992 (%) 1997 (%) 1998 (%) 1999 (%)
Tutti i giorni 76.7 83.0 85.9 86.0
3 – 4 giorni alla
settimana
16.0 8.6 7.4 7.4
1 – 2 giorni alla
settimana
5.1 3.1 2.8 3.0
Mai, quasi mai 2.2 5.3 3.7 3.8
285
TG - PRINCIPALI MOTIVAZIONI DI PREFERENZA
1997 (%) 1998 (%) 1999 (%)
Completezza e
varietà
32.0 34.0 34.4
Chiarezza e
comprensione
28.9 28.4 32.7
Comodità orario 27.9 23.5 24.2
Conduttori/giornalisti 23.7 22.1 21.5
Abitudine 18.0 12.4 12.8
Approfondimento 15.5 15.5 17.6
Obiettività 12.4 14.6 15.2
PROGRAMMI PREFERITI
1995/96 (%) 1997 (%) 1998 (%) 1999 (%)
Film 57.1 63.9 67.4 68.8
Tg 31.5 31.0 34.8 36.6
Varietà e spettacolo 23.2 19.9 14.1 13.7
Documentari 19.3 24.5 28.7 25.4
Informazione/attualità 19.0 20.8 19.2 20.4
Riprese sport 14.9 16.4 20.5 17.1
Programmi culturali 13.5 13.0 11.0 11.5
Rubriche sportive 11.1 13.2 10.3 9.6
Quiz/giochi 9.8 11.4 12.4 12.9
Talk show 8.6 9.4 11.2 7.4
286
FREQUENZA DI ASCOLTO DEI PROGRAMMI SPORTIVI
1991
(%)
1992
(%)
1993
(%)
1995/96
(%)
1997
(%)
1998
(%)
1999
(%)
Più volte alla
settimana
20.6 22.5 21.6 24.1 26.1 24.7
Il sabato e la
domenica
5.0 7.0 5.9 6.3 5.7 7.3
Solo il sabato 0.3 0.4 0.3 0.0
Solo la domenica 11.5 11.9 9.9 12.9 11.9 8.1 8.1
Saltuariamente 15.7 14.0 14.6 14.8 15.6 16.7 15.6
Mai/quasi mai 43.8 48.5 46.0 44.5 41.7 42.3 44.2
287
SPORT SEGUITI IN TV
1990
(%)
1991
(%)
1992
(%)
1993
(%)
1994
(%)
1995/96
(%)
1997
(%)
1998
(%)
1999
(%)
Atletica
leggera
10.7 9.6 8.0 11.3 5.7 6.0 7.6 8.5 7.9
Automobilismo 20.2 21.5 16.8 18.2 20.9 17.9 23.8 19.0 42.4
Calcio 87.4 87.1 83.3 84.0 85.0 84.2 84.0 85.0 84.1
Ciclismo-
strada e pista
9.8 12.5 11.2 13.7 11.2 12.2 15.1 18.7 21.3
Ginnastica
artistica –
ritmica
2.3 3.1 1.9 1.0 0.8 1.4 1.6 1.5
Motociclismo 3.2 2.1 3.0 3.2 3.2 1.8 4.3 4.4 9.0
Nuoto 1.9 2.0 2.2 2.4 1.9 2.3 3.7 4.0
Pallacanestro 12.5 10.8 9.2 11.3 10.3 10.6 9.1 9.5 8.2
Pallanuoto 7.9 0.6 0.3 0.3 1.1 1.6 0.4
Pallavolo 10.1 9.0 8.9 11.6 10.3 8.7 9.1 8.5 7.6
Pattinaggio su
ghiaccio
2.5 3.4 2.2 2.5 2.6 3.8 2.7
Pugilato 20.6 15.0 9.1 7.2 6.7 6.6 5.8 8.1 6.7
Sci 19.5 13.8 27.5 39.7 33.6 35.5 44.4 42.9 14.3
Tennis 16.2 21.0 16.8 16.1 11.5 22.0 14.1 13.7 13.4
BASE (% SUL
CAMPIONE)
60.0 53.2 51.5 54.0 56.6 55.5 58.3 57.7 44.5
Nota: il totale è superiore al 100% perché la domanda prevedeva fino a 3 possibilità di risposta. Sono
riportati solo gli sport segnalati da almeno l’1% degli intervistati
288
COSA VORREBBE DI DIVERSO
1998 (%)
Programmi
informativi/culturali/educativi/scientifici
44
Più film 16
Meno pubblicità 15
Più imparzialità e sincerità 14
Più musica – teatro – arte 11
Meno violenza 10
Programmi più seri e impegnativi 10
Programmi meno aggressivi e superficiali 8
Più sport – meno calcio 6
Programmi più innovativi 6
Più programmi di intrattenimento 5
Meno speculazione sui casi umani 2
Meno talk show 2
BASE (% SUL CAMPIONE) 14
Nota: la base di riferimento della domanda è costituita dagli intervistati che vorrebbero qualcosa di
diverso dalla Tv
289
9. Ricerca sugli spettatori italiani
L’Osservatorio sulla Comunicazione dell’università Cattolica del Sacro Cuore di
Milano ha svolto nel corso del triennio 1999-2001 una serie di indagini sulle audience
su commissione della Direzione Marketing RTI (Mediaset).
Le ragioni della committenza discendono essenzialmente dalla crescente
insoddisfazione che gli operatori del marketing televisivo avvertivano per alcuni
approcci tradizionali al pubblico, ai suoi gusti e ai suoi comportamenti di consumo.
I risultati di tali indagini, condotte secondo una prospettiva in grado di integrare lo
studio sociostorico dell’industria culturale, l’indagine qualitativa sui consumi e l’analisi
semiotica dei testi, hanno messo in evidenza i profili del pubblico televisivo e il
bagaglio esperienziale con cui ci si relaziona al medium televisivo (Aroldi P., Colombo
F., 2003).
Sono state individuate e testate sinteticamente quattro coorti generazionali, a cui è stato
assegnato un nome definitorio, il quale esprime per suggestione l’atteggiamento
attualmente assunto nei confronti del mezzo.
I Nostalgici sentimentali (nati fra il 1945 e il 1952)
Questa prima coorte generazionale ha vissuto la propria fase formativa fra il 1958 e il
1967. Si tratta di una fase compresa fra gli inizi del boom economico e gli inizi della
contestazione studentesca. In questa fase, assai articolata, la società italiana è percorsa
da mutazioni strutturali: si pensi all’industrializzazione e alla crescente mobilità sociale,
nonché in generale alla diffusione di beni e pratiche sino a quel momento elitarie.
Inoltre i giovani, sia perché naturalmente aperti alle profonde modificazioni in atto nella
società, sia perché divenuti destinatari di strategie di offerta e di comunicazione,
cessano di essere semplicemente adulti in formazione, per divenire sotto molti aspetti un
vero e proprio gruppo sociale, caratterizzato da mode, stili di vita e comportamenti
290
propri. Ne discende un differente atteggiamento nei confronti dei media, che per molti
adulti rimangono una sorta di universo culturale parallelo alla cultura vera e propria,
mentre per i giovani sono un vero brodo di cultura entro il quale crescere.
L’offerta dell’industria culturale in questa fase risente largamente di questa progressiva
diversificazione del mondo giovanile, mentre il medium intergenerazionale costituito dal
cinema propone, in un’offerta assai vasta e ramificata, anche alcune produzioni
tipicamente nazionali in cui la fruizione giovanile e adulta si sovrappongono.
Si può dire che la televisione costituì una solida via di mezzo fra le alternative
rappresentate dalla musica e dal cinema: mezzo ancora saldamente familiare, la Tv
parlava al nucleo intero, ma di volta in volta sapeva costruire isole di programmazione
per i più giovani. Esemplare da questo punto di vista la fortunata Tv dei ragazzi, in una
fascia-contenitore di metà pomeriggio che presentava serie di fiction, documentari,
giochi-varietà in una prospettiva di intrattenimento pedagogico. Il caso più interessante
è costituito comunque da Carosello, la trasmissione pubblicitaria costruita con un
formato molto rigido e vincolante, inizialmente progettata per le consumatrici e in
seguito sempre più consapevolmente trasformata in siparietto per bambini.
I Nostalgici critici (nati tra il 1953 e il 1965)
Questa seconda coorte generazionale ha vissuto la propria fase di formazione in un
periodo compreso tra il 1968 e il 1980. Il periodo in questione è segnato da grandi
trasformazioni del Paese, e in generale da una lunga crisi economica, politica e
culturale, anche a causa delle vicende internazionali (ad esempio la crisi energetica
successiva alla guerra del Kippur).
Sul piano dei soggetti sociali, il decennio vede l’emergere della soggettività femminile,
che si esprime sul piano politico e culturale, con ricadute anche sul versante dei
consumi culturali. Soprattutto per le donne, i media e i loro prodotti entreranno in un
291
universo di scelte consapevoli, che possono trasformare il consumo in ricezione
culturale vera e propria.
Le diete mediali di questa coorte sono caratterizzate da un forte legame con un
sentimento di appartenenza sociale, politico e culturale: cantautori, saggistica,
controinformazione e cinema d’essai non sono solo proposte e consumi di uno e più
pubblici definiti, bensì una sorta di matrice riconoscibile di uno stile entro certi limiti
condiviso. Talmente condiviso che fenomeni come la diffusione della disco-music
vivono per qualche tempo sottotraccia nella percezione di osservatori attenti alle
trasformazioni in atto.
Il cinema comincia a manifestare l’aggravarsi dell’emorragia di spettatori nelle sale che
segnerà la svolta nel sistema complessivo dell’offerta cinematografica; accanto alla
tradizione del cinema d’autore, continua il successo del cinema comico o di un certo
nuovo “seriale d’autore” e dei blockbuster americani.
Per quanto concerne la televisione, vanno rilevati da un lato il tardivo pronunciamento
della magistratura sulla legittimità dell’emittenza privata a fronte di un sistema
decisamente misto; dall’altro una riforma della RAI che farà della Tv di Stato qualcosa
di profondamente diverso dal periodo precedente, in grado di produrre nel decennio
successivo innovazione e sperimentazione. Ma questa innovazione è di là da venire e il
mezzo televisivo rimane un po’ in ombra, in questa fase, a parte la prosecuzione
fortunata di modelli e serie in qualche modo ancora appartenuti a una tradizione
consolidata nel periodo precedente.
I Razionali storici (nati fra il 1966 e il 1978)
La terza coorte generazionale ha vissuto la propria fase di formazione in un periodo
compreso fra il 1981 e il 1992. Il periodo in questione segue il ricomporsi della lunga
crisi sociale degli anni Settanta e ne anticipa un’altra: quella del crollo della prima
repubblica, della fine dei grandi partiti protagonisti della vita politica nazionale e della
292
nascita di uno scenario politico e co-istituzionale per molti versi nuovo. Gli anni Ottanta
furono per il nostro Paese un periodo di abbandono delle grandi ideologie, di relativo
benessere economico, di definitiva terziarizzazione e di diffusione del modello
finanziario come possibile via al successo e all’ascesa economica. Alcuni fenomeni di
tribù metropolitane giovanili, come i Paninari e adulte come gli Yuppies, diedero un
tono insieme conformista e ottimistico al decennio, creando un mood in cui si inseriva
l’offerta dell’industria culturale nazionale, in cui l’espansione della Tv commerciale
consentiva un nuovo ciclo di importazione di cultura americaneggiante (si pensi a
Dallas e a Dynasty), e in cui in generale anche la stampa cominciava a inseguire una
certa televisizzazione, con formati sempre più influenzati dalle necessità degli
inserzionisti pubblicitari.
Ma, in generale, accanto a questa impronta fortemente americana e fondata sul
marketing, non mancavano offerte differenti (si pensi all’avvento delle “anime”
giapponesi, prima vera alternativa al cartoon disneyano), con una nuova creatività
presente nei vari media attraverso un mix del tutto inedito caratterizzato dalla sensibilità
al mercato e dalla volontà di sperimentazione.
I nuovi modelli di consumo non separano tanto i giovani dai meno giovani, le donne
dagli uomini, quanto piuttosto all’interno delle generazioni e dei generi a partire da
scelte complessive, con un’accettazione diffusa dei modelli in cui comunque ogni forma
di consumo ha a che vedere con un apparire che dice qualcosa dei soggetti e del loro
essere, non soltanto del loro avere. Esemplare è la centralità della moda, che testimonia
di un sentire diffuso, che va al di là della singola scelta di acquisto e di abbigliamento.
Per quanto riguarda i media, si può dire da questo punto di vista che la centralità
assoluta della Tv, che fa nel nostro Paese il mezzo dominate, riguarda da un lato i suoi
aspetti economici e proprietari: si pensi alla scalata della Mondatori, che vede il gigante
editoriale italiano entrare nell’orbita di Mediaset inaugurando una nuova forma di
concentrazione editoriale nel nostro Paese.
293
Dall’altro canto, tale centralità ha a che vedere con atteggiamenti più impalpabili, ma
altrettanto significativi, come la perfetta sintonia fra un mezzo cambiato sotto il profilo
tecnico e culturale e una società in rapidissima mutazione.
I Razionali disincantati (nati fra il 1979 e il 1985)
Quest’ultima coorte generazionale ha vissuto al propria fase di formazione in un periodo
compreso fra il 1993 e il 2000. Per questa coorte, dunque, il processo di socializzazione
televisiva è in corso. Tuttavia, vista l’ampiezza del lasso temporale preso in
considerazione e la rapidità dei mutamenti di gusto e di comportamento, è possibile
riconoscere, nei più adulti fra questi ragazzi, alcuni elementi che fanno già pensare a un
utilizzo retrospettivo del consumo televisivo.
Non vi è dubbio che questa fase sia segnata dalla trasformazione della politica (la prima
legislatura eletta con sistema parzialmente maggioritario e la vittoria del nuovo soggetto
politico creato da Berlusconi appartengono a questo periodo), mentre sul piano sociale
si riscontra nel mondo giovanile e negli atteggiamenti di consumo, il consolidamento di
tribù, caratterizzate da forme di identità segmentata attraverso processi che integrano
fortemente il consumo nella vita, ma che innervano pure il consumo di scelte sempre
più consapevoli e mirate. Si diffondono così fenomeni cult nel cinema (Matrix), nella
letteratura (Tamaro), nella televisione (MTV), accanto a pratiche ludiche (la
Playstation) o relazionali (il telefono cellulare). Questi fenomeni generazionali si
sposano però con un forte ritorno alla famiglia, regolato da nuovi patti di convivenza fra
genitori e figli, con maggiore libertà per questi ultimi.
Sul piano dell’offerta culturale, il panorama si modifica radicalmente: basta ricordare la
diffusione dei cellulari, dei computer, di Internet e dei DVD. Ne si può dimenticare il
ruolo esercitato dalla televisione a pagamento e/o satellitare nel trasformare la
percezione del piccolo schermo. Naturalmente questa offerta finisce per dar vita ad
294
alcune segmentazioni fondate sulla disponibilità di spesa, creando nuove nicchie di
consumo, sempre più articolate.
In generale, finisce l’era della centralità della Tv generalista. Il mezzo continua a
svolgere un importante ruolo di leader per quanto concerne gli investimenti pubblicitari,
ma i contenuti più importanti (il cinema di prima visione e lo sport) gli vengono
progressivamente sfilati. Si afferma invece la fiction come colonna vertebrale della
programmazione, in un panorama di format sempre più simili e in una caduta
abbastanza consistente della creatività.
Quattro idee di televisione
Si può passare ora a valutare gli atteggiamenti dei soggetti testati in relazione alla Tv
come mezzo. Sotto questo profilo le quattro coorti generazionali possono essere
raggruppate in due coppie.
La prima coppia è costituita dalle due generazioni più anziane, i cui rappresentanti
possono essere raggruppati sotto la definizione di Nostalgici. Gli spettatori di questa
coppia non soltanto manifestano un ricordo assai preciso della televisione della propria
giovinezza (basta infatti nominare un genere, un programma o un personaggio perché si
scateni una rincorsa memoriale piena di piacere e stupore: riemergono soprattutto gli
sceneggiati e i varietà), ma sono sostanzialmente d’accordo nell’attribuire a quella Tv,
monopolista e in bianco e nero, un primato di qualità rispetto alla Tv uscita dagli
scossoni della fine degli anni Settanta. Tanto è l’affetto per quella televisione in bianco
e nero che gli spettatori di queste generazioni manifestano un giudizio piuttosto duro
verso la grande trasformazione del panorama televisivo degli anni Ottanta,
caratterizzato dal colore, dal telecomando, dalla molteplicità e varietà dell’offerta mista
pubblica e privata. In realtà, i programmi di questa televisione sono ricordati anch’essi,
così da dimostrare una visione abitudinaria e abbastanza appassionata.
295
Diverso è l’atteggiamento nei confronti della Tv degli anni più recenti. Qui si ha un
ritorno all’affetto; i programmi non soltanto vengono ricordati in maniera spontanea, ma
sono di nuovo inseriti in un’immagine complessiva del medium positiva. Si ha
l’impressione che la televisione del presente sia guardata come sfondo di un passato
mitico. Così, una fiction riuscita è per questi spettatori la riproposizione aggiornata dei
vecchi sceneggiati, sia per il suo stile e i suoi contenuti narrativi, sia per le modalità di
fruizione: viene guardata con i figli, così come durante la giovinezza veniva guardata
con i genitori.
Un fenomeno del tutto speculare si verifica per la seconda coppia di generazioni, che
comprende gli spettatori più giovani, e che si può riunire sotto la definizione di
Razionali. In questo caso è la televisione della fase monopolistica che viene rifiutata:
così il bianco e il nero diventa, per questi spettatori, un indicatore di povertà e
semplicismo di una programmazione del tutto obsoleta. Per queste generazioni la
limitatezza dell’offerta può solo significare un controllo eterodiretto sui consumi. I
Razionali non vivono la pubblicità come l’esplosione di una offerta comunicativa, ma
solo come un ambiente naturale di comunicazione, perfino divertente quando non
eccessivo ed enfatico.
Il cuore della memoria televisiva di queste due generazioni è costituita dalla
programmazione degli anni Ottanta, descritta come un’esplosione di vitalità e di
innovazione: è la Tv del colore non solo tecnologico, ma anche estetico ed emozionale,
così come la varietà dell’offerta diventa simbolo di libertà di consumo. Nel ricordo della
televisione della giovinezza (che per l’ultima generazione è particolarmente fresco), gli
spettatori di queste due coorti si dimostrano meno coinvolti in termini di nostalgia. Essi
tendono in particolare ad utilizzare forti competenze tecniche; riconoscono la Tv di oggi
come figlia della Tv degli anni Ottanta e mostrano una percezione individualistica della
fruizione. I programmi importanti per questi spettatori sono quelli che li hanno uniti ai
296
coetanei, che li hanno fatti sentire partecipi di un gruppo da cui i più adulti erano in
qualche modo esclusi.
La frattura storica e simbolica che separa i Nostalgici dai Razionali conferma una
distinzione già da tempo assodata nel passaggio dal sistema monopolista a quello misto:
quella fra paleo e neotelevisione.
Una simile distinzione comporta due tipi di fruizione, di percezione e di memoria della
televisione assai diverse. In questo senso la distanza fra i Nostalgici e i Razionali
sembra legata alla svolta operatesi nel nostro Paese sul finire degli anni Settanta. Si può
provare a sostanziare gli elementi che hanno drammatizzato la differenza: l’avvento di
innovazioni tecnologiche; le trasformazioni del sistema in termini di contenuto
dell’offerta e della sua soggettività; il cambiamento del registro discorsivo. E’
esemplare la riarticolazione del palinsesto, il trionfo dell’autopromozione delle reti, la
suddivisione in fasce, persino la colonizzazione progressiva di tutto l’arco della
giornata. Bisogna segnalare anche la svolta interattiva di una Tv che permette dagli anni
Ottanta in poi l’accesso al pubblico attraverso le telefonate e poi, attraverso la
partecipazione alle trasmissioni come attore-comparsa e infine come attore protagonista.
Per quanto riguarda i Razionali, si riscontra nella coorte più anziana (gli Storici) un
atteggiamento più “caldo” e partecipe di quello che si riscontra nella più giovane. Per
gli appartenenti alla prima coorte, la Tv è un rifugio, che propone un’offerta ampia e
differenziata in una fase di crisi degli altri media. La fruizione del piccolo schermo si
caratterizza per alcuni fenomeni nuovi come i cartoons di provenienza giapponese,
Drive In di Antonio Ricci, le trasmissioni di Renzo Arbore, che si installano nella
memoria e che ancora oggi restituiscono il sapore di un periodo.
Non c’è quasi traccia di questo sapore nella coorte dei più giovani, che è stata definita
sotto questo profilo dei Disincantati. La Tv non è più percepita come mezzo centrale;
semmai, è ad altri mezzi che si guarda per cogliere le istanze nuove. All’interno
dell’offerta televisiva decolla la fruizione di MTV, di cartoons, di fiction e shows
297
giovanili, in una scelta che tuttavia appare residuale, come se l’abitudine alla visione
della Tv fosse una sorta di obbligo che occorre riempire con quanto c’è di meno peggio,
anziché con proposte esaltanti.
Al di là delle differenze le prime generazioni delle due coppie manifestano almeno due
ordini di caratteristiche comuni: su un versante esse hanno vissuto la loro adolescenza
nella fase di affermazione della tecnologia televisiva. Certo, per i Nostalgici
sentimentali si trattava dell’affermazione del mezzo televisivo tout-court, mentre per i
Razionali storici la novità era costituita dalle innovazioni di colore e del telecomando.
D’altronde, le due fasi che hanno accompagnato la giovinezza delle due generazioni in
questione hanno in comune alcune caratteristiche sociali, legate a fasi diversamente
propulsive dell’economia: il boom per i Nostalgici sentimentali, la ripresa degli anni
Ottanta per i Razionali storici.
Di segno opposto è invece l’atmosfera che accompagnò l’approccio delle seconde
generazioni di ogni coppia al piccolo schermo: sul versante tecnologico, le fasi che
videro l’adolescenza dei Nostalgici critici e dei Razionali disincantati si segnalarono
come fasi di stabilizzazione e di assestamento, in cui il mezzo non presentava
sostanziali segnali di innovazione, e anzi attraversava una certa crisi di generi e
paradigmi.
Dalla sistematizzazione dei dati raccolti nelle due indagini con i focus group emergono,
quindi, differenti profili generazionali in cui è possibile segmentare il pubblico
televisivo rispetto ai contenuti della memoria televisiva, alle percezioni e alle
motivazioni del suo contenuto.
Iniziando dalle due generazioni dei Nostalgici, il primo tratto caratterizzante legato alla
sua memoria televisiva è la straordinaria facilità con cui i soggetti ricordano la
programmazione degli anni Cinquanta-Settanta, cioè la Tv fruita nell’età dell’infanzia e
298
della giovinezza. Leggendo la mappa5 approntata dai Nostalgici dei prodotti televisivi
ricordati come i più significativi di questo periodo è interessante rilevare la
collocazione “anticipata” di un programma, Happy Days, molto più recente rispetto agli
altri citati, considerando che la prima puntata andata in onda in Italia risale al 1978. Tale
“suggestione” rivela qualcosa di legato alla capacità dei contenuti dei programmi
culturali di fondersi nella memoria e nell’identità di chi li fruisce. Happy Days si
inserisce nella mappa memoriale della televisione delle origini come chiave di lettura
che racchiude in sé quella visione nostalgica con cui le due coorti guardano al passato.
Allo “splendore” degli anni Settanta si sostituisce l’apparente rimozione della
televisione degli anni Ottanta6. Tali anni sono sanzionati negativamente come fine del
periodo mitico, a causa dell’avvio di una Tv senza contenuti e camaleontica. La
prospettiva nostalgica assegna, infatti, alla Tv commerciale la “colpa” dell’invasione
della programmazione americana e di una sovrabbondanza dell’offerta a scapito della
qualità. La disaffezione verso il periodo televisivo degli anni Ottanta si è quindi
esplicitata per l’identificazione negativa del decennio televisivo con l’inizio della
sovrabbondanza di un’offerta di programmi non di qualità.
Rispetto alla televisione attuale, la rievocazione di alcuni programmi – come Un medico
in famiglia, Caro maestro, La macchina del tempo, Commesse – è dettata dal
riconoscimento, e dal piacere ad esso legato, di un ritorno al passato, dell’affermarsi di
una televisione che, pur agendo secondo una logica di differenziazione dei target e
quindi a favore di un consumo individualistico, guarda alla sua storia promuovendo
anche programmi rinnovati nella tradizione.
Così, anche rispetto alla memorabilità delle storie televisive, la rievocazione dei
Nostalgici è guidata dal ricordo del gradimento della loro fruizione, in cui emerge
5 La cittadella, Il musichiere, Il conte di Montecristo, L’amico del giaguaro, Lascia o raddoppia?, Perry Mason, Carosello, Il dottor Kildare, Il commissario Maigret, I fratelli Karamazov ed Happy Days. 6 Apparente poiché, di fatto, sono vari e molteplici i consumi televisivi legati a questo decennio, tra cui i più menzionati sono Sentieri, Dallas, Dynasty, Anche i ricchi piangono, La smorfia, Quelli della notte, Indietro tutta.
299
l’attitudine a rievocare storie di derivazione letteraria7, quale garanzia di contenuto e di
coinvolgimento.
Nel caso di Commesse, ad esempio, il tratto che viene evidenziato con più forza è la
vicinanza che i personaggi suscitano nel lettore, a partire dalla professione che svolgono
i protagonisti e dai problemi di vita quotidiana che affrontano in ogni puntata.
Passando al profilo del pubblico dei Razionali storici, la coorte dei 24-36enni, manifesta
una competenza nettamente superiore alle altre coorti nella capacità di ricostruire, a
partire dagli anni Ottanta, il quadro dell’offerta televisiva, tanto vasto grazie alla
diversificazione e individualizzazione dei ricordi dei soggetti, in conseguenza della
pluralità di scelta propria del sistema misto e dell’affermarsi di un consumo individuale.
Pur essendo la televisione degli anni Ottanta quella direttamente fruita durante
l’infanzia, non mancano riferimenti estemporanei ai programmi precedenti, filtrati dalle
repliche o dai racconti altrui8. L’immagine della Tv delle origini è costruita in base a
una percezione tendenzialmente negativa, in cui gli aspetti caratterizzanti sono costituiti
dalla situazione di monopolio e dalla conseguente povertà di programmazione, spesso
ricordata o pensata come nazional-popolare, intendendo con ciò la limitatezza dei
contenuti come anche il colore, il solo bianco e nero, che la governano. Gli anni Ottanta
sono visti come il momento della svolta positiva della Tv. Tale periodo diviene agli
occhi dei Razionali sinonimo di fantasia, libertà ed evoluzione, proprio grazie all’inizio
dell’era di una Tv più americana in cui la programmazione si è evoluta diventando
competitiva, propositiva, varia, divertente e addirittura frizzante. Come già per le
generazioni dei Nostalgici, sulla mappa memoriale dei Razionali si esercita una
distorsione, evidenziata in questo caso dalla collocazione di Twin Peaks, trasmesso in
Italia nel ’91, nella programmazione degli anni Ottanta. La citazione di tale telefilm
7 Tra le storie televisive che le due coorti di Nostalgici condividono nel loro bagaglio memoriale, quelle lette come “grandi” sono il genere giallo e in particolare Nero Wolfe e Maigret, Commesse, Moltalbano, La Piovra, Sandokan, Uccelli di rovo. 8 Come, per esempio, riportando sempre i più citati, Happy Days, Sandokan, Lassie, Furia, Scaccia pensieri, Orzowei, Spazio 1999, Hulk.
300
sembra spiegarsi come esempio dell’affermarsi di contenuti originali e di forte impatto
sul pubblico.
Twin Peaks costituisce il capitolo conclusivo di un periodo arrivato alla sua piena
maturazione, che può giocare in modo consapevole sulla contaminazione e l’esibizione
di tutti quegli elementi di cui si sono nutriti gli anni Ottanta, fondendo insieme i generi
del thriller, del sentimentale, del fantastico e del drammatico in una ripresa che adotta
come sguardo privilegiato al rappresentazione del quotidiano secondo i modi della
fiction seriale.
La Tv di oggi9 è definita come ripetitiva, ancorata soprattutto ai programmi di fiction o
di real-Tv, spesso invadente e politicizzata, in cui ciò che determina la programmazione
è la “dittatura” dell’ascolto. I Razionali adottano ragioni più di tipo tecnico per scegliere
o apprezzare un programma, valutando la sua aderenza a modelli di contenuto
riconoscibili e rapportandosi alla Tv come ad un semplice apparecchio domestico di uso
quotidiano.
Infine, gli spettatori più giovani, cioè i Razionali disincantati: la coorte di nascita 1979-
1985 presenta una debole memoria televisiva. Questa non appare dovuta tuttavia
soltanto all’età anagrafica bensì, più profondamente, a uno scarso investimento emotivo
e cognitivo nei confronti del medium. La televisione direttamente conosciuta è solo
quella degli anni Novanta10, mentre l’immagine del passato deriva da ricordi altrui o da
repliche (come nel caso di Happy Days, Rin Tin Tin, Lassie). Con gli anni Ottanta, la
memoria rievoca la fruizione infantile di una Tv soprattutto fatta di cartoni animati e
percepita come ricca, americana, privata, dei quiz (fra i programmi più citati Holly e
Benji, Lady Oscar, Georgie, La ruota della fortuna). Questi soggetti mostrano da un
lato una stretta competenza tecnica nei confronti dei programmi di oggi, che li conduce
9 I programmi più menzionati sono Friends, La tata, Scherzi a parte, X-Files, i programmi della Gialappa’s, Hunter, Le iene, Commesse, Lupin III, Pippo Kenndy Show, Ally Mc Beal. 10 L’universo esperienziale di riferimento comprende, ad esempio, Fuego, Andrea Pezzi, Un medico in famiglia, Dawson’s Creek, Festivalbar, Zelig, Mai dire gol, Real TV, I Simpson, South Park, Streghe, Ultimo, X-Files.
301
ad una forte specializzazione sui generi giovanili o adolescenziali, dall’altro una
decrescente ammirazione verso la Tv generalista a vantaggio delle novità tecnologiche.
Le caratteristiche che rendono il mezzo televisivo interessante agli occhi di questo
segmento di pubblico sono perciò il riferimento ai canali tematici, satellitari, alla
programmazione specialistica e differenziata, a una Tv informatizzata.
E’ inoltre importante evidenziare che si è riscontrata una certa difficoltà nella fase di
focus group con i Razionali disincantati finalizzata all’individuazione di un “modello”
di storia televisiva: infatti, alla Tv, in prima istanza disconosciuta come fonte
narrativa11, essi oppongono la propria rete familiare o amicale, considerata come
principale risorsa di “storie”.
11 Nella programmazione televisiva fruita i Disincantati riconoscono e hanno consumato come storie televisive ER, La Piovra, Ultimo, X-Files.
302
CAPITOLO QUINTO
L’ASCOLTO
1. L’ascolto e le sue forme di rappresentazione
Per capire l’importanza che in ogni azienda televisiva riveste il dato relativo all’ascolto
occorre tener presente che la televisione è l’unica organizzazione industriale che non
può conoscere in via automatica la quantità di merce che vende. L’informazione più
semplice comune ad ogni organismo decisionale in un contesto industriale è perciò da
scoprire per il settore televisivo attraverso una forma di intervento relativamente
complessa. A fronte di tale difficoltà di reperimento di una fonte primaria di
informazioni sta la quantità di consumatori del prodotto televisione che risulta talmente
elevata da non poter essere paragonata con quella di nessun altro prodotto industriale.
Dunque l’industria televisiva, che ha bisogno più di ogni altra di dati sul proprio
mercato, è anche quella che è costretta ad approvvigionarsi di tale fonte con maggiore
difficoltà (Barlozzetti G., 1986).
Questa prima contraddizione risulta inoltre soggetta ad una serie di complicazioni
dovute alla duplice natura del consumatore del prodotto televisivo. Lo spettatore è
difatti da una parte il pubblico cui la merce televisione viene offerta, ma costituisce esso
stesso una merce che l’industria televisiva vende agli utenti pubblicitari.
Lo spettatore è dunque allo stesso tempo soggetto ed oggetto di un mercato che si
configura come caratterizzato da forme di complessità del tutto tipiche.
303
Il terzo polo di una premessa concettuale al problema “audience” è costituito dalla
difficoltà a costruire rappresentazioni di sintesi tale da descrivere al meglio il
comportamento di una grande massa di utenti.
Ogni sintesi statistica relativa all’audience costituisce un’astrazione in cui la descrizione
del fenomeno oggetto di interesse viene realizzata secondo sistemi convenzionali che
rappresentano in ogni caso solo una delle molteplici opzioni possibili, tutte per loro
stessa natura in qualche modo imprecise, in tale campo. Inoltre il dato di ascolto non è
solo un dato industriale, ma costituisce anche un’informazione utilizzabile in altre
chiavi.
Esso può uscire dal conteso per il quale è stato immaginato per divenire una valutazione
politico-culturale od un’informazione promozionale.
La complessità teorica della costruzione di un indicatore di sintesi che rappresenti il
fenomeno ascolto deriva innanzitutto dalle caratteristiche intrinseche al fenomeno
stesso. Ogni consumo è di fatto descrivibile in una chiave dicotomica secondo la quale
ogni soggetto può o non aver compiuto un determinato atto. Pertanto consumatori di un
determinato bene saranno solo i soggetti che avranno scelto di acquistarlo, mentre tutti
gli altri soggetti possono essere considerati come non-consumatori.
L’ascolto televisivo possiede tale natura dicotomica solo ad un livello iniziale tale da
non poter essere gestito in modo semplice, ma ogni elaborazione successiva perde tale
convinzione e diventa dunque una convenzione scelta tra una serie di altre possibili. La
condizione descrivibile in modo elementare è dunque solo quella relativa ad un
intervallo orario brevissimo, il più breve che lo strumento di indagine consente, in cui
realmente ogni soggetto può aver compiuto un determinato atto di ascolto oppure no.
Considerando però la combinazione di possibilità che tale iniziale dicotomia produce se
esplosa per il numero di intervalli orari elementari in cui una giornata televisiva può
essere suddivisa, si capisce che tale dato iniziale risulta di fatto non leggibile.
304
Si può ipotizzare che tra le numerosissime combinazioni possibili di ascolto televisivo
solo quelle di fatto registrabili in una normale giornata siano così numerose e così
differenziate tra loro da risultare rarissima l’individuazione di due soggetti che abbiano
ascoltato la televisione in modo uguale.
La scelta della forma di tale rappresentazione o l’algoritmo di calcolo che produce
l’informazione risulta poi da una parte frutto di una logica interna a quell’operazione
che più di ogni altra deriva dall’analisi delle audience, ossia la costruzione dei
palinsesti, ma dall’altra capace di indirizzare una strategia di ottimizzazione delle
audience stesse
Il dato di ascolto si sforza di descrivere il comportamento dei telespettatori nei confronti
dell’offerta. Andranno dunque utilizzate combinazioni di definizioni relative all’offerta
con definizioni relative ai telespettatori. L’offerta costituisce l’elemento del problema di
più semplice definizione concettuale: essa può venire articolata o in “prodotti semplici”,
ossia trasmissioni, o in fasce orarie omogenee, oppure in intere giornate di offerta
televisiva.
Inoltre l’analisi per fasce orarie o per intere giornate può riferirsi sia a singole reti, sia a
gruppi di reti omogenee sia all’interno del mezzo. Anche i periodi temporali di
riferimento possono variare, passando da una singola giornata, alla settimana, al mese,
al trimestre, o da riferirsi ad un intero anno.
Nei riguardi del telespettatore il discorso si complica e le forme di rappresentazione del
comportamenti di questo soggetto risultano più numerose. Va anche segnalato che
molte volte le analisi d’ascolto non si riferiscono a tutta la popolazione, ma considerano
solo un certo segmento, anche se di norma maggioritario, di pubblico.
Tralasciando quelle forme di rappresentazione sintetiche teoricamente possibili, ma
nella pratica poco utilizzate, si possono esaminare solamente quelle applicate più
frequentemente.
305
La prima e la più semplice consiste nella già menzionata curva d’ascolto. In tale
rappresentazione vengono indicate per ogni intervallo orario elementare di rilevazione
le stime relative alla numerosità dei soggetti in ascolto. Tale prodotto permette di
comprendere quali sono i momenti della giornata televisiva ad ascolto più alto e quali
quelli ad ascolto più basso e, se confrontato in una serie storica di individuare eventuali
momenti di crescita di audience o momenti di contrazione.
La curva di ascolto non fornisce però indicatori sintetici, non evidenzia le reazioni
all’offerta e soprattutto non permette di comprendere il turn-over dei telespettatori. Tale
forma di rappresentazione semplice risulta pertanto da una parte quella in cui il dato
originale subisce meno trattamenti, ma dall’altra quella di più difficile gestione in
termini di analisi. Si può supporre che un’ipotesi di palinsesto che deriva dalla sola
curva di ascolto sia possibile, ma che risulti di difficile gestione pratica.
La seconda forma di rappresentazione utilizzata è quella dell’ascolto medio. Tale
indicatore sintetico risulta nella pratica quello più frequentemente usato, al punto di
essere spesso denominato semplicemente “ascolto”. Esso consiste nella stima del
numero medio di spettatori presenti in un determinato intervallo temporale che può o
meno coincidere con un determinata trasmissione. Dunque l’ascolto medio definisce il
numero di spettatori presenti in “qualsiasi” intervallo temporale elementare compreso
all’interno di una determinata fascia. Nella pratica l’ascolto delle trasmissioni televisive
altro non è stato che una stima di ascolto medio. Può risultare utile sapere che tale
convenzione risulta quella che produce dei numeri in valore assoluto più piccoli. Anche
in questo caso il fenomeno del turn-over del pubblico non viene evidenziato e dunque
comportamenti di fatto assai differenti possono venire rappresentati in modo simile.
Il vantaggio dell’ascolto medio è però soprattutto quello di fornire un solo dato e di
rendere pertanto possibili confronti semplici. Inoltre consente di pesare la resa effettiva
di determinate operazioni di palinsesto in modo immediato. Ad esempio il
potenziamento di una fascia minoritaria permette di aumentare in termini sia assoluti
306
che relativi l’ascolto medio di tale fascia, ma risulta poco influente sull’ascolto medio
dell’intera giornata. Al contrario, il potenziamento di una fascia oraria maggioritaria
contribuisce al dato relativo all’intera giornata in misura rilevante. Il dato “ascolto
medio” induce però a possibili equivoci. Ad esempio nei casi in cui tale indicatore viene
applicato ad unità di prodotto permette di confrontare le informazioni relative a
trasmissioni di durata diversa in termini matematicamente corretti, ma concettualmente
assai deboli. Difatti più una trasmissione risulta lunga più il dato relativo alla media
degli individui in ascolto tende di norma a decrescere. Ad esempio una trasmissione di
tre ore che inizia alle 20.30 può avere un ascolto medio inferiore, e di norma lo avrà,
rispetto a quello di una trasmissione di un’ora che parte nello stesso orario anche se la
fascia oraria di programmazione comune, ossia l’intervallo orario 20.30 – 21.30, è
risultata mediamente più ascoltata.
Un ulteriore dato che recentemente risulta spesso utilizzato è quello relativo ai
cosiddetti “contatti”. Tale rappresentazione di sintesi fornisce la stima del numero degli
individui che in almeno uno degli intervalli orari elementari di rilevazione sono risultati
in ascolto, sono cioè entrati in “contatto”, del mezzo televisivo. Contrariamente a ciò
che succede per l’ascolto medio il contatto rappresenta l’indicatore che fornisce valori
assoluti più alti (è stato anche definito con il termine “ascoltatori”).
Il contatto è l’unico indicatore che permette di stimare il volume di pubblico
complessivamente raggiunto dall’offerta. Purtroppo non fornisce praticamente nessuna
altro tipo di informazione e pertanto risulta di utilità pratica assai marginale, se non
come informazione promozionali.
Il contatto consente difatti la costruzione di informazioni di tipo trionfalistico, ma non
fornisce informazioni utili alla pianificazione dei palinsesti.
Il terzo indicatore, che risulta però meno utilizzato, è relativo alla “durata d’ascolto”.
Esso concerne la stima del tempo mediamente passato davanti alla televisione da parte o
dell’intera popolazione o dei soli soggetti che risultano in ascolto. La differenza tra
307
l’informazione relativa alla durata dell’ascolto su base popolazione e quella su base
ascoltatori risulta più forte di quella che a prima vista può sembrare. Difatti una rete a
basso ascolto ma ad elevata fedeltà può risultare ascoltata mediamente solo per
pochissimi minuti dall’intera popolazione, ma per intere ore da quei pochi soggetti che
realmente la seguono.
La “durata d’ascolto” costituisce un indicatore scarsamente influente sul meccanismo di
fabbricazione dei palinsesti. Tale indicatore risulta però spesso presente in analisi di tipo
teorico sul consumo dei televisione. E’ intuitivo che ascolto medio, contatti e durata
risultino legati oltreché logicamente anche da precise relazioni matematiche.
Tali informazioni possono riferirsi sia ad unità di prodotto, che a fasce orarie di
programmazione omogenea che ad intere giornate televisive; ed inoltre riferirsi sia a
singole reti che a gruppi di reti o, al limite, al totale mezzo.
Inoltre i periodi temporali di analisi possono essere anche relativamente lunghi, come
un mese o un trimestre. Ne consegue che le operazioni di palinsesto necessarie per
ottimizzare uno di tali indicatori possono risultare differenti da quelle necessarie per
ottimizzarne altri. Basterà qui far rilevare che se l’ascolto medio si riferisce alle
trasmissioni il palinsesto più forte risulterà più frammentato di quello che ottimizza
l’ascolto medio relativo alle fasce orarie, oppure che una programmazione
particolarmente dinamica permette di vedere crescere il dato relativo ai contatti, mentre
una programmazione più coerente ottimizza le durate di ascolto.
Dunque la scelta di utilizzare un indicatore piuttosto che un altro finisce per costruire in
qualche modo già una indicazione di strategia di palinsesto.
Inoltre certi indicatori risultano più consoni ad alcune fasi dello sviluppo del mercato
televisivo, mentre altri risultano più adatti a situazioni differenti. Così l’ascolto medio
che rende i dati di audience meno elevati è stato privilegiato in quei periodi in cui la
concorrenzialità è stata o meno forte o addirittura assente, al contrario del “contatto” che
è tipico di una situazione di forte competizione. Va infine ricordata la recente esperienza
308
del sistema meter gestito dalla RAI che ha per la prima volta offerto in via continuativa
al mercato televisivo una serie di definizioni di audience relative ad ogni unità descritta.
Tale innovazione consiste dunque nella fabbricazione sistematica di più indicatori sui
fenomeni che si intende descrivere e risulta coerente con uno strumento che potendosi
riferire grazie alla propria metodologia di rilevazione automatica ad unità temporali
brevissime ha stressato le definizioni di audience precedentemente adottate. Inoltre tale
arricchimento della possibilità di analisi risulta coerente con il periodo di accesa
concorrenzialità, e dunque di costruzione più attenta dei palinsesti, che vive oggi la
televisione in Italia.
309
2. La misurazione dell’audience: introduzione
Una prima grande area di ricerca riguarda i comportamenti di fruizione della Tv
manifesti e registrabili. L’attenzione è rivolta alla dimensione quantitativa e ad alcuni
aspetti strutturali. Si mira a determinare l’entità del consumo (quanti spettatori?) e
insieme ad individuare la composizione socio-demografica dell’audience (chi vede la
televisione?); a correlare le tipologie di pubblico con le tipologie dell’offerta televisiva
(chi vede che cosa?); a definire la frequenza della fruizione (come si distribuisce il
consumo televisivo nella giornata e nella settimana?).
Gli strumenti che trovano applicazione privilegiata in quest’area sono quelli in grado di
misurare quantitativamente il consumo di televisione, raccogliendo anche i dati
descrittivi sulle caratteristiche socio-demografiche degli spettatori: sono gli strumenti
“audiometrici”, caratterizzati per un verso dalla vocazione a “prender nota” con rigore
dei singoli atti di visione e, per un altro verso dalla venatura numerica e statistica
(Casetti F., Di Chio, 1998).
310
2.1. Strumenti: questionari, diari di consumo e meter
Il consumo di televisione è qualcosa di aleatorio, di intangibile. I soggetti dell’industria
televisiva non possono “toccarlo”, non hanno a che fare con merci imballate che entrano
ed escono dai magazzini e che si possono contare. Ecco allora l’importanza di una
rilevazione d’ascolto attendibile, per poter fornire ai soggetti presenti sul mercato una
“testimonianza” certa dell’ascolto di un programma: la “prova” che chi fa televisione ha
davvero un interlocutore a cui rivolgersi, che la televisione ha un prodotto (i contatti) da
poter vendere. In questo senso, la messa a punto di un sistema attendibile di rilevazione
quantitativa dell’audience è stato uno dei traguardi più importanti nell’ambito delle
ricerche sulla televisione (Casetti F., Di Chio, 1998).
I primi strumenti di rilevazione quantitativa dei dati d’ascolto sono stati mutuati dalle
indagini demoscopiche. Si tratta in particolare di interviste personali, di interviste
telefoniche coincidenziali e di diari di consumo. Ad essi, poi, è seguito uno strumento
che è diventato tipico della televisione: il meter.
Intervista personale
Si somministra a un campione di individui un questionario per raccogliere informazioni
sull’ascolto televisivo degli intervistati “nella giornata di ieri (“day after recall”) o
“nell’ultima settimana, giorno per giorno” (“seven days recall”).
Si chiede dunque ai soggettivi ricostruire la giornata predcedente e di riferire in quali
ore hanno fatto che cosa, con un’attenzione particolare ai momenti in cui hanno
guardato la televisione, specificando orari e programmi. E’ richiesto ovviamente uno
sforzo di memoria che può deformare il dato. A questo riguardo, l’intervistatore può far
ricorso a cartellini con il nome del programma o a foto dei conduttori o a giornali
specializzati con l’illustrazione della programmazione televisiva: tutte tecniche di
311
sostegno al ricordo. Con questo metodo si raccolgono dati sul consumo televisivo
dettagliati alla mezz’ora o al quarto d’ora.
Indagine telefonica “coincidenziale”
Attraverso un sistema di interviste via telefono, scaglionate nel corso della giornata, si
verifica per ciascun soggetto in campione se il tv-set è acceso o meno, su quale canale è
sintonizzato e chi è di fronte allo schermo. Generalmente si rileva l’ascolto televisivo
della famiglia nella mezz’ora precedente la chiamata, con il dettaglio del quarto d’ora.
I pregi di questa tecnica sono l’immediatezza del dato, la velocità di raccolta e di
elaborazione delle informazioni e i bassi costi. I limiti, invece, riguardano la difficoltà di
ottenere dati sull’ascolto individuale, sull’ascolto del secondo televisore e i rischi di una
deformazione del campione di base.
Diari di ascolto
Si tratta di un resoconto del consumo di televisione che le famiglie di un campione,
opportunamente addestrate, si impegnano a compilare quotidianamente. Viene in tal
modo registrato l’ascolto televisivo di tutti i membri del nucleo familiare, giorno per
giorno, di solito per un periodo di 14 giorni. Il dettaglio di riferimento è il quarto d’ora,
“attribuito” a una data emittente se l’individuo ha guardato, in quale quarto d’ora, quella
emittente più a lungo delle altre.
Naturalmente, lo strumento deve essere facile da “maneggiare”: al compilatore deve
essere richiesto solo di barrare delle caselle e le griglie da riempire devono essere
chiare. Similmente, il rilevatore dell’istituto che compie l’indagine deve essere ben
preparato. Deve saper addestrare i responsabili familiari e deve seguire con accuratezza
il corretto svolgimento delle annotazioni. I tempi di produzione dei dati sono circa 2-3
settimane: un periodo lungo se confrontato con le poche ore richieste da un’indagine
312
telefonica, ma vantaggioso se paragonato alle 4-5 settimane necessarie per le interviste
personali.
Le interviste personali prima, il diario di ascolto poi, hanno costituito la strumentazione
adottata nelle rilevazioni ISTEL, che in Italia dal 1980 al 1985 sono state la fonte più
autorevole di dati sull’ascolto televisivo.
Il meter
Nel 1981 viene introdotto in Italia il meter, cioè uno strumento di rilevazione
automatica del consumo televisivo. E’ un apparecchio elettronico, che viene posizionato
sopra ogni televisore della casa. Ciascun componente della famiglia ha in assegnazione
un pulsante, posizionato sul meter o sul relativo telecomando, e identificato da un
numero o dal proprio nome. Questo pulsante va premuto ogniqualvolta la persona si
predispone alla visione. È così possibile sapere chi sta di fronte al teleschermo e
correlare l’ascolto alle variazioni socio-demografiche dello spettatore. Per questa sua
capacità di registrare il consumo individuale il meter adottato in Italia è detto people-
meter. Pulsanti addizionali sono previsti per eventuali “ospiti” e dunque per registrare
l’ascolto televisivo di coloro che sono in casa in quel momento, ma che non vivono in
famiglia. Altri pulsanti sono predisposti per segnalare l’età e il sesso di questi spettatori
occasionali.
Tutti i dati di visione sono immagazzinati nel meter fino a che un computer centrale, che
controlla l’intero sistema di rilevazione, non li recupera. Questi dati comprendono:
quando il televisore viene acceso o spento, quale canale viene visto e quando avvengono
i cambi di canale (il tutto collegato alla presenza di ciascun individuo della famiglia e
alle caratteristiche anagrafiche); e dettagliato minuto per minuto. Raccolti i dati di
visione individuale, il computer procede alla verifica e alla validazione delle
informazioni, “aggancia” i dati minuto per minuto ai palinsesti effettivamente emessi ed
elabora così i risultati d’ascolto di ciascun programma.
313
L’innovazione apportata è evidente: il consumo televisivo non viene annotato ma
registrato automaticamente da un apparecchio. In tal modo si hanno tre vantaggi di
fondo:
1. si riducono le possibilità di errore del rispondente su quanto e cosa è stato visto;
2. si ottiene un dettaglio informativo altrimenti non disponibile, e cioè
l’andamento del consumo per brevi unità temporali. Si può misurare così la
visione di spot e comunicati commerciali;
3. si ha a disposizione una fonte di dati sistematica e continuativa.
In Italia fu la RAI ad installare per prima un panel dotato di meter, suscitando diverse
polemiche. Ecco allora che, dopo un periodo di discussione, nacque l’Auditel, una
società con il compito di organizzare e gestire una fonte unica e riconosciuta da tutti di
rilevazioni audiometriche.
314
3. L’indagine Auditel: il sistema meter
L’Auditel S.r.l. si costituisce con lo scopo di rilevare in maniera imparziale e obiettiva i
dati relativi all’ascolto televisivo italiano. L’apparato tecnico-logistico di cui si avvale
Auditel per la raccolta e l’elaborazione dei dati è assai complesso. Attualmente la
gestione della raccolta/elaborazione è affidata in appalto alla società di ricerca AGB.
Lo strumento mediante il quale avviene la raccolta automatica dei dati è, come già
affermato, il people-meter (Casetti F., Di Chio, 1998).
Le apparecchiature che compongono il meter utilizzato dalla AGB sono tre:
• M.D.U. o unità di identificazione: installato sul televisore registra l’accensione,
lo spegnimento dell’apparecchio e il canale su cui è sintonizzato, oltre a tener in
memoria i dati socio-demografici e psicografici di ciascun membro della
famiglia.
• HANDSET, il telecomando: serve per registrare la presenza di ciascun
componente della famiglia e di eventuali ospiti. A ogni familiare corrisponde un
tasto identificato da un numero da 1 a 8, che va premuto ogniqualvolta ci si
pone all’ascolto o si termina la visione. Quando un tasto viene premuto, sul
display dell’MDU si illumina il numero corrispondente che si spegne solo
quando il tasto è premuto di nuovo per segnalare il termine dell’ascolto.
• C.D.S.U. o unità centrale di memoria e trasmissione: ha la funzione di
“interrogare” le MDU localizzate sui diversi apparecchi di cui la famiglia
dispone, memorizzare i dati d’ascolto e trasmetterli, vai modem, alla centrale
AGB.
Le informazioni giornaliere raccolte dal meter sono:
• Le registrazioni di ciascun cambiamento di status del Tv-set. I possibili
cambiamenti sono: accensione, sintonizzazione su un determinato canale,
315
cambio di canale e spegnimento. (la persistenza minima per considerare il Tv-
set sintonizzato su un canale è stata concordata in 15’’).
• Le registrazioni di ciascun cambiamento di status degli individui. Lo status
degli individui può essere: presente davanti al televisore acceso o assente. (La
persistenza minima per considerare un individuo presente è stata concordata in
30’’).
• La registrazione della presenza di ospiti con le caratteristiche identificanti
concordate.
Ogni cambiamento di status viene definito statement. Mediamente in ogni famiglia il
meter raccoglie circa 55 statement. Tutti gli statement riferentisi alla stessa giornata
vengono invitai tramite modem, tra le 2 e le 6 del mattino, alla centrale AGB. Questa
fase di raccolta dei dati viene chiamata polling. Una volta affluiti presso il computer
centrale, i dati vengono sottoposti alla fase di validazione. I dati sono validati e poi
rilasciati secondo tre configurazioni: 1) individui (dati individuali); 2) ascolto familiare
(dati aggregati); 3) tv accesi (dati riferiti ai Tv-set, cioè ai singoli televisori accesi). In
particolare, a seconda degli esiti del controllo, si possono accettare o scartare i dati,
qualora non rientrino nei parametri stabiliti.
Terminata la fase di validazione, il computer centrale finalmente elabora i dati
giornalieri: li espande all’universo, li incrocia con i palinsesti emessi, e li rende
disponibili per le procedure di interrogazione da parte dei numerosi utenti. Sono
passate 4 ore dalla fine del polling: sono circa le 10 del mattino e i dati sono disponibili
on-line.
316
3.1. Il panel Auditel
La raccolta dei dati Auditel avviene su base campionaria. La costituzione del panel
Auditel è stata preceduta da una vastissima indagine allo scopo di avere una fotografia
dettagliata delle caratteristiche strutturali e delle tipologie delle famiglie, nonché del
consumo televisivo familiare che il campione sarebbe chiamato a rappresentare.
L’indagine ha portato a individuare 4012 unità statistiche, ossia micro-aggregati socio-
anagrafici omologhi, distribuiti su tutto il territori italiano, entro le quali sono state poi
selezionate le famiglie del panel. Dal 1986 a oggi, il campione è stato gradualmente
rinnovato, sia a causa della mortalità, sia al fine di seguire i mutamenti della società
italiana. Dal 1990 sono stati inseriti nella rilevazione anche gli ospiti, cioè le persone
che saltuariamente si uniscono al nucleo familiare per vedere la televisione.
E’ importante sottolineare che Auditel rileva il consumo televisivo delle famiglie nella
prima casa. E’ escluso l’ascolto nelle seconde case e l’ascolto fuori casa (Casetti F., Di
Chio, 1998). A partire dal 1991 il panel è stato riclassificato in base agli stili di vita
identificati dall’istituto Eurisko. Si tratta di 16 segmenti di popolazione, costruiti in
base a vari parametri fra cui sesso, età, reddito, valori individuali, attività sociali,
utenza dei mezzi di comunicazione, gestione del tempo libero, modelli di consumo e
abitudini alimentari. I soggetti appartenenti al panel di età superiore ai 14 anni sono
stati classificati rispetto a queste tipologie. Dal 1997 il campione Auditel è raddoppiato,
passando da 2420 a 5000 famiglie. Questo potenziamento è stato effettuato per far
fronte alle esigenze delle emittenti locali che non si ritenevano sufficientemente coperte
dalla configurazione a 2400 famiglie. La nuova base campionaria offre diversi vantaggi
anche alle emittenti nazionali e agli investitori pubblicitari che otterranno dati ancora
più affidabili e con dettaglio maggiore su tutti i target.
317
Inoltre, è stato introdotto un nuovo sistema di meter, predisposto per monitorare
l’utilizzo del video-registratore, e per rilevare i televisori sintonizzati su reti via cavo e
satellite.
3.2. I dati Auditel: le definizioni di base e gli indicatori principali
I tre principali indicatori utilizzati nel mercato italiano per quantificare il pubblico di
una trasmissione televisiva sono il numero di contatti (o copertura), l’ascolto medio e lo
share (quota percentuale).
Il numero di contatti (o copertura) è dato dal numero di telespettatori che hanno
seguito per almeno un minuto una determinata trasmissione su una data emittente
(Casetti F., Di Chio, 1998). Si parla di contatti netti (o copertura netta), quando si
computa il numero di persone diverse fra loro (e cioè “al netto delle duplicazioni”) che
si sono sintonizzate, per almeno un minuto, sulla rete o sul programma considerato. Qui
non è importante stabilire per quanto tempo il programma è stato seguito, ma quanti
telespettatori tra loro distinti lo hanno visto: chi ha visto 20 minuti di quel programma
conta quanto chi ha visto solo un minuto. Si parla invece di contatti lordi (o copertura
lorda), quando invece ci si riferisce alla somma dei contatti “al lordo delle
duplicazioni”. In questo caso se un individuo vede tre minuti di programma, viene
contato tre volte e il “volume d’ascolto” che genera equivale a quello di tre persone
diverse che hanno visto il programma, ciascuna per un solo minuto. Vengono,
insomma, computati i “minuti/persona”.
L’ascolto medio (o ascolto nel minuto medio) esprime il numero di spettatori presenti
mediamente in ciascun minuto di programma. L’ascolto medio si calcola dividendo il
318
numero di contatti lordi per il numero dei minuti (normalmente la durata di un
programma).
Ascolto medio: copertura lorda/durata
L’ascolto medio è dato dunque dal rapporto tra la somma di tutti i telespettatori presenti
in un certo intervallo di tempo e la durata (espressa in minuti) dell’intervallo stesso.
Lo share è la quota percentuale di pubblico che si è sintonizzata su un determinato
programma, rispetto al totale del pubblico presente davanti al televisore nello stesso
intervallo di tempo considerato.
Numericamente è espressa dal seguente rapporto:
Share: ascolto medio di una emittente/ascolto totale * 100
I dati di share vanno sempre letti e valutati in relazione alle diverse fasce orarie del
giorno a cui si riferiscono: uno share del 26% nel prime time ha un significato diverso
da un analogo 20% ottenuto alle 10 del mattino. Occorre infatti tener conto dell’entità
del bacino d’ascolto (l’ascolto totale, appunto) a cui il programma si rivolge in quel
momento.
Tre altri indicatori importanti sono la permanenza, i minuti visti e la penetrazione.
La penetrazione è il rapporto percentuale tra l’ascolto medio di un certo programma e
la popolazione di riferimento. Numericamente è espressa così:
penetrazione: ascolto medio/popolazione * 100
la penetrazione (o rating) è l’indicatore d’ascolto più utilizzato nei mercati televisivi
americani ed europei.
319
I minuti visti indicano il numero dei minuti che i diversi spettatori hanno trascorso, in
media, di fronte al programma. Numericamente, si può esprimere come il rapporto fra
“copertura lorda” e “copertura netta”:
minuti visti: copertura lorda/copertura netta
il che equivale a: minuti visti: ascolto medio/copertura netta * durata
Per spiegare che cosa significa la permanenza è necessaria una premessa. E’ evidente
che un medesimo “ascolto medio” può essere frutto di due situazioni assai diverse:
possiamo avere tanti spettatori che si soffermano poco sul programma, oppure pochi
spettatori, che lo seguono dall’inizio alla fine. Nel caso di un programma di 3 minuti,
potremmo avere 9 spettatori che lo guardano ciascuno per 1 minuto, oppure 3 spettatori
che lo seguono per intero: l’ascolto medio sarebbe sempre 3.
A evidenziare la diversa qualità dell’ascolto medio ci aiuta la permanenza, che
possiamo assumere come un indicatore percentuale della densità del consumo o anche
come indicatore di fedeltà del pubblico. Formalmente, si può esprimere così:
permanenza: ascolto medio/copertura media * 100
Seguendo l’esempio di poco fa, avremmo nel primo caso (9 spettatori che seguono il
programma ciascuno solo per 1 minuto):
permanenza: ascolto medio/copertura netta * 100 = 3/9 * 100 = 33.3%
e nel secondo caso (3 spettatori che lo guardano per intero):
permanenza: ascolto medio/copertura netta * 100 = 3/3 * 100 = 100%
320
E’ evidente che, tanto più alta è la permanenza, maggiore è la capacità del programma
di tenere a sé gli spettatori. Va però detto che questa capacità è anche funzione inversa
della durata del programma: quanto più una trasmissione è lunga, tanto più sarà
difficile che trattenga gli spettatori per tutta la sua estensione. Non a caso, la
permanenza si può anche esprimere con il rapporto fra minuti visti e durata.
321
3.3. I materiali standard e le elaborazioni speciali
Auditel fornisce quotidianamente una serie di tabulati in cui sono riassunti, per
ciascuna rete, i dati di ascolto delle principali fasce orarie e di ciascun programma. Il
tabulato delle “fasce standard”, che presenta i dati d’ascolto di ciascuna rete, ordinati
per fasce orarie e i tabulati del “palinsesto dei programmi”, che presenta i dati di
ascolto dei programmi mandati in onda da una rete, sono disponibili ogni mattina dalle
10 circa e vengono spesso consultati come veri e propri “bollettini di guerra” da cui
attingere le prime informazioni, organizzate sinteticamente, sugli andamenti del giorno
precedente (Casetti F., Di Chio, 1998).
L’indagine Auditel consente la visualizzazione grafica degli andamenti di ascolto
minuto per minuto in share e ascolto medio, e rilascia un primo profilo delle
caratteristiche sociodemografiche del pubblico di un dato programma. Questo ulteriore
livello di dettaglio permette analisi più approfondite sui risultati d’ascolto sia in valori
assoluti (i grafici ottenuti utilizzando l’ascolto medio dei programmi) che in valori
percentuali (i grafici in share). Inoltre, la visualizzazione grafica dei dati d’ascolto
consente una rapida comprensione dei movimenti del pubblico, dei flussi di scambio
fra un programma e l’altro, delle cadute e dei picchi d’ascolto all’interno delle
trasmissioni.
Questi dati sono i più utilizzati e costituiscono il set informativo a cui quotidianamente
si fa riferimento. Sono tuttavia disponibili anche molte altre informazioni: ad esempio,
l’ascolto minuto per minuto di alcuni target socio-demografici, i dati di ascolto per
famiglie e per televisori accesi, le analisi delle coperture, le classifiche dei programmi
più visti e i dati delle emittenti locali e minori.
AGB fornisce inoltre valutazioni delle performance delle campagne pubblicitarie,
analizzando “copertura” e “frequenza” di spot, messaggi promozionali, promo di
322
programmi e di interi break, nonché gli indici di affollamento. Sono elaborazioni che
servono ad analizzare a posteriori gli effetti della pianificazione di una campagna
pubblicitaria, delle iniziative di comunicazione istituzionale e della promozione di rete.
In aggiunta ai dati forniti da AGB vi sono elaborazioni speciali eseguite da MCS
(Media Consultants Servizi). MCS presta particolare attenzione al mercato
pubblicitario e in suoi servizi si rivolgono in modo privilegiato ai media planners delle
agenzie di pubblicità. MCS fornisce valutazioni delle performance delle campagne,
analizzando i calendari delle pianificazioni, con opzioni flessibili e la possibilità di
interrogazione on-line della propria banca dati. Inoltre, MCS integra i dati sull’ascolto
televisivo con le altre ricerche sulla stampa (ADS, AUDIPRESS, ISPI, ISEGI) e sulla
radio (AUDIRADIO), e con i dati sui consumi (NSSI).
323
4. Cosa si fa con l’Auditel: introduzione
Il modo migliore per comprendere come usare lo strumento-Auditel è andare a curiosare
nelle stanze dei bottoni, tra gli addetti ai lavori che, in concreto, fanno la televisione e la
vendono a coloro che vogliono vendere altre cose (i prodotti) a chi la televisione la
guarda (LINK Idee per la televisione, 2003).
Intervistando un gruppo di professionisti che occupano posti chiave all’interno
dell’industria televisiva e che fanno girare i meccanismi della macchina televisiva sono
emersi alcuni punti fondamentali:
• Auditel è la lingua condivisa di chi fa questo mestiere, una sorta di terreno
comune che permette di muoversi e di capirsi;
• Auditel è un punto di riferimento inevitabile, il grado zero della televisione: può
essere usato “scientificamente” come un indice di borsa, assiduamente come un
bollettino meteorologico o saltuariamente come una bussola da consultare di
tanto in tanto; ma rimane sempre un prezioso strumento di lavoro, sul quale si
innestano l’esperienza e la sensibilità accumulate in anni di lavoro;
• in campo degli atteggiamenti professionali, che in televisione comprende una
gamma vasta ed eterogenea, si estende tra due polarità ideal-tipiche: la
mentalità marketing oriented, che attribuisce la massima importanza all’analisi
dei dati; e quella più intuitiva, olistica ed orientata al prodotto. Entrambe le
specie non potrebbero esistere senza Auditel, ma l’utilizzo che esse fanno dei
dati di ascolto segue strategie differenti.
Nel complesso, Auditel è uno strumento più raffinato di quanto si pensi e l’audience
non è affatto una materia prima manipolabile, ma una “nube” sfuggente che si cerca di
(in)seguire nei suoi continui spostamenti, solo parzialmente prevedibili.
324
4.1. Dietro le quinte di chi fa la Tv: il Direttore di Rete? Come un analista in borsa
Cos’è l’audience per il Direttore della più importante rete commerciale italiana?
Sintetizzando in poche parole le argomentazioni di Giovanni Modina, Direttore di
Canale 5, si potrebbe dire: numeri e diagrammi da un lato, stimolo creativo e relazioni
dall’altro. Ovvero: indici d’ascolto. E’ questa l’essenza di un approccio tecnico-
economico al problema complesso della gestione di una rete commerciale (LINK Idee
per la televisione, 2003).
La scelta di quest’approccio dipende innanzitutto dal background professionale di
Modina, che ha lavorato nell’analisi finanziaria, nel marketing del largo consumo e nel
marketing televisivo, prima di approdare, nel 1998, alla direzione di Canale 5.
La sua è una competenza tecnica: si tratta di cercare di capire in tempo come allocare le
risorse che vengono date, quali risorse chiedere, che palinsesto a medio e lungo periodo
fornire sulla base anche dei trend di successo che si riesce ad intravedere.
Come un analista di borsa, che guarda il grafico degli indicatori dell’azienda o del titolo
che sta monitorando, si guarda l’indicatore della rete o del programma che si sta
seguendo.
Un Direttore di Rete guarda il prodotto, ne vede le performance, proprio come le
performance di un titolo: monitora gli andamenti, verifica le serie storiche e le
potenzialità sulla base degli indici in possesso.
Certo, sotto quegli indici ci sono fenomeni socioculturali, politici ed antropologici.
Anche in borsa c’è la conoscenza implicita di cosa significa un indice: perfino un titolo
derivato, che sembra la cosa più astratta ed asettica, in realtà è legato a molte cose
concrete come per esempio la raccolta di cotone in America, e anche un Direttore di
Rete, quando ha tempo e voglia, può cercare di capire cosa c’è sotto quell’indice:
saperlo fare può inoltre dare valore aggiunto, anche se non si tratta di un lavoro
325
imposto dal mandato aziendale, in quanto si ha normalmente a che fare con un lavoro
più di routine.
Il mandato aziendale impone di ottenere e mantenere le percentuali d’ascolto che indica
la concessionaria.
Il processo aziendale, semplificato, parte dall’area finanziario-amministrativa, che
indica gli obiettivi di redditività per tenere alto il corso del titolo. Queste indicazioni
passano alla concessionaria di pubblicità che deve vedere se gli obiettivi richiesti sono
compatibili con la situazione di mercato e quindi determinare le linee che consentono di
rispettarli.
In una situazione normale la concessionaria indica ciò che il mercato si aspetta come
risultato complessivo e ciò che lei si aspetta dal mercato come introito. A quel punto ci
si deve attenere il più possibile al rispetto di quei dati: andar sotto è un fallimento, ma
anche andar sopra è un errore, perché si regalerebbero dei contatti che la stagione
successiva il mercato darà per acquisiti (l’imprenditore protesterebbe se l’anno dopo
avesse, agli stessi prezzi, uno share diminuito).
Il criterio di economicità porta anche alla standardizzazione e omogeneizzazione dei
programmi, alla tendenza a ripetere i format di successo e anche questo fa parte delle
regole del gioco. Quando si arriva alla direzione di una rete, la prima cosa con cui
bisogna fare i conti è il ciclo di vita di un prodotto. Si deve essere in grado di valutarlo
sulla base dei risultati ottenuti (evitando di affossarlo): se li ha ottenuti in una
situazione di particolare favore, si deve pensare ad accorciare il ciclo di vita di quel
prodotto; nel caso contrario si è portati a pensare che il ciclo di vita o la fase di maturità
di quel prodotto sia più lunga di quanto immaginato.
Per Grande Fratello, ad esempio, si era ipotizzato un ciclo di vita più breve. Lo
stabilizzarsi di un certo tipo di ascolto con queste modalità, fa pensare che il ciclo di
vita si stia notevolmente allungando. Bisogna poi considerare che del ciclo di vita fa
parte anche il passaggio ad altre reti o in altre fasce orarie.
326
In generale è anti-economico cambiare i palinsesti in presenza di prodotti che non
hanno finito di dare il loro contributo.
Insomma, non è per pigrizia che si replicano tipologie di prodotti. Anche perché, per
ridurre gli oneri, gli investimenti devono essere pluriennali. Canale 5 ha già
ipoteticamente pronti i palinsesti di 4-5 stagioni, sia per l’intrattenimento che per la
fiction. La messa in cantiere di una fiction importante, per assorbire i costi degli
investimenti, deve essere per forza programmata in una prospettiva pluriennale. Si ha
già quindi in cantiere il prodotto che vedremo nel 2005.
Poi ci sono ciclicità determinate dal muoversi autonomo di gusti e di tendenze. Nei
periodi di magra non bisogna farsi prendere da smanie e drogare la programmazione.
Se uno è convinto di avere un palinsesto buono deve lasciar passare il momento
negativo. Queste ciclicità si vedono spesso, adesso però Mediaset è in una fase florida,
determinata da buone scelte di programmazione e da errori altrui, ma anche
dall’andamento ciclico.
La prevedibilità può essere interpretata come un’inerzia nei gusti dell’audience a livello
quotidiano e di ciò si è coscienti. Il pubblico di Mediaset è piuttosto stabile. In Italia ci
sono 6-7 reti importanti e una miriade di reti piccole. Il pubblico è abituato da tempo a
questo contesto e a una certa immagine delle reti, sa più o meno cosa può trovare su
una o sull’altra. C’è una certa inerzia e l’obiettivo non è di invertirla, ma
semplicemente di capire se e quando, all’interno di questa inerzia, qualcosa sta
cominciando pian piano a cambiare.
Non esiste un circolo virtuoso tra inerzia del pubblico e standardizzazione dei prodotti e
dei palinsesti Tv. Nessuno può prevedere quanto durerà un’inerzia. Ci si deve basare
sull’interpretazione meccanica del ciclo di vita, che poi ha in sé un’interpretazione dei
gusti del pubblico.
327
Quando un prodotto si esaurisce non lo fa con la lentezza con cui si è affermato. Lo fa
di colpo: una disaffezione diventa immediata, repentina, e quindi problematica. Per
questo è importante saper interpretare il ciclo di vita.
4.2. Una mattina nell’ufficio del Direttore di Canale 5
Dal punto di vista narrativo la giornata di un direttore di rete inizia con un buon film
d’azione, con un bell’inizio emozionante per agganciare lo spettatore. Anche se, nel
tempo, l’abitudine e la professionalità ne riducono probabilmente la componente
ansiogena, la lettura dei dati Auditel del giorno prima inizia sempre con un po’ di
suspence (LINK Idee per la televisione, 2003).
Appena arrivano i dati, per placare l’ansia si guarda innanzitutto il totale giornata e il
prime time. Per capire se qualcosa è andato bene o male, il dato più immediato e
importante è lo share. Tutte le altre disamine sono successive.
Se il risultato non è particolarmente soddisfacente si guardano permanenza e curva.
Potrebbe essere stato poco visto all’inizio perché la promozione non ha funzionato, ma
con un buon dato di permanenza si può sperare che accumuli ascolto nel tempo.
Quindi si vanno a vedere le fasce più importanti: i Tg, il mezzogiorno, il pre-serale e la
prima e seconda serata, controllando cosa ha fatto il concorrente diretto, Raiuno (lo
scontro nel pre-serale è fondamentale per il palinsesto pubblicitario di una rete).
Il confronto prosegue con altre reti, perché in alcune fasce cambia la tipologia
dell’ascolto di Mediaset e cambiano perciò i concorrenti. Per esempio, nel primo
pomeriggio, quando partono i programmi della De Filippi, il confronto è con Raidue.
328
Poi si arriva all’analisi di Canale 5, puntuale in ogni singola fascia. Si comincia dalla
mattina, col Tg delle 8 (si controlla il risultato dei Tg per l’effetto che possono avere
sul risultato complessivo del palinsesto, anche se dei Tg e della loro confezione la
direzione di rete di Canale 5 non è direttamente responsabile).
E’ dalla parte centrale del palinsesto che inizia una successione concatenata di tassativi
pubblicitari che vanno rispettati e di passaggi di pubblico da un prodotto all’altro
attraverso l’effetto trascinamento. Tutto questo incastro, che parte dal Tg di
mezzogiorno, prosegue con le soap, i contenitori del pomeriggio, quindi con Verissimo,
fino ad arrivare al pre-serale, è un tutt’uno che si deve monitorare attentamente. Qui
l’analisi degli ascolti è approfondita, perché un eventuale calo in qualsiasi punto, anche
all’inizio del pomeriggio, a volte può minare il risultato dell’intera giornata.
Canale 5 ha un pubblico più giovane, più alto-consumante, più metropolitano, quindi
meno abitudinario: la gente che abbandono la rete ad un certo punto può ritornare,
anche se ovviamente l’ideale è avere un pubblico che entra e non che esce. Per Raiuno
invece, è più importante che non si rompa la continuità, il trascinamento da un
programma all’altro, perché ha un pubblico meno reattivo, refrattario ai cambiamenti.
Ciò dipende soprattutto dall’età e dall’abitudine. Nella mente di molta gente Raiuno è
ancora la rete di riferimento. Accade solo con Raiuno, e in parte con Raitre, in alcune
fasce del prime time.
Altre analisi di routine sono quelle di chiusura della settimana: due settimane prima si
chiudono le informazioni sul palinsesto che andranno pubblicate su Sorrisi e Canzoni e
le altre guide Tv; si fa una stima degli ascolti della settimana andando a vedere quello
che in passato hanno fatto in situazioni simili tutte le trasmissioni Mediaset e facendo
ipotesi d’ascolto secondo i cluster di appartenenza. Con le stime di chiusura di
settimana, 9 volte su 10 i risultati sono azzeccati quasi ai decimali.
All’interno di una direzione di rete non si può dedicare tutto il tempo all’analisi, come
si fa quando si lavora nel marketing: si deve leggere i dati il più velocemente possibile,
329
cercare di farsi un’idea il più possibile completa di come stanno andando le cose,
prendere decisioni veloci e poi aspettare i dati del giorno dopo.
4.3. L’importanza della verosimiglianza: l’opinione di Mario Giordano, Direttore
di Studio Aperto
La scaletta di un Tg è fatta di notizie: se un kamikaze palestinese si fa esplodere su un
autobus non ci si chiede quale sia il gradimento da parte del pubblico. È
automaticamente in scaletta, però sarebbe ipocrita dire che i dati Auditel non hanno
alcuna importanza nella compilazione della scaletta. L’obiettivo è quello di parlare a
più persone possibili, quindi si è sensibili alla risposta del pubblico. Auditel è un
criterio di scelta delle notizie che si somma ad altri (LINK Idee per la televisione,
2003).
All’interno di un telegiornale ci sono momenti di alleggerimento in cui si danno notizie
sul mondo dello spettacolo e dello sport. In questi frangenti il dato Auditel è padrone.
Per esempio, se si deve dare una notizia che riguarda la vita sentimentale di un attore se
ne sceglierà uno che piace al pubblico di Italia 1. Lo sforzo di integrare il pubblico con
quello di Italia 1 è continuo e gioca un ruolo importante. Spesso si danno notizie sui
programmi di successo di Italia 1: si è parlato tanto di Zelig perché è diventato un
fenomeno di costume.
Tra gli indicatori Auditel, quello più usato è senz’altro la curva. L’analisi dei dati non è
scientifica, ma empirica. In altre parole: non esiste una correlazione puntuale tra lettura
della curva e scaletta dei Tg. La dipendenza dal dato non è immediata, ma sedimentata
nel tempo. Dall’analisi delle curve si sa che i delitti di Cogne e Novi Ligure, per
330
esempio, sono ancora in vetta agli interessi del pubblico, quindi si privilegiano le
notizie che riguardano queste due tragedie. Inoltre le curve servono per “controllare”
quello che fanno i programmi concorrenti col Tg di Italia 1. Per esempio, Verissimo, è
un programma che condivide con Italia 1 un certo tipo di pubblico. Da questo punto di
vista ci si comporta come tutti gli altri programmi televisivi, in particolare l’edizione
delle 18.30 è molto attenta al flusso di pubblico e alle indicazioni dei dati Auditel.
Oltre alle analisi sul pubblico fornite da Auditel, viene periodicamente prodotta dal
Marketing un’analisi qualitativa del Tg, sostanzialmente un’analisi del bacino di
pubblico.
Inoltre, il Direttore di Studio Aperto afferma di aver smesso di chiedersi se l’Auditel sia
“soddisfacente” e soprattutto se sia vero: l’importante è che sia verosimile e condiviso.
331
4.4. L’Auditel aiuta a prendere la mira, ma non ti dà la forza: l’opinione di Aldo
Romersa, Vicedirettore di Italia 1
“Auditel è un metodo generale che ho introiettato e mi aiuta a vedere le cose.
Rappresenta le regole di base del gioco”. Esordisce così Aldo Romersa, Vicedirettore
di Italia1 e per spiegarsi usa una similitudine: “Non posso edificare una casa prima di
avere fatto un’analisi del terreno, devo essere sicuro che non sia argilla o sabbia quella
che ho sotto i piedi. Auditel mi dice la composizione del terreno, cioè, fuor di metafora,
la composizione del bacino di pubblico che ho di fronte. Non posso definire un
palinsesto senza sapere che ogni slot ha un bacino determinato: è un’informazione
necessaria che deve essere incrociata con il posizionamento che la rete ha e deve
mantenere” (LINK Idee per la televisione, 2003).
“Ci sono quattro elementi fondamentali nel lavoro di compilazione di un palinsesto: il
bacino di pubblico; il posizionamento della rete nel contesto competitivo; il flusso del
palinsesto; la forza con la quale si occupa una posizione.
Nei primi tre punti, Auditel gioca un ruolo fondamentale. Il bacino di pubblico è
definito da una serie di variabili socio-demografiche che ritraggono il profilo
dell’audience in una determinata fascia oraria. Questa informazione nasce
dall’osservazione ripetuta dei dati Auditel, giorno dopo giorno, fascia oraria per fascia
oraria. Il bacino di pubblico è una variabile definita dalla fascia oraria, dal giorno della
settimana e dalla stagione. Con l’esperienza sei in grado di associare ad ogni slot un
pubblico diverso, evitando così di mettere in programmazione prodotti che non siano
adatti a quella specifica audience. Il pomeriggio ha infatti un pubblico e dinamiche di
ascolto diverse rispetto alla sera.
Nella definizione del profilo, Auditel svolge un ruolo attivo, rappresenta una
competenza acquisita. Dopo parecchie “ore di dati”, come le “ore di volo” di un pilota,
332
si riesce ad abbinare con precisione un prodotto al suo pubblico: la commedia
sentimentale parla soprattutto alle ragazze giovani, il thriller ha un pubblico unisex tra i
30 e i 40 anni; la commedia demenziale americana non riesce a sfondare sul pubblico
adulto (come se ci fosse una barriera linguistica insuperabile). Insomma Auditel ti
permette di definire il pubblico dei generi.
Prendiamo, ad esempio, il sabato pomeriggio. Dall’osservazione dei dati Auditel
sappiamo che il bacino, il pubblico di riferimento, è quello delle 15-34enni, una
presenza maggiore che negli altri giorni della settimana. Nel caso di Italia 1, rete
giovane per eccellenza, il posizionamento di rete permette di sfruttare questo bacino. A
questo punto entrano i gioco altre due variabili: il flusso e la forza. Per flusso si intende
un’organizzazione del palinsesto che fornisca, a una determinata tipologia di pubblico,
una continuità nella fruizione. Il sabato pomeriggio la logica di flusso deve tener conto
del pubblico di 15-34enni e cercare di tenerlo, con altri, fino a sera, quando entrano in
gioco pubblici nuovi.
Proporre programmi con target tra loro eterogenei non pagherebbe, né in termini di
pubblico, né in termini di posizionamento. Come si costruisce un flusso che permetta di
trattenere il più possibile quel pubblico? Qui interviene la forza con la quale decido di
occupare la posizione: posso colpire il pubblico di riferimento con maggiore o minore
intensità, scegliendo programmi che hanno un appeal diverso, un film piuttosto che un
altro, oppure un cartone animato o un evento liete.
La definizione della forza di un film o di una serie televisiva dipende da competenze
editoriali-culturali che non sono legate ad Auditel.
Ogni anno le reti devono esprimere un giudizio sui prodotti visionati (i film usciti in
sala e le serie nuove). Per i film si deve compilare una valutazione economico-
gestionale (VEG) nella quale si dà un giudizio sui singoli prodotti che poi potranno
essere comprati o meno. In questo modo si monitora il mercato, si sa quel che si
compra, dove collocarlo e cosa resta in vendita. La valutazione è costituita da una serie
333
di categorie che si assegnano in base alle competenze editoriali e alla sensibilità di
ognuno verso il prodotto. Il giudizio sulla forza di un film è dato sia da elementi
oggettivi (cast, genere e plot), sia dalla sensibilità acquisita per il prodotto, nella quale
confluiscono le proprie competenze editoriali e gli stimoli che vengono dall’esterno. In
definitiva si può dire che Auditel è uno strumento necessario, ma non sufficiente, una
sorta di mirino che ti aiuta a prendere la mira ma non ti garantisce di colpire il
bersaglio; una grammatica di base che permette di avere un approccio corretto a questo
lavoro, per fare il quale non puoi pensare di usare soltanto le tue competenze culturali,
o peggio ancora, l’espressione del tuo gusto. Bisogna essere interpreti, parlare lingue
diverse, capire a chi ti rivolgi e conoscere i gusti del pubblico passando attraverso i
propri”.
334
4.5. L’Auditel non fa la Tv, ma la misura: l’opinione di Carlo Panzeri,
Coordinamento Palinsesti Rti
Auditel rappresenta un linguaggio comune per chi lavora in televisione, uno strumento
di base sul quale si innestano ulteriori criteri di valutazione e di decisione, di carattere
economico ed editoriale. Per Carlo Panzeri, responsabile del Coordinamento Palinsesti
Rti, l’obiettività dello strumento è fuori discussione.
I dati Auditel, accoppiati a criteri qualitativi, vengono utilizzati lungo l’intera catena
del lavoro: stima del palinsesto, monitoraggio della programmazione e consuntivo
dell’ascolto di un programma o di un palinsesto nel suo complesso. L’Auditel è
soprattutto uno strumento che consente di essere in continuo contatto con i “clienti”: la
capacità di essere adeguati alla domanda del pubblico è scandagliata minuziosamente
con cadenza quotidiana, in un processo di continua messa in discussione delle ipotesi
teoriche (LINK Idee per la televisione, 2003).
I dati utilizzati con regolarità dalla struttura marketing di Mediaset, oltre a quelli usuali
di share e ascolto medio, sono la copertura e la permanenza, accanto ad una serie di
elaborazioni che “pescano” dai dati Auditel (curve, mappe ed istogrammi).
Copertura e permanenza sono dati importanti che dicono com’è stato visto un
programma: il primo ci descrive la capacità di un prodotto di attrarre pubblico; il
secondo, invece, la capacità di trattenerlo.
La curva di ascolto è un indicatore molto usato: documenta le performance di un
programma minuto per minuto, aiutando l’analista a formulare un giudizio consapevole
dell’atteggiamento complesso del pubblico.
Esistono poi particolari rappresentazioni grafiche, gli istogrammi, che ci aiutano a
determinare l’efficacia dei vari prodotti sui diversi target (uomini, donne, svariati
incroci di sesso ed età, area geografica e livello di istruzione). Questo strumento,
335
insieme alle mappe (altra modalità di rappresentazione grafica degli ascolti, utile a
posizionare in modo relativo su un grafico il complesso dell’offerta di uno slot) aiuta a
capire come ha funzionato la programmazione di una certa fascia: chi ha “combattuto”
con chi; chi ha vinto e chi ha perso.
Esistono infine una serie di elaborazioni ancora più specialistiche fra cui le analisi
basate sui cosiddetti “dati elementari”, cioè sui singoli individui del panel Auditel e
non più sul campione espanso come si fa normalmente.
In definitiva, Auditel è insostituibile per chi lavora in televisione: consente di
monitorare con attenzione, continuità e precisione quello che accade sul mercato degli
ascolti e fornisce un linguaggio comune. Rappresenta però solo uno strumento
diagnostico: non fa la televisione, ma la misura.
Oltre ad Auditel si usano anche ricerche qualitative (focus group) su singoli programmi
o su personaggi Tv (Mediaset è infatti abbonata alla ricerca condotta da Abacus sui
personaggi Tv); ci si serve di analisi desk (analisi del contenuto ed analisi testuali), di
ricerche sugli stili di vita e di analisi socio-economiche.
336
5. L’Auditel per la Tv pubblica
Per una Tv commerciale “la dittatura dell’audience” è una condizione costitutiva ed
indispensabile. Ma quanto conta l’Auditel per una Tv pubblica? La prima ed ovvia
risposta è che dipende dal modello di business. La RAI, finanziata sia dal canone che
dalla pubblicità, sembra costretta in una condizione vagamente schizofrenica: un
servizio pubblico è per metà al servizio dei cittadini e per metà al servizio del mercato.
Per Carlo Nardello1, responsabile del marketing RAI, il problema della convivenza delle
due anime del servizio pubblico si risolve con un aforisma: “Una televisione pubblica
che parlasse in un deserto di ascolto non potrebbe adempiere a nessuna missione”
(LINK Idee per la televisione, 2003).
Il servizio pubblico si regge su risorse provenienti sia dal canone d’abbonamento che
dalla pubblicità: le due facce convivono, non sono separate. La percentuale di risorse
pubblicitarie dell’azienda di servizio pubblico è di circa il 50%. La RAI ha pertanto
esigenze analoghe a quelle dell’emittenza privata in termini di conoscenza del mercato.
Ma a differenza dell’offerta televisiva delle reti commerciali, che hanno come primo
interlocutore il consumatore, il servizio pubblico ha come valore di riferimento
essenziale il cittadino-utente, che di fronte ad una scelta sempre più vasta e differenziata
è sempre meno soggetto passivo ed acritico. La qualità dei contenuti è oggi primaria
fonte di legittimazione sul mercato, come strumento principale per lo sviluppo di una
cultura libera e pluralista, ma al tempo stesso la RAI ha tra i suoi obblighi la
sperimentazione di nuove tecniche di produzione, la convergenza multimediale, lo
sviluppo di nuovi modelli produttivi e la ricerca di nuovi linguaggi televisivi.
L’Auditel permette alla televisione pubblica semplicemente di comprendere “il giorno
dopo” quale è stata la risposta dell’utente all’offerta. Come strumento di indagine
1 Più precisamente la direzione di Carlo Nardello si occupa di Corporate Marketing, Sistema informativo di Marketing, Business Development e Marketing Internazionale.
337
finalizzato alla verifica delle performance, l’Auditel è un importante indicatore delle
scelte del pubblico e quindi è utile anche alla Tv pubblica. Quanto all’affidabilità,
raffrontando le informazioni che provengono da differenti strumenti di indagine sul
pubblico televisivo l’esperienza mostra che le indicazioni “di massima” che provengono
da Auditel sono risultate sempre “coerenti” con quanto emergeva da altre fonti.
Il peso specifico del risultato Auditel (anche per il suo effetto di “sintesi mediatica”) è
considerevole nell’ambito del sistema di strumenti di indagine a disposizione, ma non è
mai servito da solo a sancire il destino di una trasmissione. Auditel, in quanto indagine
di tipo sostanzialmente “quantitativo” (anche se arricchita da considerevoli dettagli per
i target socio-demografici), non consente di cogliere tutti gli spetti che caratterizzano il
gradimento di un programma (dal format al conduttore). E’ per questo che da tempo la
RAI si è dotata di uno strumento interno di indagine, l’IQS2.
L’IQS, cioè il famoso indice di Qualità e Soddisfazione, nasce in via sperimentale con
lo scopo di misurare la qualità percepita dal telespettatore, in adempimento a precisi
obblighi previsti all’interno del contratto di servizio. In questi anni RAI ha
sperimentato varie metodologie al fine di perfezionare l’analisi della percezione da
parte del pubblico. Fondamentale è la valutazione delle attese nei confronti del servizio
pubblico, che vanno poi tradotte nell’analisi quotidiana del percepito. Attraverso analisi
qualitative sul pubblico si identificano gli ambiti di indagine, cioè gli elementi della
qualità attesa e con cadenza quotidiana si rileva il percepito. Il tutto determina un indice
sintetico che permette di valutare con estrema semplicità il livello di qualità raggiunto
dal prodotto televisivo. L’utilizzo è prettamente interno mentre all’esterno, con cadenza
annuale, vengono trasmessi i valori IQS relativi alla programmazione delle tre reti RAI
(di gruppo e per singola rete) e per genere televisivo.
L’evoluzione del sistema radiotelevisivo, sia in Italia che in altri paesi europei, sta
andando sempre più nella direzione di una progressiva omologazione del modello di
2 Per un approfondimento vedasi ultimo paragrafo: Il panel IQS della RAI
338
offerta tra il settore pubblico e privato, ma la struttura dell’offerta RAI è fortemente
differenziata rispetto a quella delle emittenti commerciali. Il 78,5% dell’offerta RAI è
dedicata ai generi tipicamente considerati di servizio pubblico; la continuità e la
sistematicità degli appuntamenti di informazione consentono una presenza costante
sugli avvenimenti, in particolar modo su quelli a livello internazionale; il forte rapporto
con il territorio è rappresentato dalle 21 sedi regionali e dai 4 centri di produzione Tv,
con una capacità di mobilitazione su grandi eventi legati a significative opzioni
culturali e sociali.
L’incontro tra offerta generalista e pubblici specifici è la mission strategica aziendale
per la costruzione di un’offerta televisiva intesa come ricerca di nuovi linguaggi
espressivi e tecnologici, come industria culturale in grado di costruire prodotti di
qualità, vincenti dal punto di vista degli ascolti, ma svincolati da pure logiche di
mercato, con una particolare attenzione a intercettare le nuove domande e i nuovi
bisogni degli utenti.
Gli obiettivi d’ascolto vanno comunque rispettati: ogni canale ha un obiettivo in termini
di ascolto nelle fasce orarie più pregiate dal punto di vista dell’investimento
pubblicitario, oltre ad altri obiettivi legati maggiormente alla mission indicata (per
esempio target da raggiungere). E’ ovvio che ciascuna trasmissione dovrebbe realizzare
una performance in linea con questo tipo di attese.
Altre indagini di tipo quantitativo finiscono per dare risultati analoghi ad Auditel: i
sistemi integrativi, ad esempio, sperimentati ed in uso, sono tutti quelli che consentono
di ottenere valutazioni di tipo qualitativo sulla programmazione. E’ comunque
fondamentale il fatto che indagini diverse siano basate su differenti campioni della
popolazione.
Per quanto riguarda il pubblico, non è possibile etichettarlo dividendolo tra servizio
pubblico ed emittenza commerciale. Il pubblico è solo uno e ha molteplici esigenze ed
339
interessi che vengono soddisfatti da differenti tipologie di prodotto offerti dalla RAI e
dagli altri operatori del mercato.
6. Non solo Auditel: tattiche astute ed analisi qualitative
L’audience in una Tv commerciale non si cerca solo con i numeri e le statistiche di
Auditel. Viene catturata anche con ricerche qualitative o “motivazionali”, mirate su
programmi specifici, sui personaggi e sull’immagine di rete. E poi è presente in modo
ancora più sottile e soggettivo, incorporata nell’intuito di autori e produttori.
Nel momento di creazione, confezionamento e assemblamento di un programma ci
sono due tipi di atteggiamento e due modalità di lavoro (spesso conviventi, non sempre
pacificamente): quello “artigianale”, spesso presente nei programmi di nicchia; e quello
“industriale”, comune nei format di largo ascolto e nei programmi seriali.
Semplificando, si potrebbe dire che nel primo prevale la logica del prodotto, nel
secondo quella del marketing (LINK Idee per la televisione, 2003).
L’audience, in chi fa la Tv, è anche intuito e mestiere. Spesso gli autori della Tv
commerciale parlano del loro rapporto con l’audience e i suoi numeri un po’ come un
vecchio pescatore che racconta i trucchi e le astuzie della pesca; le caratteristiche delle
reti e delle esche. Anche nella vita quotidiana di questi professionisti della Tv
dominano le “tattiche astute”. Sono trucchi artigianali “dentro” le strategie del potere
(dell’istituzione televisiva), ma a volte funzionano proprio perché riescono a svincolarsi
dal potere e dall’ossessione dell’audience.
340
In generale questo atteggiamento tattico-astuto è tipico di chi lavora su programmi
almeno inizialmente di nicchia, quelli che quando funzionano diventano cult e magari
poi riescono a trasformare il culto in una moda mainstream o quasi.
Un recente caso esemplare è quello di Zelig, dietro il quale ci sono altri due vecchi
artigiani del comico televisivo come Gino&Michele; un altro caso è quello de Le Iene,
che devono molto al mestiere di Davide Parenti3.
Un “vecchio pescatore” di audience e maestro di queste tattiche astute è Antonio
Ricci4, l’autore di Drive In, Paperissima e di Striscia la Notizia.
Nello stile “industriale”, invece, le decisioni si affidano soprattutto alle tecniche
d’analisi: il programma può essere testato prima della messa in onda sottoponendo ad
analisi qualitative i numeri zero (con focus group) o le puntate pilota mandate in onda.
In quest’ultimo caso i dati qualitativi e “motivazionali” vengono messi a confronto con
i dati d’ascolto.
Con quest’approccio è più naturale testare e intervenire sui programmi mandati in
onda: analisi di routine, incrociate con le varie rielaborazioni dei dati Auditel, si fanno
su programmi che richiedono una messa a punto o un restyling
Come sostenuto nel capitolo precedente, con le analisi qualitative si lavora anche sui
personaggi televisivi: un lavoro attento che può assumere un valore fondamentale sia
per il buon esito di un programma, sia per la carriera della star.
3 Per un approfondimento vedasi paragrafo successivo. 4 Per un approfondimento vedasi paragrafo: L’ascolto per Antonio Ricci.
341
6.1. L’ascolto per Davide Parenti
L’autore capo de Le Iene, Davide Parenti, non si attende sorprese dai dati di ascolto:
con un programma come questo si sa in anticipo se la puntata perderà o vincerà il
confronto con i programmi rivali. Di regola, la parte del programma che si svolge in
studio perde e i servizi guadagnano pubblico. Inoltre, ogni pezzo ha un suo pubblico,
più o meno ampio. La curva di ascolto de Le Iene la si conosce in anticipo. L’unica
sorpresa potrebbe essere legata a calcoli sbagliati sulla controprogrammazione, ma
generalmente si sta molto attenti (LINK Idee per la televisione, 2003).
Naturalmente si conosce la curva, ma non l’ampiezza. Quella dipende da molte
variabili. Anche da un week-end di sole, perché il pubblico de Le Iene è quello che
viene definito giovane, metropolitano, con alto potere di spesa, ovvero il tipo di
pubblico meno fedele, più incline a lasciare la trasmissione per fare qualcosa di più
emozionante, come andare a spasso anziché stare a casa a guardare la Tv.
Quando ci si mette a compilare la scaletta del programma si deve tenere conto di tutte
queste cose: è una specie di battaglia navale, fatta di caselle piene e caselle vuote e tu
devi decidere quali mosse fare. Ci sono delle regole precise: si inizia sempre con un
pezzo forte, capace di attirare pubblico il più possibile. In Tv “le cartucce migliori
vanno sparate subito”, mentre in coda si ha la possibilità di sperimentare di più.
Ci sono inoltre dei servizi che vanno protetti perché possano crescere. Se si posiziona
una cosa nuova sulla coda di un film, per esempio, è come mandarla al patibolo.
Nessuno la guarderà. Questo, però, a volte può essere un vantaggio, perché dà la
possibilità di sperimentare cose nuove in video. Viceversa ci sono blocchi che
funzionano sempre, per esempio “l’intervista doppia”, una specie di jolly che dovunque
metti attira e mantiene pubblico
342
Per Parenti una cosa importante è anche la visione da casa del programma: vedere il
programma in Tv, anziché in AVID (la macchina per montare i filmati) ti permette di
capire tante cose. Innanzitutto il ritmo: solo da spettatore si riesce a capire se il
programma assemblato funziona o meno, è una questione di tempi che vanno gestiti e
misurati.
Il criterio di scelta è comunque il gusto personale: “se piace a chi lo fa, è ragionevole
che piaccia anche al pubblico. L’Auditel serve da conferma, ma non si basa le scelte sui
calcoli astrusi fatti sul dato. “Ci piace pensare di offrire al nostro pubblico la
televisione che per primi noi guarderemmo. Siamo come un ristorante dove serviamo i
piatti che piacciono a noi. Non usiamo olio scadente o ingredienti di bassa qualità.
Certo, il nostro gusto è cambiato nel tempo, è frutto di compromessi, ma resta il fatto
che noi siamo golosi di quello che prepariamo. Il pubblico si accorge di queste cose,
soprattutto il nostro. All’inizio eravamo più estremi, ma ci siamo accorti che quando
esageri le persone tendono a non seguirti; ci siamo allora smussati, ma abbiamo
continuato a fare quello che ci piace. Per esasperare la metafora del ristorante: se
cucini con troppo pepe la gente si stanca e ti viene la nausea” afferma Davide Parenti.
343
6.2. L’ascolto per Antonio Ricci
Ricci sostiene che è determinante sapere che la Tv non è una finestra sul mondo, ma
una finestra sul mercato: il più grande telemarket dall’inizio della storia dell’Umanità e
come in qualsiasi suk chi grida più forte cattura l’attenzione degli altri.
La pubblicità è il momento “onesto” della Tv. E’ il momento in cui capisci chiaramente
che c’è qualcuno che ti vuol vendere qualcosa, in quanto il blocco pubblicitario
“blocca” lo svolgimento dello spettacolo (LINK Idee per la televisione, 2003).
Alcuni spot sono molto belli e senz’altro più interessanti delle trasmissioni che li
contengono, ma è soprattutto vero che, essendo molto ripetitivi, al loro arrivo il
telespettatore preferisce cambiare canale. Il fuggi-fuggi è generale, coinvolge milioni di
telespettatori, ma c’è un tempo tecnico di reazione tra prendere in mano il telecomando
e schiacciare, così lo spot d’apertura lo si “becca” di sicuro. Per questo la prima
posizione di un blocco pubblicitario costa di più.
L’unico sistema rivelatosi efficace per affrontare i blocchi pubblicitari è stato quello di
rispondere al bombardamento con il bombardamento: pensare la trasmissione come una
corsa dei centodieci ostacoli dove è importante la partenza, ma è soprattutto il ritmo che
ti fa superare i cavalletti con facilità.
L’Auditel è una divinità; i suoi responsi sono dogmi. Come Eurinomo, il genio
infernale che sbrana la carne dei morti lasciando solo lo scheletro, così l’Auditel ogni
giorno si spolpa qualche conduttore, qualche telegiornalista o soubrette. Per placarlo, i
Direttori di Rete, oltre a vittime umane, sacrificano soprattutto il buon senso.
Anche Ricci ammette che sui “grossi numeri” senz’altro una tendenza l’Auditel può
darla, mentre per le trasmissioni di “nicchia” il responso è viziato dal fatto che il
campione si restringe troppo.
344
I dati che in realtà andrebbero sempre interpretati diventano però l’unico elemento
concreto per un giudizio estetico e di merito. L’opinabile diventa certezza. I dati sono
positivi. Sei un genio, le puntate sono stupende e si ride anche sulla fiducia. Per
qualche motivo i risultati scendono: sei impazzito, riscaldi sempre la solita minestra, la
satira è morta, ormai vanno di moda i buoni sentimenti.
Il dio Auditel possiede delle caratteristiche “meccaniche” curiose e poco studiate.
Facendo la trasmissione Odiens nel 1998 ci si accorse che la punta di ascolto era
sempre alle 21,20. A quell’ora qualsiasi cosa si mettesse (un balletto, un cane
“parlante”, un monologo comico o il mago Otelma) veniva sempre visto dal maggior
numero di telespettatori. Sfruttando questa “meccanicità”, Giucas Casella nella puntata
di Domenica In del 12 novembre 1995, previde che i telespettatori alle 19,30 sarebbero
stati 6 milioni e 800mila. Azzeccò e venne invitato con tutti gli onori al Tg1, dove
spiegò di essere entrato in trance nelle case degli italiani e di averli contati.
L’Auditel per Ricci è fonte di vita e garanzia di libertà. E’ per questo che cerca di
capire tutti i suoi segreti. Se non facesse grandi ascolti verrebbe spazzato via in un
giorno.
Non si tratta però di assecondare i “presunti lati deteriori dei telespettatori” inseguendo
un risultato meramente quantitativo.
Ricci presuppone sempre di avere di fronte un pubblico intelligente, in grado di
rispondere alle provocazioni e di accogliere i dubbi. Le migliaia di telefonate e il
numero sempre crescente di segnalazioni che arrivano via fax o via Internet
testimoniano che sempre meno i telespettatori subiscono la televisione come
dispensatrice di certezze.
L’Auditel si può anche “evadere”, ma contrariamente al fisco, dichiarando di più.
Intervistati sugli ascolti, i dirigenti e i conduttori tendono per lo meno ad arrotondare i
numeri verso l’alto. Quasi sempre la sparano grossa: “Facciamo sette milioni”. “Sette
milioni” non è però la media, ma solo il punto più alto di una singola puntata record,
345
non omologabile perché ottenuto con vento favorevole, mentre sulle altre reti c’è
sciopero. Questi dati vengono presi per oro colato dai giornalisti i quali, se si facessero
sorprendere a far la fatica di controllarli, verrebbero radiati dal loro Albo.
Per giocare con questa tendenza a volte a Striscia la Notizia si danno dei numeri
incredibili: “Ieri abbiamo fatto venti milioni”. In realtà si tratta di un dato vero e
verificabile: è il numero dei “contatti”, cioè il numero di spettatori che per un minuto si
è sintonizzato con la trasmissione.
346
7. Dietro i dati Auditel
Per un grande produttore indipendente l’uso attento e specialistico dello strumento
Auditel è indispensabile; soprattutto per le produzioni a lunga serialità e gli adattamenti
ai format, che rappresentano uno stadio di industrializzazione delle produzioni. Marco
Bassetti, di Endemol Italia, produttore di Grande Fratello, di soap come Vivere e Cento
Vetrine, di fiction e intrattenimento da prime time, sostiene che queste competenze
multigenere richiedono una conoscenza puntuale di pubblici e palinsesti.
Si utilizza un dato Auditel elaborato qualitativamente e quantitativamente dalla società
Geca, di origine spagnola, che ha importato in Italia una serie di sofisticate analisi dei
dati grezzi: sono dei preziosi strumenti di supporto per i produttori e i creativi.
Per i programmi in prime time il primo confronto è quello della scaletta, con la curva
che dà l’andamento minuto per minuto dell’ascolto: picchi e cali, ma anche
composizione del pubblico. Da questo primo confronto, epurato dalle contaminazioni da
controprogrammazione delle altre reti, si ha un primo dato sulla forza del programma:
se la curva cresce e il pubblico rimane e si consolida, il programma funziona (LINK
Idee per la televisione, 2003).
Ovviamente l’aggiustamento a partire dal dato vale per tutti quei programmi che
permettono di intervenire in corso d’opera. Le fiction di poche puntate in prime time
restano dei prototipi che vengono testati dalla messa in onda: per essi l’Auditel decreta
senza appello successo o insuccesso.
Per i programmi in daytime, spalmati in più puntate, e per i programmi in prime time in
diretta o ancora in produzione mentre sono trasmessi (per esempio Grande Fratello), si
scende a controllare la composizione del pubblico e ad aggiustare eventualmente
scaletta e blocchi.
347
La lettura di un’intera edizione di un programma, con il suo storico, permette di
individuare i punti di debolezza e di forza e di lavorare su questi. Influiscono tuttavia
anche altri elementi come per esempio la necessità di innovare alcune parti, o i
linguaggi, perché esauriti dal programma stesso, o magari da altri che lo hanno copiato.
Il programma si rivede a tavolino, ma gli aggiustamenti finali si determinano più a
ridosso dell’uscita, quando si delinea più chiaramente il contesto competitivo, la
controprogrammazione sulle altre reti, che in ultima analisi determina il pubblico della
propria trasmissione.
In definitiva il dato Auditel è uno strumento di base, fondamentale, ma ci sono una serie
di altre variabili in gioco. Bisogna leggere dietro il dato Auditel ed è quello che si tenta
di fare tutti i giorni, trovando delle forti indicazioni anche di carattere qualitativo. Per
esempio i dati sulla composizione del pubblico: oltre alla quantità, al sesso, all’età, il
dato Auditel dà la regione di provenienza, il grado di scolarizzazione, dice se è un
pubblico metropolitano, di città medie o grandi e la sua permanenza. Insomma, offre un
insieme di informazioni che a parere di Marco Bassetti sono indici qualitativi.
348
8. Il ruolo dell’Auditel per l’analisi dei personaggi
L’utilizzo efficace delle star – le “risorse artistiche”, nel gergo televisivo – comporta
anche l’uso di strumenti d’indagine, quantitativi e qualitativi, che permettono di
verificare il rapporto tra i volti Tv e il pubblico, di designare il “profilo” del personaggio
nella percezione del pubblico.
Giorgio Restelli, responsabile delle risorse artistiche Mediaset, sostiene che l’Auditel,
insieme ad altre ricerche condotte sui personaggi televisivi, consente di definire il
gradimento di un personaggio e il suo profilo. La televisione è fatta di persone che
mettono il loro volto davanti alle telecamere e instaurano un certo rapporto con il
pubblico. Per Mediaset è importante conoscere il più possibile questo rapporto. Il
profilo di un personaggio permette di deciderne la collocazione (LINK Idee per la
televisione, 2003).
Un personaggio nuovo richiede però intuito e sensibilità. Normalmente accade che un
personaggio nuovo si affacci al mondo televisivo con un talento grezzo, l’obiettivo
diventa quindi di individuarne le potenzialità e di aiutarlo a compiere un percorso
formativo adeguato. E’ nell’interesse dell’azienda che questo accada, un talento va fatto
crescere e mantenuto con ruoli adatti che non lo espongano oltre misura.
In tutto questo Auditel gioca un ruolo di verifica: la curva di ascolto di un programma
permette di giudicare una performance e mettendo a confronto diverse curve si può
disegnare un profilo del personaggio. E’ necessario fare un’analisi attenta dei dati
Auditel: la singola performance conta relativamente, bisogna seguire l’intero percorso
di un personaggio per valutane il valore.
I dati Auditel vengono in soccorso anche per affrontare rapporti difficili con star che
stanno passando un momento di appannamento. Spesso capita che uno stile di
conduzione che ha avuto successo per molto tempo non funzioni più e che serva la
349
fredda oggettività dei dati di ascolto per convincere un personaggio a rivedere il suo
stile e a modificarlo per rinnovarsi.
9. L’Auditel nel mercato pubblicitario
Una bilancia per pesare la Tv; per pesare la quantità di teste raggiunte dalla pubblicità e
stabilire così i prezzi da far pagare a chi compra gli spazi pubblicitari. Questa è
l’essenza dell’Auditel.
In Italia il 52% degli investimenti pubblicitari finisce alla Tv, cioè in gran parte, alle
concessionarie di pubblicità del duopolio: Sipra per la RAI e Publitalia per Mediaset.
Sono loro i grandi venditori con la bilancia Auditel in mano.
Di fronte a loro ci sono i grandi acquirenti, cioè soprattutto i centri media, che decidono
le strategie pubblicitarie dei principali produttori, consigliandoli se e quando infilare
spot o telepromozioni in certi programmi televisivi piuttosto che in altri; oppure
pubblicare pagine su giornali o riviste; o utilizzare campagne alla radio o manifesti nelle
città (LINK Idee per la televisione, 2003).
I venditori
Per i venditori l’Auditel è il migliore dei mondi possibili: l’ordinata sequenza di cifre
che arriva puntualmente sui tavoli ogni mattina è uno strumento di lavoro affidabile e
inappellabile, che tuttavia costringe a un notevole sfasamento temporale: Auditel è una
bilancia che pesa il passato per vendere il futuro; e quando si vende e compra un nuovo
programma, la determinazione del peso diventa un’operazione creativa. Anche per
questo la concessionaria di una Tv commerciale ha voce in capitolo nella progettazione
del prodotto televisivo. Giancarlo Aru, del marketing di Publitalia sostiene che la
350
concessionaria suggerisce alla “fabbrica televisiva” le caratteristiche intrinseche del
prodotto, che deve essere modellato sul target. Auditel sta alla Tv come lo scanner (alle
casse dei supermercati) sta alla grande distribuzione: rileva il grado di accettazione dei
consumatori. Ogni rete è caratterizzata da un posizionamento editoriale specifico e da
una base di spettatori con preferenze televisive e caratteristiche socio-demografiche
differenziate, con particolare attenzione alle fasce di pubblico più interessanti per il
settore pubblicitario.
Il peso dei venditori si sente anche nel caso di programmi che non funzionano come ci
si aspettava. In questo caso si cerca di discutere con la parte editoriale, individuando gli
aggiustamenti di tiro e le modifiche. Non si giudica mai il successo o l’insuccesso delle
prime puntate: il valore di un programma si definisce nel tempo. Una riunione
settimanale di verifica con i centri media e con i clienti aiuta a definire il
posizionamento del programma e a valutare eventuali aggiustamenti.
In ogni caso occorre buon senso e continuità nell’interpretazione dei dati. In primo
luogo perché un programma, soprattutto se ha successo, si satura in termini di bacino
pubblicitario dopo due o tre puntate. In secondo luogo perché il prodotto costruisce
fedeltà nell’arco di tutto il periodo di emissione, e un dato grezzo e limitato dice ben
poco in merito al suo vero valore; ad esempio i programmi a striscia: costruiscono
affezione giorno dopo giorno.
I compratori
Per i compratori il predominio televisivo in campo pubblicitario è visto in modo
ambivalente. Da un lato sembra il retaggio di un’epoca ormai passata, che continua
imperterrita a sopravvivere in un contesto molto diverso, nel quale la “dieta” mediatica
dell’utente è sempre variata: cinema, dvd, videogiochi e più in generale i media
interattivi. Dall’altro la centralità è giustificata perché la Tv continua a offrire una solida
base di investimenti e a dimostrarsi strumento efficace e molto affidabile. Luca Cavalli,
351
media manager del reparto Research del gruppo ZenithOptimedia5 sostiene che l’offerta
crescente di mezzi di comunicazione cui abbiamo assistito nel decennio scorso ha
radicalmente trasformato l’approccio alla pianificazione strategica. In questo scenario
multivariato la televisione continua comunque a occupare un ruolo centrale, soprattutto
in relazione a mercati di massa e a target allargati. E’ sicuramente una peculiarità della
realtà italiana che trova scarso riscontro nel contesto europeo. Esistono però, anche nel
nostro mercato, arene competitive più segmentate ed elitarie che riescono ad uscire da
questa logica. Fortunatamente, perché spesso è lì che la capacità di media-creativo di
un’agenzia vengono chiamate in causa.
Del tutto positivo è invece il giudizio sul mezzo Tv di Roberto Roseano, “research
director” di Media Italia6, il quale sostiene che la televisione continua a essere il mezzo
che meglio soddisfa la maggior parte delle esigenze di chi comunica: raggiunge
velocemente tutti i segmenti della popolazione, ha un costo per contatto competitivo su
molti target, offre diverse tipologie di comunicazione (spot, sponsorizzazioni,
telepromozioni e televendite), garantisce visibilità alle campagne e, dal punto di vista
del ricercatore, offre dati in abbondanza. Proprio questi dati rivelano che l’attuale
stagione televisiva sta ottenendo valori d’ascolto record.
Questo non significa che nella progettazione di una campagna pubblicitaria la Tv venga
selezionata per default. In ogni strategia che si rispetti vengono selezionati i mezzi che,
compatibilmente col budget disponibile, meglio consentono di perseguire gli obiettivi
della campagna, in base alle loro caratteristiche tecniche e commerciali. Per quanto il
suo peso sia rilevante a livello aggregato, non va dimenticato che nel 2002 le aziende
5 Il gruppo ZenithOptimedia, nato dalla fusione tra Zenith Media e Optimedia, è oggi una delle agenzie media più importanti al mondo. Opera a livello internazionale con 166 uffici in 59 paesi e gestisce investimenti pubblicitari per oltre 20 miliardi di dollari. 6 Media Italia è un’agenzia media a servizio completo che fa parte del Gruppo Armando Testa S.p.A. Nata a Torino nel 1982, è il primo centro media costituito in Italia. Nel 2002 ha amministrato 600 milioni di euro per conto di 65 clienti.
352
che hanno pianificato la Tv sono state 1300, contro le 15400 che hanno pianificato la
stampa7.
Benché Auditel sia ritenuto uno strumento pressoché perfetto per il lavoro dei centri
media sulla Tv, i numeri non sono i soli criteri di efficacia utilizzati: ci sono anche i
profili, l’immagine del programma e il gradimento dei personaggi.
Numeri, profili, contenuti, conduzioni: secondo Cavalli sono tutti fattori importanti
nella valutazione del mezzo televisivo. Nel caso di una ricerca tipicamente mass market,
dalla storicità consolidata e prodotta da una grande multinazionale leader del settore,
servirà soprattutto la logica dei numeri; nel caso di un nuovo prodotto molto giovane e
segmentante, che deve costruirsi in breve tempo una solida awareness, diventeranno
preponderanti gli elementi più qualitativi dei veicoli di comunicazione.
Insomma, l’audience, nelle mani di questi strateghi della comunicazione, è tutt’altro che
la dittatura della quantità: è piuttosto un territorio multiforme, da conquistare con
tattiche diverse. Un piano è normalmente costituito da un mix di rubriche pubblicitarie
ad alto, medio e basso ascolto. Molto spesso le rubriche più affini ad un target, ossia
quelle che meno disperdono i contatti su segmenti di popolazione che non interessano,
hanno ascolti tutt’altro che elevati. Ciò che conta realmente è far sì che il messaggio
raggiunga una elevata quota degli appartenenti al target, con una adeguata frequenza e
dentro un determinato arco temporale.
Occorre inoltre considerare che ci sono gli altri strumenti, a volte indispensabili, da
affiancare o da sostituire all’Auditel.
Cavalli afferma che più un’emittente si rivolge a focus target più la base campionaria
rappresentativa si riduce, aumentando l’errore statistico. L’esperienza e il ricorso ad
altre metodologie di valutazione possono a questo punto venire in aiuto agli operatori
del settore; ad esempio ci si riferisce alle indagini single source8, utilissima fonte di
7 Dati Nielsen Media Research. 8 Alla fine degli anni ’80 la società Nielsen Italia, istituto di riferimento per le indagini di consumo di beni e prodotti, decise di provare ad abbinare le indagini di consumo famigliare, che già svolgeva, a quelle di
353
informazioni complementari e, in alcuni casi sostitutive, per l’analisi dei mezzi. Per
quanto riguarda l’efficacia poi, le concessionarie per prime hanno ormai imboccato la
strada di indagini alternative (come le coincidenziali e i tracking) con lo scopo di
monitorare in tempo reale le fluttuazioni della fruizione.
Quando il centro media amplia l’orizzonte al consumo di tutti i media, une delle
ricerche più usate è Sinottica di Eurisko, un’indagine che scatta due fotografie all’anno
su campioni di 5.000 casi.
Ciò consente di incrociare informazioni sull’esposizione ai mezzi di comunicazione, sui
consumi, sui beni posseduti e sulle caratteristiche degli individui, tutte informazioni
rilevate presso ciascun intervistato.
Sinottica ha anche il pregio di fornire informazioni sui mezzi che non dispongono di
una ricerca ufficiale (come per esempio il cinema) o su veicoli dall’audience ancora
ignota (come per esempio MTV, ma anche testate stampa non ancora rilevate da
Audipress). E’ molto utile in fase strategica sia per fare l’identikit di un target di
comunicazione (profilo socio-demografico e comportamentale), che per analizzare la
sua esposizione a mezzi, emittenti, programmi, testate e fasce orarie.
I mezzi selezionati in strategia vengono poi pianificati con software che “girano” sui
dati più dettagliati delle ricerche specifiche, come Auditel, Audipress e Audiradio.
Auditel è ciò che serve per pesare la pubblicità in Tv; ma quanto contano i suoi numeri
per valutare l’efficacia di una campagna pubblicitaria?
Roseano ricorda che il principio fondamentale per un’agenzia pubblicitaria è: “It’s not
creative unless it sells” (non è creativo se non vende). In verità, è ben noto che le
ascolto televisivo. Il nuovo sistema, denominato Nielsen Single Source Italia (NSSI) Audience Tv consentiva di raccogliere informazioni e dinamiche delle famiglie sui dati di esposizione ai media e i dati di consumo di prodotti. Il valore di tale indagine era avere una fonte unica di informazioni, che permettesse, entro certi limiti, un controllo di efficacia delle campagne pubblicitarie. In un primo tempo si chiese alle famiglie di compilare dei diari sulla fruizione televisiva, successivamente venne introdotto un set meter per ognuno dei televisori presenti nelle case dei panelisti. Il sistema non incontrò però il favore dei potenziali utenti: fra i motivi, gli elevati costi d’impianto, l’impegno eccessivo richiesto ai panelisti e la difficoltà di trovare una correlazione diretta fra consumi Tv e di prodotto.
354
vendite sono influenzate anche da altre leve del marketing mix, soprattutto prezzo e
promozione (del cliente, ma anche dei concorrenti). Per questa ragione spesso l’analisi
si concentra sulle cosiddette soft variables, il ricordo e il riconoscimento della
campagna pubblicitaria e qui conta molto la creatività del messaggio.
Alla fine un cattivo piano mezzi depotenzia un’ottima creatività, ma una mediocre
creatività rende inutile un ottimo piano mezzi.
Quantità e qualità, ancora una volta, sono inestricabilmente intrecciate.
355
10. Misurare il gradimento: introduzione
La rilevazione quantitativa dei dati di ascolto consente di descrivere l’audience,
attribuendo un peso ad un fenomeno intangibile. Questo non è però l’unico strumento
per analizzare l’ascolto televisivo. Ve ne sono molti altri, in quanto la televisione è un
fenomeno assai complesso che richiede una pari complessità di approcci e di strumenti
per essere analizzata.
Le ricerche audiometriche, come quella effettuata da Auditel, nascono per rispondere a
precise esigenze commerciali: misurare il numero di contatti e descrivere il pubblico,
dal punto di vista delle variabili socio-demografiche, delle scelte di visione e degli
orientamenti di consumo. Esse forniscono soltanto una delle possibili fotografie del
consumo televisivo, mettendo a fuoco alcuni tratti peculiari e tralasciandone altri, come
i processi cognitivi e motivazionali che presiedono alla visione della Tv.
Accade però, che i risultati forniti dall’Auditel vengano utilizzati, magari
impropriamente, come unico parametro per decretare il successo o l’insuccesso di una
trasmissione o per orientare le linee editoriali delle reti, sia commerciali che pubbliche.
Tutto questo è forse inevitabile; resta però vero che limitarsi alla lettura del fenomeno
così come viene fornita dagli strumenti audiometrici significa dimenticare la natura
multidimensionale dell’audience e la complessità del consumo televisivo (Casetti F., Di
Chio, 1998). Gli atteggiamenti espressi dal pubblico nei confronti di un programma
trovano una prima sintesi nel concetto di gradimento. L’esigenza di misurare il
gradimento che un programma suscita nasce da più ragioni: da un lato si vogliono
descrivere le dinamiche del consumo, affiancando ad un dato che indica il sintonizzarsi
di un pubblico su una trasmissione, anche un dato che evidenzia il grado di
soddisfazione che il pubblico ricava dalla visione del programma (in questo modo si
vuole integrare la misura quantitativa del successo di un programma con un indicatore
qualitativo sintetico); dall’altro lato si vuole invece capire meglio in che cosa consista la
356
qualità di un programma: quanto e che cosa è apprezzato. Le emittenti vi badano perché
il successo di un programma è legato sia alla sua capacità di mobilitare un’audience che
alla sua capacità di soddisfarla: in ogni caso la misurazione del gradimento è una pratica
che, con alti e bassi, ha accompagnato tutta la storia della televisione.
Al di là dei problemi derivanti dal fatto che la qualità di un prodotto e la relativa
soddisfazione non sono facilmente misurabili attraverso parametri fissi, ci si imbatte in
una questione fondamentale: quella del rapporto fra indici di gradimento e dati di
ascolto.
Se ci fosse una effettiva correlazione tra gli indici di ascolto dei programmi e i loro dati
d’ascolto, il programma più gradito dovrebbe essere anche il più seguito. In realtà,
spesso non è così, o perché l’autopercezione del consumo di televisione e, più ancora,
l’autorappresentazione del telespettatore divergono dalla reale dieta di visione (ad
esempio, il numero di persone che dichiarava di amare Quark non coincideva con il pur
elevato numero degli spettatori effettivi); o per effetti di distorsione statistica del
campione (i pochi che seguono un programma di nicchia lo amano tantissimo: e così il
suo indice di gradimento è più alto di quello di un programma seguito da molti
spettatori). Di fatto, in quasi tutta Europa, l’indice di gradimento non trova alcuna
corrispondenza nei risultati di ascolto e lo si utilizza come parametro di riferimento
qualitativo. Negli Stati Uniti, invece, molti “tracking studies” (studi continuativi) sul
gradimento dei programmi hanno evidenziato un maggior legame con gli effettivi dati
di consumo. Una ragione potrebbe trovarsi nel diverso grado di disponibilità e
affidabilità dei soggetti intervistati: in Europa, sono ancora attivi meccanismi di censura
e deformazione delle risposte che tendono a creare la distorsione tra quanto dichiarato e
i comportamenti concreti tenuti dai soggetti; negli Stati Uniti questo fenomeno è assai
più contenuto. Un secondo aspetto riguarda le caratteristiche della programmazione
televisiva: il fatto che negli Stati Uniti si privilegi uno stile di programmazione
relativamente stabile facilita l’assunzione di comportamenti di consumo costanti e
357
dunque la possibilità di individuare con maggior agio le correlazioni tra indici di
gradimento e indici di ascolto.
10.1. Il panel IQS della RAI
Dal luglio 1997 la RAI ha dato corso alla rilevazione della qualità percepita dei suoi
programmi televisivi, varando il cosiddetto IQS (Indice di Qualità e di Soddisfazione).
Sappiamo che qualità e soddisfazione sono la risultante di una serie di percezioni, che
attengono alle caratteristiche del prodotto e alle attese di chi lo consuma, e che le une e
le altre si connotano diversamente secondo il “genere consumato”: un certo programma
sarà ritenuto di qualità soprattutto se giudicato chiaro e obiettivo, mentre un altro dovrà
essere in primo luogo interessante e divertente. L’indice di qualità e di soddisfazione è
pertanto scomponibile in una serie di fattori, ciascuno dei quali concorre, con un suo
peso, a determinarlo (Casetti F., Di Chio, 1998).
La base statistica è costituita da un campione di famiglie (per il momento 1000),
stratificato per zona geografica, ampiezza e secondo variabili socio-demografiche,
rappresentativo dell’universo delle famiglie italiane: fanno parte del panel IQS tutti i
componenti delle famiglie campione con almeno 8 anni. Sono considerati rispondenti
tutti coloro che compilano il questionario proposto nel corso della trasmissione. Il
questionario viene somministrato in uno o più momenti “centrali” del programma,
secondo la sua durata, per cercare di coglierne gli aspetti salienti. La probabilità che un
individuo risponda al questionario è proporzionale alla sua permanenza nella visione del
programma: ciò garantisce che il numero dei giudizi raccolti sia soprattutto espressione
di ascoltatori non erratici. I giudizi espressi dagli individui del panel, concorrono alla
definizione degli indici di qualità e soddisfazione.
358
La rilevazione della qualità percepita viene effettuata su molti programmi trasmessi
dalle reti RAI giorno per giorno: alcuni di questi programmi sono rilevati
sistematicamente; altri, essendo ricorrenti vengono rilevati ciclicamente, secondo un
calendario che ne garantisca, nel tempo, la significatività delle stime.
L’indagine si avvale di uno strumento interattivo, denominato “I-Kit”, che è collegato al
televisore principale di ciascuna famiglia campione: questa apparecchiatura, utilizzando
le pagine di Televideo, trasmette in sovrimpressione sul video le domande del
questionario riferite al programma che si sta vedendo e trasferisce quindi le risposte,
tramite la presa telefonica, all’istituto che ha l’incarico di elaborarle; gli individui della
famiglia interagiscono con l’I-Kit tramite un semplice telecomando, che consente loro di
posizionarsi sulla risposta desiderata, utilizzando dei tasti freccia. Tutti coloro che
stanno vedendo il programma rispondono, in sequenza, alle domande del questionario,
qualificandosi attraverso l’indicazione del rispettivo codice rispondente.
359
CONCLUSIONI
L’analisi effettuata nel cuore della tesi, composto dal capitolo terzo e quarto, mi
permette di mettere in evidenza alcuni punti interessanti, tutti basati sull’essenziale
osservazione che il mercato della televisione e quello della pubblicità sono legati a
doppio filo, grazie allo strumento fondamentale dell’offerta televisiva, cioè il palinsesto,
il quale rappresenta l’anello di congiunzione fra il sistema televisivo e quello
pubblicitario.
Prima di tutto è necessario sottolineare che la presenza del soggetto privato nel settore
televisivo è principalmente determinata dalle opportunità di profitti connessi
all’esistenza dei due mercati.
Il mercato pubblicitario è costituito dagli investimenti che le imprese effettuano nella
comunicazione esterna al fine di promuovere i propri prodotti e servizi: la
comunicazione commerciale; la comunicazione d’impresa di tipo pubblicitario è
caratterizzata infatti dall’acquisto di spazi messi a disposizione dalle concessionarie di
pubblicità.
Nel mercato televisivo, i programmi costituiscono i fattori di produzione, il palinsesto
rappresenta il prodotto e gli spettatori corrispondono ai consumatori. Nel mercato
pubblicitario, invece, il palinsesto costituisce il fattore di produzione, gli spettatori il
prodotto e gli inserzionisti pubblicitari i clienti.
Queste considerazioni, sviluppate nella mia indagine, mi hanno permesso di capire
quanto il mercato pubblicitario condizioni la logica e l’attività dell’impresa a livello del
mercato televisivo, in quanto la produzione e la composizione del palinsesto sono
360
rivolte ad attrarre il maggior numero di spettatori e quindi si concentrano su quei
programmi che hanno una più elevata potenzialità d’ascolto.
Questo è quindi il motivo basilare che spinge le reti televisive ad organizzare l’intera
routine produttiva intorno al palinsesto, inteso come “luogo” in cui la propria offerta
può porsi in relazione con la domanda del pubblico.
Facendo un parallelismo con la struttura del supermercato, ritengo che il palinsesto
possa essere considerato una sorta di “scaffale dell’offerta televisiva”: composto da film,
telefilm, reality-show, quiz, giochi ed informazione, permette di soddisfare la domanda
degli spettatori e soprattutto consente la creazione di un mondo immaginario, in quanto
stimola sogni e desideri grazie alla continua partecipazione dei suoi personaggi e dei
suoi vip presenzialisti, i quali rappresentano un collante di questo “villaggio virtuale”.
Un’osservazione importante inerente alla struttura dei palinsesti di oggi riguarda il ruolo
della pubblicità: si è infatti osservato che essa costituisce attualmente un elemento
centrale del palinsesto, tanto che quest’ultimo può essere quasi pensato come una
sequenza di inserti pubblicitari incorniciati da programmi che possono servire di
richiamo.
Il mutamento che il palinsesto ha subito nel tempo deriva essenzialmente
dall’evoluzione dello scenario economico italiano alla fine degli anni Settanta. In questo
periodo, infatti, l’industria italiana era impegnata in una rapida modernizzazione della
propria attività di marketing, grazie alla quale si potenziò la grande distribuzione a
livello nazionale. Per consentire la riuscita degli obiettivi commerciali delle aziende
risultava necessario un forte incremento dell’attività promozionale su scala nazionale e
sotto questo profilo la televisione rappresentava un mezzo insostituibile.
Grazie all’analisi della problematica palinsestuale è emersa l’importanza che rivestono
oggi le strategie della programmazione, le quali hanno dovuto sviluppare soprattutto in
questi ultimi anni particolari tecniche, prima fra tutte la controprogrammazione, ricavata
dall’esperienza della Tv americana, proprio nel tentativo di guadagnare porzioni di
361
audience sempre più elevate e di ottenere un’identità di rete che possa far risaltare ogni
singola emittente differenziandola dalle altre. In modo particolare, per quest’ultimo
obiettivo uno degli strumenti più utilizzati è quello dell’autopromozione, cioè la
disseminazione nel palinsesto di promo che pubblicizzano programmi che verranno
emessi in futuro; per quanto riguarda tale argomento, mi hanno particolarmente
appassionato le procedure che stanno alla base della realizzazione e della
predisposizione dei promo, grazie alle informazioni che mi sono state fornite dal
Responsabile della Promozione di Retequattro (Dott. Angelo Florio), il quale mi ha
fatto comprendere che il promo non solo deve riuscire a dire in 30 secondi di che rete si
sta parlando e di che prodotto si tratta, ma deve soprattutto veicolare il sistema valoriale
dell’emittente.
Ritengo che in futuro i palinsesti delle reti generaliste probabilmente non presenteranno
differenze particolari rispetto a quelli attuali. Sarà invece importante esaminare
l’impatto delle nuove tecnologie e della moltiplicazione dei canali attraverso
l’espansione in Italia delle reti via satellite, in quanto permettono da una parte la
costituzione di reti tematiche (dotate di palinsesti monogenere) e dall’altra la
costruzione di palinsesti ad hoc da parte del telespettatore (attraverso i vari sistemi pay
per view o video on demand).
Materialmente, il palinsesto consiste in un prospetto dove verticalmente vengono
indicate le ore di programmazione giornaliera, suddivise in fasce orarie significative,
mentre orizzontalmente sono riportati i giorni della settimana. La griglia così
determinata viene quindi riempita dai programmi di una settimana “tipo”, a seconda
della stagione considerata. La suddivisione si basa sulle caratteristiche degli spettatori
nelle varie ore della giornata, rendendo possibile offrire una programmazione più mirata
in base al pubblico, nonché fornire un’audience qualitativamente definita alle aziende
che acquistano spazi pubblicitari.
362
Per quanto concerne la predisposizione dei palinsesti appaiono rilevanti le differenze fra
il modello RAI e quello Mediaset; la diversa impostazione del palinsesto nella
concessionaria pubblica, il quale contiene una maggior quota di programmi informativi
e culturali, rispetto alle reti private, dove invece predominano quelli di intrattenimento,
può essere giustificata dalla fonti di ricavo. Le aziende che si basano sulla vendita di
pubblicità tendono a privilegiare, come è emerso dall’analisi, generi che sono in grado
di attirare una maggiore quota di telespettatori; la RAI, invece, essendo sostenuta in
buona parte dal canone, deve diffondere programmi educativi, culturali e informativi,
usualmente di minor successo, ma indispensabili. Nelle imprese televisive finanziate
dalla pubblicità, l’obiettivo perseguito è costituito dalla massimizzazione dell’ascolto,
visto che il mercato di riferimento è rappresentato dagli investitori pubblicitari, i quali,
nell’acquistare gli spazi del palinsesto, considerano il numero di persone che possono
raggiungere, la composizione dell’audience e il costo necessario per raggiungere gli
spettatori.
Costruire il palinsesto significa soprattutto operare sul tempo e scegliere i segmenti più
opportuni in cui collocare i diversi programmi con l’obiettivo di far sì che la tipologia di
spettatori cui sono diretti abbia la possibilità effettiva di “consumarli”; ciò rende quindi
necessario, per i professionisti del marketing, determinare quali tipologie di persone si
trovano in casa nei diversi momenti della giornata, nei diversi giorni dell’anno e quali
sono le loro abitudini di consumo televisivo.
In particolar modo sono emerse le difficoltà con cui ci si scontra quando si predispone il
palinsesto: la sua scrittura, infatti, si rivela un processo impegnativo, in quanto è
necessario che lo schema di programmazione sia flessibile, in modo da poter effettuare
continui aggiustamenti rispetto alle scelte realizzate dalla concorrenza, ma anche fisso e
steso con largo anticipo, in quanto deve essere presentato il prima possibile alla
concessionaria che effettua la vendita degli spazi pubblicitari.
363
La sua stesura comporta tempi estesi di lavorazione (dalla predisposizione di un
palinsesto generico si giunge al dettaglio della programmazione dell’azienda televisiva)
e, come ho già sostenuto, assume delle caratteristiche differenti all’interno della RAI e
di Mediaset; in particolar modo, per quanto fa parte della realtà di quest’ultima, sono
emersi particolari interessanti, sia per quanto riguarda la predisposizione dei suoi
palinsesti (è necessario infatti consegnare il prima possibile alla concessionaria di
pubblicità una bozza ben definita, per ottenere riscontri significativi da parte degli
inserzionisti), sia per ciò che concerne l’organizzazione della sua Struttura Marketing,
della quale mi sono occupata nel capitolo quarto, analizzandola non soltanto da un
punto di vista teorico, ma anche secondo una prospettiva pratica e reale, grazie
soprattutto alle testimonianze dei Responsabili delle diverse Direzioni.
La costruzione del palinsesto è un’operazione laboriosa che richiede aggiustamenti
continui: analizzando la sua predisposizione ho infatti capito l’importanza del rispetto di
alcuni criteri (ad esempio l’appropriatezza fra genere e fascia oraria, le regole del prime
time, l’esigenza di “non spezzare il pubblico” e soprattutto la necessità di
controprogrammare); inoltre, i singoli palinsesti devono cercare di non creare
concorrenza interna; a tal fine viene realizzata un’azione di coordinamento che si rivela
essenziale per evitare sovrapposizioni d’immagine: ad esempio, si cerca di rendere
leader una data rete per ogni fascia oraria oppure di differenziare i palinsesti in modo da
massimizzare l’audience complessiva, anche se difficilmente si può sottrarsi del tutto
agli imprevisti. Insomma, i processi inerenti alla predisposizione dei palinsesti sono
estremamente complicati e ciò ha portato allo sviluppo di specifiche tecniche di
programmazione, le quali sono state desunte direttamente dall’ambito statunitense, in
quanto i network Usa hanno dovuto fin dalla loro nascita costruire i propri schemi di
programmazione in una situazione di concorrenza e hanno perciò prodotto appositi
settori destinati all’ottimizzazione delle scalette, in relazione ai diversi target e alle
diverse fasce orarie.
364
L’attività di palinsesto non può comunque considerarsi esaurita fino al momento in cui
la programmazione non viene convertita in un flusso di immagini mandate in onda, in
quanto, come ho già affermato, la predisposizione dei palinsesti richiede fino all’ultimo
sistemazioni continue per fronteggiare al meglio la concorrenza; infine, una volta che i
programmi sono stati trasmessi, emerge l’importanza del controllo degli ascolti tramite i
dati messi a disposizione dall’Auditel, in modo da verificare il rendimento dell’attività.
Attraverso l’indagine inerente ai palinsesti sono risultate le difficoltà a cui si va
incontro, soprattutto per quanto riguarda l’emittenza privata, quando si decide di
rinnovare la programmazione: stabilire fino a che punto una rete commerciale debba
essere innovativa è un compito difficile, in quanto l’innovazione è una necessità, ma
non certo un’inclinazione della Tv commerciale. Dallo studio effettuato è risultato che il
compito d’innovatore spetta a chi non ha nulla da perdere (le Tv locali, ad esempio) e a
chi, provvisto del canone, è meno esposto alle punizioni che il mercato è capace di
impartire in caso di errore o di difficoltà di decollo. Per quanto riguarda la realtà della
Tv privata, non avendo in cura emittenti facenti parte delle due categorie appena citate,
a Mediaset hanno spesso mediato tra la necessità d’innovare e la vocazione fisiologica
alla prudenza, anche se per rinnovare l’offerta delle reti, sono state approntate nel corso
degli anni alcune variazioni abbastanza importanti, sebbene non rivoluzionarie.
Mi sono particolarmente interessata all’emergere in ambito televisivo di alcune nuove
tendenze, principalmente legate al nuovo rapporto che la Tv instaura con il suo
pubblico; esso, da entità direttamente raggiungibile è diventato terreno di conquista:
l’audience va infatti guadagnata, cercata, sedotta e presa, in quanto gli spettatori devono
essere catturati per poi essere venduti ai pubblicitari; ecco, allora, il motivo per cui le
strategie comunicative e di marketing assumono un’importanza decisiva in campo
televisivo: esse servono a mantenere e ad incanalare la relazione con i telespettatori, i
quali, sempre più esperti del mezzo e consapevoli delle proprie esigenze, incominciano
365
seriamente a distinguere, nel rapportarsi ai singoli programmi, tra quelli in grado di
valorizzare il proprio tempo libero e quelli che rischiano invece di immiserirlo.
Entrando nella concretezza del marketing televisivo, grazie all’analisi
dell’organizzazione e degli incarichi di tale Ufficio in Mediaset, è emerso come la
Direzione Marketing Palinsesto, l’Area Prodotto e l’Area Palinsesto e Coordinamento,
pur avendo funzioni specifiche, siano perfettamente coordinate. Ogni giorno le
Direzioni si scontrano con diverse difficoltà: il Marketing Palinsesto deve affrontare,
citando solo i principali, problemi inerenti al monitoraggio della programmazione
Mediaset e RAI, al supporto delle reti quando si deve decidere dove collocare un
prodotto e quindi, le difficoltà riguardano essenzialmente le analisi a livello di contesto
competitivo, di totale ascolto e le analisi a livello di posizionamento dei vari prodotti,
sia in fase terminale che in fase previsionale degli ascolti, in quanto ad ogni stagione
viene richiesto da Publitalia di stimare quanto potrà fare il palinsesto di ciascuna rete.
L’Area Prodotto, invece, si occupa di quelle che sono le produzioni all’interno del
palinsesto. Mentre l’Area del Palinsesto ha un ruolo importante nel determinare quale
slot temporale è migliore per un determinato tipo di programma, tale Area effettua
valutazioni più profonde sulle singole trasmissioni. In particolare, si occupa dei prodotti
dell’intrattenimento, dell’informazione e dei personaggi delle tre reti. L’Area Palinsesto
e Coordinamento, invece, si occupa di coordinare i prodotti televisivi a livello di
programmazione e di fare in modo, quindi, che in una determinata serata un programma
di una rete sia collocato in modo tale da non sovrapporsi e da non cannibalizzare
un’altra rete.
Mediaset comprende tre reti (Canale 5, Italia 1 e Retequattro) e quindi tre Direzioni di
Rete. Grazie allo studio della struttura della Direzione di Rete è emersa l’importanza,
per ciascuna emittente, di avere un proprio preciso posizionamento dal punto di vista
del mercato del pubblico televisivo: ciò significa, per una rete televisiva, costruire negli
anni una propria identità personale e avere una serie di prodotti che la
366
contraddistinguono e che quindi sono in grado di dare un’immagine di essa ben precisa
al pubblico. Colpisce, in modo particolare, l’identità di Retequattro e le complicate
operazioni di riposizionamento che ha subito negli ultimi anni a causa delle esigenze
manifestate dal mercato pubblicitario e soprattutto dalla concessionaria esclusiva di
Mediaset (Publitalia ’80); tale riposizionamento ha cominciato a dare i suoi frutti e la
rete si rivolge ora ad un pubblico allargato, diverso, più giovane, più maschile e
soprattutto più colto, quindi con un’istruzione migliore; il tutto, però, senza aver perso il
pubblico precedente.
Attraverso le ricerche commissionate dalla Struttura Marketing di Mediaset si è
indagato in merito alle preferenze dei telespettatori, al consumo televisivo in generale,
alle tendenze del mercato televisivo e soprattutto all’immagine che il pubblico ha dei
programmi, dei personaggi e delle reti.
E’ possibile capire se il pubblico percepisce tali immagini di rete principalmente
attraverso una ricerca quantitativa, la quale consiste ovviamente nella verifica
dell’Auditel, della cui rilevazione e delle cui critiche mi sono occupata nell’ultimo
capitolo, focalizzandomi in modo particolare su ciò che significa l’ascolto per i vari
guru della Tv, cioè sul modo in cui vengono prese le decisioni sulla base del riscontro
fornito dai dati Auditel.
L’Auditel non serve comunque solamente per la valutazione dei contatti pubblicitari.
L’utilizzo ai fini pubblicitari è un obiettivo di grande rilevanza, ma non rappresenta
l’unica finalità, in quanto si è evidenziato come i dati Auditel vengano anche usati al
fine di rilevare il gradimento ed il posizionamento delle “risorse artistiche”. La
rilevazione degli indici di ascolto non è nata quindi con il solo scopo di misurare la
pubblicità (sebbene abbia deciso di accennare anche al suo ruolo all’interno del mercato
pubblicitario); e non lo è dal punto di vista logico, poiché ciò che viene misurato sono
gli ascolti relativi al flusso continuo del palinsesto, sia che in esso vi sia pubblicità, sia
che si tratti di normale programmazione.
367
Oggi, molti sostengono che l’Auditel serve solo alla pubblicità; così, però, si dimostra
di avere poca considerazione nei confronti degli individui, delle loro scelte, dei loro
giudizi e dei loro valori. L’Auditel ha infatti costituito per la Tv italiana una vera
riforma di struttura, avendo manifestato ai protagonisti della comunicazione la figura
del pubblico quale saldo punto di riferimento e riscontro della loro attività. Prima del
suo avvento il pubblico non era presente e le decisioni sulla programmazione venivano
effettuate principalmente sulla base dei giudizi, degli interessi e dei valori di chi faceva i
programmi. Da qualche tempo, però, qualcuno afferma che bisogna confezionare
programmi televisivi senza preoccuparsi più di tanto degli indici di ascolto, ma chi
sostiene tale opinione è un po’ in malafede o si occupa di televisione come spettatore e
non come operatore: com’è possibile, infatti, produrre una trasmissione ignorando come
la medesima viene accolta dal destinatario naturale?
Nella trattazione dell’argomento si è ritenuto dunque importante considerare i vari
aspetti in relazione ai quali è possibile indagare i meccanismi televisivi, integrando lo
studio della stesura dei palinsesti, con quello delle tecniche e degli strumenti di
marketing, senza dimenticare la preziosa funzione svolta dagli indici di ascolto, che
stanno alla base di tutte analisi inerenti ai programmi, ai personaggi e al profilo del
pubblico.
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