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1 1. L’ALLERGIA ALIMENTARE 1.1 DEFINIZIONE Il Sottocomitato Europeo per le Reazioni Avverse agli Alimenti dell’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica ha proposto una classificazione delle reazioni avverse agli alimenti basato solo sui meccanismi patogenetici (Tabella 1.1). La prima distinzione fondamentale viene fatta tra le reazioni tossiche e non tossiche. Le reazioni tossiche sono dovute a ingestione di alimenti tossici o contaminati. Le reazioni non tossiche invece dipendono dalla suscettibilità individuale verso certi alimenti e vengono suddivise in reazioni immunomediate (allergia alimentare) e reazioni non immunomediate (intolleranza alimentare). L’allergia alimentare è quindi caratterizzata da una risposta immunologica anomala ed esagerata verso specifiche proteine alimentari e può comprendere reazioni IgE mediate e non IgE mediate. Le reazioni agli alimenti non indotte da meccanismi immunologici vengono classificate come intolleranza alimentare e i meccanismi in grado di provocarla possono essere di natura enzimatica, di tipo farmacologico o rimanere sconosciuti (idiosincrasici). 1

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1. L’ALLERGIA ALIMENTARE

1.1 DEFINIZIONE

Il Sottocomitato Europeo per le Reazioni Avverse agli Alimenti

dell’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica ha proposto

una classificazione delle reazioni avverse agli alimenti basato solo sui

meccanismi patogenetici (Tabella 1.1). La prima distinzione fondamentale

viene fatta tra le reazioni tossiche e non tossiche. Le reazioni tossiche sono

dovute a ingestione di alimenti tossici o contaminati. Le reazioni non tossiche

invece dipendono dalla suscettibilità individuale verso certi alimenti e

vengono suddivise in reazioni immunomediate (allergia alimentare) e reazioni

non immunomediate (intolleranza alimentare).

L’allergia alimentare è quindi caratterizzata da una risposta immunologica

anomala ed esagerata verso specifiche proteine alimentari e può comprendere

reazioni IgE mediate e non IgE mediate.

Le reazioni agli alimenti non indotte da meccanismi immunologici vengono

classificate come intolleranza alimentare e i meccanismi in grado di

provocarla possono essere di natura enzimatica, di tipo farmacologico o

rimanere sconosciuti (idiosincrasici).1

2

REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI

TOSSICHE NON TOSSICHE

IMMUNOMEDIATEALLERGIA ALIMENTARE

NON IMMUNOMEDIATEINTOLLERANZA ALIMENTARE

IgE MEDIATE

NON IgE MEDIATE

ENZIMATICA

FARMACOLOGICA

MECCANISMOSCONOSCIUTO

REAZIONI AVVERSE AGLI ALIMENTI

TOSSICHE NON TOSSICHE

IMMUNOMEDIATEALLERGIA ALIMENTARE

NON IMMUNOMEDIATEINTOLLERANZA ALIMENTARE

IgE MEDIATE

NON IgE MEDIATE

ENZIMATICA

FARMACOLOGICA

MECCANISMOSCONOSCIUTO

Tabella 1.1

Classificazione delle reazioni avverse agli alimenti.

Oltre all’allergia e all’intolleranza alimentare bisogna ricordare che esiste un

altro tipo di reazione agli alimenti che è la così detta pseudoallergia

alimentare. Questa è caratterizzata da reazioni avverse agli alimenti che non

avvengono su base immunologica ma riproducono la tipica sintomatologia

dell’allergia alimentare. È tipicamente indotta da cibi ad alto contenuto o

liberatori di istamina e sostanze simil-istaminiche come i formaggi. Queste

reazioni “biologiche” sono molto frequenti e vengono spesso confuse con le

allergie alimentari IgE mediate.

3

1.2 EPIDEMIOLOGIA

La pubblica percezione dell’importanza delle reazioni allergiche agli alimenti,

eccede la prevalenza di queste reazioni identificata con gli studi clinici. Gli

studi eseguiti sia nei bambini che negli adulti indicano che mediamente il 25%

della popolazione crede di soffrire di allergia alimentare, mentre la prevalenza

reale è in realtà molto minore. 2

Negli studi epidemiologici sotto citati viene testata la sensibilità dei soggetti

verso i vari allergeni alimentari con varie metodiche. Infatti la

sensibilizzazione di un soggetto nei confronti di un allergene alimentare si può

studiare con parametri sia clinici (sintomi dopo l’assunzione dell’alimento,

cioè durante l’esecuzione del test di scatenamento) sia laboratoristici

(positività del prick test, misurazione delle IgE specifiche per l’alimento). È il

fatto che vengono usati parametri diversi per misurare la sensibilità verso gli

alimenti fa si, che l’incidenza e la prevalenza dell’allergia varino in certi casi

anche in maniera sostanziale da studio a studio.

Due studi europei hanno stimato la prevalenza dell’allergia alimentare nella

popolazione generale adulta. Uno è stato svolto da Jansen e collaboratori e

l’altro da Young e collaboratori. I due studi hanno evidenziato che la

prevalenza si situa tra 1% e il 2% (Grafico 1.1).3, 4

4

Prevalenza dell'allergia alimentare nella popolazione adulta

2%

98%

Adulti allergiciPopolazione generale

Grafico 1.1

La prevalenza dell’allergia alimentare nel bambino è stata studiata do Bock, in

480 soggetti pediatrici seguiti dalla nascita fino al terzo anno di età. I risultati

hanno mostrato, che secondo i genitori il 43% dei bambini avrebbe avuto

reazioni allergiche agli alimenti, ma il test di scatenamento orale confermava

un’allergia alimentare solo nell’8% dei casi (Grafico 1.2).5

Incidenza dell'allergia alimentare nei bambini da 0 a 3 anni

8%

92%

Bambini allergici

Bambini nonallergici

Grafico 1.2

Uno studio tedesco con coorti prospettiche di nascita ha invece individuato

l’incidenza della sensibilizzazione agli allergeni alimentari dalla nascita fino al

5

sesto anno di età, tramite il dosaggio delle IgE nel primo, secondo, terzo,

quarto, quinto e sesto anno di vita. Nei risultati si è visto che il tasso annuo di

sensibilizzazione agli allergeni alimentari decresce dal 10% nel primo anno di

vita al 3% nel sesto anno di età.6

Prevalenza dell'APLV nei bambini

2,8%

97,2%

Bambini con APLVambini sani

Grafico 1.3

Soffermandosi in particolare sull’allergia alle proteine del latte vaccino,

Schrender e collaboratori hanno studiato la prevalenza clinica dell’allergia al

latte vaccino su 1368 bambini, che risultava del 2.8% (Grafico 1.3).7

Host e Halken hanno eseguito invece uno studio prospettico per definire la

storia naturale di allergia al latte vaccino, hanno quindi studiato 1759 bambini

nel primo anno di vita. La prevalenza in questo studio è risultata pari a 2.2%.

In fatti il 56% dei bambini allergici guarisce entro l’anno di vita, il 67% entro

l’anno e mezzo, il 77% a due anni e il 87% a tre anni. 8

6

1.3 PATOGENESI

L’intestino è l’organo immunologico maggiore del corpo umano.

Considerando l’estensione della superficie della mucosa, la varietà e la

quantità di alimenti, virus, batteri e altri materiali estranei a cui il tratto

gastrointestinale e il tessuto linfoide associato (GALT) sono esposti, è

sorprendente che solo una modesta, benché misurabile parte della

popolazione, soffra di allergia alimentare.

La principale funzione del tratto gastroenterico è quella di ridurre i cibi ingeriti

ad elementi semplici, che possano essere assorbiti ed utilizzati per la

produzione di energia e crescita cellulare. Per impedire che antigeni estranei e

non processati passino la barriera gastrointestinale e provochino un

immunizzazione indiscriminata si sono sviluppati nell’intestino particolari

meccanismi di protezione di tipo immunologico e non immunologico. 9

Questi meccanismi di protezione si identificano con la barriera mucosale

intestinale, che è formata dal rivestimento mucoso dell’intestino, perciò da

fattori aspecifici (non immunologici) dell’ospite come: la motilità intestinale,

la secrezione del muco, la presenza di acidi gastrici, gli enzimi duodeno

pancreatici, e da fattori specifici (immunologici) dell’ospite rappresentati dalla

produzione di IgA secretorie e dall’interazione dell’antigene con il GALT.10, 11

Dall’interazione dell’epitelio intestinale e del GALT con gli antigeni

alimentari si forma una funzione fondamentale dell’intestino denominata

tolleranza orale. La tolleranza orale è il processo fondamentale con il quale

l’intestino mantiene un’omeostasi immunologica a livello locale e sistemico.

Viene definita come un’iporesponsività immunologica specifica, che fa

seguito a un precedente esposizione mucosale dell’antigene. La soppressione

della risposta immunologica specifica include la soppressione dell’immunità

7

IgE e cellulo mediata, ma non previene la produzione di anticorpi IgG anti

alimenti.12, 13

Il meccanismo di come si verifica questa iporesponsività specifica non è

ancora stato ben chiarito, ma studi recenti hanno ipotizzato che, siano gli

enterociti ad avere un ruolo chiave, catturando gli antigeni solubili e attivando

selettivamente le cellule sopressorie CD8+. Sembra invece che gli antigeni

particolati e i microrganismi siano riconosciuti dalle cellule M che portano ad

un’immunità attiva e produzione di IgA. Una rottura anche temporanea di

questi meccanismi protettivi può portare a perdita della tolleranza e alla

sensibilizzazione ad alimenti.11

È stato ipotizzato che gli enterociti regolano la rapidità e il tipo di

assorbimento degli antigeni ingeriti (Figura 1.1).

Figura 1.1

Assorbimento e presentazione dell’antigene a livello intestinale. 1= Frammenti immunologici attivi. 2= Recettori specifici per l’antigene. 3= Allontanamento delle tight junctions da parte di mediatori. 4= Enterociti in grado di riconoscere e processare l’antigene. 5= Cellule dendritiche specializzate al trasporto dell’antigene al GALT.

8

L’assorbimento dell’antigene sembra composto da due fasi, durante le quali

negli esperimenti condotti in laboratorio l’animale sensibilizzato presenta un

assorbimento maggiore. Nella prima fase il trasporto, che è antigene specifico,

avviene tramite gli endosomi. L’assorbimento tramite gli enterociti sembra

dipendere da un recettore specifico, simile ad un’immunoglobulina. Durante la

prima fase vengono liberati dei mediatori che innescano la seconda fase

caratterizzata dall’allargamento delle tight junction tra le cellule epiteliali, così

si crea un flusso più generalizzato dell’allergene. In questa fase predomina il

trasporto mastocita dipendente, che è paracellulare, e non antigene specifico.

Questi studi indicherebbero che nelle reazioni IgE mediate l’assorbimento

intestinale sarebbe aumentato, e fanno pensare che ci sia una via specifica di

trasporto che coinvolge gli anticorpi e una via aspecifica che coinvolge le

citochine. Entrambe le vie a quanto sembra possono accelerare il trasporto

dell’antigene attraverso l’ epitelio. 14, 15

Per quanto sia ancora poco conosciuta la reazione allergica a livello

intestinale è indubbio che sotto l’effetto delle condizioni patologiche la

risposta immune cellulomediata gioca il ruolo maggiore nel provocare danno

mucosale. Questa risposta cellulomediata può portare a modifiche locali per

rilascio di citochine particolari e attivazione preferenziale dei linfociti Th2

(secernono: IL4, IL5, IL10 e IL13) che favoriscono la produzione di IgE e

provocano un circuito di amplificazione infiammatoria (attrazione di eosinofili

e altri tipi di cellule) che porta ad alterazione della morfologia e funzione della

mucosa (Figura 1.2).

9

Figura 1.2

Ipotesi patogenetica dell’allergia alimentare.

Fenomeni secondari come l’aumento della permeabilità intestinale e l’aumento

della formazione di complessi immuni circolanti possono accompagnare

sintomi clinici che possono manifestarsi in qualsiasi parte dell’organismo. 10, 16,

17 In pazienti allergici alle arachidi è stato possibile dimostrare la presenza di

linfociti Th2 alimento specifici.18 Questo perciò conferma che a livello

intestinale nei soggetti atopici con allergia alimentare si forma per la presenza

di mastociti, eosinofili e linfociti il pattern citochinico di tipo Th2. Sembra

così evidente che anche la patogenesi dell’allergia alimentare può essere

spiegata tramite l’ipotesi Th2 dell’allergia.10, 16, 17

La maggiore frequenza dell’allergia alimentare nel bambino piccolo potrebbe

essere giustificata dall’ immaturità sia immunologica sia strutturale del tratto

gastrointestinale che nei bambini geneticamente predisposti dopo l’ingestione

dell’antigene può portare ad una risposta immunologica anomala. La

maturazione del sistema immune e della barriera intestinale spiegherebbe pure

la frequente acquisizione della tolleranza nei primi anni di vita.2

10

1.4 CLASSIFICAZIONE DELL’ALLERGIA ALIMENTARE

Nell’ospite suscettibile un fallimento nello sviluppo della tolleranza orale può

risultare in una varietà di risposte. Per chiarezza le risposte immuni presenti

nell’allergia alimentare sono suddivise in quattro tipi (classificazione secondo

Gell e Coombs) benché è evidente che i disordini allergici coinvolgono più di

un meccanismo.

TIPO 1

Anticorpi IgE alimento specifici hanno alta affinità per i recettori Fc€R1 di

mastociti, basofili, macrofagi, cellule dendritiche e hanno bassa affinità per

recettori Fc€R2 di macrofagi, monociti, linfociti, eosinofili e piastrine. Gli

allergeni alimentari penetrano la barriera mucosa e raggiungono gli anticorpi

IgE che sono diretti verso i mastociti e i basofili che liberano i mediatori che

provocano i sintomi dell’ipersensibilità immediata. I mastociti una volta

attivati producono una grande varietà di mediatori (come IL4, TNF, PAF) che

inducono la fase tardiva della risposta IgE mediata. Durante la fase tardiva

vengono attratti nel sito di reazione gli eosinofili, i linfociti e i monociti che

rilasciano i mediatori dell’infiammazione. Dopo l’ingestione ripetuta

dell’allergene, i mastociti secernono l’histamine release factors, che aumenta

la risposta immunologica, che è associata con l’ipersensibilità cutanea e

polmonare ed un aumento dei sintomi.

11

TIPO 2 E TIPO 3

La tipo 2 è caratterizzata da reazioni citotossiche antigene anticorpo

dipendenti, che sono alla base della trombocitopenia secondaria ad allergia

alle proteine del latte vaccino.

La tipo 3 è caratterizzata da complessi antigene-anticorpo; l’aumento dei

livelli dei complessi antigene-anticorpo per alimenti specifici è frequente in

gruppi di pazienti con ipersensibilità ad alimenti.

Comunque la loro rilevanza clinica è difficilmente quantificabile.

TIPO 4

L’ipersensibilità cellulomediata è implicata in disordini di allergia alimentare.

È questo il meccanismo principale in causa nella enteropatia allergica. I

sintomi gastrointestinali si manifestano svariate ore dopo l’ingestione

dell’alimento.19

12

1.5 GLI ALIMENTI

Tutti i cibi contengono potenziali allergeni, che possono indurre una

sensibilizzazione all’alimento e manifestazioni cliniche di ogni grado di

severità. In realtà solo alcuni alimenti ricorrono frequentemente come causa di

allergia alimentare. Gli alimenti implicati variano da luogo a luogo a seconda

delle abitudini alimentari dei vari paesi. Gli alimenti che più frequentemente

inducono l’allergia sono: il latte vaccino, le uova, il pesce, la verdura e la

frutta fresca, soia, frumento e nei paesi Anglosassoni anche le arachidi e le

noccioline.20

ALIMENTO CROO-REATTIVITÀ PERCENTUALE

UOVA POLLAME < 5%

LATTE VACCINO MANZO / VITELLO 10%

LATTE VACCINO LATTE DI CAPRA 90%

MANZO / VITELLO AGNELLO 50%

PESCE ALTRI TIPI DI PESCE 50%

ARACHIDI LEGUMI 10%

SOIA LEGUMI 5%

FRUMMENTO CEREALI 25%

ARACHIDI NOCCIOLONE 35%

NOCCIOLINE ALTRI TIPI DI NOCI >50%

Tabella 1.2

La cross-reattività tra alimenti

Esiste pure una cross-reattività tra alimenti appartenenti alla stessa famiglia

biologica o animale, che può mostrarsi con una reattività clinica a diversi

alimenti della stessa famiglia (Tabella 1.2).21, 22

13

1.6 I QUADRI CLINICI

L’ipersensibilità agli alimenti IgE mediata è caratterizzata da un’enorme

varietà di quadri clinici che si manifestano in un tempo variabile da alcuni

minuti a poche ore dopo l’ingestione del cibo offendente. I sintomi possono

coinvolgere qualsiasi organo. Le reazioni possono manifestarsi a carico

dell’orofaringe, del tratto gastrointestinale, dell’apparato respiratorio e della

cute.

Le manifestazioni a carico dell’orofaringe sono: prurito e formicolio alle

labbra, palato, lingua o gola; gonfiore delle labbra e della gola; sensazione di

ristrettezza (spasmo) in gola, raucedine, disfonia e/o tosse secca.

Le manifestazioni a carico del tratto gastrointestinale sono: nausea,

vomito, crampi addominali, coliche e diarrea.

Le manifestazioni a carico del naso e degli occhi possono provocare

prurito, lacrimazione e congestione nasale associata alla rinocongiuntivite.

Le manifestazioni a carico del polmone è caratterizzato da

broncospasmo, dispnea e respiro corto.

Le manifestazioni a carico della cute sono: l’orticaria, l’angioedema e la

dermatite atopica (Tabella 1.3). 23, 24, 25

REAZIONI CUTANEE ORTICARIA/ANGIOEDEMA

DERMATITE ATOPICA

REAZIONI RESPIRATORIE RINOCONGUNTIVITE

ASMA

REAZIONI

GASTROINTESTINALI

SINDROME ORALE ALLERGICA

ANAFILASSI INTESTINALE

Tabella 1.3

Quadri clinici dell’allergia alimentare IgE mediata.

14

L’anafilassi

L’anafilassi è la più temibile conseguenza dell’allergia alimentare e può essere

scatenata anche da quantità minime di alimento. L’anafilassi è definita come

una reazione sistemica che produce difficoltà respiratorie (asma, edema

laringeo) e ipotensione ed è dovuta ad un rapido rilascio in circolo di

mediatori da parte di mastociti tessutali e basofili circolanti. Insorge a distanza

di secondi o minuti dal contatto con l’allergene causale, le reazioni

anafilattiche tardive (dopo un’ora) sono eccezionali e sono caratterizzate da un

decorso più benigno, infatti la reazione è tanto meno grave quanto maggiore è

l’intervallo di tempo che intercorre tra esposizione e reazione. I sintomi

iniziali sono caratterizzati da eritema, prurito localizzato a mani, piedi inguine

e cavo ascellare e il soggetto ha la sensazione di un evento grave e

incombente. Le manifestazioni cutanee poi si trasformano in orticaria e

angioedema e non spariscono prima di 24 ore. Le reazioni respiratorie tipiche

sono caratterizzate da edema laringeo che si manifesta inizialmente con

raucedine, dispnea, sensazione di nodo alla gola e quindi con stridore laringeo,

tosse, gemiti espiratori, broncospasmo con conseguente dispnea e cianosi. Le

alterazioni respiratorie possono aggravarsi fino all’asfissia. Le manifestazioni

gastrointestinali sono caratterizzate da vomito crampi addominali e diarrea.

Nei casi più gravi si può avere una sintomatologia a carico dell’apparato

cardiocircolatorio con dolore retrosternale che può essere seguito da sincope

per ipotensione e collasso vascolare.

Altri sintomi, che si possono verificare nel corso di anafilassi, comprendono

prurito al palato, agli occhi e al naso, starnuti, sudorazione, disorientamento,

perdita del controllo dei sfinteri (Tabella 1.3).

In alcuni soggetti la reazione può avere un andamento bifasico con comparsa

dopo un intervallo libero di 4-8 ore di una seconda ondata di sintomi.

15

Nell’ allergia alimentare l’anafilassi si manifesta caratteristicamente con

edema delle labbra, del volto e del laringe e con sintomi gastrointestinali. 26

La terapia dell’anafilassi deve essere eseguita il più rapidamente possibile dal

momento che l’intervento precoce si associa ad una prognosi nettamente

migliore, sebbene la morte del paziente sia ancora possibile anche in casi di

intervento terapeutico tempestivo.

SINTOMI INIZIALI Sensazione di calore, prurito,

pizzicore alle mani, ai piedi e

all’inguine,

sensazione di oppressione e svenimento,

ansia, vomito, crampi addominali,

diarrea

MANIFESTAZIONI

CUTANEE

Eritema diffuso,

orticaria generalizzata,

angioedema

MANIFESTAZIONI

RESPIRATORIE

Disfonia, raucedine,

sensazione di nodo alla gola,

stridore (edema laringeo),

oppressione toracica (broncospasmo),

dispnea, cianosi, asfissia

MANIFESTAZIONI

CARDIOVASCOLARI

Ipotensione,

shock

Tabella 1.3

Manifestazioni cliniche dell’anafilassi.

16

L’anafilassi associata a sforzo fisico

Esiste inoltre un’anafilassi che deriva dall’associazione tra sforzo fisico e

allergia alimentare. Per il verificarsi dell’anafilassi entrambi gli stimoli sono

strettamente necessari, infatti insorge se successivamente all’assunzione

dell’alimento viene praticato dello sforzo fisico.27, 28, 29

La sindrome orale allergica

Vengono dette sindrome orale allergica le manifestazioni che interessano

prevalentemente il cavo orale e insorgono dopo il contatto del cibo

allergizzante con la cavità orale. Di solito i sintomi (prurito e pizzicore

orofaringei, papule e vescicole della mucosa e edema labbiale) si risolvono

rapidamente, ma in certi casi la sindrome orale allergica evolve in sintomi

sistemici. L’allergia a qualsiasi alimento può manifestarsi con la sindrome

orale allergica, ma generalmente tale sindrome insorge in pazienti allergici alla

frutta e alla verdura fresca, che tipicamente sono anche pazienti pollinosici.30, 31

Negli ultimi anni è stata segnalata una cross-reattività tra alimenti vegetali e

pollini (Tabella 1.4). Sono stati eseguiti vari studi che hanno appurato la

presenza di epitopi comuni nei pollini e negli alimenti vegetali. Due dei più

importanti epitopi responsabili della cross-reattività inalanti-alimenti sono stati

recentemente purificati e clonati, sono l’allergene maggiore della betulla (Bet

v1) e la profilina (Bet v2). La profilina è presente in vari pollini e alimenti

vegetali (come sedano, patata, pomodori, carote, pesche, pere, noci) e nel 50%

dei pollinosici con accertata ipersensibilità ai vegetali sono state riscontrate

IgE specifiche per la profirina.32, 33, 34

17

GRAMINACEE FRUMENTO, MELONE, ANGURIA,

POMODORO, ARANCIA, KIWI, PESCA,

ALBICOCCA, CILIEGIA, PRUGNA

URTICACEE GELSO, BASILICO, PISELLI

COMPOSITE SEDANO, MELONE, ANGURIA, MELA,

BANANA, ZUCCA, CAMOMILLA

BETTULACEE MELA, PERA, ALBICOCCA, CILIEGIA,

BANANA, NOCE, NOCCIOLA, CAROTA,

FINOCCHIO, SEDANO, PATATA

Tabella 1.4

Cross-reattività frequentemente riscontrata tra pollini ed alimenti vegetali.

I quadri clinici dell’allergia alimentare non IgE mediata

L’ipersensibilità ad alimenti non IgE mediata si manifesta tipicamente con

sintomi a livello del tratto gastroenterico, i quadri clinici sono: l’enterocolite,

la proctocolite, l’enteropatia allergica, la gastroenterite allergica eosinofila, il

reflusso gastro-esofageo.35

18

1.7 LA STORIA NATURALE

La storia naturale dell’allergia alimentare è caratterizzata da una spiccata

tendenza alla guarigione in tempi variabili qualunque sia il momento della

sensibilizzazione. Si è visto che la prevalenza dell’ipersensibilità agli alimenti

è maggiore nel primo anno di vita, uno studio prospettico ha infatti dimostrato

che l’80% dei sintomi confermati si manifestano nel primo anno.5 I bambini di

solito acquisiscono la tolleranza entro pochi anni nella maggior parte dei casi

tranne che per le arachidi, noccioline e pesce. 36

In uno studio prospettico sull’allergia alle proteine del latte vaccino, condotto

su bambini fino ai tre anni di età, si è visto che il 56% dei bambini guarisce

entro l’anno, il 77% entro i due anni e il 87% entro i tre anni.

Questo studio ha anche rilevato che il 92% dei bambini, che soffre di allergia

alle proteine del latte vaccino, presenta almeno due sintomi, mentre il 72% ha

sintomi localizzati in due o più organi differenti contemporaneamente. Il 49%

ha all’anamnesi una storia familiare di atopia e nel 23% dei casi la familiarità

atopica riguarda entrambi i genitori.8

Tutti i bambini con prick test negativo a un anno di età sono diventati

tolleranti al latte vaccino entro i tre anni, mentre il 25% dei soggetti con prick

test positivo all’anno presentava ancora allergia al terzo anno. E il 35% dei

bambini con IgE specifiche per le proteine del latte vaccino a un anno ha

sviluppato altre allergie alimentari entro i dieci anni.37

Come si è visto dai dati esposti i bambini con allergia alle proteine del latte

vaccino non IgE mediata hanno una buona prognosi infatti tutti guariscono

entro i tre anni di vita, mentre quelli con allergia IgE mediata hanno un

aumentato rischio, sia che l’ipersensibilità persista, sia che sviluppino un’altra

allergia alimentare.

19

Studiando la persistenza della reattività clinica nell’allergia alle proteine del

latte vaccino sembra che la caseina giochi un ruolo molto importante. Le IgE

specifiche per la caseina sono prevalenti nei bambini più grandi e negli adulti.

È stato pure rilevato che i bambini, nei quali persiste l’allergia, presentano

livelli più elevati di IgE specifiche per la caseina rispetto ai più piccoli.38 È

stato inoltre ipotizzato che la persistenza di allergia alle proteine del latte

vaccino sia correlata, come per l’allergia all’uovo39, allo sviluppo di IgE verso

epitopi lineari mentre epitopi conformazionali sarebbero in causa nella forma

transitoria (Figura 1.3).

EPITOPO LINEARE EPITOPO CONFORMAZIONALEC KC H

1V KV H

IgE

ALLERGIATRANSITORIA

ALLERGIAPERMANENTE

CK

CH1

VKVH

IgE

Figura 1.3

Rappresentazione grafica dei epitopi delle IgE

Uno studio recente ha in effetti determinato gli epitopi per le IgE sulla α1s

caseina. Due epitopi lineari sono stati riconosciuti solo dai pazienti con

allergia persistente. Il riconoscimento di questi epitopi non era correlato all’età

20

potendo essere dimostrata in tali pazienti sia all’esordio sia dopo anni di

malattia. Lo sceening per le IgE specifiche per tali epitopi potrebbe essere

utile per identificare fin dall’esordio i pazienti che non supereranno la loro

allergia.40

Anche se i bambini più piccoli divengono più facilmente tolleranti verso

l’alimento allergizzante,41, 42sembra evidente che anche bambini più grandi ed

adulti possono superare l’allergia alimentare.43, 44, 45

21

1.8 LA DIAGNOSI

La diagnosi di allergia alimentare è a tutt’oggi essenzialmente clinica. È basata

sugli elementi anamnestici, sull’età di insorgenza soprattutto per quel che

riguarda l’allergia alle proteine del latte vaccino che tipicamente insorge nel

lattante e nel bambino molto piccolo. Anche la clinica può orientare verso la

diagnosi anche se le manifestazioni dell’allergia sono estremamente varie.

Comunque la diagnosi di allergia alimentare si deve basare soprattutto su di un

attenta analisi causa \ effetto tra l’assunzione dell’alimento sospetto e i sintomi

del paziente. Tramite una accurata anamnesi si cerca di individuare l’alimento

e questo è successivamente eliminato dalla dieta per un dato periodo durante il

quale se il paziente è veramente affetto da allergia alimentare i sintomi

scompaiono.46 La conferma diagnostica può venire comunque solo dai

successivi test di scatenamento, che possono essere eseguiti o in aperto, o in

singolo cieco con cibo fresco, o in doppio cieco contro placebo con materiale

liofilizzato. Il test di scatenamento consiste nella somministrazione per os a

dosi crescenti dell’alimento sospetto fresco, oppure in capsule contenenti

proteine alimentari industrialmente preparate ed è perciò in grado di definire il

nesso casuale tra l’ingestione dell’alimento e la reazione clinica del paziente. 47 48

Infatti se il paziente è affetto da allergia alimentare l’assunzione dell’alimento

gli provoca la comparsa dei sintomi per i quali è giunto all’osservazione del

medico. Il test di scatenamento va eseguito in ambiente protetto e deve essere

interrotto immediatamente se compaiono reazioni gravi (anafilassi) e non deve

mai essere eseguito come conferma diagnostica nei bambini con storia di

reazioni anafilattiche. In questi casi c’è l’indicazione di eseguire il test di

scatenamento dopo un congruo periodo di dieta di eliminazione per verificare

se c’è stata acquisizione della tolleranza (test di uscita).49 Se l’eziologia

alimentare dell’allergia è certa, l’alimento è stato identificato ed eliminato

22

dalla dieta con la conseguente risoluzione dei sintomi, non sembra

ragionevole, anche nei soggetti che non presentano reazioni gravi, eseguire in

tempi ravvicinati il test di scatenamento per la conferma diagnostica, ma

conviene posticiparlo ad un’età in cui vi è elevata probabilità che la tolleranza

sia stata raggiunta. 50

In questo contesto clinico svolgono un loro ruolo anche i test di provocazione

cutanea e i vari test di laboratorio soprattutto nel fornire delle orientazioni

indicative al clinico.46, 51

Per riconoscere le reazioni IgE mediate sono molto utili i test cutanei eseguiti

con la metodica del prick usando estratti alimentari stardandizzati. Gli estratti

vegetali e la frutta vanno testati con la metodica del prick by prick (usando

piccole quantità di alimento fresco). Un altro test utile per individuare le

reazioni IgE mediate è la ricerca di anticorpi alimento specifici in vitro

(RAST).49

Però sia il prick che il RAST hanno un difetto di specificità e di sensibilità. La

sensibilità e l’accuratezza del valore predittivo negativo sono abbastanza

buoni, mentre la specificità e il valore predittivo positivo sono molto più

scarsi.

Negli ultimi anni sono stati eseguiti vari studi che hanno esaminato il valore

dei prick test e dei RAST nel predire le reazioni avverse ai test di

scatenamento. Questi studi sono stati condotti nei soggetti che avevano già

ricevuto diagnosi di allergia alimentare.52, 53, 54, 55 Sampson in uno studio del

1997 ha accertato che in soggetti con l’allergia da uovo, latte vaccino, arachidi

e pesce i livelli diagnostici di IgE possono predire la reattività clinica al test di

scatenamento con accuratezza maggiore del 95%.52 Lo stesso è stato visto per i

test cutanei da Sporik, il quale ha collegato il diametro della reazione cutanea

dopo l’esecuzione del prick test con la positività al test di scatenamento. È

risultato che la specificità aumentava con l’aumentare del diametro della

23

reazione e raggiunge il 100% per diametri di 8mm per il latte vaccino e le

arachidi e 7mm per l’uovo. 53

Per quello che concerne anticorpi anti-alimenti non IgE, ovvero anticorpi di

classe IgG e IgA, va ricordato che la presenza nel siero di IgG contro alimenti

è un fenomeno fisiologico, anche se un certo gruppo di individui allergici alle

proteine del latte vaccino presenta titoli anticorpali più alti. Nel complesso

comunque questi test hanno un limitato valore diagnostico.46

Un altro esame orientativo nella diagnosi è la conta degli eosinofili, infatti un

valore di eosinofili superiore a 800-1000/mm3 in assenza di parassitosi è

orientativo per una condizione di allergia alimentare. La conta degli eosinofili

è un esame anche molto utile e molto pratico per valutare (in tempi più brevi

che con la risposta clinica) l’effetti della dieta di eliminazione e l’andamento

di un test di scatenamento.56

I test che esplorano le alterazioni mucosali e in particolare i test di

permeabilità intestinale agli zuccheri sono utili soprattutto nei bambini con

enteropatia allergica alle proteine del latte vaccino in fase attiva. Infatti la

permeabilità intestinale risulta alterata con diminuito assorbimento di piccole

molecole come lo xilosio. Il test allo xilosio è utilizzato anche per rendere più

sensibile il test di scatenamento, se infatti il test si positivizza durante il test di

scatenamento abbiamo un’evidenza significativa dell’effetto lesivo

dell’alimento.46

24

1.9 IL TRATTAMENTO E LA PREVENZIONE

La stretta eliminazione dell’allergene offendente è l’unica terapia

immediatamente e completamente come efficacie dopo che è stata fatta

diagnosi di ipersensibilità agli alimenti. Tuttavia prescrivere la dieta di

eliminazione non è differente dal prescrivere una medicina; entrambe possono

avere effetti collaterali indesiderati.49 La dieta di eliminazione può portare a

malnutrizione e/o disordini alimentari, specialmente se include un largo

numero di cibi e/o è usata per lunghi periodi. La presenza di malnutrizione si

verifica più facilmente se riguarda alimenti molto comuni e di valore

nutrizionale elevato presenti in una serie molto ampia di cibi. È anche più

facile che insorga nei soggetti a rischio come i bambini, soprattutto se affetti

da poliallergie, che vanno seguiti e compensati tramite opportune

supplementazioni.57

I pazienti e i loro familiari devono essere inoltre addestrati ad esaminare

l’etichettatura dei cibi per trovare fonti potenziali di allergeni alimentari

nascosti. L’eliminazione di certi cibi è in effetti difficile. Tra gli alimenti

difficili da eliminare, per quanto riguarda il bambino, c’è soprattutto il latte

vaccino e i suoi derivati, che sono contenuti in molti alimenti come il burro, le

salsicce, la carne e il pesce in scatola, in prodotti di pasticceria e in certi

farmaci.58, 59

La reattività clinica per allergeni alimentari è di solito molto specifica e i

pazienti sono di solito reattivi solo a un componente della famiglia botanica o

animale alla quale appartengono, bisogna assicurarsi che il paziente non

presenti una cross-reattività per alimenti che appartengono alla stessa specie

animale o vegetale, che può portare a manifestazioni allergiche anche se

l’alimento incriminato è stato accuratamente eliminato. 21, 22

25

I bambini acquisiscono la tolleranza per la maggior parte degli alimenti entro i

tre anni, perciò la dieta di eliminazione non va mantenuta a tempo

indeterminato, ma vanno programmate le prove di reintroduzione

dell’alimento dopo che è passato un tempo ragionevole differente per alimenti

diversi e valutabile caso a caso. Per quel che riguarda il latte vaccino la

maggioranza dei bambini con allergia non IgE mediata guarisce entro l’anno

di vita, perciò è doveroso testare l’acquisizione della tolleranza al compimento

dell’anno di età. Anche la maggior parte dei bambini con allergia IgE mediata

diventa tollerante entro i tre anni, perciò anche in questo gruppo di pazienti

bisogna programmare delle prove di reintroduzione dell’alimento al

compimento dell’ anno, dei due e dei tre anni. 8, 57

Anche se è dimostrato che nel tempo trascorso a dieta si giunge spesso a

tollerare l’alimento43, 44 alcune segnalazioni in letteratura hanno riportato

come la dieta di eliminazione stretta possa portare ad un aggravamento del

quadro clinico. Infatti, sono descritti casi riguardanti soggetti con sintomi di

lieve entità, messi a dieta di esclusione, che hanno sviluppato reazioni gravi in

seguito all’assunzione accidentale di piccole quantità dell’alimento.60, 61

Secondo alcuni Autori la terapia dell’allergia alimentare nel lattante si

dovrebbe basare su misure che modifichino la flora batterica e l’immunologia

intestinale, in uno studio eseguito su lattanti con dermatite atopica grave si è

visto che la sintomatologia migliorava con l’aggiunta di ceppi selezionati di

lattobacilli alla formula di idrolisato estensivo. Comunque per confermare tale

teoria sono necessari altri studi.62

La terapia medica non è molto efficace, infatti, spesso non è in grado di

prevenire la sintomatologia clinica dopo l’assunzione dell’alimento

offendente. Vengono impiegati vari farmaci come: gli antistaminici, il

chetotifene, il disodiocromoglicato e i corticosteroidi. Tutti questi farmaci

hanno però un utilizzo limitato o perché producono un effetto minimo o

perché presentano degli effetti collaterali inaccettabili. 49

26

LA PREVENZIONE

L’ unica prassi per la prevenzione dell’allergia alimentare nei neonati, a

rischio (familiarità per atopia) e non, è l’allattamento al seno.63 Infatti, il latte

materno è un fluido complesso che provvede al fabbisogno energetico e agli

elementi essenziali necessari per la crescita e lo sviluppo del neonato. Le

proprietà anti-infettive del latte materno sono ampiamente riconosciute e

dipendono in parte da fattori cellulari e solubili contenuti nel latte come: la

lattoferrina, immunoglobuline preferenzialmente IgA e fattori che favoriscono

la crescita di microorganismi commensali utili come i lattobacilli e i

bifidobatteri. È stato proposto che citochine e ormoni del latte materno

possono avere la funzione di regolatori dello sviluppo del sistema immune nei

neonati. Studi eseguiti in vivo e in vitro hanno dimostrato che la risposta

immune cellulo mediata è diversa nei neonati allattati al seno e quelli allattati

con formula sostitutiva.64 L’unica prassi da evitare è quella di somministrare

latte vaccino in attesa della montata lattea, prassi dimostratamente in grado di

sensibilizzare il neonato atopico con conseguenze potenzialmente severe

all’atto della riassunzione del latte vaccino. 63

27

1.10 I NUOVI ORIZZONTI TERAPEUTICI

Come già esposto la terapia dell’allergia alimentare non consente di risolvere

in modo definitivo il problema. La dieta di eliminazione è un atto terapeutico

valido e può risolvere completamente e immediatamente la sintomatologia ed

accompagnare il bambino verso la spontanea guarigione, ma certamente non è

facile da attuare soprattutto quando l’alimento è difficilmente eliminabile dalla

dieta. Questo è un problema serio in quei soggetti che presentano reazioni

anafilattiche gravi e a rischio di vita dopo l’assunzione dell’alimento

allergizzante. Uno studio condotto da Bock ha rilevato che il 35% - 50% di

tutti i soggetti allergici alle arachidi in un periodo di 3 – 4 anni assume

accidentalmente l’alimento tramite contaminazione di altri cibi o per

etticchettature non chiare di prodotti industriali non chiare.65 Questo ci fa

capire che il problema per questa categoria di soggetti non è certo di piccole

dimensioni. Infatti soggetti che presentano reazioni anafilattiche gravi per

piccole quantità di alimenti assunti, inalati o solo per il contatto cutaneo sono

molto limitati nella loro possibilità di socializzazione perché il maggior rischio

di assumere cibo contaminato si verifica fuori casa con alimenti

industrialmente preparati. Inoltre questi soggetti sono costretti a tenere sempre

con sé l’adrenalina autoiniettiva che deve essere prontamente somministrata ai

primi sintomi.66

Tutto questo conferma ancora una volta come il trattamento delle allergie

alimentari gravi non sia affatto facile e che il rischio di anafilassi è

costantemente presente nella vita di questi pazienti. Non stupisce perciò che si

sia tentato di trovare delle terapie alternative che inducano una tolleranza

verso l’alimento offendente. In questo contesto ci sono varie segnalazioni in

28

letteratura di trattamenti sperimentati su piccoli e selezionati gruppi di

pazienti.

Vari autori hanno sperimentato l’immunoterapia nel trattamento dell’allergia

alimentare. Nelson e collaboratori hanno tentato la rush immunoterapia in

soggetti con reazioni anafilattiche conseguenti all’assunzione di arachidi. I

pazienti che sono riusciti a portare a termine il protocollo terapeutico riescono

a tollerare una considerevole quantità di arachidi dopo un prolungato periodo

di rush immunoterapia. Le gravi reazioni avverse che hanno presentato alcuni

soggetti nel corso del trattamento rendono difficile l’uso di questo tipo di

terapia nella pratica clinica standardizzata.67 68

In letteratura si trovano sporadiche segnalazioni di rush immunoterapia

eseguita con successo per altri allergeni alimentari come per esempio il

pesce.69 Inoltre l’immunoterapia specifica si è rivelata efficace anche nella

sindrome orale allergica. 70

Si stanno sviluppando anche nuovi approcci di terapia per ora sperimentata

solo su animale.71

Le segnalazioni nella letteratura che esaminano la possibilità di un trattamento

di desensibilizzazione orale sono sporadiche, contrastanti e spesso

inconsistenti. Il primo protocollo standardizzato di desensibilizzazione orale è

stato proposto da Patriarca e collaboratori.72

Patriarca ha sperimentato questo protocollo su 14 bambini allergici a latte,

uovo, pesce e mela di un età compresa tra i 4 e i 14 anni, che presentavano uno

o più dei seguenti sintomi dopo l’ingestione dell’alimento allergizzante:

orticaria, angioedema, eczema, vomito, dolore addominale, rinite e asma. Il

trattamento è stato completato solo da 12 bambini, 2 bambini hanno

abbandonato lo studio per motivi di compliance.

Il protocollo prevede somministrazioni crescenti di alimento prima diluito e

poi puro. Prendendo ad esempio il protocollo per il latte si parte da una

diluizione di latte e acqua (10 gocce di latte in 10 cc di acqua) per i primi 12

29

giorni, a cominciare dal 13 giorno invece viene somministrato latte puro a

partire da una goccia fino a che il soggetto il 104 giorno di trattamento assume

120 cc di latte. La dose di latte viene aumentata ogni 2 – 3 giorni. Durante i

primi giorni di trattamento viene somministrato il sodiocromoglicato (250 –

500mg a seconda dell’età del paziente) 20 minuti prima dell’assunzione

dell’alimento. La somministrazione viene sospesa dopo pochi giorni se i

pazienti non presentano reazioni. Durante il trattamento alcuni pazienti hanno

presentato qualche reazione che però era facilmente controllabile con

assunzione orale di antistaminico.

Il trattamento ha avuto successo nel 100% dei casi che hanno portato a termine

il protocollo infatti i soggetti non presentano più nessun tipo di reazione

all’assunzione dell’alimento e non necessitano più di farmaci. I bambini hanno

continuato ad assumere una dose di mantenimento di 100 cc di latte almeno 2

– 3 volte a settimana.

I pazienti sono stati rivalutati dopo circa 2 mesi dalla fine della

desensibilizzazione e non hanno mostrato un significativo cambiamento nella

positività dei test cutanei e del RAST. 72

Successivamente Patriarca ha studiato gli aspetti immunologici della

desensibilizzazione orale nell’allergia alimentare in un caso che è stato

sottoposto al protocollo standardizzato da lui proposto ed ha scoperto delle

modificazioni immunologiche interessanti.

Il prick test fortemente positivo per la β-lattoglobulina, l’α-lattoalbumina e la

caseina prima della desensibilizzazione si è completamente negattivizzato

entro 7 mesi e anche i livelli delle IgE specifiche hanno avuto un calo

significativo. Le IgG e le IgA specifiche per β-lattoglobulina, l’α-

lattoalbumina e la caseina sono progressivamente aumentate in 18 mesi. Le

IgE specifiche invece dopo un iniziale incremento si sono normalizzate dopo 3

mesi dal trattamento. Sono stati misurati i livelli di citochine in vitro che

hanno segnalato una diminuzione dell’IL-4 e un aumento dell’IFN-γ

30

Studiando gli aspetti immunologici Patriarca ha dato un contributo alla

conoscenza dei meccanismi patofisiologici che stanno alla base del

trattamento iposensibilizzante del quale non si conosce ancora molto. Quello

che si conosce è che nei pazienti allergici c’è uno squilibrio tra i sottogruppi

linfocitari Th1 e Th2 che producono citochine che in definitiva regolano la

produzione di Ig. Se prevalgono i linfociti Th2 si ha un aumento dell’IL-4 (che

porta alla sintesi di IgE) e una contemporanea diminuzione dei Th1 e

dell’IFN-γ (che porta a una diminuzione della sintesi di IgE) che è

accompagnata ad una iperproduzione di IgE. Nei pazienti atopici l’esposizione

all’allergene provoca la risposta Th2 con un aumento di produzione dell’IL-3,

IL-4, IL-5 e dell’IL-13 che porta alla produzione di IgE e nell’attivazione

degli eosinofili con rilascio dei mediatori della flogosi. Nell’allergia

respiratoria sembra che il trattamento iposensibilizzante porti ad una

diminuzione dei Th2 e ad un aumento dei Th1 con conseguente aumento

dell’IL-2 e dell’ IFN-γ. Una diretta conseguenza è la diminuzione degli

eosinofili e dei mediatori della flogosi correlati.

Nel nostro caso è importante la negattivizzazione del prick test e la

diminuzione delle IgE specifiche per la β-lattoglobulina, l’α-lattoalbumina e la

caseina ed un aumento delle IgG4 specifiche che si ritrova sorprendentemente

pure nei trattamenti desensibilizzanti nelle allergie respiratorie. La

diminuzione dei livelli sierici di IL-4 e della produzione in vitro,

accompagnata all’incremento dei livelli sierici dell’ IFN-γ e della produzione

in vitro, ha fatto suggerire a Patriarca che durante la desensibilizzazione c’è

uno spostamento dai Th2 (che producono IL-4) ai Th1 (che producono IFN-γ)

come si osserva nell’allergia respiratoria.73

In letteratura vi sono oltre segnalazioni di desensibilizzazione orale. Bauer ha

sperimentato una desensibilizzazione orale rapida per il latte vaccino in una

bambina di 12 anni con orticaria generalizzata e angioedema a livello delle

labbra e degli occhi che è stata eseguita in 5 giorni. Prima di iniziare è stato

31

eseguito il prick test con latte diluito ed è stato constatato che la positività del

prick compariva alla diluizione di 1:100. Hanno perciò cominciato la

desensibilizzazione con una diluizione di 1:100 somministrando come prima

dose 1 ml di questa diluizione. Il soggetto assumeva il doppio della dose ogni

seconda ora per un totale di 4 – 6 somministrazioni al giorno. Quando

raggiungevano una dose di 32 ml della diluizione di 1:100 ripartivano con lo

stesso schema a diluizione di 1:10. Il latte non diluito veniva somministrato in

modo simile continuando con 64, 100 e 200 ml di latte. La bambina ha

tollerato bene questo tipo di desensibilizzazione ed ha continuato ad assumere

il latte giornalmente senza problemi e dopo 6 mesi la paziente era priva di

sintomi.74

Un’altra interessante segnalazione riguarda la desensibilizzazione orale per il

sedano. In questo caso è stata desensibilizzata una donna di 49 anni con

orticaria e prurito generalizzati. La donna ha cominciato con assumere 0.1 ml

di succo 5 volte nel 1 giorno e dopo 4 settimane la dose è stata incrementata

fino a 5 ml assunti 5 volte ogni giorno. Dopo tre mesi il test di scatenamento

ha mostrato che la dose di sedano crudo che il soggetto tollera senza sintomi

passava da 1 a 2 a 5 a 10g invece dopo i 20g ci fu una leggera reazione

avversa (l’arrossamento). Dopo 3 anni la paziente assume 25ml di succo di

sedano ogni giorno e non ha più presentato sintomi.75

Da questi pochi dati qui elencati vediamo che si sta continuamente cercando di

trovare nuovi approcci terapeutici per l’allergia alimentare IgE mediata e che

forse si stanno pian piano trovando nuove strade terapeutiche che però hanno

bisogno ancora di essere approfondite prima di poter essere definitivamente

standardizzate e universalmente accettate.

32

2. OBIETTIVI

Con questo studio ci siamo prefissati di raggiungere i seguenti obiettivi:

- Contribuire alla conoscenza della storia naturale della malattia in particolare

verificando la probabilità di un protocollo che preveda la reintroduzione

precoce dell’alimento incriminato.

- Verificare l’efficacia e i rischi di una desensibilizzazione orale nei pazienti

con reazioni anafilattiche gravi e a rischio di vita.

33

3. PAZIENTI E METODI

In totale fanno parte dello studio 56 bambini ricoverati in Clinica Pediatrica dal

1997 – 2002 con storia clinica di anafilassi da Allergia alimentare. Questo gruppo

di 56 bambini comprende casi in cui la diagnosi di allergia alle proteine del latte

vaccino e/o allergia alle proteine dell’uovo era stata posta precedentemente per

una storia di reazioni anafilattiche.

Questi 56 casi possono essere suddivisi in due gruppi:

GRUPPO A: è rappresentato da 50 bambini (31 maschi e 19 femmine; età

media al test di scatenamento: 35.8) con storia di reazioni anafilattiche acute

con diagnosi già confermata di allergia alle proteine del latte vaccino e/o

allergia alle proteine dell’uovo in cui si poneva la necessità di valutare la

persistenza dell’allergia con il test di scatenamento (test di “uscita”).

GRUPPO B: è costituito da 6 bambini (4 maschi e 2 femmine; età media alla

desensibilizzazione 54 mesi) con storia ingravescente di reazioni anafilattiche

severe, con rischio di vita con quantità minima di alimento e per i quali è stato

progettato un programma di desensibilizzaione orale.

34

GRUPPO A: SOGGETTI INDAGATI PER VERIFICARE L’ACQUISIZIONE

DELLA TOLLERANZA TRAMITE IL TEST DI SCATENAMENTO

Tutti questi pazienti presentavano all’anamnesi sintomi e segni tipici

dell’allergia alimentare caratterizzati da reazioni cutanee (dermatite atopica,

orticaria, angioedema), gastrointestinali (vomito, diarrea, coliche, diminuita

crescita, RGE), respiratorie (dispnea, laringospasmo, broncospasmo, tosse) e

generalizzate (shock anafilattico).

Di tutti i pazienti sono state esaminate le seguenti caratteristiche: il sesso, la

familiarità per malattie allergiche, l’età di insorgenza della prima reazione, l’età

all’esecuzione del test di scatenamento, la presenza di allergia a più allergeni

alimentari contemporaneamente, positività o meno ai test cutanei (prick test) ed i

risultati del test di scatenamento (che era sempre eseguito secondo un protocollo

standard che riportiamo in seguito).

Sono state anche rivalutate le decisioni terapeutiche prese in base ai diversi

risultati dei vari test di scatenamento tramite un follow up telefonico.

IL TEST DI SCATENAMENTO

Il test di scatenamento è stato attuato con la somministrazione di dosi crescenti

dell’alimento offendente, secondo il seguente protocollo.

Prima di avviare il test è stato eseguito un prick test ed è stata posizionata

un’agocanula per eventuali emergenze (nei bambini risultati prick + o con una

storia clinica di reazioni gravi).

È stato somministrato l’alimento secondo il seguente schema:

partendo dal tempo 0, ad intervalli di 10’ rispettivamente 1, 2, 4, 6, 8, 16

gocce; poi ad intervalli di 15’ rispettivamente 2, 4, 8, 16 cc e in seguito ad

intervalli di 20’ rispettivamente 32, 64 e 150 cc (Tabella 3.1).

Complessivamente i bambini assumevano un totale di almeno 270 cc

dell’alimento e per quanto riguarda l’uovo questo veniva assunto per intero.

35

Al termine della somministrazione dell’alimento il controllo clinico è stato

proseguito, sempre in ambiente ospedaliero, per tre ore in assenza di sintomi e per

almeno tre ore dopo la risoluzione dei sintomi qualora fossero stati presenti.

Il test di scatenamento è stato prontamente interrotto in quei casi nei quali si

sono verificate reazioni di una certa gravità ed è stata iniziata adeguata terapia

(antistaminici, cortisone e adrenalina).

TEMPO QUANTITÀ

0’ 1 gtt

10’ 2 gtt

20’ 4 gtt

30’ 8 gtt

40’ 16 gtt

55’ 2 ml

70’ 4 ml

1,15h 8 ml

1,30h 16 ml

1,50h 32 ml

2,10h 64 ml

2,30h 150 ml

Tabella 3.1

Schema progressivo di incremento delle dosi nel tempo

36

GRUPPO B: SOGGETTI CON ALLERGIA ALIMENTARE GRAVE CHE

HANNO SPERIMENTATO LA DESENSIBILIZZAZIONE ORALE.

Sei bambini sono giunti alla nostra osservazione per sottoporsi alla

desensibilizzazione orale per il latte vaccino di questi 4 sono maschi e 2 sono

femmine. L’ età media alla prima reazione era di 2 mesi. I primi sintomi sono

stati tutti di tipo cutaneo: orticaria generalizzata in 1 caso e dermatite atopica

in 5 casi.

L’ età media alla quale sono comparse le prime reazioni gravi, è di 5.3 mesi.

Le reazioni erano caratterizzate da orticaria generalizzata, vomito e edema

delle mucose orotracheali.

La familiarità è presente in 5 bambini, mentre è negata in 1.

I gravi sintomi presentati durante la dieta di esclusione per contatti accidentali

cutanei, inalazioni o assunzioni di piccole quantità che hanno contaminato altri

cibi, sono: laringospasmo dopo inalazione, broncospasmo dopo inalazione,

broncospasmo dopo quantità minime di latte, laringospasmo dopo quantità

minime di latte, tosse dopo contatto cutaneo e cianosi.

A tutti questi bambini che seguivano una dieta di esclusione molto stretta, per i

casi nei quali potevano accidentalmente venire a contatto con minime quantità

di latte, sia perché assumevano cibi “contaminati”, sia per inalazione o solo

per contatto cutaneo era stata prescritta l’adrenalina da somministrare intra

muscolo e per areosol, come pure in certi casi il cortisone. (Tabella 3.2)

Tutti i 6 bambini erano positivi al prick test per le proteine del latte vaccino.

L’ età media all’inizio della desensibilizzazione era di 54 mesi.

37

SESSO ETÀ ALLA DIAGNOSI

PRIMA REAZIONE ALIMENTO

REAZIONI IMPORTANTI IN

DIETA DI ESCLUSIONE

TRATTAMENTO IN ATTO

M 1 MESE

ORTICARIA GENERALIZZATA

LATTE

LARINGOSPASMO PER INALAZONE DI VAPORI DI LATTE

BOLLITO

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA AL BISOGNO

M 2 MESI

ORTICARIA VOMITO

LATTE

BRONCOSPASMO PER INALAZONE DI VAPORI DI LATTE

BOLLITO

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA E CORTISONE AL

BISOGNO M

3 MESI ORTICARIA

GENERALIZZATA LATTE

BRONCOSPASMO PER MINIME

QUANTITÀ DI TORTELLINI IN

BRODO

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA E CORTISONE AL

BISOGNO M

3 MESI ANGIOEDEMA

MUCOSA OROFARINGEA

LATTE

BRONCOSPASMO PER INALAZONE

(ODORE DI FORMAGGIO ALLA

PIASTRA)

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA E CORTISONE AL

BISOGNO F

3 MESI ORTICARIA

GENERALIZZATA VOMITO

LATTE

LARINGOSPASMO CIANOSI PER

MINIME QUANTITÀ DI MINESTRA

“CONTAMINATA”

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA AL BISOGNO

F 2 MESI

ORTICARIA GENERALIZZATA

LATTE

LARINGOSPASMO PER MINIME QUANTITÀ

(1 CUCCHIAINO)

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA AL BISOGNO

TABELLA 3.2

Caratteristiche cliniche dei bambini desensibilizzati (gruppo B)

38

IL PROTOCOLLO DI DESENSIBILIZZAZIONE

La desensibilizzazione secondo questo protocollo è condotta in ambiente

ospedaliero sotto stretto controllo medico e prevede la somministrazione di

dosi crescenti di latte diluito sino alla tolleranza di latte puro, previo consenso

informato della famiglia . Viene somministrata quotidianamente una dose di

antistaminico.

Prima di iniziare viene posizionata un’agocanula e vengono eseguiti prick test

e prelievo ematico per emocromo, ALA, IgA, IgG, IgM, IgE, multirast per

alimenti. Viene preparata una fiala di adrenalina pura ed una diluita 1/10 in

modo da essere prontamente disponibile in caso di emergenza.

Ogni giorno viene somministrata una dose di antistaminico prima di iniziare la

somministrazione.

-Nel primo giorno di ricovero viene somministrato nel corso della giornata

latte vaccino 1 gtt diluita in 10 cc di H2O partendo da 1gtt di tale diluizione ed

incrementando la dose ogni ora sino a raggiungere una dose massima di 4.5 cc

finale.

-Il secondo giorno viene somministrato latte vaccino 4gtt diluite in 20 cc di

H2O partendo da 1cc di tale diluizione ed incrementando la dose ogni due ore

sino a raggiungere una dose massima finale di 8 cc.

-Il terzo giorno viene somministrato latte vaccino 20 gtt diluite in 20 cc di

H2O partendo da 1 cc di tale diluizione e incrementando la dose ogni due ore.

-Il quarto giorno viene somministrato latte vaccino 3 cc in 20 cc di H2O

partendo da 1 cc di tale diluizione e incrementando la dose ogni due ore.

-Il quinto giorno viene somministrato latte vaccino 5 cc in 10 cc di H2O

partendo da 4cc di tale diluizione e incrementando la dose ogni due ore.

-Il sesto giorno viene somministrato latte vaccino 10 cc in 10 cc di H2O

partendo da 4cc di tale diluizione ed incrementando la dose ogni due ore.

39

-Il settimo giorno vengono somministrati 10 cc di latte vaccino non diluito

partendo da 1cc e incrementando la dose ogni due ore.

-L’ottavo giorno vengono somministrati 20 cc di latte vaccino (Tabella 3.2).

Il bambino viene dimesso in antistaminico con la stretta raccomandazione di

assumere latte vaccino quotidianamente incrementando di 1 cc ogni 2 giorni e

qualora non dovesse assumere il latte per qualche giorno dovrà riprendere

l’assunzione a dosaggio ridotto (1 goccia ogni ora).

GIORNI LATTE TOTALE

PROTEINE TOTALI

INCREMENTOLATTE

INCREMENTOPROTEINE

1 0.05 CC = 1gtt (+10CC H2O)

0.00175 g 0.00025 CC 0.025 CC

0.0000087 g 0.00087 g

2 0.2 CC = 4 gtt (+20CC H2O)

0.007 g 0.01 CC 0.08 CC

0.00035 g 0.0028 g

3 1 CC (+20CC H2O)

0.035 g 0.05 CC 0.4 CC

0.0017 g 0.014 g

4 3 CC (+20CC H2O)

0.105 g 0.13 CC 1.04 CC

0.0045 g 0.036 g

5 5 CC (+10CC H2O)

0.175 g 1.32 CC 1.98 CC

0.046 g 0.069 g

6 10 CC (+10CC H2O)

0.35 g 2 CC 5 CC

0.07 g 0.175 g

7 10 CC 0.35 g 1 CC 4 CC

0.035 g 0.14 g

8 20 CC 0.7 g 10 CC 10 CC

0.35 g 0.35 g

Tabella 3.2

Dosi di latte e quantità di proteine del latte vaccino.

40

DESCRIZIONE CLINICA DEI SOGGETTI CHE SI SONO SOTTOPOSTI

ALLA DESENSIBILIZZAZIONE ORALE

Caso 1

Michele è un bambino di 3 anni affetto da allergia alle proteine del latte

vaccino dal primo mese di vita quando ha presentato dispnea e vomito dopo

assunzione di latte. A 3 mesi dopo aver fatto il bagno con detergente

contenente proteine del latte ha presentato orticaria generalizzata, mentre a 4

mesi è comparso l’eczema. A 6 mesi sono comparsi i primi episodi di asma

per i quali ha cominciato un lungo ciclo di terapia steroidea. A 27 mesi ha

presentato una reazione anafilattica dopo inalazione di vapori di latte. Quasi

immediatamente è comparso stridore laringeo e prurito in gola.

Michele oltre all’allergia alle proteine del latte vaccino presenta anche allergia

verso altri alimenti come: manzo, vitello, uovo e derivati, agnello, maiale e

pollo.

Caso 2

Giampiero è un bambino di 6 anni e mezzo che presenta all’anamnesi una

familiarità grave per atopia. È affetto da allergia alle proteine del latte vaccino

dai 3 mesi di vita. L’allergia è esordita con eczema e poliintolleranza

alimentare. Negli anni successivi ha presentato reazioni iperacute verso il latte

vaccino, caratterizzate da: angioedema della mucosa orofaringea e orticaria

grave da contatto, per esempio sporcando si con il gelato. Ha presentato pure

broncospasmo da inalazione, mentre la mamma cuoceva il formaggi alla

piastra. Ha tentato varie volte di reintrodurre l’alimento sempre con esito

negativo. L’ultimo tentativo è stato fatto nel 1998 quando ha presentato

41

broncospasmo, prurito, orticaria e vomito. Viste la gravità delle reazioni non

ha più tentato di reintrodurre il latte.

Caso 3

Giovanni è un bambino di 3 anni e 4 mesi. L’allergia alle proteine del latte

vaccino gli è stata diagnosticata a 2 mesi di vita dopo la comparsa di dermatite

atopica. A 6 mesi dopo l’assunzione della prima pappa ha presentato reazione

orticarioide ed edema al volto. Con gli anni l’allergia è andata peggiorando è

Giovanni ha presentato diverse volte reazioni orticarioidi e laringospasmo solo

inalando il latte messo a bollire o se veniva toccato da chi aveva manipolato il

latte e non si era lavato. Con il tempo ha manifestato allergia anche verso altri

alimenti come: uovo, patata, prugna, coniglio, pomodoro, soia e carne di

vitello.

Caso 4

Alessandro è un bambino di 3 anni. La diagnosi di allergia alle proteine del

latte vaccino è stata posta a 3 mesi dopo che compare orticaria generalizzata

alla prima somministrazione di formula contenente le proteine del latte

vaccino. Viene eseguito un ulteriore tentativo di somministrare il latte ma il

bambino presenta broncospasmo e cianosi, da allora ha seguito una dieta senza

latte e derivati. A 2 anni fallisce un tentativo di reintrodurre il latte per

presenza di pomfi già al primo cucchiaino e gli viene consigliata una

quotidiana assunzione di piccole quantità di latte che però non assume in

modo costante. Nel 2001 si verifica un episodio di broncospasmo dopo

accidentale assunzione di tortellini in brodo con parmiggiano che era di fatto

un “concentrato” di proteine di latte. Dopo questo episodio presenta reazioni

orticarioidi dopo accidentale contatto con latte.

42

Caso 5

Federica è una bambina di 6 anni e 8 mesi. A 3 mesi compare la dermatite

atopica e la bambina viene messa a dieta senza latte e derivati. A 6 mesi dopo

l’assunzione di una minestrina nella quale per la prima volta è stato disciolto

un formaggino presenta vomito, orticaria generalizzata, cianosi e

laringospasmo. Da quella volta non ha mai più avuto reazioni gravissime, ma

3/4 volte all’anno dopo contatti accidentali ha presentato immediatamente

starnuti e dermatite importante che però venivano rapidamente trattati in via

preventiva con areosol di adrenalina. Federica è allergica anche all’uovo per il

quale ha presentato anche reazioni gravi.

Caso 6

Diletta è una bambina di 5 anni e mezzo. presenta un’allergia importante per

latte e uovo. Dal secondo mese di vita ha avuto una dermatite atopica

importante per la quale è stata messa a dieta senza latte e derivati. Ha

presentato bronchiti asmatiche medio gravi e per questo è stata in terapia con

steroide. A 3 anni e mezzo in seguito ad assunzione di pasta non priva di latte

ha presentato una reazione grave con angioedema localizzato al volto e al

collo. Nel 2002 ha tentato la reintroduzione del latte vaccino alla quale ha

presentato vomito e una reazione respiratoria grave con laringospasmo.

43

4. RISULTATI

A SOGGETTI CHE SONO STATI INDAGATI PER VERIFICARE

L’ACQUISIZIONE DELLA TOLLERANZA ALL’ALIMENTO

OFFENDENTE

50 bambini giunti alla nostra osservazione si sono sottoposti al test di

scatenamento per vari alimenti:

A1 43 bambini si sono sottoposti a test di scatenamento per il latte vaccino,

A2 11 bambini si sono sottoposti a test di scatenamento per l’uovo,

Dei 50 pazienti 4 bambini si sono sottoposti al test di scatenamento sia per

latte vaccino che per l’ uovo.

A1 BAMBINI CHE HANNO ESEGUITO TEST DI SCATENAMENTO PER

LATTE VACCINO

DESCRIZIONE POPOLAZIONE

Dei 43 bambini che si sono sottoposti al test di scatenamento per il latte

vaccino 24 (55.8%) sono maschi e 19 (44.2%) sono femmine (Tabella A1.1).

44

21 (48.8%) dei 43 bambini presentavano una familiarità generica per allergia

da parenti di primo e secondo grado, in 22 (51.2%) questa familiarità era

negata (Tabella A1.2).

L’età di comparsa dei sintomi e perciò della diagnosi varia nei diversi soggetti

da 1 mese di vita ai 18 mesi con un età media di 3,6 mesi (Tabella A1.3).

I piccoli pazienti sono stati sottoposti al test di scatenamento per il latte

vaccino a età diverse comprese tra i 7 mesi e gli 11 anni (132 mesi), e

presentavano un’età media di 35.8 mesi. L’età media dei 29 bambini prick

positivi all’esecuzione del test di scatenamento è di 45.4 mesi, mentre i

bambini prick negativi avevano un’età media al test di scatenamento di 19

mesi (Grafico A1.1).

I sintomi che i pazienti presentavano all’anamnesi da soli o in associazione

sono i seguenti (Tabella A1.4):

a) reazioni gastrointestinali: 13 pazienti (30.2%) di cui 9 (20.9%) hanno avuto

vomito, 5 (11.6%) diarrea, 1 (2.3%) coliche, 5 (11.6%) scarsa crescita, 2

(4.6%) reflusso gastroesofageo e 2 (4.6%) dolori addominali (Tabella A1.5).

b) reazioni cutanee: 28 pazienti (65.1%) di cui 11 (25.5%) hanno avuto

orticaria, 8 (18.6%) angioedema e 21 (48.8%) dermatite atopica (Tabella

A1.6).

c) reazioni respiratorie: 10 pazienti (23.2%) di cui 6 (13.9%) hanno avuto

dispnea, 2 (4.6%) tosse, 3 (6.9%) broncospasmo (Tabella A1.7).

d) altri tipi di reazioni: 2 pazienti (4.6%) di cui, 1 (2.3%) ALTE e 1 (2.3%)

perdita di coscienza (Tabella A1.8)

e) reazione anafilattica: 11 pazienti (25.5%).

45

IL SESSO (gruppo A1)

SESSO N. PAZIENTI PERCENTUALE

M 24 55.8%

F 19 44.2%

TABELLA A1.1

LA FAMILIARITÀ (gruppo A1)

FAMILIARITÀ N. PAZIENTI PERCENTUALE

PRESENTE 21 48.8%

NEGATA 22 51.2%

TABELLA A1.2

L’ETÀ ALLA DIAGNOSI (gruppo A1)

ETÀ ALLA DIAGNOSI N. PAZIENTI

0 – 3 MESI 31

3 – 6 MESI 7

6 – 9 MESI 3

9 – 12 MESI 1

12 – 15 MESI /

15 – 18 MESI 1

TABELLA A1.3

46

Età alla quale i soggetti hanno eseguito il test di scatenamento

0102030405060708090

100

6-12

12-18

18-24

24-30

30-36

36-42

42-48

48-54

54-60 >6

0

mesi

% p

azie

nti

prick positiviprick negativi

GRAFICO A1.1 (gruppoA1)

LE REAZIONI AVVERSE ALLA DIAGNOSI (gruppo A1)

TIPO REAZIONE N. PAZIENTI PERCENTUALE REAZIONI GASTROINTESTINALI

13 30.2%

REAZIONI CUTANEE

28 65.1%

REAZIONI RESPIRATORIE

10 23.2%

ALTRI TIPI DI REAZIONI

2 4.6%

REAZIONI ANAFILATTICHE

11 25.5%

TABELLA A1.4

47

SUDDIVISIONE DELLE REAZIONI GASTROINTESTINALI (gruppo A1)

REAZIONI

GASTROINTESTINALI

N. PAZIENTI PERCENTUALE

VOMITO 9 20.9%

DIARREA 5 11.6%

COLICHE 1 2.3%

DOLORE

ADDOMINALE

2 4.6%

RGE 2 4.6%

SCARSA CRESCITA 5 11.6%

TABELLA A1.5

SUDDIVISIONE DELLE REAZIONI CUTANEE (gruppo A1)

REAZIONI

CUTANEE

N. PAZIENTI PERCENTUALE

ORTICARIA 11 25.5%

ANGIOEDEMA 8 18.6%

DERMATITE

ATOPICA

21 48.8%

TABELLA A1.6

48

SUDDIVISIONE DELLE REAZIONI RESPIRATORIE (gruppo A1)

REAZIONI

RESPIRATORIE

N. PAZIENTI PERCENTUALE

DISPNEA 6 13.9%

LARINGOSPASMO 1 2.3%

BRONCOSPASMO 3 6.9%

TOSSE 2 4.6%

RINITE 1 2.3%

TABELLA A1.7

SUDDIVISIONE DI ALTRI TIPI DI REAZIONE (gruppo A1)

TIPO REAZIONE N. PAZIENTI PERCENTUALE

ALTE 1 2.3%

PERDITA DI

COSCIENZA

1 2.3%

TABELLA A1.8

49

LA REATTIVITÀ CUTANEA

I bambini che presentavano una positività ai test cutanei (prick e prick by

prick test) per il latte vaccino sono 29 (67.5%), mentre 14 (32.5%) sono

risultati prick negativi (Tabella A1.9). Ben 20 (46.5%) pazienti hanno

presentato una cuti positività oltre alle proteine del latte anche per altri

alimenti (Tabella A1.10).

IL PRICK TEST PER LATTE VACCINO (gruppo A1)

PRICK TEST N. PAZIENTI PERCENTUALE

POSITIVO 29 67.5%

NEGATIVO 14 32.5%

TABELLA A1.9

POSITIVITÀ DEL PRICK TEST PER IL LATTE VACCINO E PER ALTRI

ALIMENTI (gruppo A1)

PRICK TEST N. PAZIENTI PERCENTUALE

POSITIVO SOLO PER

LATTE VACCINO

10 23.2%

POSITIVO PER PIÙ DI

UN ALIMENTO

19 44.1%

TABELLA A1.10

50

IL TEST DI SCATENAMENTO

Durante l’esecuzione del test di scatenamento 24 (55.8%) dei 43 bambini

hanno presentato reazioni avverse al latte vaccino, mentre 19 (44.2%) non

hanno presentato nessuna reazione ed hanno tollerato bene il latte (Tabella

A1.11). Dei 24 (55.8%) bambini che hanno presentato qualche reazione al test

di scatenamento 20 (46.5%) sono prick positivi mentre 4 (9.3%) sono prick

negativi.

Prendendo in considerazione i 19 (44.2%) bambini che hanno tollerato bene il

test di scatenamento vediamo che 9 (20.9%) sono risultati prick positivi

mentre 10 (23.3%) sono prick negativi (Tabelle A1.12).

I sintomi, comparsi da soli o in associazione, durante l’esecuzione del test di

scatenamento sono: orticaria 11 pazienti (25.5%), angioedema 2 pazienti

(4.6%), prurito 5 pazienti (11.6%), vomito 8 pazienti (20.9%), diarrea 2

pazienti (4.6%), dolore addominale 1 paziente (2.3%), rinite 3 pazienti (6.9%),

conguntivite 1 paziente (2.3%), tosse 3 pazienti (6.9%), broncospasmo 3

pazienti (6.9%), laringospasmo 1 paziente (2.3%), apnee notturne 1 paziente

(2.3%), reazioni vago vagali 1 paziente (2.3%) (Tabella A1.13).

Dopo l’esecuzione del test di scatenamento a 20 (46.5%) bambini è stata

liberalizzata la dieta per il latte vaccino e i suoi derivati, 10 bambini sono stati

posti a dieta di esclusione e 13 bambini, che hanno invece avuto reazioni non

gravi, hanno cominciato ad assumere piccole quantità di latte e derivati per

forzare l’acquisizione della tolleranza che l’organismo incominciava a

sviluppare (Tabella A1.14).

Dei 20 bambini messi a dieta libera solo 1 (2.3%) bambino ha presentato

durante il test di scatenamento una lievissime reazione che però non è stata

valorizzata. La cuti positività era presente in 10 (23.5%) bambini mentre la

cuti negatività in 10 (23.5%) bambini.

51

Dei 10 piccoli pazienti posti a dieta senza latte vaccino e i suoi derivati 7

(16.3%) erano prick positivi mentre solo 3 (6.9%) erano prick negativi.

Dei 13 (30.2%) soggetti che assumono piccole quantità di latte e derivati 12

(27.9%) hanno avuto il prick test positivo e in 1 (2.3%) caso era risultato

negativo (Grafico A1.2).

Se prendiamo in considerazione l’età alla quale i soggetti sono diventati

tolleranti vediamo che i 14 (32.5%) soggetti prick negativi hanno acquisito la

tolleranza in quasi la totalità dei casi (84%) verso i 36 mesi. I 2 casi che hanno

eseguito il test di scatenamento dopo i 36 mesi sono giunti alla nostra

osservazione solo a quell’età. I 29 (67.5%) soggetti prick positivi invece

hanno raggunto la tolleranza in meno della metà dei casi (41%) e solo (27%)

entro i 3 anni (Grafico A1.3).

52

IL TEST DI SCATENAMENTO PER LATTE VACCINO (gruppo A1)

TEST DI

SCATENAMENTO

N. PAZIENTI PERCENTUALE

REAZIONI 24 55.8%

NO REAZIONI 19 44.2%

TABELLA A1.11

IL PRICK TEST NEI SOGGETTI CHE HANNO ESEGUITO IL TEST DI

SCATENAMENTO PER LATTE VACCINO

TABELLA A 1.12 (gruppo A1)

43 SOGGETTI

24 (55.8%) REAZIONI

19 (44.2%) NO REAZIONI

20 (46.5%) PRICK +

4 (9.3%) PRICK -

9 (20.9%) PRICK -

10-23.2% PRICK +

53

REAZIONI PRESENTATE DURANTE IL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A1)

REAZIONI N. PAZIENTI PERCENTUALE

VOMITO 9 20.9%

DIARREA 2 4.6%

DOLORE

ADDOMINALE

1 2.3%

ORTICARIA 11 25.5%

ANGIOEDEMA 2 4.6%

PRURITO 5 11.6%

RINITE 3 6.9%

CONGIUNTIVITE 1 2.3%

TOSSE 3 6.9%

BRONCOSPASMO 3 6.9%

LARINGOSPASMO 1 2.3%

APNEE NOTTURNE 1 2.3%

REAZIONI

VAGO-VAGALI

1 2.3%

TABELLA A1.13

54

IL TIPO DI DIETA SEGUITO DOPO IL TEST DI SCATENAMENTO PER

LATTE VACCINO

TABELLA A1.14 (gruppo A1)

43 SOGGETTI 55.8%M-44.2%F

24 (55.8%) REAZIONI 46.5% PRICK+ 9.3%PRICK-

19 (44.2%) NO REAZIONI 20.9%PRICK+23.3%PRICK-

10 (23.2%) DIETA. ESCLUSINE

18.6% PRICK+ 4.6% PRICK-

13 (30.2%) PICCOLE QUANTITÀ

27.9% PRICK+ 2.3% PRICK-

20 (46.5%) DIETA LIBERA

23.2% PRICK+ 23.2% PRICK-

55

10

10

7

312

1

02468

101214161820

numero pazienti

dieta libera dieta diesclusione

piccolequantità

Numero di pazienti prick positivi e prick negativi messi a diversi regimi dietetici dopo il test di scatenamento

prick-prick+

GRAFICO A1.2 (gruppo A1)

Età e percentuale pazienti prick positivi e negativi che hanno liberalizzato la dieta dopo il test di scatenamento

0102030405060708090

100

0-6 6-1212

-1818

-2424

-3030

-3636

-4242

-4848

-5454

-60 >60

mesi

% p

azie

nti

Prick positiviPrick negativi

GRAFICO A 1.3 (gruppo A1)

56

BAMBINI CHE HANNO ESEGUITO UN SECONDO TEST DI SCATENAMENTO

DI CONTROLLO

DESCRIZIONE POPOLAZIONE

Dei 10 (23.2%) bambini che hanno avuto gravi reazioni al test di

scatenamento e che quindi hanno proseguito una dieta senza latte vaccino e

derivati 6 (13.9%) hanno rifatto il test di scatenamento dopo un tempo di

follow up medio di 12 mesi.

Per quel che riguarda il sesso 2 (4.6%) erano maschi e 4 (9.3%) erano

femmine.

All’anamnesi 5 (11.6%) presentava familiarità generale per allergia da parenti

di primo e secondo grado, solo 1 (2.3%) bambino non aveva familiarità per

allergie.

L’età media dei bambini al secondo carico è di 49.8 mesi (Tabella A1.15).

LA REATTIVITÀ CUTANEA La cuti positività è stata rilevata in 4 (9.3%) dei piccoli pazienti mentre i prick

erano negativi in 2 (4.6%) bambini (Tabella A1.16).

IL TEST DI SCATENAMENTO Durante il test di scatenamento 4 (9.3%) soggetti non hanno avuto nessuna

reazione avversa mentre 2 (4.6%) hanno avuto una reazione durante il test

(Tabella A1.17).

Dei 4 (9.3%) bambini, che non hanno avuto nessuna reazione avversa durante

il test di scatenamento, 2 (4.6%) erano prick positivi e 2 (4.6%) erano prick

negativi (Tabella A1.18). Dei 2 (4.6%) che hanno avuto una reazione durante

il test di scatenamento, la prick positività era presente in tutti e 2 (4.6%) i

bambini (Tabella A1.19). I sintomi presentati durante il test sono: anafilassi,

vomito e orticaria.

57

Ai 4 (9.3%) bambini è stata liberalizzata la dieta.

A dieta di esclusione senza latte e derivati è stato messo 1 (2.3%) bambino .

Il bambino (2.3%) che non ha avuto una reazione non severa durante il test di

scatenamento ha cominciato ad assumere piccole quantità di derivati del latte

vaccino per forzare l’acquisizione della tolleranza (Tabella A1.20).

Se guardiamo adesso l’intera popolazione, dopo che certi soggetti hanno

eseguito il test di follow up, vediamo che 24 soggetti sono a dieta libera, 5 a

dieta di esclusione e 14 assumono piccole quantità di latte e derivati Dei 24

(55.8%) soggetti a dieta libera 22 (51.2%) sono prick positivi e altri 22

(51.2%) sono prick negativi, dei 5 (11.6%) pazienti a dieta di esclusione 4

(9.3%) sono prick positivi e 1 (2.3%) è prick negativo. 13 (30.2%) dei 14

(32.5%) soggetti che assumono piccole quantità sono prick positivi e solo 1

(2.3%) è prick negativo (Grafico A1.4).

L’ETÀ AL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A1)

ETÀ AL TEST N. PAZIENTI

36 – 47 MESI 3

48 – 59 MESI 2

> 60 MESI 1

TABELLA A1.15

58

IL PRICK TEST (gruppo A1)

PRICK TEST N. PAZIENTI PERCENTUALE

POSITIVO 4 9.3%

NEGATIVO 2 4.6%

TABELLA A1.16

IL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A1)

TEST DI

SCATENAMENTO

N. PAZIENTI PERCENTUALE

REAZIONI 2 4.6%

NO REAZIONI 4 9.3%

TABELLA A1.17

IL PRICK TEST NEI BAMBINI CHE NON HANNO AVUTO REAZIONI

AVVERSE DURANTE IL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A1)

PRICK TEST N. PAZIENTI PERCENTUALE

POSITIVO 2 4.6%

NEGATIVO 2 4.6%

TABELLA A1.18

59

IL PRICK TEST NEI BAMBINI CHE HANNO AVUTO REAZIONI AVVERSE

DURANTE IL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A1)

PRICK TEST N. PAZIENTI PERCENTUALE

POSITIVO 2 4.6%

NEGATIVO / /

TABELLA A1.19

LA DIETA DOPO IL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A1)

TIPO DIETA N. PAZIENTI PERCENTUALE

LIBERA 4 9.3%

DI ESCLUSIONE 1 2.3%

PICCOLE QUANTITÀ 1 2.3%

TABELLA A1.20

60

02468

1012141618202224

numero pazienti

dieta libera dieta diesclusione

piccoleguantità

Numero di pazienti prick positivi e prick negativi messi a diversi regimi dietetici dopo il test di scatenamento di follow up

prick-prick+

GRAFICO A1.4 (gruppo A1)

IL FOLLOW UP TELEFONICO

Dopo lo studio dei casi che si sono sottoposti al test di scatenamento per latte

vaccino ho eseguito un follow up telefonico per verificare come sta

procedendo la reintroduzione dell’alimento tramite piccole quantità di derivati

e latte, che dovrebbero aiutare a forzare la tolleranza in quei bambini che la

stanno già fisiologicamente acquisendo (reazioni non gravi durante il test di

scatenamento). Un altro quesito che ho potuto risolvere con questo tipo di

intervista, è come procede l’assunzione di latte e derivati nei bambini che

hanno tollerato bene il test di scatenamento e ai quali è stata liberalizzata la

61

dieta. Nei pazienti che invece sono stati dimessi a dieta di esclusione ho

verificato come stava procedendo la loro storia clinica, se avevano o stavano

incominciando ad acquisire la tolleranza o se avevano ancora reazioni per

minime quantità di alimento assunto.

Sono stati contattati telefonicamente 39 (90.6%) dei 43 soggetti, mentre 4

(9.3%) non erano raggiungibili per vari motivi.

28 (65%) soggetti assumono latte senza problemi, 14 (32.5%) erano prick

positivi alla diagnosi e 14 (32.5%) erano prick negativi. Dei 28 bambini 19

(44.1%) erano stati messi a dieta libera, 5 (11.6%) hanno forzato

l’acquisizione della tolleranza con piccole quantità di latte e derivati e 1

(2.3%) era stato dimesso a dieta di esclusione (era prick negativo e ha

cominciato ad assumere il latte a 3 anni).

6 (13.9%) soggetti assumono piccole quantità di derivati del latte vaccino, 5

(11.6%) di questi erano prick positivi alla diagnosi e 1 (2.3%) era prick

negativo. 2 (4.6%) non hanno presentato nessuna reazione durante

l’esecuzione del test di scatenamento ed erano stati dimessi in dieta libera, ma

a casa hanno presentato reazioni (dermatite atopica, pomfi, diarrea, dolore

addominale) per le quali l’alimento puro è stato sospeso. 1 (2.3%) bambino a

cui si è consigliato di assumere piccole quantità di derivati e latte sta

assumendo solo i derivati mentre 1 (2.3%) bambino dimesso in dieta di

esclusione senza latte e derivati ha cominciato ad assumere qualche derivato.

7 (16.2%) bambini non assumono né latte né derivati, tutti sono risultati prick

positivi alla diagnosi. 4 (57.2%) dei 7 bambini hanno provato a forzare

l’acquisizione della tolleranza con minime quantità di derivati ma hanno avuto

reazioni tali da far sospendere l’assunzione dell’alimento. 3 (42.8%) bambini

invece sono stati già dimessi in dieta di eliminazione perché hanno avuto

reazioni gravi durante l’esecuzione del test di scatenamento (Tabella A1.21;

Grafico A1.5; Tabella A1.22).

62

IL FOLLOW UP TELEFONICO (gruppo A1)

PAZIENTE SESSO PRICK DIETA DOPO TEST

DIETA ATTUALE

1 M + PICCOLE QUANTITÀ

DI ESCLUSIONE

2 F + PICCOLE QUANTITÀ

DI ESCLUSIONE

3 F + LIBERA DERIVATI 4 M + PICCOLE

QUANTITÀ DERIVATI

5 M - LIBERA LIBERA 6 M - LIBERA LIBERA 7 F + PICCOLE

QUANTITÀ LIBERA

8 M + LIBERA DERIVATI 9 M + DI

ESCLUSIONELIBERA

10 F - DI ESCLUSIONE

LIBERA

11 M - LIBERA LIBERA 12 F + DI

ESCLUSIONEDI ESCLUSIONE

13 M - PICCOLE QUANTITÀ

LIBERA

14 M + PICCOLE QUANTITÀ

DI ESCLUSIONE

15 F - LIBERA DERIVATI 16 F - LIBERA LIBERA 17 F + LIBERA LIBERA 18 F - LIBERA LIBERA 19 F - LIBERA LIBERA

63

PAZIENTE SESSO PRICK DIETA

DOPO TEST

DIETA

ATTUALE

20 M - LIBERA LIBERA 21 M - LIBERA LIBERA 22 F + PICCOLE

QUANTITÀ LIBERA

23 M + PICCOLE QUANTITÀ

DI ESCLUSIONE

24 M + LIBERA LIBERA 25 M + PICCOLE

QUANTITÀ LIBERA

26 M + LIBERA LIBERA 27 F + LIBERA LIBERA 28 M - LIBERA LIBERA 29 F + DI

ESCLUSIONEDI ESCLUSIONE

30 M + LIBERA LIBERA 31 M + LIBERA LIBERA 32 F + LIBERA LIBERA 33 M - LIBERA LIBERA 34 F + PICCOLE

QUANTITÀ LIBERA

35 M + LIBERA LIBERA 36 M - PICCOLE

QUANTITÀ DERIVATI

37 F + LIBERA LIBERA 38 M + LIBERA LIBERA 39 M + LIBERA LIBERA 40 F - LIBERA LIBERA

TABELLA A1.21

64

02468

1012

numero pazienti

dieta libera dieta diesclusione

piccolequantità

Dieta attuale nei bambini prick positivi suddivisi a seconda dell'indicazione dietetica dopo il test di scatenamento

derivatino lattesi latte

GRAFICO A1.5 (gruppo A1)

LA DIETA ATTUALE DEI SOGGETTI CHE SI SONO SOTTOPOSTI A UNO O PIÙ TEST DI SCATENAMENTO PER IL LATTE VACCINO

TABELLA A 1.22 (gruppo A1)

43 SOGGETTI 55.8%M e 44.2%F

21 (48.8%) REAZIONI AL TEST

23 (53.5%) NO REAZIONI AL TEST

14 (32.5%) PICCOLE QUANTITÀ

5 (11.6%) DIETA DI ESCLUSIONE

24 (55.8%) DIETA LIBERA

4 (9.3%) NO

7 (16.2%) SI

3 (6.9%) NON RAG.

3 (6.9%) NO

2 (4.6%) SI

22 (51.2%) SI

2 (4.6%) DERIV.

65

TABELLA RIASSUNTIVA (gruppo A1)

pazienti sesso età al test

prick sintomi al test dieta dopo test

dieta dopo 2 test

Follow up telefonico

1 M 3 anni + orticaria rinite

piccole quantità

/ no latte

2 M 2 anni + orticaria piccole quantità

/ /

3 F 2anni 5 mesi

+ angioedema vomito

piccole quantità

/ no latte

4 F 7 anni 9 mesi

+ / dieta libera

/ solo derivati

5 M 2 anni - / dieta libera

/ si latte

6 M 8 anni + orticaria vomito prurito

piccole quantità

/ solo derivati

7 M 17 mesi

- / dieta libera

/ si latte

8 F 8 anni + orticaria dolore addominale

piccole quantità

/ si latte

9 M 16 mesi

+ / dieta libera

/ si latte

10 M 2 anni 6 mesi

+ orticaria vomito

dieta di esclusione

/ solo derivati

11 F 7 mesi - vomiti pallore dieta di esclusione

/ si latte

12 M 15 mesi

- / dieta libera

/ si latte /

13 F 3 anni + tosse broncospasmo

dieta di esclusione

dieta di esclusione

no latte

14 M 7 mesi - orticaria piccole quantità

/ si latte

15 M 2 anni + prurito tosse broncospasmo

dieta di esclusione

piccole quantità

no latte

66

pazienti sesso età al test

prick sintomi al test dieta dopo test

dieta dopo 2 test

Follow up telefonico

16 F 18 mesi

- / dieta libera

/ solo derivati

17 F 4 anni 9 mesi

- / dieta libera

/ si latte

18 F 4 anni + orticaria vomito rinite

dieta di esclusione

dieta libera

si latte

19 F 4 anni - / dieta libera

/ si latte /

20 F 16 mesi

- apnee notturne dieta di esclusione

dieta libera

si latte

21 M 14 mesi

- / dieta libera

/ si latte

22 M 20 mesi

- / dieta libera

/ si latte

23 F 7anni + vomito piccole quantità

/ si latte

24 M 4anni 6 mesi

+ diarrea reazioni vaso vagali

piccole quantità

/ no latte

25 M 3 anni + / dieta libera

/ si latte

26 M 3 anni + orticaria prurito angioedema

piccole quantità

/ si latte

27 F 4 anni + vomito piccole quantità

/ /

28 F 5 anni 6 mesi

+ vomito tosse laringospasmo

dieta di esclusione

/ no latte

29 M 18 mesi

+ prurito dieta libera

/ si latte

67

pazienti sesso età al test

prick sintomi al test dieta dopo test

dieta dopo 2 test

Follow up telefonico

30 F 9 anni + / dieta libera

/ si latte

31 M 7 mesi - / dieta libera

/ si latte

32 F 14 mesi

+ orticaria dieta di esclusione

/ no latte

33 M 14 mesi

+ / dieta libera

/ si latte

34 F 2 anni + rinite congiuntivite eczema

dieta di esclusione

dieta libera

si latte

35 M 17 mesi

- vomiti pallore dieta di esclusione

dieta libera

si latte

36 F 11 anni

+ prurito gola gonfia

piccole quantità

/ si latte

37 M 22 mesi

+ / dieta libera

/ si latte

38 M 24 mesi

+ orticaria piccole quantità

/ derivati

39 F 4 anni + / dieta libera

/ si latte

40 M 3 anni 4 mesi

+ / dieta libera

/ si latte

41 M 21 mesi

+ orticaria piccole quantità

/ /

42 M 1 anno + / dieta libera

/ si latte

43 F 11mesi - / dieta libera

/ si latte

68

A2 BAMBINI CHE HANNO ESEGUITO IL TEST DI SCATENAMENTO

PER L’UOVO

DESCRIZIONE POPOLAZIONE

Al test di scatenamento per l’uovo sono stati sottoposti 11 bambini di questi 9

(81 8%) sono maschi e 2(18.2%) sono femmine (Tabella A2.1).

La familiarità generica per allergia da parenti di primo e secondo grado è

presente in 9 (81.8%) bambini ed è negata in 2 (18.2%) (Tabella A2.2).

L’età media alla diagnosi è di 7 mesi tenendo conto che 4 diagnosi sono state

poste in base alla positività del prick test in concomitanza della diagnosi di

allergia al latte vaccino, mentre le altre 7 diagnosi sono state poste dopo lo

svezzamento (Tabella A2.3).

L’età media dei 11 soggetti al momento dell’esecuzione del test di

scatenamento era di 41 mesi (Tabella A2.4).

Le reazioni presentati da soli o in associazione sono (Tabella A2.5) :

reazioni gastrointestinali: 3 (27.2%) pazienti, tutti hanno avuto vomito;

reazioni cutanee:8 (72.7%) pazienti di cui 6 (54.5%) orticaria, 4 (36.4%)

angioedema, 6 (54.5%) dermatite atopica (Tabella A2.6);

reazioni respiratorie: 2 (18.2%) pazienti di cui 1 (9.1%) broncospasmo e 1

(9.1%) rinite (Tabella A2.7).

IL SESSO (gruppo A2)

SESSO N. PAZIENTI PERCENTUALE

MASCHI 9 81.8%

FEMMINE 2 18.2%

TABELLA A2.1

69

LA FAMILIARITÀ (gruppo A2)

FAMILIARITÀ N. PAZIENTI PERCENTUALE

PRESENTE 9 81.8%

NEGATA 2 18.25

TABELLA A2.2

L’ETÀ ALLA DIAGNOSI (gruppo A2)

ETÀ N. PAZIENTI

0 – 5 MESI 4

6 – 11 MESI 3

12 – 18 MESI 4

TABELLA A2.3

L’ ETÀ AL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A2)

ETÀ N. PAZIENTI

24 – 35 MESI 3

36 – 47 MESI 2

48 – 59 MESI 4

> 60 MESI 2

TABELLA A2.4

70

LE REAZIONI ALLA DIAGNOSI (gruppo A2)

TIPI REAZIONE N. PAZIENTI PERCENTUALE

GASTROINTESTINALI

VOMITO

3 27.2%

CUTANEE 8 72.7%

RESPIRATORIE 2 18.2%

TABELLA A2.5

SUDDIVISIONE DELLE REAZIONI CUTANEE (gruppo A2)

REAZIONI

CUTANEE

N. PAZIENTI PERCENTUALE

ORTICARIA 6 54.5%

ANGIOEDEMA 4 36.3%

DERMATITE

ATOPICA

6 54.5%

TABELLA A2.6

SUDDIVISIONE DELLE REAZIONI RESPIRATORIE (gruppo A2)

REAZIONI

RESPIRATORIE

N. PAZIENTI PERCENTUALE

RINITE 1 9.1%

BRONCOSPASMO 1 9.1%

TABELLA A2.7

71

LA REATTIVITÀ CUTANEA

La prick positività era presente in 10 (90.9%) soggetti, mentre solo 1 (9.1%)

aveva il prick negativo per l’uovo (Tabella A2.8)

IL PRICK TEST (gruppo A2)

PRICK TEST N. PAZIENTI PERCENTUALE

POSITIVO 10 90.9%

NEGATIVO 1 9.1%

TABELLA A2.8

IL TEST DI SCATENAMENTO

Durante il test di scatenamento 6 (54.5%) bambini hanno avuto una reazione

avversa contro l’alimento offendente, mentre 5 (45.5%) non hanno avuto

nessuna reazione e hanno tollerato bene l’alimento (Tabella A2.9).

Tutti e 6 (54.5%) i bambini che hanno avuto una reazione avversa durante il

test di scatenamento erano prick positivi (Tabella A2.10).

Dei 5 (45.5%) soggetti che non hanno avuto reazioni avverse 4 (36.4%) erano

prick positivi e 1 (9.1%) era prick negativo (Tabella A2.11).

Le reazioni avverse che i soggetti hanno presentato durante l’esecuzione del

test da sole o in associazione sono: orticaria 4 pazienti (36.4%), angioedema 2

pazienti (18.2%), prurito 3 pazienti (27.3%), sudorazione 1 paziente (9.1%),

vomito 2 pazienti (18.2%) (Tabella A2.12).

72

Dopo aver valutato l’esito del test di scatenamento 6 (54.5%) pazienti sono

stati messi a dieta libera per uovo e derivati. 1 (9.1%) paziente aveva

presentato durante il test una lievissima reazione clinica che però non è stata

valorizzata. I 5 (45.5%) pazienti che hanno presentato reazioni non gravi

durante l’esecuzione del test di scatenamento hanno cominciato ad assumere

piccole quantità di uovo e derivati per forzare l’acquisizione della tolleranza

che l’organismo già cominciava ad acquisire (Tabella A2.13).

IL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A2)

TEST DI

SCATENAMENTO

N. PAZIENTI PERCENTUALE

REAZIONI 6 54.5%

NO REAZIONI 5 45.5%

TABELLA A2.9

IL PRICK TEST NEI BAMBINI CHE HANNO AVUTO UNA REAZIONE

AVVERSA DURANTE IL TEST DI SCATENAMENTO

(gruppo A2)

PRICK TEST N. PAZIENTI PERCENTUALE

POSITIVO 6 54.5%

NEGATIVO /

TABELLA A2.10

73

IL PRICK TEST NEI BAMBINI CHE NON HANNO AVUTO REAZIONI

DURANTE IL TEST DI SCATENAMENTO

(gruppo A2)

PRICK TEST N. PAZIENTI PERCENTUALE

POSITIVO 4 36.4%

NEGATIVO 1 9.1%

TABELLA A2.11

LE REZIONI AVVERSE DURANTE IL TEST DI SCATENAMENTO

(gruppo A2)

TIPO REAZIONE N. PAZIENTI PERCENTUALE

ORTICARIA 4 36.4%

ANGIOEDEMA 2 18.2%

PRURITO 3 27.2%

SUDORAZIONE 1 9.1%

VOMITO 2 18.2%

TABELLA A2.12

DIETA DOPO IL TEST DI SCATENAMENTO (gruppo A2)

TIPO DIETA N. PAZIENTI PERCENTUALE

LIBERA 6 54.5%

DERIVATI 5 45.5%

TABELLA A2.13

74

IL FOLLOW UP TELEFONICO

Ho eseguito un follow up telefonico per verificare come procedeva

l’acquisizione della tolleranza nei bambini che assumevano piccole quantità

d’uovo e derivati e per verificare che l’assunzione di uovo e derivati nei

bambini posti a dieta libera non dia problemi. 7 (63.6%) dei 11 bambini

assumono uovo e derivati senza problemi e hanno un’età media di 50 mesi.

Dopo l’esecuzione del test di scatenamento 5 (45.5%) erano già a dieta libera,

a 2 (18.2%) bambini invece era stata consigliata l’assunzione di derivati e

piccole quantità di uovo. 1 (9.1%) bambino (età 9 anni) che era stato posto a

dieta libera non assume più l’uovo per reazioni di malessere che seguono

l’assunzione dell’alimento. 2 (18.2%) bambini che hanno avuto reazioni

avverse durante il test di scatenamento assumono solamente i derivati

dell’uovo e non l’alimento da solo, hanno un età media di 72 mesi. 1 (9.1%)

bambino non è stato contatto per mancanza di dati (Tabella A2.14 – 2.15;

Grafico A 2.1).

0

2

4

6

numero pazienti

dieta libera piccole quantità

Dieta attuale nei bambini allergici all'uovo suddivisi secondo le indicazioni dietetiche dopo il test di

scatenomento

derivatino uovosi uovo

GRAFICO A2.1 (gruppo A2)

75

IL FOLLOW UP TELEFONICO (gruppo A2)

PAZIENTE SESSO PRICK DIETA

DOPO

TEST

DIETA

ATTUALE

1 M + PICCOLE

QUANTITÀ

LIBERA

2 M + LIBERA LIBERA

3 M + LIBERA LIBERA

4 M + PICCOLE

QUANTITÀ

DERIVATI

5 M + LIBERA LIBERA

6 M + LIBERA LIBERA

7 M + PICCOLE

QUANTITÀ

LIBERA

8 F + LIBERA DI

ESCLUSIONE

9 M - LIBERA LIBERA

10 F + PICCOLE

QUANTITÀ

DERIVATI

TABELLA A2.14

76

PRICK TEST E DIETA ATTUALE NEI SOGGETTI CHE HANNO ESEGUITO

IL TEST DI SCATENAMENTO PER L’UOVO

TABELLA A2.15 (gruppo A2)

11 SOGGETTI 81.8%M-18.2%F

6-54.5% REAZIONI 54.5% PRICK+

36.4%PRICK+9.1% PRICK- 5-45.5% NO REAZIONI

5-45.5% PIC.QUANT.

6-54.5% DIETA LIBERA

2-18.2% UOVO

2-18.2% DERIVATI

1-9.1% NON RAGGUNGIBILE

5-45.5% UOVO

1-9.1% NO

77

B SOGGETTI CHE HANNO SPERIMENTATO LA DESENSIBILIZ-

ZAZIONE ORALE

La desensibilizzazione è stata eseguita in 6 soggetti e tutti hanno portato a

termine il protocollo prestabilito. Dopo 15 giorno dall’inizio della

desensibilizzazione tutti i bambini assumevano una quantità variabile da 20 cc

a 50 cc di latte puro senza nessun sintomo.

GLI EFFETTI COLLATTERALI

Durante la desensibilizzazione orale solo 2 bambini hanno presentato delle

reazioni di una certa gravità. Il soggetto ha avuto broncospasmo in terza

giornata (1cc di latte in 20cc di acqua). Risolto si l’episodio il giorno dopo ha

continuato secondo il protocollo che è stato completato con successo.

Il secondo bambino ha presentato laringospasmo importante in quarta giornata

(3cc di latte in 20cc di acqua), anche lui dopo la risoluzione dell’episodio ha

continuato secondo il protocollo prestabilito.

I bambino ha presentato in settima giornata (10cc di latte in 10cc di acqua) una

reazione di lievissima entità caratterizzata da rinite.

IL LABORATORIO

Tutti i 6 soggetti erano prick positivi.

Prima di incominciare la desensibilizzazione orale sono stati eseguiti i

seguenti esami:

78

- RAST per latte era di 2 classe 1 caso, di 3 classe in 2 casi, di 4 classe in 2

casi, di 5 classe in 1 caso e di 6 classe in 2 casi.

- le IgE totali erano < 50 IU/ml in 2 soggetti, erano > di 50 UI/ml in 1 caso

> di 100 UI/ml in 3 e superavano le 1000 UI/ml in 1 caso.

- gli ALA erano normali in 4 casi.

- gli eosinofili erano elevati (400-800 mmc) in 2 casi, mentre in 1 caso

erano molto elevati (> 800 mmc) e in 3 casi erano normali.

Il giorno della dimissione tutti questi esami sono stati ripetuti, i risultati sono:

- RAST per latte era di 3 classe in 1 caso, di 4 classe in 1 caso, di 5 classe in

1 caso e di 6 classe in 1 caso.

- Le IgE totali erano > 50 UI/ml in 2 caso, > 100 UI in 3 casi e > 1000 in 1

caso.

- Gli ALA erano normali in 5 casi, mentre si sono positivizzate le IgG in 1

caso.

- Gli eosinofili erano elevati (400-800 mmc) in 2 caso, molto elevati (>800

mmc) in 1 caso ed erano negativi in 3.

79

TABELLA RIASSUNTIVA DEGLI ESAMI DI LABORATORIO (gruppo B)

PAZIENTI IgE

PRIMA

IgE

DOPO

RAST

PRIMA

RAST

DOPO

EOS.

PRIMA

EOS.

DOPO

ALA

PRIMA

ALA

DOPO

1 21.8 208 2.12 78.1 170 680 IgA

4.13

IgG

5.64

2 46.8 51.70 16.5 18.1 670 910 IgA

0.00

IgG

2.06

IgA

0.06

IgG

9.32

3 55.8 72.6 19.2 22.4 260 270 IgA

5.30

IgG

0.71

IgA

6.54

IgG

0.00

4 604 523 >100 99.5 410 20 IgA

4.70

IgG

4.80

IgA

1.88

IgG

4.86

5 573 479 7.67 370 340 IgA

0.00

IgG

0.84

IgA

0.00

IgG

1.44

6 4653 5511 >100 780 550 IgA

0.00

IgG

9.19

IgA

12.78

IgG

55.69

80

IL FOLLOW UP

Tutti i bambini hanno proseguito con l’assunzione del latte e hanno

cominciato ad introdurre anche i derivati del latte vaccino.

3 bambini assumono quantità di latte considerevoli che vanno da più di 200 ml

a 80 ml e assumono anche i derivati senza che si verifichi qualsiasi reazione

avversa.

Un bambino non gradisce il sapore del latte e perciò assume lo yogurt (8

cucchiaini) e qualche altro derivato.

Le 2 bambine hanno finito da poco la desensibilizzazione e perciò assumono

ancora quantità più modeste (28 cc) di latte che però incrementano di 1cc ogni

2 giorni.

81

TABELLA RIASSUNTIVA DELLE CARATTERISTICHE

CLINICHE DEI BAMBINI DESENSIBILIZZATI (gruppo B)

SESSO ETÀ ALLA DIAGNOSI

PRIMA REAZIONE ALIMENTO

REAZIONI IMPORTANTI IN DIETA DI

ESCLUSIONE

TRATTAMENTO IN ATTO

STATO DOPO DES.

REAZIONI DURANTE DESENSI.

M 1 MESE

ORTICARIA GENERALIZ.

LATTE

LARINGO SPASMO

PER INALAZONE DI VAPORI DI

LATTE BOLLITO

DIETA DI ESCLUSIONE ADRENALINA AL BISOGNO

> 200 CC LV

BRONCO SPASMO (1CC LV+

20 CC H2O)

M 2 MESI

ORTICARIA VOMITO

LATTE

BRONCO SPASMO

PER INALAZONE DI VAPORI DI

LATTE BOLLITO

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA E CORTISONE AL

BISOGNO

> 80 CC LV

LARINGO SPASMO (3CC LV+

20 CC H2O)

M 3 MESI

ORTICARIA GENERALIZ.

LATTE

BRONCO SPASMO PER

MINIME QUANTITÀ DI TORTELLINI IN

BRODO

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA E CORTISONE AL

BISOGNO

8 CUCC. YOGURT

NESSUNA

M 3 MESI

ANGIOEDEMA MUCOSA

OROFARINGEA LATTE

BRONCO SPASMO

PER INALAZONE (ODORE DI

FORMAGGIO ALLA PIASTRA)

DIETA DI ESCLUSIONE

ADRENALINA E CORTISONE AL

BISOGNO

>120 CC LV

RINITE (10CC LV+ 10 CC H2O)

F 3 MESI

ORTICARIA GENERALIZ

VOMITO LATTE

LARINGO SPASMO CIANOSI

PER MINIME QUANTITÀ DI

MINESTRA “CONTAMIN.”

DIETA DI ESCLUSIONE ADRENALINA AL BISOGNO

28 CC LV NIENTE

F 2 MESI

ORTICARIA GENERALIZ

LATTE

LARINGO SPASMO PER

MINIME QUANTITÀ (1 CUCC.)

DIETA DI ESCLUSIONE ADRENALINA AL BISOGNO

28 CC LV NIENTE

82

5 DISCUSSIONE

La storia naturale dell’allergia alimentare è caratterizzata da una spiccata

tendenza alla guarigione.6 I dati sulla prevalenza dell’anafilassi da alimenti sia

nell’adulto che nel bambino sono scarsi, nonostante le frequenti segnalazioni

di anafilassi successive all’ingestione di alimenti, ma non ci sono dati circa la

prevalenza e l’incidenza di tali reazioni in età pediatrica. Diversi sono gli

alimenti responsabili di anafilassi e nel bambino europeo prevalgono

sicuramente il latte e l’uovo.76

Nella grande maggioranza dei casi le manifestazioni tendono ad essere precoci

(massimo di incidenza nel primo anno) e a spegnersi con il tempo.5, 8 Quanto

più precoce è la prima manifestazione tanto più comune è l’acquisizione della

tolleranza e questo è vero soprattutto per il latte vaccino ma anche per

l’uovo.76

I nostri dati vanno sostanzialmente a confermare i dati raccolti da Holt e

collaboratori, che in uno studio affermano che tutti i bambini prick negativi

hanno una buona prognosi a breve termine perché tutti tollerano il latte entro i

36 mesi di vita.37 La maggioranza dei soggetti prick negativi da noi studiati ha

acquisito la tolleranza per l’alimento già tra i 12 e i 24 mesi. I bambini prick

negativi che hanno eseguito il test di scatenamento per il latte vaccino hanno

raggiunto la tolleranza ad un’età media di 25.6 mesi. Solo pochi soggetti che

hanno presentato reazioni gravi come edema delle mucose con conseguenti

83

apnee notturne, vomito, pallore, iporeattività hanno avuto bisogno di più

tempo per diventare tolleranti ma comunque hanno perso la reattività

all’alimento entro i 36 mesi.

Vari studi affermano che al terzo anno di età il 25% dei soggetti prick positivi

non tollera ancora l’alimento.8, 37 I dati da noi raccolti non confermano questi

dati infatti il test di scatenamento è stato eseguito a un’età media di 45.5 mesi

e 17 (39.5%) soggetti su 29 non sono risultati tolleranti. Questi soggetti hanno

presentato reazioni durante il test di scatenamento e sono stati posti o a dieta di

esclusione o hanno cominciato ad assumere piccole quantità di latte e derivati.

Sebbene nei bambini allergici più piccoli messi a dieta la persistenza della

positività al prick test abbia un buon potere predittivo sulla persistenza

dell’allergia ed in particolare nel bambino anafilattico sul rischio di reazione

gravi,52, 53, 54, 55 nel bambino più grande questa predittività appare più scarsa.

Infatti nella nostra casistica i prick restano spesso positivi anche quando la

tolleranza è acquisita. 77.

Il test di scatenamento ancora oggi rimane il presidio diagnostico

indispensabile perché ci permette di acquisire informazioni che i test cutanei e

di laboratorio non ci possono fornire 1.

In particolare il test di scatenamento deve essere eseguito, dopo un congruo

periodo di dieta di esclusione, sia per verificare l’acquisizione della tolleranza

verso l’alimento, sia per misurare il grado di tolleranza già acquisito. Il che

vuole dire testare la quantità di alimento che il soggetto può tollerare senza

presentare reazioni gravi. E questo è il parametro più importante che ci fa

comunicare alla famiglia il grado di gravità dell’allergia.

Infatti i bambini che hanno avuto reazioni di lieve entità dopo avere assunto

una certa quantità di alimento nel corso del test di scatenamento non

correranno rischi importanti per un’assunzione casuale di simili quantità. I

bambini che durante il test di scatenamento presentano reazioni gravi dopo

minime quantità di alimento devono osservare una dieta di eliminazione

84

stretta e l’assunzione casuale è per loro una fonte di potenziale pericolo di vita 66. Alla luce di queste considerazioni il test di scatenamento andrebbe sempre

eseguito prima che il bambino entri in comunità (asilo nido, scuola materna)

dove la possibilità di assunzioni casuali di alimento è sempre presente, anche

se non esiste un consenso univoco con che metodica (in aperto o in cieco) ed a

che età sarebbe meglio eseguirlo47, 48, 77

In questo studio abbiamo valutato se fosse possibile proporre un diverso

approccio dietetico nei bambini che avevano presentato reazioni lievi nel corso

del test di scatenamento. Dato che questi soggetti non hanno un elevato rischio

correlato all’assunzione dell’alimento allo stato puro o sotto forma di derivati.

Abbiamo proposto ai genitori di somministrare quotidianamente e

gradualmente dosi via via crescenti dell’alimento. Ad esempio nel caso di

allergia al latte, la raccomandazione è stata di somministrare piccole quantità

di qualche alimento che contiene il latte (per es. i biscotti) aumentando pian

piano la dose e poi passando al latte puro. Lo scopo di quest’atteggiamento è

non solo quello forse più psicologico di consentire al bambino di assumere

piccole quantità dell’alimento, ma anche quello un po’ più ambizioso di

produrre una desensibilizzazione specifica. Nella nostra esperienza questa

raccomandazione non è standardizzata e la dose di alimento quotidianamente

introdotto può subire variazioni.

Diciotto pazienti prick positivi (13 hanno eseguito il test di scatenamento per il

latte vaccino e 5 per l’uovo) hanno tentato di “forzare” in questo modo

l’acquisizione della tolleranza con quantità crescenti dell’alimento offendente

e dei suoi derivati. Siamo riusciti a contattare solo 14 di questi bambini e oggi

6 hanno liberalizzato la dieta, 4 stanno assumendo i derivati senza grossi

problemi e altri 4 invece hanno ripreso a seguire una dieta di esclusione.

In conclusione possiamo affermare che l’introduzione precoce dell’alimento,

cioè prima che si verifichi la tolleranza completa è sicuramente possibile.

Infatti il 71.5% dei soggetti che hanno tentato questo tipo di approccio assume

85

oggi liberamente l’alimento o almeno i suoi derivati, mentre il 28.5% segue

ancora la dieta di esclusione. Se paragoniamo i dati possiamo affermare che

l’assunzione di piccole quantità di alimento o dei suoi derivati sono efficaci

nell’accelerare l’acquisizione della tolleranza, infatti 7 pazienti prick positivi

che sono stati messi a rigorosa dieta di esclusione dopo 12 mesi solo 2 hanno

liberalizzato la dieta, 1 assume solo i derivati e 4 sono ancora a dieta di

esclusione. Questa affermazione però dovrà essere ulteriormente confermata

giacché i due gruppi di soggetti da noi paragonati non sono del tutto

confrontabili, dato che non avevano presentato la stessa gravità dei sintomi al

test di scatenamento.

Noi possiamo però sicuramente affermare che la qualità di vita dei soggetti

che hanno assunto piccole quantità dell’alimento era migliore nei confronti di

quella vissuta dai bambini a dieta di esclusione. La possibilità di assumere

piccole dosi di alimento e di non dover temere per una casuale assunzione

dell’allergene rende la vita di questi bambini e delle loro famiglie molto più

confortevole.

Il 28.5% dei soggetti che hanno tentato questo approccio dietetico (cioè

assumevano piccole quantità di alimento) però ha presentato reazioni avverse

gravi ed è ritornato alla dieta di esclusione. Questo problema è probabilmente

imputabile al fatto che il nostro protocollo non è standardizzato ma lasciamo al

libero arbitrio dei genitori di somministrare le così dette “piccole quantità”.

Coerente con questa ipotesi è l’esperienza pubblicata da Patriarca e

collaboratori. Gli autori hanno somministrato l’allergene alimentare

quotidianamente in bambini affetti da allergia alimentare, aumentando

progressivamente la dose78. In uno studio successivo hanno proposto un

protocollo standardizzato di desensibilizzazione orale lenta, che si esegue in

104 giorni per i seguenti alimenti: latte, uovo, pesce, mela. Tutti i pazienti che

hanno terminato il protocollo sono diventati tolleranti verso l’alimento

86

“allergizzante”, ma in verità, la maggior parte dei soggetti non aveva

presentato reazioni gravi neanche prima. 72.

Il grosso problema ancora oggi irrisolto è rappresentato dai soggetti che hanno

una reazione grave per minime quantità di alimento assunto, inalato, oppure

dopo un banale contatto cutaneo 79, 80. Questi bambini sono costretti ad una

vita che limita molto la loro socializzazione, vivono la così detta

socializzazione protetta dato che fuori casa è molto più difficile che ci sia un

intervento repentino ed efficace. Questi pazienti devono avere sempre con sé

l’adrenalina che deve essere prontamente somministrata ai primi sintomi.

Questo però spesso non avviene dato che pochi sanno riconoscere la

potenziale gravità dei sintomi iniziali. Anche se si raccomanda di portare

sempre con sé l’adrenalina spesso però i soggetti non ce l’hanno al momento

del bisogno. E facile perciò capire come queste famiglie vivano nel terrore che

si verifichi una casuale assunzione dell’alimento e che questo evento si

trasformi in tragedia. 66, 81

Il protocollo di Patriarca, 72 che era stato applicato a una casistica eterogenea,

o un suo simile non standardizzato e “casalingo” non ci sembrano perciò

attuabili in questi soggetti che presentano reazioni gravi soprattutto

respiratorie per quantità minime di alimento assunto o inalato. Un’altro

protocollo è stato proposto da Bauer 74 ed ha il vantaggio di essere attuato in

ambiente protetto ma è stato fin ora sperimentato in un unico soggetto che

non presentava reazioni gravissime dopo l’assunzione dell’alimento.

Per questo si è cominciato ad elaborare un protocollo di desensibilizzazione

orale per questi soggetti superallergici.

L’idea di una desensibilizzazione “rapida” è nata dall’osservazione che

soggetti che avevano avuto reazioni gravi sembravano tollerare con reazioni

minori l’alimento offendente quando questo era somministrato in un test di

scatenamento. Una possibile interpretazione e che questo fenomeno sia legato

alla lenta assunzione dell’alimento, goccia a goccia con un lento ma

87

progressivo aumento della dose e che questo possa in qualche modo attuare

una sorta di desensibilizzazione.

In base a queste considerazioni è stato messo a punto un protocollo di

desensibilizzazione per bambini con reazioni gravi e a rischio di vita.

Fino ad oggi si sono sottoposti a questo protocollo 6 bambini (4 maschi e 2

femmine) con un età media di 54 mesi (gruppo B).

Tutti i 6 bambini hanno portato a termine il protocollo di desensibilizzazione

orale e ora assumono quantità di latte variabile da soggetto a soggetto senza

nessuna reazione clinica e senza più bisogno di assumere farmaci.

Il protocollo che abbiamo sperimentato nel presente studio si differenzia dagli

altri due protocolli pubblicati (Patriarca e Bauer) nei seguenti punti:

1) Durata: il nostro protocollo si svolge in 10 giorni in ambiente protetto,

Patriarca 3 mesi a domicilio e Bauer 5 giorni in ambiente protetto.

2) Premedicazione: il nostro protocollo prevede come quello di Patriarca una

premedicazione per os con antistaminico.

3) Dosi: le dosi iniziali e le dosi cumulative della desensibilizzazione orale

sono molto diverse nei vari protocolli e vengono riassunte nella tabella

seguente (Tabella 5.1):

DOSE CUMULATIVA

DOSE INIZIALE 1° GIORNO 1° SETTIMANA

Ml Μg Ml Μg Ml Mg

PATRIARCA 0.01 30 0.01 30 0.075 0.225

BAUER 0.01 30 0.63 1890 500 150.000

NOSTRA

ESPERIENZA

0.00025 0.75 0.06 180 40 120

Tabella 5.1

Dosi iniziali e cumulative di allergene nei tre studi.

88

I sei bambini con allergia grave trattati con il protocollo sperimentale hanno

tollerato nella maggioranza dei casi le somministrazioni quotidiane

dell’allergene senza presentare reazioni avverse. Solo due bambini hanno

avuto una reazione respiratoria grave (broncospasmo, laringospasmo). Dopo la

risoluzione della crisi entrambi i soggetti hanno proseguito il protocollo senza

ulteriori problemi e oggi hanno completamente liberalizzato la dieta per latte

vaccino e derivati.

La casistica in nostro possesso non ci permette ancora di dare dei risultati

definitivi, anche se i risultati preliminari per adesso dimostrano che il

protocollo da noi stabilito ha avuto successo nel 100% dei casi che lo portano

a termine.

89

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