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ricordate la casa torre di CasAntica n° 16?

Bentornati nel Medioevo

Sulle colline fra Parma e reggio, alla riScoPerta di una dimora che non Si dimentica.fino a Sei anni fa, al Pianterreno c’erano ancora alcuni ambienti in atteSa di rinaScita.

da temPo deSideravamo riabbracciare i ProPrietari e documentare le nuove Stanze,riSorte all’inSegna della convivialità. un’occaSione Per raffrontare il “Prima” e il “doPo”.e Per feSteggiare, con un Piccolo flaShback, il noStro ingreSSo nel decimo anno di vita

di Antonio Bianchi - foto di Max Salani

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È una di quelle dimore che non si dimenti-cano. Per il paesaggio, per il formidabile

passato che permea la costruzione, per la qualità del restauro, per i materiali scelti con rara cura, per l’atmosfera impregnata di una segretezza insolitamente ariosa (la dimora è emblema di un raccoglimento metafisico pur spalancandosi su una vallata a perdita d’oc-chio), per il garbo e la signorilità dei padroni di casa. Una coppia che evoca eleganza e affet-to. C’è il sapore della conquista. E c’è l’abbrac-cio. Vorremmo poterli ritrarre. Ma il fascino si nutre anche di riserbo. E questa segretezza gentile li evoca, li rappresenta, li ritrae. Senza

bisogno di nome.Tanti affezionati ricordano certamente quel servizio apparso su CasAntica numero 16, del marzo-aprile 2007. Il reportage si intitolava “La rinascita di una casa-torre matildica”. Ci troviamo sulle colline fra Parma e Reggio, territorio punteggiato di castelli, pievi, borghi e piccole fortificazioni medievali. Buona parte di queste costruzioni, erette con funzione di-fensiva, risale al Quattrocento-Cinquecento. Nel corso dei secoli, il loro aspetto è mutato, adattandosi a funzioni ed esigenze estetiche diverse. Alcune fortificazioni consentono di rileggere, come in un libro, la loro storia. È il

La prima visita risale all’inverno 2007. Una giornata grigia che accentuava l’algida solennità di questa casa torre. Stavolta ne abbiamo colto la dimensione più gentile, amabile e colorata, suggellata dal verde rigoglioso, dal cromatismo dei fiori e dalle mille sorprese del giardino.

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All’incontro c’era anche Giacomo Galli. Ricordate il giovane “storico a domicilio” apparso sullo scorso numero di CasAntica? Giacomo ha studiato a fondo questa dimora. E ci ha accompagnato alla scoperta di graffiti, curiosità e tracce “scritte” sui prospetti. Come i frammenti lapidei, con motivi decorativi a losanga, nelle due foto a sinistra.

la scoperta della casaQuel giorno di aprile sembrava che la primavera non volesse proprio arrivare. Era tutto grigio, ba-gnato da una pioggia leggera ma tenace e un vento forte, dirompente, spettinava l’erba, sollevando un profumo di buono e di antico. La mia macchina saliva fiera e volenterosa di raggiungere la meta, la destinazione. Ma, evidentemente, solo lei sapeva quale fosse.C’era, tuttavia, una magia, una forza, un’energia, che mi spingeva ad andare avanti, nella ricerca di un luogo, di una tana, di un sentimento da vivere e non

lasciare mai più.Quando l’ho vista, la mia casa da lontano sembrava una fortezza, quasi un castello. Ma, guardando attentamente la bellezza, l’eleganza, la dignità di quelle pietre, mi accorsi che la sua valenza era ben più profonda, più nobile. Lei si ergeva al di sopra di tutte le altre, ma non con arroganza, con superbia. Anzi: era come se di quei luoghi lei fosse la custode, la protettrice! Mi emozionò subito la sensazione di gioia e di pace… Pensai: “Mi asso-miglia”. Anch’io sono molto custode, protettrice…

Direi mamma… Però mamma lo sono veramente! Tutto quello che avvenne dopo si può raccontare solo con la voce dell’anima e del cuore! Ma so per certo che non è mai trascorso un giorno, da quando vivo qui, in cui non abbia benedetto Dio per avermi regalato la gioia di vivere in una casa vera. Sì, una casa vera. Perché la mia casa è un luogo che è stato, da secoli, lo scrigno dove si sono conservate tante vite, tante gioie, tanti amori, ma, anche, tante sofferenze, dolore, carestie e, credo, molta solitudine.

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Un portico zeppo di sorprese funge da perno fra i nuovi ambienti restaurati e il giardino. Questo raccordo contribuisce ad accentuare la sensazione di varcare la soglia di ambienti legati alla bella stagione, con colossali pareti capaci di garantire il fresco anche nelle giornate estive più afose.

caso di questa casa torre (o casa forte che dir si voglia), oggetto di rimaneggiamenti, aggiunte progressive e di un ribassamento di qualche metro (come testimonia lo spessore delle pa-reti, troppo massiccio per lo sviluppo verticale attuale)… In quell’occasione ci eravamo limitati a do-cumentare il maestoso portico e le stanze pa-dronali, al piano superiore. Ma al pianterreno c’erano ancora numerosi ambienti in attesa di rinascita. Li avevamo percorsi con stupore. Perché quelle stanze – permeate di un fasci-no intatto, in divenire – rappresentavano un curioso connubio fra interno ed esterno. Gli appassionati sanno bene che le strutture più

antiche sono spesso associate ad atmosfere impenetrabili, anguste, oscure, buie. Quegli ambienti, invece, erano in stretta relazione con l’esterno. E gli imponenti materiali strutturali interni brillavano di un insolito fascino en plein air. Cosa sarebbero potute diventare? Da quella visita sono trascorsi più di sei anni. Da tempo fantasticavamo di poter riabbrac-ciare i proprietari e documentare i nuovi am-bienti. Non restava che attendere il momento giusto. Senza forzare la mano, perché i servizi di CasAntica nascono spesso all’insegna di intrecci casuali e coincidenze. Come l’incon-tro – inaspettato – avvenuto lo scorso maggio all’Antica Corte Pallavicina di Polesine Par-

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mense, all’inaugurazione della mostra “Fiabe a Corte” di Antonio Saliola. C’eravamo noi di CasAntica. E c’erano anche loro. Una piccola festa nella festa. Ed è proprio in quell’occasio-ne che si è delineata la data del reincontro. “Vi aspettiamo per fine giugno”.Non era mai successo che CasAntica tornasse a visitare una dimora. È capitato di frazionare in più puntate ristrutturazioni troppo articolate per essere documentabili su un unico numero. Ma questa visita avrebbe avuto un sapore di-verso. Si trattava di riabbracciare due amici, di riassaporare atmosfere già confluite in un ser-vizio e – magica coincidenza – di festeggiare una piccola ricorrenza. Il primo numero di Ca-sAntica ha fatto capolino in edicola nel settem-bre 2004. Questo servizio sarebbe apparso sul numero di settembre 2013, in concomitanza

con il nostro ingresso nel decimo anno di vita. E perché non suggellarlo ripercorrendo una delle dimore più fascinose ammirate nel corso di questi dieci anni? Magari raffrontando gli ambienti “prima” e “dopo”, un gioco che tanti appassionati ci hanno spesso consigliato. Ma che, sulla carta, diventa di difficile traduzio-ne (perché la leggibilità del “prima” è meno automatica di quanto si possa immaginare. E per rappresentarla si deve ricorrere a piccoli sotterfugi grafici).Un pomeriggio intensissimo. Perché, nel corso di questi sei anni, i padroni di casa non si sono limitati a completare gli ambienti della casa torre. Ci hanno accompagnato alla scoperta di una nuova sorpresa: un gioiello che teniamo in serbo per i prossimi numeri.Questa seconda visita ci ha consentito di ri-

L’ambiente d’ingresso, in origine, era un porcile. Lo testimonia il pavimento, percorso da canali di scolo. Rispetto alla dimora vera e propria, queste stanze sono all’insegna di una funzionalità “complementare”. Evocano convivialità, gioia e allegria. A riprova di quest’approccio, colpisce un angolo bar, realizzato con assi di pino.

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l’interiorizzazione di una casa

Entrare in questo luogo magico e silenzioso è stato come varcare la soglia di un mondo sconosciuto, apparentemente spento, inani-mato… Ma non era così. Anzi: era come se l’energia che, nel tempo, era stata soffocata dal silenzio all’improvviso esplodesse, dirompente, magicamente. Ho imparato a conoscerla a poco a poco. Arrivavo al mattino presto, all’alba, e da subito capii che il sacrificio di alzarsi presto nascondeva un regalo inatteso. In quelle mattine

incominciai a immagazzinare tutto un bagaglio di esperienze e di valori. Era come se quelle pietre, quel ferro di certi cancelli, quel legno vecchio consumato, quelle serrature arrugginite diventassero i miei maestri, i libri su cui leggere e studiare il rispetto e il rigore estetico che si deve dedicare a case come la mia. Non è stato necessario consumarmi in tanti programmi, in tante, eventuali, possibilità di ristrutturazione. Quello che volevo è che restasse come l’avevo

trovata. Il progetto, dunque, fu molto delicato e rispettoso, nei modi e nei tempi. “Non c’è fretta”, mi ripetevo. Talvolta mi compiacevo di questa elegante lentezza che mi permetteva di pensare, di meditare, di non sbagliare. Con certe case è veramente un peccato sbagliare. E, allora, tu devi sentire la tua anima, il tuo cuore. E, quando lo ascolti, capisci che il messaggio è sempre quello: “Ci vuole pazienza”… Bisogna rispettare i tempi del tempo che ci vuole!

percorrere la casa torre in una “luce nuova”. Letteralmente. Perché il servizio del 2007 era andato in porto in una giornata grigia e nuvolosa di gennaio, che rendeva ancor più solennemente spoglio e austero il contesto. Ricordiamo ancora il “mare di nebbia” che si dominava dall’alto, guardando a valle. Questa seconda visita, invece, si è concretizzata in una giornata assolata, luminosa, tersa, pun-teggiata di verde e di tocchi floreali. Insomma: la costruzione ci è apparsa all’insegna di una dolcezza inattesa. Ci ha emozionato, dopo sei anni, rivedere Mimì e Sophie, le due cagnoline trovatelle adottate da questa bellissima famiglia. All’in-contro abbiamo ritrovato un altro amico: Giacomo Galli. Di lui abbiamo parlato sullo scorso CasAntica. Ricordate il giovane reggia-

no che si è inventato un lavoro nuovo di zecca (quello di “storico a domicilio”) strettamente intrecciato al nostro campo d’azione? Aveva-mo scritto che fra le sue ricerche c’era anche una bellissima dimora da noi già visitata. Ebbene: la costruzione in questione è proprio questa casa torre. Non sapevamo che Giacomo sarebbe stato presente. A farci questa sorpresa sono stati gli stessi padroni di casa. Secondo le ricerche di Giacomo, la costruzione dovrebbe risalire alla prima metà del Quattrocento (qualche secolo in meno rispetto a quanto ipotizzato sei anni fa). Sono stati rinvenuti documenti d’archivio riportanti anche i nomi di chi, nel Quattrocen-to, abitò qui. È il caso di Zaneto (poi diventato “messere”) e Richiolda Barberius.La struttura è stata oggetto di integrazioni e

Il bagno, fin dal 2007, aveva già delineato una personalità. I proprietari non hanno “replicato” le atmosfere domestiche della dimora vera e propria. Queste stanze, apparentemente fin troppo cariche di storia per ospitare tecnologia, sono perfettamente riscaldate. E possono essere fruite anche in pieno inverno.

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I tempi e le consapevolezze dell’antico

Questa casa è profondamente integrata nella cam-pagna, che, come in natura, ha bisogno dei suoi tempi. Perché quando si vive lontani dalla città, dal rumore, devi lasciarti prendere da altri equi-libri più semplici e più complicati. Mi spiego… la tua vita interiore è semplice, ti senti libera, protagonista, creativa, insomma al massimo delle tue potenzialità. Ma il mondo, fuori, è sempre quello di prima, e, allora, confrontarsi con la man-canza di rispetto per alcuni valori, la necessità di mantenere, a tutti i costi, conoscenze, frequenta-zioni diventa un sacrificio… Ma, anche in questo, il tempo lavora a tuo favore. Cambi direzione,

realizzi che l’im-

presa, le maestranze, gli artigiani devono essere del luogo, devono vivere nella tua stessa armonia. Dunque eludi dalla tua mente la possibilità di rivolgerti a organizzazioni grandi, strutturate, preferendo persone semplici, umili, ma, nello stesso tempo, esperte e di questi luoghi… quelli che, magari, lavorando accanto alle tue pietre, ti raccontano storie antiche di uomini, animali e tradizioni. Ci sono dei muri, nella mia casa, che sono profondi anche più di un metro e mezzo… Ricordo il dolore nel vedere quasi profanare con il trapano le pietre secolari, per poter far passare un cavo elettrico, il muro si opponeva a questa provocazione a tal punto che erano necessarie due persone per poter mantenere fermo il

trapano pronto a ferire, a colpire quelle pietre. Ecco: tutto questo l’ho vissuto in prima persona… L’ho amato, l’ho goduto. Ho capito quanta dignità c’è nel lavoro di certi uomini che umilmente sono stati capaci di cose meravigliose. Io li ringrazio continuamente, non solo perché sono stati dei bravi artigiani o altro, ma, soprattutto, per quello che mi hanno insegnato. Se mi guardo intorno, sento ancora le loro voci, i loro commenti, le loro ansie, le loro paure… e i loro sorrisi! C’era tutto questo intorno a me, eravamo veramente una famiglia, godevamo e soffrivamo delle stesse cose. Loro mi hanno sostenuta, incoraggiata e hanno permesso che venisse fuori, da me, una persona nuova, più vera…

L’ambiente dominante – in origine, cantina e magazzino per granaglie – è stato simpaticamente ribattezzato “sala delle grandi magnate”. Non a caso, il cuore è un enorme, monumentale tavolone, assemblato direttamente dentro questa stanza. Su una parete, colpisce l’attenzione una scultura metallica realizzata con coperchi di bidone.

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rimaneggiamenti. I più antichi fra Seicento e Settecento. I più recenti nel primo ‘900, quan-do la costruzione fu ribassata di un piano, probabilmente in seguito al terremoto del 1920. In questa fase, i prospetti furono intona-cati, occultando graffiti e tracce storiche che il meticoloso restauro ha riportato alla luce. Come abbiamo abbozzato, questa seconda vi-sita aleggiava nell’aria da tempo. Addirittura, c’era già un testo pronto. Nel corso di un’ama-bile chiacchierata telefonica, avevamo chiesto alla proprietaria – figura innamorata del buon recupero e portavoce di consapevolezze minu-ziose degne di essere evocate - la stesura di un racconto “autografo”, capace di configurarsi come “complementare” al primo servizio. Lei ci ha consegnato un memoriale incante-vole, pieno zeppo di spunti. Per pubblicarlo come testo portante avremmo dovuto intac-carlo e accorciarlo più del dovuto. Meglio salvaguardarne la fragranza, magari frazio-

Altri scorci del salone. Vi si accedeva direttamente dalla torre. Il passaggio è ancora identificabile in un angolo del soffitto. Qui, c’era anche un pozzo. La presenza dell’acqua - non è superfluo ribadirlo - è strettamente intrecciata alla nascita della casa. Si costruiva laddove era possibile procacciarsi acqua con facilità. Oggi il pozzo è chiuso. “Ma quando piove tanto ci sono piccoli affioramenti”, ci ha raccontato la padrona di casa.

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In un piccolo ambiente utilizzato, presumibilmente, per il ricovero degli attrezzi

è stato realizzato un salotto. Al centro, campeggia un banco da scuola materna, emblema

di una tenerezza giocosa e “senza tempo” (lo si scorge nella pagina precedente). L’antica

funzione di ricovero attrezzi è evocata da un ingranaggio trasformato in elemento d’arredo.

nandolo in singoli box disseminati qua e là. Perché ogni punto lambito ha il sapore di un racconto autonomo. Siamo certi che tanti ap-passionati, leggendo queste considerazioni, si renderanno conto che l’antico non è questione esclusivamente estetica e bidimensionale. E che abitare veramente in una “casa antica” è un’esperienza in grado di regalare formidabili stimoli e di stuzzicare – in chi sa coglierli – una profonda crescita interiore.

Gli insegnamenti dELL’ANTICO

Io lo chiamo “miracolo”. Questa casa ha fatto il mi-racolo, la differenza! Da amante del caldo, del mare, della confusione, sono diventata una donna nuova. Mi piace stare da sola, ho imparato ad amarmi per quello che sono, a essere indulgente verso me stes-sa. Mi piace stare in ordine, essere adeguatamente al passo con i tempi, avere cura di me. Ma, quando mi accorgo che le mie mani sono trascurate e che i miei capelli sono un po’ più bianchi, sorrido e mi perdono! In questo esercizio mentale, direi intellet-tuale, hanno arricchito la mia vita due meravigliosi

cagnolini, due bastardine, abbandonate da persone cattive, che non hanno mai, forse, avuto il tempo di guardare bene i loro occhi. Perché, altrimenti avrebbero sicuramente scorto una bellezza e una gioia semplice, pura e perfetta!Sono circondata da tutta questa gioia… Certo, ci sono meno amici che mi vengono a trovare. Qual-cuno dice che sono fuori mano. Quelli che però, talvolta, mi dedicano il loro tempo sono degli amici veri, quelli che organizzano la loro giornata facendo il possibile per far sì che insieme si possa star bene,

senza troppe aspettative, ma con la certezza di condividere momenti intensi e speciali. Vivendo così si diventa più esigenti, più responsabili e più profondi… I ricordi affiorano continuamente e quel patrimonio che è stato la tua vita, la tua infanzia riceve il dono di essere rivissuto. In queste case si rimane bambini! Tutto è più leggero, lieve… Forse, talvolta, si diventa “egoisti”. Perché hai l’idea che il mondo fuori non ti appartenga. E basta una lettura veloce di un quotidiano per ringraziare ancora una volta Dio di avermi donato una casa come la mia.