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A cura dell’Osservatorio nazionale sui modelli organizzativi e gestionali delle reti di assistenza ai malati rari

1° Rapportosulle reti di assistenza ai malati rari

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A cura dell’Osservatorio Nazionale sui modelli organizzativi e gestionali delle reti di assistenza ai malati rari

1° RAPPORTO SULLE RETIDI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Roma, 9 luglio 2013

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1° Rapporto sulle reti di assistenza ai malati rari

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Progetto graficoMaria Dominga Cozzi

StampaLalitotipo Srl - Settimo Milanese (MI)

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“Questo lavoro è dedicato a un bambino, Edoardo, che, senza saperlo e volerlo, con la sua esistenza ha contribuito

ad un tentativo di migliorare la nostra Sanità, di cui vogliamo continuare ad essere orgogliosi”.

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prima parte

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PREFAZIONE

Reti e modelli per cittadini e Aziende sanitariedi Angelo Lino Del Favero (Presidente Federsanità ANCI)

Il primo rapporto dell’Osservatorio nazionale sui modelli organizzativi e gestionali delle reti di assistenza ai malati rari mette in evidenza uno dei temi cruciali della nostra sanità: l’intera-zione e l’integrazione tra diverse istituzioni e diverse strutture.

Si tratta di un problema il cui impatto determina disfunzioni per la sanità e che per i citta-dini malati rari rischia di assumere tratti drammatici e per l’Azienda sanitaria diseconomie di proporzioni ancora non misurabili.

Parlare di “reti” e constatare una scarsa correlazione tra i diversi “nodi” che le costituiscono significa prendere atto che il sistema avviato – e quello che con il Piano nazionale malattie rare si intende avviare – manca di fondamenta determinanti: se non scorre energia, informazioni, risorse, idee tra un nodo/centro e l’altro è praticamente impossibile fornire un servizio ai cit-tadini e tanto più a quelli che per le loro patologie sono costretti ad un numero maggiore di consultazioni e prestazioni.

La presenza di tanti punti, più o meno informatizzati ma non collegati e interattivi, non rende il servizio migliore. È necessario lavorare perché tutti i servizi con i quali i malati rari entrano in relazione siano in contatto costante tra di loro, non possono esistere piccole oasi di sapere non condiviso. È solo facendo interagire i nodi che le reti possono garantire informazio-ni corrette e percorsi di cura con ostacoli organizzativi minori.

Questo primo Rapporto ha disvelato alcuni aspetti legati alle malattie rare che molti dei colleghi che dirigono Aziende sanitarie avevano percepito. Sono state messe in fila una serie di problematiche che mettono maggiormente a rischio il diritto alla salute per questi pazienti ma, soprattutto, è emerso con prepotenza il fatto che la rarità non può essere la ragione per non ave-re un modello organizzativo o gestionale. Al contrario, esistono esempi come le attività del 118 o quelle del settore della Protezione civile dove al massimo caos e incertezza deve corrispondere il massimo dell’organizzazione.

È interessante poi notare come mai come in questo caso, il diritto dei cittadini a non es-sere sballottati da un servizio e da un medico all’altro portandosi dietro un pacco sempre più ingombrante di referti, coincide con l’interesse dell’Azienda sanitaria nel rendere più moderni e accessibili i servizi offerti. Gli investimenti sull’informatizzazione, che faciliteranno la vita ai pazienti e ai loro familiari, saranno certamente investimenti che daranno anche più informa-zioni sulla gestione e i costi dei servizi e faranno risparmiare all’Azienda risorse che potranno essere re-investite proprio per il potenziamento delle reti di assistenza.

L’esperienza della ASL di Brescia è importante perché, tra le altre cose, mostra un sistema dove – pur mantenendo ognuno le proprie competenze – si è cercato di fornire un set minimo e specifico di informazioni ad ognuno. In questo modo dal Centro regionale di riferimento, al medico di famiglia fino al caregiver le informazioni diventano la base per consentire di ridurre

1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

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i tempi per la diagnosi, migliorare l’accesso alle strutture, assistere le famiglie nel carico di ansia e di incertezza, ecc. In qualche modo la formazione per tutti i soggetti coinvolti diventa il car-burante che rende il percorso assistenziale messo a punto una macchina attiva.

Infine, come è d’uso in tutte le ricerche che riguardano il nostro Servizio sanitario naziona-le, si arriva al capitolo Nord/Sud.

I malati rari e i loro familiari sono forse tra i più provati dalla variabilità di servizi che caratterizza il Paese, sono tra i più “abituati” a spostarsi da una regione all’altra per avere una diagnosi, una cura, a volte un farmaco. È per questo che senza entrare nel vivo della questione federalismo sì/no, sarebbe utile ragionare tenendo conto dei percorsi che certi malati fanno sul territorio italiano e dei motivi che li spingono a farli e l’Osservatorio potrebbe essere lo stru-mento per ragionare su come raccogliere indicazioni e buone pratiche e trasformarle in processi standard applicabili ovunque.

La convinzione che c’è dietro questo lavoro è non solo quella di trovare soluzioni per una quantità ridotta di cittadini con grandi problemi ma soprattutto quella che quando avremo risolto i problemi di questi “rari” cittadini avremo sicuramente migliorato l’intero Servizio Sanitario Nazionale.

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“Ogni paziente ha il diritto al miglior trattamento possibile, e, a maggior ragione, coloro che sono affetti da malattie rare”di Giovanni Recordati (Presidente e Amministratore Delegato Gruppo Recordati)

I malati rari rappresentano per il Servizio Sanitario Nazionale una importante realtà, che altresì introduce numerosi e specifici aspetti che vanno considerati nell’approntare sistemi di governance della salute pubblica.

Recentemente l’Unione Europea ha indicato a tutti gli Stati Membri di individuare leggi nazionali che permettano di mettere chiarezza nel percorso che i malati rari devono effettuare per un adeguato trattamento.

La diagnosi, le terapie, il sostegno psicologico a malati, famigliari e caregivers e la continua necessità di un aggiornamento tecnico/scientifico agli operatori sanitari ed ai pazienti costitu-iscono i capisaldi di una buona gestione di questo gruppo di popolazione, che raggiunge in Italia quasi 1,2 milione di persone.

La regionalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale rende ancor più complesso tale per-corso, che peraltro coinvolge già tutti i livelli dell’organizzazione sanitaria italiana, partendo dai centri di eccellenza per il trattamento delle malattie rare, comprendendo gli operatori sa-nitari che hanno in carico i pazienti sul territorio (Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera scelta), i pazienti stessi ed evidentemente tutti i decisori che governano centralmente e localmente la sanità e sono chiamati a fornire indirizzi per il buon funzionamento del sistema sanitario Italia, riconosciuto come uno tra i migliori al mondo.

Per tutte le motivazioni elencate, il gruppo Recordati, che attraverso le sue controllate Orphan Europe e Recordati Rare Diseases si occupa di ricerca, sviluppo e commercializzazione di specialità medicinali per il trattamento delle malattie rare, ha ritenuto importante e necessa-rio supportare la presente ricerca per dare un contributo fattivo nell’individuazione dei bisogni che attualmente sono più sentiti da coloro che devono gestire globalmente le risorse in Sanità.

Finora non era stato realizzato un vero e proprio monitoraggio nazionale delle esperienze manageriali nell’organizzazione dell’assistenza ai malati rari dal punto di vista dei direttori ge-nerali ASL/AO, la cui prospettiva può fornire utili indicazioni di politica e di programmazione sanitaria a beneficio dei pazienti, anche in chiave di riflessione sui punti di forza e di debolezza delle esperienze stesse. Il coinvolgimento dei Direttori Generali delle AO e ASL è stato quindi cruciale per fotografare dal punto di vista organizzativo la situazione ad oggi e per produrre un documento utile a tutta la catena decisionale.

La fattiva collaborazione che si è creata con Federsanità Anci e con CREA Sanità Diparti-mento di Economia dell’Università Tor Vergata di Roma ha permesso la realizzazione del 1° Rapporto dell’ “Osservatorio sulle Reti di Assistenza ai Malati Rari”.

L’obiettivo del Gruppo Recordati è di sostenere iniziative che permettano di migliorare tutto il percorso diagnostico e terapeutico al fine di una più appropriata cura e assistenza al malato raro, ai suoi famigliari e caregivers, motivi questi che si sposano perfettamente con la missione della società secondo cui “ogni paziente ha il diritto al miglior trattamento possibile, e, a maggior ragione, coloro che sono affetti da malattie rare”.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Il risultato di tale sforzo sarà messo a disposizione delle Autorità, dei manager sanitari e di tutti coloro che sono in qualche modo inseriti nel processo decisionale per la stesura di percorsi di diagnosi e cura del malato raro.

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Executive summaryI recenti interventi introdotti a livello europeo in tema di malattie rare hanno generato un

impulso significativo allo sviluppo di azioni negli Stati membri, pur se di differente entità nei diversi Paesi.

Nonostante alcuni Paesi avessero già introdotto dei provvedimenti sul tema delle malattie rare anche precedentemente alla Raccomandazione europea del 2009 (CE 2009/151), la Fran-cia risulta ad oggi essere il Paese che ha implementato il maggior numero di azioni: nel 2010 ha già adottato il suo secondo Piano Nazionale per le Malattie Rare (2011 2014).

Ricordiamo che la Raccomandazione invita all’adozione dei Piani entro il 2013; in effetti tutti i Piani e/o le strategie introdotti nei diversi Paesi presentano una struttura fondata su quella indicata nella Raccomandazione, ivi compresa la bozza del nostro Piano Nazionale per le Malattie Rare 2013 2016.

La Raccomandazione europea, e quindi la bozza del Piano Malattie Rare italiano, rappre-sentano evidentemente documenti di indirizzo, anche se ambiscono ad avere un impatto im-portante sull’assistenza ai pazienti affetti da malattia rara, aumentandone la qualità.

Ai fini della implementazione delle politiche, alcuni temi sembrano tuttavia non compiu-tamente esplicitati.

Le criticità sembrano poter riguardare in particolare tre fattori: il finanziamento, l’infra-struttura informatica e la relativa implementazione di codifiche specifiche.

Sulla questione del finanziamento vengono previste specifiche azioni, ma limitatamente alle attività di ricerca, tralasciando la valutazione delle risorse necessarie alla realizzazione dei percorsi di presa in carico dei pazienti con MR: in tal modo si delinea uno scenario in cui i percorsi dovrebbero essere implementati senza l’impiego di risorse economiche aggiuntive ad hoc, e non sempre questo può essere uno scenario credibile.

Da un punto di vista organizzativo viene promosso un modello di sistema a rete, potenzial-mente efficace nel realizzare la presa in carico multidisciplinare complessiva dei pazienti con malattia rara (MR); il presupposto per la cooperazione tra i nodi della rete è però l’implemen-tazione di un’adeguata infrastruttura informativa, in primis a livello dei singoli nodi (locale): le relazioni non gerarchiche caratterizzanti le reti richiedono informazioni e regole, più che percorsi standardizzati; appare invero fondamentale che vengano definiti dei percorsi diagno-stico terapeutici assistenziali (PDTA), ma non si può non tener conto che si tratta di malattie rare e che quindi non poche difficoltà potrebbero riscontrarsi nella standardizzazione di questi percorsi.

Dalle esperienze raccolte, risulta evidente come l’elemento chiave in questa organizzazione è rappresentato dal case manager, deputato alla gestione del singolo caso con tutte le sue spe-cificità.

Va ancora osservato che il paziente con malattie rara si muove comunque all’interno di una organizzazione sanitaria, con sue specificità, ma non “separatamente”; per una corretta presa in carico del soggetto, egli deve poter essere quindi identificato, allertando tutta la struttura sui bisogni specifici.

L’implementazione di codifiche specifiche nei sistemi informatici consentirebbero, inoltre,

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di avere una visione globale del fenomeno, ai fini della gestione delle Aziende sanitarie. Trat-tandosi, in definitiva, di elementi che hanno un impatto rilevante sulle Aziende Sanitarie, si è ritenuto opportuno rilevare proprio presso le strutture quale sia l’effettivo stato dell’arte sui punti citati.

Si noti, in premessa, che le Aziende sanitarie non sono neppure citate nella lista degli sta-keholder considerati dai piani di intervento e cooperazione; questo è probabilmente spiegabile in termini di diverso assetto istituzionale dei servizi sanitari nazionali a livello europeo, i quali attribuiscono ruoli istituzionali differenziati agli erogatori; si osservi, ancora, che a tutt’oggi sono una minoranza i sistemi di tipo beveridgiano, nei quali le Aziende Sanitarie assumono un ruolo maggiormente istituzionale, prevalendo piuttosto gli schemi mutualistici, nei quali rivestono un ruolo quasi esclusivamente di erogazione.

In sistemi sanitari basati sul diritto di cittadinanza, che prevedono una presa in carico dei bisogni sanitari di tipo universale e globale con una rete di offerta pubblica, come nel caso italiano, le Aziende sono chiamate ad affrontare direttamente la questione, essendo il luogo dell’effettiva esigibilità dei diritti.

Le Aziende devono quindi adattare la propria organizzazione, provvedendo a interventi tesi ad identificare prima, e a incentivare poi, i cambiamenti organizzativi ritenuti funzionali ad una migliore soluzione dei problemi dei pazienti portatori di malattie rare.

A tal fine si è ritenuto opportuno, e necessario, raccogliere la “voce” del top management delle Aziende Sanitarie pubbliche, disegnando allo stesso tempo una mappa dell’attuale stato di implementazione delle raccomandazioni, nonché dei punti critici in termini di cambiamento.

Questo intento è stato perseguito con la realizzazione di una survey tesa a rilevare gli aspetti clinici, organizzativi ed economici relativi alla gestione dei pazienti con malattie rare: in par-ticolare, in coerenza con quanto anticipato, si è focalizzata l’attenzione su eventuali punti di forza e debolezza delle risposte aziendali in tema gestionale, nell’implementazione delle azioni previste dal Piano Nazionale delle Malattie Rare e nelle attività inerenti le reti regionali.

L’analisi ha raccolto in particolare indicazioni e contributi utili per la definizione di percorsi clinico organizzativi inerenti la presa in carico del paziente e per la realizzazione di quanto in-dicato nella bozza del Piano Nazionale delle Malattie Rare 2013 2016.

Il questionario messo a punto è stato preventivamente validato da un Focus Group1 di Di-rettori Generali e Sanitari di Aziende Ospedaliere, Territoriali e Aziende territoriali con o senza presidi ospedalieri, del Nord, Centro e Sud del Paese.

Il questionario messo a punto è stato, quindi, inviato a 40 Aziende Sanitarie (territoriali, ospedaliere e territoriali con o senza presidi ospedalieri), scelte per la loro rappresentatività dimensionale e geografica.

Come anticipato, la rilevazione si è soffermata su tre aspetti: clinici, organizzativi ed eco-nomici.

In merito agli aspetti diagnostici è emerso che, mentre per il paziente in cui la malattia rara viene diagnosticata con degli screening neonatali (58,3% dei centri rispondenti) in più della metà dei centri il percorso diagnostico terapeutico è ben definito, per il resto dei pazienti il percorso è decisamente variabile e, in circa l’80% dei casi viene avviato dallo specialista ospe-

1A USL 8 di Arezzo, ASL Avellino, ASL Bari, ASUR Marche, ARES 118 Lazio, ASL Brescia, Ospedali Galliera di Genova.

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daliero. In quasi l’80% delle Regioni campionate sono definiti dei percorsi clinico assistenziali per pazienti affetti da malattia rara e si tratta soprattutto di percorsi specifici per patologia: soprattutto SLA, emofilia e patologie ad alto costo di gestione.

Meno della metà delle Aziende Sanitarie censite (47,4%) ha, invece, già definito dei per-corsi a livello aziendale. Si tratta di percorsi che contengono soprattutto indicazioni di natura diagnostica, terapeutica e di monitoraggio terapeutico; solo in poche realtà (26,3%) sono an-che riportate informazioni su prevenzione e gestione delle emergenze.

In merito all’erogazione di farmaci orfani, meno di un terzo delle Aziende rispondenti è in grado di definire il tempo medio di fornitura dello stesso dalla prima prescrizione: il 60% di chi riesce a stimarlo riferisce che occorrono circa una decina di giorni. In merito alla fornitura degli ausili/presidi per il paziente con MR nelle maggior parte delle Aziende non ci sono dei percorsi preferenziali: solo il 20% li ha già implementati.

Situazione analoga emerge per quanto concerne l’ottenimento dell’esenzione per malattia rara: solo nel 35% dei Centri sono definiti dei percorsi ad hoc.

Non molto significativa risulta essere l’integrazione tra il sanitario ed il sociale: infatti, solo un terzo delle Aziende rispondenti ha dichiarato un’attiva collaborazione con i Comuni e, soprattutto, per attività di trasporto dei pazienti, supporto psicologico, assistenza domiciliare.

Sembra, invece, abbastanza rilevante il coinvolgimento delle Associazioni dei pazienti da parte delle Aziende: ma solo in un terzo dei casi avviene con regolarità.

Percorsi formativi rivolti agli operatori relativamente alla gestione del percorso del paziente affetto o con sospetto di MR sono previsti nei due terzi delle Aziende: ma solo il 21,1% di queste li svolge con regolarità, il 47,4% solo occasionalmente. Essi sono rivolti prevalentemen-te al medico specialista ospedaliero (31,6%), quindi ai MMG/PLS (26,3%) e agli infermieri (26,3%); solo in pochissime Aziende (15,5%) viene offerta anche ai caregivers. In poche realtà (27,8%) viene svolta anche un’attività formativa rivolta agli operatori da parte delle Associa-zioni di pazienti.

Le risorse economiche destinate alla formazione sono ritenute insufficienti da quasi tutte le Aziende: si tratta prevalentemente di fondi aziendali; solo in pochissimi casi (26,3%) si dispone di fondi aggiuntivi extra aziendali, soprattutto regionali (60%).

Solo in poche realtà (26,3%) esiste un percorso di contatto preferenziale tra i familiari/caregiver dei pazienti affetti da malattie rare e gli operatori delle Aziende: si tratta per lo più di un numero telefonico dedicato e/o di uno sportello ad hoc.

Le Aziende dichiarano che la carenza di contatto tra operatori aziendali e caregiver sia do-vuta principalmente alla scarsità di personale aziendale dedicato, alla limitata disponibilità di tempo e di ascolto dei caregiver, ma anche spesso all’assenza di un protocollo operativo definito.

Completamente carente risulta essere invece la possibilità di quantificazione delle risorse economiche effettivamente impegnate per la gestione del paziente con malattia rara.

Si consideri, inoltre, che il dato epidemiologico risulta essere disponibile a livello regionale, grazie alla presenza delle reti regionali e dei relativi registri, ma a livello aziendale persino que-sta informazione è ottenibile in modo sistematico solo per alcune patologie specifiche, quali la SLA, o specifiche patologie ad alto costo.

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Inoltre, tendono a sfuggire all’Azienda le informazioni sui numerosi pazienti che non sono trattati esclusivamente nelle strutture dell’Azienda di afferenza.

Come anticipato, sono carenti a livello aziendale i dati relativi alla utilizzazione delle risorse, in particolare per alcune voci rilevanti, quali l’assistenza domiciliare.

In più, anche la mobilità di questi pazienti (attiva, passiva, intra ed extra regionale), di nuo-vo – a meno che non si tratti di patologie specifiche – risulta poco nota. Nonostante non siano in grado di quantificarne il valore, più della metà (53,9%) dei Direttori Generali/Sanitari ritie-ne che il fenomeno della mobilità attiva dei pazienti affetti da malattie rare incida abbastanza sul bilancio della Azienda.

Nessuna Azienda è in grado di quantificare il costo degli screening neonatali; analogamente solo poche realtà (23,5%) sono in grado di stimare il “peso” dei pazienti con MR sul budget aziendale e, comunque, nessuno è stato in grado di quantificare il differenziale di costo del paziente con malattia rara rispetto ad un paziente con patologia non rara.

Pur riconoscendo il fondamentale ruolo delle reti regionali sulle malattie rare (Centri di Coordinamento e Presidi di riferimento) per gli aspetti diagnostico terapeutici, come anche dei relativi registri che consentono di fornire un quadro epidemiologico completo della popolazio-ne residente, il top management delle Aziende sanitarie rileva una soluzione di continuità tra il livello regionale ed aziendale, tale da non consentire di avere una visione globale del fenomeno relativo alle malattie rare.

I manager aziendali rilevano, altresì, come sia compito delle Aziende stesse, una volta defi-nita la diagnosi, prendere in carico il paziente sia dal punto di vista assistenziale, sia dal punto di vista economico, pur avvalendosi della collaborazione di tutti gli Enti coinvolti (Centri di coordinamento, Presidi di riferimento, Associazioni dei pazienti, caregiver etc.).

Ai manager aziendali è assegnata la responsabilità della gestione delle risorse aziendali e questa non può avvenire correttamente senza una visione complessiva del fenomeno: emerge, pertanto, che non si può prescindere da una ridefinizione dell’impianto organizzativo regionale aziendale relativamente alla presa in carico dei pazienti con malattie rare.

Provando a sintetizzare le informazioni raccolte, il dato più macroscopico emerso dalla survey sembra essere proprio la grande difficoltà delle Aziende nel rispondere al questionario predisposto, specificatamente per quanto concerne gli aspetti quantitativi del fenomeno “ma-lattie rare”, come anche per taluni aspetti implementativi.

Già questo basterebbe a indicare una potenziale criticità nell’attuale processo di implemen-tazione delle raccomandazioni europee.

In particolare, sembra sia lecito affermare che l’iniziativa europea volta a sensibilizzare gli Stati membri sul tema specifico, contenga elementi sufficienti per dare forza ai processi rego-lativi tesi al riconoscimento dei diritti, come anche per incentivare la ricerca nel campo delle malattie rare e dei farmaci orfani. Ciò non di meno, le indicazioni UE vanno, invece, integrate con maggiori elementi di definizione organizzativa, affinché i diritti divengano davvero esigi-bili: questo ultimo aspetto è, infatti, legato alla presa in carico che, nella larga maggioranza dei casi, in Italia rimane in capo alle singole Aziende sanitarie.

Il recepimento delle raccomandazioni europee a livello nazionale dovrebbe quindi prevede-

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re un elemento di integrazione di tipo squisitamente organizzativo/gestionale.In questa ottica, un elemento assolutamente critico è quello dei sistemi informativi: ad oggi essi si sono svilup-pati prevalentemente sul versante epidemiologico, sebbene con alcune residue problematicità da risolvere, legate ai codici ICD, al recepimento nelle liste di esenzione delle nuove patologie identificate come rare, etc. Ma l’aspetto epidemiologico va ulteriormente integrato con quello economico organizzativo, al fine di permettere una efficiente gestione dei processi.

La carente gestione delle esenzioni, come anche dell’informazione sulla reale utilizzazione dei servizi, e quindi sui costi dei pazienti, evidentemente non può permettere una adeguata pianificazione delle prese in carico.

Anche l’aspetto del finanziamento sembra non ancora affrontato esaustivamente: le Azien-de percepiscono come anche pochi casi di pazienti ad alto assorbimento di risorse possano metterne in crisi il budget aziendale: la carenza di informazioni sulla reale incidenza di questi casi, e sui costi sostenuti, non permette però un apprezzamento esatto della criticità; i flussi di finanziamento sono per lo più indistinti, e quelli finalizzati sono spesso fuori del controllo delle Aziende di afferenza del paziente (quali quelli dei Centri di coordinamento, che pure son ritenuti insufficienti).

Non si è, di conseguenza, neppure sviluppata una riflessione sull’aspetto di gestione del ri-schio finanziario legato alle patologie rare, con il risultato che ad oggi resta in carico all’Azienda.

A livello aziendale si percepisce una pericolosa soluzione di continuità fra livello regionale e aziendale, come anche una carenza di risorse che inibisce una adeguata formazione degli operatori e dei caregiver, nonché il consolidamento di un adeguato canale di comunicazione fra di essi.

Interventi necessari appaiono quindi essere:

yy l’implementazione di una unica banca dati (anagrafica, anagrafica esenzioni, prestazioni erogate) per assistito, provvista di apposita evidenza (e capacità di allerta ai servizi) per le malattie rare, a sua volta integrata con i dati epidemiologici contenuti nel registro regionale

yy in particolare, l’integrazione dell’informazione relativa alla presenza di MR nelle banche dati a disposizione del Servizio di Emergenza Urgenza 118, in modo che possano essere garantiti percorsi d’intervento specifici

yy la revisione del sistema di codifica delle malattie rare (già previsto nella bozza del Piano Nazionale malattie Rare 2013 2016) e l’aggiornamento costante dello stesso

yy l’istituzione di Centri di coordinamento anche a livello aziendale che, oltre a supportare il cittadino nel percorso dal sospetto di diagnosi di malattia rara al monitoraggio della stessa, creino anche una cultura (formazione e informazione) sul tema, mirante a colmare anche quei gap informativi esistenti tra i professionisti sanitari e i caregiver; tale procedura risulta

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essere già implementata nell’ASL di Brescia, che potrebbe quindi rappresentare una best practice per la gestione dei pazienti con malattia rara (vd. documento in Appendice)

yy la definizione e/o il monitoraggio dei percorsi per l’ottenimento dell’esenzione, volti ad una centralizzazione della procedura

yy la revisione del sistema di esenzioni, tenendo conto in particolare del diverso assorbimento di risorse economiche implicato dalle diverse patologie

yy la determinazione, dove non già presente, di un finanziamento ad hoc a livello regionale

yy la presenza istituzionale e inderogabile nell’ambito dei Comitati Etici aziendali del referente aziendale delle malattie rare, considerando che sempre più spesso viene richiesta l’erogazio-ne di farmaci, di presidi o di cure sperimentali in favore di malati rari con notevoli oneri economici a carico dell’Azienda

yy la promozione di una maggiore attività formativa rivolta a professionisti sanitari, MMG/PLS, pazienti e caregiver/familiari sui percorsi diagnostico terapeutici (come peraltro già previsto nella bozza del PNMR) e per la realizzazione di percorsi di presa in carico del paziente.

Anche se molti degli aspetti richiamati sono già presenti tra le aree di intervento previ-ste nella bozza del PNMR, quali ad esempio la formazione e informazione dei professionisti, MMG/PLS pazienti e caregiver/familiari, come anche la ricodifica delle malattie rare, etc., tuttavia diversi aspetti contenuti nel Piano destano preoccupazione a livello aziendale e, in particolare, nei loro aspetti implementativi.

Inoltre, il Piano sembra aver sottovalutato l’aspetto dello sviluppo del sistema informativo aziendale, quale strumento di monitoraggio e governance, integrato con i sistemi informativi regionali. Solo un sistema informativo integrato può consentire una governance davvero effica-ce ed efficiente della presa in carico, coniugando l’aspetto clinico, quello organizzativo e quello gestionale.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

indice

1. Introduzione 202. Il contesto 21 2.1 Gli interventi a livello europeo 22 2.2 Altri interventi a livello internazionale 26 2.3 Gli interventi in Italia 27 2.4 Riflessioni sullo stato di evoluzione delle politiche pubbliche nel campo delle malattie rare 323. Survey 34 3.1 Aspetti clinici 36 3.2 Aspetti organizzativi 39 3.3 Aspetti economici 47 3.4 Alcune valutazioni di sintesi sulla survey 504. Alcune riflessioni ex-post 525. Appendice 51 Il Centro Territoriale per le Malattie Rare dell’ASL di Brescia 566. Bibliografia 647. Credits 65

Sommario Tabelle Tabella 1 - Sinossi Accordo Stato Regioni del 10.5.2007 28 Tabella 2 - Riferimenti normativi per l’istituzione delle reti regionali MR 29Sommario Figure Figura 1 - Risposte per ripartizione di afferenza della struttura Valori % 35 Figura 2 - Risposte per tipologia di struttura Valori % 35 Figura 3 - Figura professionale che gestisce il percorso diagnostico terapeutico post-screening 36 Figura 4 - Figura professionale che gestisce il percorso di primo contatto con il Centro di coordinamento Valori % 37 Figura 5 - Nuove diagnosi di malattia rara anno 2012 Valori % 38 Figura 6 - Frequenza della formazione sulle MR per i professionisti sanitari Valori % 38 Figura 7 - Aspetti coinvolti nei percorsi clinico-assistenziali a livello regionale Valori % 39

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Figura 8 - Aspetti coinvolti nei percorsi clinico-assistenziali a livello aziendale Valori % 40 Figura 9 - Modalità di erogazione dei farmaci orfani Valori % 41 Figura 10 - Quota di pazienti che si avvalgono delle farmacie ospedaliere Valori % 41 Figura 11 - Principale fonte di criticità nella gestione dei pazienti con malattia rara Valori % 43 Figura 12 - Frequenza dei rapporti con le Associazioni dei pazienti con malattia rara Valori % 43 Figura 13 - Attività di formazione specifica per gli operatori Valori % 44 Figura 14 - Attività di formazione specifica per gli operatori svolta dalle associazioni dei pazienti Valori % 45 Figura 15 - Tipologia fondi aggiuntivi (extra aziendali) per la formazione degli operatori Valori % 46 Figura 16 - Attività fornite dall’Azienda a supporto delle famiglie dei pazienti Valori % 47 Figura 17 - Incidenza sul bilancio aziendale della mobilità dei pazienti affetti da malattia rara Valori % 49 Figura 18 - Modalità di finanziamento ritenuta ottimale Valori % 50

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

1. Introduzione

L’“Osservatorio nazionale sui modelli organizzativi e gestionali delle reti di assistenza ai malati rari” è un progetto Federsanità ANCI, CREA Sanità e Recordati, con il coordinamento tecnico di Ketchum.

L’obiettivo dell’Osservatorio è stato quello di rilevare i modelli organizzativi adottati nelle Aziende Sanitarie italiane per l’assistenza ai pazienti con malattie rare.

L’Osservatorio intende colmare una carenza informativa: infatti, ad oggi non è mai sta-to realizzato un monitoraggio delle esperienze di organizzazione dell’assistenza ai malati rari, utilizzando la prospettiva delle Aziende sanitarie; la ricerca, interrogando il top management aziendale, ha cercato di esplicitare le esperienze e le criticità vissute dalle Aziende sanitarie, al fine di fornire utili indicazioni a supporto di quanto indicato nella bozza di Piano Nazionale delle malattie rare 2013 2016.

L’Osservatorio si è, quindi, posto come obiettivo quello di analizzare e diffondere la cono-scenza sulle esperienze in essere, al fine di rilevarne punti di forza e di debolezza, che possano adiuvare la definizione di percorsi clinico organizzativi inerenti la presa in carico del paziente dal sospetto di diagnosi al monitoraggio della malattia.

Al fine di rilevare le esperienze del top management aziendale, un Focus Group di Direttori Generali e Direttori Sanitari di Aziende Sanitarie, con il supporto dei ricercatori dell’Università di Tor Vergata, ha elaborato un questionario, che è stato poi somministrato ad un campione di Aziende Sanitarie nazionali. Il questionario è stato articolato in tre distinte sezioni, al fine di ri-levare informazioni sia su aspetti di natura clinica, che organizzativa ed economica, riguardanti la gestione dei pazienti con malattia rara.

I risultati della survey sono stati poi analizzati e discussi dai componenti del suddetto Focus Group, e riportati nel “I° Rapporto sulle Reti di Assistenza ai Malati Rari”, unitamente ad indi-cazioni di natura qualitativa emerse nei confronti promossi a seguire la rilevazione strutturata.

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2. Il contesto

L’Unione europea definisce malattia rara quella con una prevalenza non superiore a 5 casi ogni 10.000 persone2.

Si tratta per la maggior parte di malattie genetiche, ma anche di forme tumorali rare, ma-lattie autoimmuni, malformazioni congenite, malattie tossiche e infettive.

Si stima che in Europa esistano tra le 5.000 e 8.000 diverse malattie rare, e la prevalenza si attesti il 6% e l’8% della popolazione (da 27 a 36 milioni di cittadini europei)3.

Una forte cooperazione europea può, quindi, rappresentare un elevato valore aggiunto, aiu-tando a garantire una maggiore condivisione della conoscenza disponibile e una più efficiente utilizzazione delle risorse.

A tale fine diverse raccomandazioni europee mirano a indicare una direzione chiara alle at-tività comunitarie, presenti e future, nel campo delle malattie rare, in particolare per migliorare le condizioni di accesso, nonché i processi di prevenzione, diagnosi e trattamento dei pazienti affetti da malattia rara.

Malgrado alcune malattie rare, se diagnosticate in tempo e correttamente gestite, siano compatibili con una vita normale, si è osservato che la carenza di specifiche politiche di salute per le malattie rare, e la scarsità e decentralizzazione di competenze, si traduce in diagnosi tardi-ve e difficoltà di accesso alle cure, comportando ai pazienti ulteriori problemi fisici, psicologici e intellettuali, quando non anche l’offerta di trattamenti inadeguati o addirittura dannosi, e la conseguente perdita di fiducia nel Sistema Sanitario.

Per ovviare a tutto ciò e promuovere la cooperazione, nel Dicembre 1999 è stato, ad esem-pio, adottato a livello europeo il regolamento sui medicinali orfani (Regolamento n. 141/2000), entrato in vigore nell’UE nel 2000, con l’obiettivo di offrire incentivi per lo sviluppo e la com-mercializzazione di farmaci per curare, prevenire o diagnosticare malattie rare; senza questi incentivi, sarebbe stato improbabile sviluppare questi prodotti, visto che i costi di sviluppo e commercializzazione non sarebbero recuperabili con le possibili vendite.

Dal 2000 esiste un Comitato per i Medicinali Orfani (COMP) presso l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), di cui la Commissione Europea si avvale per decisioni relative alla designazione degli incentivi. Il COMP ha anche il compito di consigliare la Commissione sull’istituzione e lo sviluppo di una politica di medicinali orfani in Europa, e di assistere la Commissione nella definizione di linee guida, garantendo il coordinamento internazionale sulle questioni relative ai medicinali orfani.

Tra le principali priorità nelle raccomandazioni del Consiglio europeo è certamente la ri-cerca clinica. In particolare si raccomanda agli Stati membri di identificare ricerche e risorse in ambito nazionale e comunitario, al fine di definire lo stato dell’arte, valutare la situazione della ricerca nel settore delle malattie rare e migliorare il coordinamento dei programmi comunitari, nazionali e regionali per la ricerca sulle malattie rare. Inoltre si vogliono identificare le esigenze e le priorità per la ricerca di base, clinica, traslazionale e sociale nel campo delle malattie rare, e le modalità per incentivarle, promuovendo approcci interdisciplinari e cooperativi.

2Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1786/2002/CE (GU L 271 del 9.10.20023Raccomandazione del Consiglio Europeo dell’8 Giugno 2009 su un’azione nel settore delle malattie rare (2009/C 151/02)

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Gli sforzi nel campo delle malattie rare sono in generale benefici per la R&S, poiché le ma-lattie rare possono rappresentare modelli per le malattie più comuni. La ricerca in questo setto-re presenta difficoltà peculiari: ricordiamo l’accesso limitato alle banche dati, la complessità del disegno degli studi clinici, ovviamente il numero limitato di pazienti arruolabili.

Una ulteriore difficoltà discende, per alcune malattie rare, dalla mancanza di appositi codici nella classificazione internazionale delle malattie (ICD10).

Ne segue che ad oggi solo per alcune malattie rare è in atto una raccolta sistematica di dati clinici, a livello regionale, nazionale, europeo o mondiale, ostacolando in generale lo sviluppo di terapie, ma anche la diffusione di linee guida per la pratica clinica.

Ad oggi, pochissimi Paesi hanno programmi di finanziamento specifici per la ricerca nel campo delle malattie rare: Francia, Germania, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e la Svizzera. Molti altri Paesi hanno finanziato progetti per malattie rare attraverso programmi di ricerca non specifici.

Alcuni Paesi (come Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Spagna) hanno, o hanno avuto, iniziative specifiche e incentivi in atto per stimolare la R&S nel campo dei medicinali orfani e altre terapie innovative.

Va citata, infine, l’iniziativa “Telethon”, la quale fornisce finanziamenti per progetti sulle malattie rare in Paesi come Cipro, Francia, Italia, Lussemburgo, Spagna e Svizzera. In molti altri Paesi iniziative di beneficenza aumentano i fondi per la ricerca su specifiche malattie rare.

2.1 Gli interventi a livello europeo

Risalgono al 1990 le prime iniziative riguardanti le malattie rare a livello europeo e dei sin-goli Stati membri, ma il quadro d’azione europeo nel settore delle malattie rare e dei medicinali orfani è contenuto in pochi documenti chiave, tra cui:

yy “Orphan Medicinal Product Regulation” (Regolamento CE n. 141/2000 del Parlamento eu-ropeo e del Consiglio del Parlamento europeo, del 16.12.1999, concernente i medicinali orfani). Tale Regolamento, proposto per esplicitare i criteri per la definizione di “medicinale orfano” nell’UE, descrive gli incentivi per incoraggiare la ricerca, lo sviluppo e la commer-cializzazione di farmaci per trattare, prevenire o diagnosticare le malattie rare; in pratica il Regolamento delinea gli incentivi possibili per i prodotti che beneficiano della definizione di farmaco orfano, quali l’assistenza all’elaborazione del protocollo di ricerca, l’esclusività del mercato);

yy “Commission Communication on Rare Diseases: Europe’s challenge” (2008): si tratta di una strategia comunitaria globale che ha l’obiettivo di migliorare il riconoscimento e la visibilità delle malattie rare, sostenere le politiche in materia di malattie rare negli Stati membri, garantendo una strategia globale coerente, e capace di sviluppare la cooperazione e il coor-dinamento per le malattie rare a livello europeo;

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yy “Council Recommendation on an action in the field of rare diseases” (2009): questa raccoman-dazione si concentra su:

y� sostegno e rafforzamento per l’adozione, entro la fine del 2013, di piani e strategie na-zionali per rispondere alle questioni delle malattie rare;

y� miglioramento del riconoscimento e della visibilità delle malattie rare;

y� promozione della ricerca clinica e sviluppo dei legami tra i Centri di eccellenza in di-versi Paesi, attraverso la creazione di Reti di riferimento europee, al fine di condividere conoscenze e competenze e, ove necessario, per definire ove i pazienti debbano rivolgersi quando tali competenze non sono disponibili;

y� condivisione di best practice e di relazioni sulle valutazioni cliniche/terapeutiche a livello comunitario;

y� sviluppo della formazione medica per la diagnosi e la gestione di malattie rare;

y� riduzione al minimo del ritardo nell’accesso ai farmaci orfani;

y� coinvolgimento delle associazioni dei pazienti nelle decisioni politiche e facilitazione dell’accesso dei pazienti alle informazioni aggiornate sulle malattie rare;

y� sostenibilità a lungo termine in materia di informazione, ricerca e assistenza.

La Commissione europea ha, inoltre, finanziato il progetto europeo EUROPLAN (2008 2011), avente come obiettivo principale quello di fornire alle autorità sanitarie nazionali gli strumenti di supporto per lo sviluppo e l’attuazione di Piani e strategie nazionali per le ma-lattie rare. In particolare è stato sviluppato un documento di orientamento sulla definizione e attuazione di piani e strategie nazionali, e un documento contenente un set di indicatori racco-mandati per il monitoraggio e la valutazione dell’attuazione delle suddette iniziative nazionali.

A livello di singoli Stati membri, vi è una grande eterogeneità nello stato di avanzamento delle politiche nazionali per le malattie rare.

La Svezia, ad esempio, ha istituito il primo centro di competenza per le malattie rare nel 1990, nonché un database e un centro di informazioni sulle malattie rare nel 1999; la Dani-marca ha istituito un centro di informazione nel 1990 e successivamente un centro di compe-tenza per le malattie rare nel 2001; in Italia, un decreto sulle malattie rare è entrato in vigore nel 2001, e altri Paesi (Bulgaria, Grecia, Portogallo e Spagna), hanno elaborato un piano/strategia nazionale per le malattie rare, mentre l’UE definiva la sua strategia attraverso la Commission Communication and Council Recommendation.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Dal 2011, in accordo con le politiche definite a livello europeo, e in risposta alla raccoman-dazione del Consiglio di «elaborare e adottare un piano o una strategia il più presto possibile, preferibilmente entro la fine del 2013, volta a guidare e strutturare gli interventi pertinenti il settore delle malattie rare nel quadro del proprio sistema sociale e di salute», le politiche nazio-nali stanno rapidamente evolvendosi.

Precursori in termini di stesura di un Piano Nazionale/Strategia per le malattie rare, anche rispetto alla raccomandazione europea, sono stati Bulgaria, Grecia, Portogallo e Spagna; alla fine del 2011, solo cinque Stati membri (Francia, Portogallo, Bulgaria, Spagna e Repubblica Ceca) avevano ufficialmente introdotto un Piano; Repubblica Ceca e Portogallo non li hanno ancora attuati, Bulgaria e Spagna solo parzialmente, mentre la Francia era l’unica ad averlo completamente attuato e già redatto il secondo (2011 2014).

La Francia, sin dal 1997, ha istituito un portale, denominato Orphanet, per fornire infor-mazioni sulle malattie rare e i medicinali orfani, e ed è stato il primo Paese in Europa ad istitu-ire, nel 2004, un Piano per le Malattie Rare avvalendosi di un finanziamento specificatamente assegnato.

Il Piano francese enumera fra le sue finalità:

y9 l’aumento delle conoscenze epidemiologiche delle malattie rare;

y9 la promozione dell’informazione sulle malattie rare per i pazienti, gli operatori sanitari e il pubblico in generale; ma anche la formazione dei professionisti sanitari per identificare meglio le malattie rare;

y9 l’organizzazione per gli screening e l’accesso ai test diagnostici;

y9 il miglioramento dell’accesso alle cure e della qualità dell’assistenza sanitaria per i pazienti;

y9 la risposta alle esigenze specifiche di assistenza dei pazienti affetti da malattie rare e il soste-gno alle organizzazioni dei pazienti;

y9 la promozione della ricerca e dell’innovazione, in particolare delle terapie;

y9 lo sviluppo di partnership nazionali ed europee.

Nel 2010 la Francia ha implementato il secondo Piano Nazionale per la Malattie Rare 2011 2014 (Plan national maladies rares 2011 - 2014: Qualité de la prise en charge, Recherche, Europe: une ambition renouvelée).

Il Portogallo ha approvato nel 2008 il Piano Nazionale per le Malattie Rare (Programa Nacional de doenças Raras).

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Anche la Bulgaria ha approvato il Piano Nazionale per le Malattie Rare, malattie genetiche, malformazioni congenite e malattie non ereditarie (2009 - 2013) con finalità di:

y9 raccolta dati epidemiologici per le malattie rare attraverso la creazione di un registro;

y9 miglioramento della prevenzione con un ampliamento dei programmi di prevenzione e as-sistenza, l’introduzione di nuovi test genetici, il decentramento delle attività di laboratorio e l’accesso alla consulenza medico genetica;

y9 promuovere un approccio integrato per la prevenzione, diagnosi, trattamento e integrazione sociale dei pazienti e delle loro famiglie;

y9 promuovere campagne informative sulle malattie rare e la loro prevenzione;

y9 collaborare con le Associazioni di pazienti e con gli altri membri dell’UE.

La Spagna ha approvato nel 2009 la prima strategia per le malattie rare, contenuta nel Piano della Qualità del Sistema Sanitario Nazionale, che include, tra i suoi obiettivi, quello di migliorare l’assistenza alle persone affette da malattie rare e alle loro famiglie. Le linee d’inter-vento riguardano:

y9 attività informative sulle malattie rare (informazioni specifiche sulla malattia e sulle cure disponibili);

y9 prevenzione e diagnosi precoce;

y9 assistenza sanitaria (il coordinamento tra i diversi livelli di assistenza sanitaria);

y9 terapie (medicinali orfani, farmaci adiuvanti e dispositivi medici avanzati, terapie e riabilitazione);

y9 assistenza sanitaria e sociale;

y9 ricerca;

y9 istruzione e formazione.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

2.2 Altri interventi a livello internazionale

Anche al di fuori dell’Europa, un certo numero di Paesi hanno sviluppato interventi nel campo della malattie rare. Si tratta per lo più di iniziative che riguardano la regolamentazione dei medicinali orfani: pionieri risultano essere stati gli USA nel 1983, seguiti da Giappone e Australia rispettivamente nel 1993 e 1997.

Il Giappone risulta essere il Paese con il più antico programma di ricerca sulle malattie rare. Risale al 1972 il programma di assistenza medica per le malattie specifiche, che comprende “Nanbyo” (malattie intrattabili) e il correlato “Tokutei Shikkan” (Malattie Rare e intrattabili). Il programma Nanbyo giapponese definisce rara qualunque malattia il cui disturbo non sia trat-tabile, abbia una incidenza di 4 persone su 10.000, ovvero che siano l’esito di una causa non identificabile e, senza un trattamento chiaramente stabilito, abbiano un rischio molto elevato di disabilità, siano cronicamente sviluppate e richiedano una notevole quantità di risorse per la cura del paziente, causando un notevole impegno per i caregiver, sia finanziariamente che psicologicamente.

Per queste patologie sono previsti specifici fondi di finanziamento pubblico, sia per la ricer-ca, che per consentire una completa copertura ai pazienti.

Negli USA, nel 1993, è stato istituito l’Ufficio delle Malattie Rare (ORD) presso l’Ufficio del Direttore del National Institute of Health (NIH).

Nel 2002 l’Atto sulle Malattie Rare4, che definisce un malattia rara come avente una preva-lenza di meno di 200.000 persone colpite negli Stati Uniti (meno di 6 su 10.000), prevede la promozione tramite il National Institute of Health, della ricerca nel campo delle malattie rare, e della cooperazione con i Centri regionali di eccellenza per la ricerca clinica, formazione, dia-gnostica, metodi di prevenzione, controllo e trattamento delle malattie rare.

Nel 2011 sono stati approvati due nuovi atti: “Undiagnosed Diseases Research” e “Collabo-ration Network Act of 2011” (Ricerca Malattie non diagnosticate e atto di collaborazione in rete di 2011) al fine di prevedere l’istituzione e il mantenimento di una rete di malattie non diagnosticate.

Anche in Australia è stata prima istituita una politica sui farmaci orfani (1997), col fine di “tu-telare” i produttori di farmaci per malattie con un’incidenza inferiore alle 2 persone su 20.000. Nel 2010 è stata invece istituita una strategia per le malattie rare col fine di:

y9 aumentare la consapevolezza sul loro peso per pazienti, famiglie, operatori sanitari e comunità;

y9 fornire risorse e opportunità di networking per gli operatori sanitari per permettere loro di identificare e gestire meglio le malattie rare;

y9 migliorare l’assistenza sanitaria per le persone affette da malattie rare attraverso l’accesso ai test diagnostici, ai nuovi farmaci, a una migliore assistenza primaria e ai servizi specializzati;

4“Rare diseases Act of 2001”, Public Law 107-280

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y9 promuovere la ricerca sulle malattie rare attraverso fondi di ricerca e sviluppo mirati, non-ché partenariati nazionali e internazionali di ricerca multidisciplinare;

y9 aumentare la conoscenza dell’epidemiologia e dell’impatto delle malattie rare, attraverso la ricerca;

y9 formare i pazienti, genitori e professionisti.

2.3 Gli interventi in Italia

Con il Piano Sanitario Nazionale 1998 2000 (PSN) è presente per la prima volta nel nostro Paese, tra gli obiettivi di salute, la sorveglianza delle Malattie Rare (obiettivo ripreso anche in tutti i successivi PSN). In particolare, il PSN proponeva il rafforzamento delle iniziative volte a garantire:

y9 la diagnosi appropriata e tempestiva;

y9 il pronto riferimento a centri specialistici per il trattamento;

y9 la promozione di attività di prevenzione;

y9 il sostegno alla ricerca scientifica, soprattutto riguardo allo sviluppo di nuove terapie.

Al fine di consentire la programmazione nazionale e regionale degli interventi volti alla tute-la dei soggetti affetti da malattie rare, e di attuare la sorveglianza delle stesse, con il D.M. n. 279 del 18.5.2001, “Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124” è stata istituita la Rete Nazionale delle Malattie Rare con funzioni di prevenzione, sorveglianza, diagnosi e terapia. Lo stesso decreto prevede che la Rete sia coordinata dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità, e costituita da Centri di coordinamento regionali e presidi di riferimento per le spe-cifiche malattie.

Alla Rete si affianca il Registro Nazionale delle Malattie Rare (RNMR), nel quale conver-gono i dati provenienti dai singoli registri regionali, dove è previsto che venga riportato almeno un minimum data set, individuato dalla Conferenza Stato Regioni nel 2007; nei registri conflui-scono i dati relativi alle patologie contenute nell’allegato del sopra citato decreto, ed anche altre aggiuntive, inserite a discrezione delle singole Regioni. L’Accordo Stato Regioni del 2007 ha previsto anche la riorganizzazione della Rete con l’identificazione dei “Presidi della Rete”, dei “Centri di Coordinamento regionali e/o interregionali” e lo sviluppo di “Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA)”.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Tabella 1Sinossi Accordo Stato Regioni del 10.5.2007

Fonte: Accordo Stato regioni del 10.5.2007 (repertorio 103/CSR).

Successivamente il D.M. del 15.4.2008 “Individuazione dei Centri interregionali per le ma-lattie rare a bassa prevalenza” individua, nell’attesa della piena attivazione dei Registri regionali, i Centri interregionali di riferimento per le MR a bassa prevalenza (< 1 caso per milione di abitanti). Negli ultimi anni tutte le Regioni hanno disposto Piani Sanitari regionali/provinciali e/o altri atti di Consiglio o Giunta Regionali/Provinciali per le Malattie Rare, costruendo un articolato contesto normativo e amministrativo, che viene a definire gli ambiti di azione e intervento delle singole Amministrazioni nei campi della prevenzione, diagnosi, trattamento, assistenza, formazione e ricerca. Nella tabella seguente sono riportati i principali riferimenti normativi regionali relativi alla creazione delle reti regionali.

Centri di coordinamento regionali o interregionali

y9 Assicurano il collegamento funzionale con i singoli Pre-sidi della Rete per le malattie rare

y9 Raccolgono le richieste di medici e/o pazienti e smistano le richieste verso i Presidi della Rete

y9 Assicurano la presenza di un’autonoma struttura in gra-do di supportare l’attività di raccolta e smistamento di informazioni attraverso linee telefoniche dedicate, inse-rimento e ricerca in rete di notizie.

Presidi della retey9 Alimentano i dati dei Registri regionali e devono costi-

tuire un punto di riferimento privilegiato per le associa-zioni dei pazienti e dei loro familiari.

Registri regionali

y9 Supportano il Governo e la Programmazione Sanitaria a livello locale e la gestione dei servizi e dell’assistenza dei pazienti.

y9 I dati che alimentano i Registri vengono rilevati solo dai Presidi identificati dalle Regioni.

y9 La Regione deve alimentare i Registri con un set minimo di dati e garantire il collegamento con il Registro nazio-nale e/o l’Istituto Superiore di Sanità.

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Tabella 2Riferimenti normativi per l’istituzione delle reti regionali MR

Abruzzo

DGR n. 172/2007: Istituzione della Rete Regionale per la preven-zione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare, del Centro Regionale di Coordinamento, del Gruppo Tecnico di Coordi-namento Regionale per la malattie rare e dei Registri Regionali delle malattie rare e delle Malformazioni Congenite

Basilicata

DGR n. 396/2006: D.M. 18 maggio 2001 n. 279 – Regolamento di istituzione della rete delle malattie rare e di esenzione dalla partecipa-zione al costo delle relative prestazioni inserimento nell’elenco delle patologie, limitatamente ai cittadini residenti in Basilicata, della sensi-bilità chimica Multipla (MCS)

Campania

DGR n. 2109/2008: Recepimento dell’Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sancito il 10 mag-gio 2007 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul riconoscimento di Centri di coordinamento regionali e/o interregionali, di Presidi assistenziali sovraregionali per patologie a bassa prevalenza e sull’attivazione dei registri regionali ed interregiona-li delle malattie rare. Istituzione Centro di Coordinamento Regionale per le Malattie rare e Registro Regionale Malattie Rare

CalabriaDGR n. 610/2003: Istituzione della rete regionale per la prevenzio-ne, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare D.M.S. 18/05/2001 n. 279

Emilia Romagna Anno di istituzione del Registro: 2007 (Circolare regionale)

Friuli Venezia Giulia

DGR n. 2228/2006: Primo modello organizzativo per l’attivazione della rete per le malattie rare nella Regione FVG

LazioDGR n. 381/2002: D.M. 18 maggio 2002, n. 279. Rete regionale per le malattie rare: Criteri per l’individuazione dei centri di riferimento regionali per le malattie rare - Ricognizione

Liguria L.R. n. 57/2009. Modifiche alla legge regionale 7 dicembre2006, n. 41 (Riordino del Servizio Sanitario Regionale)

LombardiaDGR n. 7-7328/2001: Individuazione della Rete regionale per la pre-venzione, la sorveglianza, la diagnosi, la terapia delle malattie rare, ai sensi del D.M. 18 maggio 2001, n. 279

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Tabella 2Riferimenti normativi per l’istituzione delle reti regionali MR

MarcheDGR n. 889/2002: Rete regionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare

MoliseD.G.R. n. 822/2008: Istituzione del Registro Regionale «Malattie Rare» in recepimento dell’Accordo Stato-Regioni e Province Autono-me del 10.05.2007 - Rep. 103/CSR”

Piemonte

DGR n. 22 11870/2004: Individuazione della rete regionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi, la terapia delle malattie rare e costituzione c/o l’ASL 4 di Torino del Centro Regionale di coordinamento

PugliaDGR n. 2238/2003: Rete regionale per la prevenzione, la sorveglian-za, la diagnosi, la terapia delle malattie rare, ai sensi del D.M. 18 mag-gio 2001, n. 279

P.A. di Trento/Bolzano

DGP n. 1244/2007: Accordo tra Regione del Veneto, Regione Friuli Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Bolzano e Provincia Autono-ma di Trento per la realizzazione dell’area vasta nel campo delle malat-tie rare individuazione dei Centri interregionali di riferimento dell’a-rea vasta per le malattie rare

Sicilia ND

SardegnaDGR 9/08/2002: Individuazione rete dei presidi regionali per le ma-lattie rare e adempimenti regionali in attuazione del Decreto Ministe-riale 18 maggio 2001, n° 279

ToscanaL.R. n. 60/2008: Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2005, n. 40 “Disciplina del servizio sanitario regionale”

Umbria ND

VenetoDGR n. 741/2000: Istituito il Centro Regionale di Riferimento per le Malattie Rare con annesso il Registro Regionale per le malattie rare

Valle d’AostaDGR n. 4054/2006: Istituito il Registro regionale delle malattie rare per l’implementazione del relativo Registro nazionale tenuto dall’Isti-tuto Superiore di Sanità

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Nel Dicembre del 2012 è stata, quindi, presentata la bozza del Piano Nazionale delle Ma-lattie Rare 2013 2016, in ottemperanza a quanto previsto dalla Raccomandazione europea del 2009. L’obiettivo del Piano è lo sviluppo di una strategia integrata, globale e di medio periodo sulle MR, centrata sui bisogni assistenziali della persona e della sua famiglia e definita con il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse, tenuto conto delle esperienze già maturate e nel quadro delle indicazioni europee.

Le linee di intervento da attuare nei settori della diagnosi e dell’assistenza, ricerca, tutela e promozione sociale, formazione, informazione e sistema informativo, devono realizzarsi attra-verso l’istituzione di un Comitato Nazionale, che preveda la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti (il Ministero della salute e gli altri Ministeri per competenza, le Regioni, l’AIFA, l’ISS, le Associazioni dei pazienti).

Il Piano prevede azioni per garantire:

y9 l’implementazione e la qualificazione della Rete Nazionale, in modo che sia efficace nel realizzare la presa in carico multidisciplinare complessiva dei pazienti con MR, avvalendosi eventualmente di strumenti organizzativi, quali accordi specifici tra le Regioni, volti a rea-lizzare “alleanze/coalizioni” almeno per le malattie più rare e complesse dal punto di vista diagnostico e terapeutico;

y9 il miglioramento della copertura e l’efficienza della raccolta dei dati epidemiologici, in ar-monia con i compiti istituzionali, attraverso i Registri regionali e/o territoriali ed il RNMR, adottando le misure necessarie a migliorare la qualità delle informazioni ed a produrre analisi utili a supportare gli interventi di sanità pubblica e a migliorare la pratica clinica; in particolare, uniformando e standardizzando le procedure, i contenuti e le scadenze della raccolta dei dati dai registri regionali/interregionali al RNMR;

y9 l’unificazione e standardizzazione della codifica delle malattie rare a livello nazionale, per assicurare la loro rintracciabilità nel sistema informativo; eventualmente adottando modali-tà di codifica internazionali (tra cui eventualmente l’Orphan code), in aggiunta all’ICD nei flussi correnti;

y9 la definizione di PDTA ad esempio attraverso la disponibilità di strumenti ed infrastrutture capaci di guidare ed orientare tutti i medici verso il sospetto di malattia rara; condivisione di protocolli a livello interregionale, di protocolli e percorsi assistenziali organizzati e garan-titi per ogni tipologia di bisogno assistenziale; inoltre si vuole garantire, anche attraverso la figura del case manager, il coordinamento degli interventi multidisciplinari per i casi che lo richiedono, in continuità assistenziale tra ospedale e territorio

y9 coinvolgimento attivo delle Associazioni dei pazienti in tutti i processi decisionali;

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

y9 potenziamento della ricerca clinica attraverso la divulgazione dei risultati delle ricerche e la loro trasferibilità nella pratica clinica, prevedendo anche lo stanziamento di fondi ad hoc a livello nazionale e regionale;

y9 promozione di attività di formazione rivolta a professionisti, pazienti/Associazioni di pa-zienti e caregiver/familiari/assistenti, attraverso percorsi specifici da prevedersi nei Piani di Formazione delle Aziende Sanitarie per i professionisti, e pianificati dalle reti di assistenza regionali per pazienti e caregiver;

y9 garanzia dell’informazione attraverso la diffusione delle fonti informative validate attual-mente disponibili (Orphanet, OrphaNews Europe, sito web e telefono verde Malattie Rare ISS_CNMR, supplemento al Notiziario dell’ISS “Malattie Rare e Farmaci Orfani”);

y9 garanzia di attività di prevenzione primaria e secondaria; in particolare obiettivo prioritario di quest’ultima è:

y� o la realizzazione di modelli operativi per i programmi di screening delle MR basati sulle evidenze scientifiche, l’equità di accesso, la costo efficacia e il rispetto degli aspetti etici impliciti nei test

y� o l’effettuazione, per le malattie rare genetiche, di indagini sui familiari delle persone affette per individuare precocemente i soggetti pre-sintomatici e valutare il rischio ripro-duttivo

y� o rendere disponibile la diagnosi prenatale nelle coppie a rischio; effettuare lo screening morfologico prenatale, attivare le procedure per la diagnosi nel nato morto ai fini della definizione del rischio di ricorrenza

y� o il rafforzamento della formazione dei MMG e PLS ai fini della determinazione del so-spetto di MR, facilitando e accelerando l’invio del paziente ai servizi clinici specialistici della rete nazionale delle MR.

2.4 Riflessioni sullo stato di evoluzione delle politiche pubbliche nel campo delle malattie rare

Da quanto sinteticamente esposto appare evidente che i recenti interventi introdotti a livel-lo europeo in tema di malattie rare hanno sicuramente rappresentato un impulso importante per lo sviluppo sul tema negli Stati membri. Nonostante alcuni Paesi avessero già introdotto dei provvedimenti legislativi sulle malattie rare già prima della raccomandazione europea del 2009 (2009/C n. 151/02), che invita all’implementazione di un Piano o strategia per la malattie rare, la Francia è l’unico Paese che ad oggi ha implementato le maggiori azioni in tema di malattie

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rare. Tutti i Piani e/o le strategie nazionali introdotti nei diversi Paesi presentano una struttura simile a quella indicata nella raccomandazione prima citata, ivi compresa la bozza del nostro Piano Nazionale Malattie Rare 2013 2016.

L’aspetto del finanziamento appare evidente che è presente, ma soprattutto finalizzato allo sviluppo delle attività di ricerca clinica e non alla realizzazione di percorsi relativi alla presa in carico dei pazienti affetti da malattia rara, facendo quindi ipotizzare che questi dovrebbero essere implementati senza impiego di risorse economiche dedicate.

Ancora, da un punto di vista organizzativo si promuove l’implementazione di un modello di sistema a rete, che risulti efficace nel realizzare la presa in carico multidisciplinare complessiva dei pazienti con MR: ma questa deve essere implementata in primis a livello locale; sicuramente appare fondamentale a questo livello definire dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) ma non si può non tener presente che si tratta di malattie con bassa incidenza, rare appunto, e quindi che potrebbe risultare non poco problematica la loro standardizzazione.

Fondamentale nell’organizzazione risulta essere sicuramente il case manager; ma anche l’a-dozione ed implementazione di codifiche specifiche che consentano di identificare in maniera univoca il paziente con MR; e ancora l’implementazione e/o adattamento dei sistemi informa-tivi che possano consentire di avere una visione globale del sistema sul fenomeno delle malattie rare. Trattandosi di elementi che hanno un impatto sulle Aziende sanitarie, si è quindi ritenuto opportuno rilevare lo stato dell’arte delle Aziende Sanitarie sulle malattie rare, soffermandosi in particolare su aspetti clinici, organizzativi ed economici.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

3. Survey

Quanto esposto nel capitolo precedente rende evidente il forte impatto che, una reale rea-lizzazione di quanto indicato nel Piano Nazionale delle Malattie Rare, comporta nelle Aziende sanitarie.

Si osservi che le Aziende sanitarie non sono citate nella lista degli stakeholder considerati dai piani di intervento e cooperazione, e questo è probabilmente frutto del fatto che a tutt’oggi sono una minoranza i sistemi sanitari a livello internazionale di tipo beveridgiano, prevalendo piuttosto lo schema mutualistico.

Appare però evidente che sistemi come il nostro, basati sul diritto di cittadinanza, che pre-vedono una presa in carico dei bisogni sanitari di tipo universale e globale, dovranno affrontare la questione adattando la propria organizzazione in modo molto più specifico. In particolare questo è vero per il caso italiano, dove l’esistenza di una struttura di offerta in larghissima mi-sura pubblica, rende necessario provvedere a interventi tesi ad identificare prima e a incentivare poi, i cambiamenti organizzativi ritenuti funzionali ad una migliore soluzione dei problemi dei pazienti affetti da MR.

A tal fine si è ritenuto opportuno e necessario raccogliere la “voce” del top management delle aziende sanitarie pubbliche, disegnando allo stesso tempo una mappa dell’attuale stato di implementazione delle raccomandazione, nonché dei punti critici in termini di cambiamento.

Questo intento è stato perseguito con la realizzazione di una survey tesa a rilevare gli aspetti clinici, organizzativi ed economici relativi alla gestione dei pazienti con MR dal punto di vista del top management delle Aziende Sanitarie: in particolare, in coerenza con quanto anticipato, si è stressato quanto potesse mettere in luce eventuali punti di forza e debolezza, dal punto di vista gestionale, nell’implementazione delle azioni previste dal Piano Nazionale delle Malattie Rare e nelle attività inerenti le reti regionali.

Il questionario è stato preventivamente validato da un Focus Group5 di Direttori Generali e Sanitari di Aziende Ospedaliere, Territoriali e miste, del Nord, Centro e Sud del Paese.

Il questionario è stato, quindi, inviato a 40 Aziende sanitarie (Ospedaliere e Aziende terri-toriali con o senza presidi ospedalieri), scelte per la loro rappresentatività, ubicate per il 42,5% al Nord, per il 25,0% al Centro e per il 32,5% al Sud.

Il questionario è composto da tre sezioni: aspetti clinici, aspetti organizzativi ed aspetti eco-nomici ed è stato somministrato in modalità CAPI (Computer Assisted Personal Interviewing).

Prendendo in considerazione i questionari nei quali è stata completata almeno una delle tre sezioni, si è riscontrato un tasso di risposta pari al 60,0%. Solo il 17,5% dei destinatari, ovvero il 29,2% della Aziende rispondenti, ha potuto terminare completamente il questionario, per difficoltà di accesso o non disponibilità di talune informazioni.

Di seguito verranno analizzate le tre sezioni singolarmente.Il campione dei Direttori (Generali o Sanitari) delle Aziende Sanitarie cui è stato sommini-

strato il questionario è così costituito: il 29,2% dirige Aziende del Nord Est, il 37,5% del Nord Ovest, il 29,2% del Centro e il 4,2% del Sud.

5A USL 8 di Arezzo, ASL Avellino, ASL Bari, ASUR Marche, ARES 118 Lazio, ASL Brescia

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Figura 1Risposte per ripartizione di afferenza della struttura

Valori %

Figura 2Risposte per tipologia di struttura

Valori %

Sud4,2%

Centro29,2% NO

37,5%

NE29,2%

Ospedalierae territoriale

43,48%Ospedaliera

47,83%

Territoriale8,70%

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Il 47,8% dirige un’Azienda Ospedaliera, il 43,5% un’Azienda territoriale con o senza presi-di ospedalieri e l’8,7% un’Azienda territoriale.

Inoltre il 66,7% delle Aziende è Centro di Coordinamento/Presidio di riferimento regio-nale per le malattie rare.

3.1 Aspetti clinici

Nella sezione relativa agli aspetti clinici si è indagato lo stato di sviluppo degli screening neonatali per le malattie rare, sia in termini di tipologia, che di costo, sui percorsi diagnostico terapeutici regionali ed aziendali, ed infine sulla prevalenza di malati rari, e della loro mobilità.

In più della metà dei Centri (58,3%) vengono eseguite procedure di screening neonatale per malattie rare. Quelle maggiormente adottate sono HPAs iperfenilalaninemie (effettuata nel 54,2% dei Centri), la tirosinemia tipo I (37,5% dei Centri) e la MSUD malattia delle urine a sciroppo d’acero (33,3%); vengono invece eseguite nel 29,2% dei Centri la PA acidemia pro-pionica, IVA acidemia isovalerica, GA I acidemia glutarica tipo I, MMA aciduria metilmaloni-ca difetto di mutasi, MMA aciduria metilmalonica difetti della Vit B12, MCAD difetti della deidrogenasi degli acil CoA a catena media, VLCAD difetti della deidrogenasi degli acil CoA a catena molto lunga, i Deficit di uptake della carnitina, la tirosinemia tipo II, l’omocistinuria, l’ipermetioninemia.. Altre tipologie di screening vengono effettuate, ma in meno del 25,0% dei Centri.

Nel 54,2% delle Aziende, in caso di positività dello screening, è definito un percorso diagno-stico terapeutico per il paziente che nel 61,5% delle Aziende è gestito prevalentemente dal ne-onatologo, nel 38,5% dallo specialista ospedaliero, nel 7,7% dal Medico di Medicina Generale o dal Pediatra di Libera Scelta e nel 7,7% da altre figure professionali. Nelle restanti Aziende il percorso viene gestito contemporaneamente da più figure.

Figura 3Figura professionale che gestisce il percorso diagnostico terapeutico

post-screening

Neonatologo

0,00%

10,00%

20,00%

30,00%

40,00%

50,00%

60,00%

70,00%

MMG/PLS Medicospecialista

del distrettosocio sanitario

Medicospecialista

ospedaliero

Altro

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L’83,3% dei rispondenti afferma che è presente un Centro di coordinamento per le malattie rare: il 75,0% dichiara che è definito a livello regionale, il 20,0% a livello aziendale ed il 5,0% sia a livello regionale sia aziendale.

Nel 58,3% delle Aziende rispondenti è formalmente definito un percorso per il primo contatto con il Centro di Coordinamento Regionale e/o i Presidi di riferimento per i pazienti diagnosticati in una fase non neonatale (non avvalendosi di screening neonatali); il percorso è gestito nella maggioranza delle Aziende dallo specialista ospedaliero (78,6% dei Centri che hanno definito il percorso) e più raramente da uno specialista del distretto socio sanitario (14,3% dei Centri che hanno dichiarato di avere un percorso definito).

Figura 4Figura professionale che gestisce il percorso di primo contatto

con il Centro di coordinamentoValori %

Non sempre le Aziende hanno disponibilità dell’informazione sul numero di pazienti con MR afferenti: solo la metà ha dichiarato di possedere un sistema di rilevazione della prevalenza/incidenza dei pazienti affetti da malattie rare.

Nel 2012, nel 46,7% dei Centri sono state fatte meno di 100 nuove diagnosi di malattia rara, nel 26,7% dei Centri tra 101 e 200, nel 6,7% tra 201 e 300 nuove diagnosi e infine nel 20,0% dei Centri oltre 500 nuove diagnosi di malattia rara.

Altro7,14%

Neonatologo0,00%

MMG/PLS0,00%

Medico specialistadel distretto

socio sanitario14,29%

Medico specialistaospedaliero

78,57%

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Figura 5Nuove diagnosi di malattia rara anno 2012

Valori %

Sul tema della mobilità dei pazienti dalla survey è emerso un quadro di scarso controllo/monitoraggio, attribuito all’indisponibilità dei dati (solo una Azienda, ha dichiarato di avere contezza dei dati di mobilità).

Infine, è stato chiesto alle Aziende come operano per la formazione dei professionisti sani-tari, con particolare riferimento alla corretta diagnosi delle MR; tale attività viene svolta con regolarità nel 33,3% delle Aziende, occasionalmente nel 50,0%, ma ancora nel 16,7% delle strutture non è prevista.

Figura 6Frequenza della formazione sulle MR per i professionisti sanitari

Valori %

>50020,00%

201-3006,67%

301-4000,00%

401-5000,00%

<10046,67%

101-20026,67%

Regolarmente33,33%

Occasionalmente50,00%

Mai16,67%

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3.2 Aspetti organizzativi

Nella sezione degli aspetti organizzativi si è in primo luogo indagato lo stato di elaborazione dei percorsi clinico-assistenziali per la gestione dei pazienti affetti da malattie rare. In partico-lare si è analizzato l’aspetto dell’approvvigionamento dei farmaci (tempi e disponibilità), degli ausili (esistenza di percorsi preferenziali), nonché le modalità di ottenimento delle esenzioni, ecc. Ancora sono state richieste informazioni sulla formazione dei caregiver. Infine si è cercato di indagare quali siano le principali difficoltà organizzative riscontrate dal top management nella gestione dei pazienti con malattia rara.

Si premette che non tutte le Aziende hanno potuto rispondere esaustivamente: al fine di una corretta interpretazione del dato, si è ritenuto, quindi, opportuno indicare in nota ai grafici anche il tasso di non risposta per ogni singola domanda.

Il 77,8% dei rispondenti dichiara l’esistenza di percorsi clinico assistenziali formalizzati a livello regionale per i pazienti affetti da malattie rare: il 78,6% delle Aziende dichiara che si tratta di percorsi specifici per patologia, il 14,3% di percorsi generici (per tutte le malattie rare); solo una quota residuale (7,1%) dichiara che esistono percorsi formalizzati a livello di singolo paziente6.

Tutte le Aziende hanno specificato che i percorsi definiti a livello regionale comprendono gli aspetti diagnostici; il 78,6% che a questi aspetti si affiancano anche indicazioni terapeutiche; una metà dichiara che i percorsi includono anche aspetti di osservazione post terapia; il 28,6% dichiara la formalizzazione di aspetti legati alla prevenzione ed il 21,4% di quelli riguardanti la gestione dell’emergenza-urgenza del paziente con malattia rara.

Figura 7Aspetti coinvolti nei percorsi clinico-assistenziali a livello regionale

Valori %

Note: tasso di non risposta 0,0%

Percorsi diprevenzione

0,00%

20,00%

40,00%

60,00%

80,00%

100,00%

120,00%

Percorsi didiagnosi

Percorsi terapeutici

Percorsi diosservazionepost terapia

Percorsi digestione delleemergenze

6 Tasso di non risposta 25,0

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

A livello strettamente aziendale, nella maggior parte delle Aziende rispondenti (52,6%) non sono stati definiti percorsi clinico-assistenziali7.

Nel 47,4% delle realtà in cui sono stati elaborati percorsi a livello aziendale, essi contengo-no indicazioni terapeutiche, nel 42,1% diagnostiche, nel 36,8% indicazioni sull’osservazione post-terapia; nel 26,3% dei casi sono state sviluppate anche indicazioni in tema di prevenzione e gestione delle emergenze.

Figura 8Aspetti coinvolti nei percorsi clinico-assistenziali a livello aziendale

Valori %

Note: tasso di non risposta 11,1%

In merito alla dispensazione dei farmaci orfani in più dei due terzi delle Aziende (78,3%) essa avviene attraverso le farmacie ospedaliere e solo nel 21,7% attraverso quelle territoriali.

Percorsi diprevenzione

0,00%

10,00%

5,00%

20,00%

15,00%

30,00%

25,00%

35,00%

40,00%

45,00%

50,00%

Percorsi didiagnosi

Percorsi terapeutici

Percorsi diosservazionepost terapia

Percorsi digestione delleemergenze

7 Tasso di non risposta 20,8%

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Figura 9Modalità di erogazione dei farmaci orfani

Valori %

Note: tasso di non risposta 4,2%

Nello specifico, nel 45,5% delle Aziende rispondenti che erogano i farmaci orfani attraverso le farmacie ospedaliere, la modalità è adottata per la generalità dei pazienti (75,1% 100,0%); nel 9,1% delle Aziende la modalità riguarda il 25,1% 50,0% dei pazienti, e nel restante 45,5% l’utilizzano meno del 25,0% dei pazienti.

Figura 10Quota di pazienti che si avvalgono delle farmacie ospedaliere

Valori %

Note: tasso di non risposta 38,9%

Farmacieterritoriali

21,74%

Farmacie ospedaliere

78,26%

75,1-100%45,45%

≤25%45,45%

25,1-50%9,09%

50,1-75%0,00%

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Tutti i pazienti si avvalgono delle farmacie territoriali nelle Aziende che hanno dichiarato questa come modalità di dispensazione dei farmaci orfani. Si tenga però presente che più della metà del campione non ha risposto a questa domanda (tasso di non risposta 60,0%).

Per quanto concerne i tempi di accesso alla terapia meno di un terzo (29,4%) delle Aziende rispondenti è in grado di quantificarlo (tasso di non risposta 29,2%): le Aziende in grado di quantificarlo stima che occorrano in media 11 giorni dalla prima prescrizione.

L’approvvigionamento di eventuali ausili/protesi di cui necessita il paziente nell’80,0% delle Aziende segue le procedure standard (tasso di non risposta 16,7%).

Non di meno nella Regione Lazio esiste un percorso preferenziale, consistente nella pos-sibilità per il paziente di effettuare la richiesta alla Commissione Farmaci Speciali, che eroga gratuitamente ausili ai pazienti con malattie rare, tramite le farmacie territoriali.

Dall’indagine risulta che la maggior parte delle Aziende non adotta percorsi preferenziali neppure per l’ottenimento dell’esenzione8: questi esistono solo nel 35,0% delle Aziende rispon-denti. È altamente probabile che anche il 16,7% delle Aziende non rispondenti di fatto non adotti percorsi preferenziali.

Là dove esistono percorsi preferenziali, essi sono gestiti in modo difforme.Una modalità prevede che il paziente, certificato dal Centro, venga inserito nel Sistema

Informativo Regionale dal medico certificatore; a livello del Distretto diviene visibile l’’inse-rimento e viene quindi stampato il tesserino di esenzione ed inviato a domicilio al paziente.

Alternativamente il Centro per le malattie rare regionale, può gestire un sito intranet che tiene in contatto i Centri di riferimento, i quali rilasciano il certificato di malattia rara, con le Aziende CED e i Distretti dove avviene il rilascio dell’esenzione del ticket, la registrazione dei piani terapeutici personalizzati e la consegna dei relativi farmaci oltre che il rilascio del coupon mensile per i dietetici.

Una ulteriore modalità censita riguarda la segnalazione dello specialista ospedaliero diretta-mente sul registro regionale.

Il 33,3% delle Aziende rispondenti dichiara l’esistenza di un’integrazione reale tra politiche sanitarie e politiche sociali (tasso di non risposta 20,8%); in particolare si tratta di integrazioni che coinvolgono i servizi comunali, per attività quali assistenza domiciliare (83,3%), trasporto pazienti (66,7%) e supporto psicologico (33,3%).

Alla richiesta di evidenziare l’origine delle principali problematiche che le Aziende incon-trano nella gestione dei pazienti con malattia rara, quasi un terzo (29,1%) delle Aziende non ha risposto.

Per le altre, le problematiche principali sono legate ad aspetti di natura organizzativa (58,8%), ma anche di natura economica (29,4%).

8 Tasso non risposta 16,7%

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Figura 11Principale fonte di criticità nella gestione dei pazienti con malattia rara

Valori %

Note: tasso di non risposta 29,2%

Significativo è invece il coinvolgimento delle Associazioni dei pazienti da parte delle Azien-de: quasi l’80% delle rispondenti dichiara di avere rapporti con le Associazioni dei pazienti9, ma solo nel 33,3% delle realtà con regolarità; nelle restanti realtà (66,7%) si tratta di rapporti per lo più occasionali.

Figura 12Frequenza dei rapporti con le Associazioni dei pazienti con malattia rara

Valori %

Note: tasso di non risposta 33,3%

Economiche29,41%

Altro11,76%

Organizzative58,82%

9 Tasso di non risposta 20,8%

Regolarmente33,30%

Occasionalmente66,70%

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Un elemento certamente strategico è quello legato alla formazione: nel 31,6% delle Aziende non è prevista una attività formativa specifica per gli operatori relativamente alla gestione del percorso del paziente affetto o con sospetto di malattia rara; nel 47,4% delle realtà viene svolta, ma occasionalmente; infine, solo il 21,1% delle Aziende rispondenti dichiara di svolgerla con regolarità.

Figura 13Attività di formazione specifica per gli operatori

Valori %

Note: tasso di non risposta 20,8%

La formazione è indirizzata in genere a più figure professionali: nel 26,3% delle Aziende è rivolta ai MMG/PLS, nel 15,8% al medico specialista del territorio, nel 31,6% al medico spe-cialista ospedaliero, nel 26,3% agli infermieri, nel 15,8% al caregiver e nel 5,3% all’operatore socio sanitario.

Nella maggior parte delle Aziende rispondenti (72,2%) non è prevista un’attività formativa rivolta agli operatori direttamente organizzata dalle Associazioni dei pazienti con malattia rara; nel 16,7% dei casi viene svolta occasionalmente, e solo nell’11,1% con regolarità.

Regolarmente21,05% Mai

31,58%

Occasionalmente47,37%

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Figura 14Attività di formazione specifica per gli operatori

svolta dalle associazioni dei pazientiValori %

Note: tasso di non risposta 25,0%

La quasi totalità delle Aziende rispondenti (82,4%) ritiene che i fondi destinati alla forma-zione sulle malattie rare non siano adeguati10.

Solo poche Aziende (26,3%) dichiarano di ricevere dei fondi aggiuntivi per tali attività formative11.

Il 60,0% delle Aziende che si avvale di finanziamenti aggiuntivi li riceve dalla Regione, il 20,0% da istituzioni esterne, ed un altro 20,0% li riceve da entrambe le fonti.

Regolarmente11,11%

Mai72,22%

Occasionalmente16,67%

10 Tasso di non risposta 29,2%11 Tasso di non risposta 20,8%

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Figura 15Tipologia fondi aggiuntivi (extra aziendali)

per la formazione degli operatoriValori %

Note: tasso di non risposta 0,0%

Solo in poche Aziende rispondenti (26,3%) esiste una modalità specifica di contatto tra i familiari/caregiver e gli operatori dell’Azienda12; normalmente si configura come un “numero verde” o comunque un recapito telefonico a cui risponde personale dedicato; in altri casi uno sportello dedicato.

Regionalied esterni20,00%

Regionaliad hoc

60,00%Finanziamentiesterni

20,00%

12 Tasso non risposta 20,8%

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Figura 16Attività fornite dall’Azienda a supporto delle famiglie dei pazienti

Valori %

Note: tasso di non risposta 12,5%

Il 71,4% delle Aziende prevede attività di supporto delle famiglie dei pazienti affetti da ma-lattia rara (tasso di non risposta 12,5%): il 61,9% fornisce un supporto psicologico, il 23,8% delle aziende effettua formazione ai familiari e il 9,5% alle badanti.

Tra le principali criticità riportate in tema di interazione tra gli operatori della Azienda e i caregiver, si cita la scarsità di personale aziendale dedicato, l‘insufficiente disponibilità di tempo e di ascolto dei caregiver, ma spesso anche l’assenza di un protocollo operativo definito.

3.3 Aspetti economici

L’ultima sezione del questionario mira a leggere i fenomeni in relazione agli aspetti econo-mici implicati. È stato richiesto se le Aziende disponessero di una quantificazione del costo de-gli screening neonatali effettuati, come anche di una valutazione della quota del budget aziendale dedicato all’assistenza dei pazienti affetti da malattia rara; sul lato del finanziamento si è voluto indagare se l’Azienda disponesse di fondi vincolati per la gestione dei pazienti con malattia rara e, in caso, l’eventuale natura di questi fondi.

Si è, infine, richiesto il parere del top management aziendale sulle modalità di finanziamento ritenute più idonee per consentire la gestione dei pazienti affetti da malattia rara.

Iniziamo con il rilevare che nessuna delle Aziende intervistate, ad esclusione di una, è stata

Supportopsicologico

0,00%

10,00%

20,00%

30,00%

40,00%

50,00%

60,00%

70,00%

Formazione alle badanti

Formazioneai familiari

Altro

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

in grado di quantificare il costo degli screening neonatali. Anche l’incidenza sul budget azien-dale del costo dell’assistenza ai pazienti con malattie rare (esclusa quella rivolta ai pazienti con tumori rari indicati nel D.M. 279/2001), sembra essere dato non noto: solo il 23,5% dei rispondenti dichiara di averne contezza, ma l’alto tasso di non risposta (33,3%) è sicuramente rappresentativo di un ulteriore quota che non ne è a conoscenza.

Sebbene il dato si riferisca ad un numero estremamente limitato di Aziende, e quindi cer-tamente statisticamente poco significativo, in media il costo dell’assistenza ai pazienti con ma-lattie rare (esclusa quella ai pazienti con tumori rari indicati nel D.M. 279/2001) risulterebbe incidere sul budget aziendale per la voce farmaci dello 0,9%, per specialistica ambulatoriale dello 0,4%, per ricoveri del 5,1%, per assistenza protesica/integrativa del 5,5% e per servizi socio sanitari dello 0,4%.

Nonostante la scarsa conoscenza dei costi sostenuti per questa tipologia di pazienti, nessuna Azienda ha effettuato una valutazione dei costi di esternalizzazione della presa in carico dei pazienti affetti da malattia rara, rispetto ad una gestione aziendale13.

In particolare nessuno degli intervistati è stato in grado di valutare il differenziale di costo medio dei pazienti affetti da malattia rara.

Tuttavia, il 53,9% dei Direttori Generali/Sanitari ritiene che il fenomeno della mobilità dei pazienti affetti da MR incida abbastanza sul bilancio della Azienda, il 30,8% che non incida quasi per nulla ed il 15,4% che incida poco. Si tenga però presente che quasi la metà delle Aziende (45,8%) non ha risposto alla domanda.

In particolare nessuno degli intervistati è stato in grado di valutare il differenziale di costo medio dei pazienti affetti da malattia rara.

Tuttavia, il 53,9% dei Direttori Generali/Sanitari ritiene che il fenomeno della mobilità dei pazienti affetti da MR incida abbastanza sul bilancio della Azienda, il 30,8% che non incida quasi per nulla ed il 15,4% che incida poco. Si tenga però presente che quasi la metà delle Aziende (45,8%) non ha risposto alla domanda.

13 Tasso non risposta 33,3%

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Figura 17Incidenza sul bilancio aziendale della mobilità dei pazienti

affetti da malattia raraValori %

Note: tasso di non risposta 45,8%

Il 29,4% delle Aziende dichiara di disporre di fondi regionali destinati specificatamente alla assistenza dei pazienti affetti da malattie rare14. Si tratta di fondi stanziati prevalentemente per farmaci, ausili e per la gestione della presa in carico dei pazienti.

Molto0,00%

Moltissimo0,00%

Poco15,38%

Quasi per nulla30,77%

Abbastanza53,85%

14 Tasso di non risposta 29,2%

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Nel 60,0% dei casi si tratta di fondi per patologie specifiche, quali ad esempio cheratoco-no, distrofie e degenerazioni corneali, anemie congenite e SLA. Il top management aziendale (92,3%) ritiene che la modalità di finanziamento ottimale per la gestione dell’assistenza dei pa-zienti con malattie rare sia lo stanziamento di un fondo ad hoc vincolato assegnato alle Aziende (92,3%); una piccola quota (7,7%) preferirebbe che il finanziamento fosse a valere su un fondo ad hoc a livello regionale.

Figura 18Modalità di finanziamento ritenuta ottimale

Valori %

Note: tasso di non risposta 45,8%

3.4 Alcune valutazioni di sintesi sulla survey

Il dato più macroscopico emerso dalla survey è stata la grande difficoltà delle Aziende nel rispondere al questionario predisposto, in particolare per tutto quanto concerne gli aspetti quantitativi del fenomeno “malattie rare”, come anche per gli aspetti implementativi. Già que-sto basterebbe a indicare una potenziale criticità nell’attuale processo di implementazione delle raccomandazioni europee.

In particolare sembra di poter dire che i documenti, tesi a sensibilizzare gli Stati membri sul tema specifico, contengano elementi sufficienti per dare forza ai processi regolatori tesi al rico-noscimento dei diritti, come anche a incentivare alla ricerca nel campo delle malattie rare e dei

Fondo ad hocRegionale

7,69%

Fondo ad hocvincolato assegnato

alle Aziende92,31%

Quota capitaria comeper gli altri cittadini

assegnata alle Aziende0,00%

Quota capitariamaggiorata assegnata

alle Aziende0,00%

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farmaci orfani. Vanno invece integrate con elementi organizzativi affinché i diritti divengano davvero esigibili, in quanto questo aspetto è legato alla presa in carico che, nella larga maggio-ranza dei casi, rimane in capo alle Aziende sanitarie.

Il recepimento delle raccomandazioni europee a livello nazionale deve quindi prevedere un elemento di integrazione di tipo squisitamente organizzativo/gestionale. Come è emerso anche dal Focus Group di cui si dà conto nel paragrafo successivo, un elemento assolutamente critico è quello dei sistemi informativi: ad oggi essi si sono sviluppati prevalentemente sul versante epidemiologico, non di meno con alcune problematiche da risolvere legate ai codici ICD, al recepimento nelle liste di esenzione delle nuove patologie identificate come rare, ecc. Ma l’a-spetto epidemiologico va integrato con quello economico-organizzativo al fine di permettere una efficiente gestione dei processi.

La carente gestione delle esenzioni, ma anche dell’informazione sulla reale utilizzazione dei servizi, e quindi sui costi dei pazienti, evidentemente non permette un’adeguata pianificazione delle prese in carico.

Anche l’aspetto del finanziamento della presa in carico sembra non ancora affrontato esau-stivamente: le aziende percepiscono che anche pochi casi di pazienti ad alto assorbimento di risorse possono mettere in crisi il budget aziendale, ma la carenza di informazioni sulla reale incidenza di questi casi e sui costi sostenuti non permette una quantificazione esatta della cri-ticità; i flussi di finanziamento sono per lo più indistinti, e quelli finalizzati sono spesso fuori dal controllo delle Aziende di afferenza del paziente (quali quelli dei Centri di coordinamento, che pure son ritenuti insufficienti).

Non si è, di conseguenza, neppure sviluppata una riflessione sull’aspetto di gestione del rischio finanziario legato alle patologie rare, con il risultato che ad oggi il rischio rimane in capo all’azienda.

A livello aziendale si percepisce una pericolosa soluzione di continuità fra livello regionale e aziendale, una carenza di risorse che inibisce una adeguata formazione degli operatori e dei caregiver, come anche il consolidamento di una adeguato canale di comunicazione fra di essi.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

4. Alcune riflessioni ex-post

A valle dell’analisi dei risultati emersi dalla survey è stato organizzato un apposito Focus Group finalizzato a integrare le evidenze emerse dalla survey, raccogliendo l’opinione dei top manager aziendali15.

In particolare si è dibattuto su quelle che potrebbero essere le problematiche che non hanno consentito ai manager di rispondere esaustivamente alle domande del questionario sommini-strato.Preso atto della difficoltà di sviluppare un adeguato sistema informativo, si è concordato nell’attribuire tale difficoltà all’eterogeneità dei percorsi diagnostico terapeutici del paziente con malattia rara.

Si configurano almeno tre scenari:

y9 Paziente gestito completamente nelle strutture dell’Azienda (che quindi incide completa-mente sull’Azienda Sanitaria);

y9 Paziente gestito in parte in mobilità e in parte sul territorio afferente all’Azienda (a carico alla ASL solo per alcune aspetti: es. farmaci, assistenza domiciliare);

y9 Paziente gestito completamente fuori Azienda.

Mentre per un paziente del primo scenario (e almeno per alcune patologie quali ad es. la SLA) le Aziende possono disporre di tutte le informazioni, sia sul versante epidemiologico, che clinico ed economico, per uno del secondo i dati divengono parziali, ovvero solo quelli relativi alle attività erogate dall’Azienda; ovviamente sfuggono del tutto i dati di quei pazienti che sono trattati fuori dall’Azienda di afferenza, ad esempio perché gestiti dai Centri di Coordinamento regionale.

Tra l’altro questo dipende anche dal fatto che i Centri di Coordinamento regionale dispon-gono per lo più di fondi propri (sebbene ritenuti generalmente insufficienti) per la gestione dei pazienti.

Come detto, la carenza informativa non riguarda tutte le patologie: ad es. tutte le Aziende Sanitarie hanno dichiarato di possedere informazioni puntuali, anche di natura economica, sui pazienti affetti da specifiche patologie quali la SLA.

In Toscana il dato epidemiologico è gestito dall’Osservatorio regionale per tutte le pato-logie, mentre a livello aziendale rimangono registrate solo le informazioni per le patologie ad alto costo. Anche nelle Marche i dati epidemiologici sono reperibili dal registro regionale, ma l’assenza di collegamento con la banca dati anagrafica aziendale impedisce la tracciabilità del paziente, soprattutto in termini di assorbimento di risorse, se non per patologie quali la SLA.

In Campania si è evidenziata una criticità legata tanto alla carente individuazione della distribuzione dei costi e delle prestazioni erogate fra le diverse aree di competenza, quanto alla

15 ASL Sassari, AUSL 8 Arezzo, ASL Roma C, ASUR Marche, ASL Pescara, ASL Brescia, ASL Avellino, ARES 118 Lazio, ASL 2 Lucca, Ospedali Galliera Genova

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indisponibilità del dato di esenzione a livello aziendale, a sua volta causato dal mancato ricevi-mento tempestivo del certificato di attestazione dello stato di malattia da parte del Centro di Coordinamento/Presidio di riferimento.

Anche in questa Regione risulta, quindi, carente la gestione informatizzata e centralizzata dei pazienti con malattia rara, che invece è presente a livello regionale, ma solo su dati di natura epidemiologica.

In generale tutte le Aziende dichiarano l’impossibilità allo stato attuale di risalire al costo di gestione del paziente affetto da malattia rara.

Inoltre tutte le Aziende sono concordi nell’affermare che anche in realtà in cui esiste un’inte-grazione tra sistemi informativi aziendali ed registri regionali, non sono disponibili dati relativi all’assistenza domiciliare e residenziale, che pure incidono notevolmente sui costi assistenziali.

È frequente che anche presidi e alimenti non vengono contabilizzati se non come flussi aggregati.

Ancora una difficoltà che le Aziende incontrano è quella di individuare nei database ammi-nistrativi in maniera univoca i paziente affetti da malattia rara, poiché spesso si tratta di persone con comorbilità e con esenzioni anche per altre patologie: il sistema di codifica ICD 9 CM, così pure l’ICD 10, risulta sotto molti aspetti insoddisfacente non permettendo l’individuazione univoca delle singole malattie rare.

Un altro aspetto rilevante è quello della delimitazione dell’ambito delle malattie rare: alcune patologie, quali ad esempio la celiachia, per la loro elevata prevalenza (e l’ingente quantitativo di risorse economiche assorbite) è difficile poterle ancora considerare malattie rare.

Le Aziende hanno anche rilevato discriminanti di trattamento tra pazienti affetti da malattia rara riconosciuta (presente nell’elenco del D.M. n. 279/2001) e coloro che, affetti da malattia non riconosciuta (a causa del non aggiornamento dell’elenco delle malattie rare dal 2001), si ritrovano privi di esenzione.

Un ulteriore elemento su cui il Focus Group si è rivelato concorde, è l’importanza delle As-sociazioni dei Pazienti.

Tenendo conto, però, che mentre per alcune malattie rare esse riescono a svolgere un im-portante ruolo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e politica, per altre (quali quelle iper-rare, in cui il numero delle persone coinvolte è molto basso) rischiano di non avere ade-guato “peso”, creando ingiustificate iniquità.

In merito al finanziamento tutte le Aziende sono concordi, sebbene ricordiamo che le in-formazioni sui costi risultano largamente insoddisfacenti, che l’attuale sistema non consente di coprire economicamente i costi dell’assistito affetto da malattia rara. Solo il Lazio ha dichiarato che per alcune patologie, quali ad esempio l’emofilia, si dispone di adeguati fondi dedicati extra-budget aziendale.

Complessivamente, se viene riconosciuto il ruolo delle reti regionali sulle malattie rare (Centri di Coordinamento e Presidi di riferimento), in particolare per gli aspetti dia-gnostico-terapeutici, e quindi l’importanza dei registri delle malattie rare, che consentono di fornire un quadro epidemiologico completo della popolazione residente, a livello aziendale si ritiene che ci sia una soluzione di continuità tra il livello regionale e quello aziendale, al fine di

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

avere una visione globale del fenomeno. I manager aziendali, preso atto che è demandato delle Aziende stesse, una volta definita la diagnosi, prendere in carico il paziente sia dal punto di vista assistenziale, sia dal punto di vista economico, seppure avvalendosi della collaborazione di tutti gli Enti coinvolti (Centri di coordinamento, Presidi di riferimento, Associazioni dei pazienti, caregiver ecc.), ritengono che vada rafforzato e ridefinito l’impianto organizzativo regionale aziendale.

Interventi a tal fine necessari appaiono essere:

y9 l’implementazione di una unica banca dati (anagrafica, anagrafica esenzioni, prestazioni erogate) per assistito, provvista di apposita evidenza per le malattie rare, a sua volta integrata con i dati epidemiologici contenuti nel registro regionale, al fine di poter consentire all’A-zienda una corretta programmazione e gestione delle risorse.

y9 l’integrazione dell’informazione relativa alla presenza di malattia rara nelle banche dati a disposizione del Servizio di Emergenza Urgenza 118, in modo che possano essere garantiti percorsi d’intervento specifici.

y9 l’istituzione nelle ASL di una unità centrale dedicata alle malattie rare con funzioni di coor-dinamento, raccolta dati, elaborazione di PDTA ecc.

y9 la revisione del sistema di codifica delle malattie rare (già previsto nella bozza del Piano Nazionale malattie Rare 2013 2016) e l’aggiornamento costante dello stesso.

y9 l’istituzione di Centri di coordinamento anche a livello aziendale che, oltre a supportare il cittadino nel percorso dal sospetto di diagnosi di malattia rara al monitoraggio della stessa, creino anche una cultura (formazione e informazione) sul tema, mirante a colmare e quei gap informativi esistenti tra i professionisti sanitari e i caregiver; tale procedura risulta essere già implementata nell’ASL di Brescia, che potrebbe quindi rappresentare una best practice per la gestione dei pazienti con malattia rara.

y9 la definizione e/o il monitoraggio dei percorsi per l’ottenimento dell’esenzione, volti ad una centralizzazione della procedura.

y9 la revisione del sistema di esenzioni, tenendo conto in particolare del diverso assorbimento di risorse economiche a seconda delle patologie.

y9 la determinazione, dove non già presente, di un finanziamento ad hoc a livello regionale

y9 la promozione di una maggiore attività formativa rivolta a professionisti sanitari, MMG/

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PLS, pazienti e caregiver/familiari sui percorsi diagnostico-terapeutici (come peraltro già previsto nella bozza del PNMR) e per la realizzazione di percorsi di presa in carico del paziente.

y9 la presenza istituzionale e inderogabile nell’ambito dei Comitati Etici aziendali del referente aziendale delle malattie rare, considerando che sempre più spesso viene richiesta l’erogazio-ne di farmaci, di presidi o di cure sperimentali in favore di malati rari con notevoli oneri economici a carico dell’Azienda.

Molti degli aspetti emersi sono già presenti tra le aree di intervento previste nella bozza del PNMR, quali ad esempio la formazione e informazione dei professionisti, MMG/PLS pa-zienti e caregiver/familiari, come anche la ricodifica delle malattie rare, ecc.; ma diversi aspetti contenuti nel Piano destano preoccupazione a livello aziendale, in particolare nei loro aspetti implementativi: le aziende di alcune Regioni hanno, ad esempio, manifestato una potenziale difficoltà nel promuovere Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali dedicati e i relativi audit clinici.

Inoltre il Piano sembra aver sottovalutato l’aspetto dello sviluppo del sistema informativo aziendale, quale strumento di monitoraggio integrato con i sistemi informativi regionali (regi-stro delle malattie rare, ecc.), andando oltre la rilevazione di dati prettamente epidemiologici.

Solo un sistema informativo integrato può consentire una governance davvero efficace ed efficiente della presa in carico, coniugando l’aspetto clinico, quello organizzativo e quello ge-stionale.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

5. Appendice

Il Centro Territoriale per le Malattie Rare dell’ASL di BresciaCarmelo Scarcella16, Fulvio Lonati17

Le Malattie Rare (MR), per definizione poco frequenti, quindi tendenzialmente poco co-nosciute e meno studiate, dispongono di un’offerta socio-sanitaria non altrettanto presente ed efficace come per le altre patologie.

Di fronte a patologie non conosciute o conosciute in modo molto superficiale per la loro bassa frequenza, il medico ha necessità di documentazione ed informazione che non sempre viene soddisfatta da fonti aggiornate ed esaustive. Il passo successivo è quello di indirizzare i pazienti a strutture idonee con il timore di trovarsi di fronte ad una realtà sanitaria che offre talvolta scarsa possibilità di scelte diagnostiche e terapeutiche.

Tutto questo determina un aggravamento della sofferenza intrinseca della malattia e la ne-cessità, per il malato e i familiari, di sottoporsi ad una “migrazione sanitaria”, potendosi ri-volgere solo a pochi centri specializzati, con tutti i disagi e le preoccupazioni che ne possono derivare.

Alla luce di tali valutazioni, accompagnate dalla crescente attenzione da parte del Ministero della Salute e delle Regioni che stanno promuovendo lo sviluppo di Reti per le MR, l’ASL di Brescia18 ha scelto di affrontare la problematica attivando il Centro Territoriale per le Malattie Rare dell’ASL di Brescia (CTMR).

Si è ritenuto infatti che l’ASL, ente deputato a livello locale a coordinare operativamente tutti gli sforzi necessari attorno alla persona malata e alla sua famiglia, sia chiamato a mettere in atto modalità organizzative o funzionali, esplicitate pubblicamente, finalizzate a facilitare a livello locale la presa in carico e l’accompagnamento lungo il percorso diagnostico-terapeuti-co-assistenziale della persona affetta da MR.

Il CTMR, istituito formalmente con deliberazione dell’ASL di Brescia n. 83 del 17.02.2009, è una articolazione organizzativa dedicata, finalizzata ad evidenziare ed affrontare aspetti e cri-ticità peculiari delle MR e tesa a risolvere la frammentarietà degli interventi rispondendo alle particolari, e talvolta eccezionali, esigenze di tali malati e dei loro famigliari.

Si ritiene che dall’esperienza del CTMR, presentata nel presente contributo, sia agevolmen-te possibile trarre indicazioni di ordine metodologico-strategico a carattere generale, esportabili in altri contesti.

La strutturazione delle funzioni e dell’organizzazione del CTMR si è basata innanzitutto su una attenta analisi delle criticità esistenti, di seguito sinteticamente esposte.

Carenza di percorsi assistenzialiLa diffusione disomogenea sul territorio di conoscenze e competenze in tema di MR uni-

tamente a ragioni storiche, sociali e culturali hanno determinato disuguaglianze anche marcate

16Direttore Generale dell’ASL di Brescia17Direttore Dipartimento Cure Primarie dell’ASL di Brescia

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nello sviluppo e nell’applicazione dei percorsi assistenziali delle MR. Accanto a patologie per le quali il legislatore ha provveduto alla creazione di registri nazionali, come l’ipotiroidismo congenito, o di centri regionali come per la fibrosi cistica, od altre che, pur non essendo oggetto di normativa specifica, hanno suscitato particolare attenzione come la talassemia, la maggior parte delle MR sono orfane anche di percorsi assistenziali riconosciuti e condivisi, con rilevanti disparità di trattamento dei pazienti.

Andamento cronico e talvolta invalidanteIl frequente andamento cronico e non di rado invalidante delle MR richiede spesso l’inte-

ressamento di una serie di operatori socio-sanitari.Le numerose MR che esordiscono in età infantile richiedono un coordinamento tra gli

interventi di prevenzione, diagnosi, trattamento, assistenza psicologica, riabilitativa e sociale, anche nelle età successive e, spesso, per tutta la vita.

È fondamentale sviluppare in questo ambito strumenti adeguati di organizzazione e comu-nicazione.

Difficoltà diagnosticheI dati europei confermano questa difficoltà di riconoscere gli eventi rari da parte degli ope-

ratori sanitari. In particolare i percorsi diagnostico-assistenziali sono complicati dalla rarità dei presidi sanitari di riferimento e dalla loro disomogenea distribuzione sul territorio.

La maggior parte delle MR richiedono prestazioni multidisciplinari e multi-specialistiche, intendendo con ciò una rete di attività integrate e dedicate alla specifica patologia. La scarsa numerosità dei malati crea inoltre difficoltà nella ricerca e nella realizzazione di sperimentazioni cliniche.

Scarsità di opzioni terapeuticheMolti farmaci per la terapia delle MR non sono disponibili sul mercato o sono difficilmente

reperibili poiché le case farmaceutiche non investono nella produzione e commercializzazione di questi medicinali, i quali, essendo di uso molto limitato, non sono remunerativi dal punto di vista economico.

La mancanza di un ritorno economico rappresenta inoltre un ostacolo allo sviluppo di ri-cerche nel campo delle MR in generale ed in particolare alla sperimentazione di nuovi farmaci.

È questa condizione a rendere effettivamente “orfani” tali farmaci.L’interesse è quello di concentrare, non solo a livello europeo ma mondiale, l’attenzione

sulle MR e sui farmaci orfani per permettere ai pazienti affetti da MR di usufruire dei benefici derivanti dalle nuove terapie; la strada intrapresa è appena all’inizio ma la possibilità di ottene-re incentivi in questo campo ha permesso di avviare nuove sperimentazioni mirate ai farmaci orfani.

Impatto emotivo e solitudine di fronte alla malattiaI pazienti e le loro famiglie vivono un’esperienza di solitudine doppiamente dolorosa: per la

18Azienda Sanitaria Locale della Regione Lombardia che assiste una popolazione di circa 1.165.000, residenti in un territorio composto da 164 comuni, articolati su 12 Distretti Socio-Sanitari; vi operano circa 720 Medici di Medi-cina Generale e 130 PLS; la rete delle strutture di ricovero e cura accreditate è composta da 3 Aziende Ospedaliere, 13 Strutture Private Accreditate, 2 IRCCS, per un totale di 28 presidi ospedalieri.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

malattia e per la sua rarità, che la porta ad essere poco conosciuta e poco riconosciuta. Quasi inconsapevolmente la famiglia e il paziente vivono la malattia come una colpa.

È per queste ragioni che un’adeguata informazione, non solo rivolta ai diretti interessati ma anche a chi li circonda, è un ottimo strumento perché la malattia rara non sia vissuta come patologia “dell’altro”, quindi “del diverso” e chi ne è affetto non la viva come una condanna.

Sulla base di tali considerazioni sono stati individuati gli elementi organizzativi caratteriz-zanti il CTMR, che vengono ora esposti in forma schematica.

Obiettivi del CTMRIl CTMR si pone quale struttura di riferimento locale, tesa a fornire le risposte più adeguate

ai sempre numerosi e svariati quesiti posti dai pazienti/utenti; vuole inoltre contribuire alla integrazione tra presidi di rete e le diverse realtà socio-sanitaria, a garanzia della migliore e più razionale assistenza ai pazienti.

Assetto logistico del CTMRyy Si avvale dell’apporto professionale di operatori appositamente incaricati ed individuati

sulla base di specifica esperienza professionale,

yy Dispone di una postazione telefonica con orario dedicato alla utenza (cittadini, operatori, associazioni, ecc.);

yy Si avvale della consulenza e del supporto del Comitato Tecnico Scientifico individuato dalla ASL, presieduto dal Direttore Sanitario dell’ASL e costituito dai referenti degli specialisti operanti presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate nelle aree rappresenta-tive delle MR;

yy Nello svolgimento della sua attività il CTMR si interfaccia con le strutture territoriali depu-tate all’assistenza sia nella sua componente sociale che sanitaria.

Funzioni del CTMRyy Informazione all’utenza ed agli operatori sanitari;

yy Collaborazione e cooperazione con le associazioni dei pazienti e con le istituzioni che a vario titolo si occupano di MR;

yy Gestione della sezione “Malattie Rare” appositamente creata nel sito dell’ASL di Brescia con la finalità di esporre una pagina continuamente aggiornata, disponibile sia per i cittadini che per gli operatori sanitari;

yy Supporto tecnico e di orientamento al paziente ed alle famiglie,

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yy Supporto e sostegno psicologico alle famiglie;

yy Studio e monitoraggio epidemiologico delle MR nel territorio dell’ASL;

yy Supporto e promozione di iniziative formative specifiche rivolte ad operatori del settore;

yy Promozione attività ed iniziative di ricerca e sperimentazione nell’ambito delle MR;

yy Collaborazione/supporto con le altre articolazioni aziendali nella gestione dei servizi rivolti ai soggetti affetti da MR;

yy Raccordo e riferimento univoco per il Centro di Coordinamento Regionale per le MR.

Attività del CTMRyy Consulenza telefonica, anche in differita, ad utenti, operatori, associazioni, ecc.;

yy Aggiornamento della pagina dedicata nel sito;

yy Supporto/collaborazione con il Comitato Tecnico Scientifico;

yy Collaborazione e gestione di gruppi di lavoro attivi su focus tematici per le singole patologie;

yy Comunicazione pubblica dell’attività del CTMR mediante conferenze stampa ed articoli informativo/divulgativi;

yy Attuazione di eventi informativi e workshop rivolti agli operatori sanitari, associazioni, altri interlocutori che possono essere i primi destinatari dell’attività del CTMR.

Iniziative di comunicazione del CTMRPer facilitare il contatto da parte di utenti ed operatori, il CTMR promuove iniziative di-

versificate di pubblicizzazione, anche con comunicati e conferenze stampa; a tal proposito, si riporta la locandina diffusa presso studi dei medici e pediatri di famiglia, farmacie, strutture sanitarie di ricovero, ambulatori medici, consultori, servizi sociali, comuni, per pubblicizzare attività e riferimenti del CTMR.

La Commissione Forniture StraordinarieIn riferimento a situazioni eccezionali dal punto di vista clinico e/o assistenziale, l’ASL di

Brescia si è dotata di una “Commissione Forniture Straordinarie”, organismo medico collegiale istituito formalmente, che vaglia e decide in merito alla singola richiesta di forniture di ausili

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

protesici, presidi medico-chirurgici e farmaci non erogabili tramite le normali modalità di fornitura a carico del SSR e non previsti dai LEA. La maggior parte delle forniture autorizzate riguarda assistiti affetti da malattia rara o orfana, la cui richiesta di forniture é valutata in colla-borazione con il Centro per le Malattie rare ASL e, laddove necessario, in accordo con i Centri Regionali di riferimento per le stesse.

Si evidenzia che, per i soggetti affetti da MR, la normativa prevede iniziative particolari di assistenza a carico del SSN solo in materia di farmaci: i medicinali di fascia C infatti, mediante il Piano Terapeutico redatto da un Centro Regionale di riferimento per le MR, possono essere posti a carico del Servizio Sanitario. La normativa vigente non fa invece alcun riferimento ad ausili o presidi medico chirurgici.

La Commissione valuta appropriatezza, beneficio clinico e relativi costi dell’intervento ri-chiesto che riguarda esclusivamente situazioni a carattere eccezionale per ausili, dispositivi e presidi medico-chirurgici non previsti dalle norme nazionali e/o regionali ma che risultano essere indispensabili e insostituibili per lo specifico caso, quali ad esempio:

yy prodotti per la nutrizione artificiale domiciliare con caratteristiche non ordinarie;

yy aspiratori, apparecchi assistenti alla tosse, saturimetri, cardiomonitor con caratteristiche particolari, specie nel caso di piccoli bambini;

yy prodotti cosmetici che assumono un significato propriamente terapeutico/preventivo per malattie dermatologiche rare/orfane.

La formazione e il sostegno del caregiver familiareSe da un lato la famiglia svolge una funzione protettiva della persona affetta da MR, dall’al-

tro è presumibilmente portatrice di una forte domanda di tutela e aiuto, tanto più quando sono presenti importanti compromissioni funzionali e/o sono necessari supporti assistenziali “pesanti”.

Il caregiver, nella stragrande maggioranza dei casi inesperto, si trova catapultato a svolgere un ruolo per il quale si sente inadeguato, come testimonia la distanza incolmabile spesso per-cepita tra quantità delle richieste e bisogni del malato, da un lato, e bisogni personali e risorse disponibili da parte del caregiver, dall’altro.

Per questo, il CTMR dedica particolare attenzione a sostenere il lavoro di cura dei familiari, promuovendo o partecipando a diverse iniziative di sostegno del caregiver:

yy percorsi di training educativo ed informativo incentrato sul potenziamento delle capacità di “problem solving” (affrontare e risolvere i problemi) e delle strategie di “coping” (affrontare e fronteggiare lo stress);

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yy “counselling”, per offrire supporto emotivo immediato, attraverso il dialogo e l’interazione duale con un consulente;

yy supporto telefonico e servizi informativi in rete;

yy gruppi di auto mutuo aiuto, in cui è possibile confrontarsi con altri carer, prendendo cono-scenza delle proprie difficoltà e potenzialità;

yy un servizio sperimentale di baby sitter, per consentire brevi interventi di sollievo ai familiari di bambini con MR, mediante accessi a domicilio di operatori appositamente formati.

Il quadro epidemiologico locale delle MRCome già precisato, il CTMR si occupa di monitorare dal punto di vista epidemiologico le

malattie rare nel territorio: a fine 2012, risultavano in carico all’ASL di Brescia 6.081 assistiti affetti da malattia rara, identificata mediante la relativa esenzione per patologia rara; rispetto a fine 2010, anno di piena messa a regime del CTMR, l’aumento è stato di 1.146 assistiti (+23,2%).

Le patologie riscontrate afferiscono a 22 diverse categorie comprendenti 208 diverse forme patologiche. Il gruppo più rappresentato è quello delle malattie delle ghiandole endocrine e del metabolismo e dei disturbi immunitari, seguito dalle malformazioni congenite e dai disordini del sistema osteo muscolare e del tessuto connettivo, come evidenziato nella tabella. Si eviden-zia che, riferendosi i dati esposti al totale della popolazione dell’ASL di Brescia, composta da circa 1.165.000 persone, i numeri assoluti riscontrati sono approssimabili alla prevalenza per milione di abitanti.

Valutazioni conclusiveLa positiva esperienza condotta dal CTMR consente di suggerire la possibilità e l’oppor-

tunità che, presso ciascuna ASL, siano attivate modalità organizzative o funzionali, esplicitate pubblicamente, finalizzate a facilitare a livello locale la presa in carico e l’accompagnamento lungo il percorso diagnostico-terapeutico assistenziale del malato affetto da malattia rara, pre-vedendo in particolare le seguenti funzioni:

1. facilitazione della comunicazione tra MMG/PLS, specialisti, centri di riferimento per le malattie rare;

2. attivazione di una apposita commissione medica locale per garantire la fornitura di presidi indispensabili e insostituibili non previsti dai LEA;

3. possibilità di attivare un supporto psicologico per il malato affetto da malattia rara e/o la famiglia e/o i caregiver, da parte di operatori specificamente orientati/formati.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Tabella 1.

Distribuzione e frequenza delle MR nell’ASL di Brescia (Dicembre 2012)

MACROGRUPPI CATEGORIA DIAGNOSTICA N % SUL TOTALE

Malattie delle Ghiandole Endocrine,del Metabolismo e Disturbi Immunitari 1.271 20,60%

• Amiloidosi primarie e familiari

• Alterazioni congenite del metabolismo del ferro

• Disturbi del metabolismo e del trasporto degli amminoacidi

• Iperaldosteronismi primitivi

• Altre malattie endocrino-metaboliche

226 3,60%

221 3,50%

100 1,60%

96 1,50%

628 10,20%

Malformazioni Congenite 1.185 19.2%

Malattie del Sistema Osteomuscolare e del Tessuto Connettivo 776 12,60%

• Connettiviti indifferenziate

• Altre malattie del sistema osteomuscolare

597 9,60%

179 2,90%

Malattie degli Organi di Senso 682 11,00%

• Cheratocono• Altre malattie organi di

senso

564 9,00%

118 1,90%

Malattie del Sistema Nervoso 640 10,40%

• Distrofie muscolari e miotoniche

• Malattie spino-cerebellari

• Neuropatie ereditarie• Sclerosi laterali

amiotrofica• Altre malattie del sistema

nervoso

181 2,90%

76 1,20%

72 1,20%

64 1,00%

247 4,00%

Malattie del Sangue e degli Organi Emopoietici 640 10,40%

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• Difetti ereditari della coagulazione

• Anemie ereditarie• Altre malattie del sangue

313 5,00%

258 4,10%

69 1,10%

Malattie del Sistema Circolatorio 394 6.3%

Malattie della Pelle e del Sottocute 199 3.2%

Malattie dell’Apparato Digerente 82 1.3%

Altre Malattie 312 5,10%

• Neurofibromatosi• Altre malattie

219 3,50%

93 1,50%

TOTALE 6.234 100,00%

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

6. Bibliografia

1. Parlamento Europeo e del Consiglio, Decisione n. 1786/2002/CE, Gazzetta Ufficiale n. 271 del 9.10.2002.

2. Parlamento europeo e del Consiglio del Parlamento europeo “Orphan Medicinal Product Regulation”, Regola-mento CE n. 141/2000, 16.12.1999.

3. Commissione Europea “Commission Communication on Rare Diseases: Europe’s challenge”, 2008.

4. Consiglio Europeo, Raccomandazione del Consiglio Europeo n. 151 su un’azione nel settore delle malattie rare, Giugno 2009.

5. European Union Committee of Experts on Rare Diseases (EUCERD), “2012 Report on the state of the art of rare disease activities in Europe of the European Union Committee of Experts on Rare Diseases. Part I: Overview of Rare Disease Activities in Europe”, 2012.

6. Ministry of health and social policy, “Rare Diseases Strategy of the Spanish National Health System”, 2009.

7. Ministére de la Santé et de la protection sociale, “French National Plan for Rare Diseases 2005 – 2008 Ensuring equity in the access to diagnosis, treatment and provision of care”, Novembre 2004.

8. Ministére de la Santé et de la protection sociale, “Plan national maladies rares 2011 2014: Qualité de la prise en charge, Recherche, Europe: une ambition renouvelée”, 2010.

9. Ministero della Salute, “Bozza di Piano Nazionale delle Malattie Rare 2013 2016”, Dicembre 2012.

10. D. Taruscio, “Il Registro Nazionale e I Regiostri regionali/interregionali delle malattie rare. Rapporto 2011” Istituto Superiore di Sanità, 2011.

11. Ministero della Salute, “Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla par-tecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124”, D.M. n. 279 del 18.5.2001.

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Credits

Il presente Rapporto è stata realizzato da un team di ricerca dell’Università di Roma Tor Ver-gata, coordinato dal Prof. Federico Spandonaro, con la collaborazione di Rosanna Di Natale (Federsanità ANCI), Paolo Sala (Orphan Europe) e Giuseppe Greco (Ketchum).

Team di ricerca

Supervisione scientificaProf. Federico Spandonaro (coordinamento) - Università di Roma Tor Vergata - EconomistaDaniela d’Angela (Univ. di Roma Tor Vergata e CREA Sanità) - IngegnereBarbara Polistena (Univ. di Roma Tor Vergata e CREA Sanità) - Statistico

CollaboratoriAnna Chiara Bernardini (Univ. di Roma Tor Vergata e CREA Sanità) - EconomistaMarcello Galiano (Univ. di Roma Tor Vergata e CREA Sanità) - IngegnereValentina Lista (Univ. di Roma Tor Vergata e CREA Sanità) - EconomistaCarlotta Bettanini (Federsanità ANCI) - Raccolta dati

Focus Group

Hanno partecipato ai Focus Group le seguenti aziende sanitarie, associate a Federsanità ANCI:A USL 8 di Arezzo, ASL Avellino, ASL Bari, ASUR Marche, ARES 118 Lazio, ASL BresciaASL Sassari, ASL Roma C, ASL Pescara, ASL 2 Lucca, Ospedali Galliera Genova, Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza Torino.

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seconda parte

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Questa seconda parte del Rapporto raccoglie i contributi dei partecipanti alla Tavola Rotonda del 9 luglio 2013

al Ministero della Salute

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interventi

• Renza Barbon Galluppi Presidente Federazione Italiana Malattie Rare UNIAMO F.I.M.R. Onlus 72

• Domenica Taruscio Direttore Centro Nazionale Malattie Rare Istituto Superiore di Sanità 74

• Giacomo Milillo Segretario Federazione Italiana Medici Medicina Generale 76

• Luisa Muscolo Dirigente Ufficio Coordinamento OsMed e HTA A.I.F.A. 77

• Massimo Scaccabarozzi Presidente Farmindustria 79

• Micaela Cerilli Sezione Qualità e Accreditamento AGE.NA.S. 82

• Tonino Aceti Coordinatore Nazionale Tribunale per i Diritti del Malato 84

• Paola Facchin Coordinatore Tavolo Malattie Rare Conferenza Stato-Regioni 87

• Paolo Sala Country Manager Orphan Europe Italy 91

• Bruno Dallapiccola Coordinatore Orphanet Italia 92

• Amedeo Bianco Commissione Igiene e Sanità del Senato 94

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Renza Barbon Galluppi, Presidente Federazione Italiana Malattie Rare UNIAMO F.I.M.R. Onlus

Uno dei nodi principali della rete per le malattie rare è il “centro di Competenza” citato nel datato Decreto Ministeriale 279/2001 con la definizione di “presidio della rete”. Dal 2001 ad oggi la definizione è cambiata grazie al grande impegno europeo sul tema delle malattie rare. L’Unione Europea ha, infatti, dapprima consultato i cittadini interessati al tema delle malattie rare (2008): l’esito della consultazione pubblica si è trasformato in una consapevolezza da parte del Consiglio Europeo che di questo argomento di “sanità pubblica” ce se ne dovesse occupare al punto di elaborare una “comunicazione sulle malattie rare” (COMUNICAZIONE DELLA COM-MISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Le malattie rare: una sfida per l’Europa {SEC(2008)2713} {SEC(2008)2712}).

Una specie di libro bianco dove venivano elencate tutte le possibili azioni da intraprendere per fa si che le Malattie Rare entrino a far parte dei sistemi sanitari e sociali dei diversi Stati membri. Da qui, anche la consapevolezza che non si può fare tutto, ma è necessario darsi delle priorità. Nel giugno del 2009 il Consiglio d’Europa emana le Raccomandazioni sulle malattie rare (un’azione nel settore delle malattie rare dell’8 giugno 2009 2009/C 151/02).

Sette principali priorità1 che gli Stati membri sono invitati ad osservare e ad inserire nei loro programmi d’azione nazionali.

Una delle sette priorità sono appunto i “Centre of expertise” classica definizione inglese tradot-ta in italiano con “centri di competenza” grazie ad un lavoro, promosso da UNIAMO F.I.M.R. Onlus e condiviso tra tutti i portatori d’interesse, dalla durata di 18 mesi, che oltre ad elaborare la definizione di centro2 ha anche elaborato una serie di criteri oggettivi per la valutazione della qualità di tali centri. Un modello particolarmente innovativo di auditing civico, attualmente in fase di sperimentazione grazie ad una successiva progettualità finanziata da Agenas che dovreb-be concludersi nella primavera 2014.

1 I. PIANI E STRATEGIE NEL SETTORE DELLE MALATTIE RARE II. DEFINIZIONE, CODIFICAZIONE E INVENTARIAZIONE ADEGUATI DELLE MALATTIE RARE III. RICERCA SULLE MALATTIE RARE IV. CENTRI DI COMPETENZE E RETI EUROPEE DI RIFERIMENTO PER LE MALATTIE RARE V. RIUNIRE A LIVELLO EUROPEO LE COMPETENZE SULLE MALATTIE RARE VI. RESPONSABILIZZAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI DEI PAZIENTI VII. SOSTENIBILITÀ

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Il paziente ben consapevole del suo modello ideale di assistenza ha quindi stimolato i portatori d’interesse ad avviare una “community per le malattie rare”: un luogo virtuale ma nello stesso tempo fisico dove tutti gli attori si mettono in gioco per il bene del malato raro. Si è avviato così un processo di partecipazione innovativo3 che ha permesso un lavoro di squadra e dove parte dei suoi risultati sono già stati ripresi nella prima Bozza di Piano Nazionale Malattie Rare che il Ministero della Salute ha elaborato e che da qui a breve verrà trasmesso alla Conferenza Stato Regioni.

Ecco perché ho aperto la Tavola Rotonda focalizzando l’intervento sulla necessità di elaborare un percorso strutturato: tradurre nell’operatività quotidiana il modello ideale di assistenza de-finito dai malati rari e dai loro famigliari, sempre all’interno di un tavolo di condivisione con tutti i portatori d’interesse, attraverso il confronto con alcune interessanti esperienze del settore ma anche di altri ambiti sanitari al fine di individuare gli elementi che caratterizzano una buona pratica assistenziale nel settore delle malattie rare. Per esempio la definizione di un DRG che riconosca la complessità della persona con MR, elaborare un percorso di transizione dall’età pediatrica all’adulta, una codifica capace di unificare tutte le varie codifiche ad oggi esistenti, un’azione capace di omogenizzare l’accessibilità dei farmaci che ad oggi è diversa da regione a regione ed infine la consapevolezza che se davvero se si vuole mettere a sistema le malattie rare è necessario un investimento economico: non vi può essere una riorganizzazione del sistema senza una riallocazione delle risorse. Pertanto è necessario che per il Piano Nazionale Malattie Rare venga prevista una copertura finanziaria o che venga proposta dal Governo una legge quadro sulle Malattie Rare.

2 I centri di Competenza sono unità funzionali, costituiti da una o più unità organizzative/operative, dove si gestisce il percorso dia-gnostico per giungere il più precocemente possibile all’individuazione della patologia e dove si definisce il percorso socio-sanitario globale individuale della persona con malattia rara. Tali Centri devono garantire competenze specialistiche multidisciplinari diagnostiche, terapeutiche e assistenziali, finalizzate al mantenimento delle funzioni e dell’autonomia, alla qualità della vita, alla dignità della persona e all’inserimento nei diversi contesti familiari e sociali. Devono quindi necessariamente avere un ampio bacino d’utenza e sviluppare ricerca clinica. I Centri di Competenza devono mantenere i legami tra le azioni poste in atto dai diversi attori coinvolti nell’assistenza comprese le reti ospedaliere e quelle territoriali per l’assistenza primaria e riabilitativa, mantenere la storia clinica e l’evoluzione sanitaria del malato anche nel passaggio tra età pediatrica ed età adulta.

3 Iniziato con la Conferenza Europlan, tenutasi a Firenze dal 10 al 12 novembre 2010 e tutto il percorso organizzativo che ne ha preceduto la realizzazione, e tutt’ora in corso.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Domenica Taruscio - Direttore Centro Nazionale Malattie Rare Istituto Superiore di Sanità*

Molto è stato fatto nel settore della malattie rare in Italia, molto si deve fare. Cerchiamo di fare chiarezza: esistono attività ben consolidate, ruoli ben consolidati. E quindi è importante coinvolgere gli attori in questo tipo di analisi. Gli attori che da anni si sono impegnati, che conoscono l’universo delle malattie rare in Italia, che è molto articolato. Con questo non vorrei dire che non c’è da fare o che abbiamo un sistema meraviglioso: molto c’è da migliorare ovvia-mente. Tuttavia vorrei porre l’accento sul fatto che abbiamo una delle storie in Europa più forti nella presa in carico dei pazienti con malattie rare, su questo penso che potranno rispondere meglio di me e in maniera più appropriata i colleghi e le colleghe qui intorno a questo tavolo, che poi sono i responsabili dei singoli nodi: dal livello centrale, regionale, fino ad arrivare ai presidi e al territorio. C’è un sistema articolato, regolamentato, preciso. Da questo punto di vista vi invito a ripensare il Rapporto, per cui do la mia piena disponibilità, come Istituto Su-periore di Sanità. Vi invito a rivedere e a implementare questa analisi, ad esempio allargando il campione d’indagine.

Innanzitutto sono molto fiera di essere il responsabile scientifico di Europlan e di aver vinto il relativo bando, che non è stato quindi affidato dalla Commissione all’Istituto, ma in qualità di ricercatrice ho presentato un progetto nel 2008, che ha vinto e che è citato nella raccomanda-zione del Consiglio d’Europa, dunque ha un certo rilievo. Sono fiera anche del fatto che piano piano nonostante la fatica anche il nostro Paese si è impegnato ad avere un Piano nazionale, perché sarebbe ironia della sorte che il Paese del coordinatore europeo non avesse il suo piano. Il Piano nazionale vuole essere fortissimamente un framework: un’inquadratura in cui i discorsi iniziati nel corso degli anni e dei decenni scorsi e i vari tasselli vanno al loro posto. Un tentativo di fare chiarezza, ma anche di potenziare l’esistente, dove possibile, nonostante le ristrettezze economiche.

Cosa c’è da fare in più? Sicuramente il tema dell’appropriatezza va affrontato; i sistemi informa-tivi esistono, ma vanno fatti comunicare meglio, non dobbiamo ricominciare da zero. Esistono, vanno fatti funzionare. Un tema importante, come suggerito dal Consiglio d’Europa, è il tema del monitoraggio, che deve essere tra le priorità del nostro Piano, e va tenuto sotto controllo; assolutamente d’accordo sulla appropriatezza, sia delle strutture sia degli atti, ma soprattutto monitorare questa attività. C’è da dire che molti sforzi sono già stati fatti, e io che mi vanto di essere un ricercatore posso dire che mi sono posta questo problema anche a livello progettuale. Per esempio abbiamo vinto un nuovo progetto “RER - BEST PRACITICES”, ovvero uno strumento per far emergere le best practices, anche attraverso e nonostante i piccoli numeri, l’evidence based medicine e portarle e condividerle. Quindi non partiamo da zero, non sempre dobbiamo rifare tutto, ma possiamo calare le best practices nelle realtà territoriali. La formazio-ne è una svolta e deve essere fatta, non in maniera caotica. Perché in realtà si fa già tantissimo

* Testo dell’intervento al workshop, non rivisto dall’autore.

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all’interno del nostro territorio, non so con quanta efficacia. Su questo va fatta una grossa ri-flessione, vanno monitorate e soprattutto fatte in sinergia. Non ha senso che ogni stakeholder si faccia le sue iniziative e poi non si confronta con gli altri. Appunto se vedo qualcosa è proprio questo, mancanza di sinergie, mancanza di comunicazione e di flussi informativi.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Giacomo Milillo, Segretario Federazione Italiana Medici Medicina Generale

In linea di principio, i percorsi diagnostico-terapeutici, definiti dal medico di medicina gene-rale insieme agli altri professionisti, possono essere delineati in modo generalistico ma risulta sempre più necessaria la massima personalizzazione dell’intervento. Ciò vale per tutte le pato-logie e ovviamente per le malattie rare in modo particolare.

La Fimmg da tempo promuove l’introduzione di una certa flessibilità organizzativa ed una autonomia professionale che consentirebbe di gestire e concentrare l’attenzione sui singoli casi. Purtroppo il nostro sistema sanitario sembra paralizzato dalla burocrazia!

La medicina proattiva, infatti, non significa solo diagnosi precoce ma allo stesso tempo va rife-rita ad un nuovo modo di lavorare insieme, in cui i professionisti (mmg, pediatri, infermieri, assistenti sociali, ecc), attraverso strumenti di comunicazione anche telematici, abbiano un alto livello di autonomia anche nella gestione delle risorse con conseguentemente obbligo di rendi-contazione. L’ICT è lo strumento utile anche per quantificare i costi ed imparare dagli errori.Questo l’impegno che la Medicina Generale sta cercando di portare avanti.

In merito alla necessità di ottenere risorse e finanziamenti aggiunti, che tutti auspichiamo ma realisticamente difficili da ottenere nel medio e lungo periodo, risulta alquanto inspiegabile la scelta di continuare a distribuire risorse a pioggia, ad esempio ripartendo attraverso l’INPS 14 milione di euro in maniera assolutamente indistinta, piuttosto che finanziare profili di assisten-za rispondenti ai reali bisogni dei singoli individui. Bisogni che sono, nel caso di malattie rare come di altre malattie cosiddette “catastrofiche”, anche economici.

Le malattie rare rappresentano una “sfida”, una complessità, che necessita di un impegno parti-colare ed integrato per arrivare a risposte complete. Ciò tuttavia può essere valido in via gene-rale, la complessità può presentarsi infatti in qualunque soggetto.

Per quanto riguarda i sistemi informativi, quelli che possiamo definire “dedicati” non sono più necessari o sufficienti. L’esigenza di tutela della salute di tutta la popolazione impone di arrivare ad un sistema informativo più generale, che sia in grado di raccogliere le informazioni necessa-rie per ciascuno ed utilizzabili da tutti. Solo così è possibile realizzare una vera governante del sistema.

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Luisa Muscolo, Dirigente Ufficio Coordinamento OsMed e HTA A.I.F.A.

L’assistenza ai malati rari a livello aziendale è una questione che investe l’AIFA limitatamente all’accesso alla terapia farmacologica. A tale scopo l’Agenzia può contribuire alla presente Tavo-la Rotonda fornendo una breve panoramica sulla situazione reale dei farmaci orfani disponibili in Italia.Il dato aggiornato all’anno 2012 sul numero di molecole autorizzate è il seguente: 65 prodotti autorizzati a livello centralizzato (EMA), dei quali 47 autorizzati e commercializzati in Italia (72%). Delle restanti 18 molecole, 8 di queste non sono state mai oggetto di richiesta di prezzo e rimborso da parte dell’azienda farmaceutica; mentre i restanti 10 prodotti sono tutti sotto la procedura di negoziazione e comunque alcuni di questi erano già disponibili per i pazienti, grazie alla Legge n. 648 del 1996 (e.g. vindaquel, siklos, plenadren, adcetris).

Dei 47 farmaci commercializzati, (per un totale di 74 confezioni), il 92% di questi farmaci è rimborsato dal SSN (classe A e H) e l’8% è disponibile in classe C (Cayston, Firdapse, Pedea, Peyona, Savene e Toby).

Il 38% delle molecole orfane appartiene alla categoria degli antineoplastici (L), seguito dal 23% dei farmaci del tratto alimentare che assieme all’11% del cardiovascolare coprono il 72% di tutte le categorie terapeutiche dei farmaci orfani.

La spesa dei farmaci orfani per l’anno 2012 è di circa 670 milioni di euro, che corrisponde all’8% della spesa ospedaliera. Rispetto al 2007 la spesa è aumentata del 155%. Per quanto ri-guarda i consumi misurati in DDD, il consumo dei farmaci orfani al 2012 è di circa 5 milioni e 900 DDD con un aumento rispetto al 2007 pari al 116%. La riduzione della spesa (-16%) e dei consumi (-21%) dell’anno 2012 rispetto all’anno 2011 è in parte giustificato dalla esclu-sione dell’Imatinib dalla presente lista dei farmaci orfani. Infatti l’Imatinib da solo copriva nel 2011 rispettivamente il 26% della spesa e il 22% dei consumi del totale dei farmaci orfani.

Inoltre, per rispondere alle osservazioni formulate dal Presidente di Farmindustria, l’AIFA ha sempre cercato di garantire un pieno accesso ai farmaci orfani, suggerendo nel mandato tecnico di consulenza al Governo una particolare attenzione alle aziende produttrici di questi farmaci. Infatti, la Legge 135/2012, art.15, comma 8 ha chiarito che in caso di superamento del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera e, qualora tale sfondamento dovesse essere relativo al bud-get delle aziende titolari di farmaci orfani, il ripiano di quello sfondamento è ripartito su tutte le aziende titolari di AIC e non solo sulle aziende produttrici di farmaci orfani.Inoltre, per accelerare la disponibilità dei farmaci orfani sul territorio, la Legge Balduzzi (L.189/2012, art.12, comma 3) ha definito che l’azienda farmaceutica può presentare doman-da di prezzo e rimborso all’AIFA non appena viene rilasciato il parere positivo del CHMP

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

(Committee for Medicinal Products for Human use) e quindi prima ancora che la Commissio-ne europea abbia rilasciato l’autorizzazione comunitaria alla commercializzazione del farmaco in questione.

Sicuramente la realizzazione del PNMR rappresenta un traguardo importante per l’Italia. L’AI-FA ha fornito il proprio contributo al Piano limitatamente alla sua sezione di competenza. Per maggiore completezza di informazioni è necessario sapere che l’Agenzia sta lavorando al pro-blema dei farmaci orfani sia sul fronte nazionale che europeo, affinché i farmaci orfani possano essere più facilmente e velocemente resi accessibili ai pazienti affetti da malattie rare in maniera equa e solidale.

Infatti, nell’ambito della Piattaforma di accesso ai farmaci orfani iniziata dal Commissario Tajani nel 2010 e presieduta dalla Direzione generale Imprese e Industria della UE è stato rea-lizzato il progetto Mechanism of Coordinated Access to Orphan Medicinal Products (MoCA), per il quale l’Italia (AIFA) assieme all’EFPIA è stata coordinatrice del WP1.

Il progetto ha focalizzato gli elementi necessari a favorire la generazione di dialoghi tra gli stakeholders (Stati membri, Aziende farmaceutiche, Rappresentanti dei pazienti, Specialisti clinici) al fine di incrementare lo scambio di conoscenza/esperienza tra tutte le figure coinvolte. Tale meccanismo si pone come punto di partenza una collaborazione di alto livello, per contri-buire alla generazione di evidenze e concorrere alla raccolta di tutte le informazioni prodotte, da allocare in un unico repository, onde evitare sia la duplicazione di lavoro che facilitare la fase di valutazione del farmaco orfano per i decision-makers. Infine, il 14 giugno scorso sono state definite le basi per iniziare concretamente un progetto pilota.

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Massimo Scaccabarozzi - Presidente Farmindustria

Ricerca e malattie rare: speranza per i pazienti e sfida per le aziende

yy Colpiscono non più di 5 persone su 10 mila abitanti. Sono patologie caratterizzate da:

y� difficoltà diagnostiche;

y� carenza di informazioni, di assistenza e di conoscenze scientifiche;

y� disuguaglianze e difficoltà nell’accesso al trattamento e alle cure.

yy Oltre 6 mila malattie di cui almeno l’80% di origine genetica. Proprio il numero elevato di queste patologie impedisce di parlare di pazienti “rari”: sono circa 2 milioni di persone in Italia e il 6-8% della popolazione europea (ossia 24-36 milioni).

yy Le aziende farmaceutiche danno il loro contributo alle malattie rare con oltre 400 farmaci in fase di sviluppo negli Usa in aree terapeutiche quali quelle oncologiche, neurologiche, ematologiche e cardiovascolari. Un impegno crescente dimostrato anche a livello europeo dalle 1.684 domande per la qualifica di farmaco orfano presentate all’Agenzia europea del farmaco (Ema), dai 1.134 medicinali che hanno ottenuto la designazione di farmaco orfano e dalle 79 autorizzazioni all’immissione in commercio. Dal 2000 sono più che raddop-piate le domande presentate ogni anno all’EMA per la designazione di farmaco orfano, passando da 72 a 197. Il numero delle designazioni è cresciuto costantemente: 107 nel 2011 e 148 per il 2012. Più di 150 sono attese nel 2013 (fino a giugno sono state 51). Importante risulta essere la recente semplificazione delle procedure burocratiche: a parti-re dal mese di maggio 2013, l’EMA ha infatti cancellato la procedura con la quale le aziende che producono farmaci orfani sono tenute a comunicare all’ente regolatorio della loro in-tenzione di presentare la domanda di AIC per poter beneficiare di una riduzione delle tasse su una serie di attività di regolamentazione (pre-autorizzazione, assistenza al protocollo, ecc).

yy Grazie alla Ricerca, le imprese hanno offerto nuove opportunità di trattamento, finora non disponibili, e farmaci che consentono una migliore qualità della vita e una maggiore sopravvivenza. Ad esempio i pazienti affetti dalla malattia di Pompe (patologia neuromu-scolare rara, cronica e fortemente invalidante) hanno ora a disposizione una terapia enzi-matica sostitutiva (allegato). Un’innovazione, che riguarda anche le modalità di sommini-strazione di alcuni farmaci, consentendo di semplificare sensibilmente la quotidianità dei malati e delle loro famiglie. Impegno riconosciuto a livello internazionale da parte di alcune

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

organizzazioni mondiali delle malattie rare con premi (ad esempio Shire ha vinto il Novel Treatment Award per un medicinale per il trattamento della malattia Gaucher di tipo 1).

Ricerca ma non solo: l’importanza di fare rete

yy In un campo così complesso, si può vincere solo grazie alle sinergie tra i vari stakeholder.

yy Per questo Farmindustria lavora in rete per favorire la Ricerca. È stato infatti siglato un protocollo di intesa con la Fondazione Telethon per:

1. stimolare la collaborazione delle Imprese per lo sviluppo clinico;

2. individuare strumenti legislativi più efficaci di defiscalizzazione;

3. ottimizzare il percorso dalla individuazione della terapia alla registrazione;

4. realizzare strumenti per diffondere i risultati.

yy Farmindustria lavora anche insieme alle associazioni per una migliore conoscenza. Tra le iniziative:

1. Protocollo di intesa con Uniamo (2000) per promuovere l’adozione di idonei stru-menti legislativi, migliorare l’assistenza, favorire la R&S, sostenere progetti mirati, inco-raggiare la creazione di una rete.

2. Guida alle Associazioni Italiane Malattie Rare (prima edizione 2004 e seconda 2008), una raccolta ragionata delle numerose Associazioni di volontariato che si occupano di Malattie Rare in collaborazione con Uniamo e Orphanet.

3. Sostegno alle giornate delle Malattie Rare “Un giorno raro per persone molto speciali” (29 febbraio 2008), “Il Paziente al centro dell’assistenza” (28 febbraio 2009), “Pazienti e ricercatori, insieme per la vita” (28 febbraio 2010), “Rari Ma Uguali” (28 febbraio 2011) e “Rari ma forti insieme” (29 febbraio 2012). Sostegno alla serata di beneficenza con il concerto rock della JC Band (29 febbraio 2012 e 27 febbraio 2013). Sostegno confermato anche per altre iniziative del 2013.

4. La seconda edizione dell’Annuario delle Malattie Rare in occasione del 10° anniversa-rio dell’avvio del progetto Orphanet in Italia e del riconoscimento da parte dell’Unione Europea del programma quale iniziativa scientifica e di servizio meritevole di ottenere

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supporto continuativo, d’intesa con le autorità sanitarie degli Stati membri. Il più im-portante database a livello mondiale sulle malattie rare, fonte di informazioni, costante-mente aggiornate e validate da un gruppo di esperti, per pazienti, famigliari e addetti ai lavori (www.orphan.net). Punti di forza del progetto: originalità, capacità di adattare ai singoli Paesi le informazioni più rilevanti relative alle specifiche malattie rare e di utiliz-zare tutte le potenzialità del web, assicurando qualità dell’informazione e aggiornamento continuo.

yy Prosegue per l’anno 2013 in Toscana, Basilicata, Veneto e Piemonte la collaborazione tra Farmindustria, Uniamo e le società scientifiche/federazioni mediche per la realizzazione dei corsi regionali “Conoscere per assistere” con l’obiettivo di affrontare sul territorio le pro-blematiche sanitarie e assistenziali dei pazienti con patologia rara. Grazie a queste ed altre iniziative di informazione e sensibilizzazione, medici di base e pediatri hanno acquisito le conoscenze necessarie per formulare tempestivamente un sospetto diagnostico e indiriz-zare così il paziente nei centri di riferimento per ottenere una diagnosi corretta.

yy In ultimo, da un punto di vista delle Istituzioni, la bozza del Piano nazionale delle malattie rare 2013-2016 e l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), con l’entrata di oltre 110 nuove patologie rare, sono in attesa di essere valutati dal Ministero dell’Economia e dalla Conferenza Stato-Regioni. Obiettivi importanti che le associazioni dei pazienti e le imprese auspicano vengano perseguiti dal nuovo governo.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Micaela Cerilli, Sezione Qualità e Accreditamento AGE.NA.S.

Secondo una raccomandazione europea del 2009, entro il 2013 gli Stati dell’Unione Europea sono tenuti a:

yy Adottare i piani nazionali sulle patologie rare;

yy Indicare dei centri nazionali e regionali specializzati per le cure;

yy Far si che questi centri possano diventare centri per lo scambio di informazioni con altri centri europei;

yy Promuovere strategie per la diffusione e la mobilitazione di esperienze e conoscenze in modo da facilitare i trattamenti dei pazienti.

L’ultimo punto della raccomandazione europea, riveste un particolare interesse per l’Agenzia Nazionale per i servizi regionali sanitari (Agenas). Infatti, l’Agenas è un organo del servizio sanitario nazionale che offre supporto tecnico-scientifico alle politiche per la salute, condivise da Stato e Regioni. I diversi livelli di governo, attraverso le deliberazioni della Conferenza Unificata, assegnano all’Agenas gli indirizzi di attività ritenuti fondamentali per la trasforma-zione della Sanità verso il miglioramento della qualità e la sicurezza dei pazienti (ad esempio, tempi di attesa, health technology assessment, risk management, spesa sanitaria, ecc.). Una delle attività affidate all’Agenas è la promozione dell’empowerment del cittadino, per realizzare la quale l’Agenzia, in collaborazione con il Gruppo di lavoro interregionale sull’empowerment, ha implementato il Ciclo delle buone pratiche per l’empowerment (CBPE). Il CBPE rappresenta un modello di intervento e miglioramento costituito da una serie di azioni ricorsive che vanno dal “Condividere valori, modelli e strumenti”, al “Rilevare esperienze significative”, al “Trasferire saperi” per “Promuovere azioni”: un modello ispirato ai principi del knowledge network1 e alle teorie della diffusione delle innovazioni.

Il progetto europeo Europlan, nel workshop sull’Empowerment, ha rilevato alcune criticità, per cui l’impegno per il futuro è di continuare a sostenere la strategia di trasformazione del CBPE supportando la rilevazione e la diffusione delle buone pratiche anche riguardo il tema in oggetto, promuovendo costanti occasioni di confronto e scambio tra professionisti, orga-nizzazioni ed istituzioni per poter mantenere ed ampliare quel knowledge network avviato dal Gruppo di lavoro interregionale.

La fase attuale registra la necessità, rappresentata sia in ambito nazionale che regionale, di una condivisione degli elementi pregnanti del sistema, anche in considerazione dei recenti indirizzi europei, volti a promuovere, all’interno di un comune quadro di riferimento politico e strate-

1 Nonaka I. and Takeuchi H. (1995), The knowledge-creating company: how Japanese companies create the dynamics of innovation. New York, Oxford University Press.

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gico, meccanismi di cooperazione tra gli Stati membri per garantire l’accesso ad un’assistenza sanitaria sicura e di qualità nell’ambito dell’Unione.

In questo scenario è maturata l’esigenza di favorire la realizzazione di strategie condivise, anche tenendo conto delle più avanzate esperienze regionali.

Tale contesto, vede coinvolta anche l’Agenas, con una funzione di supporto del Ministero della Salute e delle Regioni e Province Autonome per il cui svolgimento si richiede un sistema di rete e di collaborazione già attivato, ma che andrà incrementato ulteriormente nel prossimo futuro. Tale modello potrà essere di supporto al coordinamento delle reti italiane per le Malattie Rare.

Il Gruppo di lavoro interregionale sull’empowerment rappresenta, infatti, la rete di esperti delle Regioni con la quale l’Agenzia lavora dal 2007 per sviluppare attività di ricerca-azione su differenti tematiche relative all’empowerment dei cittadini a livello individuale, organizzativo e di comunità. È attraverso tale rete che si persegue lo scambio di esperienze e conoscenze significative.

A questo proposito, occorre tener presente che nell’attività di monitoraggio preliminare ad ogni intervento, un elemento di criticità è rappresentato dalla fruibilità dei dati e dei flussi informativi che devono necessariamente essere disponibili a livello locale, per garantire la tem-pestività e anche la completezza e l’attendibilità delle informazioni. Per questo motivo, l’Agenas nell’affiancamento alle Regioni opera con una funzione di coordinamento e di stimolo, e uti-lizza metodologie di audit, strumenti come il lavoro di gruppo e per processi. In sintesi, opera con tutti i mezzi necessari per sviluppare la cooperazione tra le istituzioni, creare consenso tra gli stakeholder, trasferire le pratiche migliori presenti a livello nazionale, realizzare progetti di fattibilità in un processo di formazione orientato alla crescita delle competenze, ma anche della responsabilità delle risorse umane disponibili.

L’Agenas, in stretta collaborazione con il Ministero della Salute (titolare del Sistema sanitario Nazionale) continuerà a sostenere e promuovere iniziative di ricerca e intervento fondate su strategie condivise, con un particolare focus nell’ambito della valutazione della qualità, dell’em-powerment, e dello sviluppo di competenze degli operatori sanitari e delle comunità, indicati dal gruppo di lavoro del progetto europeo Europlan quali necessari campi di studio.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Tonino Aceti - Coordinatore Nazionale Tribunale per i Diritti del Malato*

Cittadinanzattiva opera nel campo della salute attraverso due reti: il Tribunale per i diritti del malato e il Coordinamento nazionale delle associazioni per i malati cronici, che è un net-work di 95 associazioni nazionali di pazienti affetti da malattie croniche e rare, e ogni anno produciamo un Rapporto nazionale per descrivere le condizioni dei pazienti affetti da queste patologie.

Dal nostro Osservatorio emerge che sulle malattie rare si è fermi da moltissimi anni a livello di politiche pubbliche. Forse l’ultimo atto importante è quello del riconoscimento di esenzione per patologia, in termini di diritti.

Faccio degli esempi, le esenzioni per i malati rari sono ferme ormai a moltissimi anni fa. Più di una volta ci hanno raccontato i vari Ministri della Salute che quell’elenco doveva essere am-pliato, dando anche delle scadenze molto importanti. Non ultimo il decreto Balduzzi, secondo cui l’elenco delle patologie croniche e rare sarebbe stato aggiornato entro dicembre 2012 con nuove 109 patologie. Quelle 109 patologie oggi non sono riconosciute da nessuno, quindi sono malati in attesa di riconoscimento e le famiglie devono farsi carico dei costi di visite specialistiche, farmaci e parafarmaci. Nonostante le promesse e gli impegni dei ministri Turco, Fazio, Balduzzi, finora non è mai accaduto nulla. È gravissimo, perché sarebbero dovuti essere atti per la tutela della salute portati avanti quasi di default.

Anche per quanto riguarda i farmaci continuano ad esserci ritardi importanti, anche in termini di iter di approvazione. Ci sono patologie rare che non vedono riconosciuto il loro farmaco in fascia C o che lo hanno visto riconoscere in fascia C soltanto per un periodo. C’è quindi un margine di miglioramento importante sul quale bisogna lavorare, considerando in ogni caso che l’AIFA ha fatto in questo periodo un buon lavoro. Esiste poi tutta un’altra fetta di prodotti che non sono classificati formalmente farmaci, ma che servono a trattare la patologia (creme, lacrime artificiali, ecc.), il cui costo incide pesantemente sui redditi familiari. Questi parafar-maci sono oggetto di difformità regionali importanti: in alcune regioni più virtuose vengono erogati gratuitamente, mentre altre regioni non possono permetterselo. In termini di equità del sistema è una cosa gravissima, che deve essere sistemata al più presto, prevedendo un’allocazio-ne di budget specifica, perché questo è una vera e propria lesione dei diritti.

Anche in termini di invalidità civile siamo fermi: le tabelle relative sono ferme al 1992. Le pa-tologie rare all’interno di quel quadro normativo non vedono una propria descrizione, dunque molti pazienti affetti da malattie rare non hanno tutela e questo è gravissimo.

In termini di flussi economici, se il prof. Spandonaro riconosce che c’è una carenza importante,

* Testo dell’intervento al workshop, non rivisto dall’autore.

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dal nostro punto di vista questa carenza è ancora più importante. Infatti il 25 ottobre 2013 entra in vigore la direttiva sulle cure transfrontaliere e non avere un controllo della spesa per l’assistenza ai malati rari oggi è un problema, domani lo sarà ancora di più. Non c’è un sistema di valutazione delle performance: i centri di riferimento oggi ci sono, ma in molti casi sono solo sulla carta e non fanno quello che dovrebbero fare. Manca un sistema di valutazione a 360°, non soltanto sui flussi economici ma sull’effettiva erogazione delle prestazioni. Noi lo facciamo dal punto di vista dei cittadini, facciamo un audit civico, e oggi vedo qui alcune associazioni, una in particolare che è Parent Project con la quale stiamo portando avanti un progetto impor-tantissimo di valutazione civica dei centri di riferimento per la distrofia muscolare di Duchenne e Becker. Si tratta di un progetto autofinanziato dalla stessa associazione, al quale Cittadinanza Attiva e l’Associazione Italiana di Biologia stanno partecipando, per mappare 12 centri nella prima annualità in termini di qualità e accessibilità ai servizi nei centri di riferimento. Speriamo di restituire alle istituzioni un quadro aggiornato e utile per riprogrammare le politiche pub-bliche rendendole maggiormente aderenti alla qualità dell’assistenza e ai diritti dei cittadini.

Come Cittadinanzattiva abbiamo partecipato, insieme ad altre associazioni, alla consultazione pubblica lanciata dal ministro Balduzzi rispetto alla bozza di Piano nazionale malattie rare. In questo ambito abbiamo evidenziato una serie di importanti crititicità, che ci auguriamo venga-no superate nella fase finale della bozza.

Prima criticità: la questione delle risorse economiche. Lo diceva anche il prof. Dalla Piccola, anche se lui non lo considera un problema da quello che ho capito, o meglio è un problema dovuto a un motivo ben specifico, invece per noi è un problema importante. E lo è perché se all’interno del Piano si dice “soluzioni tecnologiche per supportare la condivisione dell’infor-mazione clinica” oppure “presidi della rete che dovrebbero ricevere adeguate risorse strumentali ed umane” non si può prescindere da un’allocazione specifica di risorse economiche. Allora o non si individuano adeguate risorse strumentali ed umane o se si individuano bisogna indicare con quali risorse economiche verranno garantite. Quindi il primo problema è un problema di risorse, a maggior ragione perché nel biennio 2013-2014, come affermano i maggiori istituti di ricerca, il SSN avrà in valori assoluti una quantità di risorse inferiore al 2012, non coprendo nemmeno il valore dell’inflazione. A maggior ragione la questione delle risorse deve essere chia-rita e deve esserci dal nostro punto di vista una quantificazione, anche perché le ultime risorse quantificate per le malattie rare risalgono agli obiettivi di piano sanitario nazionale 2012 (20 milioni da destinare alle malattie rare, più 15 da destinare alle reti dei tumori rari). Sul 2013 non abbiamo gli obiettivi di piano, anche perché manca un Piano sanitario nazionale, e quindi la questione delle risorse è il primo nodo critico.

Il secondo nodo critico: non c’è nessun richiamo all’aggiornamento dell’elenco delle malattie rare esenti, a maggior ragione dopo che la scadenza del decreto Balduzzi per l’aggiornamento dell’elenco non è stata rispettata. Quindi ad oggi non abbiamo nessuna garanzia dell’aggiorna-mento. Noi già a suo tempo abbiamo detto che all’interno del Piano dovrebbe essere previsto

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

un vincolo che ancori questo impegno e che blindi il diritto dei malati rari a veder aggiornato quell’elenco.Terza osservazione: rimane molto confuso il tema degli screening neonatali all’interno del Pia-no. Si dice che bisognerà valutare la letteratura, che bisognerà fare varie cose, la realtà italiana però è questa, e cioè che la Toscana, la Liguria e l’Emilia-Romagna garantiscono una quantità di screening molto più elevato, rispettivamente 40, 30 e 26. E Toscana ed Emilia Romagna sono regioni che fanno un’attività valutazione costo-efficacia e HTA molto elevata, quindi sono regioni molto attente nella gestione delle risorse. Invece le indicazioni a carattere nazionale prevedono 3 screening neonatali, quindi c’è un problema di mancanza di equità di accesso, e su questo il Piano non da risposte precise.

Altra cosa a proposito di farmaci e parafarmaci: sembra essere molto blando il riferimento alla riduzione della tempistica per l’immissione, anche in termini di tutela di accesso da parte dl malato raro al farmaco più appropriato e non c’è nessun riferimento a tutta la questione dei parafarmaci, che ribadisco essere un fardello importante sui redditi delle famiglie con membri affetti da patologie rare. Non c’è nessun richiamo alla valutazione civica, cioè fatta direttamente dalle associazioni di cittadini e di pazienti, sulle performance dei centri di riferimento.

L’ultima questione è il problema del supporto psicologico: anche qui non c’è nessun riferimen-to nella bozza di Piano.

Se la versione finale del Piano non risolverà queste questioni aperte, ci troveremo di fronte ad un documento che rimane solo sulla carta, come adempimento burocratico e formale a quello che ci chiede l’Europa. Quando invece sarebbe auspicabile andare veramente incontro alle esi-genze dei pazienti e delle loro famiglie.

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Paola Facchin - Coordinatore Tavolo Malattie Rare Conferenza Stato-Regioni*

Per quanto riguarda l’attuazione dei percorsi terapeutici e assistenziali, se ci dobbiamo basare sui dati che ci sono stati presentati, dovrei dire che sono molto soddisfatta come coordina-mento delle regioni perché quasi l’80% delle aziende dicono che ci sono percorsi specifici per patologia a livello della regione. Non è proprio così. Credo che si possa partire da questi numeri per fare una riflessione più approfondita. Intanto questi percorsi cosa sono? Non sono uno schema rigido e fisso, perché questa sarebbe una follia pura. Oltretutto toglierebbe ai medici la responsabilità della gestione diretta dei loro pazienti, che sarebbe la cosa peggiore che si possa immaginare. Ma sono i passi di una rete che non è mai aziendale, che per sua natura è sovra aziendale, spesso sovra regionale e unisce i diversi luoghi dove il paziente, in qualche modo viene assunto, curato, preso in carico. I percorsi esprimono le due gambe del sistema: da un lato i centri accreditati, che raramente sono all’interno della stessa azienda sanitaria dove abita il paziente e molte volte non sono nemmeno all’interno della stessa regione, dall’altro l’azienda di residenza, a cui si accompagnano altri servizi che possono essere assunti in aziende diverse. Quindi sono dal punto logistico fisico separati, ma dal punto di vista logico della necessità di assunzione e di presa in carico del paziente devono essere collegati. E i percorsi non sono che la definizione di questo, cioè quali sono questi nodi della rete, come devono essere connessi fra di loro e soprattutto qual è la logica clinica, cioè le condizioni cliniche, per cui all’interno di normali gradi di libertà per il medico garantiscono un approccio equo ai pazienti che si trovano in condizioni simili.Il fatto che non ci siano i percorsi all’interno delle aziende, come avviene per il diabete, per la frattura del femore, etc, sta nella natura di come si devono trattare le malattie rare e di come in tutto il mondo vengono trattate. Anzi devo dire che dieci anni fa o dodici anni fa, quando si è partiti, molti Paesi europei, tra cui la molto citata Francia, ritenevano che si dovessero in-dividuare dei grandissimi ospedali, pochi per nazione, dove tutto veniva fatto. E solo successi-vamente, anche adesso in Unione Europea, si è arrivati a questa considerazione, che è quella di partenza del sistema italiano, cioè che ci vogliono due gambe: i centri di riferimento e le prese muldimensionali più vicine a dove vive il paziente.Tutto questo è stato fatto con sforzi molto grandi, anche attraverso accordi interregionali: le malattie rare sono l’unico settore in cui si è creato un consorzio di regioni molto ampio, ormai sono 9, oltre 25 milioni di abitanti, che volontariamente hanno deciso di consorziarsi per avere le stesse politiche, un sistema informativo comune, protocolli e percorsi assistenziali comuni. E sono regioni che vanno dal nord al sud molto diverse fra di loro.Perché è cosi difficile fare questi percorsi? Una prima ragione è che i percorsi toccano un numero molto grande di professionisti dei centri di riferimento, dei distretti, dell’assistenza domiciliare etc. C’è un sistema informativo comune e una cartella clinica sostanziale che in questo momento sta gestendo i trattamenti anche domiciliari di oltre 54.000 pazienti in Italia: i professionisti coinvolti nella gestione di questi pazienti sono oltre 3.500, con 701 nodi della

* Testo dell’intervento al workshop, non rivisto dall’autore.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

rete collegati in tempo reale. È chiara la difficoltà di mantenere sempre aggiornati questi pro-fessionisti, che molto spesso ruotano. Dunque c’è un primo problema intrinseco.L’altro problema è culturale perché noi stiamo lavorando non con una visone lineare, ma con una visione a matrice. I centri ragionano per malattia, per il prototipo e il paradigma di ma-lattia, mentre la presa in carico territoriale ragiona per bisogno assistenziale. Quindi unire l’approccio per malattia a quello di bisogno assistenziale non è cosi facile, è come parlare due lingue diverse. E questa fusione delle due lingue avviene attraverso il tempo necessario ad ogni processo culturale rilevante.Il terzo elemento è quello dell’organizzazione delle risorse. Allora il sistema italiano sulle ma-lattie rare miracolosamente è fatto a cosiddetto costo zero, cioè non c’è stato mai alcun finan-ziamento specifico per il sistema delle malattie rare, ma questo è all’interno del finanziamento per il SSN. Anche gli stessi farmaci ad esempio sono stati soggetti al contenimento di spesa, che ha investito negli ultimi anni il SSN. Quindi siccome i malati rari rappresentano paradigmi molto diversi dalle condizioni standard, e siccome i LEA, punto cruciale della vicenda, sono fermi dal ’92 e sono definiti su paradigmi standard di condizioni frequenti, i malati rari si trovano molto spesso al di fuori di questi paradigmi. Consideriamo ad esempio l’importanza della genetica nella diagnosi di malattia rara: dal 1992 al 2013 siamo in un’altra galassia, non in un altro mondo. La genetica del ‘92 è stata cancellata e tutti i test nuovi e tutti gli strumenti nuovi sono fuori LEA, extra LEA. Quindi sarebbero a pagamento, per non parlare delle protesi e degli ausili.Quindi il fatto che ci sia questo cortocircuito legale nato proprio nel 2001, quando nel decreto 279/2001 si diceva che il malato raro ha diritto a tutto ciò che c’è nei LEA e a tutto ciò che c’è nella 279, allora vuol dire che il malato raro ha diritto a non pagare l’esenzione come gli altri pazienti. Questa è la situazione in cui siamo.In questa situazione abbiamo cercato di fare il fattibile e il fattibile non è stato poco. Questi percorsi hanno all’interno dei protocolli e questi protocolli sono integrazione ai LEA, per far-maci, parafarmaci, dietetici, protesi etc. E quanto pesano questi protocolli come integrazione ai LEA per le Regioni? Noi abbiamo fatto un calcolo di ciò che è monitorato, e mediamente ogni anno le regioni, almeno per quanto riguarda le regioni consorziate, pagano 25 milioni di Euro per milione di abitante soltanto per integrazione di farmaci fascia c, farmaci non in commercio in Italia e farmaci in commercio per altre indicazioni. A questa integrazione vanno natural-mente aggiunti tutti gli altri costi: sono circa 10 milioni per milione di abitante soltanto per i farmaci orfani. Poi vanno considerate le protesi di nuova generazione, che non sono certo nei LEA e cosi via. Dunque l’incidenza sul bilancio regionale, relativa alle maggiorazioni, supera l’8% della spesa farmaceutica e protesica regionale, in più rispetto ai LEA ordinari.Da questo punto di vista lo sforzo è stato quello di lavorare sull’appropriatezza, perché le risor-se sono molto limitate: allora le regioni che sono in piano di rientro non lo possono fare, ma anche le altre devono cercare di far combaciare i conti; e quindi l’unico modo è lavorare con l’appropriatezza, definendo ciò che può essere prescritto in più rispetto ai LEA, ma anche cosa non ha senso prescrivere, perché ci sono evidenze di inefficacia e qualche volta anche di non sicurezza. Risparmiando sulla prescrizione inappropriata, si trovano le risorse per fare invece le

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cose essenziali. Dunque o noi perseguiamo questa strada o noi arriviamo dritti dritti dove sono già arrivati altri Paesi, e cioè a escludere progressivamente i nuovi trattamenti dal pacchetto che il sistema sanitario pubblico può garantire. L’hanno già fatto altri grandi paesi e il rischio è che dovremmo farlo anche noi.Se consideriamo il punto di vista delle aziende sanitarie, va detto che certamente le malattie rare possono mettere in crisi soprattutto quelle che hanno al loro interno molti centri accredita-ti, che a loro volta attraggono molti pazienti. Perché questi pazienti sono infinitamente costosi sia nel processo di diagnosi che nel processo di trattamento: queste aziende fanno dei buchi di bilancio di svariate decine di milioni di euro all’anno e nessun direttore generale può accettare una cosa del genere. Allora il punto fondamentale è anche di tipo organizzativo, ovvero c’è la necessità di introdurre dei sistemi nuovi, che riconoscano ad esempio le attività per i malati rari, come ad esempio la consulenza che questi centri fanno a favore dei malati extra-aziendali. Noi stiamo lavorando per implementare questi sistemi sovra aziendali incentrati sulle cartelle cliniche, per fare in modo che l’attività di consulenza che questi centri prestano per malati residenti altrove venga riconosciuta. In tal modo va diminuita la migrazione dei pazienti, con i costi sociali che questo comporta, rendendo disponibile la conoscenza sul paziente e sulla malattia laddove il paziente risiede e riconoscendo questa funzione di consulenza.Come Tavolo delle Regioni, d’accordo anche con il Ministero, stiamo lavorando su questo settore e credo che sia una risposta molto concreta e importante per la sopravvivenza di questa Rete, perché noi ci poniamo dei problemi di sostenibilità nel tempo. La sostenibilità è molto dubbia, cosi come stanno le cose è molto difficile e quindi dobbiamo trovare strumenti sia di riconoscimento e di finanziamento diversi, ma soprattutto strumenti organizzativi che permet-tano a questi centri e poi alle aziende di residenza di seguire il paziente.

In merito alla bozza del Piano Nazionale Malattie Rare ritengo che il deficit di risorse sia il buco più grave. Perche non è credibile una programmazione senza risorse. Anche per riorientare i servizi già esistenti servono risorse. In questo caso non solo non ci sono risorse aggiuntive, ma non sono previste neanche per gli anni futuri del Piano; e questa è una cosa ancora più grave, perché si potevano mettere risorse simboliche per il primo anno visto le difficoltà economiche e poi legare eventualmente le ulteriori risorse ad un, speriamo, miglioramento della situazione economica. Quindi una progettazione senza risorse non è una progettazione seria. Questa è la verità. Poi se andiamo nello specifico, intanto non è vero che le risorse non sono state messe perché non si sapeva quante ne servivano: abbiamo invece tutti i conti in mano. Il problema è, come tutti noi sappiamo, che non ci sono le risorse, che il Ministero dell’Economia ha blocca-to qualsiasi finanziamento, come ha bloccato la possibilità di aggiornamento dei LEA. E non si può pensare che le regioni mettano ulteriori risorse per i malati rari di propria pertinenza, perché siamo arrivati al punto che le regioni sottoposte al piano di rientro non lo possono fare per legge, mentre le altre regioni sono più o meno tutte boccheggianti e non ce la fanno assolu-tamente mettere risorse aggiuntive, se non tagliando altri servizi. Dunque, anche per il settore delle malattie rare, dobbiamo ragionare in termini di appropriatezza.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Da questo punto di vista vanno considerate le risorse aggiuntive necessarie per finanziare la quota la quota che non è farmaco, parliamo di parafarmaco, dietetico, protesi, ausili, presidi e quant’altro. Queste voci, che rappresentano circa il 60-70% della quota integrativa ai Lea, non è considerata da nessuna parte, perché non è presidiata quanto è presidiato il farmaco. È una quota che deve essere messa dentro al Piano nazionale malattie rare e che deve essere conside-rata, se si vuole rendere credibile questo Piano.Per quanto riguarda il discorso del come fare, quali sono gli incentivi, o meglio gli strumenti, per fare in modo che i percorsi regionali coinvolgano le aziende, ritengo che il primo strumento sia l’informazione centrata sul paziente, che è una realtà che interessa già 54.000 pazienti ita-liani, cioè un dossier che non sia a seguito del paziente, ma che prevenga il paziente. Nel senso che tutti possano vederlo in tempo reale e possano realizzare anche a distanza gli interventi che si possono fare. Funziona già benissimo. E come funziona laddove è già stato implementato, può funzionare ovunque.Secondo strumento sono i nuovi modelli gestionali: prima si parlava della continuità assisten-ziale, della multi-professionalità e così via. Questo cozza con le strutture e i budget aziendali, che sono fatti “a canne d’organo”: dipartimento per dipartimento, unità operativa per unità operativa. Ci sono molte sperimentazioni organizzative, non solo a Brescia. Moltissimi grossi ospedali stanno sperimentando le cosiddette piattaforme malattie rare, dove è stata cambiata la struttura del budget, sono state costituite unità virtuali, che sono i centri malattie rare, e qui si fanno prestazioni congiunte.Questa sperimentazione dovrebbe, secondo me, entrare nel Piano e diventare un obiettivo del Piano, non solo una sperimentazione, cambiando quella che è l’organizzazione rigida delle strutture di budget, su cui poi si fondano i bilanci e quindi poi anche la promozione o la boc-ciatura dei direttori generali.

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Paolo Sala - Country Manager Orphan Europe Italy

Ritengo che la formazione del medico debba essere uno dei punti di forza della diagnosi pre-coce. Al momento pochissime università hanno inserito nel piano di studi delle loro facoltà di medicina e chirurgia specifici corsi per la diagnosi e terapia delle malattie rare. Sarebbe lodevole che ci fosse una richiesta specifica da parte del Ministero della Università e della Ricerca al fine di inserire almeno un corso sulle principali malattie rare di cui si conosce una cura nel loro piano di studi.

Altro punto fermo è lo screening neonatale che resta il mezzo più potente ed affidabile per una diagnosi precoce; come ha già sottolineato il Presidente di UNIAMO, gli investimenti per rendere operativo lo screening allargato su circa 40 patologie rare (come già avviene in alcune regioni) sono sicuramente meno costosi rispetto al percorso ad ostacoli che devono affrontare i pazienti affetti da una malattia rara per ottenere una diagnosi e il successivo trattamento, che spesso avviene con molto ritardo.

Come ho sottolineato all’inizio del mio intervento, il percorso formativo è il punto focale della diagnosi e del trattamento delle malattie rare; la formazione continua a tutta la catena degli operatori sanitari coinvolti è quindi necessaria non solo per gli specialisti dei centri di riferi-mento, che si incontrano spesso in congressi e meeting per scambiarsi pareri ed aumentare le loro competenze; tale attività dovrebbe essere allargata anche ai Pediatri di libera scelta che han-no i pazienti tutti i giorni sotto i loro occhi e, perché no, anche ai Medici di Medicina Generale che sempre di più dovranno gestire tali aspetti, visto che i trattamenti farmacologici allungano la vita dei pazienti affetti da malattia rara.

Il Piano Nazionale sulle malattie rare dovrebbe prevedere una piena integrazione dell’aspetto sanitario e di quello sociale. Infatti il trattamento, farmacologico e non, viene spesso risolto senza particolari aggravi per il paziente, ma rimane aperto l’aspetto sociale del paziente, delle famiglie o del caregiver.

I PDTA sono percorsi utilissimi al trattamento di molte patologie, ma per le malattie rare, tali processi troppo spesso schematici e rigidi, dovrebbero lasciare il posto a percorsi su misura tagliati ad hoc per il paziente che è un unicum. Tali libertà di azione devono seguire linee guida internazionali, che vengono spesso riviste ed aggiornate, e appaiono più adeguate per aiutare i pazienti, gli specialisti, i Direttori Generali e a più largo raggio il Servizio Sanitario Nazionale.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Bruno Dallapiccola - Coordinatore Orphanet Italia

Coloro che da anni lavorano con le malattie ed i malati rari si rendono conto che stiamo vi-vendo un momento particolarmente importante, se non altro perché tra sei mesi avremo una scadenza preannunciata nel 2009 dalla Commissione Europea, che aveva raccomandato a tutti gli Stati Membri di predisporre, entro fine del 2013, un Piano o una Strategia Nazionale per le malattie rare.

In questo periodo i Paesi si sono organizzati i maniera estremamente variegata, ma, mi preme sottolineare, anche l’Italia si è mossa. Il nostro Paese è stato trainato dal progetto Europlan, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, ed i vari portatori d’interesse si sono mossi attiva-mente. In particolare, Uniamo, su incarico di Eurordis, ha organizzato nel 2010 a Firenze una conferenza nazionale, preceduta da un semestre di lavoro presso il Ministero della Salute, nel corso del quale i diversi stakeholders hanno portato le rispettive istanze, fornendo le basi ad un corposo documento finale, divulgato sui siti di Eurordis ed Europlan.

Nel 2011, il Ministro Fazio ha insediato una Commissione, incaricata di redigere la bozza del Piano Nazionale. Questa Commissione aveva un problema di fondo, quello di non essere rappresentativa di tutti i portatori di interessi. Ciò non di meno, l’esiguità numerica della sua composizione ne ha favorito la snellezza dei lavori. Il gruppo ha operato facendo tesoro di quanto prodotto nei mesi precedenti da Europlan, e ne ha incorporato quasi tutte le istanze. La prima bozza del Piano si è resa disponibile ufficiosamente nell’estate del 2012, è stata emendata da AIFA ed integrata dal Ministero della Salute e, nel mese di dicembre, è stata presentata alle Associazioni. Tutti i portatori d’interesse, e non solo le Associazioni dei pazienti, hanno avuto la possibilità fino a tutto il mese di febbraio del 2013 di portare contributi e integrazioni, che sono state ampiamente recepite dalla Commissione che aveva redatto il Piano. Il programma è quello di consegnare la bozza finale del Piano al Ministro della Salute nel mese di luglio, per il suo inoltro alla Conferenza Stato-Regioni. Ho ragione di ritenere che, per quanto riguarda la Commissione, questa tempistica sarà rispettata.

Nel leggere i risultati del Rapporto presentato stamattina, ho riscontrato diverse critiche alla bozza di Piano Nazionale, che giudico pertinenti e perfettamente ricevibili. Una critica di fon-do riguarda l’assenza di un piano economico-finanziario. Ci dobbiamo domandare la ragione di questa criticità e, ritengo, sia possibile ottenere una risposta dalla lettura dei risultati del Censimento presentato con il Rapporto, che evidenzia che il management delle ASL/AO non è in grado di stabilire i costi della gestione delle malattie rare. Questa è la stessa dichiarazione che fanno le Regioni: in Italia non si sa quanto si spenda per le malattie rare. Era perciò impen-sabile inserire, in un documento propositivo che contiene raccomandazioni e linee di indirizzo per una strategia nazionale delle malattie rare, un piano economico, visto che i dati disponibili riguardano unicamente i costi annuali dei farmaci orfani, che rappresentano solo una parte,

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certamente la meno significativa, dei costi relativi agli interventi effettuati sui malati rari. Di fatto, l’Italia spende (e non poco) per le malattie rare, ma non sappiamo quanto. Sarà perciò prioritario, nel primo triennio di attivazione del Piano, monitorizzare questa spesa, quantome-no in maniera mirata su alcune Regioni. Nel frattempo, esattamente come avviene in altri Paesi Europei, il nostro Piano Nazionale non potrà essere accompagnato da una previsione della spesa sanitaria dedicata ai malati rari, ed i relativi costi dovranno essere ricompresi all’interno dei costi generali della Sanità.

Nel Rapporto sono presenti altre osservazioni importanti. Una di esse riguarda la codifica delle malattie. Purtroppo non abbiamo risorse, come ad esempio la Germania, che da 1 luglio avvie-rà una sperimentazione dedicata ad introdurre nel Paese l’Orpha code. Mi preme comunque ricordare che una indicazione di questo tipo è stata introdotta nella attuale bozza del Piano Na-zionale e, se come spero, ad essa sarà dato seguito, l’Italia si armonizzerà con diversi altri Paesi, che in questo momento stanno perseguendo la stessa linea. È implicita l’importanza della con-divisione dei codici, tanto più nella prospettiva della circolazione transfrontaliera dei pazienti.

Relativamente ai percorsi clinico-assistenziali, ricordo che alcune Regioni si stanno muovendo autorevolmente. È tuttavia verosimile che questi percorsi potranno essere disegnati per un nu-mero relativamente limitato, forse 200, malattie rare più comuni. Di fatto, oltre 5000 malattie sono ultra-rare (frequenza inferiore a un caso per milione di cittadini). Questo è il terreno sul quale meglio sembra realizzarsi appieno il concetto di “medicina come arte”, nel senso che, quando si ha a che fare con condizioni di bassissima frequenza, è praticamente impossibile disegnare e condividere percorsi mirati. Il medico e gli operatori sanitari diventano allora dei veri e propri artigiani che, su base empirica, cercano di rispondere al meglio alle domande dei pazienti e dei loro familiari. Il Rapporto contiene molti di contributi di buon senso e mi auguro che di essi ne venga fat-to tesoro nell’ultima versione del Piano Nazionale, che spero sia guidato dal realismo e dalla concretezza. Sarebbe auspicabile che, nella fase do avvio, il Piano si focalizzasse su un limitato numero di obiettivi prioritari, la cui realizzazione dovrà essere puntualmente verificata e mo-nitorizzata.

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

Amedeo Bianco, Commissione Igiene e Sanità del Senato*

Il primo problema da affrontare è quello delle risorse, ossia di come teniamo in piedi il sistema nel suo complesso. Per certi aspetti la rete delle malattie rare è un prototipo abbastanza signi-ficativo, oltre che sociale e civile, anche tecnico professionale di cosa è un servizio sanitario nazionale. Resta alla base il problema della tenuta economico finanziaria del sistema che ha dei riferimenti molto precisi e netti e sul quale c’è un impegno del Parlamento e dello stesso Mi-nistro affinché il nostro SSN non venga ulteriormente definanziato. Un impegno che è anche il viatico a definire il Patto per la salute che è una cornice indispensabile di programmazione, come sanno bene gli assessori, il Presidente e i direttori generali.Se non viene definita questa cornice di carattere generale, le risorse e contemporaneamente quali sono i Livelli Essenziali di Assistenza, diventa davvero molto complicato riuscire a rispet-tare l’articolo 32 della nostra Costituzione.È quindi necessario arrivare a un Patto della salute che garantisca e che costituisca in qualche modo il presupposto per una “rilettura”, “ridefinizione” dei Livelli Essenziali di Assistenza an-che inerenti alle cosiddette malattie rare, obiettivo con il quale si è conclusa la scorsa legislatura.

Dunque, un altro impegno è ridefinire, negli asset dei Livelli essenziali di assistenza, profili specifici per quello che concerne le malattie rare.

In attesa che il Parlamento e Governo decidano, sul tema si sono mossi i protagonisti. Mi riferisco ad iniziative dell’Osservatorio e alle iniziative regionali che hanno già processato il problema sostenendo la necessità di occuparsi di alcuni aspetti in particolare.

yy Formazione: capire cioè di che cosa stiamo parlando e supportare le reti assistenziali (in-tendendo non solo quelle mediche ma anche quelle professionali e quelle delle famiglie - fattore di aiuto alla tenuta del sistema).

yy Ricerca: sulle malattie rare occorrerebbe una ricerca “pubblica”, un investimento pubblico. La ricerca pubblica in Italia è tra le più basse in Europa ed è quindi necessario uno sforzo a supporto di questo problema quantitativamente non indifferente.

yy Sanità elettronica: credo che proprio le caratteristiche strutturali delle malattie rare ri-chiedano quanto mai una vera e propria costituzione di database che siano finalizzati alla conoscenza del fenomeno, alla gestione del fenomeno, al monitoraggio e alla valutazione dei percorsi dei pazienti e delle famiglie per ottimizzare e sgombrare dal campo quei ritardi e quelle difficoltà che spesso le famiglie incontrano anche nelle procedure relativamente banali e semplici. A tale proposito nel Rapporto leggevo che il 23-24% non ha l’esenzione ticket. Occorre quindi attuare un grande potenziamento di piattaforme con codifiche uni-che, con un linguaggio unico. Il tutto nella logica del fascicolo sanitario elettronico che è

* Testo dell’intervento al workshop, non rivisto dall’autore.

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un miraggio che da qualche anno viene inseguito. Occorre vedere tutti i vantaggi ma capire anche che tutto questo ha dei costi di start up: quando Obama lanciò il programma dell’in-formatizzazione in sanità investì qualcosa come dieci/quindici miliardi di dollari.

yy Prevenzione: è necessario potenziare la prevenzione, cioè gli aspetti diagnostici, lavorare perché non si arrivi a non avere le risorse per gli screening. Tutta la parte preventiva va te-nuta in piedi, anzi, va potenziata e garantita.

yy Prototipo: la rete delle malattie rare è il prototipo di un modello di assistenza che deve prevedere una fortissima integrazione tra il sistema socio assistenziale, le cure primarie e le cure specialistiche. È evidente che questi pazienti e le loro famiglie corrono lungo questo asse. Non può accadere che tutte le volte che passano da una parte all’ altra debbano passare una “frontiera”. Questo è un processo che riguarda di più gli aspetti socio assistenziale, gli aspetti da sostegno della medicina di famiglia.

Nel processo di costruzione dell’assistenza nel nostro Paese - in cui ovviamente le malattie rare costituiscono una fattispecie di una certa rilevanza e delicatezza - tutto deve essere reso più fluido.

Mi permetto alcune considerazioni. Non sono proprio convinto che in questi anni abbiamo approcciato questa questione di carattere generale nel modo migliore. La riduzione dei posti letto per acuti va fatta in un contesto di rivisitazione funzionale della rete degli ospedali perché altrimenti non si capisce come possa diversamente funzionare. Credo che vada costruito un disegno assolutamente armonico e coerente con il potenziamento della riorganizzazione delle cure primarie che deve avere al centro un’idea molto qualificata: è la centralità dei bisogni del paziente che fa da driver a questa costruzione. Naturalmente è proprio in questa fluidità che entrano in gioco, in modo diverso e non per atti, altre grandi questioni che sono: i team multiprofessionali, i team multidisciplinari che devono intervenire in modo armonico e funzionale nel garantire il flusso e la centralità dei bisogni del paziente.

Un’altra considerazione riguarda l’integrazione socio sanitaria: siamo proprio sicuri che non necessiti in qualche modo di una rivisitazione di procedure e di soggetti deputati? Siamo si-curi che in tutto questo non vada fatto un grande sforzo di armonizzazione dei soggetti, delle procedure di responsabilità che sul piano dell’integrazione sociosanitaria riescano a garantire previdenza e assistenza? Credo che questa sia una delle altre grandi sfide che ci attendono.

Queste mi sembra siano le grandi questioni. E credo che, seppur nella sua specificità, nelle sue caratteristiche, la rete delle malattie rare qualifica una sfida al SSN. Qualifica una sfida innanzitutto civile e sociale, perché è evidente che siamo di fronte ad un problema di vasta portata, ma anche di carattere tecnico professionale per quello che riguarda la formazione,

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1° RAPPORTO SULLE RETI DI ASSISTENZA AI MALATI RARI

l’aggiornamento, lo sviluppo degli ICT, la ricerca. È anche una sfida politica, intendendo per politica quella grande funzione di costruzione di prospettive e di miglioramento della vita dei cittadini intorno a principi civili condivisi, intorno a visioni della collettività condivise, intorno ad un’interpretazione di interessi pubblici condivisi.

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