Leonardo Parri LE QUOTE INDIVIDUALI DI PESCA IN NUOVA ... · istituzionale (Nei) è invero riuscita...

136
Leonardo Parri LE QUOTE INDIVIDUALI DI PESCA IN NUOVA ZELANDA COME INNOVAZIONE ISTITUZIONALE. L’APPROCCIO DELLA SOCIOLOGIA ECONOMICA DSS PAPERS SOC 9-01

Transcript of Leonardo Parri LE QUOTE INDIVIDUALI DI PESCA IN NUOVA ... · istituzionale (Nei) è invero riuscita...

Leonardo Parri

LE QUOTE INDIVIDUALI DI PESCA IN NUOVA ZELANDA COME

INNOVAZIONE ISTITUZIONALE. L’APPROCCIO DELLA SOCIOLOGIA ECONOMICA

DSS PAPERS SOC 9-01

Indice1. Economia neoclassica, nuova economia istituzionale e sociologia economica ...... Pag. 1

2. Tra determinismo istituzionale e sorprese innovative ....................................................... 6

3. Le soluzioni istituzionali ai problemi di coordinamento e innovazione ........................... 8

4. L’impatto differenziale della varietà istituzionale ........................................................... 11

5. La vexata quaestio dell’efficienza istituzionale .............................................................. 13

6. Le condizioni di partenza del processo di innovazione istituzionale .............................. 16

7. Incertezza e dilemmi dell’azione collettiva nel processo di innovazione istituzionale .. 20

8. Il fallimento delle istituzioni di libero accesso e di regolazione statale centrale nelle zone di pesca della Nuova Zelanda ...................................................................................... 23Il caos spontaneo del libero accessoIl caos pianificato della regolazione statale centraleLa Nuova Zelanda: dal libero accesso all’interventismo neomercantilistaLa crisi finale della regolazione statale centrale e i primi passi verso le quote individuali trasferibili (QIT)

9. L’introduzione dell’innovazione istituzionale delle quote individuali trasferibili (QIT) di pesca in Nuova Zelanda: incertezze e difficoltà di un pioniere ........................... 37La base legale dell’innovazione istituzionale: il Fisheries Amendment Act del 1986I criteri di assegnazione delle QIT: attività pregressa e mercato del riacquisto stataleIl mercato spontaneo della compravendita delle QIT tra i pescatori

10. Il contesto dell’introduzione dell’innovazione istituzionale delle quote individualitrasferibili (QIT) in Nuova Zelanda: l’importanza della leadership cognitiva e valoriale ................................................................................................................................. 49

11. L’evoluzione istituzionale delle quote individuali trasferibili (QIT) di pesca in risposta a problemi di gestione e dilemmi dell’azione collettiva ......................................... 56La compravendita statale delle QIT e i problemi di azzardo moraleI conflitti cognitivi attorno alla determinazione della raccolta totale ammessa (RTA)La riforma del ministero della pesca (MdP) e la questione delle spese di gestione del sistema delle RTA/QITUna defezione debole: lo scarto del pescato collaterale di valore inferiore

12. Il completamento istituzionale dell’innovazione delle RTA/QIT: i governi privatidi gestione del sistema, a cavallo tra impresa, associazione e contratto associativo ......... 73Controllo e rispetto dei limiti quantitativi di pesca imposti dalle QITDevolution e governi privati nella gestione delle QIT: le quota owning company (QOC)L’arcipelago delle associazioni dell’industria ittica a sostegno delle QIT e dei governi privatiIl successo produttivo delle istituzioni economiche e economicamente rilevanti delle RTA/QIT neozelandesi.Il costo complessivo dello smantellamento dell’interventismo e dell’introduzione e messa a regime del sistemadelle QITL’adeguatezza istituzionale delle QIT alle condizioni storiche, economiche, sociali e territoriali della pesca: la Nuova Zelanda come rara avis?

13. Conclusioni: l’ineludibilità della sociologia economica nel ricostruire e spiegare i processi di innovazione istituzionale nella regolazione della pesca .............................. 103

Bibliografia ..........................................................................................................................113

Appendici ............................................................................................................................ 133

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 1

Spesso le istituzioni che sopravvivono, in luogo diattenuare il loro giogo, lo rendono vieppiù pesanteman mano che diventano più inutili.Vilfredo Pareto, Corso di economia politica,1896/7, §637.

One of the most common pretexts for governmentintervention is as a cure for ‘market failure’. Butmarket failure is not a failure of the market, butrather a failure to have markets.Michael De Alessi, Fishing For Solutions, 1998, p.30.

Fishing is a highly regulated industry. […] That’sbecause we’re dealing with the commons. But smartstakeholders have the potential to manage a patch ofthe commons better than smart bureaucrats. […] Ithink that the alternative of multi-layered regulation,intervention, iteration and litigation is tooexpensive.Pete Hodgson, Ministro della pesca della NuovaZelanda, membro del Labour Party, allocuzione allaSeafood Industry Conference, Invercargill, 3-4maggio 2001.

1. Economia neoclassica, nuova economia istituzionale e sociologiaeconomica1

Nell’ultimo quarto di secolo le capacità analitiche e di previsione dellascienza economica ortodossa, fortemente deduttiva e formalizzata, ridotta alminimo in spessore socio-istituzionale e socio-cognitivo, sono drasticamentediminuite. Tra economisti teorici di alto livello come Hayek, Simon, Stigler,Buchanan, Coase, North, Sen2, Eucken, Alchian, Leibenstein, Olson,Kornai, Nelson, Aoki, Wildavsky, Rosenberg, ecc. è cresciuta la frustrazioneverso la sterilità euristica di una «blackboard economics» (Coase 1991, 5) icui strumenti concettuali rarefatti e matematizzati hanno indotto la disciplinaa trascurare, in quanto non formalizzabili3, realtà empiriche ineludibili. La

1 Una prima versione di questo saggio è stata presentata in un seminario presso il

Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Torino il 22 novembre2001. Si ringraziano per i commenti tutti gli intervenuti e in particolare icontrorelatori prof. Nicola Negri e dott. Filippo Barbera, nonché il dott. GiangiacomoBravo.

2 Molto significativamente, questi primi sette sono stati insigniti, nell’ordine, del premioNobel tra il 1974 e il 1998.

3 Buona parte delle teoria economica si è purtroppo comportata come l’ubriaco della

2 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

«richness of institutional alternatives» (ibidem, 12) della vita economicaconcreta, i suoi «patterns, puzzles, anomalies» (ibidem, 12), i suoi attoridinamici -in primis gli imprenditori4- sono andati così teoricamente perduti.Questa situazione insoddisfacente ha stimolato varie risposte: larivalutazione di tradizioni economiche eterodosse dotate di maggiorconsapevolezza evolutiva, cognitiva e istituzionale come la Scuola austriacae gli istituzionalisti americani (Hodgson 1993; Parri 1996a, 1999); il fortesviluppo di una variegata nuova economia istituzionale (Furubotn, Richter1997); una rinascita della sociologia economica (Trigilia 1998; Steiner1999; Granovetter 2000; Parri 2000a), che ha portato con sé un rinnovato epromettente dialogo tra economisti e sociologi (Coase 1978; Swedberg1990; Mutti 1995). In questo mutato scenario, la nuova economiaistituzionale (Nei) è invero riuscita a recuperare notevolmente in capacitàesplicativa del reale rispetto all’infruttuosità dell’approccio neoclassicoortodosso. La ripresa della sociologia economica ha tenuto presenti questiinteressanti sviluppi dei «cugini» neoistituzionalisti, ma, in parte risalendo aipropri classici e in parte facendo nuova strada, ha approfondito e datomaggiore vigore alle dimensioni sociali inerenti ai concetti di istituzione eattore economici. Per il sociologo economico, i pur importanti progressidella Nei di Buchanan, Leibenstein, Olson, Williamson, Nelson, Kornai,Aoki, North, Wildavsky, Rosenberg e colleghi lasciano infatti ancora senzarisposta non trascurabili questioni dinamiche, istituzionali e cognitivo-

famosa storiella epistemologica ripresa da Boudon (1998, 817) all’inizio della suacritica ai limiti euristici della teoria della scelta razionale applicata alla sociologia.L’ubriaco cerca nella notte le chiavi di casa non nei pressi del luogo, buio, ove le hasmarrite, ma nei pressi del più lontano lampione, in mera forza del fatto che sotto diesso il terreno è illuminato. Già Pigou osservava come un’eccessiva formalizzazionespingesse gli economisti verso la costruzione di «intellectual toys, imaginaryproblems not conforming to the conditions of real life […] causing us to neglectfactors that could not easily be worked up in the mathematical machine» (cit. in Coase1975, 174). Similmente, Hayek (1975, 213), nella sua Nobel lecture, osserva: «Delmercato e di altre strutture sociali analoghe conosciamo tutta una serie di aspetti chenon siamo in grado di misurare e sui quali quindi disponiamo solo di informazionimolto imprecise e generali. Dal momento che gli effetti di questi aspetti non possonoessere confermati sempre, in ogni specifica circostanza, dall’evidenza quantitativa,essi sono semplicemente trascurati da coloro che hanno giurato di ammetterresolamente quelli che considerano scientificamente provabili: da questo momento inpoi essi procedono allegramente sulla base della finzione che i fattori misurabili sianogli unici rilevanti». Osservazioni simili le troviamo anche nella Nobel lecture di Coase(1991, passim).

4 La tradizione quantitativo-formale walrasiana porterà alla cancellazione neoclassica dinozioni cruciali come rivalità economica (F. Knight, cit. in Buchanan 1964, 29) eimprenditorialità (Leibenstein 1968).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 3

motivazionali riguardanti la realtà della produzione e dello scambio di beni eservizi scarsi.

Cominciamo dagli aspetti cognitivo-motivazionali. La sociologiaeconomica pone come propria unità analitica un attore che, nel tentativo diraggiungere scopi economici in primis non differenti da quelli formali cuimira l’homo oeconomicus della Nei5 (profitto, quote di mercato,produttività, ecc.), è confrontato a condizioni di incertezza knightiana(Langlois e Cosgel 1993) e ignoranza austriaca (Menger, von Mises, Hayek,v. Parri 1999, 2000a) che lo spingono costantemente a congetturare(Simmel 1905, 13, 67; Schütz 1953, 34; Boudon, 1998, 1999). In unasituazione simile, peraltro tipica di molti aspetti cruciali della vitaeconomica, all’attore non sono permessi calcoli precisi o probabilistici comequelli possibili in condizioni di certezza o rischio cui è confrontato l’homooeconomicus a razionalità più o meno limitata. Dubitando circaconfigurazione, modus operandi e nessi caratteristici dell’ambiente tecnico eumano che lo circonda, nonché dell’impatto che i mezzi a propriadisposizione avranno su di questo, l’attore economico della sociologia devericorrere a congetture, ipotesi, costruzioni tentative della realtà. Egli elaboracosì credenze teoriche ed empiriche, che metterà poi alla prova, edeventualmente migliorerà, attraverso gli esiti delle proprie azioni. Lefondamenta di queste credenze e strategie operative dell’attore vannoricercate nella sua situazione sociale, sia dal punto di vista del suoposizionamento in una o più istituzioni economiche, che da quello delle suedisposizioni culturali e ideologiche, come maturate nella propria formazioneprofessionale e intellettuale (Schütz 1953, II-§ 2; Boudon 1987). L’attoreche opera alla ricerca del successo nelle situazioni più discriminanti estrategiche della vita economica non è dunque più un improbabile homooeconomicus calcolatore, ma un più plausibile homo socio-oeconomicusmosso da una razionalità definibile come cognitiva (Hayek 1952; Schütz1953; Boudon 1998, 1999); per comprenderne motivazioni e modalitàd’azione non basta la Nei ma è necessaria la sociologia economica6.

5 La Nei non è omogenea nel suo distacco dall’homo oeconomicus ortodosso: autori

come Stigler, Williamson, Coase, Alchian, ecc. considerano vincoli istituzionali ecognitivi più complessi rispetto ai neoclassici, ma sostanzialmente permettonoall’attore calcoli probabilistici in condizioni di rischio basati su una razionalità, pur seindebolita, non troppo dissimile da quella ortodossa; altri autori, come Aoki, Nelson esoprattutto l’ultimo North (1998, 1999), si staccano maggiormente dall’ortodossia eimmaginano che le condizioni istituzionali e di capacità previsiva portino l’attore aforme che si avvicinano alla razionalità cognitiva come definita da Hayek, Schütz eBoudon.

6 Soltanto un approccio sociologico sembra infatti in grado di gettar luce su quella che

4 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Venendo agli aspetti istituzionali, senz’altro la Nei va oltrel’insostenibile minimalismo dell’ortodossia neoclassica, dando conto dellecostellazioni di regole regolative che definiscono, accanto alla dotazionetecnica e di fattori produttivi, vincoli e opportunità dell’attore economico. Ineoistituzionalisti analizzano gli incentivi e le penalità regolative proprie diquesta o quella forma concreta di mercato, impresa, gruppo aziendale,legislazione statale, ecc. e valutano come ciò modifichi i calcoli dellarazionalità più o meno limitata dell’homo oeconomicus; nel far ciò, però,concepiscono le regole istituzionali come esterne e regolative, trascurando ilfatto che esse hanno quasi sempre anche aspetti sia costitutivi che valoriali7.Entrambi questi ultimi aspetti istituzionali vanno a influire -modificandocredenze, identità e aspettative- sia sulla configurazione della razionalitàcognitiva impiegata che sulla definizione dell’interesse personale, ancheeconomico, perseguito (Pizzorno 1983, §4.2, 1996, §2; Hirschman 1984, §1;Parri 1997, §6). Non sono però solo questi gli aspetti di cui la sociologiaeconomica dà meglio conto rispetto alla Nei8; è la stessa varietà delleistituzioni prese in considerazione dai sociologi che abitualmente è piùvasta. Mentre i neoistituzionalisti si limitano quasi esclusivamente allo statoe a quelle che Weber ha definito «istituzioni economiche», la sociologiaeconomica prende in considerazione approfonditamente anche le weberiane«istituzioni economicamente rilevanti»9 (Weber 1904, 74-5). Rispetto alle

molti economisti neoistituzionalisti sentono ormai come una grave limitazione alpotenziale euristico della propria disciplina: la rinuncia programmatica dell’economiaa dar conto dell’origine delle preferenze degli attori (Hirschman 1984; Wildavsky1994; Bowles 1998; Nelson, Sampat 2001, 32-3). Questo limite è tanto più sentitoquanto la Nei si rende vieppiù conto che, in situazioni di incertezza, la definizionestessa delle preferenze non può essere data per scontata: ceteris paribus, l’interesseeconomico individuale sarà definito in un modo o nell’altro a seconda della razionalitàcognitiva, e dell’orientamento valoriale, dell’attore, che affondano le radici nella suastoria e collocazione sociali. Impressionante è su questo tema la convergenza dellaNei dell’ultimo Wildavsky (1994) con la sociologia economica.

7 Sui diversi aspetti analitici delle regole istituzionali, si veda Parri (1996a, 1997, 1999).8 Anche in questo caso bisogna segnalare come alcuni importanti neoistituzionalisti

abbiano di recente avvicinato di molto il loro concetto di istituzione a quello dellasociologia economica (v. Wildavsky 1994, 146-7; North 1999, 15; Nelson, Sampat2001, 32-39).

9 Parri (1993b, fig. 1, 65, 1997, §3, 2000b, tab. 1, 18) -anche grazie a Schmitter (1989),Kornai (1992, cap. V), Majone (1997), Aoki et al., (1997)- ha attualizzato leteorizzazioni e le individuazioni empiriche weberiane (1904, 74-5, 1922, 1-II, §5,§§12-14) su questo tema. Tra le istituzioni economiche si possono individuare idiversi tipi di mercati, imprese e ibridi tra mercati e imprese, mentre più variegato è ilquadro delle istituzioni economicamente rilevanti. Tra queste si annoverano: lacomunità, nei suoi aspetti sia socio-strutturali che socio-culturali; le associazioni

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 5

prime, queste ultime emergono solitamente come tentativi di soluzione diproblemi di interazione tra gli attori economici più complessi e variegati dalpunto di vista dei dilemmi strategici, delle controfinalità, delle esternalità,della delega, della numerosità ed eterogeneità dei soggetti. Oltre a ciò, comegià ricordava Weber (1922, 1-II, §5), le «istituzioni economicamenterilevanti» emergono spesso come tentativi di soluzione a problemi che sonoposti da condotte solo in parte orientate allo scopo economico, ma anche ascopi di altro tipo oppure al valore o alla tradizione; ragion per cui, le regoleistituzionali sono costrette a mediare tra questi aspetti quasi sempredifficilmente compatibili; dilemmi simili sono invece meno diffusi e salientinelle «istituzioni economiche». Anche nelle circostanze appena ricordate,invero, il programma di ricerca della sociologia economica10 pare meglioattrezzato di quello della Nei.

Terminando con la dimensione dinamica, va segnalato come la Neiproponga spesso un approccio di statica comparata. Ad es., Williamsonconsidera i rapporti di adeguatezza tra un dato assetto istituzionale e unadata configurazione di tecnologie e costi di transazione, affermando che unmutamento di quest’ultima porterà ad un mutamento del primo; ciò è peròfatto senza indagare i meccanismi dinamici che governano il cambiamentoistituzionale in questione. Come osservato da più di un sociologo (ad es.Elster 1994), un simile approccio pecca di ingenuità funzionalista11;ingenuità che è mitigata in altri neoistituzionalisti, come ad es. Libecap(1989), North (1990, 1998), Nelson (1994; Nelson, Sampat 2001) e Aoki(1997), i quali si chiedono esplicitamente quale sia la costellazione di

economiche (organizzazioni imprenditoriali, sindacati, ecc.); i contratti associativi(consorzi, cooperative, governi privati, ecc.); le agenzie governative; gli assettiinterattivi tra governo e aziende o associazioni economiche, che assumonoconfigurazioni differenti (gli assetti dello stato regolativo neoliberista, quelli dellostato relazionale neocorporativo o pluralista, quelli dello stato relazionale sviluppista).

10 Tra i classici, non solo Weber, ma anche Pareto era consapevole della varietà delleistituzioni regolative della vita economica e del fatto che esse cercassero di mediaretra aspetti strumentali e valoriali. Già nel Corso egli distingue tra proprietàindividuale, famigliare e collettiva (Pareto 1986/7, §559) e in questa ultima forma citagli «Allmenden» alpini svizzeri (§559,§569), il «mir» russo (§561) e le «partecipanze»italiane (§569). Discutendo del controllo operaio e della questione sociale dopo laGrande Guerra, Pareto (1920, 1922) considera altre istituzioni economicamenterilevanti come «le imprese di stato» e le «cooperative di produzione».

11 Parri (1997) confronta l’approccio di statica comparata di Williamson a un approcciodinamico di sociologia economica nel caso della formazione di un consorzio divendita tra imprese artigiane in Brianza. Solo il secondo è in grado di dar conto delmutamento delle preferenze e dei quadri cognitivi degli imprenditori, nonché deidilemmi dall’azione collettiva che si accompagnano alla nascita e alla gestione delconsorzio.

6 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

condizioni istituzionali e tecnico-economiche che stimola il cambiamentoistituzionale e come quest’ultimo proceda poi dinamicamente attraversoincentivi e ostacoli. Certamente interessanti per il sociologo economico,questi sviluppi della Nei non sono completamente consapevoli della varietàe profondità dei dilemmi dell’azione collettiva che emergono durante iprocessi di cambiamento e danno conto solo parzialmente dei mutamenticognitivi, identitari e motivazionali degli attori che si accompagnano alledinamiche di mutamento istituzionale. Pure in questo caso, dunque,l’approccio sociologico sembra superiore sul piano euristico (Parri 1996a,1997; Cella 1997; Mutti 1998a; Hedström, Swedberg 1998).

Chiarite così alcune questioni di fondo, in questo contributo, anchedialogando con scuole economiche eterodosse come quella austriaca e ilmeglio della Nei, si proporrà un approccio di sociologia economica a unfenomeno centrale nelle scienze sociali: l’innovazione istituzionale. Neiprossimi paragrafi verrà abbozzato un quadro concettuale per la suacomprensione, mentre alla parte finale si lascerà la presentazione di unostudio di caso di innovazione istituzionale.

2. Tra determinismo istituzionale e sorprese innovative

Per la sociologia economica il quadro istituzionale economico edeconomicamente rilevante in cui l’attore è immerso ne condiziona scelte,strategie, interessi, razionalità, motivazioni, identità, valori. Agli aspettiregolativi delle regole istituzionali, che prescrivono all’attore cos’èobbligatorio, proibito o permesso, si aggiungono gli aspetti costitutivi cheplasmano, in modo a volte tacito a volte più esplicito, le modalità d’azione, iquadri cognitivi, le routine, i repertori di saper fare, le aspettative di ruolo.Regolative o costitutive che siano, le regole istituzionali rappresentano perl’attore economico sia una serie di vincoli che una serie di opportunità:limitano la libertà, ma fanno altrettanto con quella altrui, aprendo al soggettospazi d’azione; plasmano il pensare e l’agire entro certi percorsi, ma cosìfacendo mettono nelle mani dell’attore modalità prudenziali capaci diaffrontare l’incertezza e cognizioni astratte ed empiriche capaci difronteggiare l’ignoranza. In questo senso, le istituzioni si propongono comeausilio agli aspetti consequenziali dell’azione, con il soggetto orientato aquesto o quello scopo economico formale; in quanto socialmente immerse,le istituzioni comportano però ineluttabilmente anche dimensionisimboliche, etiche e identitarie che toccano gli aspetti tradizionali

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 7

dell’azione e quelli non consequenziali, orientati al valore12. Come detto, ciòè particolarmente vero nelle istituzioni economicamente rilevanti: si pensi ailegami parentali in una famiglia che possiede un’impresa; alla dimensioneegualitaristica in un sindacato; all’aspetto solidaristico in una cooperativa,consorzio o associazione; alla vocazione redistributiva in un’agenzia dellostato sociale, ecc.

Nel momento in cui si ricostruiscono socialmente razionalità, identità emotivazioni dell’attore economico, abbandonando le definizioni ancoratroppo standardizzate della Nei, si corre però il pericolo di caderenell’estremo opposto, quello del determinismo istituzionale; un homo socio-economicus parsonsianamente sovrasocializzato (Wrong 1961) diventaincapace di innovare economicamente e istituzionalmente ed evolve lungouna ferrea path dependence, ove gli esiti sono già tutti contenuti nellepremesse del processo e le discontinuità sono soltanto adattamentiincrementali. Il prorompere più o meno regolare dell’innovazione radicale einattesa13 in campo istituzionale ed economico sconsiglia però ditratteggiare deterministicamente il rapporto tra istituzioni e azione: comespiegare il fatto che, di fronte a opportunità simili, indizi identici, segnali ditensione somiglianti, un soggetto sia in grado, a differenza di altri in unasituazione uguale, di scorgere potenzialità di innovazione economica e/oistituzionale? Perché, tra gli stessi innovatori, c’è chi si muove in una 12 Come già ben ricordava Weber, ciò non implica che in un mercato o in un’impresa la

dimensione del rispetto degli statuti, delle leggi, degli impegni contrattuali presi, ecc.sia unicamente riconducibile a una razionalità di scopo e dunque al timore di sanzionio di compromettere l’iterazione del rapporto d’affari. La gran parte degli attorieconomici, in misura certo non omogenea, rispetta in modo orientato al valore, edunque non consequenziale, le regole della vita produttiva; sono infatti queste checontribuiscono a costituire parte della propria identità di attore economico e, per iltramite di questa, l’ampiezza di ciò che è ritenuto interesse economico personale insenso stretto. Su questo tema si veda anche Granovetter (2000, §3)

13 Sulla distinzione tra innovazioni incrementali, adattive e radicali nelle teorie delmutamento sociale si veda Boudon (1984, 212-3). Particolare enfasi il francese ponesulla sorpresa che l’innovazione porta con sé: le innovazioni incrementali sono attese,in quanto rispondono tramite learning by doing/using a domande di miglioramento datempo presenti, secondo dunque un processo che definirei lamarckiano; le innovazioniadattive vanno anch’esse a rispondere a desideri di soluzione da tempo esistenti, masono originate in modo casuale, per altri motivi oppure all’esterno del sistema socialeche richiede la soluzione, che comunque la adotta non appena può, come lo sarebbeuna mutazione darwiniana di successo; le innovazioni radicali non rispondononecessariamente a una precisa domanda di soluzione di problemi sistemici esistenti o,se lo fanno, le rispondono in modo sorprendente. Esse comportano un mutamento taleche lo stesso sistema sociale o economico di riferimento si destruttura e si rinnova piùo meno profondamente.

8 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

direzione e chi in un’altra? La variabile discriminante va in questo casoricercata a livello dei singoli: esistono soggetti che per biografia formativa,disposizione della personalità, posizione all’intersecazione tra diversireticoli sociali, sono in grado di iniziare e portare avanti processi innovativiinattesi e scompaginanti. La sociologia si è chinata più di una volta sucostoro: il «carisma» weberiano, l’«istinto delle combinazioni» di Pareto.L’istituzionalismo socio-economico che voglia dar conto dei processiinnovativi è dunque giocoforza «aperto» (Boudon 1984, capp. VI-VII), è un«istituzionalismo centrato sull’attore» (Mayntz, Scharpf, 1995), dove vincolie opportunità istituzionali orientano e stimolano, ma non soffocano opredeterminano la creatività degli individui14.

3. Le soluzioni istituzionali ai problemi di coordinamento einnovazione

L’attore economico impegnato nel contesto di istituzioni economiche,come l’impresa o il mercato, e nel contesto di istituzioni economicamenterilevanti, come un consorzio, un’associazione, un assetto neocorporativo odi regolazione da parte di un’agenzia statale, ecc., punta, come si è visto, araggiungere con successo obbiettivi economici formali (profitto,produttività, quote di mercato, ecc.). Solitamente ciò è fatto sotto il vincolopiù o meno forte del rispetto non consequenziale di certi valori o tradizionivariamente legati alle regole istituzionali stesse o all’identità del soggetto.La razionalità cognitiva utilizzata da questo homo socio-oeconomicus deve,se vuole portarlo al successo, essere in grado di fronteggiare efficacementedue tipi di incertezza radicale: a) quello legato al mutare dei fattorieconomici come prezzi e tecnologie (a loro volta dipendenti dal mutarequantitativo e qualitativo di: preferenze; dotazioni di capitale, lavoro einfrastrutture; estensione dei mercati; sapere scientifico e tecnologico, knowhow, ecc.); b) quello legato alla natura delle azioni e delle aspettative deglialtri soggetti economici coinvolti, natura che dà luogo a tutta una serie didilemmi dell’azione collettiva (esternalità, conseguenze inattese,controfinalità, opportunismo, free riding, strategie di maximin o diffidenzarazionale, problemi di agenzia e incompletezza contrattuale, tragedie

14 Va qui fatta una distinzione: la realtà del mutamento sociale inatteso ci impedisce di

immaginare teoricamente che le istituzioni determinino completamente le azioni; ciònon toglie che i quadri istituzionali concreti lascino agli attori spazi di libertà e stimoliall’innovazione che variano grandemente da caso a caso: si pensi alla differenza trauna corporazione medievale e la Silicon Valley!

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 9

hardiniane delle risorse comuni, collusione, occultamento delle preferenze,ecc.).

Di fronte a questa doppia incertezza economica (a) e sociale (b),l’homo socio-oeconomicus è continuamente sottoposto alla possibilità difallire nel raggiungimento dei propri scopi a causa di errori legati alcontenuto e alla tempistica delle proprie azioni (i famosi «Irrthum» e «Zeit»di Menger 1871, I-§4). In suo ausilio nel fronteggiare queste incertezzegiungono, come già detto: i) le istituzioni, le cui regole vincolano lavariabilità dei fattori economici e delle azioni e aspettative dei soggetti(Parri 1996a, 1999); ii) l’apprendimento, ovvero l’affinamento evolutivodella razionalità cognitiva attraverso tentativi ed errori (Hayek 1979, epil.;Heiner 1990). In questo senso, regole istituzionali e apprendimentofavoriscono il coordinamento tra le azioni dei soggetti (Schmitter 1989;Kornai 1992, cap. V; Parri 2000a) e, con ciò, la soluzione più o menosoddisfacente dei dilemmi di azione collettiva (Parri 1996a, 1997, 2000b). Alivello socio-sistemico, cala l’entropia e si stabilisce un certo grado diordine, che consente ai singoli attori sia una maggiore possibilità di successoeconomico che un più agevole perseguimento di certi valori legati agliaspetti comunitari o identitari (Parri 2000).

Vi è però un'altro modo di aumentare le possibilità di successo di unhomo socio-oeconomicus: non abbattere l’incertezza, ma, almenomomentaneamente, indurla e cavalcarla (Parri 2000a, 2000b). L’attore può,invero, sviluppare nuove forme di razionalità cognitiva, non più basatesull’affinamento incrementale ma sulla creatività inattesa, che lo portano agenerare innovazioni economiche schumpeteriane (nuovi mercati, prodotti,processi, rapporti qualità/prezzo, ecc.) o innovazioni istituzionali15 (nuovitipi di impresa, mercato, ibridi, nuove forme di consorzi, associazioni,cooperative, assetti di interazione con lo stato, norme regolative, politichepubbliche, ecc.). Questi processi di innovazione generano nuovi fattorieconomici o, più o meno con questi connesse16, nuove modalità istituzionali 15 L’innovazione istituzionale è al punto terzo della nota definizione di Schumpeter

(1928, 21, «creazione di nuove organizzazioni dell’industria») ed è tipica, anche se inmodo più temperato, del discorso di Hayek (1944, 83-7). Di recente, ineoistituzionalisti Nelson (1990) e Rosenberg (1992) hanno messo l’accento sullagrande capacità storica e sistemica del quadro regolativo capitalista di creareripetutamente le condizioni per l’emergere di nuove istituzioni economiche adatte afavorire lo sviluppo produttivo.

16 Il rapporto di causa ed effetto tra l’innovazione economica e quella cognitivo-istituzionale è variabile: nella maggioranza dei casi la prima rende indispensabile laseconda, ma può essere che la seconda crei i presupposti per la prima oppure cheentrambe avanzino quasi di pari passo. In altre circostanze, però, l’innovazioneistituzionale migliora l’efficienza di fattori economici che rimangono immutati

10 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

di coordinamento e soluzione dei dilemmi dell’azione collettiva attornoall’innovatore; chi invece prosegue con le vecchie abitudini produttive eistituzionali si trova spiazzato e sempre meno in grado di coordinarsi con glialtri soggetti economici, sino a dover scegliere tra il perire, l’imitare ol’innovare a sua volta. Si tratta di processi di squilibrio socio-economicotipicamente trattati dalla Scuola austriaca (Parri 1999, 2000) e ai quali unodei suoi membri più noti, Schumpeter, ha dato il nome di «distruzionecreatrice» (1942, cap. VII). L’innovazione economica e/o istituzionale èdunque un’opzione, ovviamente dagli esiti incerti, che si può aprireall’individuo in cerca di successo; opzione che, a livello sistemico, comportaun’aumento della varietà economica e/o istituzionale (la «molteplicitànecessaria» di Ashby 1956, cap. XI; un aspetto della «complessità sociale»di Luhmann 1992). Questa maggior varietà porta, quasi sempre, a unincremento delle capacità di creare ricchezza e sviluppo dell’economiastessa (Rosenberg, Birdzell 1986; North 1990; Aoki et al. 1997; Olson 2000;Nelson, Sampat 2001), nonché delle capacità che questa ha di conciliare leesigenze dell’efficienza produttiva con quelle del rispetto di certi valori otradizioni (Okun 1975; Kitschelt et al. 1999; Olson 2000, cap. X). Percontro, i sistemi che inibiscono o reprimono le innovazioni economiche eistituzionali vanno incontro alla trappola dei rendimenti decrescenti deifattori, al proliferare di subottimali modalità illegali o sommerse dicoordinamento, alla sclerosi tecnologica, al degrado dei valori sociali. Ciò èesemplificato, in forma rimediabile, dalla crisi del laissez faire tra le dueguerre e dell’interventismo statale negli anni settanta (Cockett 1994; Olson1996; Katz 1998; Yergin, Stanislaw 1998; Scharpf, Schmidt, 2000), nonché,in forma catastrofica, dall’agonia e crollo della pianificazione socialista(Clark, Wildavsky 1990; Rosenberg 1992; Kornai 1992; 1993; Olson 2000,capp. VII e VIII).

oppure, ancora, nuovi fattori economici non toccano il quadro istituzionale.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 11

4. L’impatto differenziale della varietà istituzionale

La letteratura comparativa insegna che le modalità istituzionaliattraverso cui i sistemi economici risolvono i propri problemi, anzitutto dicoordinamento e innovazione e, poi, di conciliazione delle esigenzedell’efficienza produttiva con quelle identitarie e valoriali, varianofortemente nel tempo e nel territorio17. Nel tempo, in uno stesso sistemaproduttivo, il mutamento diacronico dei fattori economici legato alla crescitae/o a influenze esterne mette sotto pressione le capacità di coordinamento edi stimolo all’innovazione (sia economica che istituzionale) del quadroistituzionale esistente, facendo emergere insoddisfazione in uno o più attorieconomici e, con essa, tentativi di riforma del quadro stesso18. Si pensi acome l’avanzare del post-fordismo e della globalizzazione abbianoinaspettatamente spinto all’abbandono della crescita guidata dallo stato inFrancia (Wright 1998) e alla formazione di gruppi di imprese nei distrettiindustriali italiani (Corò, Grandinetti 1999; Parri 2000b). Se passiamo alladimensione territoriale, notiamo come paesi differenti abbiano, in relazionealle loro peculiarità politiche, sociali e culturali, affrontato una stessa tappastorico-economica con sistemi istituzionali differenti: ad es., la ricostruzionee la rincorsa produttiva postbelliche sono state gestite in Giappone attraversocoerenti politiche sviluppiste centrate sull’asse burocrazia-grandi impreseprivate (Aoki 1997); tale coerenza è mancata in Italia, dove si è procedutofavorendo per tentativi ed errori l’impresa pubblica e le grandi impreseprivate.

La gran varietà delle istituzioni economiche ed economicamenterilevanti esistite ed esistenti induce differenze sensibili in termini diprestazioni produttive e soddisfacimento di esigenze identitarie e valoriali.Stilizziamo alcuni casi. L’impresa americana ha una struttura azionariaframmentata, una grande esposizione in borsa, un management indipendentee reclutato sul mercato esterno, un sistema contabile assai trasparente epratica un uso verticistico e flessibile della forza lavoro (Porter 1992). Essa

17 Pareto (1896/7, §569) suggerisce che questa varietà sia benefica economicamente:

«[…] date le gran varietà che presentano gli uomini e i luoghi, è molto probabile chela coesistenza di parecchie forme di proprietà assicuri un massimo di ofelimitàsuperiore a quello che si sarebbe ottenuto con una sola forma».

18 Parimenti, può essere il mutamento cognitivo-istituzionale a stimolare cambiamenti neifattori economici: si pensi alla diffusione dell’interventismo statale e del gigantismoaziendale dagli anni trenta ai settanta e all’ondata neo-liberista e a favore delle piccoleimprese flessibili a partire dagli anni ottanta. Entrambi i quadri cognitivo-istituzionalihanno avuto sicuramente un impatto sui mutamenti dei fattori economici dei paesi cheli hanno adottati o imitati.

12 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

si è così dimostrata istituzionalmente compatibile con innovazionitecnologiche radicali: la necessità di pagare alti dividendi e sostenere laquotazione in borsa, unita alla possibilità di drastiche ristrutturazioni guidateda nuovi dirigenti inclini al rischio hanno spinto, di pari passo con lavivacità scientifica d’oltre oceano, molte corporation sulla via della radicaleinnovazione di processo e prodotto (Soskice 1999; Porter, van Opstal 2001).Diverso il quadro dell’impresa giapponese, dove il management provienedall’interno dell’azienda, è imbevuto cognitivamente della sua cultura,risponde a grossi azionisti industriali e bancari stabilmente coinvolti nelcapitale e interessati alla sua redditività di lungo periodo. Parimenti, nellakaisha i dipendenti sono reclutati già in gioventù, sono addestratiintensamente ad abilità firm specific, cooperano fortemente tra di loro e con idiversi livelli tecnici e dirigenziali, vedono la propria retribuzione correlataall’anzianità, sono ben rappresentati da un sindacato aziendale (Aoki 1990).Questo tessuto istituzionale regolativamente e costitutivamente assai denso eautocentrato ha reso l’impresa nipponica poco incline alle drasticheristrutturazioni e alle innovazioni radicali, giudicate troppo rischiose escompaginanti, e più portata allo sviluppo sofisticato e continuativo ditecnologie già esitenti, rivitalizzate valorizzandone gli aspetti qualitativi e diorientamento al cliente (Aoki, Dore 1994). Inoltre, la sovranitàdell’azionariato diffuso tipica del quadro istituzionale americano ha spinto lacorporation verso un’efficienza misurata in profitti e dividendi, una grandesnellezza dimensionale e un quadro valoriale esplicitamente individualista emercantile. La kaisha ha invece assimilato alcuni aspetti istituzionali tipicidell’impresa cooperativa o governata dai dipendenti (Imai, Komiya 1994):una remunerazione quasi fissa del capitale e una variabile del lavoro, il tuttoin un quadro valoriale comunitario e solidaristico, la cui gestione è favoritada una notevole opacità e manipolabilità dei bilanci. I grandi azionisti stabilisi sono infatti accontentati di dividendi bassi e costanti, mentre bonus ewelfare aziendali si sono aggiunti come parte variabile alla retribuzione dibase dei dipendenti. All’indicatore di efficienza del profitto si è preferitoquello della quota di mercato: senza il timore di una fuga degli azionisti evincolata dall’impiego a vita, la kaisha ha infatti perseguito una costanteespansione dimensionale, garanzia di opportunità di promozione e dimantenimento del lavoro per i propri numerosi dipendenti (Aoki 1990;Odagiri 1992).

L’impatto differenziale -economico e valoriale- della diversitàistituzionale nel risolvere problemi di coordinamento e generare innovazionenon si limita al livello microeconomico dell’azienda, ma può riguardareanche aspetti macroeconomici. Si pensi agli effetti differenziali su tassi diinflazione, tasso di cambio e rapporti di classe palesatisi, tra il 1948 e il

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 13

1979, nei paesi dotati istituzionalmente di una banca centrale indipendente edi una struttura centralizzata delle relazioni industriali, come la Germania,rispetto a paesi in cui, come il Regno Unito, la gestione della politicamonetaria è toccata al governo e le relazioni industriali erano frammentate.Prezzi stabili, moneta forte e pace sociale nel primo caso; inflazione, monetadebole e conflitto di classe nel secondo. Questa diversità è peraltro frutto diun’innovazione istituzionale adottata in Germania nel secondo dopoguerra,innovazione che permise ai tedeschi di superare il quadro istituzionale diWeimar, ove l’interventismo governativo e la frammentazione sindacaleerano assai simili al quadro britannico (Pacqué 1996). Questa innovazioneistituzionale, all’epoca sorprendente, è legata al corpus cognitivo elaboratodalla Scuola dell’Ordoliberalismus di Friburgo: mentre negli altri paesiavanzati il dopoguerra vide aumentare il ruolo della regolazione governativanell’economia, in controtendenza, Erhard e Adenauer posero le fondamentadel modello tedesco aderendo alle idee dell’Ordoliberalismus. Questo si erasviluppato, con gli economisti eterodossi Eucken e Röpke, in risposta aifallimenti dell’interventismo di Weimar e della Zwangswirtschaftnazionalsocialista (Eucken 1952). L’astensione del nuovo governo dallagestione discrezionale della politica monetaria e delle relazioni industriali,affidate rispettivamente a una Bundesbank indipendente e a partner socialiautoregolantesi, il tutto all’interno di regole legislative cornice chiare estabili (Ordnungspolitik), costituirà per un ventennio un pilastro delmiracolo economico tedesco (Giersch et al. 1994).

5. La vexata quaestio dell’efficienza istituzionale

La Nei è abituata a valutare le prestazioni delle istituzioni in termini dilivello dei costi produttivi e di transazione che queste inducono. Per lasociologia economica questi criteri sono troppo univoci e generali, per cuiessa pone più di un distinguo nel valutare l’efficienza istituzionale.

Anzitutto la desiderabilità di un assetto istituzionale può variare aseconda della posizione dell’attore coinvolto e del suo quadro cognitivo evaloriale. Abbiamo appena visto che nella corporation americana a essereprivilegiati sono gli azionisti, mentre nella kaisha giapponese sono idipendenti. Ma vi è di più: ad es., gli assetti interattivi tra stato ed economiadello sviluppismo giapponese hanno sistematicamente favoritol’investimento e i produttori rispetto ai consumatori: barriereall’importazione, cartelli riconosciuti dallo stato, tassi di interesse inferiori aquelli di mercato, legislazione commerciale carente, sono tra gli elementiistituzionali di questo squilibrio (Murakami 1993, cap. VI; Katz 1998).

14 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

In secondo luogo, possono sorgere delle relazioni inverse tra ilraggiungimento di obbiettivi diversi: la ricerca di coordinamentoassociativo, consortile o governativo tra attori per produrre beni di club,evitare squilibri ciclici, settoriali o occupazionali, ecc. può andare a scapitodella capacità di generare varietà all’interno del sistema economico. Ad es.,la crisi in cui è incappato il Modell Deutschland negli anni novanta è inparte legata ai densi e forti vincoli regolativi e costitutivi postiall’innovazione economica e istituzionale da parte delle relazioni industriali,della R&S mista associativo-pubblica, della formazione professionaletripartita, della legislazione sull’Handwerk (artigianato e Pmi), dellepartecipazioni azionarie incrociate tra imprese e tra banche e imprese, ecc.(Lenel 1997; Hall 1997). Tutti questi elementi istituzionali di coordinamentosono ora sotto forte tensione e la riforma più o meno incisiva di alcuni diessi ha preso il via sotto l’impulso sia dei governi, a guida Cdu prima e Spdpoi, che dell’associazionismo, soprattutto imprenditoriale. Non si tratta certodi adottare il modello anglosassone, ma più semplicemente di rilanciare lagenerazione innovativa di varietà tramite innovazioni istituzionali puntualiche rendano il capitalismo tedesco più adeguato alla realtà dellaglobalizzazione. Problemi simili sono sorti nella riforma delle regulationstatunitensi (Winston 1993, Vietor 1994). Queste istituzioni dicoordinamento economico, centrate attorno ad agenzie indipendenti dotatedi estesi poteri, sono sorte come innovazioni istituzionali rooseveltiane neglianni trenta, in risposta ad un’ondata di fallimenti, guerre di prezzo,scadimento della qualità dei servizi, ecc. La regolazione di linee aeree,banche, energia, trasporti su terra e rotaia, telecomunicazioni, ecc. -tutteindustrie rimaste private- ha garantito sino alla fine degli anni sessanta unbuon livello di prestazioni, pur privilegiando, per la struttura degli incentiviin essa insita, la concorrenza sul servizio piuttosto che su prezzo e costi. Coltempo, però, le regulation finirono per inibire fortemente la generazione divarietà tecnologica, di prodotto e di mercato. Erano infatti emerse nuovetecnologie e nuovi potenziali utenti che rendevano i rigidi meccanismi dicoordinamento in vigore penalizzanti per un ulteriore progresso tecnologico,discriminatori per categorie di consumatori emergenti, dannosi per alcunedelle stesse imprese regolate, ad es. le banche, impedite di reagireadeguatamente di fronte a chi riusciva ad aggirare la regulation. In questasituazione, sotto le presidenze Carter e Reagan, si rivide il ruolo eattenuarono i poteri delle agenzie di controllo: la cosiddetta deregulation (omeglio, re-regulation). Il consenso interpartitico di democratici erepubblicani fu indispensabile per questa innovazione istituzionale:cercando di beneficiare il consumatore rispetto al produttore dei servizi, ci siscontrò infatti con la reazione di forti interessi costituiti, come le imprese

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 15

che ancora traevano vantaggi dalla regulation e i loro dipendentisindacalizzati.

Parlare di efficienza istituzionale nel risolvere i dilemmi dell’azionecollettiva senza specificazione è dunque ingenuo: come abbiamo appenavisto negli esempi, le istituzioni, con la loro presenza, inducono effetti,anche solo economici, molteplici e spesso in contrasto tra loro: efficienzaallocativa piuttosto che dinamica; efficienza misurata sui profitti piuttostoche sulle quote di investimento o di mercato; prezzo piuttosto che qualità;vantaggio del produttore piuttosto che del consumatore; innovazioneradicale piuttosto che incrementale, ecc. Ciò rende difficile la comparazionetra le prestazioni economiche legate ai diversi quadri istituzionali: se, certo,esistono quadri superiori ad altri in tutte o quasi le dimensioni che abbiamomenzionato -nessuno pensa più a reintrodurre la pianificazione centralizzatasocialista- più comuni sono le situazioni in cui un’istituzione supera l’altrain alcuni campi, ma è a sua volta superata da questa in altri, si pensi alconfronto fatto poc’anzi tra corporation e kaisha (Porter 1992; Kester1996). La comparazione istituzionale diventa ancora più ardua quando icriteri economici di giudizio, di per sé già molteplici e ambigui, vannobilanciati con quelli valoriali e identitari19. La scelta tra le istituzionidell’impresa privata, del mercato, del capitalismo anglosassone, delcontratto personale di lavoro e quelle dell’impresa cogestita, dello stato, delcapitalismo renano-nipponico, del contratto collettivo di lavoro va dunqueoperata lungo molteplici dimensioni di giudizio e non sul letto di Procustedella Nei.

19 La sociologia economica è da tempo consapevole di questi differenti criteri di giudizio.

Particolarmente lucido appare ancora una volta di Pareto (1922, 1071). Discutendodelle «industrie di stato», egli le giudica «economicamente imperfettissime, costose efonte d’abusi di ogni sorta; dall’altra parte però, utilissime, spesso addiritturaindispensabili sul piano politico e sociale», tanto che vi è, in questo caso, chiara«opposizione tra due generi d’utilità» (ibidem). Occupandosi di un’altra istituzioneeconomicamente rilevante, ancora Pareto (1920, 1033) afferma: «Le cooperative diproduzione rimangono un’eccezione nel gran totale dell’industria. Parte sono soloimprese per sfruttare, mediante la politica, i contribuenti; ma parte altresì campa conle proprie forze, e ciò sta a dimostrare che il suo ordinamento non è poi tanto inferioreva quello detto del ‘capitalismo’. Potrebbe dunque forse estendersi a parte notevoledelle industrie, senza cagionare grande riduzione della produzione; e tale riduzionepotrebbe essere compensata da vantaggi sociali. Ma non si può sapere se alle primecooperative o alle seconde ci avvia l’istituzione del Controllo».

16 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

6. Le condizioni di partenza del processo di innovazione istituzionale

Come anticipato, per innovazione istituzionale consideriamo unprocesso di creazione di varietà non meramente incrementale o adattivo, mauna dinamica che crei, in modo radicale, una significativa e inattesadiscontinuità con gli assetti cognitivi e istituzionali precedenti20. Nondunque un mero lamarckiano learning by doing/using o una fortunatamutazione darwiniana delle regole, recepita dagli attori del contesto inquanto risposta adattiva a certi problemi già manifesti; quanto piuttostol’ideazione, proposta e applicazione di un quadro regolativo e costitutivoche riformula le coordinate del problema di azione collettiva e, su questabase, suggerisce soluzioni istituzionali sensibilmente differenti. Ciò implicaun mutamento creativo e sorprendente della razionalità cognitiva, delleaspettative, dell’identità, dei valori e, in parte, anche degli interessi di uno opiù tra gli attori coinvolti21. Per citare un caso concreto a livellodell’istituzione economicamente rilevante delle politiche economichegovernative, non un adattamento incrementale o ad hoc del keynesismotramite una più sofisticata padronanza della domanda aggregata,

20 Il concetto di «institutional innovation» ricorre spesso nella Nei: Aoki (1997, 233);

Nelson, Sampat (2001, 44); Ruttan, Hayami (1984, passim); Anderson, Hill (1983,439). A volte esso prende il nome di «institutional change» (North 1990, passim). Lapolitologa Ostrom (1998, 8) parla di «innovation in rules», lo scienziato politicoGiuliani (1998, 365) di «azione innovativa», il sociologo Mutti (1998b, 548) di«innovazione sociale», mentre Cella (1997) aggiorna il concetto di «grandetrasformazione» polanyiana.

21 Spesso l’innovazione radicale sorprende sia gli osservatori che i coinvolti:privatizzazioni, deregulation, monetarismo, ritorno al rigore di bilancio sono riapparsisulla scena malgrado fossero stati giudicati sepolti per sempre (Hood 1994; Cella1997, cap. IV; Henderson 1998). Lo stesso si può dire dei mutamenti introdotti dalNew Deal americano in quello che sino al 1929 si riteneva un trionfante capitalismo dilaissez faire (Eucken 1952; Vietor 1994; Couch, Shughart II 1998). Similmente,grande sorpresa ha destato tra gli economisti industriali interventisti, e i politici localiloro vicini, il fatto che i distretti italiani fossero in grado di superare alcuni loro limititramite la creazione di gruppi industriali privati, lasciando un ruolo marginale ai centriper i servizi reali, cui invece era stato pronosticato un grande futuro (Parri 1996b;2000b). Clamoroso è stato il recente collasso e abbandono dello sviluppismogiapponese, ormai divenuto all’estero un mito che si poteva solo cercare di imitare(Callon 1995; Katz 1998). Tutto ciò ci riporta alla mente le osservazioni di Mill(1843, cap. VI) e di Hayek (1952) sull’ineluttabile debolezza previsiva delle scienzesociali. Le eccezioni positive a questa miopia sono state poche: la Scuola austriaca chefu capace di prevedere il crollo del socialismo e le difficoltà dell’interventismo (Parri2000a); alcuni giapponesi che anticiparono le gravi difficoltà cui certi meccanismidello sviluppismo avrebbero portato (Yamamura 1982).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 17

l’introduzione di controlli tripartiti dei prezzi e dei salari o il coordinamentointernazionale delle policy; quanto piuttosto il passaggio a strategiemonetariste o dell’offerta che, utilizzando strumenti principalmentemonetari, svincolano la responsabilità statale dal tasso di disoccupazione efanno dell’inflazione l’obbiettivo principe (Hayek 1972/8; Hall 1993). Unaltro caso, a livello questa volta microeconomico, può essere il passaggiodalla forte concorrenza tra piccole imprese distrettuali alla creazione di unconsorzio di vendita, dove aumenta il livello di coordinamento, parte dellacreazione di varietà è gestita dal vertice consortile, muta la definizione degliinteressi e dell’identità dei singoli piccoli imprenditori, si sviluppano valoricooperativi, ecc. (Parri 1997). La domanda è allora: quali sono lecondizioni22 economiche, regolative, cognitive, ideologiche, identitarie e piùin generale sociali che permettono a simili processi di innovazioneistituzionale di partire?

La condizione prima che si dà è il fallimento delle soluzioniistituzionali in vigore precedentemente, fallimento che deve essere non unatantum, ma ripetersi nel tempo e persistere malgrado tentativi di adattareistituzioni, quadri cognitivi e valori onde evitare malfunzionamenti23: neidue esempi citati, il passaggio dal keynesismo al monetarismo nel RegnoUnito non si è consumato senza ripetuti sforzi di policy bricolage perscongiurare la stagflazione degli anni settanta; lo stesso si può dire dellacreazione di un consorzio di vendita, alla quale si arriva solitamente dopoche i singoli piccoli imprenditori hanno invano tentato varie strategie 22 Non tutte queste condizioni devono essere presenti sin dall’inizio; anzi, di norma non

lo sono completamente ed è preoccupazione dell’innovatore cercare di mutare neltempo questo o quell’elemento affinché il processo possa partire, dispiegarsi ecompiersi.

23 Dei motivi dell’incapacità di un assetto istituzionale di risolvere i problemi di azionecollettiva ad esso pertinenti si è già parlato anche tramite esempi. Tra questi vi sono: ilmutamento di fattori economici come prezzi e tecnologie, legato beninteso alcambiamento qualitativo e quantitativo degli elementi che li determinano; l’emergeredi nuove preferenze o valori di consumatori, produttori e regolatori, di solito connessoa modifiche strutturali e culturali della società; il variare dei confini istituzionali delsistema, dalla regione verso la nazione e poi all’intero globo; forti scosse esogene; lapresenza, in altri contesti nazionali o funzionali, di soluzioni istituzionali alternative diparticolare successo lungo certe dimensioni ritenute critiche; nuove cognizionigenerate dalla scoperta di effetti istituzionali negativi sino a quel momento sconosciutio tenuti nascosti; il pervertimento degli obbiettivi iniziali dell’istituzione, i cui attoririlevanti perdono motivazioni ideali o cadono vittima degli interessi costituiti chedovevano regolare (burocratizzazione, corruzione, agency capture), ecc. Unaspiegazione interessante, sia a livello micro che macro, dei fallimenti istituzionali èpresentata da due istituzionalisti come North (1990, per l’età moderna) e Olson (2000,per il novecento).

18 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

individuali di miglioramento della loro posizione concorrenziale. I motivi diciò sono intuibili: cognitivamente l’epistemologia ci insegna che la primarisposta alla crisi di un paradigma è il tentativo di adattarlo; lo stesso accadenella società, non solo poiché spesso non si ha ancora certezzadell’operatività delle istituzioni alternative, ma anche perché senza ilverdetto di experimenta crucis negativi nessuno vuole fronteggiarel’incertezza legata alla reazione degli interessi costituiti legati al vecchioassetto istituzionale.

Le dimensioni sulla cui base giudicare il fallimento di un assettoistituzionale sono come visto varie: esso può mancare nel generarecoordinamento economico tra le azioni degli attori coinvolti, dando vita asottoutilizzazione o distruzione di capitale o valore, disoccupazione,inflazione, deflazione, precarietà delle relazioni lavorative o di subfornitura,oscillazioni cicliche violente, esaurimento di risorse naturali, mancanza diofferta di beni e servizi richiesti, dilagare di mercati sommersi o criminali,ecc. Un assetto istituzionale può pure mancare nel generare varietàeconomica, inibendo l’imprenditorialità innovativa, impedendomiglioramenti produttivi da parte dei lavoratori, limitando gli investimentiper la R&S, scoraggiando la generazione di beni e servizi non ancorarichiesti e quindi radicalmente innovativi, favorendo rendite di posizione,ecc. Vi sono poi i fallimenti in campo valoriale e identitario, che avvengonoquando le istituzioni generano forti o cumulativi squilibri nella distribuzionedella ricchezza, non garantiscono un tenore di vita dignitoso a parte dellapopolazione, non sono in grado di motivare alla prestazione economicaefficiente, favoriscono fenomeni di parassitismo, corruzione, assenteismo,frode e usura, selezionano alla rovescia privilegiando gli opportunisti e imediocri piuttosto che gli intraprendenti e gli abili, generano atteseirrealizzabili, sconcertano gli attori con aspettative di ruolo in contrasto traloro, ecc.

Tutti questi fattori portano solitamente con sé varie conseguenzenegative: l’emergere di quadri cognitivi e identitari prima meramente criticie poi sempre più costruttivamente in grado di costituire alternative aifallimenti istituzionali esistenti; l’indebolimento o la rottura delle coalizionisocio-economiche che sostenevano le soluzioni istituzionali andate in crisi;la politicizzazione di ciò che era sino a poco prima dato per scontato. Comericordato da Pareto in epigrafe, ciò porta a crescenti frustrazioni chesfociano in conflitti sociali e ideologici. In questi modi, la fiduciainterpersonale e nell’istituzione (Mutti 1998a) scema ulteriormente,elevando il grado di entropia e minando ancor più la sua capacità dirisolvere i dilemmi dell’azione collettiva. Un’istituzione economica oeconomicamente rilevante delle cui prestazioni si interessavano, nei

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 19

momenti di efficienza, soltanto gli addetti ai lavori, viene posta al centro diun dibattito sociale, culturale e politico più vasto, all’interno del qualeintervengono ormai anche partiti, chiese, organi giudiziari, intellettuali diuniversità e think tank, mezzi di comunicazione di massa, opinionisti, a voltepersino governi esteri e organizzazioni transnazionali. È in situazioni similiche sono maturate grandi svolte istituzionali come il New Deal negli StatiUniti, le nazionalizzazioni postbelliche in Inghilterra, la riforma monetaria el’Ordnungspolitik di Erhard in Germania, lo statuto dei lavoratori in Italia, laderegulation nordamericana, le privatizzazioni thatcheriane, la nascita dellosviluppismo nella Francia e nel Giappone post-1945, ecc. Invero, parte diquesti elementi sono all’opera, su scala più limitata e meno clamorosa,anche nel dar conto di innovazioni istituzionali meno epocali ed estese, maaltrettanto radicali. Tra queste: la creazione di consorzi o cooperative persuperare alcuni limiti della concorrenza tra imprese minori (Parri 1997;Fullin 1999); il passaggio dall’anarchia ad associazioni spontanee per losfruttamento e l’assegnazione della terra di proprietà federale nel Far West(Anderson, Hill 1983); la unitization dell’estrazione petrolifera a partiredagli effetti perversi del prelevamento individuale da concessioni territorialiprivate piazzate su uno stesso giacimento (Libecap 1989, cap. VI);l’introduzione di tetti di prezzo decrescenti (Rpi-X) da parte dei regolatoriprocompetitivi dei servizi pubblici privatizzati nel Regno Unito (Helm,Jenkinson 1998; Littlechild 2000); la transizione dalla proprietà collettiva dirisorse comuni alla proprietà privata, sulla spinta o dell’aumento delladomanda del bene (Demsetz 1967) o dell’introduzione di metodi menocostosi di escludibilità dei terzi (Anderson, Hill 1975); la creazione deilaboratori di R&S interni alle grandi imprese tedesche a fine ottocento comemodalità per mettere a frutto industrialmente le invenzioni scientifiche(Nelson, Sampat 2001); la diffusione di centri per i servizi reali alle piccoleimprese nei distretti industriali italiani e francesi (Parri 1993a, 1996b,2000b); il passaggio delle aziende nipponiche dal fordismo al just-in-time(Aoki, Dore 1994).

7. Incertezza e dilemmi dell’azione collettiva nel processo diinnovazione istituzionale

La critica al funzionalismo rende il sociologo economico piùconsapevole della Nei che il passo tra l’aumento dell’entropia e lo stabilireun nuovo ordine non è automatico: per quanto basse siano le prestazioni diun’istituzione, alta la sfiducia tra i suoi membri e nella sua attività,sfilacciata la coalizione sociale che la sostiene, grandi i conflitti cognitivi e

20 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

valoriali che la circondano, tutto ciò non significa che esistano le condizionisufficienti per realizzare una nuova istituzione che sia in grado di risolvereefficacemente i problemi al momento irrisolti. In altre parole, il processo dicostruzione sociale di un’innovazione istituzionale comporta a sua voltadilemmi dell’azione collettiva (Taylor 1987; Libecap 1989; Elster 1994;Parri 1996a, 1997; Hedström, Swedberg 1998). Le istituzioni del New Deal,lo sviluppismo giapponese e francese, i consorzi e le cooperative tra piccoliproduttori italiani, le privatizzazioni inglesi, ecc. non sono sorte nel giro diuna giornata, bensì attraverso processi carichi cognitivamente, valorialmentee regolativamente di incertezza, ambiguità, tentativi ed errori24. Quali leprincipali dimensioni di questi processi?

Anzitutto deve esistere un corpus cognitivo in grado di comprenderemotivi e meccanismi sociali ed economici del cattivo funzionamento delprecedente quadro istituzionale; non solo, ma questo corpus cognitivo deveandare oltre e immaginare su quali basi regolative, valoriali e identitarie siapossibile realizzare un quadro istituzionale innovativo che sia vitale eefficace. Senza questa guida cognitiva, elaborata da accademici e think tank(Cockett 1994; Stone 1998), è difficile che gli attori coinvolti possano farsicoinvolgere nel processo di dissoluzione completa, prima e, poi, diedificazione progressiva del nuovo assetto istituzionale. Certo, avendo a chefare con una realtà difficilmente afferrabile come quella socio-economica,questa guida raramente potrà sin dall’inizio palesarsi come certa e univoca;ciononostante, essa deve esserlo a un livello almeno accettabile. Nel 24 Come per ogni imperfetta costruzione umana e sociale, non ci si può aspettare che, in

modo ottimistico e funzionalista, le istituzioni economiche o economicamenterilevanti, per innovative che siano, costituiscano panglossianamente il megliopossibile (lungo una o più dimensioni di valutazione). Di ciò era già consapevolel’acuto Pareto (1896/7, §632), il quale osservava, in merito alla varietà delleistituzioni regolative della vita economica: «Il secondo genere di errori è più moderno.[…] Sta nel ritenere che il fenomeno concreto sempre e dovunque sia confuso conquello che dà il massimo di utilità o di ofelimità. […] Tale ottimismo finisce persomigliare a quello del dottor Panglos». Pareto (§633, i corsivi sono suoi) sottilmenteprosegue: «Un gran progresso fu certo realizzato il giorno in cui si scoprì che leistituzioni del passato erano spesso state in modo approssimato le più convenienti perle epoche e i luoghi in cui sono esistite. Ma, se si sopprimono i termini spesso e inmodo approssimato, si ricade in un altro errore opposto a quello [,] che consiste nelcredere che le istituzioni abbiano un valore assoluto indipendente dal tempo e dailuoghi». E’ un errore in cui è incorsa la Scuola storica tedesca con i suoi Socialistidella cattedra, i quali esaltavano acriticamente le istituzioni medievali, il cui «giogo»,Pareto (1896/7, §568a) ironizza, «fu un po’ più duro di quello dei miliardari degliStati Uniti». In un simile errore incorrono però, all’opposto nello spettro ideologico,anche gli «economisti ottimisti che trovano che ai nostri tempi tutto va per il meglio eche il nostro è il miglior mondo possibile» (ibidem).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 21

processo di edificazione istituzionale, il nuovo corpus cognitivo metterà lesue teorie e la sua progettualità alla prova; ne seguiranno sperimentazioni,errori, riformulazioni, affinamenti; non si può però partire completamentealla cieca. L’abbandono del laissez-faire negli anni trenta edell’interventismo negli anni ottanta sarebbero stati più lenti senza le nuoveteorizzazioni socio-economiche concernenti rispettivamente i fallimenti delmercato (Vietor 1994; Couch Shughart II 1998) e le contraddizioni delkeynesismo (Hayek 1972/8; Skidelsky 1996); la deregulation sarebbeavanzata tentennando senza le critiche ai fallimenti dello stato di Scuolaaustriaca (Hayek 1972/8), Chicago school (Stigler 1994; Lévêque 1998) epublic choice (Rowley 1993); i centri di servizio alle imprese dei distrettiitaliani non sarebbero sorti senza un nucleo di economisti industrialiinterventisti con una grossa influenza sui decisori politici regionali (Parri1996b).

Il nuovo corpus cognitivo deve inoltre proporre una riformulazionedegli interessi economici dei soggetti compatibile con il mutato assettoistituzionale: l’interesse di un imprenditore si riformula passando dallaconcorrenza a un consorzio di vendita; lo stesso accade con quello di unlavoratore o un utente passando, rispettivamente, a un sistema di relazioniindustriali divenuto consensuale o a regulation liberalizzate. Per di più, datala multidimensionalità dell’efficienza istituzionale, la nuova visione nonriuscirà probabilmente a garantire miglioramenti su tutta la linea: perguadagnare in prestazioni in un ambito regolativo si può dover accettare diperdere in un altro. Il recente consenso neo-liberista in politica economicaha affievolito la lotta alla disoccupazione e le politiche redistributiveprivilegiando la stabilità dei prezzi e gli incentivi economici individuali; losviluppismo ha favorito i produttori a scapito dei consumatori, rimandandola loro soddisfazione avanti nel tempo, ecc. Oltre a ciò, vecchi organismiregolativi o interessi coinvolti possono venire emarginati o indeboliti per farposto più o meno completamente ad altri: i ministeri delle finanze e isindacati sono stati sacrificati dal monetarismo alle banche centrali, divenuteindipendenti; i piccoli produttori più dinamici hanno perduto peso relativouna volta introdotte le direzioni cooperative o consortili, che hanno inveceelevato maggiormente le prestazioni dell’imprenditoria più debole.

Malgrado questi riequilibri, la nuova visione istituzionale dev’essere unminimo bilanciata e proporre soluzioni ragionevolmente generali, in gradocioè di non emarginare o penalizzare troppo drasticamente alcuni interessi o,se ciò non fosse possibile, sostituirli gradatamente, magari dopo unrisarcimento, con nuovi e ampi gruppi sociali emergenti. Senza di ciò, lamancanza di consenso minerebbe l’edificazione o il mantenimento dei nuovi

22 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

assetti istituzionali25. Inoltre, in sostituzione ai valori e alle identità chesaranno penalizzati, vanno proposte e coltivate delle alternative: la riformadello stato sociale passa attraverso la condanna della mentalità assistenzialee l’esaltazione del fatto che meritevole di sostegno governativo deve esseresolo chi mostra un minimo di dinamismo: si pensi alle politiche neo-laburiste di welfare-to-work nel Regno Unito (Layard 2000). Un consorzio ouna cooperativa non emergono senza stigmatizzare i limiti strategici dellamicroimprenditorialità autocentrata ed enfatizzare i guadagni ottenibili dauna condotta d’impresa dove la rivalità in certi ambiti si sposa con lacooperazione in altri (Parri 1997; Fullin 1999).

I nuovi quadri cognitivo-istituzionali, gli interessi, regole, identità evalori che portano con sé non si muovono nell’etere: essi sono di normasostenuti da soggetti sociali ed economici concreti, la cui abilità neldiffonderli non si può dare per scontata. Tanto maggiori sono i dilemmidell’azione collettiva e l’incertezza insiti nell’innovazione istituzionale,quanto maggiore, ceteris paribus, deve essere l’abilità dei soggetti che sipropongono di diffonderla, divulgarla, renderla accettabile tra gli interessati.Non essendo mai possibile ridurre a livelli trascurabili l’incertezzaeconomica e sociale che l’innovazione istituzionale porta con sé, un certogrado di volontà di giocare il maximin, di «diffidenza razionale» (Parri1997, §§ 5-6), rimarrà presente nei soggetti; grado che può essere sufficientea bloccare il processo di rinnovamento o a farlo stagnare in modosubottimale. Si apre qui lo spazio per la costruzione sociale della «fiduciaattiva» (Mutti 1998b) come elemento in grado di far superare gli ostacolidella diffidenza razionale. Sociologia e scienza politica indagano da tempo ilruolo dei soggetti capaci di superare con abilità gli alea del sospetto e delloscetticismo degli interessati verso i processi istituzionali innovativi: è ilruolo che tocca agli «institutional enterpreneurs» (Eisenstadt 1968), agli«imprenditori di policy» (Giuliani 1998), ai «leader istituzionali» (Parri1997; Fullin 1999), ai «leaders in economic policy reform» (Wallis 1999), aqueste e ad altre figure che Mutti (1998b) ha definito «diffusori della fiducia[…] interpersonale e istituzionale». Se, osserva ancora Mutti (1998b, 547)«tali diffusori favoriranno la propagazione di atteggiamenti positivi verso losviluppo e l’innovazione il dinamismo della società ne risulterà fortementeaccentuato». A costoro spetta dunque il compito di rendere comprensibile egradito agli interessati, alla politica e alla cultura il corpus cognitivo-

25 Il consenso raggiunto è tanto maggiore, inoltre, quanto più il nuovo corpus cognitivo è

in grado di convincere gli interessati che le risorse umane e economiche che si stannosprecando sono alte e che saranno invece ben utilizzate nel nuovo contestoistituzionale.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 23

istituzionale innovativo26, peraltro elaborato quasi sempre altrove, nelleuniversità o nei think tank. È a costoro che spetta il ruolo di legare questocorpus a nuove identità collettive, nuovi interessi, nuovi valori, nuovemotivazioni in grado di facilitare l’innovazione istituzionale in itinere. Nelconcreto, questi leader o imprenditori istituzionali sono individui oorganizzazioni tra i più vari: politici celebri come Roosevelt, Erhard,Thatcher; corpi pubblici come il commissariato del piano francese, il tesoroneozelandese o le finanze e l’ex-Miti giapponesi; funzionari cooperativi,consortili o associativi lungimiranti e dinamici; piccoli imprenditori diprestigio con un vasto seguito locale; professionisti, accademici osindacalisti prestati alla politica o all’amministrazione, ecc.

8. Il fallimento delle istituzioni di libero accesso e di regolazionestatale centrale nelle zone di pesca della Nuova Zelanda.

I mari circostanti la Nuova Zelanda si sono trovati all’inizio degli anniottanta in una situazione di esaurimento delle risorse di pesca tipica dellatragedia hardiniana dei beni comuni (Hardin 1968). Alla base del prolungatocomportamento defezionistico dei pescatori, nel dilemma del prigionierosotteso all’accesso a una risorsa comune («common pool resource»27,Ostrom 1990) come le zone di pesca (ZdP), vi sono stati i due assettiistituzionali del libero accesso e della regolazione statale centrale, assetti chehanno prevalso in quell’area per tutti gli otto primi decenni del secolo28. 26 L’approccio sociologico collima qui con quello politologico: nella sua rassegna,

Giuliani (1998, 373) osserva che «[…] le questioni più intrattabili e complesse, quelleminacciate dallo stallo, paralizzate dai veti incrociati, caratterizzate da ambiguità nelletecnologie applicabili, da contrastanti definizioni del problema di policy e da sostegnofluttuante, sono forse i puzzle che più richiedono l’eclettismo mostrato dai policyentrepreneur. In tali circostanze, il fallimento degli approcci più consolidati sollecitasoluzioni più innovative del semplice cambiamento al margine: ridisegnare le mappecognitive con cui gli attori decisionali si confrontano e inventare nuove alleanzediviene forse l’unico modo per sfuggire alla società a somma zero di Thurow».

27 Sui recenti forti sviluppi delle ricerche sulle risorse comuni, si veda l’ottima rassegnacontenuta in Bravo (2001).

28 Questi due assetti furono in passato, a loro volta, innovazioni istituzionali. Il liberoaccesso fu istituito in Inghilterra dal re e dai baroni nel XIII sec., come misurapopolare e redistributiva che bandiva tutte le forme di proprietà de facto privata ocollettiva delle ZdP costiere allora presenti (Scott 1996, 31). Esso si estese allecolonie inglesi e fu ribadito dalla common law e dalla legislazione commerciale negliStati Uniti (Libecap 1989, 75-79). Nelle acque internazionali, d’altro canto, il liberoaccesso è in vigore ancora oggi, pur se queste si sono ristrette da oltre le tre migliainiziali a oltre le duecento miglia odierne. L’innovazione istituzionale della

24 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Il caos spontaneo del libero accessoLe istituzioni del libero accesso favoriscono nel pescatore la mentalità

aggressiva del predatore in lotta con altri predatori, piuttosto che quellaconservativa dell’agricoltore per la terra posseduta privatamente ocollettivamente: quando il numero dei predatori aumenta oltre lasostenibilità della risorsa non vi sono infatti vincoli istituzionali in grado dilimitare la dissipazione della risorsa comune. Ciò che io non pesco saràpescato da altri: non essendovi alcuna istituzione capace di coordinare versoun fine comune l’azione dei pescatori, ognuno di essi è incentivato almassimo prelievo possibile. In Nuova Zelanda, sulla base del Fisheries Actdel 1908, questa situazione ha caratterizzato dapprima le acque oltre le tremiglia, poi, dal 1965 in avanti, quelle oltre le dodici miglia e, finalmente,dopo il 1977, con il Territorial Sea and Exclusive Economic Zone Act,quelle oltre le 200 miglia (Sharp 1997). Nelle ZdP di libero accesso, dato ilsottodimensionamento della flotta neozelandese, hanno operato in grannumero pescherecci stranieri: giapponesi, russi, sudcoreani. Nonostante leproteste giapponesi, i neozelandesi sono dunque riusciti -come peraltro altri«piccoli» paesi dalla scarsa popolazione ma dalle vastissime acque pescosecome l’Islanda, la Groenlandia e la Norvegia (Arnason 1996)- a trovare unriconoscimento internazionale che ha posto termine al lungo e depredatoriolibero accesso straniero alle proprie acque.

Il caos pianificato29 della regolazione statale centraleL’innovazione istituzionale della regolazione statale centrale emerge

progressivamente durante il nostro secolo come tentativo di soluzione di tipoesterno e autoritario del dilemma del prigioniero delle risorse comuni nelleZdP. Attraverso il potere dello stato vengono penalizzate alcune azioni, in

regolazione statale centrale nelle acque territoriali si afferma tra ottocento enovecento, di fronte all’aumento della capacità di pesca legata alle barche apropulsione a vapore o gasolio e al proliferare delle trappole e della pesca stanzialecostiera. Queste pratiche portarono infatti al quasi esaurimento delle risorse, cui lostato rispose con l’introduzione di licenze, periodi di fermo-pesca, limiti ditonnellaggio e di estensione delle reti, ecc. Dapprima limitata alle sole 3 e 12 miglia,la regolazione statale centrale si estende sino alle duecento miglia alla fine degli annisettanta, abolendo quasi totalmente il libero accesso nelle aree pescose del mondo,dato che le risorse estraibili in quelle che oggi sono acque internazionali sono semprestate una piccola parte del totale.

29 L’espressione è stata coniata da von Mises (1947) in riferimento all’Unione Sovietica:il caos vi è inteso come esito perverso e inatteso dei tentativi di pianificazione. Nontanto diverse sono le conclusioni cui Wright (1998) giunge valutando il dirigismofrancese.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 25

modo che la strategia della defezione non risulti più né dominante némassimamente pagante. La pesca deve limitarsi ai soli licenziati, per periodistabiliti e utilizzando barche e reti al di sotto di certe dimensioni. La logicadi questa regolazione della pesca è tutta all’interno del quadro istituzionaledell’interventismo economico come rimedio all’incapacità dei mercati digarantire un soddisfacente livello di coordinamento. Con l’interventismo,infatti, lo stato cessa di garantire semplicemente un sobrio quadro legale incui si muovono imprese e mercati; interviene invece nell’economia sia conmisure discrezionali che appesantendo fortemente gli assetti giuridici eamministrativi che la regolano stabilmente (von Mises 1926, 1929, 1940;Schumpeter 1946). Le linee di quest’azione si basano sulla suppostasuperiorità dei governi, rispetto a mercati e aziende, a ben tre livelli: solo igoverni sarebbero in grado di disporre dei poteri coercitivi, delleinformazioni e del bagaglio valoriale in grado di favorire il raggiungimentodi esiti economici virtuosi sia in termini allocativi che di consenso sociale.L’interventismo nel campo della pesca agisce per sanare fallimenti che sonoperò solo in parte legati al mercato; se infatti il movente del profittoaziendale spinge i pescatori a depauperare la risorsa, è pur vero che la suanatura di risorsa comune induce fallimenti di tipo specifico. Questi sonolegati non alla presenza, ma all’assenza di un quadro istituzionale mercantilenell’estrazione della risorsa, regolata com’essa è dal libero accesso senzavincolo proprietario alcuno. Ad ogni buon conto, il nuovo paradigmaistituzionale di regolazione della pesca presuppone non solo uno statobenevolente e cognitivamente dotato sul piano strategico e informativo, maimplica pure un pescatore il quale non deve essere più un predatore che lottasenza vincoli per sopravvivere. Chi pesca deve diventare un buon cittadino,che è rispettoso delle stato e persegue il proprio interesse all’interno deinuovi vincoli posti dalla legge: un pescatore cognitivamente e valorialmentecivilizzato, convinto non solo della convenienza, ma anche della legittimitàdel perseguire la strategia cooperativa nel dilemma del prigioniero sotteso algodimento della risorsa comune presente nei mari.

Il bilancio di una simile innovazione istituzionale è, a più di un secolodalla sua introduzione, in buona parte negativo: gli effetti perversi e inattesidell’interventismo economico in generale, e di quello nelle ZdP nellospecifico, sono sotto gli occhi di tutti, tanto che con gli anni ottanta si sonoavviati dei radicali ripensamenti. In questi ripensamenti regolativi, cognitivie valoriali, tre paesi anglosassoni sono risultati fortemente innovativi: gliStati Uniti e il Regno Unito a livello di politiche economiche, la NuovaZelanda a livello di politiche della pesca.

Prima di chinarci sulle specificità del caso neozelandese, vannoricostruiti i meccanismi fondamentali che nel mondo hanno portato al

26 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

fallimento delle istituzioni di regolazione statale centrale delle ZdP. Nellasua compiutezza istituzionale, al massimo del suo faticoso sviluppo pertentativi ed errori, questo tipo di regolazione prevede quanto segue. Ilministero della pesca30 (MdP), sulla base delle informazioni provenientidalla comunità scientifica e dal proprio apparato sul campo, stabilisce perogni anno la cosiddetta raccolta totale ammessa (RTA), ovvero la quantitàdi pesce massima estraibile dal mare, specie per specie, in modo che lapopolazione degli animali restati in acqua sia in grado di riprodurre se stessaa livelli uguali o maggiori (se in pericolo di crollo o estinzione) a quellipresenti31. Il MdP è responsabile della verifica della quantità e del tipo delpescato, la quale avviene sia con ispezioni saltuarie sulle barche in mare checon il controllo sistematico delle quantità sbarcate e commerciate. Almomento in cui la RTA per specie e/o zona è raggiunta, viene annunciata lachiusura della stagione annuale di pesca relativa; per evitare che questolivello sia conseguito in troppo breve tempo o attraverso metodiecologicamente distruttivi, sono presenti tutta una serie di limitazioniconcernenti la dimensione e il tipo di reti consentite. Gli stessi obbiettivisono perseguiti attraverso limiti di tonnellaggio, lunghezza, larghezza,potenza, equipaggio e stivabilità dei pescherecci, nonché attraverso lalimitazione delle licenze di pesca concesse o rinnovate a singoli o aziende32.

30 Nei paesi ove la pesca è importante esiste un apposito ministero, negli altri esistono

solitamente direzioni generali presso il ministero dell’agricoltura.31 Il primo esempio di RTA è stato quello stabilito nel 1930 nella ZdP dell’halibut del

pacifico da una commissione congiunta Canada-Stati Uniti (Copes 1986, 279). Postoche la totalità delle acque territoriali è suddivisa solitamente in varie zone, la RTA èdi solito stabilita diversamente da ZdP a ZdP. A ciò si aggiungono ulteriorispecificazioni: si deve evitare di raccogliere i pesci più giovani, si deve astenersicompletamente dal pescare nei periodi di riproduzione degli animali, ecc.

32 Inizialmente esistevano unicamente limitazioni circa il numero delle licenze. Ipescatori reagivano aumentando in vari modi la propria capacità di pesca, modi cheuno dopo l’altro sono entrati nel mirino della regolazione statale. Alla limitazione delnumero di reti si reagiva ampliandole, alle limitazioni di lunghezza della barca sireagiva allargandola, alla limitazione del tonnellaggio si reagiva aumentando lapotenza del vascello, ecc. Come si vede, si è verificata una catena ininterrotta dieffetti perversi e inattesi, cui si è cercato di rimediare con ulteriori misure ad hoc, allequali, come vedremo, i pescatori, come ultima ratio, hanno risposto con ladisobbedienza e la violazione delle norme. A proposito dei tentativi dei MdP dirincorrere con nuovi divieti le azioni elusive dei pescatori, Crowley (1996, 4)significativamente afferma: «These efforts are to a large extent futile, since theingenuity and inventiveness of the fishers means that regulatory restrictions frequentlylag behind the latest techniques of circumventing the rules». Tutto quanto visto sopraè indice del tipico circolo vizioso dell’interventismo, anticipato già negli anni ventidall’austriaco von Mises (1926, 1929).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 27

Sanzioni statali pecuniarie e amministrative sono previste per chi nonrispetti la normativa33.

La prima conseguenza perversa di questa struttura istituzionaleinterventista è la cosiddetta corsa per la pesca. All’interno della RTA e deisuoi vincoli tecnici la situazione non è infatti diversa da quella del liberoaccesso: chi prima arriva è il proprietario del pescato, chi tarda lo lascia aglialtri. Sino a che la RTA non è raggiunta, tra i singoli pescatori si scatena unalotta per il di più il più presto possibile: si esce in mare con qualsiasi tempo,per periodi prolungati, disputandosi a volte violentemente le aree piùpescose. Ma non è solo la corsa per la pesca a caratterizzare negativamentela regolazione statale centrale. In questo clima di forte incertezza epervasiva regolamentazione l’incentivo a violare le disposizioni menofacilmente controllabili dalle autorità ministeriali è ovviamente moltoforte34: si scarica clandestinamente parte del pescato; si usano reti illegali; sirigetta in mare il pesce meno profittevole, condannandolo a quasi sicuramorte; d’accordo con i distributori e i trasformatori, si dichiarano volumi diraccolta inferiori, ecc. Corsa per la pesca e incertezza sulla raccolta che glisarà possibile favoriscono nel pescatore il ritorno alla mentalità delpredatore, aggravata dal fatto che la violazione delle norme lo trasforma oradall’ipotetico buon cittadino previsto dai legislatori in uno scorrettofrodatore. La soluzione cooperativa del dilemma del prigioniero fallisce, ilcoordinamento statale delle azioni dei pescatori viene meno e la risorsacomune deperisce.

Se, come visto, i meccanismi istituzionali fondamentali dellaregolazione statale centrale delle ZdP avevano già in sé i germi del propriofallimento, la situazione è ancor peggiore se si analizzano le modalitàconcrete con cui i governi nel mondo li hanno amministrati. Lungidall’essere i benevolenti e informati custodi del bene pubblico rappresentatodal patrimonio ittico, da conservarsi nel lungo periodo per la sua importanzasia economica che biologica, i governi si sono abbandonati acontroproducenti strategie di breve periodo di tipo clientelare eelettoralistico. Il sostegno politico dei pescatori e delle loro organizzazioni è

33 Ipotizziamo qui infatti la presenza idealtipica di due di limiti istituzionali alla pesca:

sugli input, ovvero numerosità e potenza dei pescatori; sugli output, ovvero sullaquantità di pescato massima estraibile dal mare. Se questa è la situazione odierna dellaregolazione statale delle ZdP, va ricordato che storicamente sono dapprima stateintrodotte limitazioni solo di input, coadiuvate poi, vista la loro inefficacia neiconfronti del depauperamento delle ZdP, anche da limitazioni di output.

34 La presenza di una continua e lucrosa domanda di pesce fresco è l’unico elemento cheagisce in senso contrario a questo affannarsi, ma è ben lungi dall’annullarlo.

28 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

stato ricercato costantemente35 in cambio di misure particolaristiche lorofavorevoli: fissazioni di RTA palesemente superiori alla sostenibilità;politiche protezionistiche e di sovvenzione a sostegno del prezzo del pesce;sussidi volti all’ammodernamento e al potenziamento della flotta; sussidi peri pescatori che intendessero smettere volontariamente l’attività36

(potenzialmente e di fatto in contrasto con i precedenti!); in alcuni paesi,persino la connivenza degli apparati periferici dei MdP con le praticheillegali dei pescatori, ecc. Il primo risultato di questo massiccio

35 Steenblik (1998, 19) ricorda come: «Fishing, like farming, has a long history of

government intervention and support». Già nel tardo settecento la pesca dell’aringa edella balena in Scozia era sovvenzionata (ibidem). A partire dal 1815 il governofrancese prese a finanziare la pesca nelle acque non costiere e dunque aperteinternazionalmente; l’Inghilterrà protestò per questa politica, ma finì poi per seguirlaessa stessa. Nelle acque internazionali, che sino al 1978 erano tutte quelle oltre le 12miglia (e fino agli anni sessanta solo oltre le 3 miglia) si scatenò da fine ottecento unacorsa per la pesca tipica del dilemma del prigioniero e della tragedia delle risorsecomuni; in base ad essa, ogni nazione sussidiava la propria flotta in modo da evitareche le altre nazioni surclassassero i propri pescatori in potenza e numerosità dellebarche, dimensioni delle reti, quantità delle maestranze attive, ecc. Dopo l’estensionea 200 miglia delle acque territoriali, il fenomeno dei sussidi andò a toccare anche queipaesi la cui flotta era sottodimensionata e dunque incapace di pescare tutta la granquantità di pesce che diventava disponibile entro il nuovo limite (Steenblik 1998, 21).Infatti, in base alla legge delle NU sul mare, quando una nazione non riece a pescare asufficienza nelle proprie acque territoriali, è obbligata a garantire licenze a barcheestere.

36 Sull’annosa questione dei sussidi alla pesca si vedano Steenblik (1998), Steenblik eWallis (2000) e WWF (2001a, 2001b). Si possono distinguere sei tipi di sussidi stataliall’industria ittica (WWF 2001a, 8-9): i) assistenza diretta ai pescatori e ai lorodipendenti (sostegno del reddito, pagamenti a disoccupati specifici del settore ittico);ii) programmi pubblici di sostegno al prestito (garanzie, sussidi agli interessi passivi,aiuto alla ristrutturazione del credito); iii) agevolazioni pubbliche sulle imposte direttee indirette e sui premi assicurativi; iv) programmi pubblici di sostegno agliinvestimenti in attrezzature e infrastrutture (ammodernamento della flotta, dei porti,delle attrezzature di sbarco, aiuto ai cantieri navali, investimenti in imprese pubblichedi pesca o trasformazione, sussidi per lo sviluppo delle aziende ittiche e ditrasformazione private); v) sostegno pubblico dei prezzi e del marketing ittico intermini di esportazione e qualità; vi) finanziamento pubblico totale o parziale diattività legate alla pesca quali risarcimenti per la dismissione di pescherecci e per larinuncia alla licenza, sostegno alla riqualificazione professionale di ex-pescatori,programmi di miglioramento della popolazione ittica e dell’habitat marino,programmi di gestione e controllo delle limitazioni sugli strumenti di pesca e sullaraccolta ammessa, programmi di identificazione di stock sconosciuti e diquantificazione di quelli conosciuti, programmi di R&S su processi e prodotti e sullaconservazione degli stock. Dal punto di vista quantitativo, la parte maggiore di risorsepubbliche va alle categorie iv, vi e iii (WWF 2001a, 11).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 29

interventismo è stata l’enorme sovracapitalizzazione dell’attività dellapesca: nei paesi che ancora si affidano al quadro istituzionale in questione leflotte peschereccie, grazie ai sussidi e in forza della necessità dei singoli diprimeggiare nella corsa per la pesca, sono sovradimensionate sianumericamente che in termini di potenza e tonnellaggio. Sempre meno pesceviene pescato con una flotta che sarebbe adatta a pescarne quantitàenormemente maggiori37. I contribuenti e i consumatori patiscono il peso diquesta enorme inefficienza economica, che viene scambiata dai governi conil consenso politico delle organizzazioni dei pescatori e delle comunitàcostiere monoreddito. In forza di ciò, l’interventismo statale evita ledifficoltà distributive e di legittimità cui andrebbe incontro se si ponesseseriamente l’obbiettivo di ristabilire la sostenibilità economica e biologicadella pesca commerciale (Libecap 1989, cap. V; Scott 1996; Crowley 1996;De Alessi 1998; Ritchie, Zito 1998). Malgrado l’ampio sostegnogovernativo, in realtà l’ingente sovracapitalizzazione, la scarsità del pesce,la forte concorrenza reciproca, gli interessi da pagare alle banche sui prestitiottenuti costringono i pescatori ad aggirare sistematicamente le disposizioniin vigore.

Dal punto di vista valoriale e cognitivo, dunque, le istituzioni e imeccanismi perversi della regolazione statale centrale inducono nei singolipescatori atteggiamenti di ostilità, falsificazione, non collaborazione,nichilismo, distruttività e irresponsabilità (Townsend 1995, 39; Scott 1996,45, 95; De Alessi 1998, 32; Ritchie, Zito 1998, 164; Libecap 2000, 6-7). Ildilemma del prigioniero, che si voleva risolvere attraverso uncoordinamento statale basato sul mutamento della struttura degli incentivi,si ripropone nelle sue forme defezionistiche più acute. Alla tragedia dellerisorse comuni di Hardin si sostituisce la non meno distruttiva «tragedy ofgovernment intervention»38 di De Alessi (1998, cap. II). 37 Nell’UE si stima che il 40% in meno di tonnellaggio sarebbe in grado di raccogliere la

stessa quantità di pesce (De Alessi 1998, 36). Secondo un recente studio quantitativodel WWF su dati OECS, WTO e APEC (WWF 2001a, ii), la capitalizzazione dellapesca mondiale è attualmente al 250% del livello che sarebbe appropriato per pescarein modo sostenibile; la situazione odierna è perciò quella classica della tragedia dellerisorse comuni: «too many boats catching too few fish» (ibidem). Questasovracapitalizzazione è favorita in parte dall’enorme somma che i governi mondialidestinano al sussidio a vario titolo della pesca: dai 13 ai 15 miliardi di US$ all’anno(ibidem, 1). Sempre secondo il WWF (2001b), questi massicci sussidi «are widelyconsidered to contribute to the depletion of the world’s fish stocks, 60 percent ofwhich are currently overfished or on the brink of being overfished».

38 Purtroppo esemplificativa di questo fallimento dell’interventismo è la politica comunedella pesca europea (PCPE), non a torto da alcuni inserita tra i «policy disasters» piùgravi dell’epoca recente (Ritchie, Zito 1998; sulle caratteristiche dei disastri di

30 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

La Nuova Zelanda: dal libero accesso all’interventismoneomercantilista

Dopo queste osservazioni di carattere generale sulla gestione dellapesca, ripercorriamo ora lo sviluppo delle politiche di regolazione statalecentrale nel caso della Nuova Zelanda (Sharp 1997). Tra il 1938 e il 1963vige un sistema di licenze e di limiti dei tipi di reti per operare all’internodelle 3 miglia delle acque territoriali (Yandle, Dewees 2000, 8). Nel 1962 unFishing Industry Committee presenta al parlamento le conclusioni di unapropria inchiesta: i vincoli legati alle licenze sono giudicati sufficenti per ilmantenimento dell’equilibrio biologico dentro le 3 miglia; si osserva peròche essi impediscono la sviluppo di una flotta nazionale competitiva oltrequesto limite, ove più potenti barche straniere quasi monopolizzano laraccolta, operando in condizione di libero accesso e di vuoto regolativo. Ilgoverno decide così nel 1965 di portare le acque territoriali sino a 12 migliae, contemporaneamente, di lanciare una politica di sussidi per favorire gliinvestimenti in capitale fisico e in individuazione dei banchi di pesce daparte dell’industria ittica nazionale; sussidiati sono pure l’industria dellatrasformazione ittica e l’esportazione di pesce. Contestualmente l’accessoalle licenze è liberalizzato e la flotta neozelandese comincia a crescerenotevolmente. L’azione governativa a sostegno degli investimenti

politica pubblica si veda Gray 1998, 8-9). Forse soltanto la politica agricolacomunitaria la supera in negativo (Howarth 2000). La PCPE soffre infatti in gradoestremo di tutte le patologie sopra attribuite all’interventismo nella gestione dellapesca (De Alessi 1998, cap. II; Ritchie, Zito 1998; Cooper 1999). Tra le suecaratteristiche specifiche: a) il libero accesso tra nazioni alle reciproche ZdP, sotto ilvincolo dei diritti nazionali acquisiti basati sulle quantità pregresse di pescato; b) lamolteplicità di fini economici, sociali e politici, spesso tra loro incompatibili; c) lalotta distributiva tra i vari MdP nazionali –alle cui spalle vi è l’ombra delleorganizzazioni di pescatori di ciascun paese- per ottenere la fetta più ampia possibiledella RTA europee annuali, lotta che porta ogni stagione l’UE a fissare RTA superioria quelle che garantirebbero la conservazione della risorsa comune; d) la connivenza dialcuni MdP con il comportamento illegale dei pescatori connazionali; e) ilcentralismo, la burocratizzazione e l’inestricabile complessità; f) l’irriformabilità,frutto dei veti incrociati e della trappola delle decisioni congiunte (Scharpf (1986) LaPCPE ha fallito istituzionalmente su tutta la linea: troppi pescatori indebitatiraccolgono una quantità di pesce sempre minore consumando inefficientementeenormi risorse economiche; i consumatori sono confrontati a prezzi eccessivi; larisorsa ittica si deteriora vieppiù; la conflittualità tra pescatori e MdP e tra le singolenazioni rimane alta. Forse solo esiti ancor più disastrosi, come un catastrofico,improvviso e ulteriore depauperamento delle ZdP europee, potrebbe generare lavolontà politica sufficiente per uscire dal circolo vizioso dell’interventismo in cui laPCPE si è attorcigliata.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 31

dell’industria della pesca prosegue sino al 1983, di pari passo con ungenerale aumento dell’interventismo nell’economia neozelandese, la quale ametà anni ottanta giunge a essere internazionalmente una di quelle amaggior ruolo statale (Bollard 1994, 73-5; Evans et al. 1996, 1860; Brash1996, 8). L’intervento neomercantilista a sostegno dell’esportazione ittica(nonché di quella agricola) opera in maniera distorsiva sui prezzi, rendendola pesca artificialmente più profittevole rispetto ad altre attività econtribuendo così a un massiccio sovrainvestimento, con il quale il governosi dovrà poi confrontare negli anni ottanta (Sharp 1997, 501). Viene cosìinnescato dallo stato un circolo vizioso tra finanziamenti agevolati eaumento dell’estrazione di pesce: quando nel 1972 il ripagamento deiprestiti agevolati governativi risulta in ritardo, la ragione è identificata nellaraccolta ittica insufficiente! I prestiti sono così ulteriormente agevolati. Lapossibilità di dichiarare nel 1977 un nuovo limite per le acque territoriali a200 miglia sembra risolvere il problema della raccolta, abbassandodrasticamente la concorrenza dei pescatori stranieri nelle acque circostanti leisole. In realtà, la maggiore profittabilità delle acque nelle 200 miglia portal’industria a ottenere ulteriori finanziamenti agevolati per i vascelli di pescad’alto mare, spesso con celle frigorifere nelle stive, e per l’ampiamento degliimpianti di trasformazione a terra. Parte del nuovo investimento richiesto siindirizza in joint venture con imprese di pesca straniere, dotate dei vascelli edelle conoscenze necessari alla pesca d’alto mare39. Tutto ciò porta ad unvertiginoso aumento del numero dei pescherecci, della raccolta e delleesportazioni40.

Inevitabili giungono i primi sintomi di pesca eccessiva (overfishing):molte ZdP costiere manifestano raccolte in drastico calo (calano ad es. leraccolte dello snapper, un pesce economicamente pregiato). Dal 1977 al

39 Per favorire l’importazione di tecnologie di pesca e le joint venture con le aziende

straniere il governo sospende addirittura i vincoli protezionistici normalmente invigore nel paese, vincoli che negli anni settanta avevano trasformato l’economia delpaese in una «fortress New Zealand» (Sharp 1997, 509). Dopo l’introduzione dellimite delle 200 miglia, pian piano la flotta che pescava in quei mari diventò semprepiù neozelandese: all’inizio infatti, in base alla convenzione delle NU sui mari, laNuova Zelanda era tenuta ad allocare parte della sua RTA a barche estere, in quantoquelle nazionali non erano in grado di pescarla totalmente. Col tempo però, le aziendeittiche neozelandesi si espansero a danno di quelle estere. Se nel 1986 queste ultimepescavano ancora il 18% nelle acque profonde e pelagiche, questa quota si era ridottaallo 0,2% nel 1993 (Bess 2000, 394).

40 Tra il 1963 e il 1983 l’indice del pescato passa da 28 a 107, il numero dei pescherecciva da 1.727 a 5.178 (dopo di che declina), le esportazioni si moltiplicano per 5 tra il1979 e il 1983 (Sharp 1997).

32 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

MdP41 vengono conferiti ulteriori poteri di limitazione dell’input per le ZdPin esaurimento: nuovi vincoli alle attrezzature, la necessità di una licenzaspeciale per quelle aree (doppia licenza), in alcuni casi il blocco totale dellaraccolta. A livello generale, nel 1982 viene introdotta una moratoria sullaconcessione di nuove licenze; peraltro, la minore pescosità aveva giàspontaneamente ridotto negli anni immediatamente precedenti la lororichiesta. A cavallo tra gli anni settanta e ottanta è ormai chiaro al MdP che icontrolli sugli input sono inefficaci: si passa a considerare limiti agli output,che cominciano a essere presi in considerazione proprio nel momento in cuisi deve monitorare la pescosità delle ZdP costiere sottoposte a doppialicenza e/o moratoria (Sharp 1997, 510). L’interventismo cerca così difronteggiare gli effetti inattesi delle proprie politiche espansive eneomercantiliste attrezzandosi cognitivamente in modo più sofisticato: perstabilire un output massimo pescabile (di fatto, una RTA) per ciascuna ZdPsono infatti necessarie competenze manageriali e scientifiche ben piùavanzate di quelle alla base dei semplici controlli sugli input.

Cominciamo dalla pesca in acque profonde e pelagiche42, molto piùampie negli anni ottanta a causa dell’avanzamento nel 1977/8 del limiteterritoriale sino a 200 miglia. È stato proprio in considerazione di questimutamenti che nel 1978 il MdP, quando in quei mari non vi erano ancorasegni di depauperamento, introdusse per la prima volta nel paese limitiall’output raccoglibile in forma di diritti di singole aziende ittiche a quotemassime estraibili43. Questa nuova politica si stabilizzò nel 1983, con 41 In Nuova Zelanda le attività ittiche sono regolate sino al 1994 dal Ministry of

Agricolture and Fishery (MAF); dopo questa data, sull’onda delle ampie e radicaliriforme della pubblica amministrazione si giunge a creare un autonomo Ministry ofFishery (Batstone, Sharp 1999, 182; Major 1999, 96; Bess 2000, 195). Per semplicità,si parlerà qui sempre di MdP.

42 Le acque costiere (inshore fisheries) sono quelle dalla costa ai 200 m di profondità,quelle profonde vanno dai 600 m in giù (deepwater fisheries), mentre quelle tra 200 e600 m di profondità sono definite midwater fisheries (www.seafood.co.nz). Le acquepelagiche sono quelle in oceano aperto dove sono presenti branchi di pesci sino allaprofondità di 200 metri.

43 Questi diritti quantitativi di raccolta massima erano assegnati a singole aziende (lapesca in alto mare non è abbordabile dai «padroncini») per le principali specie dipesce e, cosa importante, lasciavano libere le imprese di scegliere il tipo di barca e diattrezzatura più adeguata, svincolandole dagli stretti limiti prima presenti. Fu questoun primo passo verso l’ottimizzazione economica della pesca, che cominciava così apoter scegliere, oltre le direttive sino allora in vigore, come meglio organizzarestrategie e capitali. Il criterio per stabilire l’entità delle quote aziendali era però ancoradi tipo dirigistico-amministrativo: si riferiva all’investimento sino allora realizzatodalle imprese in vascelli e attrezzature di trasformazione del pescato d’alto marepresenti a terra (Arnason 1996, 130; Sharp 1997, 510). Va inoltre ricordato che in quel

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 33

l’assegnazione a 11 aziende di quote massime di pesca riguardanti 7 speciedi acque profonde o pelagiche (Arnason 1996, 131; Bess 2000, 393), chevenivano dunque tenute ormai sotto controllo quantitativo dal MdP. Vaperaltro notato che, con il 1982, anche le ZdP delle acque profonde avevanocominciato a depauperarsi.

Riprendendo il discorso concernente le acque costiere, checontinuavano a impoverirsi, va segnalata nel 1982 la formazione di unorganismo neocorporativo, formato dal ministero, esperti e pescatori: ilNational Fisheries Management Advisory Committee. Questo comitato benpresto giunse a stimare una sovracapitalizzazione enorme del settore ittico,ben 28 milioni di NZ$44! Propose inoltre tagli drastici nella raccoltaammessa delle specie costiere più pregiate: 40% per lo snapper; 50% per iltarakihi! L’accordo tra stato e industria andava però oltre e considerava lemodalità per stabilire una massiccia riduzione della flotta. Come ogniaccordo neocorporativo che si rispetti esso prevedeva di accollare alcontribuente i costi degli errori delle politiche interventiste e dei privilegisino allora concessi ai pescatori: l’industria della pesca, sostenendo che lasua eccessiva espansione era stata incentivata e garantita dallo stato -dimentica che per anni essa stessa aveva fomentato la concessione di sussidineomercantilistici- riuscì a ottenere alla fine la promessa che i costi delledismissioni e dei tagli alle raccolte massime sarebbero stati finanziati condenaro pubblico (Sharp 1997, 510-2; Hughey et al. 2000, 120). In realtà, ilprecipitare della situazione del bilancio dello stato prima e il mutamentodella linea politica del governo, poi, impedirono ogni sussidio alledismissioni .

Questi sviluppi, sia nel campo delle acque costiere che di quelleprofonde, portarono all’abrogazione della vecchia legge del 1908 e al varodel nuovo Fisheries Act 1983, ispirato dagli accordi neocorporativisummenzionati45. La legge porta subito al ritiro della licenza ai numerosi,ma poco organizzati associativamente, pescatori a tempo parziale nelle

periodo ancora molte aziende neozelandesi pescavano in joint venture con operatoristranieri, che avevano dominato quasi incontrastati la zona (internazionale) tra le 12 ele 200 miglia sino al 1977.

44 Al cambio attuale, nell’ottobre 2001, 1 US$ vale circa 2,4 NZ$. Non conosciamopurtroppo il cambio dell’epoca.

45 Va segnalato che nel 1983 il governo neozelandese non aveva ancora imboccato la viadelle riforme parzialmente neo-liberiste guidate, inaspettatamente, dai laburisti apartire dall’anno dopo. Il governo era anzi giunto all’apice della sua secolaretraiettoria interventista: primo ministro era il rappresentante del National Party RobertMuldoon, il cui statalismo supererà la misura persino per i succitati laburisti!

34 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

acque costiere46e non prevede, come appena detto, alcun sussidio alledismissioni di vascelli (Bess 2000, 392) Essa prevede pure l’introduzione dipiani regionali di gestione delle ZdP, volti a stabilire e implementarecongiuntamente tra governo e pescatori a tempo pieno nuove quantità diraccolta massime, solitamente minori rispetto a quelle del 1982, ormaiinsostenibili sia biologicamente che economicamente. Di fatto, ciòcorrispondeva all’introduzione legale di una RTA in Nuova Zelanda.L’intesa era che il governo avrebbe dovuto risarcire i pescatori del valoredelle riduzioni di pescato convenute.

La crisi finale della regolazione statale centrale e i primi passi verso lequote individuali trasferibili (QIT)

È a questo punto che il quadro politico del paese muta radicalmente ela regolazione della pesca subisce drastici cambiamenti: nel luglio 1984termina un periodo di nove anni di governo National, caratterizzato,soprattutto dal 1982, da un interventismo economico profondo e radicale.Ad esso si sostituisce un governo laburista, il cui ministro del tesoro RogerDouglas porterà avanti innovazioni istituzionali radicali di stamponeoliberista in vari campi, tra cui, di maggior interesse per la nostraargomentazione: a) lo smantellamento dell’interventismo e delprotezionismo in campo finanziario, industriale e agricolo; b) laristrutturazione della pubblica amministrazione, attraverso lo snellimento deiministeri e la privatizzazione parziale o totale di molte attività dello stato. Alivello cognitivo e valoriale l’orientamento del governo si sposta dunqueimprovvisamente da interventismo e neocorporativismo verso altre strategiedi fondo: a) il privilegiamento e la ricostruzione dei mercati; b) un ruolostatale di regolazione economica ridotta ma autonoma e ferma, scarsamentediscrezionale, concertata il meno possibile con gli interessi organizzati eorientata da visioni riformiste di lungo periodo47 (Wistrich 1992; Bollard1994; Brash 1996; Evans et al 1996; Nagel 1998; Johnson 2000).

Fedele al nuovo orientamento valoriale e cognitivo, il nuovo ministrodella pesca insediato, un laburista, si muove in modo deciso per sbrogliare inodi politici e istituzionali sul tappeto. La concertazione neocorporativaviene in gran parte meno e il MdP comincia ad agire in modo veloce edecisionista. Già nell’agosto 1984 vengono annunciate nuove misure, che si 46 Si ritirano, senza compensazione alcuna, ben 2.260 permessi a tempo parziale (Bess

2000, 392). È considerato pescatore a tempo pieno solo chi dalla pesca traeannualmente almeno 10.000 NZ$ e l’80% del proprio reddito.

47 Non possiamo soffermarci in questo momento sui motivi delle innovazioni istituzionalidi quel periodo. Ad esse e all’approfondimento del loro rapporto ideologico ecognitivo con le riforme nelle istituzioni della pesca dedicheremo un par. più avanti.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 35

basano su: a) rigide RTA, articolate in quote individuali trasferibili48 (QIT)assegnate a ciascun pescatore o azienda ittica; b) un piano di riacquisto (buy-back) delle porzioni di raccolta ittica cancellate dalle nuove RTA (Sharp1997, 512-3). A fine 1984 un Libro Blu ministeriale riunisce le nuoveproposte, introducendo anche le prime stime, ZdP costiera per ZdP, delleRTA e dei connessi tagli alle raccolte ittiche da introdurre. Il ministroafferma che i riacquisti saranno garantiti solo se l’industria itticaacconsentirà chiaramente alle proposte governative e collaborerà lealmentecon la loro implementazione. In varie riunioni pubbliche il ministro e i suoifunzionari illustrano ai pescatori la filosofia dell’innovazione istituzionaleproposta (Sharp 1997, 513). Il MdP prosegue, annunciando che le nuovemisure, che riguarderanno inizialmente solo le acque costiere, sarannointrodotte in un solo colpo a partire dall’ottobre 1985. Questo modo dioperare spedito era peraltro tipico delle riforme dell’epoca, come teorizzatedal leader istituzionale che le guidava, il ministro del tesoro Roger Douglas:si agiva con provvedimenti profondi, comprensivi e spediti, una sorta diBlitzkrieg, in modo da neutralizzare sul nascere qualsiasi opposizione daparte degli interessi economici toccati (Wallis 1999, 43; Bess 2000, 392). LaFederation of Commercial Fishermen ritiene di prendere posizionesull’iniziativa ministeriale: dopo una votazione interna in cui si esprimeciascuno dei suoi membri, approva condizionatamente le riforme del LibroBlu; in particolare si respingono i canoni d’affitto49 e si chiede che le QITsiano veri e propri diritti di proprietà, non revocabili una volta assegnati e

48 Le QIT -assegnazioni individuali rivendibili di un determinato tonnellaggio di pescato,

la cui somma totale corrisponde alla RTA- sono il primo passo verso l’introduzionedel meccanismo istituzionale del mercato nella gestione delle risorse comuni delleZdP. Sul loro modus operandi torneremo più avanti. Va sottolineato come le QITfossero state già considerate dalla commissione neocorporativa installata nel 1982come modalità possibile per rilanciare l’efficienza dinamica e l’innovazionenell’industria ittica; accanto alle QIT erano state proposte anche altre soluzioniistituzionali, come piani di gestione codecisi neocorporativisticamente tra MdP eassociazioni dei pescatori oppure nuovi e più draconiani limiti agli input. In quelmomento, le associazioni dei pescatori si erano dichiarate possibiliste sull’istituzionedelle QIT, da effettuarsi nell’ambito di piani codecisi di gestione ittica settoriali(Sharp 1997, 511; Bess 2000, 393). Nell’agosto del 1984 il nuovo ministro romperàgli indugi dei pescatori e deciderà motu proprio in favore delle QIT, la soluzioneistituzionale maggiormente compatibile con il nuovo orientamento neoliberista portatoavanti dai laburisti del nuovo governo (Sharp 1997, 511-2).

49 Il MdP aveva stabilito che si sarebbero pagati dei canoni d’affitto (resource rentals),proporzionali alla QIT possedute, che avrebbero finanziato le future spese difunzionamento del nuovo sistema e la ricerca biologica necessaria per determinare leRTA.

36 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

dunque il meno incerti possibile50. Il MdP risponde rimanendo fermo circal’esazione dei canoni d’affitto, ma ha problemi a garantire che le QITsaranno diritti di proprietà sicuri (Sharp 1997, 513).

Durante il 1985, dunque, mentre si prepara un nuovo Fisheries Act insostituzione di quello del 1983, gli attori principali della pesca neozelandeserisentono fortemente della nuova situazione: da un lato, il depauperamentodelle ZdP e il fallimento dell’interventismo degli anni precedenti li spingeverso soluzioni istituzionali innovative; dall’altro, però, l’incertezza circa leconseguenze distributive e gestionali del nuovo sistema basato sulle QITinvita loro alla prudenza. Va sottolineato, infatti, che l’innovazioneistituzionale delle QIT di pesca esisteva solo sulla carta, nei progetti dialcuni economisti della pesca radicali; nessun paese al mondo aveva ancoraintrodotto questo sistema di regolazione, che poteva essere considerato,come afferma Bess (2000, 393), «an extreme departure from currentfisheries management regimes throughout the world». Da qui, dunque,l’assenso condizionato delle organizzazioni dei pescatori e il dialogo checon queste intavola il MdP: il ministro consulta a più riprese l’industria itticaonde evitare passi falsi ed errori di presunzione. L’approccio governativo èperò ben diverso dalla contrattazione neocorporativa avviata nel 1982 odalla prodigalità interventista degli anni sessanta e settanta: il ministro,responsabile a quei tempi anche dell’agricoltura, è ben deciso a voltarepagina ed è forte di una maggioranza parlamentare schiacciante; oltre a ciò, ipescatori, come gli agricoltori, non rientrano tra i clientes politici deilaburisti; entrambi hanno infatti tradizionalmente avuto il proprio referentepolitico nel National. Non è infatti un caso che il nuovo governo laburistadia il via alle riforme colpendo i privilegi dei clientes dell’opposizione:l’industria e gli agricoltori. I sindacati operai e il mercato del lavoro nonverranno toccati negli otto anni di governo Labour e sarà il National, tornatoal potere nel 1990, che estenderà la frusta delle riforme allo stato sociale,alle relazioni industriali e al mercato del lavoro, feudi dei clientes deilaburisti (Wallis 1997, 1999; Nagel 1998; Goldfinch 2000; Johnson 2000).Stando così le cose, le consultazioni tra pescatori e ministero vanno lette noncome frutto di una volontà neocorporativa del governo, che anzi siapprestava ad aumentare il peso del mercato nella gestione del settore,quanto come un modo di diminuire l’enorme incertezza legata

50 Il FIB (Fisheries Industry Board), un organismo semipubblico rappresentativo di tutte

le componenti dell’industria ittica, trasformatori e sindacati compresi, approva conancora maggiore cautela i QIT: si sottolinea che questi non erano adatti ad alcune ZdPe che la loro gestione doveva restare semplice e non degenerare in una complessaburocrazia (Bess 2000, 393).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 37

all’innovazione istituzionale entrante51. Al governo rimaneva inoltre apertal’alternativa di punire l’eventuale non collaborazione dei pescatori sulterreno delle QIT con tagli draconiani delle RTA, giustificabili dallasituazione di forte depauperamento nonché politicamente sostenibili, datoche, come detto, la maggioranza parlamentare era ampia e la pesca eratradizionalmente terreno di consenso del National.

9. L’introduzione dell’innovazione istituzionale delle quoteindividuali trasferibili (QIT) di pesca in Nuova Zelanda: incertezzee difficoltà di un pioniere

L’introduzione di un quadro regolativo della pesca radicalmente nuovoe senza alcun precedente storico richiese al MdP una notevole leadershipistituzionale: il solo quadro cognitivo posseduto –la teoria economica delleQIT di pesca- non era sufficiente a fronteggiare la complessità e l’incertezzache si presentavano nell’arena socio-economica concreta. Vi era incertezzasu come stabilire le nuove RTA, che avrebbero peraltro costretto a diminuirenotevolmente il pescato: andava fatto sulla base di criteri solo scientifico-biologici o anche economico-produttivi? Non chiaro era come suddividere laRTA in QIT assegnate ai singoli pescatori: in base all’attività pregressa, aun’asta, a criteri egualitari? Sino a che punto risarcire i pescatori delleperdite economiche subite per i tagli che RTA e QIT avrebbero loroimposto? Quale status giuridico conferire alle QIT: assimilarlecompletamente ai diritti di proprietà o renderle una sorta di licenzapotenziata? Quali limiti porre a una loro eventuale concentrazioneoligopolistica susseguente all’assegnazione iniziale? Che tipo di efficienzaeconomica cercare di favorire tramite le QIT, quella allocativa o quelladinamica? Sino a che punto limitare la trasferibilità futura delle QIT, inmodo da contemperare le esigenze dell’efficienza con quelle dell’equilibriotra le diverse aree costiere, tra padroncini e aziende, tra pescatorianglosassoni e aborigeni maori? Per rispondere a tutte queste domande eranecessaria da parte del MdP sia creatività istituzionale che un confronto 51 A conferma di ciò, sta il fatto che anche le organizzazioni degli agricoltori, dopo

un’iniziale perplessità circa le radicali innovazioni proposte dal governo, accetterannodi sostenerlo, malgrado questo smantellasse di fatto l’intero edificio della protezioneloro accordata. L’alternativa che si poneva loro era peraltro scarsamente attraente: ilsistema dell’interventismo e del protezionismo agricolo neozelandese era ormai allabancarotta. Il governo, da parte sua, gradirà il consenso degli agricoltori in quantofacilitatore del processo di riforma in atto; non per questo, però, rallenterà il suospedito agire (Evans et al. 1996, 1890-3; Nagel 1998; Johnson 2000).

38 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

aperto con i pescatori organizzati; le loro conoscenze e motivazioni nonpotevano essere presuntuosamente trascurate, ma nemmeno dovevanocostituire un cavallo di Troia per la capture clientelistica o neocorporativadel ministero stesso. Complessità e incertezza costrinsero inoltre il MdP arinunciare alla Blitzkrieg innovativa: le QIT furono sì introdotte per ben 25specie già al primo stadio, ma nell’ottobre del 1986 e non in quello del 1985come si era annunciato; inoltre, abbisognarono di almeno una decina d’anniper essere messe a regime, periodo che peraltro comportò numerose ulterioriinnovazioni istituzionali incrementali.

La base legale dell’innovazione istituzionale: il Fisheries AmendmentAct del 1986

Il primo passo fu ovviamente il varo della nuova base legale, checondensava gli esiti delle discussioni degli anni susseguenti all’ultimariforma, il Fisheries Act del 1983: il 25 luglio del 1986 veniva varato dalparlamento il Fisheries Amendment Act, che introduceva il principio delleQIT sulla base di una RTA (controllo dell’output) (Bess 2000, 393).L’emendamento stabiliva che le acque territoriali dovevano essere divise inZdP (v. appendice 2, New Zealand Fisheries Management Areas), sulla basedi criteri territoriali e di specie52; per ognuna di queste ZdP doveva esserestabilita annualmente, dal 1 ottobre al 30 settembre, una certa RTA53; questaRTA andava poi suddivisa e assegnata a singoli pescatori o aziende ittiche,

52 Il mare della Nuova Zelanda viene diviso in un certo numero di ZdP fisse, ognuna

chiamata Quota Management Area (QMA, v. appendice 2) e identificata da unnumero. Per ogni singola specie presente in quella ZdP, ad es. lo snapper, il tarakihi,il trevally, viene identificata una specifica QMA, la 1 ad es., che avrà il nomerispettivamente di SNA1, TAR1, TRE1. Ovviamente, se nella ZdP 3 non è presente,diciamo, l’hoki, la QMA chiamata HOK3 non esisterà. Ogni singola specie ha perciòun certo numero di QMA: lo snapper ha SNA1, 2, 3, 7, 8, 10; il trevally ha TRE1, 2,3, 7, 10, e via dicendo. Nel 1996 esistevano 10 ZdP e 32 specie sottoposte a sistemaRTA/QIT, ragion per cui avrebbero dovuto esistere ben 320 RTA distinte. Siccomeperò in alcune ZdP certe specie non erano presenti, la RTA erano in totale circa 180(Arnason 1996, 133). Il numero di specie coinvolte nel sistema è sempre aumentato:27 nel 1984, 32 nel 1996, 45 nel 2000.

53 Ad es., nelle sei QMA chiamate SNA, riguardanti appunto il pesce snapper, ogni annosi stabiliva una RTA indicata in peso, cui si dava il nome di Total AllowableCommercial Catch (TACC). Se, nelle misurazioni fatte dopo la stagione, risultava cheil TACC era stato troppo elevato e la risorsa si era deteriorata, il nuovo TACC per, ades., la SNA3, veniva fissato più basso; se invece si prevedeva che ci fosse un marginesostenibile per aumentare il pescato, il nuovo TACC era più alto. Va da sé che inalcune (SNA3) QMA riguardanti lo snapper da un anno all’altro il TACC potevaaumentare, mentre in altre diminuire (SNA10).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 39

definendo queste porzioni come QIT54; la somma di tutte le singole QITassegnate in tutte le ZdP diverse per territorio doveva dare ovviamente leRTA specie per specie55.

Mentre nel quadro istituzionale della regolazione centrale le varie RTA,specie per specie, erano di libero accesso e scatenavano la corsa per lapesca, l’innovazione istituzionale delle QIT chiudeva l’accesso alle varieRTA, riservandone una porzione esclusiva a ogni singolo pescatore. Questinon sarebbe stato più costretto a correre per evitare che i concorrenti siappropriassero di gran parte della RTA, ma avrebbe potuto decidere diestrarre la sua parte scaglionando la pesca durante tutta la stagione. Inquesto modo, sarebbe venuta meno anche la necessità di disporre dipescherecci grossi, potenti e dalle grandi reti, indispensabili invece perprimeggiare nella corsa per la pesca; i motivi economici dellesovracapitalizzazione dell’industria ittica sarebbero scomparsi, aprendo lapossibilità a dismissioni della capacità eccedente; la stesso volume di pesceavrebbe potuto infatti essere raccolto utilizzando una quantità moltoinferiore di capitale fisico e umano. Le QIT avrebbero dunque diminuitonotevolmente la resistenza dei pescatori alle dismissioni proposte dalgoverno per abbassare i rischi di pesca eccessiva e depauperamento dellarisorsa.

Il Fisheries Amendment Act del 1986 prevedeva pure che le QITfossero diritti di proprietà quasi completi, fossero cioè vendibili, affittabili evalidi come garanzia bancaria; in quanto diritti di proprietà, lo stato dovevagarantire che di essi non si abusasse e, dunque, il MdP fu incaricato divigilare sul rispetto da parte dei pescatori dei vincoli quantitativi inerentialle QIT. Una ratio ulteriore contenuta nel quadro cognitivo e valorialedell’Amendment Act era che, in quanto diritti di proprietà, le QIT avrebberoavuto la capacità di diminuire l’incertezza cui era confrontato il pescatore e,per questo tramite, avrebbero aumentato la sua propensione all’investimentodi lungo periodo e all’innovazione di processo e prodotto. Essendo certo dipoter disporre comunque della possibilità di raccogliere una certa quantità di

54 Ad es., un’azienda ittica poteva avere una QIT di tot tonnellate nella SNA1, un’altra

QIT di tot tonnellate nella TRE7, un’altra ancora di tot tonnellate nella TAR2.55 Sommando tutte le QIT assegnate concernenti lo snapper, abbiamo, per ogni singola

ZdP (o QMA), la RTA (o TACC) concernente appunto lo snapper. Tutto il complessosistema di gestione annuale delle QIT, suddiviso territorialmente e per specie, èchiamato in Nuova Zelanda Quota Management System (QMS). Per completezza,aggiungiamo che le QIT, sia nella letteratura economica che in quel paese, sonochiamate Individual Transferable Quotas (ITQ). Da parte nostra, nel prosieguocontinueremo a utilizzare le sigle in italiano, ovvero RTA per TACC, QIT per ITQ eZdP per QMA.

40 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

pesci e non dovendosi più preoccupare di potenziare la sua barca per la corsaper la pesca, il pescatore avrebbe potuto pianificare meglio strategie einvestimenti. L’unica alea che sarebbe ancora rimasta presente sarebbe statauna drastica diminuzione delle QIT dovuta al tracollo della risorsa e alconseguente forte abbassamento della RTA, che delle singole QITcostituisce come abbiamo visto la somma. Anche di fronte a questo pericolo,l’emendamento sembrava offrire una risposta istituzionale adeguata: lapossibilità di ridurre l’investimento fisico e umano in eccesso, che si sarebbeaperta grazie al buono uscita costituito dai riacquisti statali delle quote ineccesso e grazie alla scomparsa delle necessità legate alle corse per la pesca,avrebbe costituito infatti un fattore decisivo nel diminuire drasticamente lapressione sulle risorse ittiche del paese, facendo rientrare progressivamenteil depauperamento e stabilizzando nel medio e lungo periodo la RTA. A ciò,si pensava allora, si sarebbe dovuta aggiungere una maggioreresponsabilizzazione del pescatore. Sicuro dei propri diritti e consapevoleche un comportamento rapace sarebbe andato col tempo a toccare, via unadiminuzione della RTA, la stessa quantità individuale di pescato garantitagli,il pescatore avrebbe dovuto trasformarsi, da quel predatore e frodatore cheera nel quadro istituzionale della regolazione statale centrale, in ben altro. Inun buon cittadino, ligio ai limiti delle QIT; in un agricoltore previdente cheinveste nel futuro della propria azienda56, costituita ormai dal suo quasi- 56 Vi è una certa evidenza empirica che il sistema teorico della «sole ownership»,

proposto da Scott (1955) come soluzione alla tragedia delle risorse comuni, funzioni,trasformando il pescatore da predatore in agricoltore. All’inizio del XX secolo inScozia, all’estuario del fiume Tay, una singola impresa arrivò col tempo ad acquistaretutti i diritti di pesca al salmone, prima frazionati tra diversi proprietari. L’aziendafece allora in modo che la pesca diminuisse di intensità, in modo da bloccare ildepauperamento e rilanciare la crescita della risorsa. Il risultato fu, negli anni seguentiall’intervento di autolimitazione, un aumento dei salmoni catturati con le retinell’estuario e persino un aumento di quelli catturati per diporto, lungo il fiume, daaltri detenori di diritti (Leal 1996, 201). La sole ownership non solo bloccò ildepauperamento, ma innescò anche delle esternalità positive. Un altro caso è quellodell’azienda scozzese Atlantic Salmon Conservation Trust Ltd., che in questi anni haacquistato da privati numerosi diritti di pesca costiera al salmone tramite reti, conl’esplicito fine di renderli inoperanti: in questo modo, l’impresa vuole incrementare lapossibilità che i salmoni risalgano i fiumi, così da poter più lucrosamente affittare idiritti di pesca sportiva che essa possiede lungo i corsi d’acqua (Leal 1996, 202). Sipuò dunque vedere che l’introduzione di diritti di proprietà sulla risorsa comune tendead aumentarne la gestione sostenibile, al pari di quel che farebbe un agricoltore. LeQIT neozelandesi vanno dunque nel giusto senso, anche se risolvono per ora solo unprimo problema, lasciandone scoperto un secondo; infatti, siccome i detenori delleQIT non sono unici ma numerosi, va evitato che essi cerchino di frodarsi l’un l’altro,consci del fatto che la successiva diminuzione delle QIT penalizzerebbe quasi

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 41

possesso di una parte del patrimonio ittico nazionale57 (Bess, Harte 2000,332). Nuove cognizioni e nuovi valori sarebbero dunque stati laconseguenza dell’innovazione istituzionale delle QIT. Lo stesso statoavrebbe abbandonato l’interventismo neomercantilista che lo portava acolludere con i pescatori, riversando su di loro risorse sottratte incautamenteai contribuenti e ad altri settori dell’economia; la mano pubblica avrebbeinvece assunto un ruolo di garante dei diritti di proprietà e di ferreo custodedella salute economica e biologica delle risorse ittiche nazionali. Dallo statopluralista o neocorporativo catturato dalle lobby, caratteristico del passatodelle Nuova Zelanda, le riforme istituzionali, non solo quellenell’agricoltura e nella pesca, avrebbero dovuto favorire l’emergere di unostato super partes, meno pretenzioso, più forte e autonomo e perciò anchepiù capace di garantire nel lungo periodo sia lo sviluppo economico che ilconsenso sociale58.

I criteri di assegnazione delle QIT: attività pregressa e mercato delriacquisto statale

L’emendamento del luglio 1986 risolve anzitutto la questionedell’allocazione iniziale delle QIT: si decide che per le 19 specie nelle acquecostiere considerate farà testo la media tra i due migliori raccolti dei singolipescatori nelle stagioni 1981/2, 1982/3 e 1983/4, posto che essipossedessero ancora una licenza nell’anno 198559 (Sharp 1997, 514; Bess

certamente ognuno in misura minore dei benefici ottenuti con il free riding. Sulcomplesso problema di azione collettiva si tornerà più avanti.

57 Un interessante esempio di passaggio dal libero accesso alla quasi proprietà privatadella risorsa è la vicenda delle ostriche francesi. Sia in Francia che in Inghilterra illibero accesso alla raccolta delle ostriche portò nell’ottocento a un fortedepauperamento della risorsa, ma mentre oltre manica si proseguì con lo stesso quadroistituzionale, in Francia lo stato garantì a privati delle concessioni costiere esclusive,fatto che portò in pochi anni a una prospera industria del mollusco (Neild, cit. in DeAlessi 1998, 22-23).

58 Sulle positive conseguenze cognitive, valoriali ed economiche delle QIT si vedanoalcuni dei loro più entusiasti promotori: Hannesson (1991); Scott (1996); Arnason(1996, 1999); De Alessi (1998); Gissurarson (2000). Più scettici o addirittura contrarialla QIT sono Copes (1986) e Charles (1988, 1992, 2000). Sulla dibattuta questione sitornerà più avanti, sia a livello teorico che empirico.

59 Ad es., se un pescatore aveva raccolto nella ZdP TAR1 in quei tre anni rispettivamente25, 35 e 18 quintali di tarakihi, avrebbe potuto chiedere per la TAR1 una QIT annualedi (25 + 35)/2, cioè 30 quintali di quel pesce. Ogni pescatore doveva quindi presentareal MdP la cronistoria della raccolta (catch history) per quei tre periodi, sulla base dellaquale si decideva la dimensione delle varie QIT che lo riguardano. La legge prevedevala possibilita di ricorrere contro le decisioni ministeriali sull’allocazione delle QIT.Molti pescatori ne fecero uso: ad es., se in uno o più di quei tre anni il soggetto aveva

42 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

2000, 393). Il criterio istituzionale di assegnazione delle quote nelle acquecostiere è dunque in prima battuta basato sullo status quo ante, evitandocosì conflitti distributivi tra pescatori. Il problema è che la somma di tutte lesingole QIT assegnate avrebbe raggiunto dei totali di pescato ammissibile,ZdP per ZdP, che si avvicinavano alle raccolte degli anni tra il 1982 e il1984, le quali, come si è visto, eccedevano spesso la sostenibilità biologicaed economica della risorsa ittica. Come procedere all’abbassamento delleQIT per portarle a livelli sostenibili ovvero dentro le nuove RTA dastabilirsi? È a questo punto che il MdP, per evitare di dover risolvereconflitti distributivi tra i pescatori, introduce, per la prima volta al mondonel campo della risorsa comune della pesca, il meccanismo istituzionale delmercato. Viene cioè chiesto ai detentori di QIT di stabilire, entro l’ottobredel 1986, una serie di offerte di vendita (tender) –una certa quantità a uncerto prezzo- a propria scelta. Acquirente sarebbe stato il MdP, che perquesto programma (buy-back) disponeva di una certa cifra60; obbiettivo delministero era ridurre notevolmente la quantità di raccolta ammessa,possibilmente portando la somma delle QIT allo stesso livello delle nuove epiù prudenti RTA che si sarebbero stabilite, zone per zona, per la stagione1986/7. In questo modo, i pescatori che erano maggiormente interessati a

avuto guasti o ristrutturazioni della barca, difficoltà aziendali, condizioni del mareavverse oltre la media, ecc. ricorreva chiedendo un aumento tecnico della cronistoriadella raccolta (Arnason 1996, 131; Sharp 1997, 514; Major 1999, 88). Partire con unQIT artificialmente basso avrebbe infatti costituito un notevole svantaggio per ilpescatore o l’azienda ittica. Molti dei ricorsi, inoltrati ai comitati regionali delministero, trovarono accoglienza. Delle 1.800 QIT assegnate inizialmente, ben 1.400incapparono in un ricorso. Dopo la prima ondata di giudizi, fu permesso un ulterioreappello, cui ricorsero altri 1.100 detentori di quote. Alla fine, l’appello fu lasciatocadere, anche perché nel frattempo (1990), come vedremo, il sistema era passato dallequote misurate in tonnellate assolute alle quote in percentuale della RTA (De Alessi1998, 42). La conflittualità tra governo e pescatori dovuta ai criteri utilizzati dal MdPnell’assegnazione delle quote e nella gestione dei successivi ricorsi era infattipericolosamente aumentata, giungendo nell’ottobre 1989 alla presentazione di unacausa collettiva da parte dei pescatori nei confronti del governo; si chiedeva unrimborso di ben 150 milioni di NZ$. Dopo il 1990, il passaggio alle quote percentuali,l’abolizione dei canoni d’affitto (resource rentals) sul pesce e l’arrivo al governo delNational, ancora più convintamente liberista dell’uscente Labour, fecero finalmentecadere la causa (Bess 2000, 392).

60 Nel caso in cui il MdP non fosse riuscito, per mancanza di fondi o di offerte, aacquistare QIT sino a raggiungere le nuove RTA, si sarebbe proceduto d’imperio adiminuzioni pro rata non indennizzate (Sharp 1997, 514). Questa minacciaincentivava ovviamente i pescatori meno fiduciosi nelle proprie capacità a vendere e,più in generale, favoriva un calmieramento delle offerte, con un ovvio risparmio per ilgoverno.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 43

proseguire la pesca anche in futuro, poiché ritenevano soggettivamente dipoterlo fare in maniera efficiente e redditizia, o non avrebbero fatto offertaalcuna o avrebbero assegnato alle proprie offerte un valore alto, pensandoappunto che una loro cessione avrebbe loro precluso guadagni futurinotevoli. Diverso il comportamento dei pescatori che invece valutavanosoggettivamente che le proprie capacità tecniche, umane e finanziarie nonsarebbero state all’altezza di proseguire l’attività in un ambiente non piùsussidiato e con nuove RTA attese minori che le precedenti; essi avrebberoofferto buona parte o tutte le loro quote, ovviamente a prezzi nonesageratamente alti, in quanto vi era il rischio che il MdP, in presenza dialtre offerte più basse, riducesse le quote assegnabili tramite il riacquisto diquelle più a buon mercato piuttosto che quelle troppo care. Il risultato diquesta prima tornata di offerte sul mercato così appositamente creato dalMdP fu un riacquisto di 5.768 t di raccolta per un valore di 19,8 milioni diNZ$. Ciò non bastava però per avvicinarsi alle nuove RTA previste, per cuisi procedette a una seconda tornata di offerte, che ridusse ulteriormente lequantità di 10.007 t. Nelle due tornate, il MdP fu capace di ridurre dunque di15.775 t le QIT, con una spesa totale di circa 42 milioni di NZ$. Quasi 20milioni furono spesi solo per riacquistare le QIT dello snapper, il rossopesce costiero che a un’alta domanda sul mercato coniugava un fortedepauperamento delle proprie ZdP61 (Sharp 1997, 514-5). La somma delleQIT rimaste in mano ai pescatori62 dopo le due tornate di riacquisto andò acostituire la RTA, zona per zona, per la stagione 1986/763. 61 I prezzi che il MdP pagò per i riacquisti furono in minima parte prezzi politici e se lo

furono lo furono più a danno dei pescatori, che non a loro favore. Comparando ilprezzo medio delle due tornate, specie per specie, con il prezzo che sarebbe statoofferto sul libero mercato durante la stagione entrante (1986/7) si osserva che: per lespecie meno pregiate e che costituirono una bassa percentuale in valore del riacquistototale, il prezzo di riacquisto fu inferiore anche di molto a quello di mercato dellastagione seguente; per le specie più pregiate, che davano conto di gran parte del valoretotale del buy-back governativo, il prezzo fu quasi uguale, uguale o persino superiorea quello di mercato. L’operazione di riacquisto fu dunque grossomodo in linea con lalogica di mercato e non costituì affatto un regalo all’industria ittica; basti pensare chenella seconda tornata di tender vennero posti dei tetti di offerta inferiori del 20% aiprezzi massimi pagati nella prima (Sharp 1997, 514-5).

62 L’Amendment del 1986 regolò in modo diverso le pesca nelle acque profonde: inpratica si trasformarono parzialmente in QIT le quantità massime di pesca che eranostate assegnate nel 1983 a 11 aziende per 7 specie. Siccome tra il 1983 e il 1986 leZdP profonde si erano ulteriormente depauperate, le QIT assegnate furono più bassedal 25% al 75% di quelle originali, agendo così in modo fortemente conservativo(Bess 2000, 393). Dalle informazioni a nostra disposizione non sembra che il MdPabbia riacquistato la parte di QIT tagliata. Il successo regolativo ottenuto con le QITnelle acque profonde a partire dal 1983 favorì fortemente l’applicazione, nel 1986,

44 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Per il futuro, il meccanismo istituzionale di regolazione mistagovernativa-di mercato legato alle QIT e alle RTA avrebbe dovutofunzionare in questo modo: quando in una o più ZdP la RTA si dimostravaeccessiva, i pescatori avrebbero dovuto ridurre le loro QIT attraverso ilmeccanismo del mercato, ovvero offrendo liberamente al governo le propriequote, che le avrebbe comprate sino a riportare in equilibrio pesca ammessae sostenibile64. Viceversa, quando i dati raccolti65 indicavano che la RTA eraal di sotto della sostenibilità, i pescatori si sarebbero appropriati delle nuovequote ammesse acquistandole in asta dal MdP, che si sarebbe così rifattodelle spese sostenute nelle fasi restrittive. Mentre la RTA avrebbe dovutoessere decisa in base a criteri biologici dal MdP, la riallocazione delle QITall’interno delle nuove RTA sarebbe stata dunque lasciata al mercato via ilmeccanismo delle offerte e delle aste, sgravando così il governo di unaquestione distributiva assai spinosa. Si era anche supposto che un similemeccanismo istituzionale misto pubblico-privato avrebbe dovuto incentivarei pescatori al rispetto dei limiti loro posti dalle RTA/QIT: una pescaeccessiva si sarebbe ripercossa in una riduzione della RTA e, via un’asta,anche delle singole QIT66.

Il mercato spontaneo della compravendita delle QIT tra i pescatoriUna delle preoccupazioni, sia del MdP che dei pescatori, specialmente i

più piccoli, era evitare che, dopo la distribuzione iniziale basata sulla pesca

delle QIT anche alla pesca costiera (Arnason 1996, 131).63 Va notato che le RTA per la nuova stagione subirono cambiamenti, in maggioranza

verso l’alto, rispetto alle più severe RTA che si erano previste nel 1984. Ciò fu dovutoa: incertezze biologiche circa la stima sulla raccolta sostenibile (nel 1984 si era inrealtà pensato che la situazione fosse assai peggiore di quella che successive stime,fatte nel 1985/6, testimoniarono –v. Sharp 1997, 511, tab. 4); la preoccupazione dibilancio del MdP, che non aveva abbastanza fondi a disposizione per riacquisti tali daraggiungere RTA ancor più basse; pressioni economicamente fondate da partedell’industria, che si lamentava di fronte a tagli troppo drastici, pur parzialmenterimborsati (Sharp 1997, 513).

64 Ovviamente, e come già detto per i due riacquisti (tender) del 1986, nel caso in cui leofferte di vendita dei pescatori al governo non avessero raggiunto la nuova e inferioreRTA, perché troppo alte in valore o perché scarse in numero, il MdP si riservava delledecurtazioni pro rata non indennizzate delle QIT coinvolte.

65 Le disposizioni del 1986 stabilivano che il MdP traesse le informazioni circa lo statobiologico e la sostenibilità delle ZdP attraverso dati propri, dati provenienti dallacomunità scientifica attraverso appositi contratti e dati obbligatoriamente raccolti daipescatori titolari delle quote.

66 Come si vedrà, il MdP incappò qui in un’ingenua fallacia macroeconomica del tipovolentieri denunciato da Hayek, ragionando in base agli aggregati e trascurandocomportamenti e incentivi microeconomici dei pescatori.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 45

passata67, gli operatori più forti, specialmente le aziende ittiche, siaccaparrassero, nelle varie ZdP, quantità rilevanti o addiritturaoligopolistiche di QIT. Questa preoccupazione era tanto più giustificata,quanto più era chiaro che il governo neozelandese, in ossequio alla nuovadirezione liberista in politica agricola e industriale, avrebbe cessato del tuttodi sovvenzionare il settore della pesca, discostandosi notevolmente, in ciò,dalla sua condotta precedente e soprattutto dalla pratica della granmaggioranza degli altri paesi, Unione Europea in testa. Se non ci sarebberoperciò state àncore di salvezza finanziarie, ciò non escludeva una sorta dinormativa procompetitiva e antitrust: sempre ZdP per ZdP, per le speciequasi localizzate come crostacei e molluschi si stabilì un limite diaggregazione delle quote del 10% (nessun titolare di QIT poteva possedernepiù del 10% di quella ZdP), per le specie costiere del 20%, per quelleprofonde e pelagiche del 30%68. La logica sottesa era questa: quanto piùframmentato all’origine il settore, tanto più basso il limite di aggregazione(Major 1999, 87-8). D’altra parte, non si poteva pensare di ridurre l’enormesovracapitalizzazione dell’industria ittica senza un qualche meccanismo diaggregazione delle quote, oltre che di dismissione di capitali. Malgrado ilegittimi limiti posti alle aggregazioni eccessive, ci si poteva dunqueattendere che l’industria della pesca sarebbe andata incontro, conl’introduzione delle QIT e con RTA decrescenti, a un fenomeno dirazionalizzazione con aspetti di concentrazione e non solo didisinvestimento69. 67 Come visto, la distribuzione basata sulla pesca passata fu poi «sfrondata» dalle due

tornate di offerte sul mercato stabilito dal ministero. Quelle, tra le aziende piccole, chefossero state fiduciose nel loro futuro avrebbero potuto resistere a questa sfrondaturasemplicemente non facendo offerte di vendita e tenendo in toto le loro quote. Coltempo però, se non fossero arrivati gli attesi profitti, i padroncini e le aziende piùpiccole sarebbero state costrette dal mercato a vendere le loro QIT e uscire dal settore.Nel sistema precedente al 1986, basato sulle licenze e la regolazione statale, nessunpescatore poteva essere costretto all’uscita, dato che le perdite erano spesso ripianateda sussidi e agevolazioni e la licenza stessa non veniva rimossa.

68 Questi limiti sono poi col tempo sensibilmente variati (v. www. seafood.co.nz;Batstone, Sharp 1999, 180). In particolare sono stati alzati al 45% per singola ZdP perspecie commerciali pelagiche o di mare profondo importanti come l’hoki, l’orangeroughy, l’oreo dory, il merluzzo rosso, l’alfonsino, ecc.

69 Il numero di pescherecci diminuì del 22% tra il 1983/4 e il 1986/7. Tra quest’ultimadata e il 1994/5, i perscherecci diminuirono di un ulteriore 53%. La maggior partedelle dismissioni di barche avvenne nel settore della pesca costiera, mentre quella inacque profonde si rafforzò (OECD 2000, 176). Nel 1986 tre aziende (Fletcher,Sealord e Sanford) diponevano ognuna di circa il 10% delle QIT. Nel 1991 laFletcher, inefficiente, era già scomparsa; nel 1999 la Sealord aveva il 22,1% dellequote e, con il sostegno del governo, era stata acquisita al 50% dagli aborigeni Maori

46 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Nello schema iniziale dell’Amendment del 1986, era dunque previsto dispostare la gestione dinamica delle trasformazioni strutturali dell’industriaittica dal complesso e farraginoso sistema della regolazione statale vialicenze e limitazione di input –gravato peraltro da influenze lobbystiche esprechi di risorse- a due ordini di mercati. Un primo mercato era quelloistituzionalmente creato dal MdP, che gestiva i mutamenti delle RTAattraverso l’acquisto e la vendita delle QIT; il secondo mercato era per cosìdire spontaneo e si sarebbe dovuto generare tra gli stessi pescatori, i qualiavrebbero scambiato tra di loro quei diritti di proprietà quasi completi70 che

come compensazione delle espropriazioni de facto dei loro diritti di pesca –tutelati inteoria da un trattato del 1840- avvenute in passato; la Sanford aveva il 9,2% delleQIT. Un altro 10,7% di QIT costiere era nel 1999 di proprietà della Treaty OfWaitangi Fisheries Commission: si trattava di un massiccio acquisto fatto dal governoa partire dal 1996; le relative quote erano poi state distribuite gratuitamente anumerose comunità (Iwi) di Maori, sempre in risarcimento agli espropri dei loro dirittidi pesca originari (Bess 2001). La Skeggs e la Wattie, che avevano rispettivamente il3,7% e l’1,7% delle QIT nel 1986, nel 1991 erano già scomparse. In crescita eranoinvece la Independent, passata dal 2,6% al 5,5% dal 1986 al 1999, e la Vela, che nel1986 non esisteva e nel 1999 aveva il 4,7% delle QIT. Tra il 1986 e il 1999 le primequattro aziende passarono dal 45,9 % delle QIT al 57,7% (entrambi misurati intonnellate). Buona parte di questi mutamenti furono dovuti alla modifica delladistribuzione delle QIT nelle acque profonde o pelagiche, che nel 1986 erano statimassicciamente (40%) confiscate dal MdP per ovviare prudenzialmente ai rischi di undepauperamento, che si rivelò poi minore al previsto. Rialzandosi la RTA pelagica, ilgoverno rivendette a prezzo di mercato buona parte delle relative QIT alle aziende piùdinamiche: ad es., nel 1987 furono vendute QIT per l’hoki e l’orange roughy per ben83,5 milioni di NZ$ (Batstone, Sharp 1999, 179). Va notato che la pesca in acqueprofonde e pelagiche è normalmente preclusa ai padroncini: i grossi investimentinecessari la rendono possibile solo alle aziende ittiche di una certa dimensione. Tuttosommato, comunque, tra acque costiere e profonde nei 13 anni tra il 1986 e il 1999 laristrutturazione del settore fu notevole. Nello stesso periodo la somma delle QIT,ovvero la RTA o TACC, passò in peso da 520.900 tonnellate a 676.984: in altreparole, la forte scrematura fatta nel 1986 consentì poi dei recuperi di RTA sensibili,segno che il drastico abbassamento delle RTA avvenuto aveva avuto effetti positivi intermini di sostenibilità dell risorsa (Bess 2000, 393-4). La RTA costiera del 1986 erainferiore, dopo le due tornate di riacquisti, di 15.775 tonnellate rispetto a quella del1984 (Sharp 1997, 514); mentre il governo aveva rimosso dalle acque profonde epelagiche tra il 1983 e il 1986 circa 204.000 tonnellate (Bess 2000, 394). Il rialzodella RTA complessiva tra il 1986 e il 1999 è stato dunque asimmetrico, nel senso chela RTA è diminuita ulteriormente nelle acque costiere, quelle fortemente sfruttate nelperiodo 1950-1977, ed è invece aumentata in quelle profonde e pelagiche, più vaste emeno depauperate.

70 Sulla natura istituzionale e la completezza dei diversi diritti di proprietà possibili nellapesca -dal libero accesso, alle licenze, alla proprietà comune, alle QIT- si vedano lemagistrali presentazioni di uno dei pionieri sul tema, A.D. Scott (1955, 1996), il quale

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 47

sono le QIT. In Nuova Zelanda, in effetti, dopo il 1986 venne subito acrearsi un mercato spontaneo delle QIT, che cominciarono a essere vendutea un prezzo di volta in volta variabile. Gli elementi che determinavano ilprezzo delle QIT erano i seguenti: il valore di mercato della specie di pescerelativa alla QIT posseduta; i costi generali dell’industria ittica; le attese e leprospettive circa la variazione della RTA per quella specie di pesce71.Questo mercato spontaneo si è sviluppato attraverso vari supporti: contattipersonali con i colleghi pescatori; pubblicità sui quotidiani; avvisi e rubrichesulle riviste specializzate; emersione di intermediari specializzati (quotabrokers). Dal 1986 a oggi, il mercato spontaneo delle QIT non ha fatto cheespandersi, mentre, come si vedrà, il mercato creato dal MdP si dimostreràinsostenibile e uscirà di scena nel 1990. La presenza di un mercato liberodelle QIT risulterà cruciale per sgravare lo stato neozelandese di gran partedei costi che invece affrontano, e dovranno in futuro ancor più affrontare, igoverni dei paesi con industrie ittiche sovradimensionate, quelli dell’EU inprimis. Mentre in questi paesi lo stato dovrà verosimilmente indennizzarechi voglia abbandonare un’attività ittica divenuta ormai insostenibileeconomicamente e biologicamente72, il pescatore neozelandese che vogliaabbandonare l’attività riceve il relativo indennizzo dall’affitto o dallavendita ad altri pescatori delle sue QIT. Tra il 1986 e il 2000, tutti i pescatori

sviluppa i suoi ragionamenti a partire dall’articolo originario di tutto il dibattito sullaquestione, quello di H.S. Gordon (1954). Gordon (1954) e Scott (1955) introdussero laproblematica del depauperamento delle risorse comuni ben prima del più conosciutosaggio di Hardin (1968).

71 Quest’ultimo effetto è altamente complesso: a parità stimata di domanda, se ci siattende che una specie andrà incontro a drastici e ripetuti tagli della propria QIT acausa di un processo di depauperamento di almeno medio periodo, il prezzo della QITscende, in quanto ci si aspetta che le possibilità di profitto complessivo (prezzomoltiplicato per la quantità) con quel tipo di pesce tenderanno a diminuire; se, invece,si valuta soggettivamente che il taglio della RTA è solo temporaneo, il prezzo dellarelativa QIT potrebbe anche salire, in quanto, sempre a parità di domanda, lamaggiore scarsità farebbe aumentare il prezzo più del calo di pescato atteso. Più ingenerale, un meccanismo di mercato di questo tipo dovrebbe incentivare i singolipescatori a rispettare i vincoli posti dalle QIT: se, infatti, tutti pescano oltre le quotepermesse ciò depaupera sempre più la risorsa, abbassa le RTA attese e colpiscenegativamente le possibilità di profitto dell’industria. Ciò, sia direttamente, facendodiminuire il volume di affari che, indirettamente, facendo abbassare il prezzo delleQIT. C’è però, come si vedrà, un grosso ma, che rende l’incentivo a rispettareindividualmente i vincoli sulla quantità di pescato meno forte.

72 Una volta che l’attuale sistema europeo dei sussidi a pioggia, che mantiene un esercitodi pescatori inefficienti in attività, sarà abbandonato a causa dell’inevitabiledepauperamento delle risorse ittiche che porta con sé, non ci sarà altra soluzione senon indennizzare i padroncini e le piccole aziende che saranno costrette all’uscita.

48 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

neozelandesi che hanno valutato i propri costi troppo alti o gli investimentiper rendere più efficienti le loro attività inabbordabili, hanno risolto laquestione senza gravare sulle casse dello stato: essi hanno cioè ottenuto unasorta di buono uscita vendendo le proprie QIT ai colleghi più motivati,efficienti o dotati73. Peraltro, la generale buona salute delle risorse marine edell’industria ittica del paese, accompagnata dall’aumento della domandamondiale di pesce, ha fatto costantemente lievitare il valore delle QIT,amplificando l’indennizzo ottenuto da chi avesse scelto la strategiadell’uscita dal settore. Sembra dunque vera l’affermazione di De Alessi(1998, 30) in base alla quale, almeno per certi aspetti della gestione dellerisorse comuni della pesca, «market failure is not a failure of the market, butthe failure to have markets». Importante è sottolineare che, nel casoneozelandese ma non solo, l’emergere spontaneo di un mercato delle QIT èstato tale solo in una seconda fase, ovvero una volta che, con decisionepolitica radicalmente innovativa, si erano eliminate le precedenti istituzionidella regolazione statale centrale e le si era sostituite costruendo quasi dalnulla un nuovo assetto istituzionale.

10. Il contesto dell’introduzione dell’innovazione istituzionale dellequote individuali trasferibili (QIT) in Nuova Zelanda: l’importanzadella leadership cognitiva e valoriale

L’introduzione delle QIT in Nuova Zelanda è avvenuta nel contestodelle radicali riforme economiche avviate nel 1984 dal nuovo governolaburista e poi completate dal National tra il 1990 e il 199974. Il quadro

73 Sul meccanismo economico e istituzionale del libero mercato delle QIT si veda Scott

(1996, 49-54)74 Ci è qui impossibile entrare nel dettaglio delle riforme neozelandesi, per le quali

rimandiamo alla letteratura (Bollard 1994; Easton 1994; Evans et al. 1996; Wallis1997, 1999; Nagel 1998; Brash 1998; Johnson 2000). Una cronistoria sintetica delleriforme, che lascia impressionato il lettore europeo continentale, si ha in appendice aBollard (1994) e Evans et al. (1996). Va infatti osservato che mai alcun paese, né gliStati Uniti del New Deal, né la socialdemocrazia della Svezia, né il Regno Unito dellaThatcher e Major, è andato incontro a un programma di riforme istituzionalialtrettanto vasto e radicale. Questo radicalismo, oltre che dallo straordinariofallimento dei precedenti altrettanto radicali statalismo e interventismo, è statofavorito dall’assenza nel paese di contropoteri istituzionali forti, fatto tipico delledemocrazie westminsteriane. Gli interessi penalizzati dalle riforme non hanno perciòavuto punti di appoggio istituzionali per contrastare l’azione del governo, il qualeperaltro godeva di maggioranze ampie e, quando non tali, assai disciplinate. La NuovaZelanda non possiede infatti una seconda assemblea elettiva, non ha né costituzione

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 49

cognitivo, valoriale e strategico di queste riforme neoliberiste ha fortementeinfluenzato le modalità di trasformazione delle istituzioni della pesca,avvenute dal 1982 ai giorni nostri, ragion per cui è utile tratteggiarne alcuniaspetti centrali. La leadership politica delle riforme istituzionali venneassunta all’inizio da Roger Douglas, un parlamentare laburista che divenneper quattro anni, dal luglio 1984 al dicembre 1988, ministro del tesoro, ruolochiave nella compagine governativa neozelandese, inferiore per potere eprestigio solo a quello del premier. Dal novembre 1990, quando il Nationalassurse al governo, sino al novembre del 1993, quando lo stesso partitovinse nuovamente le elezioni, ministro del tesoro fu un altro importanteleader istituzionale, Ruth Richardson75. Questi due ministri del tesoro, uno

né corte costituzionale, i suoi tribunali non interferiscono nell’attività legislativa, ipoteri locali sono debolissimi, il sistema elettorale era sino al 1996 di puromaggioritario, cosa che consentiva governi monopartitici. Insomma, come diconoalcuni osservatori, il governo neozelandese era sino al 1996 una sorta di «electeddictatorship» (Schwartz 1994, 546). Una situazione simile a quella del Regno Unito eopposta a quella di Stati Uniti e, soprattutto, della Germania, dove il federalismo el’intromissione del giudiziario nei campi di esecutivo e legislativo massimizzano lapresenza di checks and balances capaci di inibire riforme radicali. In Nuova Zelanda eRegno Unito le caratteristiche politico-istituzionali westminsteriane hanno favoritoprima l’instaurazione di un livello di interventismo economico e sociale assai altorispetto agli altri paesi dell’OCSE e, poi, il suo abbandono in favore di un quadroneoliberista altrettanto comparativamente forte.

75 A testimonianza della radicalità delle innovazioni istituzionali neozelandesi, -sostenuteapertamente e assurte a modello da OCSE, Banca Mondiale e FMI- vi è il clamorosobalzo in avanti della Nuova Zelanda nei vari indici di libertà economica (HeritageFoundation, Fraser Institute, Economist, ecc.) (Nagel 1998, 224). Secondo l’indicedel Fraser Institute, che però esclude purtroppo il mercato del lavoro, la NuovaZelanda è passata dai 6 e 6,2 punti degli anni 1975 e 1985 ai 9,1 del 1997, issandosi alterzo posto mondiale, dopo Hong Kong (9,4) e Singapore (9,4) e prima di Stati Uniti(9), Regno Unito (8,9), Irlanda (8,7) e Australia (8,6). Va notato che, nel 1975, gliStati Uniti avevano un indice già alto (8,1), mentre il Regno Unito era addirittura a5,9. Per farsi un’idea, sempre nel 1997 il Giappone era 14° con 8,3 punti, la Spagna18° con 8,2, la Germania 22° con 8,1, la Francia 25° con 8, l’Italia 31° con 7,9, laCorea del Sud 47° con 7,3, Taiwan 51° con 7,1 (Gwartney, Lawson 2000). Sul pianoqualitativo, le riforme neozelandesi si sono così articolate. Tra il 1984 e il 1990 ilLabour ha: risanato bilancio e debiti dello stato; liberalizzato radicalmentel’interscambio finanziario, agricolo e industriale con l’estero; eliminato la politicaindustriale e agricola, abolendo i sussidi e le regolamentazioni quasi totalmente;rivoluzionato i diritti di proprietà nella pesca; introdotto una riforma fiscale che haportato, pur non diminuendo di molto la pressione fiscale complessiva, a un sistema ditassazione definito dall’OCSE come il meno distorsivo del mondo; dato il via a unaprofonda riforma della pubblica amministrazione, che snellisce, semplifica eresponsabilizza l’azione dei ministeri; avviato la trasformazione delle aziendepubbliche in aziende di utilità pubblica più snelle, trasformate poi col tempo in

50 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

del Labour, l’altra del National, rappresentarono le personalità chiave delleriforme istituzionali e furono estromessi dal governo, dopo qualche anno,proprio a causa della radicalità delle loro ulteriori proposte; attraversodichiarazioni e scritti essi ci hanno fortunatamente lasciato delletestimonianze del quadro strategico, cognitivo e valoriale che ispirò la loroazione76. Se Douglas e la Richardson sono definibili come i cavalieri delle

aziende private; reso quasi autonoma la banca centrale, che da strumento di manovrecongiunturali elettoralistiche dei governi è divenuta un rigido garante della stabilitàmonetaria (il modello è comunque assai diverso da quello della Bundesbank). Tra il1990 e il 1999, il National ha completato le riforme lasciate in corso d’opera dailaburisti e introdotto nuove misure di innovazione istituzionale: la liberalizzazione delrigido mercato del lavoro, la riforma delle relazioni industriali, eliminando una seriedi privilegi sindacali e favorendo la possibilità di scelta tra contratti individuali ecollettivi; lo snellimento dello stato sociale; l’introduzione di una severissimalegislazione di responsabilità fiscale e monetaria che vincola fortemente la politicaeconomica del governo, togliendo ogni margine per manovre congiunturalielettoralistiche o sperimentali e lasciando la porta aperta solo alla reazione a scosseesogene. Dopo un periodo iniziale di stagnazione, con grosse difficoltà in campoindustriale e agricolo, le riforme con gli anni novanta hanno cominciato a dare buonirisultati in termini di crescita e occupazione. Bilancia dei pagamenti, debito pubblico einflazione erano peraltro ormai già agevolmente sotto controllo a cavallo tra i duedecenni (per una visione complessiva degli indicatori economici durante il periododelle riforme si veda Johnson 2000, 28, tab. 6). Dopo il 1998, la crescita si èfortemente rallentata, ridando voce ai critici interni delle riforme –buona partedell’intelligencija e la gran maggioranza degli economisti accademici- che peraltro sierano sempre dogmaticamente opposti a qualsiasi innovazione, anche se proposta dailaburisti. Vero è, comunque, che con la fine degli anni novanta il sostegno popolare aulteriori riforme è diminuito e la tendenza sembra essere quella al consolidamentodell’esistente, se mai arrotondando qualche spigolo o durezza del nuovo assettoistituzionale neoliberista. L’abolizione in votazione popolare del sistema uninominale,sostituito dal 1996 da un sistema proporzionale alla tedesca, e l’elezione nel 1999 diun governo di coalizione tra il Labour e altri partiti minori di sinistra indicano questatendenza all’ammorbidimento sociale del sistema, senza però, in sintonia con il NewLabour della vecchia madre patria, metterne in questione le fondamenta. Che leriforme abbiamo approntato un quadro istituzionale adatto alla globalizzazione lotestimonia anche il fatto che il Global Competitiveness Report 2001 vede la NuovaZelanda al 10° posto nel growth competitiveness index, un indicatore del potenzialedi crescita futuro di un paese. L’indice è composto di tre dimensioni: livellotecnologico, qualità delle istituzioni pubbliche, condizioni macroeconomiche(www.worldeconomicforum.com).

76 Douglas scrisse nel 1981 un libello dal titolo There’s Got To Be A Better Way. APractical ABC To Solving New Zealand’s Major Problems, nel quale proponeva unaserie di riforme neoliberiste come programma politico per un futuro governolaburista. Nel 1993 scrisse un nuovo pamphlet, Unfinished Business, nel qualeauspicava il completamento delle riforme istituzionali. Numerosi anche i suoiinterventi sulla stampa specializzata. La sua dottrina, parafrasando reaganomics, fu

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 51

riforme, il ministero del tesoro può essere definito il cavallo che montavano.Con il suo personale d’élite, un’adeguata formazione dei propri quadri enotevoli poteri di controllo sulle spese e l’azione degli altri dicasteri, ilministero fece da supporto cognitivo e organizzativo dell’azione dei dueleader istituzionali77.

Secondo leader come Douglas (cit. in Easton 1994, 80) un’innovazioneistituzionale che comporta benefici solo nel medio periodo va condottacomunque avanti con decisione, anche se nel breve periodo comporta costi oopposizioni. Questi costi di breve periodo rendono quasi sempre impossibile

definita dai critici rogernomics. La Richardson, che mise in opera una sorta dirogernomics-plus, scrisse invece nel 1995 Making A Difference. Da notare che siaLabour che National non ebbero mai l’ardire di presentare completamente nei loromanifesti elettorali i radicali programmi dei due leader istituzionali. Una volta perògiunti al potere, sia Douglas che la Richardson misero con forza in atto le proprieidee, trascurando molte delle più moderate promesse contenute nel programmaelettorale dei rispettivi partiti. Col tempo, ciò generò una crescente opposizione sia neipropri partiti che nell’opinione pubblica, ragion per cui i loro mandati non furonorinnovati (Wallis 1997, 1999; Nagel 1998).

77 Il ministero del tesoro, vedendo sistematicamente fallire, a cavallo tra gli anni settantae ottanta, le proprie politiche macroeconomiche keynesiane, si riorientò drasticamentein senso neoliberista e microeconomico, sia assumendo nuovo personale formato negliStati Uniti, sia inviando propri funzionari in soggiorno di studio in quel paese. Eranogli anni delle politiche dell’offerta reaganiane e dell’ascesa nelle università e thinktank americani di monetarismo, public choice, teoria dell’agenzia, Scuola austriaca,Scuola di Chicago, neoistituzionalismo, ecc. Grande impressione fece in NuovaZelanda, ex-colonia britannica il cui interventismo era una sorta di replica più estremadi quello della madrepatria, anche il riformismo istituzionale thatcheriano. Moltoscalpore fece anche la dichiarazione del ministro del tesoro Australiano, secondo ilquale il proprio paese, che mostrava assetti istituzionali statalisti assai simili a quellineozelandesi, senza riforme sarebbe diventato una «banana republic» (Schwartz 1994,536). In Nuova Zelanda, dove la comunità degli economisti accademici si disinteressòod oppose alle riforme economiche e dove i think tank nostrani erano deboli e scarsi,un ruolo cruciale nella divulgazione dei nuovi quadri ideologici e cognitivi l’ebbe laBusiness Roundtable. Si trattava di un organismo di studio, riflessione e propostaformato dall’élite degli imprenditori industriali e finanziari del paese. Attraverso lalettura delle pubblicazioni dei think tank americani e inglesi e l’invito regolare inNuova Zelanda di studiosi stranieri favorevoli alle riforme neoliberiste, la BusinessRoundtable ha influenzato sensibilmente i piani operativi di riforma del governo, haavviato imprenditori privati di punta a collaborare con le riforme di ristrutturazionedei ministeri e di privatizzazione delle aziende pubbliche, ha costituito un pungolocontinuo per i politici a non cessare lo slancio riformista. Tra i suoi slogan vi erainfatti il thatcheriano TINA!, There Is No Alternative! Su come tutte queste dottrine evicende influenzarono ideologie e cognizioni dei leader istituzionali e dell’éliteamministrativa neozelandesi si vedano specialmente Easton (1994), Wallis (1997),Brash (1998) e Goldfinch (2000).

52 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

la ricerca di un previo consenso pluralista o neocorporativo a favoredell’innovazione; bisogna però proseguire lo stesso, dopo di che i positivirisultati ottenuti porteranno a quel consenso degli interessi coinvolti cheinvece non si era potuto avere ex ante. Sempre secondo il laburista Douglas,gli interessi costituiti («vested interests») sottostimano fortemente la lorocapacità di adattarsi alle nuove condizioni di maggiore esposizione almercato cui le riforme governative li condurranno, ragion per cui alle lorolamentele non va data eccessiva importanza. Dal punto di vista strategico, leinnovazioni istituzionali vanno introdotte non in modo incrementale («a stepat a time») ma con ampi salti («quantum leaps») e in modo il più veloce edeterminato possibile. È infatti l’incertezza legata al procedereincrementale che mette in pericolo i programmi di riforma radicali, non laloro velocità di decisione e implementazione. La velocità, infatti, rendedifficile agli oppositori sia stabilire delle strategie di ostruzione checoalizzarsi con altri interessi toccati: «The fire of opponents is much lessaccurate if they have to shoot at a rapidly moving target», afferma sempreDouglas. Per questo leader istituzionale: «The abolition of privilege is theessence of structural reform». Su questo aspetto, ancora più chiaro è ilquadro cognitivo e valoriale della Richardson (cit. in Wallis 1997, 26), chedistingue tra due tipi di politici. Da un lato quelli reattivi, guidatidall’opinione pubblica, dai gruppi di pressione e dalla communis opinio,prevalenti durante il lungo periodo dell’interventismo. Dall’altro lato, gli«agents of change», che non si accontentano dell’acquisito, sfidano le lobby,si oppongono alle convenzioni di pensiero e «advocate often unpopularpolicies». Sono questi secondi che saranno ricordati dalla storia per la lorocapacità di mutare e guidare l’opinione pubblica, mentre gli altri cadrannonell’oblio78. 78 L’ostilità nei confronti di lobby, interessi costituiti, organizzazioni degli interessi e

quant’altro è al centro dell’azione di innovazione istituzionale neozelandese. In questosenso, agli antipodi viene ripreso, in modo ancor più radicale, il messaggiothatcheriano della fine del consenso degli interessi sociali organizzati, pluralista oneocorporativo che sia, come prerequisito di ogni azione governativa. Già nel 1968 lairon lady affermava che: «There are dangers in consensus; it could be an attempt tosatisfy people holding no particular views about anything. It seems more important tohave a philosophy and policy which, because they are good, appeal to a sufficientmajority» (cit. in Kavanagh 1997, 24). In Nuova Zelanda queste opinioni, sostenutedal corpus teorico della public choice e delle Scuole austriaca e di Chicago, furonoprese molto sul serio. La riforma della pubblica amministrazione ha cercato di isolareal massimo la burocrazia dalle organizzazioni degli interessi, vincolandola a regole ebilanci assai rigidi ed eliminando più di un organismo consultativo (Wistrich 1992;Easton 1994; Goldfinch 2000, 59-61, 76-83). Le varie riforme, accanto ad alcunisostenitori –peraltro, soprattutto all’inizio, poco convinti- generarono tutta una serie di

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 53

Elitismo, capacità di leadership, quadri cognitivi chiari, valori saldi,isolamento istituzionale che prescinde dal consenso (elected dictatorshipwestminsteriana), sono questi gli elementi cruciali presenti nelle riformeneozelandesi. Ma non basta, uno dei grimaldelli strategici maggiormenteusati dai leader innovativi è stato il circolo virtuoso delle riforme: pertrasformare un interesse organizzato da oppositore a sostenitore deiprovvedimenti radicali che il governo prende a suo immediato danno, bastagarantirgli che saranno al più presto presi provvedimenti dello stesso tipo adanno di un altro interesse, togliendoli privilegi che sino a quel momentogravavano sui costi sopportati proprio dal primo interesse. In questo modo,ad es., Douglas incassò quasi da subito il consenso degli agricoltori alledrastiche riforme che tagliavano loro sussidi e sostegno dei prezzi: eglipromise infatti che l’agricoltura avrebbe presto beneficiato dell’abolizionedelle misure protettive, regolative e cartellari per l’industria, misure chetenevano artificialmente alti i prezzi degli input del settore contadino79.

agguerriti oppositori. La ricerca del consenso degli svantaggiati avrebbe inchiodato alpalo le riforme; basti guardare l’impressionante lista degli interessi colpiti presentatain Bollard (1994, 102, tab. 4). Questa avversione agli interessi organizzati ricorda inparte il pensiero di Olson. Proprio in una recensione agli ultimi suoi contributi, IanMcLean (2000, 658-9) afferma che, dopo il 1984, «successive New Zealandgovernments […] mounted perhaps the most savage assault on lobbies in democratichistory. The only parallels that come to mind are the repeal of the Corn Laws by theTory administration of Sir Robert Peel in 1846, and the dismantling of Peronistcorporatism in Argentina by the Peronist president Carlos Menem after 1989. Despitethe pain (and the serious damage to both the formerly hegemonic New Zealand parties– Labour and National), the Australasian countries are now free trading andinternationalist […]». McLean (2000, 659) poi afferma che: «In New Zealand, wherethe changes in institutions seem more directly due to Olson’s analysis than do those inThatcher’s Britain, the overt influence of Rise and Decline Of Nations wassurprisingly muted. The successive Treasury secretaries who pressed for the radicalrestructuring of fiscal and monetary policy there did not mention Olson as an explicitinfluence». La scarsa influenza di Olson in Nuova Zelanda traspare anche dagli studidi Easton (1994), Wallis (1999) e Goldfinch (2000). Che Olson non sia moltoconosciuto in quel paese è dimostrato anche dal fatto che Easton, un protagonistaimportante del dibattito accademico e pubblicistico sulle riforme, lo chiama a piùriprese Olsen.

79 Ciò non è sempre facile. Ad es., la liberalizzazione del settore finanziario portò a unadiminuzione del costo degli investimenti solo nel medio periodo, gravando nelfrattempo sull’economia, pur permettendo così anche una selezione delle aziendemeno capaci. Un altro caso è il settore manufatturiero, che si trovò da un momentoall’altro esposto alla concorrenza internazionale senza contropartita alcuna. Costrettaad un duro adattamento, peraltro sfavorito dalla persistente rigidità del mercato dellavoro sino all’inizio degli anni novanta, l’industria per lungo tempo vide di cattivoocchio le riforme. Il circolo virtuoso funzionò invece in altri casi: i consumatori,

54 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Anche l’industria ittica fu coinvolta in questo circolo virtuoso; leriforme che cancellarono l’interventismo neomercantilista degli anniprecedenti le imposero infatti costi immeditati di non poco conto: abolizionedei sussidi e delle facilitazioni creditizie, abbassamenti della RTA, aperturadelle frontiere alle importazioni, cessazione dei sussidi alle esportazioni,aumento del costo del denaro dovuto alla liberalizzazione finanziaria. Incambio la pesca ottenne però: liberalizzazione dell’importazione di capitali eattrezzature; diminuzione dei costi degli input provenienti dal settoreindustriale interno, ormai deregolato -mossa, quest’ultima, che rese piùagevole e a buon mercato la realizzazione di impianti di trasformazioneittica a terra; maggiore facilità di esportazione, grazie al fatto che, essendo laNuova Zelanda uno dei paesi con le barriere doganali più basse in assoluto,si è facilitata una certa reciprocità da parte straniera80. Il beneficio forse piùgrande della riforma è stato però il grande scambio tra la cessazione delsostegno dello stato in campo finanziario e legale e l’introduzione di unquadro istituzionale che garantiva ai pescatori diritti di proprietà certi,stabili e chiaramente definiti come le QIT. È stata questa la chiave delsostegno dell’industria ittica alle radicali innovazioni istituzionali degli anniottanta. La cessazione della discrezionalità finanziaria e regolativa dellostato e la sua sostituzione con un quadro non più incerto di diritti diproprietà è stata accettata dal settore; essa consentiva infatti a pescatori eaziende di poter ragionevolmente pianificare i propri investimenti nel medioe lungo periodo. Il successo quantitativo e soprattutto qualitativo dellaproduzione ittica neozelandese negli anni novanta testimonia la virtuositàdel nuovo quadro istituzionale.

A questi risultati positivi ha contribuito anche l’adesione del MdP alledirettive della leadership riformista di quegli anni. Il ministero era orientatoda un quadro cognitivo che riteneva che l’introduzione delle QIT avrebbe

toccati dal rigore fiscale e dai tagli del welfare, beneficiarono dell’apertura dellefrontiere e della deregolamentazione di industria, servizi e agricoltura.

80 Come abbiamo accennato immediatamente sopra, anche l’agricoltura beneficiòampiamente di provvedimenti simili a quelli qui menzionati per la pesca. Tra ilperiodo finale dell’interventismo protezionista (1984) e il 2000, l’agricolturaneozelandese liberalizzata ha avuto un notevole successo: dopo una prima fase disofferenza e ristrutturazione, il settore ha migliorato notevolmente le sue prestazioni,in termini sia di produzione che occupazione. Non più protette e sussidiate, le aziendeneozelandesi oggi non esportano più solo lana, agnelli e kiwi sul mercato blindatodella madrepatria inglese, ma si sono diversificate in un gran ventaglio di produzioni amaggiore valore aggiunto che raggiungono ormai tutto il mondo. La storia di questosuccesso istituzionale, comparata al fallimento dell’interventismo della politicaagricola comune dell’UE, è riportata in Evans et al. (1996), Johnson (2000), Howart(2000).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 55

portato sì a costi di breve periodo, e dunque a un potenziale dissenso deipescatori, ma a benefici nel medio e lungo periodo e, con questi, alconsenso. Di fronte ai tentennamenti iniziali delle organizzazioni deipescatori, che -come dice Douglas- sottovalutavano la loro capacità diadattamento, il MdP ha sempre chiarito che sarebbe andato comunqueavanti; cosa che ha fatto, per di più nel modo più veloce possibile,compatibilmente con le difficoltà tecniche della riforma. Determinazione evelocità, pur inferiori alle intenzioni originali di Blitzkrieg del ministero,hanno permesso in soli quattro anni (1982-1986) di porre le basi irreversibilidi una riforma istituzionale che è già entrata nei libri di storia della pesca,facendo della Nuova Zelanda un pioniere mondiale. Sfidando la communisopinio che le QIT fossero irrealizzabili concretamente81, il MdP ha

81 La scuola delle risorse comuni della Ostrom (1990) è in generale scettica sulla

possibilità di applicare soluzioni di mercato all’attività della pesca, dimostrando in ciòscarsa fantasia istituzionale che, paradossalmente, è proprio ciò che questi autoririmproverano agli economisti di mercato e ai politologi favorevoli allo stato. Infatti:«In regard to nonstationary resources, such as water and fisheries, it is unclear whatthe establishment of private rights means» (Ostrom 1990, 13). Più avanti, la brillantepolitologa americana, citando Colin Clark, afferma: «in the case of marine fisheryresources […] the establishment of individual property rights is virtually out ofquestion» (cit. in Ostrom 1990, 13). Lo stesso Hardin (1968, 1245), anche lui indeficit di creatività istituzionale, sosteneva addirittura che: «The tragedy of thecommons as a food basket is averted by private property, or something formally likeit. But the air and waters surrounding us cannot readily be fenced, and so the tragedyof the commons as a cesspool must be prevented by different means, by coercive lawsor taxing devices that make it cheaper for the polluter to treat his polluants than todischarge them untreated». La Schlager, collaboratrice della Ostrom, afferma sullastessa linea che, essendo quasi impossibile per i pescatori valutare «the effect thateach fisher’s catch has upon the catches of other fishers […] they are unlikely todevise arrangements that would directly address to appropriation externalities, such asindividual transferable quotas» (Schlager 1994, 252). Anche Libecap (1989, 86) hadelle perplessità sulle QIT, anche se la loro applicazione pratica in Nuova Zelanda eIslanda lo ha reso più ottimista (Libecap 2000). In prospettiva, l’intuizione di Scott(1955), in base alla quale la «sole ownership» era l’istituzione migliore per risolvere ilproblema delle risorse comuni, ha dimostrato maggiore lungimiranza istituzionale ed èstata la fonte intellettuale delle QIT. Queste furono concepite teoricamente a partiredagli anni settanta da una serie di economisti come: F.T. Christy Jr.; D.G. Maloney eP.H. Pearse; A. Scott e P.A. Neher; P.A. Neher, R. Arnason e N. Mollet (cit. in Copes1986, 279; in Charles 1992, 385; per una rassegna magistrale sulle QIT si veda il loropadre intellettuale, A. Scott 1996). Da parte nostra, come vedremo, siamo ben lungidall’affermare che le QIT siano esenti da qualsiasi difetto o completamenteautosufficienti istituzionalmente; comparativamente però, sono state in grado dirisolvere problemi che il libero accesso, la proprietà comune e la regolazione statalenon sono stati in grado di affrontare.

56 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

soddisfatto il primo dei desiderata del politico riformista idealizzato dallaleader istituzionale Richardson; entrando negli annali storia della pesca neha soddisfatto anche il secondo, quello del permanere per sempre nellamemoria.

11. L’evoluzione istituzionale delle quote individuali trasferibili (QIT)di pesca in risposta a problemi di gestione e dilemmi dell’azionecollettiva

In quattro anni (1982-1986) i leader istituzionali del MdP hannocompletamente rivoluzionato il quadro regolativo della pesca neozelandese.Ciononostante, la complessità del sistema della RTA/QIT e lapluridimensionalità dell’ambiente economico, sociale e biologico del settoreittico hanno reso impossibile raggiungere uno actu, con razionalità sinottica,l’optimum istituzionale. Negli anni a partire dal 1986 sino ai nostri giorni, lerinnovate istituzioni neozelandesi della pesca sono andate incontro a unaserie di innovazioni incrementali, ispirate da tentativi ed errori e/o daun’ingegnosità localizzata, il tutto volto a fronteggiare i dilemmi dell’azionecollettiva e le sacche di incertezza ancora presenti nel sistema delleRTA/QIT. Dopo che l’innovazione delle QIT aveva costituito una nettadiscontinuità con il quadro istituzionale precedente, gli sviluppi susseguentihanno avuto un carattere evolutivo progressivo, introducendo modifiche almargine, ma non per questo poco importanti per le prestazioni del sistema.

La compravendita statale delle QIT e i problemi di azzardo moraleUna prima difficoltà è apparsa nelle prestazioni e nel funzionamento

dell’assetto istituzionale che prevedeva che l’aggiustamento della RTAavrebbe dovuto procedere di anno in anno attraverso la compravendita daparte del MdP delle QIT dei pescatori: costoro le avrebbero dovute venderese la RTA calava o acquistare se saliva. Si trattava del primo tipo di mercatoall’interno del sistema82, quello tra stato e pescatori. Un primo problema diquesto meccanismo istituzionale era di tipo finanziario; improvvisi cali dellaRTA di una qualsiasi ZdP, magari di un pesce di alto valore, avrebberocostretto il MdP a un notevole esborso: ciò accadde ad esempio per l’orangeroughy e altre specie nel 1989, ponendo il ministero davanti alla necessità di

82 Come abbiamo già visto, i prezzi delle QIT all’interno di questo mercato statale-

privato sono grosso modo uguali a quelli del mercato che abbiamo definito spontaneo.Per lo stato non c’erano sconti, anche se la possibilità di un taglio omogeneo pro ratain caso di scarsa offerta esercitava un certo calmieramento.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 57

un esborso che andava oltre le possibilità dell’apposito fondo. In questomodo, una tendenza anche solo di qualche anno alla diminuzione della RTAavrebbe prosciugato del tutto le casse ministeriali, in parte riproducendo,mutatis mutandis, quella logica del sussidio che si voleva ormai alle spalle.Il lettore attento avrà però notato che il problema della compravendita stataledi QIT non ha solo aspetti finanziari, bensì anche una dimensione di azzardomorale e di dilemma dell’azione collettiva: se, a livello generale e nel medioe lungo periodo, il sistema RTA/QIT certamente tende a responsabilizzare ilpescatore -pagherà lui stesso con decurtazioni delle QIT un comportamentooltre i limiti di raccolta- questo particolare meccanismo contiene in realtàdegli incentivi che vanno nel senso opposto. Il riacquisto automatico -anchese non è certo a che prezzo- da parte del MdP delle QIT in eccedenza, unavolta fissate RTA più basse, evita al pescatore di subire completamente lapenalizzazione del proprio eventuale comportamento scorretto: la propriaQIT diminuisce, ma questo svantaggio è compensato monetizzando laperdita. In questo modo, il pescatore è solo parzialmente danneggiato da uneventuale comportamento da free rider, ricadendo parte dei costi sul MdP,che viene così a fungere da garante in ultima istanza, se non del livello delleQIT, almeno della ricchezza complessiva detenuta dal pescatore. Consciodella perversità del meccanismo, il MdP cominciò a mettere sotto pressionei pescatori per modificarlo. Questi ebbero però buon gioco nel ricordare algoverno che pacta servanda sunt e che, per di più, sarebbero statiulteriormente penalizzati dalla riforma attesa: la pesca chiese dunque unrisarcimento, almeno parziale. Il processo di innovazione istituzionaleprevisto comportava infatti di trasformare le QIT, da diritti annualmentevariabili alla raccolta di un certo tonnellaggio in valore assoluto di pesce, indiritti alla raccolta di un tonnellaggio che sarebbe stato determinatoannualmente in modo percentuale rispetto alla RTA valida di volta involta83. Un indennizzo era previsto solo per un periodo iniziale di 83 Con il vecchio sistema, 10 pescatori di una ZdP con QIT di 20t ciascuno si trovavano,

in caso di decurtazione della RTA da 200t a 150t, a vedere aperta un’asta da parte delgoverno per l’acquisto di 50t sul primo mercato, quello tra i pescatori e lo stato: neltender, i meno efficienti avrebbero fatto offerte più basse e i più efficienti più alte,ragion per cui il MdP avrebbe acquistato più QIT dai primi e meno dai secondi. Allafine le decurtazioni delle 10 QIT non sarebbero state omogenee. Col nuovo sistema, ilcalcolo delle QIT è fatto altrimenti: si divide ogni volta per dieci la RTA e pro rata sidecurtano omogeneamente le QIT di ognuno, senza riacquisto statale alcuno. Ognipescatore si sarebbe automaticamente ritrovato con una QIT di 15t. Eventualispostamenti delle nuove QIT tra i pescatori della ZdP in questione, comunquemotivati, avrebbero poi potuto avvenire sul mercato spontaneo (quello definito comesecondo). In questo modo, la mancata considerazione del meccanismo di mercatomessa in opera dai tagli pro rata veniva attenuata.

58 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

transizione, dopodiché le riduzioni della RTA sarebbero statecompletamente assorbite da tagli delle QIT senza compensazione statalealcuna. Il rovescio della medaglia era naturalmente che eventuali aumentidella RTA dovuti a comportamenti virtuosi dei pescatori o a sbalzi biologiciinattesi sarebbero stati incamerati gratuitamente nelle QIT, senza piùdoverli acquistare dal MdP. Un simile meccanismo istituzionale eliminaval’azzardo morale e la tentazione alla defezione dal rispetto delle QIT:l’irresponsabilità sarebbe stata completamente punita e la responsabilitàsarebbe stata ancor più premiata84. Il nuovo sistema entrò parzialmente invigore il 1 ottobre 1989 e fu poi completato con il Fisheries Amendment Actdel 1990. Dei due mercati delle QIT stabiliti nel 1986 fu abolito il primo,quello del tender di riacquisto tra stato e pescatori, mentre restò in vigore ilsecondo, quello spontaneo tra pescatori (Arnason 1996, 131-2; Sharp 1997,515-6; Major 1999, 92; Batstone, Sharp 2000, 179; Bess 2000, 395).

I conflitti cognitivi attorno alla determinazione della RTAUna seconda difficoltà è emersa nel processo di determinazione annuale

della RTA, che come visto in Nuova Zelanda è chiamato TACC85 (Total 84 Come compensazione provvisoria i pescatori ottennero che a partire dal 1994

sarebbero stati aboliti i canoni d’affitto sulle QIT, osteggiati sin dalle consultazioniprecedenti all’Amendment del 1986 in quanto distorsivi del mercato (potevano infattivariare arbitrariamente sino al 20% annuo, generando così forte incertezzaeconomica). Anzi, si decise che nel periodo transitorio tra il 1990 e il 1994, gli introitidei resource rental avrebbero in parte costituito un fondo che sarebbe andato arisarcire i pescatori maggiormente toccati patrimonialmente dal passaggio delle QITdal valore assoluto a quello percentuale (Major 1999, 92; Batstone, Sharp 2000, 179).Dopo il 1994, alle spese ministeriali di funzionamento e di ricerca legate al sistemadelle RTA/QIT, prima coperte dai rental, l’industria avrebbe contribuito in altri modi(v. oltre).

85 Il Fisheries Act del 1996 stabilisce con il nome di Bmsy -«biomassa alla quale èraggiunta la resa massima sostenibile (maximum sustainable yield)»- il livello al qualeo sopra il quale deve trovarsi uno stock di risorsa ittica gestito con il sistema delleRTA/QIT. Data a 100 una popolazione vergine di pesci, ovvero non disturbata danessuna attività di pesca, si ritiene che una sua diminuzione sino a 30 porti a una forteriduzione della competizione per il cibo e dunque a una maggiore salute e fertilitàdella frazione di specie rimasta nella ZdP. Questo livello di 30 renderebbe una certaattività di pesca sia massima che sostenibile, ovvero impedirebbe un depauperamentodella risorsa, malgrado la regolare sottrazione di parte di essa. Se si pescasse unaquantità che porta lo stock a un livello minore di quell’ipotetico 30, la risorsacomincerebbe a depauperarsi. Se, per un motivo o per l’altro ci si accorgesse di esserescesi sotto la Bsmy, andrebbero subito prese misure per raggiungerla nuovamente,diminuendo la RTA. Va sottolineato che non è solo una pesca ammessa eccessiva chepuò portare sotto la Bsmy, ma anche altri fattori meno controllabili comedeterioramenti dell’habitat, cambiamenti di clima, forte highgrading o bycatch, pesca

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 59

Allowable Commercial Catch). Si tratta di uno snodo delicatissimo: abbiamovisto che nel sistema di regolazione statale centralizzata la tendenza,esemplificata dal caso della PCPE, è a stabilire livelli di RTA che eccedonosistematicamente la sostenibilità non solo economica - vi sono i sussidi apioggia a ristabilirla- ma anche biologica della risorsa –le pressioni deiclientes privati dei vari MdP nazionali sono troppo forti. Questairresponsabilità interventista è in parte superata nel sistema delle RTA/QIT.In Nuova Zelanda il MdP non è più ostaggio delle associazioni ittiche comenel periodo degli anni sessanta e settanta e, ancor’oggi, nei paesi dell’UE; ipescatori neozelandesi, poi, sapendo di non poter disporre di futuri sussidi,sono consapevoli del fatto che RTA eccessive si ripercuoteranno prima opoi, senza compensazione alcuna, sui livelli quantitativi, in tonnellate, esulle quotazioni di mercato, in NZ$, delle proprie QIT. Ciò li porta amoderare l’insistenza sul ministero per ottenere RTA economicamentefavorevoli nel breve periodo, ma controproducenti, economicamente ebiologicamente, nel medio e lungo. Anche in questo caso, però, il nuovosistema istituzionale non risolve tutti i problemi; rimangono infatti duequestioni aperte: l’intrinseca incertezza circa l’evoluzione biologica delleZdP; la diversità dei quadri cognitivi in base ai quali MdP e pescatoriformano le proprie aspettative all’interno delle strategie di fissazione delleRTA. Per ovviare alle difficoltà e ai deficit di efficacia che questi due aspetticomportano, nel 1996 il MdP modificherà incrementalmente gli Act del1986 e 1990.

Stabilire con esattezza la RTA che renderà possibile la sostenibilitàbiologica, e dunque anche economica –nel medio e lungo periodo, dellarisorsa è oltre le capacità cognitive e informative di qualsiasi MdP (Charles,cit. in Canada 1998, 9; De Alessi 1998, 34). I motivi di ciò sono molti: traZdP e ZdP pesci della stessa specie possono migrare, ragion per cui se inuna di due aree contigue (SNA1 e SNA2) si ha un depauperamento, ad es. inSNA1, questo può essere controbilanciato con una immigrazione dallavicina SNA2, alzando inaspettatamente la sostenibilità reale di SNA1 ediminuendo quella reale di SNA2; in una singola ZdP contenente diversespecie, le variazioni delle popolazioni possono interagire in molti modiattraverso la competizione per il cibo o la reciproca attività predatoria; larilevazione dello stato della ZdP, attraverso campionatura da parte deibiologi o tramite dati raccolti durante la stessa attività dei pescatori, lasciaineliminabili margini di errore; le condizioni ecologiche generali della ZdP,anch’esse solo parzialmente prevedibili e misurabili, influiscono sulla

ricreativa non controllata, ecc. (www.seafood.co.nz, news centre, NZ seafood industryprofile, p. 6).

60 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

vitalità e la fertilità delle specie considerate. Vi è poi una seconda serie dimotivi di imprecisione, quelli legati alla misurazione dell’impatto dellestesse attività di raccolta sulla sostenibilità della ZdP: anche in questo caso,le informazioni fornite dai pescherecci sul tipo e il numero di reti usate,sull’ora e la posizione della pesca non sono mai abbastanza dettagliate. Interzo luogo, ma su questo aspetto ritorneremo più avanti, anche nel sistemadelle QIT resta un sensibile incentivo alla violazione di alcune regole,specialmente quelle che vietano di rigettare in mare –onde non annoverarlotra il pescato ammesso- pesce economicamente non interessante in quanto ditaglia troppo piccola o appartenente a specie meno pregiate86. La difficoltànelle stima di queste attività irregolari genera ulteriore incertezza sulla stimadelle RTA adeguate.

Come si vede, dunque, i dati sullo stato delle ZdP raccolti dalle unitàdecentrate del MdP, dai biologi marini87 e dai pescatori non sono sufficientie accurati al punto da poter fare adeguate previsioni88. A ciò va aggiunto chegli stessi modelli teorici di interazione tra le variabili biologiche, ecologichee di tecnica di raccolta sono tutt’altro che dati per scontati: come per imodelli econometrici, anche sui modelli concernenti il livello e la vitalitàdella popolazione ittica esistono contrasti tra scuole89: non è raro che,mentre gli ecologisti si allineano con i biologi che avanzano le previsioni piùfosche e restrittive, i pescatori si allineino con i biologi più ottimisti90

86 Il lancio fuori bordo di questo pesce lo condanna a quasi sicura morte, in quanto sia

indebolito che ormai fuori dal branco.87 Tra gli interlocutori del MdP per la ricerca e il monitoraggio marino vi è il NIWA-

National Institute of Water and Atmospheric Research Ltd., con cui il dicastero hasiglato un contratto.

88 Per Ludwig et al. (1993, 17): «In such circumstances, assigning causes to past events isproblematical, future events cannot be predicted, and even well-meaning attempts toexploit responsibly may lead to disastrous consequences».

89 Per Ludwig et al. (1993, 17) il consenso scientifico circa l’impatto della pesca sullarisorsa è «seldom achieved, even after collapse of the resource». Questa incertezzaporta i biologi marini a un «penchant for speaking in terms of probabilities andconfidence intervals», inclinazione che indebolisce non poco la loro autorevolezza difronte ai diversi interessi che gravitano attorno alla fissazione delle RTA (Holmes1994, 1252).

90 Un caso estremo è quello della sardina californiana nella prima metà del XX sec.(Libecap 1989, 76-7), dove alla prudenza conservativa della California Division ofFish and Game si oppose il maggior possibilismo dello US Fish and Wildlife Service el’ottimismo di alcuni biologi, per i quali «it was virtually impossible to overfish apelagic species» (Ludwig 1993, 17). Ovviamente i pescatori californiani si fecero fortidi quest’ultima opinione scientifica. Questi contrasti portarono a sottovalutare gliindizi di depauperamento, cosicché non si assunse alcuna RTA e già negli annicinquanta la pesca della sardina cessò di essere commercialmente profittevole

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 61

(Jentoft, McCay 1995, 239-241). Secondo alcuni studiosi di biologia marina,come Holmes (1994, 1252), il margine di errore sulla stime dellepopolazioni ittiche oscilla addirittura attorno al 30%. Ovviamentel’esperienza e i tentativi ed errori possono aiutare (Ludwig et al 1993, 17),ma anche in casi relativamente ben conosciuti e collaudati è accaduto chemutamenti inaspettati di variabili intervenienti abbiano mascherato glieffetti di un depauperamento per anni, emergendo poi improvvisamente ecostringendo a drastici tagli di RTA e QIT91 (Holmes 1994, 1252; De Alessi1998, 34). Cio è accaduto più volte in Nuova Zelanda, dove purtroppo tuttiquesti dati si raccolgono solo da due o tre decenni e dove il sistema delleRTA/QIT è in vigore solo da 15 anni92.

Di fronte a questi ampi margini di incertezza -che in parte la praticaattenuerà, ma che in buona misura resteranno ineluttabili- non è un caso chein Nuova Zelanda il dibattito tra MdP, pescatori, biologi ed ecologisti sulleRTA appropriate sia sempre in atto, spesso con toni aspri. Alla radice diquesto dibattito vi sono, tra l’altro, l’identità e la posizione sociale delpescatore, che influenzano sensibilmente il suo quadro cognitivo. Si osservainfatti come su di lui premano una serie di fattori che lo inducono a scontare

(Libecap 1989, 76-7). Più in generale, di fronte all’incertezza scientifica sulle RTAsostenibili, gli ecologisti reagiscono con un atteggiamento di «err on the side of theresource», mentre i pescatori propongono di «err on the side of economics and thefishing industry» (Holmes 1994, 1253).

91 Dati sulle raccolte effettive e sulle RTA riguardanti specie come lo snapper (in SNA1)o lo orange roughy (in ORH3B) tra gli anni ottanta e novanta sono contenuti inBatstone, Sharp (1999, 185-190).

92 Secondo Hughey et al. (2000, 121), nel 1997, delle 45 specie neozelandesiamministrate via RTA/QIT, solo di 12 si ha una relativa certezza che si stianopescando in tutte le ZdP in modo sostenibile. Su ben 22 non si hanno informazionisufficienti, 2 specie si giudicano pescate ovunque in modo non sostenibile, mentre su9 vi è incertezza, nel senso che a seconda delle ZdP sono pescate in modo sostenibile,non sostenibile o incerto. Secondo altri (Canada 1999, 27, n. 52) si conoscerebbe lostato biologico e la RTA consigliata di solo il 56% delle 150 popolazioni itticheneozelandesi sottoposte a RTA/QIT. Secondo dati più recenti (www.seafood.co.nz,news centre, NZ seafood industry profile, p. 6) sullo stato del patrimonio ittico, nel2000/1 risulta che gli stock di cui il MdP possiede un modello teorico quantitativobiologico sono 26 (corrispondendi a una percentuale di pescato scaricato a terra del52% -pari al 49% in valore), mentre quelli senza modello teorico sono 275. Di questi26 stock modellati teoricamente si è valutato che 12 (pari a ben il 95% del pescescaricato) siano a livello sostenibile, mentre 14 siano sotto il livello sostenibile (questi14 sono però pari però solo al 5% del pescato). Il fatto che siano stati sinora modellatisolo 27 stock (pari, come detto, al 52% in quantità del pescato totale) è indice del fattoche il sistema delle RTA è ancora ai suoi inizi, nonché delle grandi difficoltà adapprontare concettualizzazioni operative circa una realtà così incerta.

62 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

il futuro in maniera più forte rispetto a funzionari del MdP, biologi edecologisti. Anzitutto il pescatore è spesso gravato da debiti contratti perl’acquisto della barca e dell’attrezzatura, debiti che solo una buona raccoltapuò ripianare (Scott 1996, 83). Secondariamente, mentre i tecnici del MdP oi biologi possono facilmente, cambiando modalità di consumo, conciliare ilproprio comportamento con un raccolta minore di pesce, questa agevolestrategia di uscita non è permessa al pescatore, per il quale una diminuzionedella RTA mette a rischio la professione stessa (Jentoft, McCay 1995, 241).In terzo luogo vi è un dato identitario, per cui chi pesca resta in parte uncacciatore animato da rischioso spirito di avventura e non totalmente inclineal calcolo prudenziale. Fortunatamente, un sistema di RTA/QIT affievoliscenon di poco l’importanza di questi fattori sul quadro cognitivo che porta ilpescatore a scontare eccessivamente il futuro. Circa il primo punto, in unsistema di diritti di proprietà quasi certi come quello delle QIT neozelandesi,la precarietà economica, e dunque anche il timore di non poter ripagare idebiti, è minore che nel caso del pescatore impoverito che agiscenell’incerto e politicamente volubile sistema della regolazione statalecentrale. Circa il secondo punto, in un sistema come quello neozelandese ilpescatore che voglia lasciare l’attività non è nelle mani dell’arbitrariabenevolenza statale, ma può beneficiare del buonuscita legato alla vendita adaltri delle proprie QIT. In terzo luogo, l’istituzione delle QIT, introducendoelementi di proprietà privata relativamente certa, ha avvicinato il pescatorealla forma mentis maggiormente calcolatoria dell’agricoltore. Malgradoquesti elementi di attenuazione, anche il pescatore che agisce in un sistemadi RTA/QIT ha la tendenza cognitiva a scontare il futuro in maniera piùforte dei funzionari ministeriali e dei biologi marini, per non parlare degliecologisti, mossi come sono anche da una forte razionalità valoriale. Standocosì le cose, anche in un quadro come quello neozelandese che induceistituzionalmente il pescatore alla prudenza, le dispute su come sciogliere ilnodo legato all’incertezza circa lo stato biologico delle varie ZdP hannocostantemente visto ecologisti e pescatori su fronti opposti, con il ministeroin mezzo a cercare una mediazione, il tutto naturalmente sostenuto da quadricognitivi, evidenze e scenari biologici difficilmente discriminabili per gradomaggiore o minore di plausibilità scientifica. La questione delladeterminazione delle RTA è stata inoltre complicata dalla presenza di altriinteressi, oltre a quelli di pescatori e naturalisti. Con gli anni novanta leleggi prevedono infatti che una parte della RTA debba essere appannaggiodelle comunità costiere iwi dei maori e un’altra parte della pesca privataricreativa, assai diffusa nel paese e che costituisce una fonte non trascurabiledi entrata dell’industria turistica. Se in Nuova Zelanda questi conflittidistributivi sono più facilmente componibili proprio grazie a quell’unità di

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 63

misura frazionabile che sono le QIT, ciò non toglie che le esigenze dellapesca sportiva e delle comunità iwi riducano ulteriormente il cosiddettoTACC, ovvero la RTA assegnata alla pesca commerciale.

Il ministero si è perciò trovato, implementando il nuovo sistema, insituazioni in cui sia l’incertezza biologica che proposte assai differenti sucome superarla hanno generato al suo interno una certa confusionecognitiva. La situazione è poi peggiorata quando ci si è resi conto che, se lamaggioranza delle ZdP mostravano una soddisfacente gestione delle RTA,su una buona parte di esse era difficile dare un giudizio e su una minoranzasi era agito in modo troppo ottimistico, consentendo RTA eccessive. È cosìche durante gli anni novanta, anche in concomitanza con una crescitanotevole della salute e dell’efficienza dell’industria ittica, si è sempre piùfatto spazio all’interno del ministero un quadro cognitivo parzialmentenuovo, meglio capace di garantire l’indipendenza e la coerenza intellettualee operativa del dicastero e maggiormente adatto a fronteggiare l’incertezzaintrinseca alla situazione. Se l’implementazione dell’innovazioneistituzionale del 1986 si è mostrata equilibrata, e perciò il MdP ha nei fattimostrato di non essere sotto capture pluralista, una decade più tardi unadeguamento dei principi cognitivi e valoriali a fondamento legale della suaazione era ormai auspicabile. Il nuovo Fisheries Act del 1996, tra le altrecose introduce infatti l’idea che la sostenibilità della pesca debba esserebasata su criteri di tipo precauzionale: ciò implica che la RTA deve esserestabilita tenendo in considerazione un margine di sicurezza che faccia datampone nel caso la stima della fertilità dell’area sia stata troppo ottimistica.Se ciò comportasse una certa probabilità che la RTA fosse giudicabile, expost, come troppo bassa, questo rischio dovrebbe essere accettato: la nuovalegge dice infatti che la determinazione delle RTA deve garantirepopolazioni ittiche a oppure sopra il livello di sostenibilità. Si spunta inquesto modo una delle armi argomentative tipiche dei pescatori, chespingevano per RTA più alte, onde evitare il rischio di lasciare in mare piùpesce di quanto sarebbe stato necessario per garantire la sostenibilità dellarisorsa. Altro criterio introdotto dal nuovo Act del 1996 è quello che, nellostabilire la RTA, vada tenuto conto dell’effetto che la pesca commerciale hasulla biodiversità e sull’habitat marini. Anche queste misure legalirafforzano la posizione del ministero di fronte alle residue pressioni deipescatori e permettono di fondare tutta una serie di provvedimentiulteriormente protettivi e precauzionali. In questo modo, si introduce ancheuna certa differenziazione tra la sostenibilità economica e biologica dellapesca; fino a prima dell’Act, la legge le considerava sostanzialmenteequivalenti, nel senso che un depauperamento della risorsa impoverivaanche i pescatori, se non nel breve ma almeno nel medio periodo; dopo il

64 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

1996, a dover essere protette non sono più solo la numerosità e la feconditàdei pesci raccolti, ma la biodiversità e l’habitat, che costituiscono unconcetto più vasto e la cui ombra si proietta ancor più nel futuro.Comprensibilmente, l’industria della pesca non gradì questo rafforzamentodei poteri regolativi del ministero (Bess 2000, 396).

In conclusione, il pescatore neozelandese degli anni novanta, anche sefortunatamante assai meno di quello sussidiato degli anni settanta, continuaa scontare il futuro in modo più forte rispetto al governo. A ciò però sioppone un MdP che è autorizzato dal nuovo Act a scontare il futuro in modoancora meno forte. Rispetto ai tempi dell’interventismo neomercantilistanella pesca, il ministero, pur avendo fatto un passo indietro nellaregolazione del settore, risulta ora più forte e indipendente, siacognitivamente che istituzionalmente. Deve operare meno, ma può farlomeglio. Il coordinamento dell’azione dei pescatori neozelandesi, ondeevitare il depauperamento della risorsa, non avviene più attraverso profondi,dettagliati, vasti e discrezionali provvedimenti statali come nell’eradell’interventismo; il coordinamento si ottiene, per giunta in modo assai piùefficace ed efficiente, attraverso la semplice determinazione da partegovernativa della RTA, peraltro sottoposta a regole precise, e attraverso ilfunzionamento del mercato spontaneo delle QIT tra pescatori.

La riforma del MdP e la questione delle spese di gestione del sistemadelle RTA/QIT

Un terzo ordine di problemi ha toccato il funzionamento del nuovosistema istituzionale; i costi amministrativi della sua sofisticata e complessagestione sono infatti superiori a quelli del precedente sistema interventista;quest’ultimo sperperava sì in sussidi ingenti risorse prelevate daicontribuenti, ma era amministrativamente più rozzo. In ossequio ai principiistituzionali neoliberisti introdotti dal Labour nel 1984, e tenuti fermi dalNational dopo il 1990, si puntava non solo a cessare ogni sussidio esplicito,ma persino ogni attività di sostegno implicito al settore, come l’accollareallo stato le spese di gestione del nuovo sistema. Raccogliere informazionisulle condizioni biologiche delle risorse ittiche e sulla pesca nelle circa 200ZdP attivate, elaborarle, decidere ogni anno le nuove RTA e le connesseQIT; vigilare sul rispetto delle QIT, attraverso complessi controlli incrociatisui documenti di pescatori, trasportatori, trasformatori, grossisti, autoritàportuali, ecc.; fare lo stesso per le QIT delle comunità iwi dei maori e perquelle della pesca ricreativa; tenersi aggiornati sullo stato della biologiamarina e dell’economia delle risorse ittiche; raccogliere, elaborareinformazioni e decidere politiche di tutela della biodiversità e dell’habitatmarini; disporre di un quadro aggiornato del capitale fisico e umano

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 65

dell’industria ittica, nonché delle sue prestazioni economiche nazionali eall’esportazione; tutte queste complesse attività cognitive risultanoindispensabili per gestire adeguatamente il nuovo sistema e, come si puòimmaginare, comportano costi non indifferenti93.

Per comprendere appieno come la questione dei costi della RTA/QIT sisia evoluta è necessario un breve excursus sulla radicale innovazioneistituzionale nella pubblica amministrazione che ha preso il via in NuovaZelanda a partire dalla data spartiacque del 1984 (Wistrich 1992; Easton1994, 83-87; Evans et al. 1996, 1872-7; Brash 1998, 32-38)94. L’idea difondo della riforma era quella di limitare l’azione della burocrazia ai solicompiti che non potevano essere svolti altrettanto bene o ancor meglio daiprivati. Ciò giustificò il processo di autonomizzazione (trasformazione daTrading Departments ministeriali in SOE, State Owned Enterprises) -seguitain molti casi dalla privatizzazione, di molte attività pubbliche primaintegrate nei ministeri. Le attività così rimaste al public service, quelleessenziali per il funzionamento dello stato, andavano però svolte in mododiverso rispetto alla classica catena burocratica weberiana; questa era fonte,secondo i riformisti, di opacità, sprechi, deviazioni dagli obbiettivi, captureda parte di interessi privati costituiti. Per superare questo stallo si decise didividere in due la catena burocratica. Da una parte il ministro, coadiuvatoda un nucleo ristretto di collaboratori stabili, ben retribuiti e di elevatolivello professionale: costoro sarebbero stati responsabili di stabilire gliobbiettivi delle politiche e di valutare gli esiti della loro implementazione.Nel caso fosse stato necessario, per questioni specifiche si sarebberodemandati a organismi esterni specializzati (centri di ricerca, aziendeprivate, università, ecc.) particolari compiti di analisi o monitoraggio.Dall’altra parte, l’apparato esecutivo, incaricato di implementare gli 93 In Islanda, a fine anni novanta, i costi di gestione del sistema delle RTA/QIT, ricerca

biomarina e vigilanza delle acque territoriali comprese, corrispondono a circa il 3,8%(30 milioni US$) del fatturato dell’industria ittica nazionale (800 milioni US$). Leimposte sul pescato (9) e le entrate delle licenze (2) coprono però solo 11 dei 30milioni di US$ di spesa, il resto dei quali grava sul bilancio dello stato (Gissurarson2000, 38).

94 Le riforme della burocrazia furono stimolate da due importanti documentiprogrammatici stilati del ministero del tesoro sùbito dopo le vittorie elettorali delLabour, sotto la direzione del leader istituzionale Douglas: il rapporto EconomicManagement del 1984 e il rapporto Government Management Brief To the IncomingGovernment del 1987. Entrambi i rapporti furono orientati, per la parte che riguarda lapubblica amministrazione, da visioni radicali ispirate alla public choice, alla teoriadell’agenzia e al neoistituzionalismo economico americano. Dopodiciò, i laburistiintrodussero le innovazioni istituzionali nella burocrazia attraverso lo State Sector Actdel 1988 e il Public Finance Act del 1989.

66 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

obbiettivi stabiliti dal ministro; a capo di questo apparato un CEO, chiefexecutive officer nominato dal ministro e da questi in qualsiasi momentolicenziabile. Il CEO è spesso reclutato nei vertici del settore privato ed èresponsabile dell’assunzione e delle prestazioni del proprio personaleesecutivo, che peraltro non gode dello status salariale e normativoprivilegiato del personale vicino al ministro. Tra ministro e CEO si stabilisceun contratto operativo per l’implementazione degli obbiettivi di policy;questo contratto assegna determinate risorse finanziarie al CEO e cerca distabilire obbiettivi che siano il più misurabili possibile nella susseguentefase di valutazione della politica. Questa fase, come anticipato, sarà portataavanti dal vertice ministeriale e dai suoi collaboratori, che a loro voltadovranno rendere conto a specifiche commissioni parlamentari. In questomodo, il CEO e il suo staff esecutivo si trovano a essere abbastanzarigidamente vincolati nei confronti del vertice ministeriale, fatto chediminuisce sia la possibilità di deviazioni dagli obbiettivi che quella di unacapture a livello di implementazione da parte degli interessi privati toccati.Mentre il ministro è il il principale, il CEO è l’agente: contratto, vincoli dibilancio e obbiettivi il più definiti possibile sono gli strumenti istituzionaliper creare trasparenza e allineare gli interessi del secondo con quelli delprimo. L’agente-CEO deve essere in grado di implementare gli obbiettivi delprincipale-ministro nel modo più efficiente ed efficace possibile.Ovviamente, un simile assetto garantisce al CEO una certa libertà d’azione:egli è infatti libero di scegliere i modi migliori per raggiungere gli strettiobbiettivi indicatigli, senza essere vincolato dalle pesanti e pervasivenormative che solitamente vincolano l’operare esecutivo della pubblicaamministrazione. Nel caso, poi, il ministro stabilisca o verifichi che esistonoorganismi privati o associativi in grado di meglio svolgere i compitiesecutivi, nulla gli impedirà di demandar loro l’implementazione inquestione, che sarà ovviamente a sua volta monitorata. Queste radicaliinnovazioni istituzionali hanno portato a una netta diminuzione delle spesesia per il personale che per la gestione della pubblica amministrazioneneozelandese, senza toccarne il livello delle prestazioni, aumentandone anzila trasparenza e la speditezza in più di un caso95.

Il ministero dell’agricoltura, che come si sa sino al 1994 incorporavaanche il MdP, non è rimasto esente da queste radicali innovazioniistituzionali e l’interventismo neomercantilista agricolo è stato smantellato

95 Abbiamo qui ovviamente dato solo un quadro sommario delle riforme introdotte. Per

un’opinione su di esse meno positiva, rispetto agli autori sopra citati, si vedaGoldfinch (1998).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 67

radicalmente (Evans et al. 1996, 1890-3; Johnson 2000): nel 199896 laNuova Zelanda aveva un NTE (Nominal Tariff Equivalent, Howarth 2000,64-67) pari all’1%, mentre l’UE era all’82%, gli Stati Uniti al 28% e ilGiappone ben al 170%! La trasformazione del ministero da grande apparatrointerventista a piccola unità di qualità che vigila sul settore è andata di paripasso con una rinascita dell’agricoltura neozelandese, i cui indicatoriqualitativi e quantitativi non hanno fatto che migliorare per tutti gli anninovanta97.

L’innovazione istituzionale nella pubblica amministrazione tocca ancheil dicastero dell’agricoltura e pesca. Nel 1987, a seguito di unaristrutturazione, viene creato un business group separato all’interno delministero, gruppo guidato da un suo CEO e che stabilisce un contratto con ilministro in merito alla gestione del sistema delle RTA/ITQ (raccolta diinformazioni, monitoraggio, implementazione e perseguimento delleviolazioni). In un primo tempo questo gruppo svolge anche attività diconsulenza di policy e accertamento biomarino della consistenza dellepopolazioni ittiche nelle varie ZdP. Queste due ultime attivitàcognitivamente strategiche, da quando nel 1994/5 viene creato un MdPindipendente, vengono però in parte riassorbite all’interno del verticeministeriale (Batstone, Sharp 1999, 181-2). Quest’ultimo diventa così unnucleo di élite fortemente indipendente e qualificato, che si occupa delladecisione e della valutazione delle politiche della pesca; esso non disdegnaperò, quando necessario, di appaltare per concorso all’esterno attività diricerca che abbisognino di competenze specifiche. Nello spirito della piùvasta riforma della pubblica amministrazione sopra delineata, questeinnovazioni interne al dicastero della pesca cercano di tenere sotto controlloi costi, garantire l’indipendenza dei decisori, rendere trasparente l’attività delgoverno.

96 Significativo è il fatto che mentre la Nuova Zelanda nel 1979/81 aveva un NTE del

22%, l’UE lo aveva del 56%: il paese agli antipodi ha cioè diminuito il protezionismo,mentre l’UE lo ha aumentato!

97 Restano ancora presenti alcuni marketing board semipubblici che organizzano inmaniera consortile obbligatoria le esportazioni (promozione, gestione dei limiti esteriall’importazione di merci neozelandesi, standard di qualità, ecc.) in diversi compartidella frutta, dei latticini e della carne. Essi però non godono più degli ampi sussidi delpassato e non svolgono più la funzione di assicurazione, tramite scorte finanziarie, neiconfronti delle fluttuazioni dei prezzi sui mercati mondiali. Sono stati resimarktkonform e si pensa a una loro definitiva eliminazione (Evans et al. 1996, 1892;Johnson 2000, 20, 26, 33). L’industria ittica, l’esplosione del cui export data direcente, non ha mai conosciuto marketing board e provvede in modo autonomo eprivato alla presenza sui mercati mondiali.

68 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

L’industria ittica giudica però non ancora soddisfacente la situazionecreatasi. Si è visto che le spese di gestione delle RTA/QIT furonoinizialmente garantite dai contestati canoni d’affitto (resource rental)proporzionali alle QIT possedute. Nel 1990 si era però deciso che con il1994 questi canoni sarebbero stati aboliti. Nel frattempo, nel 1991 era ormaistilato un rapporto specialistico, appaltato dal ministero al professor PeterPearse dell’Università della Columbia britannica98, il quale si eraconcentrato sulla questione del recupero dei costi, che fu giudicatolargamente insufficiente. Ciò fece da premessa a un’ulteriore dimostrazionedi forza e indipendenza del dicastero nei confronti dell’industria ittica. IlFisheries Amendment Act del 1994 decise infatti l’introduzione di unprelievo (levy) che avrebbe coperto completamente i costi che la pescacommerciale faceva gravare sul MdP, inteso sia nella sua struttura di vertice(ministro, personale di policy-making e valutazione), che in quella operativa(CEO e il suo staff, incaricati dell’implementazione) (Arnason 1996, 132;Major 1999, 95; Batstone, Sharp 1999, 188; Bess 2000, 395-6). Ci sisarebbe basati sul principio dei costi evitabili: sarebbero stati addossatiall’industria tutti i costi amministrativi e di ricerca, anche appaltatiesternamente, che non ci sarebbero stati se il sistema delle RTA/QIT nonfosse esistito! Ogni sussidio nascosto sarebbe così stato evitato (Scott 1996,80-1). Una mossa radicale verso la responsabilizzazione e lamercantilizzazione dell’industria ittica99, alla quale i diritti di proprietàprivati quasi completi delle QIT avrebbero lasciato completamente i profitti,ma solo al netto dei costi che essa generava per il contribuente100. Questicosti erano tutt’altro che bassi: per il 1997/8 sono stati di 35 milioni di NZ$(Major 1999, 95), per il 1998/9 di 37 milioni di NZ$101, mentre ai tempi deicanoni di affitto si aggiravano sui 20 milioni di NZ$ (Bess 2000, 396; Craig2000, 2). Il prelievo fiscale per il recupero costi fu stabilito non più in basealle tonnellate di QIT possedute, come si faceva per i vecchi canoni d’affitto 98 Si tratta di uno dei più importanti centri di sapere di economia e istituzioni della pesca,

una scuola iniziatavi da A. Scott, uno dei padri intellettuali della disciplina (Scott1955, 1996, 1999). La Columbia Britannica, con capitale Vancouver, è anche unadelle regioni canadesi dove la pesca è una tradizione.

99 Nulla di più lontano dalla PCPE, che invece considera la pesca un’attività incapace digenerare profitti, bisognosa perciò di protezione, anche a causa degli squilibrigeografici e sociali che un eventuale spopolamento dei villaggi costiericomporterebbe: come per l’agricoltura europea, questa protezione è garantita a caroprezzo pesando sempre di più sui contribuenti e sui consumatori.

100 Abbiamo visto che nemmeno in Islanda, il primo paese a seguire la Nuova Zelandasulla strada delle QIT, vi è un recupero completo dei costi di gestione del sistema.

101 Ciò corrisponde a una percentuale che varia di anno in anno tra il 2,5% e il 3% delvalore della produzione totale, acquacultura compresa.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 69

(rental), ma in testa al singolo titolare di quota; questo prelievo varia in baseal tipo di ZdP in cui si hanno i diritti e in base al tipo di servizi ministerialiutilizzati. Nel caso l’imposta raccolta sia superiore alle spese che poi il MdPeffettivamente sostiene, queste vengono accreditate su un conto individualee detratte dai carichi fiscali della stagione susseguente -e viceversa, sel’imposta è inferiore alle spese sostenute (Major 1999, 95).

Durante gli anni novanta, la complessità sia del sistema di gestionedelle RTA/QIT che del sistema di recupero dei costi si è rivelata superiorealle attese iniziali, generando insoddisfazione nell’industria ittica (Bess,Harte 2000, 333). Malgrado il MdP operi con il sistema dei contratti traministro e CEO e appalti per concorso più di un’attività, aumentando latrasparenza e diminuendo i costi rispetto a una burocrazia classica, resta ilfatto che gran parte delle attività di gestione delle RTA/QIT è offerta inregime di monopolio, non sottoposta quindi alle pressioni dellaconcorrenza. Si tratta certo di un’anomalia istituzionale per il settore ittico,che per il resto opera in modo esposto alle pressioni competitive nazionali eestere. Negli anni novanta, il pescatore si è così trovato di fronte a uncrescente consumo di tempo e risorse, umane e finanziarie, per cooperarealla gestione delle RTA/QIT e contribuire al recupero dei costiamministrativi ministeriali. Ciò ha generato nervosismo nell’industria ittica;essa sempre di più chiese soluzioni alternative e il ritorno al più semplicespirito iniziale del sistema, prima che fosse appesantito da una serie dinorme in parte comprensibili, ma in parte, a detta dei pescatori, vessatorie ovolte a tutelare interessi diversi dai loro (protezione dell’ambiente marino,pesca ricreativa, ecc.). Nell’agosto del 1999, una flottiglia di pescherecci haaddirittura sbarcato un folto gruppo di pescatori vicino al parlamento,davanti al quale essi hanno poi manifestato il proprio malcontento perl’operato del MdP (Bess 2000, 395). Come vedremo tra poco, la soluzione alproblema della riduzione del peso e dei costi di gestione passerà perl’assunzione di alcune di queste attività da parte dei pescatori stessi; soloquesta devolution, con la relativa creazione di governi privati controllati inultima istanza dallo stesso ministero, potrà liberare il sistema dallacontraddizione istituzionale tra stato e mercato che in parte lo affligge102. Laleadership istituzionale si trasferisce perciò dal ministero ai pescatori, chedovranno mostrarsi capaci di approfittare della devolution in corso creando 102 Nel sistema delle RTA/QIT questa contraddizione è solo parziale. Se può essere

dannoso svolgere in modo statale e monopolistico certe attività, altre non possono chericadere sotto l’egida statale; si pensi alla garanzia dei diritti di proprietà, al controlloe alla punizione degli abusi, alle decisioni sulle RTA, alla tutela dell’ambientemarino, ecc. Senza lo stato a svolgere questi compiti, il mercato spontaneo delle QITe le forze della concorrenza economica che esso genera non potrebbero essere attivi.

70 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

istituzioni private di autogoverno del sistema delle RTA/QIT all’altezzadelle pressioni dei mercati.

Una defezione debole: lo scarto del pescato collaterale di valoreinferiore

Un quarto ordine di problemi, enfatizzato peraltro già a livello teoricodai critici delle QIT (Copes 1986, 284-5), ma anche dai sostenitori(Hanneson 1991, 404; Scott 1996, 58-63; De Alessi 1998, 47, 62), è ilcosiddetto scarto del pescato collaterale di valore inferiore. Il pescatore puòcioè decidere di rigettare in mare, condannandoli a quasi sicura morte inquanto debilitati e/o impossibilitati al rientro nel branco, degli esemplari ospecie di pesce commercialmente meno profittevoli rispetto ad altri giàpescati o da pescare. Lo scarto si può manifestare con il comportamentodefinito di highgrading (classificazione o graduazione verso l’alto) ovvero ilrigettare in mare un pesce di una specie sottoposta a QIT in quanto didimensioni troppo piccole: invece di riempire la propria quota con tantipesci di piccolo calibro, commercialmente meno profittevoli, si preferiscerigettarli in mare e pescare o tenere pesci della stessa specie ma di calibro evalore maggiore. In questo modo, a lungo andare si eccede di fatto la quota:a riva si registra solo la quantità non rigettata in acqua, ragion per cui, allafine dell’anno il pescatore avrà sì rispettato la sua QIT, per quella specie eZdP, ma solo sulla carta, in quanto i pesci di piccolo calibro rigettati in marenon saranno stati conteggiati. Un simile comportamento a livello aggregatodepaupera la risorsa comune, in quanto le RTA sono eccedute. Una secondamodalità di violazione è il cosiddetto discarding (abbandono, scarto) obycatch (raccolta secondaria, collaterale, accidentale): accade cioè che ilpescatore raccolga in rete, assieme alla specie coperta dalla sua QIT, anchedelle specie non coperte da QIT o, se coperte da QIT, relative a quote giàcomplete. Anche qui vi è il rischio che la raccolta collaterale venga rigettatain mare e, non calcolata al momento dello sbarco, vada col tempo a eccedereQIT e RTA, portando a un depauperamento inatteso103.

103 Lo scarto di pescato collaterale avviene naturalmente anche col sistema della RTA in

regime istituzionale di regolazione statale centrale: anche in questi casi il pescatoreha un incentivo a non riempirsi la stiva di pesci di taglia o specie meno profittevoli.Questo scarto è ritenuto però inferiore a quello che avviene nel sistema delleRTA/QIT. Ciò per tre motivi: a) nel sistema del controllo centralizzato la RTA ècollettiva e di libero acceso; il limite individuale di raccolta è dato così solo dallavelocità della barca e dalla capacità delle sue stive durante la corsa per la pesca; se,perciò, si ha una certa quantità, non eccessiva, di pesce di minor valore questaquantità non diminuisce quella mantenibile di pesce di maggior valore; b) durante lacorsa per la pesca il tempo eventualmente portato via per selezionare lo scarto è più

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 71

Le stime quantitative dello scarto per highgrading o bycatch sonoovviamente molto incerte, data la natura occulta di questo comportamento.Arnason (1996, 119) e Gissurarson (2000, 56) affermano che nel sistemadelle RTA/QIT islandese lo scarto è stimato tra l’1% e il 6% a seconda deltipo di rete; in base a stime più pessimistiche, in Islanda esso raggiungerebbeinvece il 15% della raccolta (Canada 1998, 11, n. 37). Alcuni critici delleRTA/QIT introdotte in alcune zone di pesca del Canada affermano che loscarto è talmente massiccio da aver portato in pochi anni al depauperamentodelle risorse così gestite (Copes, cit. in Canada 1998, 11; Huskilson, cit. inCanada 1998, 9). Non abbiamo trovato stime attendibili per la NuovaZelanda, anche se aneddotticamente è noto che la pratica è presente ediffusa, certamente a livelli più simili a quelli islandesi che non a quellicanadesi. Il problema è che lo scarto è impossibile da verificare attraversocontrolli, per di più, in Nuova Zelanda la presenza saltuaria di ispettori abordo delle barche non è prevista104; a limitare lo scarto resta la vigilanzapiù o meno casuale di altre barche che operano nella zona (peer pressure) ela coscienziosità del singolo capitano.

Quali i rimedi a una simile pratica di defezione che definirei debole, inquanto limitata e non tale da compromettere l’efficacia del nuovo sistema?A prima vista, lo scarto non dovrebbe nemmeno essere praticato: gettarepesci fuori bordo porterebbe a una riduzione della RTA per la stagioneseguente e, dunque, delle singole QIT. Ciò diminusice però solo di pocol’incentivo alla defezione; va infatti sottolineato che ogni singolo free ridervedrebbe verosimilmente la propria quota diminuita di una percentualeinferiore al guadagno individuale che ha tratto dall’highgrading o dalbycatch (Scott 1996, 48, 80; Bess, Harte 2000, 332). Solo se tutti quanti ipescatori esercitassero nella stessa misura e con la stessa frequenza lo scarto,allora le loro QIT sarebbero ridotte di una quantità uguale al guadagnoottenuto. Anche se così fosse -cosa comunque improbabile- non cesserebbeperò l’incentivo allo scarto, anzi aumenterebbe, in quanto solo scartandoancor più si potrebbe di nuovo tornare individualmente in attivo. Questocircolo vizioso non viene peraltro a crearsi per una serie di fattoricontrobilancianti: scartare porta via tempo e energie; il tentativo fatto dalcapitano è sempre quello di cercare branchi di esemplari il più di valorepossibile e non branchi eterogenei in calibro e/o specie; la diminuzioneattesa e crescente delle RTA dovute agli scarti avrebbe anche la

prezioso che nel sistema delle QIT, in base al quale si può pescare quando e quanto alungo si vuole; c) terminata la corsa per la pesca le barche sono bloccate in porto edunque impossibilitate ad ogni violazione.

104 In Islanda è prevista, ma comunque cogliere sul fatto un equipaggio mentre stascartando rimane anche così assai difficile.

72 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

conseguenza di diminuire il valore di mercato delle QIT possedute (Arnason1999, 38), diminuzione che è meno facilmente anticipabile di quella deltonnellaggio delle QIT stesse cui si è prima accennato.

Le risposte possibili sono più di una. Si potrebbe creare un mercatoistantaneo via radio sul quale si vendono le quantità di specie cheandrebbero scartate ad altri pescatori che vi potrebbero essere interessati inquanto in difficoltà nel riempire la propria quota relativa a quella specie (DeAlessi 1998, 62). La via praticata in Nuova Zelanda è però stata un’altra,ovvero l’inasprimento della prudenza del MdP al momento di stabilire lenuove RTA, dando per scontata in anticipo una certa percentuale«fisiologica» di scarto; cosa che il ministro, sulla base del Fisheries Act del1996, è come visto autorizzato a fare. Certo, anche questa aspettativa diseverità e prudenzialità da parte del governo nel gestire le RTA non eliminadel tutto l’incentivo a defezionare debolmente, ma certamente lo attenuarispetto a una situazione in cui il pescatore è cosciente che la fissazione dellaRTA sarà, come prima del 1996, di tipo non prudenziale e attenta per leggea non lasciare la risorsa al di sopra della sostenibilità.

12. Il completamento istituzionale dell’innovazione delle RTA/QIT: igoverni privati di gestione del sistema, a cavallo tra impresa,associazione e contratto associativo

Abbiamo sinora considerato quattro problemi di gestione o azionecollettiva legati al nuovo sistema istituzionale delle RTA/QIT neozelandesi:l’azzardo morale legato al riacquisto delle eccedenze di quote da parte delgoverno; i conflitti cognitivi tra pescatori e MdP riguardo alla fissazionedella RTA; il problema degli eccessivi costi delle attività di gestione delsistema svolte in modo monopolistico dallo stato; l’endemica tendenza allanon segnalazione dello scarto di pescato collaterale. Ad essi si puòaggiungere un quinto problema, che tratteremo in questo paragrafo, quellodel rispetto da parte dei pescatori dei limiti posti dalle quote in quanto tali.Bisogna cioè domandarsi perché in genere i pescatori neozelandesirispettano le quote individuali ed evitino comportamenti pesantementedefezionistici come potrebbero essere quelli messi in opera nei sistemi digestione centrale statale come la PCPE. I più tipici tra questi sono: lo sbarcodi pescato in approdi nascosti e non registrati per rifornire acquirenti in nero;la vendita occulta in mare del pescato a barche straniere; lo sbarco coperto dipescato nei porti registrati, grazie a comportamenti poco rigorosi da partedelle autorità ministeriali di controllo; la presenza di mercati parallelisommersi della vendita e della trasformazione del pescato, ecc. Se, come

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 73

vedremo nelle conclusioni, è infatti plausibile pensare l’interazionestrategica tra pescatori nel sistema delle RTA/QIT non più come un dilemmadel prigioniero ma come un gioco dell’assicurazione, nondimeno vaspiegato perché i pescatori non scelgano in quest’ultimo gioco la via delladefezione -maximin e diffidenza razionale (Parri 1997)- ma quellacooperativa.

Riassumendo, l’esperienza ci ha sinora dimostrato che il nuovo assettoistituzionale della pesca neozelandese risulta virtuoso. Ciò si spiega con lasoluzione, che si è vista, del primo dei quattro problemi sopra elencati,quello dell’azzardo morale nel riacquisto statale. Va però spiegato come ilsecondo, terzo e quarto problema –conflitti cognitivi, costi eccessivi escarto- risolti sino a fine anni novanta solo parzialmente, lo siano oggi assaimeglio e come il quinto –il rispetto delle quote- venga pure risoltoadeguatamente.

Controllo e rispetto dei limiti quantitativi di pesca imposti dalle QITIl sistema neozelandese di monitoraggio e controllo prevede che i

pescatori sottopongano alle autorità del MdP dei rapporti concernenti laquantità di pesce pescato e sbarcato a terra105. Gli acquirenti e icommercianti del pesce devono pure registrare le quantità e i valori trattati,cosa che è richiesta pure ai trasformatori e agli esportatori. Tutti costoro, pertrattare a vario titolo il pesce devono avere una licenza e sono obbligati atenere una documentazione computerizzata standardizzata sulle quantità e lespecie trattate106. I relativi dati vengono poi incrociati tra di loro daicontrollori e, nel caso in cui risultassero delle discrepanze, questi indaganopiù a fondo. In altre parole, non si procede a ispezioni in mare o a controlliallo sbarco ma si segue piuttosto il cammino immateriale dei documenti,attestati e certificati commerciali, fiscali, di esportazione, ecc. Se ci sonoquantità di pescato in nero è difficile che prima o poi non emergano: lacatena di falsificazioni potrebbe infatti interrompersi una volta che uno deisoggetti della catena commerciale, di trasformazione o di esportazione sitrovasse di fronte a rischi troppo alti di essere scoperto, magari da autorità dicontrollo non aventi direttamente a che fare con la pesca. Gli esperti in frodie in attività investigativa immateriale sono perciò la figura maggiormente 105 Alla fine di ogni uscita in mare ogni pescatore deve riempire un CELR-Catch and

Effort Landing Return, che contiene informazioni sulla barca, sul pescato, sullalocazione della pesca, sulle QIT cui la raccolta va imputata e sugli acquirenti dellamerce. Ogni detentore di quote deve poi tenere aggiornati i propri QMRs-QuotaManagement Reports.

106 I LFRs-Licensed Fish Receivers devono approntare rapporti mensili sul pesceacquistato e/o venduto. Ogni transazione va accompagnata da fattura.

74 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

impegnata nella gestione dei controlli. Se, all’inizio dell’attività di controlloa metà anni ottanta, gli ispettori svolgevano compiti di sorveglianzapoliziesca sui luoghi di sbarco e trasformazione, oggi gli esperti di bilancioe i legali sono diventati la gran maggioranza dello staff di vigilanza. Le peneper i contravventori sono molto severe e le trasgressioni sono trattate comereati penali da dei giudici statali107 (Arnason 1996, 133-4; Canada 1998, 12,n. 42). Il sistema di controllo sembra in generale ben funzionante e si puòdire che è soltanto lo scarto delle raccolte collaterali in mare che poneproblemi, malgrado anche in questo caso le pene siano molto severe. Larelativa esiguità dell’estensione costiera e, soprattutto, la scarsità di approdisegreti praticabili in Nuova Zelanda, come pure in Islanda, rende lo sbarcoclandestino di pescato assai difficile. La stessa esiguità della flottaneozelandese, incomparabile alle molte migliaia di pescherecci delle nazionieuropee, rende più facili i controlli. Lo stesso dicasi con i contatti possibilicon barche straniere cui passare carichi in nero: il relativo isolamentogeografico della Nuova Zelanda rende poco conveniente il lungo viaggiosino alle isole per portare a bordo il pescato clandestino (Canada 1998, 12,n. 42). Si può dunque dire che la struttura degli incentivi e dei disincentivirende assai poco conveniente la defezione pesante, quella del pescato innero. Se a ciò aggiungiamo il fatto che la frode consuma tempo e energie eche la salute della pesca neozelandese è relativamente buona, grazie allariduzione della concorrenza selvaggia dovuta alla sovracapitalizzazione, sicomprende come il rispetto delle regole sia quasi sempre la strategiamaggiormente pagante. Gli indebitati pescatori europei, confrontati peraltroa controlli assai meno rigorosi da parte di autorità ministeriali spessocompiacenti, si trovano di fronte a una struttura dei bisogni e degli incentiviche li porta invece a frodare sistematicamente le disposizioni legali eamministrative. Se a ciò aggiungiamo che, come detto, il quadro cognitivodel pescatore all’interno delle istituzioni delle RTA/QIT è più incline allacura della risorsa che non a una pesca predatoria, lo scenario si completa. Aciò andrà comunque aggiunto, come vedremo, l’effetto positivo in termini diatteggiamento cooperativo che la presenza in Nuova Zelanda di ampieistituzioni di governo privato ha sulla situazione normativa e cognitiva delsingolo pescatore.

107 Le pene previste aumentano con la gravità del reato e la sua ripetizione. Vanno da

multe a perdite di diritti su parte delle QIT, sino al bando completo. Per reatiparticolarmente gravi è prevista pure l’incarcerazione (Major 1999, 101). Il FisheriesAct del 1996, contestualmente a un aumento dei poteri regolativi prudenziali eambientali del MdP, ha inasprito le pene previste (Yandle, Dewees 2000, 13).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 75

Devolution e governi privati108 nella gestione delle QIT: le quotaowning company (QOC)

La sezione 296B del Fisheries Act del 1996 è titolata Transfer ofSpecified Function Duties and Powers To Approved Service DeliveryOrganization e afferma che è possibile per il ministro della pesca, dopoconsultazione con il responsabile governativo per l’ambiente, «transfer anyspecified function, duty, or power of to an approved delivery organization»(cit. in Craig 2000, 2). Congiuntamente, l’Act stabilisce pure che l’industriaittica possa istituire una imposta (levy) obbligatoria in modo daautofinanziare le attività oggetto di devolution da parte ministeriale (Major1999, 100). Questa disposizione, che fonda istituzionalmente la possibilità di«devolution» di alcuni compiti di gestione del sistema delle RTA/QIT,arriva in conseguenza di due tendenze verificatesi negli anni novanta: unaspinta da parte governativa a favorire la formazione di associazioni dipossessori di quota in alcune ZdP, con il fine di facilitare la gestioneministeriale degli aspetti tecnicamente più complessi o onerosi del nuovosistema109; una tendenza spontanea da parte dei possessori di quote in unaZdP ad associarsi tra di loro in varie forme, in modo da generare beni diclub in grado di garantire risparmi nei costi individuali di gestione del nuovosistema, nonché in modo da ricercare collettivamente le soluzioni ai nonpochi problemi posti dalla complessità del sistema delle quote e delle RTA(Hughey et al. 2000, 121-3; Bess 2000, 395-6). La possibilità di operazionidi governo privato compare quindi all’interno di un quadro istituzionale,come quello delle RTA/QIT, sino a quel momento basato su ben altri assetti:un ruolo statale limitato ma forte e autonomo; un mercato largamenteautoregolato. Ciò non deve stupire: il governo privato non è una modalitàche tocca solo i sistemi neocorporativi del capitalismo coordinato renano,alpino o giapponese, ma anche altre attività altamente mercantili, come ades. parte della regolazione dei mercati finanziari anglosassoni. Quello checasomai stupisce è il fatto che, sia nel capitalismo coordinato che nei mercatifinanziari anglosassoni, la tendenza recente è stata alla diminuzione delruolo dei governi privati e a un aumento del ruolo normativo e di vigilanza

108 Sui private interest government, si vedano: Streeck, Schmitter (1984, a cura di), Grant

(1987, a cura di), Schmitter (1989).109 Il ministro della pesca del National, J. Luxton, all’assemblea dell’associazione

dell’industria della pesca nel maggio del 1997 a Wellington, affermava a propositodel Fisheries Act del 1996: «It provides for more explicit environmental standardsand gives further opportunities for the users of the fisheries to accept increasingresponsability for managing the resource […]. The new Fisheries Act makeconsiderable advances in issues relating to sustainability, expanding the opportunitiesfor stakeholder participation in fisheries management […]» (cit. in Bess 2000, 396).

76 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

di agenzie indipendenti, legate più o meno lascamente con il governo.Abbiamo già visto, accennando al problema dei costi di gestione, qualipossano essere le motivazioni per l’emergere di governi privati a cavallo tralo stato e il mercato nella pesca neozelandese. L’idea che prende forma inNuova Zelanda negli anni novanta è quella di governi privati definiti come«co-management» tra stato e industria della pesca: la devolution di alcuneattività complesse o strategicamente delicate di gestione del sistema delleRTA/QIT aprirebbe la strada a: i) una collaborazione tra organi ministeriali(CEO e il suo staff esecutivo) e pescatori variamente organizzati; ii)l’esercizio autonomo di alcune attività da parte dei pescatori organizzati, masotto la vigilanza in ultima istanza del MdP. Ciò dovrebbe diminuire i costi,aumentare l’efficacia del sistema, garantirne una maggiore legittimità. IlMdP non dovrebbe però abdicare alla propria indipendenza, che peraltro lostesso Act del 1996 rafforza110. L’Act del 1996, e il suo susseguenteAmendment nel 1999, sono però in realtà assai prudenti nello spostarsi inquesta direzione: vi fu infatti una certa opposizione da parte di interessiconservazionisti ed ecologisti che temevano che una devolution completa dicerte attività ministeriali all’industria portasse a una situazione del tipo«volpe nel pollaio» (Craig 2000, 2). In ragione di questa opposizione diparte del parlamento e della pubblica opinione, l’Act escluse, malgrado ilgoverno e il MdP fossero favorevoli, la possibilità di devolution di tutte equante le attività statali non strettamente cruciali («non core») nellagestione della pesca111 e, inoltre, non dette la possibilità di incentivareadeguatamente la formazione di associazioni di pescatori atte allo scopo(Bess 2000, 396).

Nel 1997 erano presenti nel settore ittico ben 21 istituzioni di vario tipoche raggruppavano portatori di interesse (stakeholder) (Batstone et al. 1997,187); nel 2000 esse superavano già la trentina (www.seafood.co.nz). Mentrein Europa ci si attenderebbe, secondo la prassi neocorporativa, che questeorganizzazioni di governo privato fossero istituzioni economicamente 110 Sempre nella stessa occasione (v. n. precedente), il ministro della pesca J. Luxton

affermava: «It is my clear view that we have reached a point in the development offisheries management in new Zealand when it is vital that the fishing industry beginto assume a far greater level of responsibility to collectively manage fisheries withinappropriate sustainability parameters. To progress co-management strategies it isnecessary for you as an industry to begin to develop effective associations of users toassume the duties and responsabilities associated with property rights» (cit in Bess2000, 396).

111 Tra le attività imprescindibilmente statali (core services) e perciò non demandabili aiprivati organizzati, pur se monitorati, vi sono ovviamente l’allocazione iniziale delleQIT, la fissazione delle RTA, la soluzione dei conflitti, la vigilanza sul rispetto dellenorme, il perseguimento legale delle violazioni (Bess 2000, 395, 398).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 77

rilevanti della specie delle associazioni economiche (organizzazioni degliinteressi imprenditoriali) o dei contratti associativi (consorzi, cooperative,ecc.), a sorpresa in Nuova Zelanda ci si trova di fronte, nella granmaggioranza dei casi -una ventina su poco più di trenta- alla formadell’istituzione economica dell’impresa. Questo fatto è certamente in lineacon il quadro istituzionale prevalentemente neoliberista del settore, basato,come detto, su un ruolo statale limitato ma forte e autonomo e su mercatolargamente autoregolato. Ma come è possibile, si chiederà il lettore,organizzare attività di governo privato attraverso l’istituzione economicadell’impresa, denominata in questo caso quota owning company (QOC)?Non sono forse maggiormente adatte istituzioni economicamente rilevanticome le associazioni o, ancor meglio, i consorzi o le cooperative?

Per rispondere alla domanda appena posta cominciamo a individuarequali sono le attività svolte dalle QOC. Normalmente ogni impresa sioccupa di una particolare specie di pesce, crostaceo o mollusco, ma sonopresenti pure casi in cui ci si occupa di più specie. Coinvolto non è solo chipesca in mare, ma anche chi svolge acquacultura. Quanto all’estensioneterritoriale dell’attività, essa può andare da una o più ZdP contigue a unnumero maggiore di ZdP112. Le percentuali di adesione alle QOC –quandoorganizzate- è solitamente molto alta, mentre il numero dei loro membri, chedevono possedere o avere in affitto delle QIT, è in assoluto abbastanzalimitato, da qualche decina a attorno al centinaio; ciò è dovuto al fatto che laNuova Zelanda è un paese di soli 3,5 milioni di abitanti113. I campi nei qualile QOC operano sono: le incombenze amministrative legate alfunzionamento del sistema delle quote individuali; il monitoraggio dellaquantità e qualità delle risorse ittiche delle ZdP in questione; la ricercabiomarina (spesso subappaltata a organismi specializzati); l’approntamentodi programmi pluriannuali di sfruttamento sostenibile della risorsa, perovviare ad es. a cali della pescosità o altri problemi; la R&S su nuovi metodidi pesca, conservazione, trasporto; la ricerca di mercato; la vigilanza sulrispetto da parte dei soci delle QIT e di altri vincoli normativi statali(ecologici, sulle attrezzature, fiscali, ecc.); la raccolta di fondi per finanziarele proprie attività (Craig 2000, 2-3; Bess, Harte 2000, 337; Hughey et al.2000, 120). Ovviamente non tutte le QOC presenti hanno lo stesso grado disviluppo istituzionale e organizzativo: trattandosi di un fenomenorelativamente nuovo, solo una manciata di esse sono strutturate su una vasta

112 Per una lista delle QOC si veda www.seafood.co.nz, alla voce industry organisations.113 Per i dati quantitativi sul numero di vascelli e di occupati nel settore rimandiamo a più

avanti.

78 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

gamma di attività114; quelle che sono invece all’inizio della loro storia siconcentrano sulla gestione collettiva dei carichi amministrativi legati alfunzionamento del sistema delle QIT e al monitoraggio degli stock pergarantire la sostenibilità economica e biologica. Dalla lista delle attivitàsvolte, appare chiaro che si tratta di funzioni che la singola piccola azienda oil singolo padroncino non potrebbero svolgere economicamente edefficacemente in modo individuale: in questa guisa, al pari dei nostriconsorzi di piccole imprese, le QOC approntano cooperativamente dei benidi club (Parri 1997). Da parte ministeriale, le funzioni svolte dalle QOC nelcampo dell’amministrazione delle RTA/QIT, del monitoraggio della risorsa,del favorimento del rispetto dei vincoli statali sulla raccolta e l’ambiente,della pianificazione pluriennale, ecc. sono tutte viste in linea di principiofavorevolmente. Il poter disporre sul campo di un interlocutore di questotipo favorisce potenzialmente una buona gestione del sistema delleRTA/QIT e, perciò, la sostenibilità economica e biologica della pesca. Ciònon significa che il MdP abbia dato carta bianca ai governi privati, anzi,come si è visto la devolution possibile con l’Act del 1996 è prudente e lavigilanza sulle materie permesse non è meramente formale. Ogni QOC deve

114 Tra le prime a formasi vi è stata la CSEC, Challenger Scallop Enhancement Company

(scallop sono i pettini o cappe sante), operante nella ZdP dei molluschi di Nelson,sulla punta nord dell’Isola del Sud (Hughey et al. 2000). La Nelson scallop fisherygiunse negli anni sessanta ad alti livelli di raccolta, tanto che negli anni settanta eottanta il suo depauperamento risultò sempre più evidente. Il governo intervenne apartire dalla seconda metà degli anni settanta introducendo prima licenze e poidrastiche chiusure della stagione; dopo il 1986 si passò al sistema della RTA/QIT e lasituazione migliorò. La CSCE fu fondata nel 1994 e riunisce sia possessori di QITche alcuni trasformatori del mollusco. Tra le sue attività vi è il favorimento dellaraccolta a rotazione, il miglioramento della vitalità e il monitoraggio della risorsa, laricerca di nuove modalità di raccolta e trasformazione, l’amministrazione del sistemadelle quote, la vigilanza sulle loro aggregazioni, l’incentivazione al loro rispetto. LaCSCE è formata da 45 pescatori azionisti –la totalità degli aventi quote nella ZdP- piùalcuni trasformatori, ha un suo consiglio di amministrazione e raccoglieobbligatoriamente fondi per finanziare le sua attività. Le partecipazioni azionarierispecchiano percentualmente le QIT possedute e le votazioni si svolgono secondo ilprincipio non capitario di «un’azione un voto». Il MdP riconosce la CSEC comerappresentante degli interessi della ZdP, coopera con essa nella gestione del sistemadelle RTA/QIT e licenzia i suoi piani pluriennali di sfruttamento. La CSCE negoziapure con gli altri possessori di diritti di pesca nella zona, quelli operanti nella pescasportiva e turismo. Una polemica è aperta con gli ecologisti, che giudicano le attivitàdi dragaggio connesse con la raccolta del mollusco distruttive per la salute biologicadel fondo marino; la CSEC respinge le accuse e afferma che le sue attività sonoambientalmente compatibili e rispettose delle regole ministeriali; gli ecologistirispondono che sono proprio queste regole statali a essere insufficienti.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 79

approntare un piano pluriennale di attività che è vagliato dal MdP e devegarantire che anche gli azionisti più piccoli siano ascoltati e non emarginati.Solo in questo caso il ministero riconosce la QOC e attiva la devolution neicampi dell’amministrazione del sistema delle quote, del monitoraggio dellarisorsa e della raccolta di informazioni sullo stato della risorsa. Stando cosìle cose, la QOC diventa di fatto anche rappresentante degli interessispecifici della ZdP in questione nei confronti non solo del governo, maanche delle autorità locali, della comunità scientifica, degli ecologisti.D’altra parte, tutte questi governi privati dichiarano tra i propri obbiettivianche la tutela e la valorizzazione dei diritti di proprietà legati alle QIT: difronte ad eventuali interventi statali giudicati lesivi di questi diritti, le QOCnon hanno esitato a protestare. Dal canto suo, come si è già detto, il MdP,nelle sue due articolazioni –ministro e CEO/staff- non ha certo abdicato allesue prerogative cruciali nel campo del policy making, della fissazione delleRTA, della tutela biomarina, della vigilanza e del perseguimento legale delleviolazioni (Craig 2000, 3). A fronte di governi privati rimane un ministeroancora forte e autonomo, anche se la presenza delle QOC sembra favorire unfunzionamento più efficace ed efficiente del sistema delle RTA/QIT nel suocomplesso.

Come abbiamo accennato nella nota sulla QOC che gestisce la Nelsonscallop fishery, ogni azienda di governo privato ha un suo consiglio diamministrazione, eletto da una sua assemblea generale, dove i diritti di votonon sono capitari come nei consorzi o nelle cooperative, ma sonoproporzionali alla percentuale di QIT posseduta da ogni pescatore socio. Inquesto senso, il valore delle QIT costituisce il capitale della azienda-QOC,anche se il finanziamento delle sue attività avviene attraverso l’esazione diun contributo privato, anch’esso proporzionale alla quota di QIT possedute.Come si pone la QOC, in quanto impresa, nei confronti del profitto? Èpresto detto: ogni QOC non ha l’obbiettivo diretto di realizzare un profittoaziendale, ma l’obbiettivo indiretto di, attraverso le proprie attività,aumentare al massimo il valore delle QIT possedute dai propri soci.Abbiamo infatti visto che esiste un mercato autoregolato delle QIT e che illoro valore sale in proporzione a fattori come la sostenibilità economicadella risorsa, la sua domanda sul mercato, l’efficienza, l’innovatività e iprofitti delle singole aziende ittiche che la raccolgono, il rispetto dei vincolilegati alla RTA/QIT rilevanti. Se si considera che un buon funzionamentodella QOC che coinvolge i singoli pescatori ha come conseguenza proprioun miglioramento dei fattori appena elencati, risulta palese che la forma diprofitto cui punta il governo privato che stiamo analizzando è il guadagno dicapitale nel medio e lungo periodo, espresso in aumento del valore delleQIT dei soci, e non un profitto di esercizio di breve periodo (anzi, nel caso

80 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

in cui questo sia presente viene reinvestito nelle attività statutarie). Inoltre,questo guadagno di capitale connesso a una gestione efficiente, innovativa esostenibile della ZdP è in proporzione alla posta che ognuno ha nella risorsacomune: quante più QIT io posseggo, tanto più guadagno avrò da una buonagestione della risorsa. Questo aspetto non va trascurato: con un votocapitario, come accadrebbe se il governo privato avesse la strutturaistituzionale del consorzio o della cooperativa, potrebbero infatti crearsidegli squilibri. Ad es., chi possiede una bassa quantità di QIT, e dunquerischia meno perdite di chi ne possiede in misura maggiore, avrebbe lostesso potere di voto di chi rischia più perdite: una votazione capitariacorrerebbe così il pericolo di favorire la presa di decisioni troppo inclini albreve periodo e/o alla messa a repentaglio della risorsa. Mi spiego meglio:non rischiando più di tanto, chi possiede una bassa quota di QIT potrebbefavorire un governo privato che, sempre all’interno dei vincoli superioriposti dal MdP, intensifica lo sfruttamento della pesca, dedica poche risorsealla ricerca di miglioramenti di prodotto o di marketing che danno risultatisolo nel lungo periodo, preferendo investirle in iniziative meno previdenti edal ritorno immediato, ecc. Con un voto capitario, questa maggiorepropensione al breve periodo e/o alla messa a repentaglio della risorsacomune verrebbe a pesare di più che non col voto in proporzione alle QITpossedute. È quindi probabile che organizzare questi governi privati inmodo consortile o cooperativo, con voto capitario, aumenti la propensione auna loro gestione orientata al breve periodo e alla pressione sulla risorsacomune, mettendo in pericolo l’innovatività delle singole imprese e lasostenibilità di lungo periodo della ZdP115.

Al di là della forma istituzionale specifica assunta dai governi privati,vi è una questione più fondamentale, quella di come metapreferenzehirschmaniane e quadri cognitivi influenzino la definizione degli interessieconomici dei pescatori, problema che è tanto più grande quanto lasituazione tecnica e istituzionale del bene lascia ampi margini di incertezzanella configurazione dell’interesse stesso. Il bene della pesca è sicuramenteuno di questi casi: si ha a che fare con una risorsa sensibile, variabile, sullecui dinamiche qualitative e quantitative non si possiedono mai informazionisoddisfacenti e teorie esplicative precise. Dando per scontato, come si èargomentato più sopra, che solitamente il pescatore sarà più cognitivamenteincline al rischio che non il MdP o l’ecologista e scontando pure che il 115 Considerazioni simili su quanto riguarda la maggiore adeguatezza istituzionale del

voto proporzionale (azienda) rispetto a quello capitario nel gestire la pesca sonosvolte nell’ottimo Townsend (1995). Questo stesso autore critica anche il pregiudiziocollettivistico e antimoderno della scuola della Ostrom contro la possibilità di gestirerisorse comuni attraverso l’istituzione economica dell’impresa.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 81

pescatore in regime di QIT sarà più responsabilizzato che non quello inregime di regolazione statale centrale con mere licenze, ciò non toglie chetra gli stessi pescatori possessori di quote possano maturare quadri cognitiviche declinano diversamente la propensione a mettere in pericolo la risorsacomune, la consapevolezza della sua sostenibilità di lungo periodo, anchebiologica, la comprensione di far parte di un sistema incerto e complesso.Nel caso neozelandese abbiamo una situazione contrassegnata da: latraumatica realtà del depauperamento causato dalla pesca eccessiva deglianni sessanta e settanta; la drastica chiusura di ZdP già gestite con QIT, inragione dell’inesperienza che inizialmente portava a stime non precauzionalidelle RTA; l’opera di informazione e educazione alla sostenibilità portataavanti dal MdP e dalle associazioni imprenditoriali dopo l’introduzione delleRTA/QIT; il successo economico ottenuto «malgrado» un regime regolativoin cui lo stato risulta particolarmente severo e al di sopra delle parti nellafissazione e gestione delle RTA/QIT. È probabile che tutti questi fattorisituazionali abbiano orientato i quadri cognitivi dei pescatori verso unadefinizione dei propri interessi economici poco incline alla predatorietà evolta alla sostenibilità di lungo periodo della risorsa. Questa tendenza allaresponsabilizzazione è certamente rafforzata dai governi privati delle QOC, icui leader istituzionali si fanno carico non solo di cercare di risolvere idilemmi dell’azione collettiva ancora presenti nel sistema delle RTA/QIT,ma anche di aumentare la consapevolezza dei soci nei confronti delleincerte, complesse e delicate condizioni della risorsa ittica. Assieme agliorgani di formazione professionale vicini alle associazioni degliimprenditori ittici, ai vertici di élite del MdP e alla comunità scientifica dibiologi e economisti istituzionali della pesca, le QOC costituiscono uno deipilastri della diffusione in Nuova Zelanda di una cultura della pescasostenibile e di qualità. A questa cultura corrispondono quadri cognitivi neiquali l’interesse economico legato alle proprie QIT è definito in modotendenzialmente compatibile con la sostenibilità di lungo periodo dellarisorsa, sostenibilità quasi certamente economica, ma in buona parte anchebiologica.

A questo punto conviene domandarsi con maggiore precisione che tipodi istituzione siano i governi privati delle QOC. Dell’istituzione economicadell’impresa privata hanno l’aspetto del voto proporzionale al possessoazionario, della valorizzazione di medio e lungo periodo delle quoteazionarie dei membri (guadagno di capitale), della ricerca dell’efficienzastatica e dinamica nel produrre beni di club. Vi sono però anche aspetti chenon sono distintivi dell’impresa privata: il reinvestimento del profitto afavore dei fini statutari, come tipico di consorzi e cooperative; un ruolo dirappresentanza degli interessi nei confronti del MdP e di altri stakeholder

82 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

della pesca (turismo, diporto, protezione della natura, ecc.); una funzione disostegno sinergico alla messa in opera di alcuni aspetti delle politichepubbliche del governo concernenti il settore (amministrazione del sistemadelle QIT, fornitura di informazioni sul pescato, monitoraggio dello statodella risorsa e dell’ambiente biomarino); una veste educativa nei confrontidei singoli soci, nei quali si cerca di consolidare e migliorare un quadrocognitivo orientato alla sostenibilità economica e biologica della risorsa, alrispetto di lungo periodo dell’ambiente marino, alla ricerca di innovazioni diprocesso e prodotto che consentano non solo maggiore efficienza ma anchepiù possibilità di coniugare profittabilità economica e rispetto perl’ambiente116. Si tratta di dimensioni associative, politiche, cognitive evaloriali che introducono nelle attività delle QOC aspetti che non hannostrettamente a che fare con la profittabilità della pesca, ma che tengono inlinea di conto: il superamento di alcuni dilemmi dell’azione collettiva (free

116 L’industria ittica neozelandese, in sintonia con l’acuita sensibilità ambientale dei

consumatori nazionali e stranieri, sta affrontando la questione della certificazioneecologica (eco-labelling) del prodotto, nonché della certificazione ecologica dellagestione dell’impatto ambientale. I notevoli costi di questi accreditamentiindipendenti sono ovviamente affrontabili solo avendo una base patrimoniale certa,come quella costituita dalle QIT. Vi sono già alcuni casi di certificazione: quellaottenuta dalle ZdP dell’hoki grazie all’attività della QOC Hoki Fishery ManagementCompany (www.hokinz.com), ed emanata dal Marine Stewardship Council(www.msc.org) di Londra, un’organizzazione internazionale non profit che perseguel’obbiettivo dell’introduzione di pratiche di pesca ecologicamente responsabili esostenibili; quella introdotta dall’industria dei mitili verdi (greenshell mussel), grazieall’azione della QOC NZ Mussel Industry Council (www.greenshell.com), la quale hastabilito un environmental code of practice che la pone all’avanguardia mondialenell’acquacultura. Va notato che l’introduzione di queste pratiche ecologicamentecompatibili ottiene solitamente un certo sostegno finanziario statale. Di recente, con ilcontributo del ministero dell’ambiente e il sostegno del WWF, il consiglio delleassociazioni dei pescatori commerciali (SeaFIC) ha sviluppato una guida checontiene informazioni per le imprese ittiche su come orientarsi nel vasto panoramadella certificazione ecologica e su come svolgere una prima autovalutazione deipropri bisogni nel campo (www.seafood.co.nz, sotto environmental certification). IlMdP e quello dell’ambiente vedono di buon occhio le pratiche di certificazioneecologica, che li sgravano di una serie di compiti di controllo; lo stesso dicasi per leimprese e i loro governi privati, che in questo modo riescono a evitare intromissioniministeriali. Il favorimento da parte ministeriale, delle QOC e delle associazioniittiche di pratiche ecologicamente compatibili ha ovviamente anche un nontrascurabile impatto cognitivo sulla definizione dei propri interessi economici daparte dei singoli pescatori. Questo impatto allontana ancor più l’identità del pescatoreda quella del predatore orientato al breve periodo e la avvicina a quella di unagricoltore ecologicamente consapevole e orientato alla conservazione di lungoperiodo della risorsa.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 83

riding dei soci); il sostegno all’implementazione di politiche pubbliche per ilsettore (devolution, co-management); la definizione e ridefinizione degliinteressi economici del pescatore; il rispetto non consequenziale di certivalori in quanto tali, come l’integrità ambientale e la buona fede nelcondurre le attività di pesca. In questo senso, le QOC, pur essendostatutariamente aziende e tenendo in gran linea di conto efficienza eprofittabilità, vanno a svolgere ruoli che sono tipici di istituzionieconomicamente rilevanti del tipo delle associazioni, come le organizzazionidegli interessi, e dei contratti associativi, come i consorzi o lecooperative117. Tirando le somme, le QOC sono dunqe al tempo stesso 117 Anche in altre circostanze il sistema mercantile delle QIT si è sorprendentemente

sposato con istituzioni di governo privato, come nel caso della pesca deipleuronettiformi (sogliola, platessa, ecc.) nel Mare del Nord olandese (Dubbink, vanVliet 1996; Sen, Nielsen 1996; van der Burg 2000). Nel 1977, nell’ambito di uno deitanti vani accordi europei per diminuire la pesca, si stabilì che la RTA olandesescendesse del 50%; contemporaneamente, sulla base delle raccolte pregresse e dellacapacità del battello, si allocarono QINT (quote individuali non trasferibili) a ciascunpeschereccio. Molti pescatori avevano però appena ampliato o cambiato barca eattrezzature, proprio grazie a politiche di incentivo comunitarie (sic!) e si trovavanotalmente indebitati da non poter accettare il taglio. Le stesse banche creditriciincentivarono i clienti al free riding della pesca grigia e nera che cominciòmassicciamente, anche grazie alle basse sanzioni e alla tolleranza delle autorità dicontrollo. Negli anni ottanta, le previsioni iniziali sul depauperamento dello stock sirivelarono però irrealistiche e le QINT furono ampliate contestualmente alla RTA. Ilfree riding però continuò, per varie ragioni: a) molti pescatori, fiutato il ventoespansivo, avevano nel frattempo, con l’aiuto delle banche e delle politiche europee,rafforzato la propria dotazione; b) la domanda di sogliole e platesse era in continuacrescita; c) dal 1983 il governo, diventato per via della PCPE direttamenteresponsabile verso Bruxelles per il sorpasso delle quote nazionali, si arrogò il dirittodi bloccare in ogni momento la stagione nel caso in cui ci fosse stata evidenza di undepauperamento improvviso o di una pesca eccessiva –in questo modo, l’effettocalmierante della QINT sulla corsa per la pesca veniva ad affievolirsi notevolmente ela loro susseguente trasformazione in QIT ebbe scarso impatto. I rapporti tra ilministro dell’agricoltura (che copriva anche la pesca) e i pescatori si deterioraronocrescentemente: il governo spendeva sempre di più in vani controlli, nel 1985introduceva un limite di giorni di raccolta e un limite alla potenza e alla larghezzadelle barche, cercando pure di incentivare, con l’aiuto dell’Europa, lo smobilizzo delcapitale in eccesso. Il caos pianificato regnava ormai sovrano, tanto che nel 1990 lasituazione precipitò e il ministro dell’agricoltura si dimise! Le QIT non potevanofunzionare in un contesto ancora dominato dall’incertezza e l’arbitrio legatiall’interventismo regolativo e finanziario dello stato. Si cercò allora di praticare unapolitica diversa: il governo continuò a favorire gli smobilizzi per diminuirel’affollamento del settore, processo favorito anche da una ondata di vendita di QITsul libero mercato tra pescatori che aumentò la concentrazione del loro possesso. Sicercò pure di coinvolgere i pescatori rimasti e le loro organizzazioni nella gestione di

84 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

istituzioni economiche (aziende con una quotazione delle proprie azioni sulmercato) e economicamente rilevanti (associazioni industriali, consorzi ecooperative): un ibrido peculiare, che fa da ponte istituzionale tra, da unlato, un mercato dei beni e dei servizi autoregolato e, dall’altro lato, unostato regolativo forte e indipendente.

Gli ultimi sviluppi riguardanti il quadro istituzionale vedono il MdP farstimare in modo indipendente la situazione del sistema delle RTA/QIT, conla decisione di affidare all’impresa privata multinazionale di consulenzaPricewaterhouseCoopers un rapporto di valutazione. Nel settembre 1998esce così Fishing For the Future: Review Of the Fisheries Act 1996. Ilrapporto invita a semplificare alcune norme giudicate troppo complesse econsiglia al ministero di proseguire sulla via della devolution e del co-management con i governi privati dei pescatori; ciò, a patto che da partepubblica vengano stabiliti strumenti di controllo e indicatori precisi divalutazione delle attività dell’industria ittica organizzata (Bess 2000, 396-7).Un primo risultato di questa valutazione indipendente è il FisheriesAmendment Act del 1999 (www.fish.govt.nz/commercial/reviewfishing.html). Esso introduce riforme per ridurre i costi di esercizio

un rinnovato sistema di QIT. Nel 1992 comincia una serie di colloqui tra il ministro, ipescatori e i trasformatori, che porta nel 1993 a introdurre il cosidetto BiesheuvelSystem, dal nome del presidente della commissione, un ex primo ministro. L’idea èquella di accoppiare la devolution di alcune funzioni di implementazione e controllostatali alla creazione di organizzazioni di governo privato tra pescatori: i cosiddettigruppi di Biesheuvel. Nascono gruppi di self-management comprendenti dai 20 ai 90pescatori possessori di QIT; questi gruppi sono organizzati sulla base di preesistentidivisioni geografiche e funzionali interne all’associanzionismo ittico; l’adesione nonè obbligatoria, ma solo i possessori di un 17% di QIT restano fuori, insensibili agliincentivi selettivi offerti dal ministero in termini di maggior numero di giorni in mareconcessi. Ogni gruppo ha un consiglio di amministrazione, formato da pescatori epresieduto da un indipendente, che funge da garante di imparzialità. Ogni membrostabilisce un proprio piano stagionale di pesca, che viene coordinato entro certi limiticon quelli altrui. Ai membri del gruppo è consentito di vendere, affittare e compraretra di loro sia QIT che giorni in mare, in modo da rendere piu flessibile la gestioneindividuale della pesca. La chiusura improvvisa e anticipata della pesca è abolita,ridando certezza all’attività. La pesca nera e grigia viene diminuita radicalmente daquesto sistema, che coinvolge il gruppo Biesheuvel nell’organizzazione enell’implementazione dei controlli; ciò grazie: a una peer pressure che, dato ilnumero relativamente basso di membri, funziona; alla possibilità che il gruppo ha diperseguire in base al diritto privato eventuali free riders; alla diminuzionegovernativa della RTA del gruppo che seguirebbe un’eventuale pesca eccessiva deisuoi membri. In questo nuovo contesto operativo, le QIT cominciano a dare i lorofrutti anche in Olanda, anche se le RTA degli anni più recenti sono state basse acausa del depauperamento causato dal precedente caos pianificato dell’interventismonazionale e europeo.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 85

delle RTA/QIT accollati ai pescatori e prosegue sulla via della devolution: sidemandano ai pescatori ulteriori aspetti di gestione del sistema, si incoraggiain vari modi il rispetto volontario della normativa da parte dei loro governiprivati e si sposta dal diritto penale a quello civile la punizione delledefezioni. Si permette inoltre di trasferire alla (o dedurre dalla) stagioneseguente sino al 10% delle QIT non pescate (o pescate in eccesso) in quellain corso; si rafforza lo strumento dei piani annuali di pesca (fisheries plans)approntati dalle QOC, prima vagliati e poi autorizzati dal ministero118.

Il cambiamento politico avvenuto nell’autunno del 1999, con il ritornodei laburisti al governo, in coalizione con altri partiti, non ha fermato latendenza del MdP a proseguire sulla via della devolution e del co-management in collaborazione con i governi privati della pesca. Il nuovoministro, il laburista Pete Hodgson, ha infatti di recente affermato di fronteai pescatori organizzati: «Fishing is a highly regulated industry. The aquaticenvironment is a highly regulated bit of territory. Fisheries plans give us allan opportunity to reduce centrally controlled regulation. They give us all anopportunity for a particular fishery or a particular locality to take ownershipof sustainable management. They have the potential to give effect togovernment’s wish to reduce compliance costs across the economy. Youshould be very clear that this is not an aberrant right-wing lurch. Thegovernment will always be in the background and will always retain thepower to intervene. That’s because we’re dealing with the commons. Butsmart stakeholders have the potential to manage a patch of the commonsbetter than smart bureaucrats […] I think that the alternative of multi-layeredregulation, intervention, iteration and litigation is too expensive» (la fonte èwww.seafood.co.nz, sotto news centre).

L’arcipelago delle associazioni dell’industria ittica a sostegno delleQIT e dei governi privati

Una delle prime istituzioni economicamente rilevanti fondate nelsettore ittico neozelandese fu il Fishing Industry Board (FIB): creato nel1963 sulla base di una legge, era un organismo misto pubblico-privato cheriuniva varie organizzazioni degli interessi della pesca, nonché le lorocontroparti pubbliche. Compito del FIB era la promozione e il 118 Si tratta di uno strumento, ancora alle sue prime applicazioni, che stabilisce le linee

principali della gestione della ZdP nel suo insieme. All’approntamento del pianopartecipano dunque, oltre alla QOC, anche le associazioni dei portatori di interessediversi dalla pesca commerciale: sportivi, turismo, iwi dei maori, ecologisti, biologi,ecc. Questi piani sono solo indicativi e stabiliscano un quadro operativo e cognitivodel da farsi. Il MdP li vaglia attentamente prima di approvarli (v. www.seafood.co.nz,usando «search», per fisheries plans)

86 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

coordinamento dell’industria ittica nazionale ed effettivamente esso fece perlungo tempo da forum di gestione e rappresentanza. Nel 1996, membri delFIB erano un presidente indipendente segnalato dal MdP, due rappresentantidel MdP, due delle organizzazioni ittiche maori, uno della New ZealandFederation of Commercial Fishermen (che rappresenta 481 possessori dipescherecci), uno della New Zealand Fishing Industry Association (cherappresenta i trasformatori e gli esportatori), uno della New Zealand FishRetailers Federation (i commercianti ittici), uno della New Zealand IndustryGuild (il sindacato del settore).

Sulla base del Fisheries Act del 1996, le funzioni del FIB sono assunteda una nuova istituzione di rappresentanza e gestione, il New ZealandSeafood Industry Council (SeaFIC, www.seafood.co.nz), che è unorganismo associativo, questa volta completamente privato; tra i suoi fini viè però anche la collaborazione con il MdP per la gestione del sistema delleRTA/QIT; inoltre, il suo finanziamento avviene sulla base di un’imposta sututto il pesce scaricato a terra e trasformato, autorizzata legalmente con ilCommodity Levy Act del 1990119. Il SeaFIC, che con il 1° ottobre 2001sostituirà completamente il FIB, è un istituzione economicamente rilevantedi secondo grado, che riunisce sia associazioni di rappresentanza -quellesopra citate come membre del FIB- che QOC di governo privato; adifferenza del FIB, il SeaFIC non ha però alcun rappresentante statale al suointerno. La totalità delle componenti del settore sono rappresentate:pescatori padroncini, aziende di pesca, di commercio, di trasformazione, diesportazione, come pure l’acquacultura, la pesca e coltivazione di crostacei emolluschi e, ovviamente, i maori120. Tutti costoro rappresentano il 90%dell’industria ittica in termini di produzione. Pur essendo formalmenteun’impresa a responsabilità limitata che offre ai suoi membri servizispecifici difficilmente realizzabili a livello inferiore, il SeaFIC è di fattoanche un’associazione, visti i suoi compiti di rappresentanza generale delsettore verso il MdP.

Il SeaFIC ha un consiglio di amministrazione dove sono presenti iprincipali azionisti e che è presieduto da un CEO (Chief Executive Officer);vi sono poi una ventina di dirigenti, organizzati in varie business units:science, policy, trade and information, industry training. La science unit 119 Nel 2001, dopo la consultazione in votazione di tutti i membri del settore, è stata

decisa, sempre sulla base dell’Act del 1990, la riforma di questa imposta e la suasostituzione con una Seafood Industry Commodity Levy che finanzierà sia le attivitàdel SeaFIC che delle QOC e delle associazioni sue socie.

120 I membri fondatori originari del SeaFIC sono stati la New Zealand Federation ofCommercial Fishermen e la New Zealand Fishing Industry Association, ovveropescatori e trasformatori.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 87

possiede degli stock assessment group che, anche in collaborazione conesperti esterni, si occupano dello stato delle diverse risorse marine. Oltre acostituire un interlocutore del MdP, la science unit offre sostegno alle varieQOC socie nelle loro indagini sullo stato della risorsa. Tramite questa unitàsi portano avanti anche ricerche sul rapporto tra la sostenibilità economica ebiologica della pesca. Di recente la science unit ha svolto un inchiesta sullostato della R&S privata svolta dalle aziende e dalle QOC nei campidell’acquacultura, della pesca esplorativa, dei processi e dei prodotti ittici.La trade and information unit offre dati concernenti i mercati, leesportazioni, la legislazione e possiede un’amplia biblioteca sull’economiamondiale della pesca; pubblica altresì vari bollettini informativi. La policyunit offre consulenza all’attività di rappresentanza, lobbying e co-management da parte delle associazioni e delle QOC socie del SeaFIC. Oltrea ciò, essa mette in cantiere ricerche su temi specifici riguardanti il settore:ad es. un recente studio sull’impatto regionale del sistema delle QIT. Digrande importanza è l’industry training unit, che si occupa della formazionedel personale dell’industria ittica nelle sue varie componenti, trasformazionecompresa. Essa tiene anche i rapporti con il ministero responsabile delsostegno finanziario alla formazione professionale. L’industry training unitè naturalmente in stretto rapporto con la Seafood Industry TrainingOrganisation (SITO, www.sito.co.nz), un’organizzazione di formazioneprofessionale già da tempo esistente e fondata dalle associazioni deipescatori e dei trasformatori. La SITO forma personale specializzato in tuttele diverse attività concernenti la filiera della pesca ed è una delle risorsecruciali per far avanzare il livello qualitativo dei prodotti e dei processi itticineozelandesi. Da ultimo, sempre sul versante qualitativo, va pure segnalatanell’ambito del SeaFIC la recente creazione di un Seafood StandardsCouncil, che si occupa delle norme di sicurezza alimentare di pesce,crostacei e molluschi. Questo consiglio agisce in contatto con gli ufficiministeriali competenti per la sicurezza alimentare e ha stabilito procedure,formazione e indicatori per garantire la salubrità del pescato e lasoddisfazione in quest’ambito del consumatore.

Prima di terminare è interessante ricordare come nel 1998 sia statacreata la Commercial Fisheries Services Limited, detta Fishserve(www.fishserve.co.nz), una società privata completamente posseduta dalSeaFIC; essa ha avuto il compito di realizzare hardware e software per potergestire in modo completamente informatizzato buona partedell’implementazione del sistema delle RTA/QIT. Fishserve, incollaborazione con un’azienda privata di informatica, ha investito 9 milionidi US$ nel progetto, con l’obbiettivo di arrivare a una drastica riduzione deicosti di esercizio del sistema, che come si è ricordato erano diventati ingenti.

88 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Per realizzare il nuovo assetto, indispensabile è stata la collaborazione dellostaff operativo del MdP prima impegnato nell’implementazione delleRTA/QIT. Il nuovo metodo di gestione realizzato è di recente entrato infunzione e vede come suoi operatori proprio 70 dei 71 impiegati delsummenzionato staff operativo del MdP, che sono così passati dal pubblicoal privato121 (Craig 2000, 4). La devolution ha qui operato non solo a livelloistituzionale, ma anche a livello organizzativo vero e proprio, anche sebisogna ricordare che il nuovo sistema è assai più rapido ed efficiente diquello precedentemente esercitato dal ministero (Craig 2000, 5-6). Fishservesi occupa oggi di tutti i cosidettti registry service concernenti le QIT:notificazione delle quote e dei loro trasferimenti; permessi di pesca;registrazione delle barche; notificazione e incasso di imposte, compensi etariffe; monitoraggio delle quantità di pescato, ecc., il tutto in modoinformatizzato. Il MdP rimane naturalmente responsabile del perseguimentodelle violazioni e di buona parte dei controlli sui documenti. In questomodo, una delle più importanti rivendicazioni dell’industria della pesca neiconfronti dello stato, quella dei costi di implementazione eccessivi, è statasoddisfatta. D’altra parte, lo stesso MdP si visto liberato da compiti cui malsi adattava, potendosi concentrare ancor più sugli aspetti qualitativamentepiù strategici e significativi del sistema delle RTA/QIT. D’ora in avanti, ipescatori potranno soltanto rimproverare sé stessi se i costi perl’implementazione del sistema non saranno sufficientemente bassi122.

Tirando le somme, SeaFIC e Fishserve appaiono come un ulterioreelemento di rafforzamento, ad un livello più generale, di quelle operazioni digoverno privato svolte già dalle QOC. Queste attività garantisconocollettivamente alle imprese titolari delle QIT beni e servizi chedifficilmente sarebbero in grado di produrre individualmente o di ottenereacquistandole su altri mercati.

Il successo produttivo delle istituzioni economiche e economicamenterilevanti delle RTA/QIT neozelandesi.

Tra il 1976 e il 2000 il settore ittico neozelandese (pescatori, allevatori,trasformatori) ha aumentato di 57 volte il valore delle sue esportazioni,

121 Peraltro, questi impiegati operavano già con contratti di diritto privato, essendo

dipendenti del CEO del MdP e non funzionari membri del vertice ministeriale.122 Va comunque notato che, dei 30 milioni di NZ$ che il governo ha incassato

dall’industria a vario titolo nella stagione 1999/2000, 1,1 erano per finanziare laconservazione dell’ambiente marino e ben 13 per ricerca sullo stato della risorsa edell’habitat biomarino. Queste cifre danno comunque l’idea dello scrupolo verso lerisorse e l’ambiente con cui il sistema delle RTA/QIT è gestito.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 89

passando da 25 a 1.430 milioni di NZ$123, corrispondenti a 280 milioni dikg124 di pesce, molluschi e crostacei. L’estensione a fine 1977 delle acqueterritoriali da 12 a 200 miglia è stata la base materiale di questa espansione:abbiamo visto però che, sinché è rimasta in vigore la regolazione statalecentrale, grossomodo sino al 1982, l’aumento del pescato avvenne a scapitodi un forte depauperamento della risorsa. Ciò portò ai tagli draconiani deglianni 1982-1986 e all’introduzione delle RTA/QIT nel 1986. Dopo questainnovazione istituzionale, sicuri dei propri diritti sul pescato, nonchéautoresponsabilizzati e vincolati al rispetto della sostenibilità della risorsa,gli operatori ittici neozelandesi hanno potuto dedicarsi all’investimento incapitale fisico, umano e cognitivo, che, con le innovazioni di processo eprodotto che ha generato, è stato la base del grande successo economico delsettore125 (Bess 2000, 397-400). Oggi il 90% della ricchezza prodottadall’industria ittica è esportata in tutto il mondo. Certo, la piccolezza delpaese fa sì che queste esportazioni corrispondano a poco meno dell’1% ditutto il pescato mondiale (e a poco meno del 2% del commercio mondialeittico), ma il fatto che si tratti di prodotti ittici di alta qualità (pregiatezza,freschezza, salubrità, unicità, scarso danno ambientale) compensaampiamente quel dato. Questa scelta per la qualità e la sostenibilitàeconomica e ambientale, piuttosto che per la quantità e il rischio didepauperamento, è testimoniata anche dal fatto che, nonostante la NuovaZelanda abbia la quarta zona economica esclusiva al mondo (EEZ exclusiveeconomic zone, ovvero le acque territoriali sino a 200 miglia) essa è benlungi da essere il quarto produttore mondiale126.

123 Di questa cifra, 318 milioni di NZ$ andavano in Giappone, 258 negli Stati Uniti, 219

nell’UE, 169 a Hong Kong, 167 in Australia, 78 in Cina, 46 in Corea, 43 a Singapore,30 a Taiwan, 18 in Tailandia. Circa le specie, in testa vi è l’hoki, con 318 milioni diNZ$, seguito dal mitile verde (greeshell mussel, un mollusco esclusivo del paese) con169, dall’aragosta di scoglio con 129 e dall’orange roughy con 84.

124 Nel 1995 questa quantità era così suddivisa: 64% pesci pinnati, 10,5% crostacei,25,5% molluschi. L’aumento dell’acquacultura ha portato negli ultimi anni a unacrescita dei molluschi.

125 Tra il 1986 e il 1995 le esportazioni sono passate da 657 a 1.238 milioni di NZ$; laproduzione totale dell’industria ittica è passata da 412.420 a 654.653t; il numero dibarche della flotta è passato tra il 1987 e il 1995 da 1514 a 1766, rimanendo quindisotto controllo, malgrado il boom della produzione. Tra il 1990 e il 1995l’occupazione diretta nel settore (in equivalenti di tempo pieno) è passata da 7.985 a9.995 addetti (Batstone, Sharp 1999, 182-4).

126 La proporzione è grossolana, ovviamente non tutte le zone di pesca hanno la stessapescosità; nel caso della Nuova Zelanda, poi, la propria EEZ è in gran parte troppoprofonda per essere sfruttata economicamente.

90 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

L’importanza del settore ittico per l’economia nazionale è cresciutanegli ultimi anni, andando a partecipare a quella diversificazione erivalutazione qualitativa delle esportazioni che ha caratterizzato tutto ilsettore primario dopo l’introduzione delle riforme neoliberiste. Nel 1998, ilsolo settore primario garantiva il 50% del valore delle esportazionineozelandesi, caso unico nell’OCSE: il settore ittico garantiva il 5%,superando in valore voci tradizionali come la lana (4%) e la frutta (4%)127.Ciò è significativo, se si pensa che solo 30 anni addietro il settore in praticalavorava per il solo mercato interno. Negli anni novanta il valore delleesportazioni è costantemente cresciuto. Che l’industria ittica neozelandesesia stata capace di puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità èd’altronde testimoniato dal fatto che essa riesce a essere competitivainternazionalmente, malgrado non goda di alcun sussidio statale e, anzi, siastata sempre obbligata a rimborsare il MdP di tutti i costi di gestione legatial sistema delle RTA/QIT, quelli ambientali e di ricerca biomarinacompresi! Ciò non accade con molti suoi competitori, i quali, agendoperlopiù in regime di interventismo statale, sono ampiamente sussidiati eprotetti da barriere tariffarie e non128. Questo fatto crea alti costi indiretti perl’industria neozelandese, costi valutati di recente a 100 milioni di NZ$ annuidi svantaggio competitivo129. Anche a livello occupazionale il settore ha

127 In testa alle esportazioni del primario abbiamo i latticini (18%), seguiti dalla carne

(13%) e dai prodotti forestali (6%)128 Come visto nel par. 8, i sussidi statali alla pesca sono in tutto il mondo massicci

(WWF 2001a, 2001b) e la Nuova Zelanda è accompagnata nel suo rigore soltanto daHong Kong, Messico, Malesia, Perù, Filippine, Polonia, Tailandia e, più distanziata,l’Australia. L’altro paese che ha adottato in via generale le QIT, l’Islanda, garantisceancora oggi un certo livello di sussidio sulle imposte e i premi assicurativi. Tra icampioni dell’interventismo ittico abbiamo: Canada, Cina, UE, Francia, Germania,Indonesia, Irlanda, Italia, Giappone (al primo posto con distacco), Sud Corea,Norvegia, Portogallo, Russia, Spagna, Svezia, Taiwan, Turchia, Regno Unito, StatiUniti e Vietnam (WWF 2001a, appendici; v. anche Steenblik e Wallis 2000, 12).Nessun governo al mondo è però esente da spese nella categoria vi di sussidi(concernente la gestione dei sistemi di limitazione dell’input e dell’output, nonché deiprogrammi e della ricerca per la sostenibilità della pesca, WWF 2001, 9): il punto èche in alcuni paesi, come Nuova Zelanda, Australia e Canada, parte di queste spesesono recuperate dai MdP attraverso imposte di utilizzo, anche se ciò non risulta nellestatistiche (Steenblik, Wallis 2000, 15-16). In Nuova Zelanda, come visto, latendenza è o a farsi rimborsare del tutto queste spese o a imputarle, via devolution, agoverni privati.

129 Il fatto più eclatante è che la gran parte dei governi si vergogna del propriointerventismo, non ottemperando alle disposizioni del WTO che obbligano adenunciare i sussidi alla pesca. Su questo poco lusinghiero fenomeno, si veda WWF(2001a, 2001b) e Steenblik, Wallis (2000). Insomma, il protezionismo si fa ma non si

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 91

conosciuto negli ultimi 15 anni un boom. I posti di lavoro (misurati nel 2000in equivalenti di tempo pieno) sono passati da qualche migliaio a ben26.620, di cui 10.520 diretti, 11.450 indiretti e 3.620 indotti. Ciò è tanto piùsignificativo, se si considera che la pesca è stata in pratica l’unico settorenazionale a essere sempre cresciuto nell’ultimo quindicennio, mentresappiamo che il resto del primario e l’industria si sono trovati per parecchianni in difficoltà a causa delle ristrutturazioni rese necessarie dalle riformeneoliberiste. Le imprese dei vari comparti del settore ittico sono oggi circa2.500, delle quali solo 2 quotate in borsa130. I detentori di QIT sono circa2.000, di cui una maggioranza di padroncini e una minoranza di piccole emedie imprese. Mentre i padroncini operano prevalentemente nelle acquecostiere, le aziende medie operano nelle acque profonde e pelagiche, chenecessitano di una maggiore capitalizzazione131.

dice: dai tempi delle denuncie liberoscambiste del primo Pareto non sembra cambiatogranché! Ai giorni nostri, i paesi più attivi nel chiedere l’abolizione di sussidi,barriere all’esportazione e sostegni all’importazione nel settore ittico sono NuovaZelanda, Australia, Filippine, Islanda, Perù, e Stati Uniti (WWF 2001b). I primi trefanno parte anche del cosiddetto Cairns Group (v. www.cairnsgroup.org), un gruppodi 18 paesi, fondato nell’agosto del 1986 a Cairns, in Australia. Il gruppo cominciò adessere attivo a partire dall’Uruguay Round: il suo obbiettivo primario è laliberalizzazione del commercio nel settore agricolo e ittico; in ragione di ciò, è vistocon grande sfavore da quelle due grandi potenze dell’interventismo nei settori primariche sono l’UE e il Giappone. All’interno del Cairns Group, la peculiarità della NuovaZelanda è stata, come si è visto, quella di aver liberalizzato unilateralmente, senzaaspettare la reciprocità; ciò ovviamente incita particolarmente il paese a reclamare agran voce lo smantellamento delle barriere ancora esistenti nel mondo.

130 Il comparto dell’industria ittica più grande è quello della trasformazione, che copre il61% del fatturato, il 55% del valore aggiunto e il 72% degli impieghi misurati inequivalenti di tempo pieno.

131 È significativo notare come lo sviluppo della pesca consentito dalle QIT abbiacostituito anche un fattore di riequilibrio etnico all’interno della societàneozelandese. I maori, organizzati in famiglie estese chiamate hapu e in tribùchiamate iwi, erano quando possibile dediti alla pesca, che per loro aveva non solo unsignificato materiale ma anche spirituale. Le loro ZdP costiere locali erano gestite inmaniera sostenibile attraverso precise pratiche (tikanga) di pesca, fermo pesca econservazione, messe in opera dall’hapu (Bess 2001). I maori furono i primi apraticare anche commercialmente la pesca, sfruttando tra l’altro i miglioramenti delleattrezzature e delle tecniche importati dai coloni britannici. Tra la fine dell’ottocentoe la prima parte del novecento, vennero però soppiantati dagli anglosassoni, inviolazione dei diritti di pesca che erano stati loro garantiti dal trattato di Waitangi del1840. Da qui le costanti rivendicazioni degli aborigeni volte a riacquisire i loro dirittidi pesca. Finché era in vigore il caotico e distruttivo sistema della regolazione statalecentrale, queste loro speranze rimasero vane; solo l’introduzione delle QIT, data laloro natura di diritti di proprietà ben definiti, permise di riprendere in considerazione

92 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Concentriamoci ora sulla scelta «qualità piuttosto che quantità» fattadall’industria ittica neozelandese, intesa come modalità cognitiva diridefinizione del proprio interesse economico all’interno del nuovo contestoistituzionale delle RTA/QIT. Alla base di questo ripensamento vi è unatripla constatazione: a) un limite dimensionale, visto che in regime disostenibilità ambientale e biologica è improbabile che la massa di risorseestraibili dal mare salga ulteriormente (con l’eccezione parzialedell’acquacultura); b) una soddisfacente certezza sull’appropriabilitàprivata della risorsa, nel senso che la sua sostenibilità la riprodurràverosimilmente in futuro e che le QIT garantiranno il suo possesso; c) lapresenza crescente nel paese di una cultura industriale della pesca, intesacome strutture di formazione professionale, di ricerca scientifica e di

la questione. I maori cominciarono infatti a ricorrere legalmente contro leassegnazioni di QIT in aree di loro tradizionale presenza di pesca e protestarono purecontro la decisione di ritirare tutti i permessi di pesca a tempo parziale, in buona parteposseduti proprio dagli aborigeni. Dopo alcuni successi in sede legale, i maorigiunsero a un accordo complessivo di indennizzazione con la Corona, che si realizzòin due momenti: il primo fu il Maori Fisheries Act del 1989, che creò tra l’altro ilconcetto di taiapure (ZdP locali costiere di particolare importanza per i maori e lororiservate); il secondo, definitivo, fu il Treaty Of Waitangi Settlement Act del 1992.L’indennizzo consistette in: cessione del 10% delle QIT esistenti ai maori (gestitedalla Treaty of Waitangi Fisheries Commission e poi assegnate a varie componentiaborigene); diritto al 20% delle QIT su ogni nuova specie di pesce introdotta nelsistema RTA/QIT; acquisto e trasferimento ai maori del 50% della grande impresaittica Sealord Ltd.; sostegno all’individuazione e alla gestione di ZdP-taiapure, inmodo da ricostruire, anche sulla base di nuove conoscenze biomarine, regole digestione sostenibili della ZdP in questione. Si stima che oggi ben il 30% delle QIT siaposseduto da interessi maori, interessi che toccano non solo la pesca comunitaria perautoconsumo, ma anche i padroncini, le piccole imprese e almeno una impresamedio-grande, come testimonia la quota del 50% da loro posseduta nel gruppoSealord. L’equità interetnica, esercitata qui in modo esemplare, si è così avvalsa diuno strumento, il mercato, che da alcuni critici viene invariabilmente associato allo«sfruttamento» di ogni genere e tipo. Certo, alla base del risarcimento dei maori vi èuna decisione politica e le risorse loro devolute provengono dal bilancio generaledello stato. Non sfugge, però, che la presenza di un mercato spontaneo delle QIT,dove i diritti sono definiti e misurabili, abbia fortemente incentivato questa mossa.Ma vi è di più, con le QIT ai maori è stato offerto qualcosa di più che una somma didenaro, tipica di tante altre politiche solidaristiche di riparazione; è stato loro offertouno strumento istituzionale che permette di costruire una solida posizione economicaper il futuro. Ciò è stato possibile solo grazie al sistema delle QIT, sistema che,peraltro, fonda anche la possibilità di sfruttare in modo sostenibile la risorsa marina,risorsa cui gran parte degli aborigeni sono tradizionalmente legati. Su questeistruttive vicende si vedano Bess (2001) e, per ulteriori dati empirici:www.starfish.govt.nz/geography/facts/, alla declinazione maori.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 93

sviluppo applicativo atte a valorizzare i prodotti e i processi ittici. Con unarisorsa limitata di cui si ha un possesso relativamente certo e con un knowhow di buono e crescente livello, non sorprende che la scelta sia quella diridefinire imprenditorialmente l’interesse economico verso la qualità132. Lapossibilità di utilizzare le QIT come garanzia bancaria e il climamacroeconomico stabile e favorevole all’iniziativa privata hanno d’altrondeincentivato questa strategia, strategia invece più difficilmente perseguibiledai concorrenti esteri che agiscono nell’incerto e distruttivo ambiente dellaregolazione statale centrale. Se, oltre a ciò, si considerà che i sussidi e ilprotezionismo per l’industria ittica, come quelli per l’agricoltura, saranno infuturo sotto tiro anche nei paesi interventisti, la scelta fatta agli antipodiappare ancora più lungimirante.

Le aziende ittiche neozelandesi, spendono in media l’1,5% del propriofatturato in R&S; le percentuali più alte si segnalano presso le imprese informa di società di capitali e di dimensioni medie. Le imprese più piccole,alle quali manca la massa critica minima, investono spesso in R&S per iltramite delle QOC di cui sono socie: questi governi privati spendono inmedia il 41% delle proprie entrate in R&S e alcuni arrivano sino al 75%. Learee principali di investimento in R&S per le aziende sono, in ordine digrandezza: i metodi e le tecnologie di trasformazione; il trasporto e laconfezione; l’acquacultura; i metodi di cattura; il miglioramento dello stockdi pesce; la pesca esplorativa. Leggermente diverse le priorità di R&S delleQOC, che sono rispettivamente: la conservazione e il miglioramento dellasalute e pescosità delle ZdP; la campionatura della risorsa per fini divalutazione del suo stato; i metodi per mitigare lo scarto (highgrading ebycatch); i metodi di raccolta; la certificazione ecologica133. Agendo inquesto modo, il settore ittico neozelandese si è segnalato all’avanguardiamondiale per la scoperta di nuovi metodi di trasporto, trattamento econservazione (importanti anche dato i lunghi tragitti tra le isole agliantipodi e i mercati di destinazione). Significativa è anche la fama di 132 La salute del settore e la sostenibilità del suo sfruttamento delle risorse si ripercuotono

sull’enorme aumento del valore delle QIT, che, essendo liberamente quotate,corrispondono in parte alle di azioni di una industria manifatturiera o di servizi. Tra il1986 e il 1995 l’hoki ha visto aumentare di 1.200 (milleduecento) volte il valore dellesue QIT (sino a giungere a un valore aggregato di 50 milioni di US$). Gli stessi datici dicono che il valore delle QIT delle suguenti specie è così aumentato: snapper 280volte (25 milioni di US$); oreo 180 volte (5 milioni di US$); aragosta di scoglio 143volte (9 milioni di US$); orange roughy 60 volte (20 milioni di US$); solo il jackmackerel ha visto il valore delle sue QIT diminuire di 40 volte, pur essendo i suoistock rimasti stabili nelle ZdP (Arnason 1996, 135).

133 Questi dati risalgono a una ricerca empirica di recente compiuta dal SeaFIC sui livellidi R&S del settore (v. www. seafood.co.nz, sotto science).

94 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

salubrità e pulizia che il pesce neozelandese si è guadagnato: acqueincontaminate e ricche di plancton, gestione ecologicamente compatibiledella pesca, severi controlli di qualità, ecc. hanno permesso al pesce di quelpaese di spuntare prezzi favorevoli sui mercati più esigenti, come quellogiapponese e statunitense. Questa scelta per la qualità si rivela d’altrondepossibile solo grazie alle buone strutture di formazione professionale di cuidispone il settore grazie alla SITO134. Un altro dato importante è che leaziende ittiche neozelandesi di maggiori dimensioni hanno perseguito unastrategia di integrazione verticale flessibile, che è per ora vincente sul pianointernazionale. Attraverso la formula del gruppo o dell’azienda leader siintegrano la pesca o la coltivazione (per l’acquacultura), la trasformazioneintermedia e finale, la vendita/esportazione, la distribuzione, il serviziodopo-vendita. Ciò permette di controllare la qualità lungo tutta la filiera,nonché, attraverso il contatto con il cliente finale, legare meglio il momentoproduttivo e trasformativo alle esigenze del consumatore (Bess 2000, 397).Tirando le somme, si può affermare che l’innovazione delle RTA/QIT hadato vita a un ambiente istituzionale fortemente favorevole all’innovazionedi processo e prodotto, permettendo così alle aziende di incrementarenotevolmente la varietà economica all’interno del settore ittico.

Il costo complessivo dello smantellamento dell’interventismo edell’introduzione e messa a regime del sistema delle QIT

Nell’industria ittica, il passaggio dal sistema dell’interventismonormativo e finanziario statale, in vigore sino al 1982, a una situazione incui il mercato costituisce uno dei pilastri regolativi, e il ruolo finanziario delMdP diventa di fatto neutrale, non è stato indolore per il bilancio pubblico.Lo stato ha dovuto impegnarsi pesantemente su due fronti principali: ilriacquisto delle QIT risultate in eccesso una volta fissate le nuove RTA;l’indennizzo dei maori, che ha comportato il riacquisto del 10% delle QIT eil finanziamento dell’acquisizione del 50% della grande impresa itticaSealord Ltd. In pratica, per ragioni di equilibrio politico e sociale, lo stato siè fatto carico della compensazione dei danni dell’interventismo che essostesso aveva in precedenza praticato. Infatti, la politica neomercantilista disussidio all’espansione del settore negli anni sessanta e settanta aveva, da unlato, portato nell’industria ittica un numero di pescatori che eccedeva lasostenibilità della risorsa, dall’altro lato, definitivamente spossessato i maoridei loro residui diritti. Il desiderio statale di ricondurre lo sfruttamento della

134 La SITO non è solo autofinanziata dall’industria ma gode in parte di fondi pubblici

per le proprie attività formative: è questa un’eccezione all’assenza di aiuto statale checaratterizza il settore.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 95

risorsa alla sostenibilità e, contestualmente, di disimpegnarsifinanziariamente dal sostegno del settore comportava costi politici e socialidi breve periodo che nemmeno una elected dictatorship come i governi didemocrazia westminsteriana neozelandesi poteva permettersi. D’altronde, lespese potevano essere giustificate dal punto di vista neoliberista affermandoche sarebbero state le ultime per il settore: cosa che poi nei fatti si èavverata, non solo per la pesca, ma anche per l’agricoltura.

Nell’appendice 1 sono riportate le entrate e le uscite che il MdP hadovuto sopportare negli 11 anni che hanno seguito l’introduzione delle QIT(OECD 2000). Commentiamo brevemente dapprima le uscite. Anzitutto sinota una diminuzione delle spese di consulenza (Fishery Policy Advice),calate con la messa a regime del sistema delle RTA/QIT e il rafforzamentovia devolution dei governi privati dei pescatori. Lo stesso vale per lo stockassessment e per le spese di gestione (Management Service). Facendo partedelle funzioni irrinunciabilmente pubbliche del MdP, rimangono negli anni aun certo livello le spese di messa in opera del sistema delle RTA/QIT(Enforcement) e di procedimento giudiziario verso i free rider(Prosecution). Passando alle spese di riacquisto delle QIT in eccesso rispettoalle RTA (Adjustement), si nota ovviamente un picco nel 1986/7, mentre ildato tra il 1988 e il 1990 si riferisce al riacquisto delle QIT delle aragoste(rock lobster), per le quali il nuovo sistema fu introdotto proprio in queglianni. Vi fu poi il periodo di compensazione delle perdite di QIT che ipescatori subirono a causa del passaggio dal sistema delle quote in valoreassoluto a quello delle quote in valore percentuale della RTA, che parte conil 1991 e si conclude con il 1995 (Compensation For TAC Reductions):come abbiamo già detto, i pescatori beneficiarono in questo caso di unaredistribuzione parziale delle entrate dei resource rental, che cessarono diessere raccolti proprio nel 1994/5. Gli anni dal 1989 al 1994 vedono ilcostoso risarcimento dei diritti espropriati ai maori sulla base dei due nuovitrattati (Quota for Treaty Of Waitangi Commission). Complessivamente, sivede che durante tutto il periodo 1991/7 il MdP diminuisce le sue spesecomplessive, in linea con la progressiva messa in opera di una politicaneoliberista della gestione della pesca.

Venendo alle entrate, si vede come esse comincino ad affluire soltantodal 1989, ovvero a tre anni dall’inizio della riforma: si osserva la paraboladei resource rental tra il 1989 e il 1995 (in quest’ultimo anno compensata inparte da una Compensation Levy). Vi sono poi le multe e le confische (Finesand Forfeitures) ai free rider, che tendono a mantenersi abbastanza basse,dopo un periodo di rodaggio iniziale. Dal 1994 fanno la loro comparsa,sostituendo i precedenti resource rental, le imposte di recupero dei costi delsistema delle RTA/QIT (Cost Recovery Levies), che come abbiamo già

96 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

osservato tendono a crescere, suscitando forti malumori tra i pescatori. Lasoluzione a questo problema sarà la progressiva devolution ai governiprivati, sulla base del Fisheries Act del 1996, di parte delle spese di gestionedel sistema. I dati dell’OECD, andando solo sino al 1997, non comprendonoquesta inversione di tendenza, che però con il 2000 è sensibile e decisa.

Se, per finire, ci concentriamo sul bilancio generale del MdP, vediamoche a partire dal 1982/3 sino al 1994/5 la tendenza all’avvicinamento delleuscite e delle entrate è netta, con un rigurgito di spese nel 1995/6, dovuto adun incremento temporaneo delle uscite per la fisheries research. La tendenzadecennale, che si rafforzerà dopo il 2000 con la summenzionata devolution,è però chiara: una diminuzione delle uscite che, a parità di entrate, allontanaprogressivamente il bilancio dalle cifre rosse e dunque dai sussidi occulti alsettore ittico. Bisogna comunque ricordare che parte delle uscite del MdPnon saranno mai completamente coperte da un recupero costi adeguato: sitratta di quelle uscite che hanno a che fare con le funzioni pubbliche cardinedel dicastero, le cui spese sono supposte essere coperte dall’imposizionegenerale diretta e indiretta del reddito dei pescatori e dei contribuenti.

L’adeguatezza istituzionale delle QIT alle condizioni storiche,economiche, sociali e territoriali della pesca: la Nuova Zelanda come raraavis?

I critici delle QIT come Copes (1986, 289; cit. in Canada 1998, 23) eCharles (1988; 1992; 2000) non mancano mai di sottolineare come l’attivitàdella pesca vada considerata non solo dal punto di vista strettamenteeconomico, ma come un sistema sociale complesso, dotato di aspetti politici,ideologici, socio-strutturali, socio-culturali, socio-territoriali, biologici,ecologici, ecc. Il quadro istituzionale che regola questi sistemi socialicomplessi non ha soltanto un impatto sull’efficienza economica, allocativa edinamica, ma anche su queste altre dimensioni. Anzi, sottolineano Copes eCharles, il perseguimento istituzionale dell’efficienza economica della pescapuò mettere in pericolo equilibri politici locali o nazionali consolidati,quadri cognitivi e stili di vita tradizionali, strutture sociali comunitarieubicate sulle coste, collaudati assetti clientelistico-redistributivi basatisull’interventismo, ecc. Da qui una serie di appelli: quello per una «fisherysocio-economics» (Charles 1988), che sostituisca una troppo unilaterale«fishery economics»; quello per la considerazione dei «fishery conflicts»,onnipresenti accanto agli scambi economici mutualmente convenienti(Charles 1992); quello per una moltiplicazione dei criteri di efficienza, al dilà di quelli strettamente economici (Charles 2000). Da parte nostra,concordiamo con questa prospettiva, che coincide con la definizione disociologia economica data nei paragrafi iniziali di questo saggio. Ciò che

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 97

invece non ci vede concordi sono il tradizionalismo e conservatorismo chespesso chi utilizza un simile approccio porta implicitamente con sé nelleproprie analisi e proposte operative135. Una cosa è infatti considerarel’impatto che un’innovazione istituzionale ha sui diversi aspetti del sistemasociale della pesca, un’altra è considerare tacitamente alcuni di questi aspettiintoccabili, in forza di malcelate preferenze ideologiche, oppure non tenerein conto alcuni degli effetti inattesi o perversi del mantenimento di questiaspetti. Non sorprende che, di fronte a queste scelte ideologiche occulte,alcuni economisti della pesca neoistituzionalisti abbiano reagito con forza.Riferendosi alla protezione ad ogni costo delle comunità costiere deipescatori canadesi, P.H. Pearse dell’Università della Columbia Britannicaricorda: «I do not think it is the role of government, in the long run, to useartificial means to sustain communities» (cit. in Canada, 1998, 17). Sullostesso tema, molto più salacemente, R. Arnason, dell’Universitàdell’Islanda, afferma: «Our society is based on economic progress andeconomic growth […] I put to you that people today would not like to goback to the pre-industrial revolution days and say ‘we will not enclose anyland because that will hurt farming communities’» (cit. in Canada 1998, 17).Dietro all’ostilità di molti studiosi di fisheries socioeconomics al sistemadelle QIT vi è probabilmente anche una incomprensione del ruolo delprofitto economico in quanto tale. In realtà, il perseguimento del profittoeconomico può andare contro altri obiettivi non economici di tipo culturale, 135 Sconcertanti sono ad es. le denominazioni introdotte da Charles (1992), peraltro

studioso di ottimo livello, nella sua tipologia di paradigmi e obbiettivi di regolazionedella pesca. Egli definisce come «conservation paradigm» volto alla «resourcemaintenance» il modello dell’intervento statale centrale basato sulle RTA, quandol’esperienza ci dice quasi invariabilmente che l’interventismo di questo tipo porta adepauperare la risorsa. Si tratta della solita fallacia, denunciata dalla Scuolaaustriaca prima e dalla public choice poi, in base alla quale si considera l’assettoistituzionale dell’intervento statale per quello che promette in vitro e non per quelloche dà nella realtà concreta. Charles definisce invece l’assetto delle RTA/QIT come«rationalization paradigm», indicando che esso tende a massimizzare la rendita delleZdP e, con essa, produttività e profitti dei pescatori sopravvissuti a un dupliceprocesso di selezione economica. Questo processo è basato, prima, sull’asta diriacquisto delle QIT in eccesso, poi, sulla presenza di un mercato libero delle QITrimaste. Da quanto detto sinora sappiamo però che massimizzare la rendita della ZdPe garantire i profitti ai pescatori implica necessariamente una gestione sostenibiledella risorsa, prestazione che invece Charles attribuisce idealtipicamente alparadigma interventista. Di fronte a questa confusione, lo stesso Charles (1992, 385)è costretto ad ammettere che il paradigma delle RTA/ITQ «in recent years has gainedfavour among many biologists and fishery managers, perhaps due to a perception thatby cutting the number of fishers, rationalization could serve conservation goals aswell as boosting economic efficiency».

98 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

sociale, politico, ecc.; può, ma non necessariamente deve! Anzi, in alcunicasi il suo perseguimento può allinearsi a quello di altri obiettivi extra-economici. È quello che tendenzialmente accade con il sistema istituzionaledelle RTA/QIT. L’effetto del profitto sulle altre dimensioni della realtàsocio-economica dipende infatti dal quadro istituzionale specificoall’interno del quale il profitto stesso è perseguito136. D’altronde, si ricordiche i pescatori-predatori del sistema dell’interventismo centraledepauperano la risorsa, malgrado agiscano economicamente in continuaperdita, peraltro compensata politicamente dallo stato. Meglio forse ipescatori-agricoltori del sistema delle RTA/QIT, i quali, proprio per poteraccumulare profitti economici non sussidiati statalmente, tendono aconservare la risorsa.

Ma come valutano i critici delle RTA/QIT l’indubbio successoistituzionale della Nuova Zelanda? In altre parole, qual è stato l’impattodell’introduzione di questa innovazione istituzionale su quelli chesolitamente sono ritenuti i puncta dolentes del sistema delle QIT? Un primoaspetto che è fatto rilevare è che l’attività delle pesca in Nuova Zelanda èrelativemante recente e che ha un «industrial focus», nel senso che èprevalentemente commerciale e che vi è spesso integrazione in gruppiaziendali tra trasformatori e pescatori. Ciò, secondo Charles (2000, 4)favorirebbe l’introduzione di un sistema istituzionale a suo parereproduttivistico e individualistico come quello delle RTA/QIT. Sempre perCharles, questo sistema sembrerebbe invece meno adatto ad essere adottatoper attività di pesca preesistentemente regolate da assetti comunitari,artigianali e territorialmente radicati. Per questo tipo di situazione sociale dipartenza la cosa migliore sarebbe modernizzare le istituzioni tradizionali digestione delle ZdP, secondo un paradigma basato sul «community welfare» 136 Lo studioso tedesco neohayekiano V.J. Vanberg (1986, 75, corsivi suoi) ricorda che:

«Discoverers of ‘market failures’ as well as advocates of the general efficiency of a‘true unhampered market’ sometimes seem to disregard the fundamental fact thatthere is no such thing as ‘a market as such’. What we call a market is always a systemof social interaction characterized by a specific institutional framework, that is, by aset of rules defining certain restrictions on the behavior of market participants».Queste regole, continua Vanberg, possono essere private o statali, l’importante è chesiano efficaci. Nel nostro caso, si tratta delle regole che vincolano l’azione sulmercato nel sistema delle RTA/QIT, regole a volte statali, a volte originate da governiprivati, a volte emerse spontaneamente tra i pescatori. Se un dato mercato stafallendo, sostiene Vanberg in linea con l’eredità hayekiana, può essere piùconveniente modificare -al margine o radicalmente- queste regole, che sono appuntovariabili e non assolute, piuttosto che passare immediatamente all’interventismo di un«political mechanism» o cercare la via iperliberista della tabula rasa del «true,unhampered market» (Vanberg 1986, 75).

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 99

e l’«equity», nel senso di eguaglianza (Charles 1992, 384-6); l’istituzione diQIT avrebbe invece in questi frangenti effetti dirompenti (Charles 2000, 4-5). Da parte nostra, concordiamo certo sul fatto che una giudiziosamodernizzazione di assetti regolativi comunitari sia una via possibile pergestire le ZdP, soprattutto costiere (il relativo successo delle cooperativegiapponesi di pescatori dopo il 1945 ne è un esempio); neghiamo invece ledue conclusioni di Charles sulla Nuova Zelanda. Anzitutto, l’assettoindustriale produttivistico delle sua pesca è stato anche un risultato e nonsolo una precondizione dell’introduzione delle RTA/QIT; secondariamente,sono stati il libero accesso e l’interventismo neomercantilistico con la loropredatorietà a distruggere i diritti comunitari tradizionali degli iwi deimaori e non il sistema istituzionale delle QIT. Anzi, come abbiamo visto,proprio la presenza di quest’ultimo sistema ha favorito, cedendo inrisarcimento agli iwi buona parte delle QIT, la ricostituzione attorno allequote di governi privati con base comunitario territoriale, capaci disoddisfare sia la pesca per autoconsumo che quella commerciale dei maori.Regolazione di mercato e comunitaria si sono qui sposate positivamente,piuttosto che combattute come un approccio dottrinario e ideologicosembrerebbe aprioristicamente implicare.

Non si può comunque negare che alcune differenze socioterritorialicontino al momento di operare una scelta istituzionale: in Nuova Zelanda, aparte gli iwi dei maori, non esistono piccole comunità costiere isolate la cuisussistenza dipende esclusivamentre o quasi dalla pesca. Nel 1982, soltantoin relazione alla costa atlantica del Canada, un’indagine stabilì cheesistevano 1.300 di queste piccole comunità, la metà delle quali eranototalmente a economia ittica (Canada 1998, 19, n. 57). È ovvio che icanadesi si interroghino sull’effetto che l’introduzione delle QIT avrebbesulla vitalità di queste comunità costiere: gli avversari di questa innovazioneistituzionale affermano che nel giro di poco tempo le quote possedute daipoco efficienti pescatori di queste comunità finirebbero per essere vendutealle aziende ittiche situate nei porti più grossi, lasciando nella desolazionecentinaia di piccoli porti periferici. Anche qui è però improbabile che lacontinuazione dell’interventismo assistenzialista possa essere l’unicarisposta istituzionale disponibile. In Islanda, lo stesso problema è statoaffrontato altrimenti: sono state introdotte le QIT, ma si è cercato dilimitarne la trasferibilità territoriale, temendo che la regione del Sud-Estattorno al grande porto di Reykjavik, che godeva già del 30% dell’attività137,avrebbe col tempo accentrato ancor più su di sé l’industria ittica, sino a quel

137 Il dato è del 1984. Va comunque notato che nella regione islandese del Sud-Est

risiedono ben il 75% degli abitanti del paese!

100 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

momento diffusa in modo relativamente omogeneo. Si stabilì così che vifosse un obbligo di proporre la prima offerta di vendita delle QIT aipescatori della propria regione e che il passaggio delle quote tra una regionee l’altra dovesse essere sottoposto a un permesso speciale del MdP (Canada1998, 19-20). Il ministro, sentiti i sindacati regionali dei pescatori e leautorità politiche locali, avrebbe potuto bloccare il trasferimento se questo sifosse rivelato dannoso per l’occupazione o l’economia di quel territorio(Arnason 2000, 33-4). Nella realtà, solo pochi trasferimenti sono statibloccati e la tendenza spontanea del mercato è stata anzi opposta: il Sud-Estdi Reykjavik tra il 1984 e il 1999 ha perso quote (dal 29,7% al 25,2%),mentre altre regioni periferiche, come l’Ovest, il Nord-Ovest e il Nord-Estne hanno guadagnate (Gissurarson 2000, 48-50).

Per quanto riguarda la Nuova Zelanda, assai positivo in termini diriequilibrio economico territoriale è stato l’impatto del risarcimento in formadi QIT dato agli iwi dei maori, spesso periferici rispetto ai poli principali disviluppo del paese. Se invece diamo una scorsa alla localizzazionedell’industria ittica si nota che la base per la gran parte della pesca amaggiore capitalizzazione, quella pelagica e in acque profonde, è situata neiporti di Nelson (nord della South Island), Timaru (centro della South Island)e Lyttelton, accanto a Christchurch (centro-nord della South Island). L’80%delle esportazioni di acquacultura partono dallo stretto di Marlborough, trala South e la Nord Island. Complessivamente, la parte nord della SouthIsland (ovvero le regioni di Nelson, Marlborough e Tasman), realizza il40% del fatturato e il 30% dell’occupazione del settore. Importante però èanche il contributo delle regione di Auckland, nel nord della North Island. Ingenerale, il quadro territoriale è relativamente equilibrato, nel senso che nonesistono nel paese regioni massicciamente dipendenti dall’industria ittica eche lo stesso settore, di cui è parte integrante anche la trasformazione, èrelativamente disperso. Anche per questa ragione, al momento di introdurreil sistema delle QIT, pur stabilendo limiti di aggregazione aziendale dellequote, non fu introdotto alcun vincolo territoriale al loro trasferimento.Differentemente dall’Islanda, non esiste in Nuova Zelanda un polo diattrazione economica preponderante; differentemente dal Canada, nonesistono in Nuova Zelanda piccole comunità isolate tradizionalmente deditein esclusiva alla pesca. Se questo ha in un certo modo potuto rendere menovincolata l’applicazione delle QIT al paese agli antipodi, più in generale ilsistema delle RTA/QIT è abbastanza plasmabile istituzionalmente dapotersi adattare ad una gran varietà di condizioni sociali, territoriali,culturali. Dopotutto, le QIT hanno avuto buon esito anche altrove: inIslanda, dove le piccole comunità monosettoriali disperse sul territorio sonoben presenti; nella pesca degli pleuronettiformi nel Mare del Nord Olandese,

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 101

grazie al loro accoppiamento con un intelligente sistema di governo privatoassociativo; presso gli stessi iwi dei maori, che sono formazioni socialilocali comunitarie. Il sistema delle RTA/QIT, dunque, non ha avutosuccesso in Nuova Zelanda per il fatto che questa rappresenta una rara avis,un luogo ove sono presenti condizioni sociali e territoriali per così direparticolarmente «favorevoli» o «compatibili» con quell’assetto istituzionale.Né vi ha avuto successo unicamente poiché «in sinergia» con le radicaliriforme neoliberiste là realizzatesi a partire dal 1984: basti pensare al fattoche l’Islanda è una tipica esponente del modello socialdemocratico nordico el’Olanda di quello neocorporativo renano, pur se riformato. Certo, in NuovaZelanda l’omogeneità economico-territoriale e il riformismo neoliberistahanno favorito l’introduzione e reso più semplice la gestione di un sistemadalle caratteristiche istituzionali a cavallo tra mercato e stato autonomo.Quello delle RTA/QIT è però un sistema proteiforme e flessibile, capace diadattarsi e entrare in sinergia anche con quadri istituzionali, territoriali,sociali e ideologici di partenza dotati di un’autonormatività meno adeguatao imparentata strutturalmente138, come testimoniano i summenzionati casiislandese e olandese.

13. Conclusioni: l’ineludibilità della sociologia economica nelricostruire e spiegare i processi di innovazione istituzionale nellaregolazione della pesca

138 Weber (1922, 2-II, §1), dopo aver affermato che -diversamente da quanto credono i

marxisti- le istituzioni economicamente rilevanti non sono determinateunilateralmente dagli sviluppi strettamente economici, ma hanno una loro«autonormatività» (Eigengesetzlichkeit), passa poi a considerare l’altro aspetto delproblema, quello dell’influenza della «società» sull’«economia». Per Weber, «anchel’economia è di solito in qualche modo influenzata dalla struttura normativadell’agire di comunità (die eigengesetzlich bedingte Struktur desGemeinschaftshandelns) nel cui ambito essa si svolge» (1922, 2-II, §1). Il modo incui questa influenza dalla società sull’economia si esercita dipende «dal grado diparentela di concrete forme strutturali dell’agire di comunità con concrete forme dieconomia – ossia sulla loro tendenza a favorirsi reciprocamente nella loro esistenzaoppure ad ostacolarsi o ad escludersi, e sulla loro reciproca ‘adeguazione’ o‘inadeguatezza’. Tali relazioni di adeguazione (Adäquanzbeziehungen) dovrannoessere continuamente prese in esame» (ibidem). In questo senso, le istituzionistrettamente economiche delle QIT sanno a nostro parere flessibilmente adattarsianche a condizioni sociali, territoriali e politiche loro poco adeguate o imparentatestrutturalmente. Ciò non vuole ovviamente dire che questa flessibilità sia infinita eche le istituzioni delle QIT siano superiori a qualsiasi diversità istituzionale: unsistema di RTA/QIT sarebbe stato ovviamente impraticabile nell’Unione Sovietica!

102 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Il caso dell’innovazione istituzionale realizzata nella regolazione dellapesca neozelandese è senz’altro complesso e multidimensionale: perricostruirlo e spiegarlo non ci si sarebbe potuti limitare agli strumenticoncettuali dell’economia neoclassica e nemmeno a quelli, pur più ricchi,della nuova economia istituzionale (Nei). Nelle parole di Charles (1988,1992), analizzando questi temi non basta una «fishery economics», ma ènecessaria una vera e propria «fishery socioeconomics», capace di dar contodei numerosi «fishery conflicts» presenti. Un approccio di sociologiaeconomica si è rivelato dunque ineludibile, prova ne sia l’utilizzo nellaricostruzione empirica di molti dei concetti fondamentali messi a fuoco neiparagrafi introduttivi: incertezza radicale, razionalità cognitiva, dilemmidell’azione collettiva, effetti perversi, identità individuali e collettive,ridefinizione degli interessi, leadership istituzionale, diversità valoriali emotivazionali, ideologie politiche, modalità interattive tra governo einteressi organizzati, governi privati, ecc. Detto altrimenti, quasi tutte lesfaccettature delle weberiane istituzioni economiche ed economicamenterilevanti sono state presenti e attive nel dar conto della piccola rivoluzioneregolativa avvenuta nella pesca neozelandese. In quest’ultimo par. sicercherà una valutazione riassuntiva dello studio di caso proprio facendosinteticamente ricorso ai concetti di sociologia economica appena ricordati.

Va anzitutto sottolineato come nel caso della pesca una grandeimportanza abbia la prresenza dell’incertezza nel senso knigthiano eaustriaco delineato nella parte teorica. Vi è incertezza radicale sullo statodella risorsa, fatto che implica una debolezza dei modelli concettuali che neindagano le dinamiche concrete; ciò lascia un certo spazio all’influenza delladiversità di interessi, valori e motivazioni degli attori coinvolti, sia almomento di definire la situazione reale del patrimonio ittico nelle ZdP, siaall’atto di stabilire delle regole istituzionali per la fissazione della RTAopportuna. MdP, pescatori e ecologisti, a seconda della loro boudonianaposizione e disposizione sociale, manifestano razionalità cognitive diversenel valutare l’incerta situazione della risorsa. Queste diverse razionalitàcognitive hanno generato continuo dibattito e impedito una definizioneottimale o tecnica del problema: nel fissare le quantità delle RTA,all’ottimismo dei pescatori si è contrapposto l’allarmismo degli ecologisti;nello stabilire le regole della fissazione delle RTA, il MdP è passato da unapproccio di regolazione fine (al livello sostenibile) a uno prudenziale (allivello sostenibile o sopra). La radicale incertezza sullo stato della risorsacomune affianca dunque alla sua determinazione scientificaun’indispensabile determinazione sociale.

Un'altra dimensione forte di incertezza concerne la azioni degli altriattori coinvolti nella pesca e nella sua regolazione. Centrale è qui

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 103

ovviamente il fatto che i pescatori possano violare debolmente (scarto) opesantemente (pesca in nero) le regole esistenti. Contro questa eventualità sisono sviluppate una serie di risposte istituzionali che non si sono limitate alclassico controllo da parte di un attore pubblico super partes, ma hannocoinvolto gli stessi pescatori almeno a due livelli: a) con un meccanismo diretroazione fortemente innovativo, in base al quale la defezione siripercuoteva indirettamente su chi la praticava diminuendo sia la quantitàammessa che il valore di mercato delle QIT; b) tramite la formazione digoverni privati con compiti di vigilanza, peer pressure ed educazione delsingolo a una cultura che abbiamo definito della cura dell’agricoltorepiuttosto che della rapacità del predatore. Entrambe queste risposteistituzionali non sono state automatiche o ovvie, ma socialmente costruitesulla base di peculiari interpretazioni cognitive dei processi di tentativo ederrore nell’implementare la riforma, di ideologie del rapporto tra stato eeconomia, di relazioni sociali spontanee basate sulla comune attività diraccolta in una o più ZdP, ecc.

L’incertezza sullo stato della risorsa e sulle azioni di coloro che nefanno uso si ripercuote ovviamente anche sulla definizione dello stessointeresse economico del pescatore. Essa non è univoca, ma influenzata dametapreferenze legate alla nuova situazione istituzionale e ai quadricognitivi e organizzativi che questa, grazie anche all’opera di varieleadership pubbliche e private, porta con sé: si è visto come il sistema delleRTA/QIT tenda a spostare l’interesse economico del pescatore in direzionedella qualità del prodotto e della cura della risorsa, abbandonando lapropensione alla quantità e al depauperamento caratteristica dellaregolazione statale centrale. Anche in questo caso non si può dare nulla discontato né tecnicamente né economicamente, ma è necessario chinarsi sulquadro istituzionale e sociale in cui il pescatore opera e che il pescatorestesso progressivamente costruisce (si pensi al ruolo formativo della SITO ea quello regolativo delle QOC).

Incertezza scientifica, tecnica ed economica lasciano dunquerelativamente indeterminate preferenze, aspettative e istituzioni e aprono lastrada all’influenza della situazione sociale e della creatività individuale sudi esse. Spazi simili si aprono anche quando un quadro istituzionale,valoriale e cognitivo entra in crisi profonda. Al momento del collasso finaledella regolazione statale centrale in Nuova Zelanda si tentò dapprima, con ilFisheries Act del 1983, una riforma parziale basata sull’incentivazioneall’uscita dal settore e drastici limiti alla raccolta. Questa linea incrementaleneointerventista sarebbe probabilmente passata, almeno sino al prossimacrisi, se il 1984 non avesse allontanato lo statalista Muldoon dal ministerodel tesoro (che deteneva assieme alla premiership), sostituendolo con il

104 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

neoliberista Douglas. A questo punto il tollerabile divenne intollerabile e lapath dependence nella gestione della pesca si trovò spiazzata. L’incertezzasul da farsi, prima riempita dalla scelta di un’innovazione istituzionaleincrementale neointerventista, veniva ora riempita da quadri e teorieradicalmente innovative: il neoliberismo, la dottrina economica delle QIT, lapublic choice e la teoria dell’agenzia furono le forme di razionalitàcognitiva che rinnovarono la gestione della pesca. Non era dunque bastatauna crisi profonda per avere il coraggio di innovare radicalmente eprobabilmente non sarebbero bastate nemmeno nuove teorie e quadricognitivi promettenti come quelli appena citati; ci fu invece bisogno di unacrisi politica generale dell’interventismo neozelandese, crisi che nel 1984permise di portare al potere leader istituzionali radicalmente innovativi. Dasoluzioni ad hoc all’interno del quadro dell’interventismo nel settore ittico,si passò a una riformulazione completa dei problemi strategici, cognitivi eregolativi della pesca e su questa base si cominciò un nuovo percorsoistituzionale, in modo questa volta sorprendente e path independent.

La riformulazione profonda del problema della gestione delle risorsecomuni della pesca portata avanti con lo spostamento dalla regolazionestatale centrale al sistema delle RTA/QIT può essere letta attraverso la teoriadei giochi come il passaggio da una situazione di dilemma del prigioniero auna di gioco dell’assicurazione (Parri 1997). Mentre nel primo gioco esisteuna strategia dominante che rende razionale la defezione, nel giocodell’assicurazione, dove non esiste strategia dominante, può essere razionalecooperare. Mentre nel dilemma del prigioniero il pagamento massimo èottenuto da chi defeziona in presenza della collaborazione altrui, nel giocodell’assicurazione è ottenuto da chi coopera in presenza della cooperazionealtrui. Ciò implica che la situazione implicita in quest’ultimo gioco ha lacapacità, in caso di cooperazione congiunta139, di generare un notevole epersistente livello di bene collettivo, livello talmente notevole che, anche sediviso equamente tra i cooperatori, garantisce loro il beneficio massimopossibile. Possiamo allora equiparare questa situazione a quella dellagestione sostenibile delle risorse comuni ittiche: posto che le informazioniper stabilire le RTA siano minimamente accurate, se i pescatori rispettanotutti le QIT la risorsa comune tende a crescere o, almeno, a nondepauperarsi. La torta da dividere resta grande o addirittura aumenta, ragionper cui le fette individuali sono più grandi rispetto a una situazione cheinvita alla defezione congiunta o anche solo unilaterale. Nel dilemma del

139 Per congiunta, intendiamo la cooperazione o defezione praticata da entrambi gli attori

in un ipotetico gioco con due partecipanti; per unilaterale, intendiamo la situazione incui solo uno dei due attori assume il comportamento in questione.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 105

prigioniero, notoriamente, sia la defezione congiunta che quella unilateraletendono a rimpicciolire progressivamente la dimensione del bene collettivodella risorsa comune. Immaginiamo due ZdP perfettamente identiche,ciascuna con 10 pescatori: la ZdPX gestita con il sistema delle RTA/QIT, laZdPY con la regolazione statale centrale. Immaginiamo anche una RTA, chegarantirebbe sostenibilità nel tempo della risorsa, ad es. 1.000 t per stagione.Nella ZdPX ogni pescatore ha 100 t di QIT, nella ZdPY vi è corsa per lapesca e free riding sistematico. Paragoniamo dinamicamente i pagamentiottenuti, immaginando che nella ZdPX tutti cooperino e nella ZdPY vi siano5 free rider e 5 cooperatori. Dopo una stagione, nella ZdPY, malgrado ilfermo pesca una volta raggiunte le 1.000 t, la presenza di pesca in nero nonverificata per 50 t da parte dei 5 free rider fa sì che a essere state estrattesono in realtà ben 1.250 t. Alla stagione seguente, mentre ogni cooperatorecongiunto della ZdPX continuerà a estrarre le sue 100 t, nella ZdPY ci sitroverà di fronte a una nuova RTA più bassa, ad es. 700 t, e a meno pesci inmare, fatti che faranno chiudere prima la pesca e renderanno menoproduttivi gli sforzi di ogni free rider. Alla fine della seconda stagioneognuno di costoro si dovrà accontentare ipoteticamente di 120t. Se ilprocesso nella ZdPY continua, tra riduzioni della RTA, chiusure anticipatedella pesca e diminuzione costante della risorsa comune ogni free rider sitroverà con molto meno delle 100 t del cooperatore congiunto della ZdPX140.Nella realtà si è assistito proprio a un simile fenomeno: in Nuova Zelandal’esercito di free rider presenti nelle ZdP gestite col sistema dellaregolazione statale centrale era diventato incapace di raggiungere profittieconomici, profitti che sono ricomparsi dopo un certo periododall’introduzione del sistema delle RTA/QIT.

Se questo è senza dubbio il quadro reale dell’interazione strategica, laspiegazione del perché il sistema delle RTA/QIT funzioni come un giocodell’assicurazione in regime cooperazione congiunta va però meglioprecisata: in questo gioco è infatti possibile che uno, più o tutti i pescatoripratichino la diffidenza razionale, ovvero il maximin 141(Parri 1997) e perciò

140 La situazione della ZdPY peggiorerebbe ulteriormente se ipotizzassimo, cosa che ad

es. nella realtà delle PCPE è sistematica, che il governo nel fissare la RTA non siabiologicamente prudente e, su pressione dei pescatori suoi clientes, la sfondi versol’alto, mettendo così ulteriormente in pericolo la sostenibilità della risorsa comune.D’altro canto, si potrebbe anche immaginare che, nella ZdPX gestita con leRTA/QIT, vi sia una certa attività fisiologica di scarto. Se però il governo èrelativamente indipendente e rigoroso, come sembra essere il caso in Nuova Zelanda,dopo un po’ i pescatori, chi scarta e chi no, sarebbero puniti con QIT più basse.

141 In un gioco dell’assicurazione scegliere il maximin significa defezionare. In Parri(1997) il gioco è presentato e approfondito, oltre che utilizzato in un caso empirico di

106 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

portino col tempo la risorsa comune a depauperarsi. Perché i pescatorineozelandesi cooperano congiuntamente? Chi o cosa li convince a nondefezionare pesantemente (pesca in nero) o debolmente (scarto), rinunciandoalla diffidenza razionale del maximin? La risposta non si trova solo nel giàmenzionato meccanismo istituzionale di retroazione punitiva del free ridingcostituito dalla diminuzione del tonnellaggio individuale ammesso, nonchédel valore di mercato, di ciascuna QIT. Questo meccanismo è sì potente, manon immediato: perché sia veramente operativo esso presuppone ulterioricondizioni socio-istituzionali tutt’altro che scontate: a) il MdP deve esserestrutturato organizzativamente e dotato cognitivamente in modo tale daessere il più possibile indipendente dalle pressioni al rialzo dei pescatori almomento di stabilire le nuove RTA; b) il MdP deve essere in grado dioperare controlli e punizioni credibili e imparziali nei confronti di uneventuale free riding; c) di fronte alla possibilità che comunque i pescatorihanno di aggirare controlli e punizioni statali, devono essere operativiulteriori baluardi a livello decentrato: nel caso studiato abbiamo la presenzadi governi privati in grado di coadiuvare il MdP nei controlli, di esercitareuna peer pressure sui propri soci, di influire educativamente sui quadricognitivi dei pescatori. Se queste tre condizioni ulteriori sono presenti, comesembrano esserlo in Nuova Zelanda, allora ciascun pescatore si sentecredibilmente assicurato del fatto che anche gli altri pescatori rispettinocome lui le regole. Dove non fossero presenti, è possibile che in quel casoun sistema istituzionale di RTA/QIT non sarebbe efficace: il caso olandeseprima dell’introduzione dei gruppi di Biesheuvel sta a dimostrarlo. Nondimentichiamo infatti che, mentre il dilemma del prigioniero è il gioco delladefezione incondizionata, quello dell’assicurazione è il gioco dellacooperazione condizionata, ovvero della cooperazione che diventa la sceltaindividuale dalle aspettative massimamente paganti se si è ragionevolmentesicuri che anche gli altri la esercitino (Sen 1967; Parri 1997). C’è perciòbisogno di credere in un assicuratore; in Nuova Zelanda questi assicuratorisono a tre livelli: il MdP con la sua indipendenza; i governi privati eassociativi delle QOC e del SeaFIC con le loro attività sistematiche; ilbagaglio cognitivo di ciascun pescatore, nel senso che ognuno puòragionevolmente credere che anche il collega sia stato esposto dalle QOC edal SeaFIC alla cultura della cooperazione e della conservazione dellarisorsa. Come si vede, l’esito cooperativo è costruito socialmente attraversol’azione congiunta di una serie di istituzioni economicamente rilevanti.

Veniamo alla questione dell’efficienza istituzionale del sistema delleRTA/QIT. Come detto, essa va misurata lungo diverse dimensioni. Sembra

consorzio di vendita tra piccole imprese.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 107

ottima dal punto di vista dell’efficienza economica allocativa: a unamoltitudine di pescatori a tempo parziale e a una pesca massicciamentesovracapitalizzata, sono stati sostituiti pescatori esclusivamente diprofessione i quali, non invischiati nella corsa per la pesca e garantiti nelpossesso della risorsa, possono ottimizzare investimenti e strategie. Ancormigliore è la situazione dal punto di vista dell’efficienza economicadinamica: la sicurezza conferita ai pescatori da un MdP autonomo e rigorosoe da diritti di proprietà quasi completi sulla risorsa ha permesso diimboccare la strada della qualità e dell’innovazione di processo e prodotto,portando l’industria ittica neozelandese all’avanguardia mondiale.L’efficienza misurata in termini di capacità di generare occupazione èsinora stata altrettanto alta, anche se il sistema, fortemente mercantile, nongarantisce padroncini e lavoratori dipendenti dai contraccolpi immediati diuna eventuale crisi. Degli effetti positivi in termini di solidarietà interetnicatra anglosassoni e maori abbiamo già parlato, anche se pure in questo caso laforte esposizione mercantile del sistema istituzionale scelto potrebbe metterea repentaglio, in caso di crisi, alcuni degli obbiettivi comunitari e valorialisinora raggiunti. Circa l’efficienza del sistema dal punto di vista della suapressione sul bilancio dello stato e sui contribuenti, anch’essa è notevole:come si è visto, il MdP non regala praticamente nulla al settore ittico, mentrealcuni aiuti fluiscono da altri dicasteri per le iniziative dei pescatori intermini di formazione professionale e di protezione ambientale. Si tratta peròdi pratiche poco consistenti e comuni a qualsiasi paese industrializzato. Piùdifficile il giudizio dal punto di vista della conservazione della risorsacomune, soprattutto se confrontato ai radicali desiderata conservativi degliecologisti; se la maggioranza delle ZdP sembrano essere gestite in manierasostenibile, su molte altre i dati non sono sufficientemente chiari. Oltre a ciò,15 anni sono un periodo ancora troppo breve per giudicare se la risorsacomune è adeguatamente conservata: il passare del tempo sarà anche quigiudice.

Tirando per il momento le somme, si potrebbe comunque dire che ilnuovo sistema di regolazione della pesca ha surclassato quello precedente intutte le dimensioni dell’efficienza istituzionale. Certo, ciò non era moltodifficile, vista la dissennatezza cui erano giunte le precedenti politiche. Vacomunque ricordato che, al momento della sua introduzione, più o meno intutti i paesi la regolazione statale centrale aveva destato grandi aspettative,poi clamorosamente tradite. Le RTA/QIT hanno sinora mantenuto lepromesse; è però ancora presto per giudicarle, anche perché come si è vistonon sono esenti da difetti: lo scarto endemico, le difficoltà nel monitorare illivello della risorsa, la necessità, istituzionalmente delicata, di ministeriresponsabili esenti da capture e di istituzioni decentrate di governo privato

108 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

efficaci. Un giudizio migliore sarà possibile in futuro, quando pionieri comela Nuova Zelanda e l’Islanda avranno fatto ulteriore strada e quando altripaesi avranno adottato le RTA/QIT. Da parte nostra giudichiamo il sistemarelativamente adattabile, ma solo un’esperienza comparativa più ampia potràveramente dare una risposta.

Da ultimo due parole sulla lezione che questa innovazione istituzionalepermette di trarre in termini di rapporto tra stato e mercato o tra pubblico eprivato. Il sistema della regolazione statale centrale esclude totalmente ilmeccanismo del mercato come strumento di coordinamento per evitare ildepauperamento della risorsa: il suo affidarsi a un MdP onnipotente,onniscente e benevolente è un’utopia estremamente costosa per i pescatori,per i contribuenti e purtroppo persino per i pesci. È ormai più che evidenteche in questi casi lo stato ha fatto un passo enormemente più lungo dellagamba: la regolazione interventista tipica della PCPE è probabilmente, conla politica agricola dell’UE, l’ultimo ingombrante residuo di socialismoreale che si aggira per il continente. Tutto ciò non vuol dire che sia possibileregolare la risorsa comune della pesca con istituzioni esclusivamente dimercato o esclusivamente comunitario-associative142: un soggetto dotato dipoteri erga omnes e che agisce super partes è indispensabile di fronte a unarealtà così incerta e delicata come quella dello sfruttamento del mare.Questo soggetto, che va identificato in un ministero o in un’agenziaautonoma di regolazione, non deve però accollarsi compiti di coordinamentoper svolgere i quali non possiederà mai forze e informazioni sufficienti. Nelsistema delle RTA/QIT, attraverso la determinazione di RTA prudenti ecredibili lo stato pone ogni anno un obbiettivo chiaro che l’agire mercantiledei pescatori dovrà raggiungere. Passando dal macro al micro tramite laQIT, la RTA indica ai singoli pescatori i vincoli quantitativi che dovrannorispettare; come poi nel concreto ciò verrà fatto interessa relativamente pocoallo stato, basti pensare che il nuovo sistema ha cancellato gran parte deivincoli sugli input della pesca. Il coordinamento delle azioni dei pescatori èperò realizzato, una volta recepito come vincolo il livello delle QIT diquell’anno, dal loro stesso interagire autonomo e autointeressato all’internodi due mercati: quello della domanda e dell’offerta del pesce e quello delladomanda e dell’offerta delle QIT, un’arena di secondo grado che letrasforma di fatto in quotazioni azionarie. Riguardo all’operare di questi duemercati il compito dello stato non deve essere diverso che da quello tenutosu altri mercati dei beni e dei titoli: non intervenire discrezionalmente earbitrariamente, ma far rispettare le regole del gioco. Nel caso della pesca,

142 Queste ultime sono forse fattibili in ZdP costiere limitate territorialmente e praticate

da pescatori esclusivamente locali.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 109

che si svolge in mare, spesso lontano da occhi indiscreti, ciò può esserecomplicato; è proprio per questo che sorveglianza aggiuntiva, persuasionemorale, peer pressure e ridefinizione degli interessi esercitate da parte digoverni privati decentrati dei pescatori diventano l’importantissimo terzoelemento regolativo del sistema delle RTA/QIT. La conclusione è che ilsistema delle RTA/QIT vede sì al proprio centro l’istituzione dicoordinamento decentrato del mercato, ma la vede indispensabilmentecoadiuvata dall’istituzione economicamente rilevante dello stato. Questo sioccupa di raccogliere le informazioni per determinare nel modo piùindipendente possibile la RTA, che può essere considerata uno strumento dicoordinamento centralizzato di vitale importanza affinché la risorsa siaconservata in modo sostenibile. Influenze di interessi esterni sulladeterminazione della RTA sarebbero distruttive per la risorsa, ragion per cuiil tipo di stato che è desiderabile in questi frangenti è un «regulatory state»,il più possibile indipendente sia sul piano strategico che su quello cognitivo:una sorta di autorità di controllo indipendente e non un organismoneocorporativo e redistributivo legato al consenso degli interessi costituiti(Majone 1997). Se il mercato dà indicazioni di coordinamento a livellomicro e decentrato tramite i prezzi e le quotazione delle QIT, se lo statostabilisce in modo macro e accentrato la RTA, il terzo elemento istituzionaledel sistema, i governi privati di tipo associativo o di contratto associativo,diventa importante a livello meso. Questo terzo elemento ha il compito dirafforzare la razionalità cognitiva e l’operatività dei propri interlocutori,che sono i pescatori da un lato e lo stato dall’altro. La regolazione dellapesca appare così costruita istituzionalmente dalla sinergia di tre elementiistituzionali: mercato, stato e associazioni o contratti associativi. Si tratta diuna sinergia delicata, probabilmente molto sensibile a sconfinamentiregolativi eccessivi da parte di ciascun elemento. Si può dunque concludereche Hardin (1968) e la Ostrom (1990) hanno certamente ragione quandoaffermano che la risorsa comune della pesca non è gestibile tramite ilmeccanismo del mercato; essi dimenticano però colpevolmente di dire che ilmercato che in questo caso fallisce è quelli che di recente Olson (2000, capX) ha chiamato mercati naturali143, mercati basati su transazioni uno actu dibeni e servizi elementari, che si autosostengono normativamente efunzionalmente sulla base di un apparato istituzionale minimo e informale eche sono capaci di sorgere quasi ovunque. Non ha invece fallito quello chelo stesso Olson (ibidem) ha definito «governmentally» o «sociallycontrieved market», capace di garantire scambi di beni e prodotti complessi

143 Olson li chiama in realtà «spontaneous markets», ma per evitare confusioni

terminologiche con il mercato spontaneo delle QIT evitiamo di usare questo termine.

110 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

e sofisticati, di prendere in considerazione orizzonti temporali estesi e distimolare l’innovazione di prodotto e processo. Il mercato delle RTA/QIT èproprio uno di questi, un mercato «not self-enforcing», ma ideato, sostenutoe fatto funzionare -attorno all’innovazione istituzionale delle QIT- grazieanche all’aiuto del governo, delle associazioni e dei contratti associatividell’industria ittica144. All’interno di questo quadro istituzionale mercantile,le dinamiche spontanee dell’azione economica dei padroncini e delleaziende ittiche sono in grado di generare livelli di coordinamento (ordine) einnovazione (varietà) irraggiungibili tramite la sola mano visibile dello statoo i meccanismi normativi della comunità. L’insegnamento di questaindagine di sociologia economica sembra dunque essere quello che, prima disbarazzarsi disinvoltamente dell’alternativa regolativa del mercati, glistudiosi della società farebbero bene a meglio approfondire le variegatemodalità attraverso le quali questi sono in grado di entrare virtuosamente insinergia con altri meccanismi istituzionali, e viceversa naturalmente. Inmolti casi, allora, il vero problema, come dice De Alessi in epigrafe, nonsarebbe una spesso fantomatica «market failure» ma piuttosto, ripescandoanche Olson, una «failure to have contrieved markets».

144 Il mercato della compravendita del pesce, per il suo carattere spesso uno actu e la sua

esistenza che si perde nella notte dei secoli, è in parte un mercato naturale, almenocome origini. Ovviamente i mercati di questo tipo esistenti oggi in Nuova Zelandahanno anche caratteristiche «contrieved».

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 111

Bibliografia

Anderson, T.L, Hill, P.J. 1975 The Evolution Of Property Rights: A Study Of the American

West, in «Journal Of Law And Economics», v. 18, n. 1, pp. 163-179.1983 Privatizing the Commons: An Improvement?, in «Southern

Economic Journal», v. 50, n. 2, pp. 438-450.

Aoki, M.1990 Toward An Economic Model Of the Japanese Firm, in «Journal of

Economic Literature», v. 28, march, pp. 1-27.1997 Unintended Fit: Organizational Evolution and Government

Design Of Institutions In Japan, in M. Aoki et al. (1997), a cura di,pp. 233-253.

Aoki, M., Dore, R., (a cura di)1994 The Japanese Firm. Sources of Competitive Strength, Oxford,

Clarendon.

Aoki, M., Murdock, K., Okuno-Fujiwara, M.1997 Beyond the East Asian Miracle: Introducing the Market-

Enhancing View, in M. Aoki et al. (1997), a cura di, pp. 1-37.

Aoki, M., et al. (a cura di)1997 The Role of Government In East Asian Economic Development.

Comparative Institutional Analysis, Oxford, Clarendon.

Ashby, R.W.1956 Introduzione alla cibernetica, Torino, Einaudi, 1971.

Arnason, R.1996 Property Rights As an Organizational Framework In Fisheries:

The Cases Of Six Fishing Nations, in B.L. Crowley, a cura di,Taking Ownership, Halifax, Institute For Market Studies, pp. 99-144.

1999 Advances In ITQ Fisheries Management, in R. Arnason, H.G.Gissurarson, a cura di, Individual Transferable Quotas In Theoryand Practice, Reykjavik, Univ. of Iceland Pr., pp. 31-42.

112 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Batstone, C.J., Sharp, B.M.H.1999 New Zealand’s Quota Management System: The First Ten Years,

in «Marine Policy», v. 23, n. 2, pp. 177-190.

Bess, R.2000 Property Rights and Their Role In Sustaining New Zealand

Seafood Firms’ Competitiveness, in «FAO Fisheries TechnicalPapers», n. 404/2.

2001 New Zealand’s Indigenous People and Their Claims To FisheriesResources, in «Marine Policy», v. 25, n. 1, pp. 23-32.

Bess, R, Harte, M.2000 The Role Of Property Rights In the Development Of New

Zealand’s Seafood Industry, in «Marine Policy», v. 24, pp. 331-339.

Bollard, A.1994 New Zealand, in J. Williamson, a cura di, The Political Economy

Of Policy Reform, Washington DC, Institute for InternationalEconomics, pp. 73-110.

Boudon, R.1984 Il posto del disordine, Bologna, Il Mulino, 1985.1987 Razionalità e teoria dell’azione, in «Rassegna italiana di

sociologia», v. 28, n.2, pp. 175-203.1998 Limitations of Rational Choice Theory, in «American Journal of

Sociology», v. 104, n. 3, pp. 817-828.1999 Le sens des valeurs, Paris, Puf.

Bowles, S.1998 Endogenous Preferences: The Cultural Consequences Of

Markets And Other Economic Institutions, in «Journal OfEconomic Literature», v. 36, n. 1, pp. 75-111.

Brash, D.T.1996 New Zealand’s Remarkable Reforms, London, Institute Of

Economic Affairs.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 113

Bravo, G.2001 Dai pascoli a internet. La teoria delle risorse comuni, in «Stato e

mercato», v. 3/2001, n. 63.

Buchanan, J.M.1964 What Should Economists Do?, in What Should Economists Do?,

Indianapolis, Liberty Press, 1979, pp. 9-37.

Burg van der, T.2000 Neo-Classical Economics, Institutional Economics and Improved

Fisheries Management, in «Marine Policy», v. 24, pp. 45-51.

Callon, S.1995 Divided Sun. MITI and the Breakdown of Japanese High-Tech

Industrial Policy, 1975-1993, Stanford, Stanford UP.

Canada Standing Senate Committeee On Fisheries1999 Privatization and Quota Licensing In Canada’s Fisheries,

www.parl.gc.ca/36/1/.

Cella, G.P.1997 Le tre forme dello scambio. Reciprocità, politica e mercato a

partire da Karl Polanyi, Bologna, Il Mulino.

Charles, A.T.1988 Fishery Socioeconomics: A Survey, in «Land Economics», v. 64, n.

3, pp. 276-295.1992 Fishery Conflicts. A Unified Framework, in «Marine Policy», v.

16, n. 5, pp. 379-393.2000 Use Rights In Fishery Systems, IIFET 2000 Proceedings, Oregon

State Univ., www.orst.edu/Dept/IIFET/.

Clark, J., Wildavsky, A.1990 Why Communism Collapses: The Moral and Material Failures

Of Command Economies Are Intertwined, in «Journal Of PublicPolicy», v. 10, n. 4, pp. 361-290.

Coase, R.H. 1975 Marshall On Method, in R. Coase (1994), pp. 167-175.

114 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

1978 Economics and Contiguous Disciplines, in R. Coase (1994), pp. 34-46.

1991 The Institutional Structure of Production, in R. Coase (1994), pp.3-14.

1994 Essays on Economics and Economists, Chicago, The U. of ChicagoPress

Cockett, R.1994 Thinking the Unthinkable. Think-Tanks and the Economic

Counter Revolution, 1931-1983, London, Harper & Collins.

Cooper, M-P.1999 The Common Fisheries Policy Of the European Union – A

Lesson In How Not To Make Policy, in «Politics», v. 19, n. 2, pp.61-70.

Copes, P.1986 A Critical Review Of the Individual Quota As A Device In

Fisheries Management, in «Land Economics», v. 62, n. 3, pp. 278-291.

Corò, G., Grandinetti, R.1999a Evolutionary Patterns of Italian Industrial Districts, in «Human

Systems Management», v. 18, pp. 117-129.

Couch, J.F., Shughart II, W.F.1998 The Political Economy of the New Deal, Cheltenham, Elgar.

Craig, T.2000 Devolution: Privatizing Administrative Services In the New

Zealand Seafood Industry, IIFET 2000 Proceedings, Oregon StateUniv., www.orst.edu/Dept/IIFET/.

Crowley, B.L.1996 Introduction, in B.L. Crowley, a cura di, Taking Ownership,

Halifax, Institute For Market Studies, pp. 1-30.

De Alessi, M.1998 Fishing For Solutions, London, Institute Of Economic Affairs.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 115

Demsetz, H.1967 Toward A Theory Of Property Rights, in Ownership, Control

And the Firm, Vol. 1, Oxford, Blackwell, 1988, pp. 104-116.

Dubbink, W., Vliet van, M.1996 Market Regulation Versus Co-Management. Two Perspectives

On Regulating Fisheries Compared, in «Marine Policy», v. 20, n.6, pp. 499-516.

Easton, B.1994 Economic and Other Ideas Behind the New Zealand Reforms, in

«Oxford Review Of Economic Policy», v. 10, n. 3, pp. 78-94.

Eisenstadt S.N.1968 Social Institutions, in D.L. Sills, a cura di, International

Enciclopaedia of Social Sciences, vol. 14, London, MacMillan, pp.409-421.

Elster, J.1994 Un commento a Williamson, in «Stato e mercato», n. 40, pp. 63-

68.

Eucken, W.1952 Grundsätze der Wirtschaftspolitik, Tübingen: J.C.B. Mohr, 1990.

Evans, L., Grimes, A., Wilkinson, B. et al.1996 Economic Reform in New Zealand 1984-1995, The Pursuit of

Efficiency, in «Journal of Economic Literature», v. 34, n. 4, pp.1856-1902.

Fullin, G.1999 La responsabilità sociale e politica di chi produce: piccole

imprese e contesto locale in un distretto industriale, in «Economiae società regionale», n. 3, pp. 67-102.

Furubotn, E.G., Richter, R.1997 Institutions and Economic Theory. The Contribution Of the New

Institutional Economics, Ann Arbor, The Un. of Michigan Press.

116 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Giersch, H., et al.1992 The Fading Miracle. Four Decades of Market Economy in

Germany, Cambridge, Cambridge UP.

Giuliani, M.1998 Sul concetto di ‘imprenditore di policy’, in «Rivista italiana di

scienza politica», v. 28, n. 2, pp. 357-378.

Gissurarson, H.H.2000 Overfishing: The Icelandic Solution, London, Institute Of

Economic Affairs.

Goldfinch, S.1998 Evaluating Public Sector Reform In New Zealand: Have the

Benefits Been Oversold, in «Asian Journal Of PublicAdministration», v. 20, n. 2, pp. 203-232.

2000 Remaking New Zealand and Australian Economic Policy. Ideas,Institutions and Policy Communities, Washington DC,Georgetown UP.

Gordon, H.S.1954 The Economic Theory Of A Common-Property Resource: The

Fishery, in «Journal Of Political Economy», v. 62, n. 2, pp. 124-142.

Granovetter, M.2000 Un’agenda teorica per la sociologia economica, in «Stato e

mercato», n. 60, pp. 349-382.

Grant, W. (a cura di)1987 Business Interests, Organizational Development and Private

Interest Government. An International Comparative Study ofthe Food Processing Industry, Berlin, De Gruyter.

Gray, P.1998 Policy Disasters In Europe, in P. Gray, P. Hart (a cura di) Public

Policy Disasters In Western Europe, Routledge, London, pp. 3-20.

Gwartney, J., Lawson, R.2000 2000 Annual Report Economic Freedom Of The World,

Vancouver, Fraser Institute.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 117

Hall, P.A.1993 Policy Paradigms, Social Learning, And the State. The Case Of

Economic Policymaking In Britain, in «Comparative Politics», v.25, n. 3, 275-296.

1997 The Political Economy of Adjustement in Germany, in F.Naschold, F. et al, a cura di, Ökonomische Leistungsfähigkeit undinstitutionelle Innovation. Berlin: Sigma, pp. 293-318.

Hannesson, R.1991 From Common Right Fishing To Rights Based Fishing, in

«European Economic Review», v. 35, pp. 397-407.

Hardin, G.1968 The Tragedy Of the Commons, in «Science», v. 162, n. 3859, pp.

1243-1248.

Hayek, F.A.1944 La via della schiavitù, Milano, Rusconi, 1995.1952 L’abuso della ragione, Roma, Seam, 1997.1972/8A Tiger By the Tail. The Keynesian Legacy of Inflation, London,

Institute of Economic Affairs, 1983.1975 La presunzione del sapere, in F.A. Hayek (1988), pp. 211-226.1979 Il sistema politico di un popolo libero, in Legge, legislazione,

libertà, Milano, Saggiatore, 1986.1980 1980s Unemployement and the Unions, London, Institute of

Economic Affairs, Bart Paper 87.1988 Conoscenza, mercato, pianificazione, Bologna, Il Mulino.

Hedström, P., Swedberg, R. (a cura di)1998 Social Mechanisms. An Analytical Approach To Social Theory,

Cambridge, Cambridge UP.

Heiner, R.A.1990 Imperfect Choice and the Origin of Institutional Rules, in

«Journal of Institutional and Theoretical Economics», v. 146, n. 4,pp. 720-726.

Helm, D., Jenkinson, T. (a cura di)1998 Competition In Regulated Industries, Oxford, Oxford UP.

118 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Henderson, D.1998 The Changing Fortunes Of Economic Liberalism. Yesterday,

Today, Tomorrow, London, Institute Of Economic Affairs.

Hirschman, A.O.1984 Against Parsimony, in «American Economic Review», v. 74, n. 2,

pp. 89-96.

Hodgson, G.M.1993 Economics and Evolution. Bringing Life Back Into Economics,

Oxford, Polity Press.

Holmes, B.1994 Biologists Sort the Lessons of Fisheries Collapse, in «Science»,

vol. 264, 27 may 1994, pp 1252-3.

Hood, C.1994 Explaining Economic Policy Reversals, Buckingham, Open UP.

Howarth, R.2000 Commentary: Lessons For EU Farm Policy, in R.W.H. Johnson,

Reforming EU Farm Policy: Lessons From New Zealand,London, Institute Of Economic Affairs, pp. 61-84.

Hughey, K.F.D., Cullen, R., Kerr, G.N.2000 Stakeholder Groups In Fisheries Management, in «Marine

Policy», v. 24, n. 2, pp. 119-127.

Imai, K. Komiya, R.1994 Characteristics Of the Japanese Firms, in K. Imai, R. Komiya, a

cura di, Business Enterprise in Japan: Views of Leading JapaneseEconomists, Cambridge: MIT Press, pp. 19-37.

Jentoft, S., McCay, B.1995 User Participation In Fisheries Management. Lessons Drawn

From International Experience, in «Marine Policy», v. 19, n. 3, pp.227-246.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 119

Johnson, R.W.M.2000 Reforming EU Farm Policy: Lessons From New Zealand,

London, Institute Of Economic Affairs.

Katz, R.1998 Japan. The System That Soured. The Rise and Fall Of the

Japanese Economic Miracle, Armonk, Sharpe.

Kavanagh, D.1997 The Reordering of British Politics. Politics After Thatcher,

Oxford, Oxford UP.

Kester, W.C.1996 La corporate governance negli Stati Uniti e in Giappone, in S.

Berger, R. Dore, a cura di, Differenze nazionali e capitalismoglobale, Bologna, Il Mulino, 1998, pp. 113-148.

Kitschelt, H. et al. (a cura di)1999 Continuity and Change in Contemporary Capitalism, Cambridge,

Cambride UP

Kornai, J.1992 The Socialist System. The Political Economy Of Communism,

Oxford, Clarendon Press.1993 Market Socialism Revisited, in J. Kornai (1995), pp. 1-33.1995 Highway and Byways. Studies on Reform and Post-Communist

Transition, Cambridge, The MIT Press.

Langlois, R.N., Cosgel, M.M.1993 Frank Knight on Risk, Uncertainty, and the Firm: A New

Interpretation, in «Economic Inquiry», v. 31, July, pp. 457-465.

Layard, R. 2000 Welfare-To-Work And the New Deal, in «Schweiz. Zeitschrift für

Volkswirtschaft und Statistik», v. 136, n. 3, pp. 277-287.

Leal, D.R.1996 Community Run Fisheries: Preventing the Tragedy Of the

Commons, in B.L. Crowley, a cura di, Taking Ownership, Halifax,Institute For Market Studies, pp. 183-221.

120 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Leibenstein, H.1968 Entrepreneurship and Development, in «American Economic

Review», v. 58, n. 2, Pap. & Proc., pp. 72-83.

Lenel, H.O, (a cura di),1997 Soziale Marktwirtschaft: Anspruch und Wirklichkeit seit fünfzig

Jahren, in «ORDO», v. 48, Stuttgart, Lucius & Lucius.

Lévêque, F.1998 Économie de la réglementation, Paris, La Découverte.

Libecap, G.D.1989 Contracting For Property Rights, Cambridge, Cambridge UP.2000 Foreword, in H.H. Gissurarson, Overfishing. The Icelandic

Solution, London, Institute Of Economic Affairs, pp. 6-8.

Littlechild, S.C.2000 Privatisation, Competition and Regulation, London, Institute of

Economic Affairs.

Luhmann, N.1992 Complessità sociale, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, vol. 2,

Roma, IEI, pp. 126-34.

Ludwig, D., Hilborn, R., Walters, C.1993 Uncertainty, Resource Exploitation, and Conservation: Lessons

From History, in «Science», v. 260, 2 April 1993, pp.17 e 36.

Majone, G.1997 From the Positive to the Regulatory State: Causes and

Consequences, in «Journal of Public Policy», v. 17, n. 2, pp. 139-167.

Major, P.1999 The Evolution Of ITQs in New Zealand, in R. Arnason, H.G.

Gissurarson, a cura di, Individual Transferable Quotas In Theoryand Practice, Reykjavik, Univ. of Iceland Pr., pp. 81-102.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 121

McLean, I.2000 Review Article: The Divided Legacy Of Mancur Olson, in

«British Journal Of Political Science», v. 30, n. 4, pp. 651-668.

Mayntz, R., Scharpf, F.W.1995 Der Ansatz des akteurzentrierten Institutionalismus, in R.

Mayntz, F.W. Scharpf, a cura di, Gesellschaftliche Selbstregelungund politische Steuerung, Frankfurt am M., Campus, pp.39-72.

Menger, C.1871 Grundsätze der Volkswirtschaftslehre, Tübingen, J.C.B. Mohr,

1968.

Mill, J.S.1843 La logica delle scienze morali, in Sistema di logica deduttiva e

induttiva, Torino, Utet, 1988, cap. VI.

Mises von, L.1926 Interventismo (orig in «A. f. Sozialwiss. u. Sozialpol.», v. 51), in L.

von Mises, I fallimenti dello stato interventista, S. Mannelli,Rubbettino, 1929, 1940, 1997, pp.35-91.

1929 L’economia controllata, in L. von Mises, I fallimenti dello statointerventista, S. Mannelli, Rubbettino, 1929, 1940, 1997, pp. 93-109.

1940 L’interventismo. Un’analisi economica, in L. von Mises, Ifallimenti dello stato interventista, S. Mannelli, Rubbettino, 1929,1940, 1997, parte seconda.

1947 Epilogo. Il caos pianificato, in idem, Socialismo. Analisieconomica e sociologica (1922, 2° ediz. del 1932 ed Epilogo del1947), Milano, Rusconi, 1990, pp. 573-647.

Murakami, Y.1993 An Anticlassical Political Economic Analysis. A Vision For the

Next Century, Stanford, Stanford UP, 1996.

Mutti, A.1995 Commento a Salvati, in A. Boitani, G. Rodano, a cura di, Relazioni

pericolose. L’avventura dell’economia nella culturacontemporanea, Bari, Laterza, pp. 281-289.

122 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

1998a Capitale sociale e sviluppo. La fiducia come risorsa, Bologna, IlMulino.

1998b I diffusori della fiducia, in «Rassegna italiana di sociologia», v. 39,n. 4, pp. 533-549.

Nagel, J.H.1998 Social Choice In A Pluralitarian Democracy: The Politics Of

Market Liberalization In New Zealand, in «British Journal OfPolitical Science», v. 28, n. 2, pp. 223-267.

Nelson, R.R.1990 Capitalism As an Engine Of Progress, in «Research Policy», v. 19,

n. 3, pp. 193-214.1994 Evolutionary Theorizing About Economic Change, in N.J.

Smelser, R. Swedberg, a cura di, Handbook Of EconomicSociology, Princeton, Princeton UP, pp. 108-136.

Nelson, R.R., Sampat, B.N.2001 Making Sense Of Institutions As A Factor Shaping Economic

Performance, in «Journal Of Economic Behavior & Organization»,v. 44, n. 1, pp. 31-54.

North, D.C.1990 Istituzioni, cambiamento istituzionale e evoluzione

dell’economia, Bologna, Il Mulino, 1993.1998 Where Have We Been and Where Are We Going?, in A. Ben-Ner,

L. Putterman, a cura di, Economics, Values, and Organization,Cambridge, Cambridge UP, pp. 491-508.

1999 Understanding the Process of Economic Change, London,Institute of Economic Affairs.

Odagiri, H.1992 Growth Through Competition, Competition Through Growth,

Oxford, Clarendon.

OECD2000 New Zealand, in OECD, a cura di, Transition to Responsible

Fisheries: Economic and PolicyImplications, Paris, Oecd, pp. 174-186, scaricabile in pdf da www1.oecd.org/agr/fish/publications.htm.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 123

Okun, A.M.1975 Equality And Efficiency. The Big Tradeoff, Washington DC,

Brookings Institutions.

Olson, M. 1996 The Varieties of Eurosclerosis: The Rise and Decline of Nations

Since 1982, in N. Crafts et al., a cura di, Economic Growth inEurope Since 1945, Cambridge, Cambridge UP-CEPR, pp. 73-94.

2000 Power And Prosperity, New York, Basic Books.

Ostrom, E.1990 Governing the Commons. The Evolution Of Institutions Of

Collective Action, Cambridge, Cambridge UP.1998 A Behavioral Approach To the Rational Choice Theory Of

Collective Action, in «American Political Science Review», v. 92, n.1, pp. 1-22.

Pacqué, K-H.1996 Why the 1950s and Not the 1920s? Olsonian and Non-Olsonian

Interpretations of Two Decades of German Economic History, inN. Crafts et al., a cura di, Economic Growth in Europe Since 1945,Cambridge, Cambridge UP-CEPR, pp. 95-106.

Pareto, V.1896/7Corso di economia politica, Torino, Utet, 1971.1920 I problemi economici del controllo, in V. Pareto (1980), pp. 1030-

1034.1922 La questione sociale, in V. Pareto (1980), pp. 1063-1073.1980 Scritti sociologici minori, Torino, Utet.

Parri, L.1993a Due regioni per la piccola impresa. Le politiche per l'innovazione

tecnologica in Emilia-Romagna e Rhône-Alpes, Milano, FrancoAngeli.

1993b I dilemmi dell'azione collettiva nell'evoluzione dei distrettiindustriali italiani: i casi di Cantù, Carpi e Arzignano, «Oltre ilPonte. Economia e società regionale», v. 11, n. 41, pp. 62-94.

124 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

1996a Le istituzioni in sociologia ed economia: ‘hic sunt leones’?, in«Stato e mercato», n. 46, pp. 123-155.

1996b Se il fallimento è dello stato, in «Impresa e stato. Rivista dellaCamera di commercio di Milano», n. 35, pp. 10-12.

1997 I giochi della cooperazione tra piccoli imprenditori: i consorzi divendita come istituzioni, in «Quaderni di sociologia», 41, n. 13, pp.109-140.

1999 L’involontaria sociologia economica di Hayek alla luce di Paretoe Weber, in «Rassegna italiana di sociologia», v. 40, n. 3, pp. 409-433.

2000a La sociologia economica tra mura dell’ordine e scossedell’incertezza, in «Rassegna italiana di sociologia», v. 41, n. 1, pp.143-151.

2000b Lo sviluppo locale tra imprenditorialità e istituzionieconomicamente rilevanti, in «DSS Papers Soc 6-00»,Dipartimento di Studi Sociali dell’Università di Brescia, scaricabileda www.unibs.it, sotto Dipartimento di Studi Sociali (sotto I paperdel Dipartimento).

Porter, M.E.1992 Capital Disadvantage: America’s Failing Capital Investment

System, in «Harvard Business Review», sept.-oct., pp. 65-82.

Porter, M.E., Opstal van, D.2001 U.S. Competitiveness 2001: Strengths, Vulnerabilities and Long-

term Priorities, Washington DC, Council Of Competitiveness,scaricabile dal www.compete.org .

Pizzorno A.1983 Sulla razionalità della scelta democratica, «Stato e mercato», n. 7,

pp. 3-46.1996 Decisioni o interazioni? La micro-descrizione del cambiamento

sociale, in «Rassegna italiana di sociologia», v. 37, n. 1, pp. 107-132.

Ritchie, E., Zito, A.1998 The Common Fisheries Policy. A European Disaster?, in P. Gray,

P. Hart (a cura di) Public Policy Disasters In Western Europe,Routledge, London, pp. 155-174.

Rosenberg, N.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 125

1992 Economic Experiments, in «Industrial and Corporate Change», v. 1,n. 1, pp. 181-203.

Rosenberg, N., Birdzell, L. E.1986 Come l’occidente è diventato ricco. Le trasformazioni

economiche del mondo industriale, Bologna, Il Mulino, 1988.

Rowley, C.K. (a cura di)1993 Public Choice Theory, 2 voll., Aldershot, Elgar.

Ruttan, V.W., Hayami, Y.1984 Toward A Theory Of Induced Institutional Innovation, in

«Journal Of Development Studies», v. 20, n. 4, pp. 203-221.

Scharpf, F.W.1986 La trappola della decisione congiunta: federalismo tedesco e

integrazione europea, in «Stato e mercato», n. 17, pp. 175-216.

Scharpf, F.W., Schmidt, V.A., (a cura di)2000 Welfare And Work In the Open Economy, Vol. 1, From

Vulnerability To Competitiveness, Oxford, Oxford UP.

Schlager, E.1994 Fishers’ Institutional Responses To Common-Pool Resource

Dilemmas, E. Ostrom et al. (a cura di), Rules, Games, andCommon-Pool Resources, Ann Arbor, The Univ. of Michigan Pr.,pp. 247-266.

Schmitter, P.C.1989 I settori nel capitalismo moderno: modi di regolazione e

variazioni nel rendimento, in «Stato e mercato», n. 26, pp. 173-209.

Schumpeter, J.A.1928 L’imprenditore, in L’imprenditore e la storia dell’impresa.

Scritti 1927-1949, Torino, Bollati B. pp. 3-32.1942 Capitalismo, socialismo e democrazia, Milano, Etas, 1994.1946 Capitalism (orig. in Encyclopaedia Britannica, vol IV), in J.A.

Schumpeter Essays on Entrepreneurs, Innovations, BusinessCycles, and the Evolution of Capitalism, New Brunswick,Transaction, 1951, 1989, pp. 189-210.

126 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Schütz, A.1953 L’interpretazione dell’azione umana da parte del senso comune e

della scienza, in Saggi sociologici, Torino, Utet, 1979, pp. 3-47.

Schwartz, H.1994 Small States in Big Trouble. State Reorganization in Australia,

Denmark, New Zealand and Sweden, in «World Politics», v. 46, n.4, pp. 527-555.

Scott, A.D.1955 The Fishery: The Objectives Of Sole Ownership, in «Journal Of

Political Economy», v. 63, n. 2, pp. 116-124.1996 The ITQ As A Property Right: Where It Came From, How It

Works, and Where It Is Going, in B.L. Crowley, a cura di, TakingOwnership, Halifax, Institute For Market Studies, pp. 31-98.

1999 Fishermen’s Property Rights, in R. Arnason, H.G. Gissurarson, acura di, Individual Transferable Quotas In Theory and Practice,Reykjavik, Univ. of Iceland Pr., pp. 15-30.

Sen, A.K.1967 Isolation, Assurance and the Social Rate of Discount, in

«Quarterly Journal of Economics», v. 81, n. 1, pp. 112-124.

Sen, S., Nielsen, J.R.1996 Fisheries Co-Management: A Comparative Analysis, in «Marine

Policy», v. 20, n. 5, pp. 405-18.

Sharp, B.M.H.1997 From Regulated Access To Transferable Harvesting Rights:

Policy Insights From New Zealand, in «Marine Policy», v. 21, n. 6,pp. 501-519.

Simmel, G.1905 I problemi della filosofia della storia, Casale Monferrato, Marietti.

Skidelsky, R.1996 The Fall Of Keynesianism, in D. Marquand et al., a cura di, The

Ideas That Shaped Post-War Britain, London, Fontana, pp. 41-66.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 127

Soskice, D.1999 Divergent Production Regimes: Coordinated and Uncoordinated

Market Economies in the 1980s and 1990s, in H. Kitschelt et al., acura di, 1999, pp. 101-34.

Steenblik, R.P.1998 Previous Multilateral Efforts To Discipline Subsidies To Natural

Resource Based Industries, paper presentato al convegno Impactof Government Financial Transfers On Fisheries Management,Resource Sustainability, and International Trade, scaricabile inpdf da www1.oecd.org/agr/fish/publications.htm.

Steenblik, R.P., Wallis, P.F.2000 Subsidies To Marine Capture Fisheries: The International

Information Gap, atti del simposio Fishing In the Dark,sponsorizzato dall’European Policy Centre e dal WWF, Bruxelles,28/9 novembre 2000, su www.panda.org/endangeredseas/ e suwww.fishing-in-the-dark.org.

Steiner, P.1999 Economia, mercati, società, Il Mulino, Bologna, 2001.

Stigler, G.J.1994 Mercato, informazione, regolamentazione, Bologna, Il Mulino.

Stone, D. et al. (a cura di)1998 Think Tanks Across Nations. A Comparative Research,

Manchester, Manchester UP

Streeck, W., Schmitter, P.C. (a cura di)1985 Private Interest Government. Beyond Market and the State,

London, Sage.

Swedberg, R.1990 Economics and Sociology. Redefining their Boundaries:

Conversations with Economists and Sociologists, Princeton,Princeton UP.

128 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Taylor, M.1987 The Possibility of Cooperation, Cambridge, Cambridge UP.

Townsend, R.E.1995 Fisheries Self-Governance: Corporate Or Cooperative

Structures, in «Marine Policy», v. 19, n. 1, pp. 39-45.

Trigilia, C.1998 Sociologia economica. Stato, mercato e società nel capitalismo

moderno, Bologna, Il Mulino.

Vanberg, V.J.1986 Spontaneous Market Order And Social Rules. A Critical

Examination of F.A. Hayek’s Theory Of Cultural Evolution, in«Economics And Philosophy», n. 2, pp. 75-100.

Vietor, R.H.K.1994 Contrived Competition. Regulation and Deregulation in

America, Cambridge, Belknap.

Wallis, J.1997 Conspiracy and the Policy Process: A Case Study Of the New

Zealand Experiment, in «Journal Of Public Policy», v. 17, n. 1, pp.1-29.

1999 Understanding the Role Of Leadership In Economic PolicyReform, in «World Development», v. 27, n. 1, pp. 39-53.

Weber, M. 1904 L’’oggettività’ conoscitiva della scienza sociale e della politica

sociale, in M. Weber, Il metodo delle scienze storico-sociali,Milano, Mondadori, 1974, pp. 53-142.

1922 Economia e società, Milano, Comunità, 1980.

Wildavsky, A.1994 Why Self Interest Means Less Outside Of A Social Context, in

«Journal of Theoretical Politics», v. 6, n. 2, pp.131-159.

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 129

Winston, C.1993 Economic Deregulation: Days of Reckoning for

Microeconomists, in «Journal of Economic Literature», v. 31, sept.,pp. 1263-1289.

Wistrich, E.1992 Restructuring Government New Zealand Style, in «Public

Administration», v. 70, n. 2, pp. 119-135.

Wrigth, V.1998 La fine del dirigismo? La Francia negli anni novanta, in «Stato e

mercato», n. 3, pp. 351-388.

Wrong, D.H.1961 The Oversocialized Conception Of Man In Modern Sociology, in

P. Hamilton, a cura di, Talcott Parsons: Critical Assessments,London, Routledge, 1992, pp. 211-224.

WWF2001a Hard Facts, Hidden Problems. A Review Of Current Data On

Fishing Subsidies, WWF Technical Paper, October 2001, suwww.panda.org/endangeredseas/.

2001b Fishing Subsidies: Governments Admit US$ Billions; HideBillions More, Says WWF, WWF Press Release 25 oct. 2001, suwww.panda.org.

Yamamura, K.1982 Success That Soured: Administrative Guidance and Cartels In

Japan, in K. Yamamura, a cura di, Policy and Trade Issues Of theJapanese Economy, Seattle, U. of Washington Press, pp. 77-112.

Yandle, T., Dewees, C.2000 Privatizing the Commons…Twelve Years Later, IASCP

Conference 2000, www.indiana.edu/~iascp/.

Yergin, D., Stanislaw, J.1998 La Grande Guerra dell’economia (1950-2000). La lotta tra stato

e imprese per il controllo dei mercati, Milano, Garzanti, 2000.

130 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Appendice 1 (fonte OECD 2000, 184-5)

Table 1. Ministry of Fisheries (MoF) Budget(NZ$ million)

Gross Expenditures 86/87 87/88 88/89 89/90 90/91 91/92Fisheries Policy Advice 31 23 26Marine Fisheries Stock AssessmentManagement Service: NZ Fisheries 16 16Enforcement of Fisheries Policies 10 12 13Prosecution of OffencesFisheries ServicesFisheries ResearchAdjustment Assistance 45 2 6 0 0Compensations for TAC Reductions 54Quota for Tr. of Waitangi Comm. 33 72 10MoF Fish Expenditure 27 31 35Other 0 1 0 10 2 7Total 72 32 37 90 125 126

Receipts 86/87 87/88 88/89 89/90 90/91 91/92Compensation LevyCrown Fishing Leases 9 2Deemed ValuesFisheries Resource Rentals 30 16 24Fines and Forfeitures 6 6 1Cost Recovery LeviesSale Proceeds of Quota 10Other 0 11 9Total 36 42 46

Net Expenditures 86/87 87/88 88/89 89/90 90/91 91/9272 32 37 54 83 80

Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale 131

Ministry of Fisheries (MoF) Budget (continued)(NZ$ million)

Gross Expenditures 92/93 93/94 94/95 95/96 96/97 st.Fisheries Policy Advice 27 3 4 7 11Marine Fisheries Stock Assessment 23 22Management Service: NZ Fisheries 14 13Enforcement of Fisheries Policies 11 12 12 14 17Prosecution of Offences 3 3 3 2 3Fisheries Services 13 10 9Fisheries Research 19 18Adjustment Assistance 0Compensations for TAC Reductions 11 7 21Quota for Tr.of Waitangi Comm. 12 10MoF Fish ExpenditureOther 5 5 8 12 3Total 83 76 83 64 61

Receipts 92/93 93/94 94/95 95/96 96/97 st.Compensation Levy 21Crown Fishing Leases 1 1 0 0Deemed Values 9 7 6 12Fisheries Resource rentals 21 24 8 0Fines and Forfeitures 3 1 5 2Cost Recovery Levies 26 32 35Sale Proceeds of Quota 0 9 0Other 3 8 3 2 0Total 28 43 79 42 47

Net Expenditures 92/93 93/94 94/95 95/96 96/97 st.55 33 4 22 14

132 Le quote individuali di pesca in Nuova Zelanda come innovazione istituzionale

Appendice 2

(fonte www.fishinfo.co.nz)

New Zealand Fisheries Management Areas

© 1998 Clement & Associates Ltd