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CLEARAUDIO hanno consentito alle major di arricchire il repertorio, gli interpreti e la produzione. Oggi la maggior parte di quei nomi appar- tiene al passato e gli scenari dell’industria discografica non sono tra i più rosei, ma la DG resta al vertice con molti nuovi nomi e un catalogo enorme ancora non del tutto ristampato che trova eguali soltanto in quello altrettanto ricco della Decca. Della grande tradizione restano comunque i do- cumenti sonori (in molti casi anche in vi- deo… aspettiamo con ansia le uscite in DVD del Karajan e Bernstein degli anni Settanta), con il CD che ha avuto il vantag- gio di riproporre anche in veste particolar- mente economica molte grandi letture de- gli anni Sessanta e Settanta. La passione per l’analogico, pur se con ben altri numeri a disposizione, ha contri- buito a modo suo alla riscoperta di mate- riale musicale di non recente produzione. Come ben sapete non amo fare archeolo- gia musicale. Il piacere della corretta ripro- duzione musicale mi impedisce di apprez- zare (se non in termini squisitamente mu- sicali e anche qui con malcelata fatica) quei vinili scricchiolanti che talvolta sento suo- nare impietosamente nelle mostre “high- end”. Non c’è bisogno di farsi del male, la grande musica, “grande” in senso artisti- co, è disponibile anche in eccellenti regi- strazioni, tecnicamente impeccabili. Altret- tanto sono dubbioso nei confronti del vini- le da collezionisti, venduto a prezzi esorbi- tanti e talvolta privo di un valore effettivo. C’è poi da dire (ne approfitto per togliermi qualche sassolino dalla scarpa) che non sempre appare giustificato l’incenso spar- P rima ancora di parlare di vinile e pri- ma ancora di raccontarvi di questo gruppo di emissioni della Clearau- dio, è opportuno ricordare come la Deut- sche Grammophon sia stata la più impor- tante etichetta discografica classica. Fon- data agli inizi del Novecento da Emil Ber- liner (l’inventore del grammofono), a par- tire dagli anni Cinquanta e sino ai giorni nostri ha raccolto nel proprio catalogo i più importanti musicisti sulla scena mon- diale. Limitandoci all’ambito direttoriale troviamo nomi come Furtwängler, Ka- rajan, Böhm, Bernstein, Kleiber, Giulini e Abbado, interpreti che hanno scritto gran- di capitoli della storia della musica incisa alla testa delle massime orchestre. Soltanto la porzione di cui fu protagonista Karajan per l’etichetta gialla costituirebbe una soli- da enciclopedia musicale in disco. Raffina- tezza sonora ineguagliabile, repertorio centrato sugli autori romantici e sui grandi classici, questo sommo interprete non manca di cogliere il cimento (peraltro con risultati commercialmente lusinghieri) con pagine “facili” che trovavano ampio ri- scontro presso il grande pubblico. Tanto si è scritto su Karajan, anche con un certo senso critico, ma nessuno potrà negare la forza espressiva e lo splendore sonoro rag- giunto nelle sue letture di Richard Strauss e Sibelius, la forza dimostrata anche nel melodramma italiano e tedesco, lo smalto prezioso che era capace di offrire a Rossini così come a Tchaikovsky. Un personaggio così di successo ha offerto la possibilità a molti di avvicinarsi alla grande musica, realizzando anche entrate economiche che so da certa stampa su certe incisioni di ori- gine americana: vi assicuro che musical- mente parlando il nucleo della produzione europea targata Deutsche Grammophon non ha nulla e nessuno da invidiare. Con queste premesse entriamo nel vivo di questa decina di LP giunti in redazione. Conosciamo già il marchio Clearaudio, importante costruttore tedesco di fonori- velatori e giradischi analogici, apprezzato dagli audiofili e sempre in bella evidenza nelle fiere in giro per il mondo. Ancora nel numero di febbraio il nostro Marco Bene- detti aveva provato la testina “Stradivari”, un pezzo nobile da oltre 2000 euro (ed è la più economica della serie). La passione di questi tedeschi per l’analogico è grande; non a caso in Germania esiste una rivista dedicata esclusivamente alla catena analo- gica, con un’ampia sezione dedicata al software in vinile. Mi chiedo come abbia- no fatto ad accaparrarsi master come que- sti (Karajan, Kleiber); si tratta di materiale ancora in catalogo, non fondi di magazzi- no, titoli che “tirano” e sempre tireranno, almeno per quei pochi (ma non pochissi- mi) che ancora continueranno ad ascoltare musica vera. C’è anche qualche titolo di pop-rock teutonico, ma l’enfasi è sul gran- de repertorio classico, pagine importanti, conosciute ed apprezzate da molti. Siamo ben lontani da certe proposte di brani rari o strampalati che nessuno vuole ascoltare. Le lacche (andatevi a leggere l’articolo sul- la visita alla Classic Records pubblicato lo scorso mese) sono realizzate dal famoso ingegnere tedesco Willem Makkee presso gli studi Emil Berliner (quelli che realizza- Repertorio, interpreti e resa tecnica di grande livello nei dischi Clearaudio su vinile di alta qualità I grandi vinili Deutsche Grammophon

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CLEARAUDIO

hanno consentito alle major di arricchire ilrepertorio, gli interpreti e la produzione.Oggi la maggior parte di quei nomi appar-tiene al passato e gli scenari dell’industriadiscografica non sono tra i più rosei, ma laDG resta al vertice con molti nuovi nomi eun catalogo enorme ancora non del tuttoristampato che trova eguali soltanto inquello altrettanto ricco della Decca. Dellagrande tradizione restano comunque i do-cumenti sonori (in molti casi anche in vi-deo… aspettiamo con ansia le uscite inDVD del Karajan e Bernstein degli anniSettanta), con il CD che ha avuto il vantag-gio di riproporre anche in veste particolar-mente economica molte grandi letture de-gli anni Sessanta e Settanta.La passione per l’analogico, pur se conben altri numeri a disposizione, ha contri-buito a modo suo alla riscoperta di mate-riale musicale di non recente produzione.Come ben sapete non amo fare archeolo-gia musicale. Il piacere della corretta ripro-duzione musicale mi impedisce di apprez-zare (se non in termini squisitamente mu-sicali e anche qui con malcelata fatica) queivinili scricchiolanti che talvolta sento suo-nare impietosamente nelle mostre “high-end”. Non c’è bisogno di farsi del male, lagrande musica, “grande” in senso artisti-co, è disponibile anche in eccellenti regi-strazioni, tecnicamente impeccabili. Altret-tanto sono dubbioso nei confronti del vini-le da collezionisti, venduto a prezzi esorbi-tanti e talvolta privo di un valore effettivo.C’è poi da dire (ne approfitto per togliermiqualche sassolino dalla scarpa) che nonsempre appare giustificato l’incenso spar-

Prima ancora di parlare di vinile e pri-ma ancora di raccontarvi di questogruppo di emissioni della Clearau-

dio, è opportuno ricordare come la Deut-sche Grammophon sia stata la più impor-tante etichetta discografica classica. Fon-data agli inizi del Novecento da Emil Ber-liner (l’inventore del grammofono), a par-tire dagli anni Cinquanta e sino ai giorninostri ha raccolto nel proprio catalogo ipiù importanti musicisti sulla scena mon-diale. Limitandoci all’ambito direttorialetroviamo nomi come Furtwängler, Ka-rajan, Böhm, Bernstein, Kleiber, Giulini eAbbado, interpreti che hanno scritto gran-di capitoli della storia della musica incisaalla testa delle massime orchestre. Soltantola porzione di cui fu protagonista Karajanper l’etichetta gialla costituirebbe una soli-da enciclopedia musicale in disco. Raffina-tezza sonora ineguagliabile, repertoriocentrato sugli autori romantici e sui grandiclassici, questo sommo interprete nonmanca di cogliere il cimento (peraltro conrisultati commercialmente lusinghieri) conpagine “facili” che trovavano ampio ri-scontro presso il grande pubblico. Tanto siè scritto su Karajan, anche con un certosenso critico, ma nessuno potrà negare laforza espressiva e lo splendore sonoro rag-giunto nelle sue letture di Richard Strausse Sibelius, la forza dimostrata anche nelmelodramma italiano e tedesco, lo smaltoprezioso che era capace di offrire a Rossinicosì come a Tchaikovsky. Un personaggiocosì di successo ha offerto la possibilità amolti di avvicinarsi alla grande musica,realizzando anche entrate economiche che

so da certa stampa su certe incisioni di ori-gine americana: vi assicuro che musical-mente parlando il nucleo della produzioneeuropea targata Deutsche Grammophonnon ha nulla e nessuno da invidiare.Con queste premesse entriamo nel vivo diquesta decina di LP giunti in redazione.Conosciamo già il marchio Clearaudio,importante costruttore tedesco di fonori-velatori e giradischi analogici, apprezzatodagli audiofili e sempre in bella evidenzanelle fiere in giro per il mondo. Ancora nelnumero di febbraio il nostro Marco Bene-detti aveva provato la testina “Stradivari”,un pezzo nobile da oltre 2000 euro (ed è lapiù economica della serie). La passione diquesti tedeschi per l’analogico è grande;non a caso in Germania esiste una rivistadedicata esclusivamente alla catena analo-gica, con un’ampia sezione dedicata alsoftware in vinile. Mi chiedo come abbia-no fatto ad accaparrarsi master come que-sti (Karajan, Kleiber); si tratta di materialeancora in catalogo, non fondi di magazzi-no, titoli che “tirano” e sempre tireranno,almeno per quei pochi (ma non pochissi-mi) che ancora continueranno ad ascoltaremusica vera. C’è anche qualche titolo dipop-rock teutonico, ma l’enfasi è sul gran-de repertorio classico, pagine importanti,conosciute ed apprezzate da molti. Siamoben lontani da certe proposte di brani rario strampalati che nessuno vuole ascoltare.Le lacche (andatevi a leggere l’articolo sul-la visita alla Classic Records pubblicato loscorso mese) sono realizzate dal famosoingegnere tedesco Willem Makkee pressogli studi Emil Berliner (quelli che realizza-

Repertorio, interpreti e resa tecnica di grande livello nei dischi Clearaudio su vinile di alta qualità

I grandi vinili Deutsche Grammophon

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AUDIOREVIEW n. 268 maggio 2006 105

no i master DSD per il SACD multicanaleper il gruppo Universal). La stampa del vi-nile è effettuata dalla tedesca Pallas, azien-da leader in questo settore. Il risultato tec-nico è quello che abbiamo in parte già de-scritto nelle recensioni dei due primi titolinella sezione musicale di AUDIORE-VIEW. Il primo titolo è una registrazionedi Karajan del 1979/1980, momento dimassimo splendore dell’analogico primadell’avvento del digitale. È il Concerto perviolino di Beethoven, pagina sublime affi-data dal maestro austriaco alla giovaneviolinista Anne-Sophie Mutter. Il grandevecchio aveva visto giusto. Non ancora di-ciottenne, la Mutter esibisce un timbro cal-do, espressivo, una padronanza totale delmezzo tecnico ed una brillantezza nei pas-saggi più veloce che dimostra l’esuberan-za della giovinezza. Fu un lancio memora-bile e l’avvio di una folgorante carriera chedura ancora oggi. Ne abbiamo già parlato,apprezzando il garbato ma energico equi-librio “sinfonico” tra solista ed orchestra.Eccellente il tessuto musicale di Beetho-ven, reso da Karajan turgido ed omoge-neo, pienamente supportato dal suo tecni-co di fiducia. Si tratta di Gunther Her-manns, odiato da tanti audiofili “tradizio-nali” ma fedele esecutore delle volontà delMaestro nella resa sonora. Altra solista d’eccezione è la pianista ar-gentina Martha Argerich, un cataclismasonoro che ha pochi eguali nell’affrontarepagine tra le più impervie. Qui è alle presecon il celeberrimo Concerto per pianoforte(il n. 1, ovviamente) di Tchaikovsky. Siapre con l’accordo imperioso sulla sezionecorni, che sono quelli della Royal Philhar-monic di Londra, una buona formazioneche appare gagliarda nelle mani di Char-les Dutoit. L’entrata del pianoforte fa tre-mare i polsi. Il suono dello strumento è inbuona evidenza in relazione all’orchestra,il timbro quasi aspro, come capita quandoil solista sta suonando davvero forte. LaArgerich fa sentire le note interne agli ac-cordi, canta con eleganza nelle parti piùintime, si cimenta con tempi spigliati esenza affanno anche nel conclusivo “Alle-gro con fuoco”, in cui le martellanti ottavericordano il virtuosismo di Horowitz.Poche parole (e ci sarebbe molto da dire)

per un album mozartiano di gran pregio.Si tratta di una selezione di arie dal “Flau-to Magico”. La serie (136440) indica lametà degli anni Sessanta, l’orchestra è laFilarmonica di Berlino, la direzione di KarlBöhm. Gli interpreti sono quelli che tuttiavrebbero voluto poter ascoltare dal vivo;tra questi spiccano Roberta Peters, FritzWünderlich, Dietrich Fischer-Dieskau, ilgotha della vocalità di lingua tedesca diquel periodo. L’aria della Regina dellaNotte, con le sue virtuosistiche astrazioni,è da brivido, mentre commuove l’articola-zione vocale del Papageno, affidato a quelFischer-Dieskau che da poco aveva canta-to nella “Tetralogia” di Solti e che neglianni immediatamente successivi diventeràil maggior interprete dei Lieder di Schu-bert. Qui si coglie il fruscio sottile del ma-ster originale, ed un lieve effetto “eco”, masono dettagli che non compromettono iltimbro naturale delle voci e la perfetta resadel supporto strumentale. Della “Pastora-le” di Beethoven diretta da Böhm abbiamogià detto qualche mese fa. Siamo intornoalla metà degli anni ’70 e l’anziano mae-stro riesce ad essere leggero nell’esposizio-ne del primo tempo, gli archi dolci edespressivi dei Wiener chiamati a dare ilmeglio del loro timbro brunito. Contabilitàe nobiltà i tratti salienti, eppure risulta agi-le lo Scherzo, energico l’episodio del“Temporale”, trasformando la Sesta in unpoema sinfonico dalle movenze raffinate.Piacevole il suono, dotato di una garbatarotondità ed immagine profonda, pronta asvelare il tessuto strumentale in tutto ilsuo fascino.Autenticamente geniale è l’arte direttorialedi Carlos Kleiber, scarsamente rappre-sentato in discografia per un’avversità almezzo tecnico e il perfezionismo di uninterprete che non ha lasciato lezioni senon grandissime. È il caso di un celebreLP del 1979 con la Terza e Ottava (la bennota “Incompiuta”) di Schubert, che tro-va una Filarmonica di Vienna in stato digrazia. Questo è un disco da non manca-re, per la bellezza intrinseca della musicae la cura che mette Kleiber nel dosareogni frase, attentissimo al testo e al fluiremusicale. Da par suo l’orchestra dei Wie-ner canta in modo mirabile in un piccolo

capolavoro di tecnica di ripresa curato daKlaus Scheibe. Il più risalente dei master in questa primaemissione Clearaudio è senz’altro quellocon il Concerto per violino di Dvorák. Unapagina non molto nota che qui è suonatada Johanna Martzy accompagnata dall’or-chestra della Radio di Berlino diretta dalgrande maestro ungherese Ferenc Fricsay,una carriera prematuramente interrottache ha lasciato esecuzioni energiche di altoprofilo. La serie di questo LP è 18152 e do-vremmo essere alla fine degli anni Cin-quanta, splendidamente arcaica la coperti-na originale; sorprendente la naturalezzatimbrica del solista, orchestra appena me-no corposa rispetto agli altri titoli.Troviamo di nuovo Fricsay con il Concer-to Triplo di Beethoven. Questa originalecomposizione prevede un trio di violino,violoncello e pianoforte come solisti, unensemble tipico nella musica da camerama inconsueto in questa veste “concertan-te”. Tre i grandi nomi a rappresentare ilmeglio di quegli anni: Géza Anda al pia-noforte, Wolfgang Schneideran al violino,Pierre Fournier al violoncello. Ottima l’in-tesa, livello artistico dell’esecuzione inec-cepibile, l’orchestra RSO di Berlino è unostrumento in grande forma e di smalto ap-pena meno levigato rispetto ai colleghidella Philharmonie. In tutto questo la pubblicazione che più miha colpito è stato il doppio LP con arie eduetti da “La Traviata”. Non si tratta di unremastering di un disco del passato, madella versione in LP di un’incisione effet-tuata neppure un anno fa al Festival di Sa-lisburgo. Protagonista è Anna Netrebko, labellissima soprano che è qui affiancata daRolando Villazón (Alfredo) e ThomasHampson (Germont), voci di ottima leva-tura supportate dalla Filarmonica di Vien-na e dal coro del Wiener Staatsopernchor.È la prima volta, se non vado errato, cheuna registrazione classica di una majorviene pubblicata simultaneamente sul for-mato analogico di alta qualità. Il celebrecoro “Libiamo, nei lieti calici”, fornisce sindall’inizio il valore di questa incisione, dinotevole presenza e dinamica.Da non mancare.

Marco Cicogna

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