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1 G. Salzano – Appunti dalle lezioni I LEGAMI – Generalità (da “H 2 O Plus”) Le molecole sono aggregati stabili di due o più atomi. La loro stabilità è dovuta al fatto che esistono delle energie che tengono insieme le particelle. L'energia necessaria per la rottura di un legame è detta energia di legame, e varia in funzione del tipo di legame. La teoria classica dei legami ipotizza che siano solo gli elettroni del li- vello esterno i responsabili del legame chimico. Questi elettroni ven- gono detti elettroni di valenza. Affinché due o più atomi stiano assieme occorre che la molecola ri- sultante abbia un contenuto energetico inferiore a quello degli atomi di partenza presi singolarmente. Perché se così non fosse non ci sarebbe una «convenienza energeti- ca» che fa sì che due o più atomi si leghino. In natura tutte le specie gassose sono: biatomiche (molecole composte da due atomi) come l'idrogeno (H 2 ), l'ossigeno (O 2 ), l'azoto (N 2 ) ecc.; triatomiche (molecole composte da tre atomi) come l'ozono (O 3 ), il biossido di carbonio (CO 2 ) ecc.; poliatomiche (molecole composte da quatto o più atomi) come il metano (CH 4 ), l'anidride solforica (SO 3 ) ecc. Le uniche sostanze che esistono in natura, allo stato gassoso, come singoli atomi sono i gas nobili: elio (He), neon (Ne), argo (Ar), kripto (Kr), xeno (Xe) e rado (Rn). Ciò è dovuto al fatto che questi atomi so- no talmente stabili che non hanno bisogno di legarsi ad altri atomi per stabilizzarsi.

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

I LEGAMI – Generalità (da “H2O Plus”)

Le molecole sono aggregati stabili di due o più atomi. La loro stabilità è dovuta al fatto che esistono delle energie che tengono insieme le particelle. L'energia necessaria per la rottura di un legame è detta energia di legame, e varia in funzione del tipo di legame. La teoria classica dei legami ipotizza che siano solo gli elettroni del li-vello esterno i responsabili del legame chimico. Questi elettroni ven-gono detti elettroni di valenza. Affinché due o più atomi stiano assieme occorre che la molecola ri-sultante abbia un contenuto energetico inferiore a quello degli atomi di partenza presi singolarmente. Perché se così non fosse non ci sarebbe una «convenienza energeti-ca» che fa sì che due o più atomi si leghino. In natura tutte le specie gassose sono: •••• biatomiche (molecole composte da due atomi) come l'idrogeno (H2), l'ossigeno (O2), l'azoto (N2) ecc.; •••• triatomiche (molecole composte da tre atomi) come l'ozono (O3), il biossido di carbonio (CO2) ecc.; •••• poliatomiche (molecole composte da quatto o più atomi) come il metano (CH4), l'anidride solforica (SO3) ecc. Le uniche sostanze che esistono in natura, allo stato gassoso, come singoli atomi sono i gas nobili: elio (He), neon (Ne), argo (Ar), kripto (Kr), xeno (Xe) e rado (Rn). Ciò è dovuto al fatto che questi atomi so-no talmente stabili che non hanno bisogno di legarsi ad altri atomi per stabilizzarsi.

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Cosa rende tanto speciali questi gas? La risposta è la loro configurazione elettronica del guscio di valenza che è in generale ns2np6 a otto elettroni. Questa configurazione esterna a otto elettroni è detta ottetto. Un atomo raggiunge il massimo della stabilità acquistando, cedendo o condividendo elettroni con un altro atomo in modo da raggiungere l’ottetto nella sua configurazione elettronica esterna, simile a quella del gas nobile nella posizione più vicina nella tavola periodica (teoria di Lewis - 1916). Un'eccezione a questa regola è rappresentata dal gas nobile elio (Z = 2), che ha configurazione elettronica 1s2, che pur non essendo a otto elettroni è considerata comunque un ottetto. Il legame chimico è caratterizzato, oltre che dall'energia cui abbiamo accennato all'inizio del paragrafo, anche dalla lunghezza e dagli ango-li di legame. La lunghezza di legame è la distanza tra i due nuclei degli atomi che realizzano il legame. Viene misurata in Angstrom con simbolo «Å» (1 Å = 10-10m). L'angolo di legame è quello che si realizza tra i legami dell'atomo centrale con gli altri atomi che compongono la molecola. Per avere una molecola angolata occorre che questa sia almeno tria-tomica.

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LIMITI DELLA TEORIA DI LEWIS I dati sperimentali hanno, però, messo in luce i limiti della teoria di Lewis: in particolare essa non dà ragione della geometria delle mole-cole e di quali e quanti elettroni siano effettivamente presenti nella zona compresa fra i nuclei dei due atomi. Un esempio di quanto detto si evidenzia nei cosiddetti “ibridi di riso-nanza”.

Gli ibridi di risonanza In alcune molecole, il legame tra gli atomi non può essere descritto

da una singola struttura di Lewis.

Un esempio è rappresentato dalla molecola del diossido di zolfo SO2:

In questa molecola, un atomo di zolfo è legato a due atomi di ossige-no: con uno di essi forma un legame semplice e con l'altro un doppio legame. Secondo la struttura di Lewis, i due legami dovrebbero essere diver-si: il doppio legame, infatti, è più corto del legame semplice.

I dati sperimentali, al contrario, indicano che i due legami S=O ed S→O sono identici, e che la loro lunghezza è circa a metà tra quella

di un legame semplice e di uno doppio.

La struttura, in questo caso, non descrive la realtà: i due atomi di os-sigeno sono equivalenti, e non siamo in grado di prevedere con quali

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di essi lo zolfo formerà il doppio legame. Per risolvere il problema usiamo il concetto di ibrido di risonanza. Nei casi in cui una molecola (o uno ione) non possono essere rappre-sentati da una singola struttura, ammettiamo che la struttura reale

della molecola sia un ibrido derivato dal contributo di due o più

strutture:

Nella prima struttura, lo zolfo forma il doppio legame con un atomo di ossigeno; nella seconda, lo forma con l'altro atomo. Nessun atomo è stato spostato, ma sono stati ridistribuiti gli elettroni di legame. La freccia a due punte indica che alla struttura della molecola contri-buiscono entrambe le strutture, anche se nessuna delle due è quella

vera.

Quando nel 1916 Lewis individuò la natura del legame covalente e

propose la regola dell’otteto, ebbe una grande intuizione perché a

quell’epoca si conosceva ancora molto poco delle proprietà dergli

elettroni.

Ma una descrizione più rigorosa del comportamento degli elettroni

atomici e degli elettroni che abbiamo chiamato di legame deve tene-

re conto delle più moderne acquisizioni, sia teoriche che sperimenta-

li.

Dalla meccanica quantistica si sono sviluppate:

• la teoria del legame di valenza (VB) • la teoria degli orbitali molecolari (MO)

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LA MECCANICA ONDULATORIA E IL LEGAME CHIMICO La teoria del legame di valenza (VB)

La teoria VB, proposta da Linus Pauling negli anni '30 del XX secolo, si avvale del concetto di orbitale, che proprio in quegli anni si era defi-nitivamente affermato, e asserisce che: • Un legame covalente si forma grazie alla sovrapposizione parziale degli orbitali degli atomi contraenti, che provoca l'aumento della densità elettronica nella zona interposta tra i due nuclei, con conse-guente riduzione della loro reciproca repulsione. Questo orbitale permette a entrambi gli elettroni di appartenere a ciascun atomo. Esso è chiamato orbitale molecolare. • Gli orbitali che formano i legami sono quelli semicompleti, che con-tengono un elettrone spaiato, al fine di saturarsi (riempirsi) con una coppia di elettroni condivisi (con spin antiparallelo, in base al princi-pio di esclusione di Pauli). • La forza del legame è tanto maggiore quanto più ampia è la so-vrapposizione degli orbitali: esistono due tipi fondamentali di so-

vrapposizione, detti σ e π. Quando la sovrapposizione di due orbitali è frontale, cioè avviene te-

sta/testa, si genera un legame σ, che giace sulla congiungente i due nuclei ed è particolarmente forte.

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La forza attrattiva tra gli elettroni e i protoni, infatti, è in grado di bilanciare la repulsione protone-protone (figura 1.10).

FIGURA 1.10 A) Alla distanza di 0,74 Å le attrazioni (frecce verdi) e le repulsioni (frecce rosse) tra cari-che dello stesso segno si bilanciano perfettamente.

B) A distanze leggermente maggiori prevalgono le attrazioni e i due atomi H tendono ad avvicinarsi. A distanze inferiori a 0,74 Å prevalgono le repulsioni e diviene più difficile avvicinare i due atomi. La molecola è stabile, perché occorre energia sia per allungarla sia per accorciarla. La presenza di un minimo nella curva di energia potenziale (in rosso) è sempre indice di stabilità. L'energia del legame (431 kJ/mol) equivale all'energia spesa per separare gli atomi a distanza infinita e corrisponde alla «profondità» della buca.

Quando la sovrapposizione è laterale, cioè avviene fianco/fianco, si genera un legame π, che giace al si qua e al di là del piano di simme-tria che passa per il nucleo ed è perpendicolare alla congiungente i due nuclei. Il legame π è meno solido del legame σ.

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• Non è quindi necessario, perché una molecola si formi, che gli ato-mi raggiungano l'ottetto di stabilità, ma è sufficiente che si saturino uno o più orbitali di ogni atomo.

Legame covalente omeopolare Il legame covalente omeopolare si realizza quando la sovrapposizio-ne parziale degli orbitali, con formazione dell’orbitale molecolare, avviene fra due atomi uguali o con elettronegatività simile. Quando gli atomi formano un solo orbitale molecolare si formerà un cosiddetto “legame singolo”. Se invece gli atomi formano due orbitali molecolari si formerà un co-siddetto “legame doppio”. Infine se gli atomi formano tre orbitali molecolari si formerà un co-siddetto “legame triplo”. Il legame covalente omeopolare di una molecola biatomica viene rea-lizzato da due atomi uguali, o diversi che abbiano una differenza di elettronegatività al massimo pari a 0,4. Possiamo schematizzare la formazione dei legami rappresentando gli orbitali del livello esterno degli atomi con il sistema dei quadrati.

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Consideriamo i seguenti esempi. Prendiamo come primo esempio l'idrogeno, che ha una configurazio-ne elettronica 1s1.

La molecola di idrogeno ha, come sappiamo, formula bruta H2 (cioè è formata da 2 atomi di idrogeno). Ciascun atomo di idrogeno possiede un solo elettrone di valenza. I due atomi di idrogeno, unendosi e mettendo in comune i singoli elettroni attraverso la formazione di un orbitale molecolare, raggiun-gono entrambi la configurazione dell'elio (1s2), loro gas nobile di rife-rimento.

Il legame H—H, covalente puro, pertanto, si forma per sovrapposi-

zione di orbitali sferici 1s semicompleti; ne risulta una distribuzione della nuvola elettronica concentrata lungo la linea congiungente i nu-clei dei due atomi: in questo caso si parla di legame σ . Un altro esempio è la molecola del fluoro F2. Il fluoro ha configura-zione degli elettroni esterni 2s22p5, ha sette elettroni di valenza, dei quali sei sono accoppiati e uno è spaiato.

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L'elettrone spaiato formerà il legame con l'elettrone corrispondente dell'altro atomo di fluoro. Infatti, il legame F—F (covalente puro) si forma per la sovrapposizio-

ne frontale dei due orbitali p semicompleti. Nonostante gli orbitali sovrapposti siano diversi, anche in questo caso la nuvola elettronica si distribuisce lungo la linea congiungente i due nuclei e si forma un legame σ .

Si può inoltre notare come i due atomi di fluoro, unendosi, raggiun-gono la configurazione del neon 2s22p6. La molecola del fluoro può anche essere rappresentata (secondo la notazione di Lewis) nel seguente modo:

Formazione di un legame σ per sovrapposizione di orbitali p dei due atomi di fluoro.

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Il trattino tra i due atomi di fluoro rappresenta il doppietto elettroni-co coinvolto nel legame, mentre gli altri trattini presenti sui due ato-mi di fluoro sono i doppietti pieni degli orbitali 2s e 2p. I legami covalenti visti negli esempi precedenti sono di tipo σ perché sono realizzati sulla congiungente dei due nuclei: la sovrapposizione di questi due orbitali è completa e il legame σ è un legame forte. Esistono però dei legami covalenti che non si realizzano sulla con-giungente dei due nuclei: questi sono detti π (si legge pi greco), la so-vrapposizione di questi orbitali è parziale e quindi questo tipo di le-game è più debole del σ . Esempi di atomi che realizzano questo tipo di legame sono l'ossigeno e l'azoto nelle rispettive molecole O2 e N2. Il guscio (livello) elettronico esterno dell'ossigeno è 2s22p4; per i due atomi di ossigeno si hanno così due orbitali pieni (2s e 2px), e due or-bitali semipieni (2py e 2pz).

Il doppio legame O=O si forma per sovrapposizione frontale dei due

orbitali p semicompleti (ad esempio px,) a formare un legame σ e per sovrapposizione laterale di due orbitali p semicompleti (ad esempio py) a formare un legame π, in cui la nuvola elettronica si dispone al di sopra e al di sotto della linea congiungente i due nuclei (fig. 7.19).

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La molecola di ossigeno può anche essere rappresentata nel seguen-te modo:

L'azoto ha il guscio esterno di valenza con la seguente configurazione elettronica: 2s22p3.

In ogni atomo di azoto si ha un orbitale pieno 2s e tre orbitali semi-pieni 2px, 2py, 2pz. Gli elettroni spaiati dell'orbitale 2p dei due atomi di azoto si sovrap-porranno formando un triplo legame.

Fig. 7.19 Doppio legame nella molecola O2. I due orbitali p che si sovrappongono frontalmente formano un legame σ, mentre i due orbitali p che si sovrappongono lateralmente formano un legame π.

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Il triplo legame N si forma per sovrapposizione frontale di due orbi-

tali p semicompleti a formare un legame σ e per sovrapposizione la-

terale di due orbitali py, e di due orbitali pz, a formare due legami π disposti perpendicolarmente tra loro (fig. 7.20). La molecola di azoto può anche essere rappresentata nel seguente modo:

Legame covalente eteropolare Abbiamo visto nel precedente paragrafo come si combinano due atomi dello stesso tipo quando formano una semplice molecola bia-tomica: si realizza un legame covalente omeopolare. Quest'ultimo, sia esso singolo, doppio o triplo, viene realizzato dai due atomi in una zona di spazio intermedia tra di loro poiché, es-sendo dello stesso tipo, hanno la stessa elettronegatività e nessuno prevale sull'altro nell'attrazione della carica negativa. Il legame covalente viene considerato omeopolare anche quando la

Fig. 7.20 Triplo legame nella molecola N2. I due orbitali px che si sovrappongono frontalmente formano un legame o, mentre le due coppie di orbitali p (py e pz) che si sovrappongono lateralmente formano due legami π.

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molecola biatomica è formata da due atomi diversi che hanno una differenza di elettronegatività non molto elevata, come i composti interalogenici ICl e BrI [si veda più avanti il box di approfondimento «Elettronegatività e struttura molecolare di molecole biatomiche (A-B)»]. Ma quando la differenza tra i due atomi che compongono la mole-cola biatomica diventa considerevole, il legame che si instaura tra di essi, pur mantenendo le caratteristiche del legame covalente, si pola-rizza. La polarizzazione è quel fenomeno fisico in base al quale una sostan-za (in questo caso una molecola) ha delle zone con un accumulo di cariche positive e altre zone con un accumulo di cariche negative. L'accumulo di cariche, sia esso positivo o negativo, non è netto ma solo parziale, il che significa che nella molecola non c'è una netta di-visione delle cariche ma solo una parte che diventa «un po' più posi-tiva» e un'altra che diventa «un po' più negativa». L'esempio classico di molecola covalente eteropolare è l'acido clori-drico, avente formula bruta HCl, nel quale l'idrogeno mette in comu-ne col cloro il suo unico elettrone in modo da completare l'ottetto a due elettroni e raggiungere la configurazione esterna del suo gas no-bile di riferimento, l'elio (He). Allo stesso modo il cloro (figura 12), che ha sette elettroni di valenza, completa il proprio ottetto a otto elettroni e raggiunge la configura-zione esterna del suo gas nobile di riferimento, l' argon (Ar).

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Fig. 12 – Guscio di valenza del cloro

In questo caso si tratta di due atomi (l'idrogeno e il cloro) che hanno una differenza di elettronegatività considerevole (Δε = 0,9): il cloro è più elettronegativo ed ha un'elettronegatività, secondo Pauling, pari a 3,0, mentre l'idrogeno ha un'elettronegatività, secondo Pauling, pa-ri a 2,1. Il fatto che il cloro (3,0) abbia una elettronegatività discretamente maggiore dell'idrogeno (2,1) fa sì che l'asse del legame sigma che i due atomi realizzano, quando formano l'acido cloridrico, sia spostato verso il cloro.

Fig. 13 - Sovrapposizione dell'orbitale 1s dell'idrogeno con il 3px del con formazione del legame σ etero-polare

Lo spostamento dell'asse del legame crea una distribuzione asim-metrica della carica elettronica, più marcata sul cloro e meno sull'i-drogeno. Ciò porta alla formazione di un dipolo di carica negativa sul cloro e di un dipolo di carica positiva sull'idrogeno.

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Fig. 14 - Formula di struttura dell'acido cloridrico (HCI) con la schematizzazione del dipolo prodotto dalla differenza di elettronegatività tra cloro e idrogeno (0,9)

Il dipolo si indica con la lettera dell'alfabeto greco delta (δ), seguita dal segno meno (—) o dal segno più (+) a seconda del segno della ca-rica. La molecola dell'acido cloridrico (HCl) quindi, pur essendo covalente, ha un forte carattere polare (20% di carattere ionico secondo Pau-ling), e per questo è molto solubile in acqua, con la quale produce so-luzioni ioniche [si veda il box di approfondimento «Elettronegatività e struttura molecolare di molecole biatomiche (A-B)»] .

Il legame dativo Il legame dativo si instaura tra due atomi, uno donatore di doppietti elettronici, l'altro accettore. L'atomo accettore deve possedere un'elevata elettronegatività e una configurazione elettronica tale da poter ospitare il doppietto dell'a-tomo donatore. Un atomo che risponde a queste caratteristiche è l'ossigeno che, co-me sappiamo, ha elettronegatività pari a 3,5 (secondo solo al fluoro,

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4,0) e ha la configurazione elettronica del guscio di valenza 2s22p4 (fi-gura 15).

Fig. 15 - Guscio di valenza dell'ossigeno allo stato fondamentale

Fornendo energia all'atomo di ossigeno si ottiene un orbitale 2pz li-bero (figura 16).

Figura 16 - Guscio di valenza dell'ossigeno allo stato eccitato

L'orbitale 2pz libero può ospitare un doppietto elettronico di un atomo donatore (figura 17). Gli atomi donatori sono quelli che hanno uno più doppietti nel guscio di valenza (N, P, S, Cl ecc.).

Figura 17 - Guscio di valenza dell'ossigeno allo stato eccitato che ospita due elettroni

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Vediamo di seguito le formule di struttura (secondo Lewis) con lega-mi dativi dell'acido clorico (a sinistra) e dell'acido perclorico (a de-stra):

Di seguito riportiamo altre formule di struttura con legami dativi, anidride solforica (a sinistra), acido fosforico (al centro) e acido nitri-co (a destra):

IN CONCLUSIONE, tenendo conto del fatto che la sovrapposizione la-terale degli orbitali p è minore e più difficoltosa di quella frontale, possiamo affermare che: • se un legame è singolo è di tipo σ;

• il legame π si forma come secondo o triplo legame (non come le-

game singolo);

• il legame π è meno forte del legame σ;

• il legame π si forma solo con atomi di piccole dimensioni (al mas-simo del secondo livello), poiché con atomi più voluminosi la so-

vrapposizione laterale dei p non si verifica.

[Le due regole enunciate hanno qualche eccezione: ad esempio, la

molecola B2 ha un legame singolo di tipo π (come dimostra la teoria

OM)].

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Legame ionico Se una molecola biatomica è composta da due atomi caratterizzati da una grandissima differenza di elettronegatività si ha la formazione di un legame ionico. Questo al contrario del legame covalente, non è formato dalla messa in comune di uno, due o tre elettroni per atomo con il completamen-to dell'ottetto elettronico, ma dall'attrazione elettrostatica di due ioni portanti una o più cariche di segno opposto. L'esempio classico del legame ionico è il cloruro di sodio (NaCl), il sale da cucina nel quale il cloro, che è un alogeno ed ha un'elevata elet-tronegatività (3,0), strappa facilmente un elettrone al sodio che è un metallo alcalino ed ha una bassa elettronegatività (0,9). Il cloro, acquistando un elettrone dal sodio, completa l'ottetto elet-tronico del livello M (numero quantico principale n = 3) e arriva ad ot-tenere la configurazione elettronica (3s23p6) dell'argon, suo gas nobi-le di riferimento.

Tabella 1 - Configurazioni elettroniche degli alogeni e dei corrispondenti gas nobili

Il cloro, con un elettrone in più, si trova ad avere 18 elettroni portanti carica negativa e 17 protoni (Z = 17) portanti carica positiva; dalla somma complessiva delle cariche notiamo che esso ha una carica ne-gativa in più (18e- — 17e+). Un atomo non più neutro che porta una o più cariche negative viene detto anione

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Il sodio invece, perdendo un elettrone, completa l'ottetto elettronico del livello (numero quantico principale n = 2) e arriva ad ottenere le configurazione elettronica (2s22p6) del neon, suo gas nobile di riferi-mento.

Il sodio, avendo un elettrone in meno, si trova ad avere 10 elettroni portanti carica negativa e 11 protoni (Z = 11 ) portanti carica positiva; dalla somma complessiva delle cariche notiamo che esso ha una cari-ca positiva in più (11e+ — 10e-). Un atomo non più neutro che porta una o più cariche positive viene detto catione:

Il cloro fa parte del settimo gruppo, detto anche gruppo degli alogeni (dal greco: generatori di sali), caratterizzati da elevata elettronegati-vità; mancandogli un elettrone per completare l'ottetto, hanno la tendenza chimica diventare anioni monovalenti (con una carica ne-gativa).

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Viceversa i metalli alcalini si trovano dalla parte opposta della tavola periodica (primo gruppo) e sono fortemente elettropositivi; sono ca-ratterizzati da una bassa elettronegatività e, avendo un elettrone in più dei gas nobili che li precedono nella tavola periodica, hanno la tendenza chimica diventare cationi monovalenti (con una carica po-sitiva). Ricordiamo nuovamente che il legame ionico differisce completa-mente da quello covalente in quanto l'energia che tiene assieme la molecola ionica è di natura esclusivamente elettrostatica:

Determinare il confine preciso tra il legame covalente eteropolare e quello ionico di una semplice molecola biatomica non è facile, e lascia sempre spazio a diversità di vedute e controversie teoriche. Per ulteriori approfondimenti si veda il box seguente [Elettronegati-vità e struttura molecolare di molecole biatomiche (A-B)], nel quale verrà spiegato il concetto di «carattere ionico» ipotizzato da Linus Pauling. ________________________________________________________

BOX DI APPROFONDIMENTO Elettronegatività e struttura molecolare di molecole biatomi-che (A-B) Le molecole biatomiche, composte cioè da due soli atomi, possono avere caratteristiche ioniche crescenti, in funzione della differenza di elettronegatività degli atomi che la compongono. Ricordiamo che l'e-lettronegatività è la capacita di un elemento di attrarre su di sé carica negativa (elettroni).

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

La scala di elettronegatività più diffusa è quella proposta da Linus Pauling, ed è presente nella tavola periodica allegata al testo. Pauling introdusse anche il concetto del grado di carattere ionico (G) espresso come percentuale del carattere ionico di un generica mole-cola biatomica A-B:

dove e è la base dei logaritmi neperiani, XA è l'elettronegatività dell'a-tomo A e XB è l'elettronegatività dell'atomo B. Per spiegare meglio il concetto del grado di carattere ionico (G) ana-lizziamo tre tipi di molecole biatomiche molto rappresentative: • composti interalogenici; • idruri alcalini; • alogenuri alcalini. Iniziamo con i composti interalogenici, cioè molecole biatomiche composte da due alogeni diversi; la tabella 3 descrive il grado di ca-rattere ionico di questi composti.

I composti CI-Br, CI-I e Br-I sono covalenti mentre CIF e BrF sono ioni-ci e producono le seguenti specie ioniche (Cotton Wilkinson):

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

Continuiamo il ragionamento con gli idruri alcalini; la tabella 4 de-scrive il grado di carattere ionico di questi composti.

Tutti gli idruri alcalini, detti anche idruri salini, sono ionici (Cotton - Wilkinson). Concludiamo gli esempi con gli alogenuri alcalini; la tabella 5 descrive il grado di carattere ionico di questi composti.

Tutti gli alogenuri alcalini sono ionici (Cotton - Wilkinson). Dai valori di XA-XB e di G si può costruire un grafico come quello in fi-gura 19, rappresentativo del carattere ionico crescente di molecole del tipo A-B.

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

Figura 19 - Grafico del grado di carattere ionico (G) rispetto alla differenza di elettronegatività (XA-XB)

Per trarre dall'analisi di tutti i questi composti biatomici delle conclu-sioni prendiamo come molecola di riferimento l'acido cloridrico (HCI), già descritto nel paragrafo 3. Questo acido viene classificato come un composto biatomico cova-lente eteropolare, con un considerevole carattere ionico (20%). Ma ciò che colpisce di più di questo composto sono le sue caratteri-stiche chimiche, cioè la notevole solubilità in acqua (37% m/m) e la completa ionizzazione delle sue soluzioni diluite, proprietà che con-fermano il suo spiccato carattere ionico. Dalle tabelle 3 e 4 possiamo evincere che il composto ClF (XA-XB = 1) è un composto con un considerevole carattere ionico, e il LiH (XA-XB = 1,1) ha anch'esso un considerevole carattere ionico. Quindi si può affermare che le molecole biatomiche nelle quali si ha una differenza di elettronegatività tra i due atomi maggiore di 0,9 hanno un marcato carattere ionico.

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

La teoria VB, così come l'abbiamo formulata, spiega la conformazio-ne di molecole semplici come quelle portate ad esempio, ma non spiega, p.e., il comportamento di atomi come il berillio, il boro. • Il berillio (1s2 2s2), nella molecola BeF2, fa due legami covalenti pur avendo l'orbitale 2s completo. • Il boro (1s2 2s2p1), nella molecola BF3, fa tre legami pur possedendo un solo elettrone spaiato. Inoltre, la teoria VB fallisce nel tentativo di giustificare la forma e gli angoli di legame di molecole appena più complesse, come CH4 o H2O (previsti in base alla teoria VSEPR o misurati sperimentalmente). Infatti, secondo il modello della sovrapposizione degli orbitali, i tre orbitali 2p del guscio di valenza dell’atomo di C dovrebbero formare fra di loro angoli di 90° che non corrispondono agli angoli tetraedrici di 109,5° osservati per la molecola del metano, mentre l’orbitale 2s è sferico e potrebbe legarsi in qualsiasi direzione. Inoltre, un atomo di C nel suo stato fondamentale (1s22s22p2) ha sol-tanto due elettroni spaiati (negli orbitali 2p) e non i quattro necessari per la formazione di quattro legami. I problemi sopra esposti hanno trovato soluzione grazie all'ipotesi che gli elettroni possano formare legami anche in uno stato diverso da quello fondamentale e che gli orbitali atomici possano "mescolar-si" tra loro per formare i legami, fenomeno detto ibridazione degli orbitali.

Quindi la teoria “VB” originaria deve essere integrata con la teoria

dell’ “ibridazione degli orbitali”.

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

L’IBRIDAZIONE DEGLI ORBITALI Prima di parlare del concetto di ibridazione, è opportuno ricordare che gli orbitali atomici non sono speciali contenitori nei quali pos-

siamo sistemare uno o due elettroni.

Gli orbitali sono soltanto strumenti matematici che ci consentono di fare “ragionevoli” previsioni sulle zone in cui possiamo trovare gli elettroni. Pertanto, secondo questo approccio teorico, gli orbitali puri s, p e d si possono trasformare, mescolandosi, in orbitali atomici ibridi. Le condizioni perché questo avvenga è che: • gli orbitali ibridi abbiano energie confrontabili ( cioè devono avere lo stesso numero quantico principale); • essere tutti utilizzati per formare legami covalenti oppure ospi-tare coppie elettroniche libere. E’ opportuno ricordare che qualsiasi teoria del legame covalente de-ve poter interpretare le proprietà chimiche e fisiche di una moleco-la, già note e determinabili sperimentalmente.

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

La promozione degli elettroni e gli orbitali ibridi (da Post Baracchi) L'orbitale ibrido sp

Ferma restando la configurazione elettronica di tutti gli atomi nel loro stato fondamentale, si può pensare che in taluni casi, al momento di reagire, la distribuzione elettronica, a causa delle energie in gioco, subisca delle alterazioni, in seguito alle quali alcune coppie di elet-troni si sciolgono e gli elettroni componenti vanno a occupare da soli

orbitali vacanti (vuoti) caratterizzati da energia di poco superiore. In tal caso si dice che l'elettrone viene promosso ad altro orbitale. Il fatto che Be formi con F due legami covalenti (BeF2) si può spiegare così:

In tal modo l'atomo di Be è in grado di reagire con 2 atomi di F, i qua-li, con il loro elettrone spaiato nell'orbitale 2pz, concorrono alla satu-razione degli orbitali semi-vuoti di Be e viceversa.

Si potrebbe fare una prima obiezione alla promozione spontanea di uno o più elettroni a un orbitale più ricco di energia, in apparente contrasto con i principi della termodinamica: in realtà l'esigua quanti-tà di energia assorbita dall'elettrone promosso è di gran lunga com-

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

pensata dall'energia che si sviluppa all'atto della formazione del le-game. Osservando bene la situazione nel caso della molecola di BeF2 si do-vrebbero formare due legami differenti tra loro: uno per sovrapposi-zione dell'orbitale s di Be con l'orbitale pz di F e un secondo legame per sovrapposizione dell'orbitale px di Be con pz di F. In realtà questi due legami risultano identici per contenuto di energia e per lunghez-za! Questa constatazione sperimentale costringe a pensare che i due or-

bitali di Be siano equivalenti. Si può giustificare questa conclusione solo pensando che al momen-to della promozione dell'elettrone (da s in p) l'energia assorbita ven-ga ripartita tra i due elettroni in ugual misura, tanto da essere in grado di descrivere entrambi un nuovo tipo di orbitale, l'ibrido sp.

Questo orbitale è un compromesso fra l' orbitale sferico s e l'orbitale allungato p:

Pertanto:

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

Nel caso della molecola BeF2 la sovrapposizione di 2 orbitali sp di Be e di due orbitali pz di F si può rappresentare così:

Come si vede, l'angolo che i legami Be — F formano fra loro è di 180° in ac-cordo con le prove sperimentali.

Gli orbitali ibridi sp presentano sempre queste caratteristiche geo-metriche, anche in altre molecole: giacciono nello stesso piano e so-no orientati a 180° l'uno rispetto all'altro. L'orbitale ibrido sp

2

La molecola di BF3 prevede che il boro (5B con formula elettronica 1s2 2s2 2p) possegga tre elettroni spaiati e ciò si può spiegare con la pro-mozione di un elettrone dall'orbitale 2s al 2p:

Anche in questo caso, si hanno tre orbitali ibridi identici sp

2. Nella

reazione con il fluoro si ha:

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

In tal modo entrambi gli atomi contraenti B e F saturano i rispettivi orbitali semi-vuoti.

Gli orbitali ibridi sp

2 presentano caratteristiche geometriche precise: essi formano angoli di 120° tra loro e sono complanari (vedi figura a fianco).

Nella formazione di BF3 si ha:

L'orbitale ibrido sp

3

La formazione della molecola CH4 (in cui 6C ha formula elettronica 1s2 2s2 2p2) si può spiegare allo stesso modo:

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

Dopo la promozione di un e- dall'orbitale s a p si hanno 4 orbitali ibri-di sp

3, identici tra loro. In queste condizioni si possono formare 4 le-

gami con i quattro orbitali sferici s dell'idrogeno.

Gli orbitali ibridi sp

3 sono orientati nello spazio a 109° 28' tra loro, cioè verso i vertici di un tetraedro regolare (simmetria tetraedrica). Come si vede ne risulta una molecola non planare:

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

Per quanto riguarda azoto, ossigeno e fluoro, abbiamo:

La mancanza, in questo caso, di orbitali vacanti nello stesso livello esclude la possibilità di promozione di elettroni. L'azoto quindi, se-condo la teoria del VB, ha valenza tre.

Anche in questo caso la promozione di elettroni non può realizzarsi: in tal modo si spiega la valenza due, la sola possibile per l'ossigeno.

Come si vede, la situazione di F è analoga a quella degli ultimi due elementi considerati e giustifica l'unica valenza del fluoro: la valenza uno. Se si considera, invece, l'ibridazione degli orbitali dal punto di vista della geometria molecolare, si possono fare alcune considerazioni, particolarmente a proposito delle molecole di H2O e di NH3. Si è infatti osservato ai raggi X che i legami H — O della molecola H2O non formano un angolo di 90° come prevedibile per due orbitali p pu-ri, ma un angolo di 105°. Ciò costringe a pensare, anche per l'ossige-no, a una ibridazione dell'orbitale s con i tre orbitali p, con formazio-ne di quattro orbitali sp

3 ibridi, identici:

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

L'angolo di 105° è giustificato dal fatto che i due orbitali ibridi sp

3, che

contengono coppie di elettroni non condivise, esercitano una forte repulsione sui due orbitali sp

3 impegnati nel legame O—H. Anche per l'azoto nella molecola NH3 valgono considerazioni analo-ghe.

Poiché nell'ammoniaca l'angolo tra i tre identici legami N—H è di 107°, l'ibridazione riguarda tutti i quattro orbitali del 2° livello, ma la repulsione esercitata qui da una sola coppia di elettroni non con-divisa sugli altri tre orbitali ibridi sp

3 è minore che per la molecola

del-l' acqua. Altri orbitali ibridi Passando a elementi a configurazione elettronica più complessa, cioè con elettroni di valenza in livelli superiori al secondo, aumentano le possibilità di promozione di elettroni, in quanto il terzo livello dispo-ne dell'orbitale d e il quarto livello dispone anche dell'orbitale f. Procedendo analogamente ai casi precedenti si ha, per esempio:

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

ZOLFO

In tal caso l' ibridazione interessa un e-

s, tre e- p, e due e-

d.

Ne risultano sei elettroni identici ibridi del tipo sp3d

2, i quali sono in

grado di spiegare come lo zolfo possa assumere anche le valenze 4 e 6, oltre alla valenza 2. I sei orbitali ibridi sp

3d

2 sono orientati secondo i vertici di un ottaedro regolare. CLORO

Ciò spiega come il cloro possa assumere anche le valenze 3, 5, 7, oltre alla valenza 1. In questo caso l'ibridazione si dice di tipo sp

3d

3.

Ibridazione Geometria Molecola

sp lineare

sp2 Trigonale planare

sp3 Tetraedrica

sp3d Bipiramidale trigonale

sp3d2 Ottaedrica

sp3d3 Bipiramidale pentagonale

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IL LEGAME METALLICO

Come ultimo caso di interazione forte esistente tra gli atomi conside-riamo il legame metallico.

Questo legame è responsabile dell'attrazione tra atomi di elementi metallici e della conseguente costituzione di aggregati cristallini; anche in questo caso infatti, come per il legame ionico, non abbiamo la formazione di molecole vere e proprie.

Il modello che viene proposto per interpretare l'attrazione tra atomi metallici è molto semplificato ma ben interpreta le caratteristiche macroscopiche dei metalli che consiglio di andare eventualmente a rivedere prima di procedere nello studio di questa pagina.

I metalli hanno tendenza a cedere i loro pochi elettroni di valenza e a trasformarsi in cationi (possiedono bassi valori di elettronegatività e di energia di prima ionizzazione).

Questo è dunque ciò che fanno tutti gli atomi, per esempio di argen-to, quando costituiscono un pezzetto di argento puro. In questo pro-cesso si creano ovviamente tante cariche positive quanto negative e perciò anche nei metalli è rispettata l'elettroneutralità.

I cationi formatisi occupano posizioni fisse e ordinate nei cristalli me-tallici mentre gli elettroni ceduti vengono messi in comune e costi-tuiscono una nuvola elettronica molto mobile responsabile delle proprietà macroscopiche di questi elementi.

Questa nuvola elettronica si muove facilmente tra i cationi e funge da "collante" poichè esiste un'attrazione reciproca tra cationi e nuvola elettronica in quanto portatori di carica elettrica di segno opposto.

Il legame metallico è l'attrazione che si instaura tra i cationi forma-tisi dagli atomi metallici e la nuvola elettronica in cui questi sono immersi.

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G. Salzano – Appunti dalle lezioni

La figura riportata sotto rappresenta schematicamente la struttura cristallina di un metallo.

Solo la presenza di elettroni liberi di muoversi riesce a spiegare l'e-levata conducibilità elettrica dei solidi metallici.