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1. Selecta 1.1 RISOLUZIONE DELLE EQUAZIONI ALGEBRICHE DI GRADO INFERIORE A 5. Il problema di trovare le radici una equazione algebrica può essere risolto se il grado dell’equazione è minore o uguale a 4. Equazioni di primo grado. Si tratta di equazioni del tipo ax + b = 0 e si possono risolvere mediante la formula x = - b a 1.1.1 Equazioni di secondo grado. Si tratta di equazioni del tipo ax 2 + bx + c = 0 ; si ha che ax 2 + bx + c = a x 2 + b a x + b 2 4a 2 - b 2 4a 2 + c a = = a x + b 2a 2 - b 2 - 4ac 4a 2 ! = 0 e ciò accade se e solo se x = -b ± b 2 - 4ac 2a che è la formula risolutiva delle equazioni di secondo grado. 1.1.2 Equazioni di terzo grado. Si tratta di equazioni del tipo

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1. Selecta

1.1 RISOLUZIONE DELLE EQUAZIONI ALGEBRICHEDI GRADO INFERIORE A 5.

Il problema di trovare le radici una equazione algebrica può essererisolto se il grado dell’equazione è minore o uguale a 4.

Equazioni di primo grado.Si tratta di equazioni del tipo

ax + b = 0

e si possono risolvere mediante la formula

x = − ba

1.1.1 Equazioni di secondo grado.

Si tratta di equazioni del tipo

ax2 + bx + c = 0 ;

si ha che

ax2 + bx + c = a((

x2 +ba

x +b2

4a2

)− b2

4a2 +ca

)=

= a

((x +

b2a

)2− b2 − 4ac

4a2

)= 0

e ciò accade se e solo se

x =−b±

√b2 − 4ac

2ache è la formula risolutiva delle equazioni di secondo grado.

1.1.2 Equazioni di terzo grado.

Si tratta di equazioni del tipo

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2

ax3 + bx2 + cx + d = 0

Cerchiamo soluzioni del tipo

x = y− b3a

dovrà essere:

ay3 +

(c− b2

3a

)y +

2b3

27a2 −bc3a

+ d = 0

Definiamo

p =ca− b2

3a2 , q =2b3

27a3 −bc

3a2 +da

Allora y dovrà essere soluzione dell’equazione

y3 + py + q = 0

Tale equazione è equivalente al sistema seguentey = u + v

p = −3uv

q = −u3 − v3

non appena si sia osservato che

(u + v)3 − 3uv(u + v)− (u3 + v3) = 0

pertanto u3 e v3 devono essere soluzioni dell’equazione

z2 + qz− p3

27= 0

Allora

u3 = − q2+

√q24+

p3

27, v3 = − q

2−

√q24+

p3

27

Per concludere occorre estrarre le radici cubiche complesse e scegliereu e v in modo che uv sia reale.

Fatto ciò si ricavano immediatamente x ed y.

1.1.3 Equazioni di quarto grado.

Si tratta di equazioni della forma

ax4 + bx3 + cx2 + dx + e = 0

Cerchiamo soluzioni del tipo

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3

x = y− b4a

Allora y dovrà essere soluzione dell’equazione

y4 + py3 + qy + r = 0

dove si sia definito

p =ca− 3b2

8a2 , q =b3

8a3 −bc

2a2 +da

r =b2c

16a3 −3b4

256a4 −bd4a2 +

ea

Osservato che vale la seguente identità

(u + v + w)4 − 2(u2 + v2 + w2)(u + v + w)2 − 8uvw(u + v + w)−− 4(u2v2 + u2w2 + v2w2) + (u2 + v2 + w2)2 = 0

possiamo asserire che tale equazione è equivalente al sistema:

u + v + w = y

u2 + v2 + w2 = − p2

uvw = − q8

(u2 + v2 + w2)2 − 4(u2v2 + u2w2 + v2w2) = r

ed anche a

u + v + w = y

u2 + v2 + w2 = − p2

u2v2w2 = q2

64

(u2v2 + u2w2 + v2w2) = p2

16 −r4

pertanto u2, v2 e w2 dovranno essere scelti tra le soluzioni dell’equazionedi terzo grado

z3 +p2

z2 +

(p2

16− r

4

)z− q2

64= 0

Potremo infine ricavare y e poi x avendo la sola cura di scegliere u,v e w in modo che uvw abbia segno opposto a quello di q.

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1.2 I NUMERI NATURALI, INTERI, RAZIONALI, REALI,E COMPLESSI.

In questa appendice ci occupiamo della definizione dei numeri natu-rali e, a partire da essi, della costruzione degli interi, razionali, reali ecomplessi.

1.2.1 I numeri naturali.

Definizione 1.1 - Peano - Indichiamo con N, insieme dei numeri naturali,un insieme soddisfacente i seguenti assiomi, nei quali si fa uso solo dei concettiprimitivi di 1 e successivo:

• 1 ∈N

• ∀n ∈N ∃!n′ ∈N che è il successivo di n

• ∀n ∈N, n′ 6= 1

• n, m ∈N, n′ = m′ ⇒ n = m

• se K ⊂N , 1 ∈ K e k ∈ K ⇒ k′ ∈ K , allora K = N.

Teorema 1.1 ∀n ∈N , n′ 6= n.

Dimostrazione. Sia K = k ∈N : k 6= k′ , allora

1 ∈ K e k ∈ K ⇒ k′ ∈ K ;

infatti, se k′ 6∈ K, si ha k′ = (k′)′ e k = k′. 2

Provvediamo ora a definire in N le operazioni di addizione e molti-plicazione, nella seguente maniera:

Definizione 1.2 Siano n, m ∈N, definiamo

• (1) n + 1 = n′

• (2) n + m′ = (n + m)′ se n + m è definito.

Usando gli assiomi introdotti è possibile provare i seguenti fatti:

Teorema 1.2 Siano n, m, p ∈N, si ha

• m + n ∈N (chiusura di N rispetto a +)

• m + (n + p) = (m + n) + p (proprietà associativa di +)

• m + n = n + m (proprietà commutativa di +)

• m + p = n + p⇒ m = n (cancellazione degli addendi)

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Dimostrazione. (1) Sia K = k ∈ N : n + k ∈ N , allora 1 ∈ K ,infatti

n + 1 = n′ per la definizione A131

n′ ∈N per la A132

k ∈ K ⇒ k′ ∈ K , infatti

n + k ∈N per ipotesi

n + k′ = (n + k)′ per la definizione A132

(n + k)′ ∈N per la A12

pertanto, per (A1.5), K = N e la tesi.(2) Sia

K = k ∈N : m + (n + k) = (m + n) + k ,

allora

1 ∈ K

infatti

m + (n + 1) = m + n′ per la definizione A131

m + n′ = (m + n)′ per la definizione A132

(m + n)′ = (m + n) + 1 per la definizione A131

k ∈ K ⇒ k′ ∈ K , infatti

m + (n + k′) = m + (n + k)′ per la definizione A132

m + (n + k)′ = (m + (n + k))′ per la definizione A132

(m + (n + k))′ = ((m + n) + k)′ per ipotesi

((m + n) + k)′ = (m + n) + k′ per la definizione A132

pertanto, per (A1.5), K = N .(3) Sia

K = k ∈N : m + k = k + m ,

allora

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1 ∈ K , infatti sia H = h ∈N : h + 1 = 1 + h , allora1 ∈ H , infatti 1 + 1 = 1 + 1h ∈ H ⇒ h′ ∈ H , infatti

h′ + 1 = (h + 1) + 1 Per la definizione A131

(h + 1) + 1 = (1 + h) + 1 ipotesi

(1 + h) + 1 = 1 + (h + 1) prop. associativa

1 + (h + 1) = 1 + h′ def. A1.3.1

pertanto, per (A1.5), H = N .k ∈ K ⇒ k′ ∈ K , infatti

m + k′ = m + (k + 1) def. A1.3.1

m + (k + 1) = (m + k) + 1 prop. associativa

(m + k) + 1 = 1 + (m + k) poiché 1 ∈ K

1 + (m + k) = 1 + (k + m) ipotesi

1 + (k + m) = (1 + k) + m prop. associativa

(1 + k) + m = (k + 1) + m poiché 1 ∈ K

(k + 1) + m = k′ + m def. A1.3.1

pertanto, per (A1.5), K = N .(4) Sia K = k ∈N : m + k = n + k⇒ m = n , allora1 ∈ K def. A1.3.1 e (A1.4)

k ∈ K ⇒ k′ ∈ K , infatti

m + k′ = m + (k + 1) def. A1.3.1

m + (k + 1) = m + (1 + k) pr. commutativa

m + (1 + k) = (m + 1) + k pr. associativa

(m + 1) + k = m′ + k def. A1.3.1

analogamente n + k′ = n′ + kperciò m + k′ = n + k′ ⇒ m′ + k = n′ + k em′ = n′ ipotesi

em = n (A1.4)

pertanto, per (A1.5), K = N . 2

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Definizione 1.3 Siano m, n ∈N, definiamo

1. n · 1 = n

2. n ·m′ = n ·m + n se n ·m è definito.

Con metodi analoghi a quelli usati nel teorema A1.4 possiamo provareil seguente

Teorema 1.3 Siano m, n, p ∈N, valgono i seguenti fatti:

1. m · n ∈N (chiusura di N rispetto a · )

2. m · (n · p) = (m · n) · p (proprietà associativa di · )

3. m · n = n ·m (proprietà commutativa di · )

4. m · p = n · p⇒ m = n (cancellazione dei fattori).

Si può inoltre dimostrare, facendo uso degli assiomi e delle proprietàfino ad ora enunciate, che

Teorema 1.4 Siano m, n, p ∈N, alloram · (n + p) = m · n + m · p (proprietà distributiva).

Definiamo infine in N una relazione d’ordine:

Definizione 1.4 Siano m, n ∈ N, diciamo che m < n se esiste p ∈ N,m + p = n .

Inoltre m > n se n < m .

Lemma 1.1 Valgono i seguenti fatti

1. ∀m ∈N , ∀p ∈N , m 6= m + p

2. ∀m ∈N \ 1 ∃n ∈N tale che m = n′

3. ∀m ∈N , m ≥ 1 .

Dimostrazione. (1): è sufficiente provare per induzione che, fissatop ∈N

m ∈N : m 6= m + p = N.

(2): è sufficiente provare per induzione che

m ∈N : ∃n ∈N, m = n′ ∪ 1 = N.

(3) segue da (2) .2

Teorema 1.5 ∀m, n ∈N vale uno ed un solo dei seguenti fatti:

m < n , m = n , m > n (legge di tricotomia)

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Dimostrazione. Dalla (1) del lemma precedente, segue subito che alpiù una delle tre possibilità è verificata.

Per concludere occorre vedere che

N = m ∪ p ∈N : p < m ∪ p ∈N : p > m = A ∪ B ∪ C.

Se m = 1, per la (3) del lemma precedente

A = 1 , B = ∅ , C = N1 e N = A ∪ B ∪ C.

Se m > 1 si procede per induzione:

1 ∈ B ⊂N;

sia n ∈N = A ∪ B ∪ C , distinguiamo tre casi

1. n ∈ A⇒ m = n⇒ n′ = m + 1 > m⇒ n′ ∈ C.

2. n ∈ B⇒ m = n + p

(a) p = 1⇒ m = n′ ⇒ n′ ∈ A,

(b) p > 1⇒ p = q + 1⇒ m = n + 1 + q = n′ + q⇒(c) ⇒ n′ < m⇒ n′ ∈ B,

3. n ∈ C ⇒ n > m⇒ n′ = n + 1 > m⇒ n′ ∈ C .

2

Teorema 1.6 Siano m, n, p ∈N, allora

1. m < n⇒ m + p < n + p

2. m < n⇒ m · p < n · p .

Abbiamo a questo punto definito i numeri naturali i cui elementisono individuati come segue

1, 1′, (1′)′, ((1′)′)′, (((1′)′)′)′, . . . . . .

Allo scopo di alleggerire le notazioni si costruisce una rappresen-tazione dei numeri naturali che fa uso di un limitato numero di cifre(si veda capitolo 2).

1.2.2 I numeri interi.

Definizione 1.5 Chiamiamo insieme dei numeri interi l’insieme

Z = (m, n) : m, n ∈N.

Se a, b ∈ Z, a = (m, n) e b = (p, q), diciamo che

a = b ⇔ m + q = n + p.

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Definizione 1.6 Siano a, b ∈ Z, a = (m, n) , b = (p, q); definiamo

a + b = (m + p, n + q)

a · b = (m · p + n · q, m · q + n · p).

Teorema 1.7 Siano a, b, c, d ∈ Z, allora

a = c e b = d ⇒ a + b = c + d e a · b = c · d.

Inoltre le operazioni di addizione e moltiplicazione godono delle proprietàassociativa, commutativa, distributiva e della legge di cancellazione.

Teorema 1.8 Si haZ = Z+ ∪Z0 ∪Z−

oveZ+ = (m, n) ∈ Z : m > n

Z0 = (m, n) ∈ Z : m = n

Z− = (m, n) ∈ Z : m < n.

Dimostrazione. Segue dalla legge di tricotomia dei numeri naturali.2

E’ possibile identificare in Z, mediante una applicazione bigettivache conserva la somma ed il prodotto, i numeri naturali.

Teorema 1.9 Sia φ : N −→ Z+ definita da

φ(n) = (n′, 1);

allora

1. φ è bigettiva

2. φ(m + n) = φ(m) + φ(n)

3. φ(m · n) = φ(m) · φ(n).

Dimostrazione. Proviamo solo (1). Ovviamente φ è iniettiva. In-oltre

R(φ) = (p, q) ∈ Z : ∃n ∈N, (n′, 1) = (p, q) == (p, q) ∈ Z : ∃n ∈N, n + 1 + q = p + 1 =

= (p, q) ∈ Z : ∃n ∈N, n + q = p == (p, q) ∈ Z : p > q = Z+

2

Identificheremo pertanto in Z, Z+ con N, e agli elementi di Z+

daremo lo stesso nome degli elementi di N.In particolare (1′, 1) = 1 .

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Teorema 1.10 Z0 è costituito da un solo elemento che indicheremo con ilsimbolo 0

Dimostrazione. Siamo (m, m), (n, n) ∈ Z0, si ha

(m, m) = (n, n)

in quanto m + n = m + n . 2

Teorema 1.11 Si verificano i seguenti fatti:

1. ∀a ∈ Z a + 0 = a

2. ∀a ∈ Z a · 1 = a

3. ∀a ∈ Z a · 0 = 0

4. ∀a ∈ Z+ ∃b ∈ Z− : a + b = 0

5. ∀a ∈ Z− ∃b ∈ Z+ : a + b = 0.

Dimostrazione. Per quel che riguarda (4) e (5) osserviamo che sea = (p, q) è sufficiente scegliere b = (q, p). 2

Osservazione. Riferendoci al precedente teorema, osserviamo che la(1) si esprime dicendo che 0 è un elemento neutro per la somma; la (2) siesprime dicendo che 1 è un elemento neutro per il prodotto. 2

(1), (4) e (5) mostrano che

∀a ∈ Z ∃!b ∈ Z : a + b = 0

b si chiama inverso di a rispetto alla somma e si indica solitamente con ilsimbolo −a.

Se a, b ∈ Z si usa scrivere a− b in luogo di a + (−b).

Definizione 1.7 Siano a, b ∈ Z, diciamo che a > 0 se a ∈ Z+; diciamo chea > b se a− b > 0.

Ne segue ovviamente che a < 0 se e solo se a ∈ Z−.

Osservazione. L’applicazione φ definita nel teorema A1.16 conserval’ordine, cioè

m < n ⇔ φ(m) < φ(n).

2

Teorema 1.12 Siano a, b ∈ Z, allora vale uno ed uno solo dei seguenti fatti:

a < b , a = b , a > b.

Teorema 1.13 Siano a, b, c ∈ Z, allora

1. a + c < b + c ⇔ a < b

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2. c > 0, a · c < b · c ⇔ a < b

3. c < 0, a · c < b · c ⇔ a > b

4. c 6= 0, a · c = b · c ⇔ a = c

5. a · b = 0 ⇔ a = 0 oppure b = 0 .

1.2.3 I numeri razionali.

Definizione 1.8 Chiamiamo insieme dei numeri razionali l’insieme

Q = (m, n) : m ∈ Z, n ∈N.

Siano a, b ∈ Q, a = (m, n), b = (p, q), diciamo che

a = b ⇔ m · q = n · p

Definizione 1.9 Siano a, b ∈ Q, a = (m, n), b = (p, q), definiamo

a + b = (m · q + n · p, n · q)

a · b = (m · p, n · q).

Teorema 1.14 Siano a, b, c, d ∈ Q, allora

a = c , b = d ⇒ a + b = c + d , a · b = c · d .

Inoltre le operazioni di somma e prodotto sono associative, commutative,distributive e valgono le leggi di cancellazione.

Teorema 1.15 Sia φ : Z −→ Q definita da

φ(a) = (a, 1).

Allora

1. φ è iniettiva

2. φ(a + b) = φ(a) + φ(b)

3. φ(a · b) = φ(a) · φ(b).

Pertanto φ(Z) può essere identificato in Q con Z e gli elementi di φ(Z)

assumeranno lo stesso nome degli elementi di Z.

In particolare(0, 1) = 0 , (1, 1) = 1.

Osserviamo pure che, per l’uguaglianza definita in Q, si ha

(0, n) = 0 e (n, n) = 1.

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Teorema 1.16 Sia a ∈ Q, allora

1. a + 0 = a

2. a · 1 = a

3. ∃!b ∈ Q : a + b = 0

4. a 6= 0⇒ ∃!b ∈ Q : a · b = 1.

Osserviamo che la (1) e la (2) affermano, rispettivamente, l’esistenzadi un elemento neutro per la somma ed il prodotto. (3) e (4) espri-mono l’esistenza in Q di un unico elemento inverso per la somma edil prodotto.

L’inverso di a rispetto alla somma verrà indicato con −a, quellorispetto al prodotto con a−1 oppure 1/a.

Conseguentemente

a− b = a + (−b) , a/b = a · (1/b) = a · b−1.

Definizione 1.10 Sia a ∈ Q, a = (m, n), diciamo che a > 0 se m > 0;diciamo che a > b se a− b > 0.

Osserviamo che l’applicazione φ definita nel teorema A1.25 con-serva l’ordine.

Teorema 1.17 Siano a, b ∈ Q, vale uno ed uno solo dei seguenti fatti:

a < b , a = b , a > b.

Teorema 1.18 Siano a, b, c ∈ Q, allora valgono le (1), (2), (3), (4), (5) delteorema A1.21.

Teorema 1.19 Valgono i seguenti fatti:

1. ∀a, b ∈ Q ∃c ∈ Q : a < c < b (densità)

2. ∀a, b ∈ Q, a, b > 0 ∃p ∈N : p · a > b (Archimedeità)

Dimostrazione. (1) : E’ sufficiente scegliere c = (a + b)/(1 + 1) .(2) : Sia b/a = (m, n), allora è sufficiente scegliere p = m + 1. 2

1.2.4 I numeri reali.

Definizione 1.11 Chiamiamo sezione di Dedekind un sottoinsieme D ⊂ Q,D 6= ∅, D 6= Q, tale che

∀p ∈ D q ∈ Q : q < p ⊂ D ed ∃r ∈ D, r > p.

Chiameremo R l’insieme di tutte le sezioni di Dedekind.

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E’ ora nostro scopo definire in R le operazioni di addizione e molti-plicazione, ed un ordinamento in modo che siano soddisfatti gli as-siomi (2.1),...,(2.13).

Cominciamo provando un lemma strumentale:

Lemma 1.2 Sia D ∈ R, allora

∀ε ∈ Q, ε > 0 ∃p ∈ D, ∃q ∈ Dc : q− p = ε.

Dimostrazione. Si può equivalentemente dimostrare che

∃d ∈ D : d + ε 6∈ D.

Se infatti così non fosse, si avrebbe

∀d ∈ D, d + ε ∈ D

e per induzione, d + nε ∈ D ∀n ∈ N , ma ciò è assurdo in quanto Q èarchimedeo e Dc 6= ∅. 2

Definizione 1.12 Definiamo in R un ordinamento nella seguente maniera:siano D, C ∈ R, diciamo che

D < C se D ⊂6= C.

Teorema 1.20 L’ordinamento definito in R soddisfa la legge di tricotomia.

Dimostrazione. Siano D, C ∈ R, D 6= C; se fosse vero che

∃d ∈ D \ C ed ∃c ∈ C \ D

si avrebbe, ad esempio, d < c e d ∈ C, il che è assurdo.Ma allora una delle due affermazioni è falsa e

D ⊂6= C oppure C ⊂6= D.

2

Definizione 1.13 Sia p ∈ Q, definiamo

D(p) = q ∈ R : q < p;

evidentemente D(p) è una sezione di Dedekind e pertanto D(p) ∈ R. In-dicheremo D(p) e p con lo stesso simbolo p.

E’ importante identificare in R gli elementi D(0) = 0 e D(1) = 1.Indichiamo con

R+ = D ∈ R : D > 0 , R− = D ∈ R : D < 0.

Per il teorema A1.34 si avrà ovviamente

R = R+ ∪ 0 ∪R−.

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Definizione 1.14 Siano D, C ∈ R, definiamo

D + C = d + c : d ∈ D, c ∈ C

−D = p ∈ Q : ∃q ∈ Dc, p < −q =⋃

q∈Dc

p ∈ Q : p < −q.

Teorema 1.21 Valgono i seguenti fatti:

1. l’addizione in R è commutativa e associativa;

2. 0 è un elemento neutro per l’addizione;

3. −D è l’inverso rispetto all’addizione di D;

4. D < C ⇒ D + B < C + B .

Dimostrazione. (1) è ovvia. Proviamo (2); deve aversi

D + D(0) = D.

Se d ∈ D ∃c ∈ D, c > d; allora

d = c + (d− c) ∈ D + D(0).

Se viceversa d ∈ D + D(0) si ha

d = c + r , c ∈ D , r ∈ Q , r < 0

da cuid < c equindi d ∈ D.

(3) Occorre provare che

D− D = D + (−D) = D(0).

Se d ∈ D e c ∈ (−D) si ha che ∃r ∈ Dc, c < −r, onde

0 > c + r > c + d e c + d ∈ D(0).

Se viceversa r ∈ D(0), allora esiste p ∈ Q, r < p < 0, esiste d ∈ Ded esiste c ∈ Dc tale che c − d = −p < −r, da cui r − d < −c er− d ∈ (−D)

r = d + (r− d).

(4) è ovvia.2

Definizione 1.15 Siano D, C ∈ R+, definiamo

D · C = p ∈ Q : p ≤ 0 ∪ d · c : d ∈ D, c ∈ D, d > 0, c > 0.

Definiamo inoltre

D−1 = p ∈ Q : p ≤ 0 ∪ q ∈ Q : ∃d ∈ Dc, 0 < q < d−1.

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15

Lemma 1.3 Sia D ∈ R+ e sia 0 < r < 1, r ∈ Q; allora

∃d ∈ D, ∃c ∈ ∆c : d · c−1 = r.

Dimostrazione. Si può provare equivalentemente che

∃d ∈ D : d/r ∈ Dc.

Se per assurdo si avesse d/r ∈ D∀d ∈ D, avremmo, per induzione,d · (1/r)n ∈ D ∀n ∈ N e ciò è assurdo poiché Dc 6= ∅ e Q èarchimedeo. 2

Teorema 1.22 Siano B, C, D ∈ R+; valgono i seguenti fatti

1. il prodotto in R+ è commutativo e associativo

2. 1 è un elemento neutro per la moltiplicazione

3. D−1 è l’inverso rispetto alla moltiplicazione di D

4. D < C ⇒ D · B < C · B

5. B · (D + C) = B · D + B · C .

Dimostrazione. (1) è ovvio. Proviamo (2); deve aversi

D · D(1) = D.

Sia pertanto d ∈ D, r ∈ D(1) , d, r > 0; si ha r < 1 e

d · r < d onde d · r ∈ D.

Se viceversa d ∈ D, d > 0, preso c ∈ D, c > d > 0, si ha che

0 < d/c < 1 e d = (d/c) · c.

(3) Occorre provare che D · D−1 = D(1) .Se d ∈ D e c ∈ D−1, d, c > 0, si ha che esiste r ∈ Dc, c < r−1, e

d · c < r · c < 1.

Se viceversa r ∈ D(1), r > 0, sia 1 > p > r e siano d ∈ D , d > 0 ec ∈ Dc tali che d/c = p > r . Ne viene che 1/c > r/d onde r/d ∈ D−1

e r = (r/d) · d .(4) e (5) sono ovvie. 2

Definizione 1.16 Definiamo

∀D, C ∈ R− , D · C = (−D) · (−C)

∀D ∈ R+, ∀C ∈ R− , D · C = −(D · (−C)).

Definiamo D · 0 = 0 .Ricordando che R = R+ ∪0∪R− e che R− = −R+ si può concludere

che con la definizione A1.41 è definita la moltiplicazione su tutto R.

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16

E’ inoltre facile estendere il teorema A1.40 a tutto R.Possiamo infine provare che l’assioma (2.13) è verificato.

Teorema 1.23 Siano A,B ⊂ R tali che

A ≤ B ∀A ∈ A, ∀B ∈ B.

Allora∃C ∈ R : A ≤ C ≤ B ∀A ∈ A, ∀B ∈ B.

Dimostrazione. E’ sufficiente definire

C =⋃

A∈AA.

2

1.2.5 I numeri complessi.

Diamo infine un brevissimo cenno sull’insieme dei numeri complessi.

Definizione 1.17 Chiamiamo insieme dei numeri complessi l’insieme

C = (x, y) : x, y ∈ R

dotato delle operazioni di addizione e moltiplicazione definite come segue:

(x, y) + (u, v) = (x + u, y + v)

(x, y) · (u, v) = (x · u− y · v, y · u + x · v).

Osserviamo che C si distingue dal prodotto cartesiano R2, con ilquale condivide la struttura vettoriale, proprio per l’operazione diprodotto ivi definita.

E’ facile verificare che

Teorema 1.24 Sia φ : R −→ C definita da

φ(x) = (x, 0);

allora φ immerge R in C, conservando le operazioni di somma e prodotto.

Teorema 1.25 Valgono in C tutte le proprietà di somma e prodotto che sus-sistono in R, tranne quelle che coinvolgono la relazione d’ordine.

Osserviamo esplicitamente che C non è ordinato.

Definizione 1.18 Poniamo 1 = (1, 0) = φ(1) ed inoltre definiamo i =

(0, 1) .

Teorema 1.26 Valgono i seguenti fatti

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17

1. i2 = −1

2. ∀z ∈ C ∃x, y ∈ R : z = x + iy.

x si dice parte reale di z e si indica con <e z .y si dice parte immaginaria di z e si indica con =m z .

Definizione 1.19 Sia z ∈ C, definiamo modulo di z,

|z| =√(<e z)2 + (=m z)2.

Rappresentando C mediante un piano cartesiano recante in ascis-sa la parte reale ed in ordinata la parte immaginaria, non è difficileconcludere che, preso z = x + iy ∈ C e definito ρ =

√x2 + y2, la

distanza di z dall’origine O, e θ come l’angolo formato da Oz con ilsemiasse positivo delle ascisse, si ha

z = x + iy = ρ(cos θ + i sin θ).

Poiché si prova, formula di Eulero, che

eiθ = cos θ + i sin θ

si ottiene purez = ρeiθ

e si possono verificare facilmente i seguenti fatti

zn = ρneinθ = ρn(cos nθ + i sin nθ)

e

z1/n =

ρ1/n

(cos

(θ + 2kπ

n

)+ i sin

(θ + 2kπ

n

))k = 0, 1, .., n− 1

1.2.6 La Numerabilità.

Definizione 1.20 Diciamo che A è numerabile se esiste una applicazioneφ : N −→ A bigettiva.

Ovviamente N è numerabile, ma di più tali risultano anche Z e Q.Per rendersi conto di ciò è sufficiente osservare che si possono toccaretutti gli elementi di Z e di Q una ed una sola volta, con un percorsodel tipo di quelli indicati al termine del paragrafo.

Si può tuttavia provare con un semplice ragionamento, dovuto aCantor, che R non è numerabile.

Osserviamo innanzi tutto che si può mettere in corrispondenza bi-univoca R e (0, 1) (si veda figura A.1.1).

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18

Se R fosse numerabile, si potrebbe trovare una applicazione φ :N −→ (0, 1) bigettiva.

Per quanto visto nel capitolo 2, potremmo rappresentare φ(k) ∈(0, 1), k ∈N, mediante un allineamento infinito di cifre

ck ∈ 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9

non definitivamente uguali a 9.Con queste premesse possiamo costruire un numero c ∈ (0, 1) di-

verso da tutti gli elementi φ(k), k ∈ N, nella seguente maniera: con-sideriamo φ(1) e la sua prima cifra decimale φ1, definiamo la primacifra decimale di c, c1 scegliendola nell’insieme

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 \ φ1;

analogamente definiamo ck, scegliendola nell’insieme

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 \ φk

essendo φk la k-esima cifra di φ(k).Il numero ottenuto differisce per almeno una cifra da qualunque

elemento di φ(k).

1.3 I NUMERI FLOATING POINT.

E’ ben noto che, fissato b ∈ N, b ≥ 2, ogni elemento x ∈ R può essererappresentato mediante un allineamento infinito di cifre c0, c1, ..., cn ,con c0 ∈ Z e 0 ≤ ci < b , ci ∈N ∀i ∈N.

Come provato nel paragrafo 2 infatti si possono costruire le ap-prossimazioni xn di x in base b, e si ha

lim xn = sup xn = x.

Poiché

xn = c0 +n

∑i=1

cib−i

si può definire, al limite per n→ +∞

x = c0 ++∞

∑i=1

cib−i

e pertanto, poiché c0 ∈ Z per i risultati del paragrafo 2,

x =N

∑i=0

γibi ++∞

∑i=1

cib−i , 0 ≤ γi , ci < b.

Osserviamo qui che diversi allineamenti possono generare lo stessonumero reale, infatti

c0 = 1 , ci = 0 ∀i ∈N

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19

ec0 = 0 , ci = b− 1 ∀i ∈N

sono entrambe rappresentazioni del numero reale 1 in quanto

1 = 1 ++∞

∑i=1

0b−i

ed anche

1 = (b− 1)1/b

1− 1/b= 0 +

+∞

∑i=1

(b− 1)b−i.

Poiché non è possibile operare algoritmicamente in R, a causa delnumero infinito di cifre con cui ogni numero reale deve essere rap-presentato, si elaborano calcoli algoritmici solo su una ben precisa elimitata classe di numeri reali: quelli che sono rappresentati da unnumero finito di cifre in base b.

Sia pertanto RN l’insieme dei numeri reali che si possono scriverenella forma

x = c0 +N

∑i=1

cib−i.

In RN si possono definire degli algoritmi atti a fornire il risultato delleusuali operazioni +,−, ·, : in R; se indichiamo con ⊕,,, tali al-goritmi, avremo ovviamente che

x + y = x⊕ y ∀x, y ∈ RN

e fatti analoghi per −, ·, : .Semplici esempi di algoritmi del tipo prima introdotto sono dati

dalle usuali regole di calcolo in base b = 10.Se x, y ∈ R+ \RN si possono eseguire calcoli tenendo conto che,

per ogni N ∈N

x− 1bN < xN ≤ x , y− 1

bN < yN ≤ y,

operando su xN ed yN ∈ RN e tenendo conto degli errori introdotti.Allo scopo di eseguire le operazioni sopra descritte è utile intro-

durre due operazioni

ρN , τN : R+ −→ RN

dette rispettivamente arrotondamento e troncamento, definite nella seguentemaniera:

ρN(x) = b−N E(xbN + 1/2)

τN(x) = b−N E(xbN) = xN .

Considerare RN non è tuttavia la migliore soluzione quando sihanno a disposizione un numero finito di cifre in base b, in quanto

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20

i numeri di RN avendo tutti una precisione assoluta di 1/bN hanno unnumero di cifre che può variare arbitrariamente: si pensi ad esempioche

1000000000000.1 e 0.1

sono entrambi elementi di R1, con b = 10, e che mentre il secondo hasolo due cifre, il primo ne ha 14.

E’ d’altro canto ovvio che, mentre un errore di 1/10 è rilevante peril secondo, lo stesso errore non è di alcun conto per il primo.

E’ pertanto evidente come sia più interessante valutare anziché l’erroreassoluto che si commette sostituendo x ad y, definito come

Eass = |x− y|

il corrispondente errore relativo

Erel =|x− y||y| .

La necessità e la convenienza a trattare errori relativi conduce adintrodurre una nuova sottoclasse di numeri reali, in modo da avere ache fare con un numero di cifre fisso, mantenendo così costante l’errorerelativo anziché quello assoluto.

Definiamo pertanto, fissati M, N ∈ N, l’insieme R f dei numeri invirgola mobile, i cosiddetti numeri floating point, mediante la

R f = 0 ∪ x ∈ R : x = mba, a ∈ Z, |a| < M, |m| =N

∑i=1

cib−i , 0 ≤ ci < b, ci ∈N, c1 6= 0

Per le definizioni poste si ha ovviamente

1b≤ m < 1.

Se x ∈ R, x > 0, si ha

E(logb x) ≤ logb x < E(logb x) + 1

onde, posto a = E(logb x) + 1 si ha

a− 1 ≤ logbx < a

ba

b≤ x < ba

da cui1b≤ x

ba < 1

e si può definire

m = τN(x/ba) oppure m = ρN(x/ba).

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21

Abbiamo in questo modo costruito una, o meglio due, applicazionida R in R f che indicheremo con φτ e φρ, o più in generale con φ, chepermettono di identificare in R f un rappresentante di ogni elementox ∈ R, x 6= 0, con

b−M < |x| < bM ,

essendo tali applicazioni non iniettive; è infatti ovvio che non è possi-bile, dato un numero di R f , identificare un unico elemento di R di cuiè immagine, essendocene infiniti.

In R possiamo definire le operazioni ,,,: nella seguente maniera:

x y = φ(φ(x) + φ(y)).

Valgono i seguenti fatti

|x− φτ(x)| ≤ ba−N

|x− φρ(x)| ≤ ba−N/2

x = φ(x) ∀x ∈ R f

x ≤ y ⇒ φ(x) ≤ φ(y)

φρ(−x) = −φρ(x).

Se x, y ∈ R f si ha

|(x y)− (x + y)| ≤

ba−N seφ = φτ

ba−N/2 se φ = φρ

Va espressamente notato che, mentre alcune proprietà delle oper-azioni +,−, ·, : sono trasferite alle , .., altre vengono perse.

Ad esempio è vero che

x y = y x

ma non è sempre vero che

(x y) z = x (y z),

si osservi che, con N = 10, si ha

(1 1011) 1011 = 1011 1011 = 0

1 (1011 1011) = 1 0 = 1

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22

1.4 Tavole di addizione e moltiplicazione in base b

b = 2

+ 1 10

1 10 11

10 11 100

× 1 10

1 1 10

10 10 100

b = 8

+ 1 2 3 4 5 6 7 10

1 2 3 4 5 6 7 10 11

2 3 4 5 6 7 10 11 12

3 4 5 6 7 10 11 12 13

4 5 6 7 10 11 12 13 14

5 6 7 10 11 12 13 14 15

6 7 10 11 12 13 14 15 16

7 10 11 12 13 14 15 16 17

10 11 12 13 14 15 16 17 20

× 1 2 3 4 5 6 7 10

1 1 2 3 4 5 6 7 10

2 2 4 6 10 12 14 16 20

3 3 6 11 14 17 22 25 30

4 4 10 14 20 24 30 34 40

5 5 12 17 24 31 36 43 50

6 6 14 22 30 36 44 52 60

7 7 16 25 34 43 52 61 70

10 10 20 30 40 50 60 70 100

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23

b = 10

+ 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19

10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

× 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

1 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

2 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20

3 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30

4 4 8 12 16 20 24 28 32 36 40

5 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

6 6 12 18 24 30 36 42 48 54 60

7 7 14 21 28 35 42 49 56 63 70

8 8 16 24 32 40 48 56 64 72 80

9 9 18 27 36 45 54 63 72 81 90

10 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

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24

b = 16

+ 1 2 3 4 5 6 7 8 9 A B C D E F 10

1 2 3 4 5 6 7 8 9 A B C D E F 10 11

2 3 4 5 6 7 8 9 A B C D E F 10 11 12

3 4 5 6 7 8 9 A B C D E F 10 11 12 13

4 5 6 7 8 9 A B C D E F 10 11 12 13 14

5 6 7 8 9 A B C D E F 10 11 12 13 14 15

6 7 8 9 A B C D E F 10 11 12 13 14 15 16

7 8 9 A B C D E F 10 11 12 13 14 15 16 17

8 9 A B C D E F 10 11 12 13 14 15 16 17 18

9 A B C D E F 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19

A B C D E F 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 1AB C D E F 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 1A 1BC D E F 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 1A 1B 1CD E F 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 1A 1B 1C 1DE F 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 1A 1B 1C 1D 1EF 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 1A 1B 1C 1D 1E 1F10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 1A 1B 1C 1D 1E 1F 20

× 1 2 3 4 5 6 7 8 9 A B C D E F 10

1 1 2 3 4 5 6 7 8 9 A B C D E F 10

2 2 4 6 8 A C E 10 12 14 16 18 1A 1C 1E 20

3 3 6 9 C F 12 15 18 1B 1E 21 24 27 2A 2D 30

4 4 8 C 10 14 18 1C 20 24 28 2C 30 34 38 3C 40

5 5 A F 14 19 1E 23 28 2D 32 37 3C 41 46 4B 50

6 6 C 12 18 1E 24 2A 30 36 3C 42 48 4E 54 5A 60

7 7 E 15 1C 23 2A 31 38 3F 46 4D 54 5B 62 69 70

8 8 10 18 20 28 30 38 40 48 50 58 60 68 70 78 80

9 9 12 1B 24 2D 36 3F 48 51 5A 63 6C 75 7E 87 90

A A 14 1E 28 32 3C 46 50 5A 64 6E 78 82 8C 96 A0

B B 16 21 2C 37 42 4D 58 63 6E 79 84 8F 9A A5 B0

C C 18 24 30 3C 48 54 60 6C 78 84 90 9C A8 B4 C0

D D 1A 27 34 41 4E 5B 68 75 82 8F 9C A9 B6 C3 D0

E E 1C 2A 38 46 54 62 70 7E 8C 9A A8 B6 C4 D2 E0

F F 1E 2D 3C 4B 5A 69 78 87 96 A5 B4 C3 D2 E1 F0

10 10 20 30 40 50 60 70 80 90 A0 B0 C0 D0 E0 F0 100

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25

1.5 TRIANGOLO DI TARTAGLIA E BINOMIO DI NEW-TON.

In questa appendice ci occupiamo di due semplici, ma utili, fatti tec-nici.

Nel paragrafo 6 è stato definito il coefficiente binomiale (nk)

Si ha

(nk

)+

(n

k− 1

)=

n!k!(n− k)!

+n!

(k− 1)!(n + 1− k)!=

=n![(n + 1− k) + k]

k!(n + 1− k)!=

(n + 1)!k!(n + 1− k)!

=

(n + 1

k

).

Questo semplice fatto è noto da tempo ed è solitamente presentatosotto il nome di triangolo di Tartaglia:

(10

)(11

)(

20

)(21

)(22

)(

30

)(31

)(32

) (33

). . . . . . . . . . . . . . .(

n0

). . .(

nk− 1

) (nk

). . .(

nn

). . . . . . . . .

(n + 1

k

). . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . .

Come si rileva facilmente ogni elemento del triangolo si può ot-tenere dalla somma dei due elementi della riga precedente, sopra e asinistra.

Proviamo ora che (binomio di Newton)

(a + b)n =n

∑k=0

(nk

)an−kbk.

E’ immediato verificare che la formula vale per n = 1.Proviamo ora che, se la formula è valida per n, allora è valida anche

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26

per n + 1. Si ha

(a + b)n+1 = (a + b)n(a + b) =

=

(n

∑k=0

(nk

)an−kbk

)(a + b) =

= an

∑k=0

(nk

)an−kbk + b

n

∑k=0

(nk

)an−kbk =

=n

∑k=0

(nk

)an+1−kbk +

n

∑k=0

(nk

)an−kbk+1 =

= an+1 +n

∑k=1

(nk

)an+1−kbk +

n−1

∑k=0

(nk

)an−kbk+1 + bn+1 =

= an+1 +n

∑k=1

(nk

)an+1−kbk +

n

∑k=1

(n

k− 1

)an+1−kbk + bn+1 =

= an+1 +n

∑k=1

((nk

)+

(n

k− 1

))an+1−kbk + bn+1 =

= an+1 +n

∑k=1

(n + 1

k

)an+1−kbk + bn+1 =

=n+1

∑k=0

(n + 1

k

)an+1−kbk

1.6 QUALCHE CURIOSITA’ .

Teorema 1.27 Siano a0, r ∈ R, r > 0 e sia an la successione definita da

an+1 = an + r

(progressione aritmetica di ragione r) .Posto

Sk =n

∑i=1

aki

si ha

Sk =1

(k + 1)r

((a1 + nr)k+1 − ak+1

1 −k−1

∑j=0

(k + 1

j

)Sjrk+1−j

).

Dimostrazione. Si ha

ak+1i+1 = (ai + r)k+1 =

k

∑j=0

(k + 1

j

)aj

irk+1−j + ak+1

i

da cui, sommando per i = 1, .., n

ak+1n+1 =

k

∑j=0

(k + 1

j

)Sjrk+1−j + ak+1

1 =

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27

=k−1

∑j=0

(k + 1

j

)Sjrk+1−j + (k + 1)Skr + ak+1

1

e la tesi. 2

Se ad esempio, a1 = r = 1 avremo

Sk =n

∑i=1

ik

onde

S0 = n , Sk =1

k + 1

((n + 1)k+1 − 1−

k−1

∑j=0

(k + 1

j

)Sj

)e

S1 =n(n + 1)

2

S2 =n(n + 1)(2n + 1)

6

S3 =n2(n + 1)2

4.

Teorema 1.28√

2 non è razionale.

Dimostrazione. Se infatti fosse√

2 =pq

, p ∈ Z , q ∈N

potremmo supporre p e q primi tra loro e avremmo

p2 = 2q2.

Allora p2 è pari, onde p è pari e p = 2m . Ne viene

4m2 = 2q2 e 2m2 = q2.

Ne deduciamo che q2, e quindi q, è pari, e ciò non è possibile perché pe q sono primi tra loro. 2

Teorema 1.29 il numero ‘e’ non è razionale.

Dimostrazione. Supponiamo che

e =pq

, p, q ∈N.

Si hapq=

q+1

∑i=0

1i!+

ec

(q + 2)!, 0 < c < 1

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28

e, moltiplicando ambo i membri per (q + 1)! si ha

p(q + 1)(q− 1)! =q+1

∑i=0

(q + 1)!i!

+ec

q + 2.

Poiché tutti i termini sono interi, tranne l’ultimo, ciò è assurdo.2

Teorema 1.30 lim supn cos n = 1 .

Dimostrazione. Allo scopo, poiché ovviamente cos n ≤ 1, è suffi-ciente trovare un’estratta nk tale che

cos nk → 1.

Sia k ∈N e sia θk ∈ [0, π/2] tale che

cos θk ≥ 1− 1k

e consideriamo m ∈N tale che

m≤ θk.

Sia nk−1 ∈N e sia xi = 2nk−1i , i = 0, 1, ..., m ed anche

yi = xi − 2πE( xi

)= xi − 2πqi.

Dal momento che gli yi sono in numero di m + 1 e sono tali che0 ≤ yi ≤ 2π, si ha che, per almeno due indici ik e jk, ik > jk ,

|yik − yjk | ≤2π

m≤ θk

onde

cos(2nk−1(ik − jk)) = cos(xik − xjk ) = cos(yik − yjk ) ≥ cos θk ≥ 1− 1/k

e si può definire nk = 2nk−1(ik − jk) > nk−1 e si ha la tesi. 2

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29

Elenchiamo qui di seguito i valori approssimati di alcune costantidi un certo interesse.

ln 2

0. 69314 71805 59945 30941 72321 21458 17656 80755 00134 36025

52541 20680 00949 33936 21969 69471 56058 63326 99641 86875

ln 3

1. 09861 22886 68109 69139 52452 36922 52570 46474 90557 82274

94517 34694 33363 74942 93218 60896 68736 15754 81373 20887

ln 5

1. 60943 79124 34100 37460 07593 33226 18763 95256 01354 26851

77219 12647 89147 41789 87707 65776 46301 33878 09317 96107

ln 10

2. 30258 50929 94045 68401 79914 54684 36420 76011 01488 62877

29760 33327 90096 75726 09677 35248 02359 97205 08959 82983

√2

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30

1. 41421 35623 73095 04880 16887 24209 69807 85696 71875 37694

80731 76679 73799 07324 78462 10703 88503 87534 32764 15727

35013 84623 09122 97024 92483 60558 50737 21264 41214 97099

93583 14132 22665 92750 55927 55799 95050 11527 82060 57147

01095 59971 60597 02745 34596 86201 47285 17418 64088 91986

09552 32923 04843 08714 32145 08397 62603 62799 52514 07989

68725 33965 46331 80882 96406 20615 25835 23950 54745 75028

77599 61729 83557 52203 37531 85701 13543 74603 40849 88471

60386 89997 06990 04815 03054 40277 90316 45424 78230 68492

93691 86215 80578 46311 15966 68713 01301 56185 68987 23723

e

2. 71828 18284 59045 23536 02874 71352 66249 77572 47093 69995

95749 66967 62772 40766 30353 54759 45713 82178 52516 64274

27466 39193 20030 59921 81741 35966 29043 57290 03342 95260

59563 07381 32328 62794 34907 63233 82988 07531 95251 01901

15738 34187 93070 21540 89149 93488 41675 09244 76146 06680

82264 80016 84774 11853 74234 54424 37107 53907 77449 92069

55170 27618 38606 26133 13845 83000 75204 49338 26560 29760

67371 13200 70932 87091 27443 74704 72306 96977 20931 01416

92836 81902 55151 08657 46377 21112 52389 78442 50569 53696

77078 54499 69967 94686 44549 05987 93163 68892 30098 79312

π

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31

3. 14159 26535 89793 23846 26433 83279 50288 41971 69399 37510

58209 74944 59230 78164 06286 20899 86280 34825 34211 70679

82148 08651 32823 06647 09384 46095 50582 23172 53594 08128

48111 74502 84102 70193 85211 05559 64462 29489 54930 38196

44288 10975 66593 34461 28475 64823 37867 83165 27120 19091

45648 56692 34603 48610 45432 66482 13393 60726 02491 41273

72458 70066 06315 58817 48815 20920 96282 92540 91715 36436

78925 90360 01133 05305 48820 46652 13841 46951 94151 16094

33057 27036 57595 91953 09218 61173 81932 61179 31051 18548

07446 23799 62749 56735 18857 52724 89122 79381 83011 94912

1.7 Le Formule Di Wallis E Di Stirling-De Moivre.

Intendiamo qui provare due formule che sono di grande utilità edinteresse.

La prima, nota come formula del prodotto di Wallis, consente di in-dividuare una successione di razionali che ha per limite π, la seconda,dovuta a Stirling e De Moivre, consente di valutare, con notevole pre-cisione, n!.

Lemma 1.4 Si ha

(2n)!! = 2nn! , (2n− 1)!! =(2n)!2nn!

.

Teorema 1.31 - Wallis - Posto

wn =((2n)!!)2

((2n− 1)!!)2(2n + 1)

si ha

lim wn =π

2.

Dimostrazione. Sia

sn =∫ π/2

0(sin x)ndx

si ha

s0 = π/2 , s1 = 1

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32

ed anche

sn =∫ π/2

0(sin x)n−1(sin x)dx = −(sin x)n−1 cos x

∣∣π/20 +

+∫ π/2

0(n− 1)(sin x)n−2(cos x)2dx =

= (n− 1)∫ π/2

0((sin x)n−2 − (sin x)n)dx = (n− 1)(sn−2 − sn)

ondesn =

n− 1n

sn−2 , n ≥ 2.

Pertanto

s2n =2n− 1

2ns2n−2 =

2n− 12n

2n− 32n− 2

s2n−4 =

=2n− 1

2n2n− 32n− 2

....12

s0 =(2n− 1)!!(2n)!!

π

2

Analogamente

s2n+1 =2n

2n + 12n− 22n− 1

....23

s1 =(2n)!!

(2n + 1)!!.

Ora, poiché

0 ≤ sn =∫ π/2

0(sin x)ndx ≤ π

2,

mentre

sn+1 =∫ π/2

0(sin x)n+1dx ≤

∫ π/2

0(sin x)ndx = sn,

si ha chelim sn = s ∈ R.

Ma, come si verifica facilmente

wn =s2n+1

s2n

π

2e pertanto

lim wn =ss

π

2=

π

2.

2

Corollario 1.1 Si ha

lim(n!)222n

(2n)!√

n=√

π.

Dimostrazione. Si ha

wn =(2nn!)2(2nn!)2

((2n)!)2(2n + 1)

da cui

vn =(n!)222n

(2n)!√

n=

√wn

(2n + 1)n

−→√

π.

2

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33

Teorema 1.32 Si ha

limnne−n

√2πn

n!= 1

da cuin! = nne−n

√2πn θn , con lim θn = 1 .

Dimostrazione. Applicando il teorema A9.2 alla funzione 1/x in[n, n + 1] ne deduciamo che

22n + 1

=1

n + 1/2≤∫ n+1

n

dxx

= ln(

1 +1n

).

Ne segue che1 ≤ (n + 1/2) ln(1 + 1/n)

ed

e ≤(

1 +1n

)n+1/2.

Tenendo conto che ln è una funzione concava, si ottiene, sempre dalteorema A9.2

1 + (ln 2 + ln 3 + ... + ln(n− 1)) +12

ln n ≥

≥∫ 3/2

1ln xdx +

∫ n−1/2

3/2ln xdx +

∫ n

n−1/2ln xdx =

=∫ n

1ln xdx = n ln n− n + 1 =

= ln(nne−n) + 1

da cui

ln(

n!√n

)≥ ln(nne−n)

0 ≤ un =nne−n√n

n!≤ 1.

Pertanto un è limitata e possiamo di più provare che è crescente,verificando che un+1/un ≥ 1 . Si ha infatti

un+1

un=

(n + 1)n+1e−n−1√

n + 1(n + 1)!

n!nne−n√n

=1e

(1 +

1n

)n+1/2≥ 1.

Possiamo a questo punto affermare che

un → u ∈ R

e ne consegue cheu2

nu2n→ u.

Mau2

nu2n

=n2ne−2nn(n!)2

(2n)!(2n)2ne−2n

√2n

=(2n)!

√n

(n!)222n1√2

.

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34

Da cui, per il corollario A5.3,

u = limu2

nu2n

= lim1

vn√

2=

1√2π

e si conclude chenne−n√n

n!−→ 1√

2π.

2

Osserviamo che, ∀n ∈N

.367879 ≤ 1e= u1 ≤ un ≤ lim un =

1√2π≤ .398943.

La costante di Eulero.

Teorema 1.33 - Eulero - Si ha

lim

(n

∑k=1

1k− ln n

)= γ ∈ R.

Dimostrazione. Per il teorema A9.1, ∃ξk ∈ [k− 1, k] tale che

− 16

n

∑k=2

1ξ3

k=∫ n

1

dtt− 1

2

n

∑k=2

(1k+

1k− 1

)=

= ln n−(

12+

n−1

∑k=2

1k+

12n

)=

= ln n−(

n

∑k=1

1k− 1

2− 1

2n

)

Pertanto

16

∫ n+1

2

1t3 dt ≤ 1

6

n

∑k=2

1k3 ≤

n

∑k=1

1k− ln n− 1

2− 1

2n≤

≤ 16

n

∑k=2

1(k− 1)3 =

16+

16

n−1

∑k=2

1k3 ≤

≤ 16+

16

∫ n−1

1

1t3 dt

Quindi

112

(14− 1

(n + 1)2

)+

12+

12n≤

n

∑k=1

1k− ln n ≤

≤ 23+

12n

+1

12

(1− 1

(n− 1)2

)

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35

da cui, per n→ +∞

2548≤ γ ≤ 3

4.

2

Si ha, con 100 cifre decimali esatte γ

0. 57721 56649 01532 86060 65120 90082 40243 10421 59335 93992

35988 05767 23488 48677 26777 66467 09369 47063 29174 674955

1.8 Qualche integrale notevole.

Proviamo che

∫ +∞

0

sin xx

dx =π

2=∫ +∞

0

sin2 xx2 dx.

Dall’uguaglianza (22.2). si ha infatti

π

2=∫ π

0

(12+

n

∑k=1

cos kt

)dt =

=∫ π

0

sin((n + 1/2)t)2 sin(t/2)

dt =

=∫ π

0

sin ntt

dt +∫ π

0sin nt

(1

2 tan(t/2)− 1

t

)dt +

12

∫ π

0cos nt dt =

=∫ π

0

sin ntt

tdt + ωn =∫ nπ

0

sin xx

+ ωn =∫ +∞

0

sin tt

dt

non appena si sia provato che

lim ωn = lim∫ π

0sin nt

(1

2 tan(t/2)− 1

t

)dt = 0.

Si ha, posto

h(t) =1

2 tan(t/2)− 1

t

che h è continua su (0, π) e può essere prolungata per continuità su[0, π]; pertanto ωn è il coefficiente di Fourier della funzione h ed es-sendo la serie di Fourier convergente, risulta ωn → 0. Questo fatto

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36

può anche essere provato direttamente osservando che∫ π

0sin nth(t)dt =

=12

∫ π

0sin nth(t)dt +

12

∫ π

0sin nth(t)dt =

=12

∫ π

0sin nth(t)dt +

12

∫ π+π/n

π/nsin n(s− π/n)h(s− π/n)ds =

=12

∫ π/n

0sin nth(t)dt− 1

2

∫ π+π/n

πsin nth(t− π/n)dt+

+12

∫ π

π/nsin nt[h(t)− h(t− π/n)]dt

e, poiché h è limitata e uniformemente continua su [0, π],

∣∣∣∣∫ π

0sin nth(t)dt| ≤

≤ πM2n

+πM2n

+12

sin nξ|h(ξ)− h(ξ − π/n)|(π − π/n) ≤ ε

E’ anche utile stabilire l’andamento della funzione

g(α) =∫ α

0

sin tt

dt.

Evidentemente g è definita per ogni α reale e, dal momento che lafunzione integranda è pari, è sufficiente studiare g per α ≥ 0.

Si hag(0) = 0 e lim

α→0g(α) =

π

2,

ed anche

π

2=∫ +∞

0

sintt

dt =+∞

∑k=0

∫ (k+1)π

sin tt

dt =

=+∞

∑k=0

(−1)k∫ (k+1)π

sin tt

dt =+∞

∑k=0

(−1)k ak

Evidentemente ak è una successione decrescente a 0 e, per il teorema19.21 la serie ad ultimo membro è convergente a π/2 e si ha(∫ π

0−∫ π

π

)sin t

tdt ≤ π

2≤∫ π

0

sintt

dt.

Inoltre g è crescente in (2kπ, (2k+ 1)π) e decrescente in ((2k+ 1)π, 2kπ),assume minimo assoluto in 0 e massimo assoluto in π per cui

R(g) = [0,∫ π

0

sintt

dt] .

D’altra parte,∫ +∞

0

sin2xx2 dx = − sin2x

x∣∣+∞0 +

∫ +∞

0

sin2xx

dx =

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37

=∫ +∞

0

sinxx

dx .

# # #

Proviamo che ∫ +∞

0e−x2

dx =π

2.

(∫ +∞

0e−x2

dx)2

=

(lim

a→+∞

∫ a

0e−x2

dx)2

=

= lima→+∞

∫ a

0

∫ a

0e−(x2+y2)dxdy =

=∫

R+×R+

e−(x2+y2)dxdy =

= limR→+∞

∫S(0,R)∩(R+×R+)

e−(x2+y2)dxdy =

= limR→+∞

π

2

∫ R

0ρe−ρ2

dρ =π

4

A meno di un cambio di variabile si ha anche, se a > 0∫ +∞

−∞e−ax2

dx =(π

a

).

# # #

Proviamo che, per a > 0

F(ω) =∫ +∞

−∞e−ax2

cosωxdx =(π

a

)e−

ω24a .

Tenendo conto che

|e−ax2cosωx| ≤ e−ax2

, | − xe−ax2sinωx| ≤ xe−ax2

si ha

F′(ω) = −∫ +∞

−∞xe−ax2

sin ωxdx =

=e−ax2

2asinωx

∣∣+∞−∞ −

∫ +∞

−∞ω

e−ax2

2acosωx dx =

= − ω

2aF(ω)

Pertanto F è l’unica soluzione del problema di CauchyF′(ω) + ω2a F(ω) = 0

F(0) =∫ +∞−∞ e−ax2

dx =(

πa)

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38

eF(ω) =

a

)e−

ω24a .

Come immediata conseguenza si ottiene che

∫ +∞

−∞e−ax2

e−iωxdx =

=∫ +∞

−∞e−ax2

cosωxdx− i∫ +∞

−∞e−ax2

sinωxdx =

=(π

a)

e−ω24a

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39

1.9 L’equazione del calore.

Si consideri una sbarra omogenea infinita, adiabatica, avente inizial-mente una distribuzione di temperatura u0(x) (x denota l’ascissa sullasbarra).

L’andamento della temperatura nello spazio e nel tempo u(x, t) saràregolato nella seguente maniera: se Q indica la quantità di calore e Tla temperatura, si ha, in una porzione della sbarra, di lunghezza ∆x esezione S,

∆Q = cσS∆x∆T.

D’altro canto la quantità di calore che fluisce attraverso la sezione adascissa x è

∆Q = KST′(x)∆t

per cui, a meno di costanti,

∆T∆t

=T′(x + ∆x)− T′(x)

∆x

e, al limite per ∆x e ∆t → 0 , si ha che la temperatura u(x, t) devesoddisfare il seguente problema alle derivate parzialiut = uxx

u(x, 0) = u0(x)

Cerchiamo una soluzione u : R× R+ −→ R tale che u, ux, uxx sonocontinue, assolutamente integrabili in x

|ut(x, t)| ≤ φa(x) ,∫ +∞

−∞φa(x)dx < +∞ , ∀t ≥ a > 0 .

Supponiamo inoltre che u0, u′0, u′′0 siano continue e assolutamente in-tegrabili in R.

Poniamov(ω, t) = F (u(·, t))(ω)

v0(ω) = F (u0)(ω) = v(ω, 0).

AvremoF (uxx(·, t))(ω) = −ω2v(ω, t)

e

∂tF (u(·, t))(ω) =

∂t

∫ +∞

−∞u(s, t)e−iωsds =

=∫ +∞

−∞ut(s, t)e−iωsds = F (ut(·, t))(ω).

Applicando la trasformata di Fourier all’equazione, si ha

F (ut(·, t)− uxx(·, t)) = 0

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40

evt(ω, t) + ω2v(ω, t) = 0 , v(ω, 0) = v0(ω).

Ne viene

v(ω, t) = e−ω2tv0(ω) = F (k(·, t))(ω)F (u0)(ω)

essendo

k(x, t) =e−x2/(4t)

2(πt), t > 0

e perciòv(ω, t) = F (k(·, t) ∗ u0)(ω).

Ne segue cheF (u(·, t)) = F (k(·, t) ∗ u0)

e per l’iniettività della trasformata di Fourier, se t > 0,

u(x, t) = (k(·, t) ∗ u0)(x) =1

2(πt)

∫ +∞

−∞e−

s24t u0(x− s)ds =

=1π

∫ +∞

−∞e−z2

u0(x− 2zt)dz =

=1

2(πt)

∫ +∞

−∞e−

(x−u)24t u0(u)du.

Dall’ultimo membro e dalle ipotesi su u0 segue immediatamente lacontinuità di u(·, t) per t > 0 . In modo analogo si prova la continuitàdi ux e uxx.

Poiché u′0 è assolutamente integrabile su R, u0 è limitata e dal penul-timo membro si ha

limt→0+

u(x, t) = u0(x).

Usando il teorema 27.13 si prova la assoluta integrabilità di u, ux , uxx

.Analogamente si verificano le ipotesi su ut .

1.10 Qualche disuguaglianza notevole.

In questa appendice vogliamo brevemente giustificare alcune disug-uaglianze che sono spesso usate e di cui si fa uso anche nel testo.

E’ d’obbligo osservare che queste possono essere interpretate insenso più generale nel contesto degli spazi normati di dimensione in-finita, ma per i nostri scopi ciò non si renderà necessario.

Indichiamo con F 2 l’insieme delle funzioni f : [a, b] −→ R tali chef 2 ed f risultano integrabili su [a, b].

Osserviamo che F 2 è uno spazio vettoriale: infatti se f , g ∈ F 2, siha

| f (x)g(x)| ≤ ( f 2(x) + g2(x))/2

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41

e

( f (x) + g(x))2 = f 2(x) + g2(x) + 2 f (x)g(x) ≤ 2( f 2(x) + g2(x)).

Inoltre f g è integrabile su [a, b].Ciò consente di definire in F 2 un prodotto scalare mediante la

〈 f , g〉 =∫ b

af (x)g(x)dx

e di conseguenza‖ f ‖2

2 = 〈 f , f 〉.

Utilizzando le tecniche descritte in fondo alla pag. 74 si prova che

|〈 f , g〉| ≤ ‖ f ‖2‖g‖2

‖ f + g‖2 ≤ ‖ f ‖2 + ‖g‖2.

Analogamente possiamo considerare lo spazio vettoriale 2 delle suc-cessioni ak tali che ∑ a2

k < +∞ e, tenendo conto del fatto che

|ab| ≤ (a2 + b2)/2,

si ottengono le disuguaglianze

|∑ akbk| ≤ (∑ a2k)

1/2(∑ b2k)

1/2

(∑(ak + bk)2)1/2 ≤ (∑ a2

k)1/2(∑ b2

k)1/2.

1.11 Equazioni differenziali di tipo particolare.

# Equazione di Eulero.Siano ai ∈ R , i = 0, 1, .., n− 1, e consideriamo l’equazione

xny(n)(x) +n−1

∑i=0

aixiy(i)(x) = 0.

Ci limitiamo per semplicità ad illustrare il procedimento per il cason = 2, essendo banale l’estensione al caso generale. Consideriamopertanto l’equazione

(A2.1) x2y”(x) + axy′(x) + by(x) = 0 , a, b ∈ R

Cerchiamo prima soluzioni definite per x > 0; la (A2.1) assicura che

(A2.2) e2ty”(et) + aety′(et) + by(et) = 0 , ∀t ∈ R

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42

Definito z(t) = y(et) si ha z′(t) = ety′(et)

z”(t) = e2ty”(et) + ety′(et) = e2ty”(et) + z′(t)

e la (A2.2) si può riscrivere come

e2te−2t[z”(t)− z′(t)] + aete−tz′(t) + bz(t) = 0

da cui

(A2.3) z”(t) + (a− 1)z′(t) + bz(t) = 0

che è lineare a coefficienti costanti.Se z è una soluzione di (A2.3), allora

y+(x) = z(lnx)

è soluzione di (A2.1) per x > 0 .Per cercare le soluzioni definite per x < 0, si considera w(t) =

y(−et); operando come prima si ottiene w”(t)+ (a− 1)w′(t)+ bw(t) =0.

Pertanto la soluzione di (A2.1), per x < 0, è data da

y−(x) = w(ln(−x))

. Posto

y(x) =

y+(x), x > 0

y−(x), x < 0

se y ∈ C2(R) allora è soluzione di (A2.1) su tutto R .Alternativamente si può risolvere l’equazione cercando soluzioni

del tipo xα ((−x)α), α ∈ C.# Equazione di Bernoulli.Siano a, b ∈ C0(I), I ⊂ R intervallo; α ∈ R, α 6= 0, 1 .Consideriamo il problema di Cauchyy′(x) = a(x)y(x) + b(x)[y(x)]α

y(x0) = y0

(se α = 0, 1 l’equazione diventa lineare).Poiché deve essere y(x) > 0, supponiamo y0 > 0; allora, dividendo

per [y(x)]α si ottiene

y′(x)[y(x)]−α = a(x)[y(x)]1−α + b(x).

Se poniamo

z(x) =[y(x)]1−α

1− α

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43

ci riduciamo al seguente problema linearez′(x) = (1− α)a(x)z(x) + b(x)

z(x0) = y1−α0 /(1− α)

Per esponenti α naturali e per opportuni razionali, è sufficiente sup-porre y(x) 6= 0 .

# Equazioni del primo ordine in forma non normale.Consideriamo il problemax = f (y′(x))

y(x0) = y0

supponiamo f derivabile e invertibile e sia p0 tale che f (p0) = x0 . Siha

y′(x) = f−1(x) , y(x) = y0 +∫ x

x0

f−1(u)du

e

y( f (p)) = y0 +∫ f (p)

f (p0)f−1(u)du =

= y0 +∫ p

p0

f−1( f (s)) f ′(s)ds =

= y0 +∫ p

p0

s f ′(s)ds =

= y0 + p f (p)− p0 f (p0)−∫ p

p0

f (s)ds

Postog(p) = y0 + p f (p)− p0x0 −

∫ p

p0

f (s)ds

è immediato stabilire che il grafico della soluzione y si può rappre-sentare parametricamente mediante lex = f (p)

y = g(p)

# # #

Consideriamo il problemay(x) = f (y′(x))

y(x0) = y0

e supponiamo f derivabile e invertibile e sia p0 tale che f (p0) = y0;supponiamo inoltre f−1(y) 6= 0 per ogni y; allora

y′(x) = f−1(y(x))

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44

e separando le variabili si ottiene

y′(x)f−1(y(x))

= 1

∫ y(x)

y0

duf−1(u)

= x− x0

∫ f−1(y)

f−1(y0)

f ′(t)t

dt = x− x0.

Perciò, definendo

g(p) = x0 +∫ p

p0

f ′(t)t

dt

si ottiene che il grafico della soluzione è rappresentato, in forma para-metrica, da x = g(p)

y = f (p)

# Altre equazioni del primo ordine.Consideriamo un’equazione del tipoy′(x) = f (x, y(x))

y(x0) = y0

Supponiamo che f sia omogenea di grado 0 , e supponiamo x, x0 6= 0.Cerchiamo soluzioni della forma y(x) = xu(x). Si ha

y′(x) = xu′(x) + u(x)

per cui dovremo determinare u in modo che

xu′(x) + u(x) = f (x, xu(x))

ed essendo f omogenea di grado 0

u′(x) =f (1, u(x))− u(x)

x

e ci si è ricondotti ad una equazione a variabili separabili.

# # #

Consideriamo ora problemi del tipoy′(x) = f(

ax+by(x)+ca′x+b′y(x)+c′

)y(x0) = y0

con f continua, a, b, c, a′, b′, c′ ∈ R.Supponiamo che a′x0 + b′y0 + c′ 6= 0.

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45

Occorre considerare due casi:

(i) det

(a ba′ b′

)6= 0

in questo caso esiste (x, y) ∈ R2 tale che

ax + by + c = 0

a′ x + b′y+c′ =)

ponendo ξ = x− x, η(ξ) = y(ξ + x)− y ci si riconduce al problema η′(ξ) = f(

aξ+bη(ξ)a′ξ+b′η(ξ)

)η(x0 − x) = y0 − y

che è del tipo precedentemente considerato.det

a b

a′ b′

= 0

b 6= 0

esiste allora k ∈ R tale che a′ = ka e b′ = kb; posto

z(x) = ax + by(x)

il problema dato diventaz′(x) = a + b f(

z(x)+ckz(x)+c′

)z(x0) = ax0 + by0

che è a variabili separabili.# Alcune equazioni del secondo ordine.Consideriamo il problema

f (y”(x), y′(x), x) = 0

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

Se poniamo y′(x) = z(x) , siamo immediatamente condotti a con-siderare i due problemi del primo ordine f (z′(x), z(x), x) = 0

z(x0) = y1

y′(x) = z(x)

y(x0) = y0

# # #

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46

Consideriamo il problemaf (y”(x), y′(x), y(x)) = 0

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

Se z ed y risolvono i seguenti problemi di Cauchy f (z′(y)z(y), z(y), y) = 0

z(y0) = y1

y′(x) = z(y(x))

y(x0) = y0

si hay”(x) = z′(y(x))y′(x) = z′(y(x))z(y(x))

e pertanto y risolve il problema dato.Osserviamo che, se y1 6= 0, è sempre possibile supporre y local-

mente invertibile e definita

z(t) = y′(y−1(t))

si ha equivalenza tra i problemi considerati.

# # #

Consideriamo il problema di Cauchyy”(x) = f (y(x))

y(x0) = y0

y′(x0) = y1

con f continua. Supponiamo y′(x) 6= 0 (y1 6= 0), moltiplicando amboi membri dell’equazione per y′(x) si ottiene

y”(x)y′(x) = f (y(x))y′(x)

e ∫ x

x0

y”(s)y′(s)ds =∫ x

x0

f (y(s))y′(s)ds∫ y′(x)

y1

udu =∫ y(x)

y0

f (v)dv

E’ pertanto immediato ricavare

[y′(x)]2 = 2∫ y(x)

y0

f (v)dv + y21

e ci si riconduce a[y′(x)]2 = 2∫ y(x)

y0f (v)dv + y2

1

y(x0) = y0

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47

Osserviamo che l’equazione considerata rientra anche nel tipo consid-erato precedentemente.

# Equazione di Riccati.Consideriamo l’equazione

y′(x) + a(x)y2(x) + b(x)y(x) + c(x) = 0

con a, b, c funzioni continue. L’equazione può essere ridotta ad unaequazione di Bernoulli mediante la sostituzione

y(x) = w(x) + z(x)

essendo w una soluzione dell’equazione data.# Equazione di Clairaut.Consideriamo l’equazione

y(x) = xy′(x) + g(y′(x))

con g ∈ C1 .Derivando (supponendo y ∈ C2) si ottiene

y”(x)(x + g′(y′(x))) = 0

da cuiy”(x) = 0 oppure x = −g′(y′(x))

e ci si riconduce ad equazioni precedentemente considerate.# Equazione di D’Alembert-Lagrange.Consideriamo l’equazione

y(x) = x f (y′(x)) + g(y′(x))

con f , g ∈ C1 .Derivando, e supponendo y”(x) 6= 0 e f (x) 6= x ∀x, si ha

1y”(x)

+x f ′(y′(x))

f (y′(x))− y′(x)+

g′(y′(x))f (y′(x))− y′(x)

= 0.

Se y’ è invertibile, posto z = (y′)−1, si ottiene

z′(p) +z(p) f ′(p)f (p)− p

+g′(p)

f (p)− p= 0.

1.12 Qualche integrale notevole.

Proviamo che ∫ +∞

0

sin xx

dx =π

2=∫ +∞

0

sin2 xx2 dx.

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48

Dall’uguaglianza (22.2). si ha infatti

π

2=∫ π

0

(12+

n

∑k=1

cos kt

)dt =

=∫ π

0

sin((n + 1/2)t)2 sin(t/2)

dt =

=∫ π

0

sin ntt

dt +∫ π

0sin nt

(1

2 tan(t/2)− 1

t

)dt +

12

∫ π

0cos nt dt =

=∫ π

0

sin ntt

tdt + ωn =∫ nπ

0

sin xx

+ ωn =∫ +∞

0

sin tt

dt

non appena si sia provato che

lim ωn = lim∫ π

0sin nt

(1

2 tan(t/2)− 1

t

)dt = 0.

Si ha, posto

h(t) =1

2 tan(t/2)− 1

t

che h è continua su (0, π) e può essere prolungata per continuità su[0, π]; pertanto ωn è il coefficiente di Fourier della funzione h ed es-sendo la serie di Fourier convergente, risulta ωn → 0. Questo fattopuò anche essere provato direttamente osservando che

∫ π

0sin nth(t)dt =

=12

∫ π

0sin nth(t)dt +

12

∫ π

0sin nth(t)dt =

=12

∫ π

0sin nth(t)dt +

12

∫ π+π/n

π/nsin n(s− π/n)h(s− π/n)ds =

=12

∫ π/n

0sin nth(t)dt− 1

2

∫ π+π/n

πsin nth(t− π/n)dt+

+12

∫ π

π/nsin nt[h(t)− h(t− π/n)]dt

e, poiché h è limitata e uniformemente continua su [0, π],

∣∣∣∣∫ π

0sin nth(t)dt| ≤

≤ πM2n

+πM2n

+12

sin nξ|h(ξ)− h(ξ − π/n)|(π − π/n) ≤ ε

E’ anche utile stabilire l’andamento della funzione

g(α) =∫ α

0

sin tt

dt.

Evidentemente g è definita per ogni α reale e, dal momento che lafunzione integranda è pari, è sufficiente studiare g per α ≥ 0.

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49

Si hag(0) = 0 e lim

α→0g(α) =

π

2,

ed anche

π

2=∫ +∞

0

sintt

dt =+∞

∑k=0

∫ (k+1)π

sin tt

dt =

=+∞

∑k=0

(−1)k∫ (k+1)π

sin tt

dt =+∞

∑k=0

(−1)k ak

Evidentemente ak è una successione decrescente a 0 e, per il teorema19.21 la serie ad ultimo membro è convergente a π/2 e si ha(∫ π

0−∫ π

π

)sin t

tdt ≤ π

2≤∫ π

0

sintt

dt.

Inoltre g è crescente in (2kπ, (2k+ 1)π) e decrescente in ((2k+ 1)π, 2kπ),assume minimo assoluto in 0 e massimo assoluto in π per cui

R(g) = [0,∫ π

0

sintt

dt] .

D’altra parte,∫ +∞

0

sin2xx2 dx = − sin2x

x∣∣+∞0 +

∫ +∞

0

sin2xx

dx =

=∫ +∞

0

sinxx

dx .

# # #

Proviamo che ∫ +∞

0e−x2

dx =π

2.

(∫ +∞

0e−x2

dx)2

=

(lim

a→+∞

∫ a

0e−x2

dx)2

=

= lima→+∞

∫ a

0

∫ a

0e−(x2+y2)dxdy =

=∫

R+×R+

e−(x2+y2)dxdy =

= limR→+∞

∫S(0,R)∩(R+×R+)

e−(x2+y2)dxdy =

= limR→+∞

π

2

∫ R

0ρe−ρ2

dρ =π

4

A meno di un cambio di variabile si ha anche, se a > 0∫ +∞

−∞e−ax2

dx =(π

a

).

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50

# # #

Proviamo che, per a > 0

F(ω) =∫ +∞

−∞e−ax2

cosωxdx =(π

a

)e−

ω24a .

Tenendo conto che

|e−ax2cosωx| ≤ e−ax2

, | − xe−ax2sinωx| ≤ xe−ax2

si ha

F′(ω) = −∫ +∞

−∞xe−ax2

sin ωxdx =

=e−ax2

2asinωx

∣∣+∞−∞ −

∫ +∞

−∞ω

e−ax2

2acosωx dx =

= − ω

2aF(ω)

Pertanto F è l’unica soluzione del problema di CauchyF′(ω) + ω2a F(ω) = 0

F(0) =∫ +∞−∞ e−ax2

dx =(

πa)

eF(ω) =

a

)e−

ω24a .

Come immediata conseguenza si ottiene che

∫ +∞

−∞e−ax2

e−iωxdx =

=∫ +∞

−∞e−ax2

cosωxdx− i∫ +∞

−∞e−ax2

sinωxdx =

=(π

a)

e−ω24a

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51

1.13 L’equazione del calore.

Si consideri una sbarra omogenea infinita, adiabatica, avente inizial-mente una distribuzione di temperatura u0(x) (x denota l’ascissa sullasbarra).

L’andamento della temperatura nello spazio e nel tempo u(x, t) saràregolato nella seguente maniera: se Q indica la quantità di calore e Tla temperatura, si ha, in una porzione della sbarra, di lunghezza ∆x esezione S,

∆Q = cσS∆x∆T.

D’altro canto la quantità di calore che fluisce attraverso la sezione adascissa x è

∆Q = KST′(x)∆t

per cui, a meno di costanti,

∆T∆t

=T′(x + ∆x)− T′(x)

∆x

e, al limite per ∆x e ∆t → 0 , si ha che la temperatura u(x, t) devesoddisfare il seguente problema alle derivate parzialiut = uxx

u(x, 0) = u0(x)

Cerchiamo una soluzione u : R× R+ −→ R tale che u, ux, uxx sonocontinue, assolutamente integrabili in x

|ut(x, t)| ≤ φa(x) ,∫ +∞

−∞φa(x)dx < +∞ , ∀t ≥ a > 0 .

Supponiamo inoltre che u0, u′0, u′′0 siano continue e assolutamente in-tegrabili in R.

Poniamov(ω, t) = F (u(·, t))(ω)

v0(ω) = F (u0)(ω) = v(ω, 0).

AvremoF (uxx(·, t))(ω) = −ω2v(ω, t)

e

∂tF (u(·, t))(ω) =

∂t

∫ +∞

−∞u(s, t)e−iωsds =

=∫ +∞

−∞ut(s, t)e−iωsds = F (ut(·, t))(ω).

Applicando la trasformata di Fourier all’equazione, si ha

F (ut(·, t)− uxx(·, t)) = 0

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52

evt(ω, t) + ω2v(ω, t) = 0 , v(ω, 0) = v0(ω).

Ne viene

v(ω, t) = e−ω2tv0(ω) = F (k(·, t))(ω)F (u0)(ω)

essendo

k(x, t) =e−x2/(4t)

2(πt), t > 0

e perciòv(ω, t) = F (k(·, t) ∗ u0)(ω).

Ne segue cheF (u(·, t)) = F (k(·, t) ∗ u0)

e per l’iniettività della trasformata di Fourier, se t > 0,

u(x, t) = (k(·, t) ∗ u0)(x) =1

2(πt)

∫ +∞

−∞e−

s24t u0(x− s)ds =

=1π

∫ +∞

−∞e−z2

u0(x− 2zt)dz =

=1

2(πt)

∫ +∞

−∞e−

(x−u)24t u0(u)du.

Dall’ultimo membro e dalle ipotesi su u0 segue immediatamente lacontinuità di u(·, t) per t > 0 . In modo analogo si prova la continuitàdi ux e uxx.

Poiché u′0 è assolutamente integrabile su R, u0 è limitata e dal penul-timo membro si ha

limt→0+

u(x, t) = u0(x).

Usando il teorema 27.13 si prova la assoluta integrabilità di u, ux , uxx

.Analogamente si verificano le ipotesi su ut .

1.14 Il Laplaciano in coordinate Polari

Si definisce Laplaciano (o operatore di Laplace) il funzionale che adogni funzione u di 2 o 3 variabili di classe C2 associa, rispettivamente,

∆u = ux,x + uyy , ∆u = ux,x + uyy + uzz

Se posto x = ρ cos θ , y = ρ sin θ definiamo u(ρ, θ) = v(x, y)avremo:

vx = uρρx + uθθx , vy = uρρy + uθθy

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53

e

vxx = (uρρρx + uρθθx)ρx + uρρxx + (uθρρx + uθθθx)θx + uθθxx

vyy = (uρρρy + uρθθy)ρy + uρρyy + (uθρρy + uθθθy)θy + uθθyy

da cui

vxx + vyy =

= uρρ(ρ2x + ρ2

y)+uρθ(ρxθx + ρyθy)+uρ(ρxx + ρyy +uθθ(θ2x + θ2

y)+uθρ(θxx + θyy) =

= uρρ +1ρ

uρ +1ρ2 uθθ

non appena si tenga conto che

ρ =√

x2 + y2 , ρx =x√

x2 + y2, ρxx =

y2√x2 + y2

θ = arctan(yx+ ϕ con ϕ costante a tratti

θx =−y

x2 + y2 , θy =x

x2 + y2

θxx =−2xy

(x2 + y2)2 , θyy =2xy

(x2 + y2)2

L’equazione di Laplace in coordinate polari si riduce pertanto a

∆u = uρρ +1ρ

uρ +1ρ2 uθθ = 0

e possiamo cercarne soluzioni separando le variabili, cercando cioèuna soluzione u che sia il prodotto di una funzione R della sola vari-abile ρ e di una funzione Θ della sola variabile θ. Consideriamo cioè

u(ρ, θ) = R(ρ)Θ(θ)

.Sostituendo si ricava:

R′′Θ +1ρ

R′Θ +1ρ2 RΘ′′ = 0

Da cui

ρ2 R′′

R+ ρ

R′

R= −Θ′′

Θ

ed essendo il primo membro funzione della sola ρ ed il secondo fun-zione della sola θ, entrambi devono essere costanti. uguali a λ. Ne

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54

segue che, affinche la u = RΘ sia soluzione dell’equazione di LaplaceR e Θ devono soddisfare le seguenti equazioni lineari:ρ2R′′ + ρR′ + λR = 0

Θ′′ − λΘ = 0

Se λ = 0 le soluzioni sonoR(ρ) = A + B ln(ρ)

Θ(θ) = Aθ + B

Se λ = µ2 > 0 le soluzioni sonoR(ρ) = A cos(µ ln(ρ)) + B sin(µ ln(ρ))

Θ(θ) = Ae−µθ + Beµθ

Se λ = −µ2 < 0 le soluzioni sonoR(ρ) = Aρµ + bρ−µ

Θ(θ) = A cos(µθ) + B sin(µθ)

Affinchè u sia definita sul cerchio di centro l’origine e raggio a possi-amo utilizzare solo le soluzioni che sono ivi definite ed inoltre occorreche la Θ risulti periodica con le sue derivate per cui dovremo consider-are λ = −n2 con n ∈N scartando le soluzioni ln(ρ) e ρ−n, e possiamoaffermare che , definendo

u(ρ, θ) = A0/2 ++∞

∑n=1

ρn (An cos(nθ) + Bn sin(nθ))

Affinchè u(a, θ) = h(θ) deve essere

h(θ) = u(a, θ) = A0/2 ++∞

∑n=1

an (An cos(nθ) + Bn sin(nθ))

per cui

A0/2 =1π

∫ 2π

0h(φ)dφ , an An =

∫ 2π

0h(φ) cos(nφ)dφquad, anBn =

∫ 2π

0h(φ) sin(nφ)dφ

e sostituendo

u(ρ, θ) =1

∫ 2π

0h(φ)dφ+

+∞

∑n=1

(ρn

an

)(1π

∫ 2π

0h(φ) (cos(nφ) cos(nθ) + sin(nφ)dφ sin(nθ)) dφ

)=

=1

∫ 2π

0h(φ)

(1 + 2

+∞

∑n=1

(ρn

an

)cos(n(θ − φ))dφ

)=

=1

∫ 2π

0h(φ)

(1 + 2<

+∞

∑n=1

(ρeı(θ−φ)

a

)n

)

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55

Poichè

<+∞

∑n=1

(ρeı(θ−φ)

a

)n

= <ρeı(θ−φ)

a

1− ρeı(θ−φ)

a

=a2 − ρ2

a−2aρ cos((theta− φ)) + ρ2

si conclude che

u(ρ, θ) =1

∫ 2π

0h(φ)

a2 − ρ2

a−2aρ cos((theta− φ)) + ρ2 dφ

1.15 Il Laplaciano in coordinate Cilindriche

Si definisce Laplaciano(o operatore di Laplace) in R3 il funzionale chead ogni funzione u di classe C2 associa, rispettivamente,

∆u = ux,x + uyy + uzz

Se posto x = ρ cos θ , y = ρ sin θ , z = z definiamo u(ρ, θ, z) =

v(x, y, z) avremo:

vxx + vyy + vzz = uρρ +1ρ

uρ +1ρ2 uθθ + uzz

L’equazione di Laplace in coordinate polari si riduce pertanto a chesia il prodotto di una funzione R della sola variabile ρ, di una funzioneΘ della sola variabile θ e di una funzione Z della sola variabile ζ.Consideriamo cioè

u(ρ, θ) = R(ρ)Θ(θ)Z(z)

.∆u = uρρ +

uρ +1ρ2 uθθ + uzz = 0

e possiamo cercarne soluzioni separando le variabili, cercando cioèuna soluzione u

Sostituendo si ricava:

R′′ΘZ +1ρ

R′ΘZ +1ρ2 RΘ′′Z + RΘZ′′ = 0

Da cuiR′′

R+

R′

R+

1ρ2

T′′

T= −Z′′

Z

ed essendo il primo membro funzione di ρ e θ ed il secondo fun-zione della sola z, entrambi devono essere costanti. uguali a λ. Nesegue che, affinche la u = RΘZ sia soluzione dell’equazione di LaplaceR , Θ e Z devono soddisfare le seguenti equazioni:

R′′

R+

R′

R+

1ρ2

Θ′′

Θ= −λ

Z′′ − λZ = 0

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56

Dalla prima si ricava

ρ2(

R′′

R+

R′

R+ λ

)= −Θ′′

Θ

e quindi R′′ + 1

ρ R′ + (λ− µ

ρ2 )R = 0 =

Θ′′ − µΘ = 0

Z′′ − λZ = 0

In questo caso si ottengono soluzioni utili, per diversi dati al contorno,sia considerando λ e µ positive negative o nulle. Utilizzando oppor-tunamente le soluzioni trovate si possono risolvere diversi problemi alcontorno.

1.16 Equivalenza di norme in Rn.

Sia ‖ · ‖a una norma in Rn; si ha

‖x‖a = ‖n

∑i=1

xiei‖a ≤n

∑i=1|xi|‖ei‖a ≤ K‖x‖1

essendoK = max‖ei‖a.

Quindi la funzione ‖ · ‖a è continua e, dal momento che

x ∈ Rn : ‖x‖1 = 1

è compatto è lecito considerare

H = min‖x‖a : ‖x‖1 = 1;

si ha H > 0 e‖x‖a

‖x‖1=∣∣∣∣ x‖x‖1

∣∣∣∣a ≥ H.

Pertanto, per ogni x ∈ Rn si ha

H‖x‖1 ≤ ‖x‖a ≤ K‖x‖1

e tutte le norme in Rn sono equivalenti.

1.17 Qualche disuguaglianza notevole.

In questa appendice vogliamo brevemente giustificare alcune disug-uaglianze che sono spesso usate e di cui si fa uso anche nel testo.

E’ d’obbligo osservare che queste possono essere interpretate insenso più generale nel contesto degli spazi normati di dimensione in-finita, ma per i nostri scopi ciò non si renderà necessario.

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57

Indichiamo con F 2 l’insieme delle funzioni f : [a, b] −→ R tali chef 2 ed f risultano integrabili su [a, b].

Osserviamo che F 2 è uno spazio vettoriale: infatti se f , g ∈ F 2, siha

| f (x)g(x)| ≤ ( f 2(x) + g2(x))/2

e

( f (x) + g(x))2 = f 2(x) + g2(x) + 2 f (x)g(x) ≤ 2( f 2(x) + g2(x)).

Inoltre f g è integrabile su [a, b].Ciò consente di definire in F 2 un prodotto scalare mediante la

〈 f , g〉 =∫ b

af (x)g(x)dx

e di conseguenza‖ f ‖2

2 = 〈 f , f 〉.

Utilizzando le tecniche descritte in fondo alla pag. 74 si prova che

|〈 f , g〉| ≤ ‖ f ‖2‖g‖2

‖ f + g‖2 ≤ ‖ f ‖2 + ‖g‖2.

Analogamente possiamo considerare lo spazio vettoriale 2 delle suc-cessioni ak tali che ∑ a2

k < +∞ e, tenendo conto del fatto che

|ab| ≤ (a2 + b2)/2,

si ottengono le disuguaglianze

|∑ akbk| ≤ (∑ a2k)

1/2(∑ b2k)

1/2

(∑(ak + bk)2)1/2 ≤ (∑ a2

k)1/2(∑ b2

k)1/2.

1.18 Il fenomeno di Gibbs.

I grafici delle ridotte di una serie di Fourier relativa ad una funzioneche presenta ’salti’ (diciamo che una funzione f presenta un salto inx0 se f (x0+) 6= f (x0−) ed entrambi sono reali) mettono in evidenzacome, in prossimità dei punti di ’salto’ la convergenza della serie diFourier non sia uniforme (si vedano i grafici a pag. 67). In prossimitàdi tali punti infatti si verifica una ’impennata’ dei grafici delle ridottestesse.

Tale comportamento può essere illustrato più precisamente comesegue

Sia f ∈ F 2 e sia x0 ∈ [−π, π) un punto di salto per f ; posto

σ = f (x0+)− f (x0−),

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58

detta F la serie di Fourier di f ed Fn la sua ridotta n-esima, si ha(Teorema 20.22)

F(x0) = σ/2

ed inoltre esiste xn → x0, xn ≥ x0, tale che, se

GM = lim Fn(xn)

si ha

GMσ/2

=2π

∫ π

0

sins

ds = 1.17897974447216727023.. > 1

Questo fatto è noto come ’fenomeno di Gibbs’ ed è stato studiato inseguito a constatazioni sperimentali del fenomeno.

Per stabilire quanto abbiamo affermato cominciamo a considerare lapiù semplice funzione che presenta un ’salto’ che, nell’attuale contestoè data da:

φ(x) =

(x− π)/2 , sexin[0, π)

−(x + π)/2 , sex ∈ [−π, 0)

Si potrebbero ovviamente considerare funzioni più semplici dal puntodi vista formale (ad esempio la solita funzione a gradino) ma nel nos-tro caso una simile scelta comporterebbe la perdita di notevoli sempli-ficazioni di calcolo.

Consideriamo dunque la serie di Fourier di φ e le sue ridotte Φn.Avremo

Φ(x) =+∞

∑k=1

sin kxk

, Φn(x) =n

∑k=1

sin kxk

e quindi

x2+ Φn(x) =

x2+

n

∑k=1

sin kxk

=

=∫ x

0

(12+

n

∑k=1

cos kt)dt =

∫ x

0Dn(t)dt =

(si veda il lemma 23.11)

=∫ x

0

sin((n + 1/2)t)2 sin t/2

dt =

=∫ x

0

sin nt2 tan t/2

dt +12

∫ x

0cos nt dt =

=∫ x

0

sin ntt

dt +∫ x

0sin nt

(1

2 tan t/2− 1

t

)dt +

∫ x

0cos ntdt.

Ora non appena si osservi che

12 tan t/2

− 1t=

t− 2 tan t/22t tan t/2

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59

è limitata in un intorno di 0, si ha che, comunque si scelga una succes-sione xn → 0 , xn ≥ 0

lim( xn

2+ Φn(xn)

)= lim

∫ xn

0

sin ntt

dt

essendo gli altri due integrali infinitesimi.Ora ∫ xn

0

sin ntt

dt =∫ nxn

0

sin tt

dt

eG = lim Φn(xn) = lim

∫ nxn

0

sin tt

dt.

Se nxn → α , α ∈ [0,+∞] , si ha

G =∫ α

0

sin tt

dt;

pertanto

G ∈ ∫ α

0

sin tt

dt : α ∈ R+ = [0,∫ π

0

sin tt

dt]

ed il valore massimo GM, il più sfavorevole nel nostro caso, che Gpossa assumere è

GM =∫ π

0

sin tt

dt >π

2.

Pertanto se

S =φ(0+)− φ(0−)

2=

π

2si ha

GMS

=2π

∫ π

0

sin tt

Più in generale se f ∈ F 2 e se x0 ∈ [−π, π) è un punto di salto perf , posto

σ = f (x0+)− f (x0−)

si ha

f (x) =(

f (x)− σ

πφ(x− x0)

)+

σ

πφ(x− x0) =

= f1(x) + f2(x)

Ora se Fn, F1n , F2

n , sono le ridotte della serie di Fourier di f , f1, f2,rispettivamente si ha

Fn(x) = F1n(x) + F2

n(x)

e, se xn → x0 , xn ≥ x0 , usando il teorema 23.12 si ottiene

G = lim Fn(xn)−σ

2= lim F1

n(xn)−σ

2+ lim F2

n(xn) =

= lim F2n(xn) = lim

σ

πΦn(xn − x0)

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60

e se n(xn − x0)→ π, si ha

GM = lim Fn(xn)−σ

2=

σ

π

∫ π

0

sin tt

dt

onde

GMσ/2

=2π

∫ π

0

sin tt

dt = 1.17897974447216727023.. > 1.

Appendice 8 : Penalizzazione e moltiplicatori di Lagrange.Diamo in questa appendice una semplice dimostrazione del teo-

rema dei moltiplicatori di Lagrange (si vedano i teoremi 25.51, 25.52)che è fondata su un metodo che è solitamente indicato come ’metododi penalizzazione’ e che consente di ridurre un problema di minimovincolato ad un problema di minimo libero.

Teorema 1.34 Siano f , gi : A −→ R, A ⊂ Rn , f , gi ∈ C1(A) , i =

1, .., p, p + 1, .., q. Sia x0 ∈ A e sia δ > 0 , definiamo

Ω(x0, δ) = x ∈ A : gi(x) ≤ 0 , i = 1, .., p ∩ . . .

· · · ∩ x ∈ A : gi(x) = 0 , i = p + 1, .., q ∩ clS(x0, δ)

Supponiamo inoltre che gli indici i siano ordinati in modo chegi(x0) = 0 i = s + 1, .., p

gi(x0) < 0 i ≤ s

e definiamo φ = (gs+1, .., gp, gp+1, .., gq).Supponiamo che x0 ∈ intA sia un punto di minimo relativo per f sotto i

vincoli gi, supponiamo cioè che esista δ > 0 tale che

x0 ∈ Ω(x0, δ) , f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ Ω(x0, d).

Allora esistono µ, λi ∈ R , non tutti nulli tali cheµ∇ f (x0) + ∑

qi=1 λi∇gi(x0) = 0

µ ≥ 0

λi = 0 i ≤ s

λi ≥ 0 i = s + 1, .., p.

Se di più ∇φ(x0) ha caratteristica massima, si ha µ 6= 0 e si può supporreµ = 1.

Dimostrazione. Definiamo

g+i (x) = maxgi(x), 0),

Φ(x) =p

∑i=1

(g+i (x))2 +q

∑i=p+1

(gi(x))2

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61

eFn(x) = f (x) + ‖x− x0‖2 + nΦ(x).

Sia δ > 0 tale che

x0 ∈ Ω(x0, δ) , f (x0) ≤ f (x) ∀x ∈ Ω(x0, δ).

Fn ammette minimo assoluto su cl S(x0, δ); supporremo tale minimoassunto nel punto xn ∈ cl S(x0, δ).

E’ intanto ovvio che, a meno di considerare una estratta, xn → x;proviamo di più che x = x0.

Postom = min f (x) : x ∈ cl S(x0, δ)

si ha

m + nΦ(xn) ≤ f (xn) + nΦ(xn) ≤ Fn(xn) ≤ Fn(x0) = f (x0)

e

0 ≤ Φ(xn) ≤f (x0)−m

n.

Pertanto0 = lim Φ(xn) = Φ(x) e x∈Ω(x0, δ).

Perciò si ha

f (xn) + ‖xn − x0‖2 ≤ Fn(xn) ≤ Fn(x0) = f (x0)

ef (x) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x0).

Ricordando che x ∈ Ω(x0, δ) si ha

f (x0) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x) + ‖x− x0‖2 ≤ f (x0)

e‖x− x0‖2 ≤ 0

da cuix = x0.

Usando il teorema 25.34 e tenendo conto che, se n è sufficientementegrande, xn ∈ S(x0, δ) si ha che

∇ f (xn)+ 2(xn− x0)+p

∑i=1

2ng+i (xn)∇gi(xn)+q

∑i=p+1

2ngi(xn)∇gi(xn) = 0.

Pertanto, posto

Ln = (1, 2ng+1 (xn), .., 2ng+p (xn), 2ngp+1(xn), .., 2ngq(xn))

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62

eMn = Ln/‖Ln‖,

si ha‖Mn‖ = 1.

Indichiamo

Mn = (µn, λ1,n, .., λs,n, λs+1,n, .., λp,n, λp+1,n, .., λq,n)

essendo µn e λi,n non tutti nulli; inoltre, dal momento che xn → x0 egi(x0) < 0 per i ≤ s, si ha

λi,n = 2ng+i (xn) = 0

per n sufficientemente grande e i ≤ s.Si può allora affermare che

µn(∇ f (xn) + 2(xn − x0)) +q

∑i=1

λi,n∇gi(xn) = 0

conµn, λi,n ≥ 0 per i = s + 1, .., p , λi,n = 0 per i ≤ s.

Poiché ‖Mn‖ = 1 si può supporre, a meno di una estratta,

µn → µ , λi,n → λi , ‖(µ, λ1, .., λq)‖ = 1

onde µ e λi non sono tutti nulli, e λi = 0 per i ≤ s .Passando al limite si ottiene

µ∇ f (x0) +q

∑i=1

λi∇gi(x0) = 0.

Infine, poiché λi = 0 per i ≤ s, se fosse µ = 0 si avrebbe che ilsistema

q

∑i=s+1

λi∇gi(x0) = 0

ammette la soluzione non banale (λs+1, .., λq) e perciò la caratteristicadi ∇φ(x0) = (∇gs+1(x0), ..,∇gq(x0)) non potrebbe essere massima. 2

1.19 Curvatura di una linea e di una superficie

1.19.1 Curvatura e torsione di una linea

Sia γ : [a, b]→ R3 una linea nello spazio (γ = γ(u))

Definiamo il vettore tangente alla linea γ nel punto γ(u) medi-ante la

t(u) =γ

‖γ‖ (u)

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63

Chiaramente t è un vettore unitario e da 12‖t(u)‖2 = 1

2 possiamodedurre, derivando, che

〈t(u), t(u)〉 = 0 =⇒ t⊥t

Quindi i vettori t e t sono ortogonali e possiamo dire che

Definiamo il vettore normale alla linea γ nel punto γ(u) medi-ante la

n(u) =t

‖t‖ (u)

ed infine

Definiamo il vettore binormale alla linea γ nel punto γ(u) me-diante la

b(u) = (t× n)(u)

Chiaramente i vettori (t, n, b) sono ortogonali ed unitari; costituis-cono pertanto un sistema di riferimento in R3.

Nel caso in cui la linea γ = γ(s) sia parametrizzata mediante lalunghezza d’arco, è ben noto che

‖γ(u)‖ = 1

, per cui

Se s rappresenta la lunghezza d’arco,

t(s) = γ(s)

n(s) =t(s)‖t(s)‖ =

γ(s)‖γ(s)‖

b(s) = t(s)× n(s)

Si ha inoltre

γ(u) =d

duγ(u) =

ddu

(‖γ(u)‖t(u)) = d‖γ(u)‖du

t(u) + ‖γ(u)‖t(u) =

=d‖γ(u)‖

dut(u) + ‖γ(u)‖‖t(u)‖n(u) = aTt(u) + aNn(u)

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64

per cui aT ed aN sono rispettivamente le componenti tangenziale enormale del vettore γ.

Possiamo inoltre scrivere che

‖t(u)‖ =∥∥∥∥ dt

du

∥∥∥∥ ==

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ∥∥∥∥ dsdu

∥∥∥∥ =

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖Definiamo

κ =

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥curvatura della linea γ; avremo

‖t(u)‖ = κ ‖γ(u)‖

Quindi

aTt(u) + aNn(u) = γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u) + ‖γ(u)‖‖t(u)‖n(u) =

=d

du‖γ(u)‖t(u) + ‖γ(u)‖

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖ n(u) ==

ddu‖γ(u)‖t(u) +

∥∥∥∥ dtds

∥∥∥∥ ‖γ(u)‖2 n(u)

ed avremo

aTt(u) + aNn(u) = γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u) + κ ‖γ(u)‖2 n(u)

Dal momento che t = γ‖γ‖

t(u)× γ(u) =d‖γ(u)‖

dut(u)× t(u) + κ ‖γ(u)‖2 n(u)× t(u)

eγ(u)× γ(u)‖γ(u)‖ = κ ‖γ(u)‖2 ‖b(u)‖ = κ ‖γ(u)‖2

e ne deduciamo

κ =γ(u)× γ(u)‖γ(u)‖3

Nel caso in cui γ = γ(s) sia parametrizzata mediante la lunghezzad’arco s si ha

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65

t(s) = γ(s) , ‖t(s)‖ = ‖γ(s)‖ = 1 , n(s) =t(s)‖t(s)| =

γ(s)‖γ(s)|

Pertanto

(s) = ‖γ(s)‖n(s)

e quindi

Nel caso in cui γ sia parametrizzata mediante la lunghezzad’arco

κ = ‖γ(s)‖

Poichè

b = t× n e n =t

‖t‖avremo

b = t× n+ t× n = tt

‖t‖ + t× n = t× n

avremo che b⊥t e, dal momento che t⊥n, si ha b ‖ n e b = τn.Inoltre

n = b× t

n = b× t+ b× t = τn× t+ κb× n = −τb− κt

1.20 Prima Forma Quadratica di una Superficie

SiaS = S(u, v) = (x(u, v), y(u, v), z(u, v)) = (x, y, z)

una superficie sia

∇S = ∇S(u, v) =

(Su(u, v)Sv(u, v)

)=

((xu(u, v), yu(u, v), zu(u, v)) = (xu, yu, zu)

(xv(u, v), yv(u, v), zv(u, v)) = (xv, yv, zv)

)

e possiamo calcolare il vettore normale alla superficie mediante la

Su(u, v)×Sv(u, v) = (A, B, C) , N(u, v) =Su(u, v)× Sv(u, v)‖Su(u, v)× Sv(u, v)‖

Il piano tangente sarà definito dall’equazione

〈N, (x− x0, y− y0, z− z0)〉 = 0 cioè A(x− x0)+ B(y− y0)+C(z− z0) = 0

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Se u = u(ξ)

v = v(ξ)

allora Γ(ξ)S(u(ξ), v(ξ)) definisce una curva sulla superficie S la cuilunghezza d’arco si può calcolare come

‖Γ(ξ)‖2 =

(d

dξx(u(ξ), v(ξ)))

)2+

(d

dξy(u(ξ), v(ξ)))

)2+

(d

dξz(u(ξ), v(ξ)))

)2=

= (xuu + xvv)2 + (yuu + yvv)2 + (zuu + zvv)2 =

= (x2u + y2

u + z2u)u

2 + 2(xuxv + yuyv + zuzv)uv + (x2v + y2

v + z2v)v

2 =

= 〈Suu + Svv, Suu + Svv〉 = ‖Su‖2u2 + 2〈Su, Sv〉uv + ‖Sv‖2v2

Definiamo

E = ‖Su‖2 , F = 〈Su, Sv〉 , G = ‖Sv‖2

avremo allora‖Γ(ξ)‖2 = Eu2 + 2Fuv + Gsv2

Quindi ‖Γ(ξ)‖2 può essere identificata mediante la forma quadrat-ica

(h, k) 7→ Eh2 + Fhk + Gk2

che si chiama Prima Forma Quadratica Fondamentale della superfi-cie S

Possiamo osservare che

Eu2 + 2Fuv + Gsv2 = E[(

h2 + 2FE

hk +F2

E2 k2)− F2

E2 k2 +GE

k2]=

E

[(h +

FE

k)2

+EG− F2

E2

]=

E(

h +FE

k)2

+EG− F2

E

Osserviamo anche che se

Su × Sv = (A, B, C) , ‖N‖ = A2 + B2 + C2

Si haA2 + B2 + C2 = EG− F2

Infatti ciò equivale a

‖Su × Sv‖2 = ‖Su‖2‖Sv‖2 − 〈Su, Sv〉2

cioè a

‖Su‖2‖Sv‖2 sin2 θ = ‖Su‖2‖Sv‖2 − ‖Su‖2‖Sv‖2 cos2 θ

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67

ed infine asin2 θ = 1− cos2 θ

Sia ora Γ(s)S(u(s), v(s)) definisce una curva sulla superficie S parametriz-zata mediante la sua lunghezza d’arco s

Avremo

‖Γ(s)‖2 = Eu2(s) + 2Fu(s)v(s) + Gsv2(s) = 1

• t = Γ è il vettore tangente a Γ; si ha t = Suu + Svv e ‖t‖ = 1.

• n = t‖t‖ è il vettore normale a Γ; si ha che Γ = κn essendo κ la

curvatura di Γ

• b = t× n è il vettore binormale a Γ

• N = Su×Sv‖Su×Sv‖ è il versore normale a S

• ng = t×N è il versore normale geodesico.

Si calcola che

κn = Γ =dds

(Suu + Svv) =

= Suuu2 + 2Suvuv + Svvv2 + Suu + Svv

Inoltre, dal momento che Γ è parametrizzata mediante la lunghezzad’arco, si ha

12‖Γ‖ = 1

2quindi 〈Γ, Γ〉 = 〈Γ, t〉 = 0 e Γ è ortogonale a t e, nel sistema di riferi-mento (t,N, ng), possiamo esprimere Γ come combinazione lineare diN e ng.

Avremo cioè cheκn = Γ = κNN+ κgng

• κN si chiama curvatura normale di Γ

• κg si chiama curvatura geodesica di Γ

Dal momento che(t,N, ng)

è un sistema ortonormale possiamo calcolare, ricordando che N⊥Su eN⊥Sv,

κN = 〈Γ,N〉 == 〈Suu,N〉u2 + 2〈Suv,N〉uv + 〈Svv,N〉v2 + 〈Su,N〉u + 〈Sv,N〉v =

= Lu2 + 2Muv + Nv2

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68

La forma quadratica

(h, k) 7→ Lh2 + 2Mhk + Nk2

si chiama Seconda Forma Quadratica FondamentaleI coefficienti

L = 〈Suu,N〉M = 〈Suv,N〉N = 〈Svv,N〉

sono elementi caratteristici della superficie S.Quindi linee su S aventi lo stesso (u, v) hanno la stessa curvatura

normale.La curvatura geodesica si può calcolare come segue: Si ha

κn = Γ = κNN+ κgng

Per definizione ng è ortogonale ad N quindi ng è contenuto nel pianotangente e si ha, per opportuni α, β

κgng = αSu + βSv

α, β possono essere determinati utilizzando le seguenti uguaglianze.

κg〈ng, Su〉 = α‖Su‖2 + β〈Sv, su〉 = αE + βF

κg〈ng, Sv〉 = α〈Su, sv〉+ β‖Sv‖2 = αF + βG

Inoltre, poichè N⊥Su e N⊥Sv, otteniamo

κg〈ng, Su〉 = κ〈n, Su〉 = 〈Γ, Su〉 == ‖Su‖2u+ 〈Sv, Su〉v+ 〈Suu, Su〉u2 + 2〈Suv, Su〉uv+ 〈Svv, Su〉v2 = Eu+ Fv+Y

κg〈ng, Sv〉 = κ〈n, Sv〉 = 〈Γ, Sv〉 == 〈Su, Sv〉u+ ‖Sv‖2v++〈Suu, Sv〉u2 + 2〈Suv, Sv〉uv+ 〈Svv, Sv〉v2 = Fu+Gv+Z

Ne segue che(E FF G

)(α

β

)=

(E FF G

)(uv

)+

(YZ

)Poichè

det

(E FF G

)=√

EG− F2 =√

A2 + B2 + C2 6= 0

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la matrice è invertibile e si ha(E FF G

)−1

=1√

EG− F2

(G −F−F E

)

e si ricava (α

β

)=

(uv

)+

1√EG− F2

(G −F−F E

)(YZ

)Possiamo infine studiare come varia la curvatura normale κN, de-

terminandone in particolare massimo e minimo valore.Ricordiamo che, per una curva Γ(s) = S(u(s), v(s)) su una super-

ficie S, parametrizzata mediante la lunghezza d’arco,la curvatura nor-male è data da

κN = Lu2 + 2Muv + Nv2

dove L, M, N sono i coefficienti che definiscono la Seconda FormaFondamentale di S.

Il vettore tangente t alla curva Γ(s) si determina mediante la

t = Suu + Svv

I vettori Su, Sv costituiscono una base per il piano tangente ad S;tuttavia essi non sono sempre ortonormali.

Possiamo ricavare da essi un sistema ortonormale mediante il pro-cedimento di ortonormalizzazione di Hilbert-Schmidt; possiamo cioèdefinire

t1 =Su

‖Su‖=

Su√E

e t2 =Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖

Qualche calcolo ci permette di semplificare un po’ l’espressione di t2

t2 =Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖Sv −

⟨Sv, Su√

E

⟩‖=

=1E

ESv − FSu√‖Sv‖2 − 2 〈Sv ,Su〉2

E + 〈Sv, Su〉2 ‖Su‖2

E2 |=

=1E

ESv − FSu√G− F2

E

=ESv − FSu√E2G− EF2

=ESv − FSu√E(EG− F2)

Quindi una base ortonormale per piano tangente ad S è data da

t1 =Su√

Ee t2 =

ESv − FSu√E(EG− F2)

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e possiamo esprimere il vettore tangente unitario t nella forma

t = cos θt1 + sin θt2 = cos θSu√

E+ sin θ

ESv − FSu√EW

per qualche valore di θ, essendo W =√

EG− F2

Si ottiene infine che

t = SuW cos θ − F sin θ√

EW+ Sv

√E sin θ

W= Suu + Svv

Di qui possiamo ricavare u, v e sostituire nell’espressione di κN; siha

κN = L(

W cos θ − F sin θ√EW

)2+ 2M

(W cos θ − F sin θ)√

E sin θ√EW2

+

+ FE sin2 θ

W2 =

=1

EW2 (LW2 cos2 θ + LF2 sin2 θ − 2LFW sin θ cos θ =

2MEW sin θ cos θ − 2MEF sin2 θ + NE2 sin2 θ) =

=1

EW2 ((MEW − LFW) sin 2θ + LW2 cos2 θ+

+ (LF2 − 2MEF + NE2) sin2 θ) =

=1

EW2 ((MEW − LFW) sin 2θ + LW2 1 + cos 2θ

2+

+ (LF2 − 2MEF + NE2)1− cos 2θ

2) =

=1

EW2 ((MEW − LFW) sin 2θ +LW2 − LF2 + 2MEF− NE2

2cos 2θ+

+LW2 + LF2 − 2MEF + NE2

2=

= δ + µ sin 2θ + η cos 2θ

dove

δ =L(W2 + F2)− 2MEF + NE2

2EW2

µ =(ME− FL)W

EW2

η =L(W2 − F2) + 2MEF− NE2

2EW2

Avremo quindi che

κN = δ + µ sin 2θ + η cos 2θ

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e se θ0 è scelto in modo che

sin 2θ0 =η√

µ2 + η2

cos 2θ0 =µ√

µ2 + η2

possiamo scrivere che

κN = δ+√

µ2 + η2(cos 2θ0 cos 2θ + sin 2θ0 sin 2θ) = δ+√

µ2 + η2 sin 2(θ + θ0)

Otteniamo quindi che

κ1 = max κN = δ +√

µ2 + η2

κ2 = max κN = δ−√

µ2 + η2

κ1 e κ2 sono le curvature principali (Massima e Minima);H = κ1+κ2

2 è la curvatura mediaK = κ1κ2 è la curvatura Gaussiana.Si calcola che

K =LN −M2

EG− F2 , H =GL− 2FM + EN

2(EG− F2)