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DISPENSA SUL METODO SCIENTIFICO, IL METODO SPERIMENTALE E LE MISURAZIONI IL METODO SCIENTIFICO Tutti noi abbiamo guardato, in una notte senza luna, il cielo stellato. Tutti noi siamo rimasti colpiti dall'immensa moltitudine di stelle e dalla grandezza del cosmo. Tutti noi ci siamo posti domande relative alla struttura dell'universo, alle leggi che lo governano, al nostro ruolo in esso. Moltitudini di uomini, nel corso dei millenni in cui si svolge la storia dell'uomo si sono poste queste domande.A queste domande si sono date molte risposte, spesso contraddittorie. Tuttavia, per molto tempo, il tipo di risposte che gli uomini hanno dato ha avuto poca influenza sulla loro vita. Che gli elementi fondamentali della natura fossero il fuoco, la terra e l'aria, come sostenevano alcuni filosofi greci, non ha modificato la qualità della vita dell'umanità. Per lungo tempo queste questioni sono rimaste sterili discussioni fra filosofi. Qualcosa e' radicalmente cambiato a partire dal 1600 quando nacque, con Galileo, il metodo scientifico. Le domande furono allora poste in modo diverso, nacque la Fisica e poi tutte le altre scienze. Iniziò una reale comprensione del mondo e delle leggi della natura. Tale comprensione si rifletté nella capacità di migliorare la tecnologia. Le nuove scoperte scientifiche influenzarono profondamente la qualità della vita degli uomini. In quattro secoli assistiamo ad una evoluzione vertiginosa e inarrestabile delle conoscenze. Simultaneamente la qualità della vita degli uomini che usufruiscono delle nuove tecnologie cambia drasticamente. La scoperta del cosiddetto "metodo scientifico" che può essere riassunto nei seguenti termini: L'universo è un’entità logica e razionale, infatti segue delle leggi fondate sulla matematica.

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DISPENSA SUL METODO SCIENTIFICO, IL METODO SPERIMENTALE E LE

MISURAZIONI

IL METODO SCIENTIFICO

Tutti noi abbiamo guardato, in una notte senza luna, il cielo stellato. Tutti noi siamo rimasti colpiti dall'immensa moltitudine di stelle e dalla grandezza del cosmo. Tutti noi ci siamo posti domande relative alla struttura dell'universo, alle leggi che lo governano, al nostro ruolo in esso. Moltitudini di uomini, nel corso dei millenni in cui si svolge la storia dell'uomo si sono poste queste domande.A queste domande si sono date molte risposte, spesso contraddittorie. Tuttavia, per molto tempo, il tipo di risposte che gli uomini hanno dato ha avuto poca influenza sulla loro vita. Che gli elementi fondamentali della natura fossero il fuoco, la terra e l'aria, come sostenevano alcuni filosofi greci, non ha modificato la qualità della vita dell'umanità. Per lungo tempo queste questioni sono rimaste sterili discussioni fra filosofi. Qualcosa e' radicalmente cambiato a partire dal 1600 quando nacque, con Galileo, il metodo scientifico. Le domande furono allora poste in modo diverso, nacque la Fisica e poi tutte le altre scienze. Iniziò una reale comprensione del mondo e delle leggi della natura. Tale comprensione si rifletté nella capacità di migliorare la tecnologia. Le nuove scoperte scientifiche influenzarono profondamente la qualità della vita degli uomini. In quattro secoli assistiamo ad una evoluzione vertiginosa e inarrestabile delle conoscenze. Simultaneamente la qualità della vita degli uomini che usufruiscono delle nuove tecnologie cambia drasticamente.

La scoperta del cosiddetto "metodo scientifico" che può essere riassunto nei seguenti termini:

L'universo è un’entità logica e razionale, infatti segue delle leggi fondate sulla matematica.

Mediante il calcolo matematico, una volta conosciuta la legge fisica che governa un certo fenomeno, si e' capaci di fare previsioni verificabili sperimentalmente.

Le leggi della Fisica non sono note a priori: si ottengono mediante l'osservazione sperimentale dei fenomeni. Non siamo noi a dettare le leggi della Fisica, siamo noi a scoprirle studiando i fenomeni naturali e formulando teorie.

Una teoria diventa legge fisica quando è verificata mediante un esperimento ripetibile da chiunque e in diverse condizioni.

Una legge fisica non è una verità definitiva, ma può essere confutata da nuove prove scientifiche. Si può scoprire anche che una legge fisica scoperta vale solo in condizioni particolari o ristrette.

Cosa fa differire quindi la Fisica moderna da quella degli "scienziati" prima di Galileo?

Il ruolo degli esperimenti. I filosofi antichi non facevano esperimenti, essi cercavano di prevedere le leggi della natura in base a presupposti logici e pregiudizi di varia natura, non di scoprile.

Come e' fatta una "legge Fisica"?

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Le leggi della Fisica normalmente sono molto semplici. Molto spesso, nella storia della Fisica è accaduto che quando tali leggi erano scritte in forma complessa voleva semplicemente dire che non erano state comprese a fondo. Le leggi della meccanica si possono scrivere in poche righe, le leggi che descivono i fenomeni elettrici e magnetici si scrivono con sole 4 semplici equazioni. Tuttavia non sempre è così. Attualmente le equazioni che governano i fenomeni nell'infinitamente piccolo sono molto complesse e richiedono l'uso di sofisticati computer per essere calcolate.

Come si concilia la Scienza con la Religione?

Attualmente alcuni scienziati pensano che le forze (elettrica, magnetica, di gravità e atomica) sono in realtà l’espressione di un’ unica semplice natura della materia dell’universo. Einstain già scopri che massa ed energia sono in realtà stessa cosa. Inoltre nell’universo esistono “simmetrie” impensabili: ad esempio il comportamento dell’acqua e della corrente elettrica. Per gli scienziati credenti questa è la dimostrazione dell’esistenza di Dio (costruttore dell’universo).

IMPOSSIBILITÀ DI OTTENERE MISURE FISICHE PRIVE DI INCERTEZZE

Relativamente al "valore vero" bisogna specificare che esiste un problema di definizione del concetto stesso.

Se ad esempio supponiamo di voler misurare la lunghezza di un tavolo con una precisione sempre maggiore arriveremo ben presto a renderci conto che non esiste la grandezza "lunghezza del tavolo". Infatti, all'aumentare della precisione, noteremmo che la misura della lunghezza: varia da punto a punto a causa di piccole asperità del bordo del tavolo, si differenzia a diversi intervalli di tempo per la dilatazione o la contrazione dovuta agli sbalzi termici e via dicendo...

L'esempio mostrato illustra, in definitiva, il seguente fatto: nessuna quantità fisica può essere misurata con completa certezza.

Pur sforzandoci di operare con la massima cura non riusciremo mai ad eliminare totalmente le incertezze. Potremo solo ridurle fino a che non siano estremamente piccole, ma mai nulle.

Da questo si capisce il perchè dell'affermazione "non esiste la grandezza lunghezza del tavolo" intesa come valore vero. Ogni grandezza definita dalle operazioni sperimentali che si svolgono e dalle regole che si applicano per ottenere la misura. Il fatto di non poter eliminare del tutto le incertezze e, al di sopra di una certa soglia di precisione, trovare, al ripetere della misura, valori diversi, nega l'esistenza di tale grandezza.

Per capire meglio, il valore vero sarebbe il risultato di operazione di misura ideale, priva di errore. Tale misura, nella realtà, è irrealizzabile. Pertanto anche il relativo risultato, il valore vero, perde di significato. Infatti, come nella realtà affermiamo che qualcosa esiste solo nel momento in cui i nostri sensi sono in grado di determinarne la presenza, così, nel caso delle misure, noi possiamo affermare che la grandezza "lunghezza della porta" esiste solo quando siamo in grado di definirla esattamente. La presenza inevitabile di incertezze nella misura elimina automaticamente la possibilità di determinare esattamente tale grandezza.

PERCHE’ STIMARE L’ERRORE

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Nell'ambito delle scienze sperimentali la parola errore non ha la tradizionale connotazione di equivoco o di sbaglio, bensì assume il significato di incertezza intesa come quella entità o quantità di cui sono affette inevitabilmente tutte le misure.

Cercare di ottenere una stima quantomeno realistica della consistenza degli errori di misura e, per quanto possibile, sforzarsi di ridurli ad un limite ragionevole è quanto di meglio si possa compiere in una "corretta analisi" delle incertezze sperimentali.

IL METODO SPERIMENTALE DI GALILEO

Il metodo di indagine sperimentale privilegiato per lo studio dei fenomeni naturali è quello sperimentale, applicato per la prima volta da Galileo Galilei (1564 - 1642). Questo metodo si propone, dopo un'accurata osservazione, di riprodurre in condizioni semplificate e controllabili i processi che avvengono spontaneamente in natura: dopodichè si cerca di isolarne ogni singolo aspetto studiando l'influenza che questo ha sul fenomeno osservato.

Una volta individuati i fattori determinanti, si procede alle dovute valutazioni quantitative atte a sfociare nella formulazione matematica di una o più leggi.

Alla base di questo discorso risiedono due elementi fondamentali:

La riproducibilità degli esperimenti

La precisione delle misure

L'importanza della riproducibilità delle misure si intuisce immediatamente dal fatto che per poter studiare l'apporto dei singoli fattori bisogna poter ripetere le misurazioni dopo aver variato alcuni parametri del sistema e vedere quanto la variazione apportata incida sull'evolversi del fenomeno.

Ne segue, ed è il secondo punto, che l'affidabilità delle misure influenza notevomente la qualità delle deduzioni che possiamo ricavare da un siffatto studio dei fenomeni: questo è dovuto al fatto che il campo di validità delle nostre previsioni, dedotte dall'osservazione sperimentale, è limitato dalla precisione con la quale effettuiamo le misure stesse.

GLI ERRORI DI MISURA

ERRORI CASUALI

Si dicono casuali tutti quegli errori che possono avvenire, con la stessa probabilità, sia in difetto che in eccesso.

Data questa caratteristica, definiamo errori casuali tutte quelle incertezze sperimentali che possono essere rilevate mediante la ripetizione delle misure.

Questi tipi di errore si possono manifestare per svariati motivi: ad esempio a causa della variazione del tempo di reazione da un soggetto ad un altro (e anche per lo stesso soggetto in situazioni diverse), per errori di lettura di indici dovuti ad un non perfetto allineamento tra l'osservatore e la scala graduata (parallasse) o imputabili ad una interpolazione errata, o anche per semplici fluttuazioni del sistema in esame attribuibili per esempio a degli sbalzi termici.

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La loro natura di casualità è proprio legata al fatto che essi hanno un'origine aleatorea e molto spesso temporanea: questo, al ripetersi delle misure, determina sull'evento in esame delle , fluttuazioni in modo tale che le misurazioni che si ottengono oscillano attorno ad valore pressoché costante (media).

Ovviamente nel caso in cui sia possibile ripetere le misure l'individuazione di tali errori è abbastanza semplice: inoltre all'aumentare del numero delle misure, le fluttuazioni introdotte tendono a "bilanciarsi" in quanto avvengono sia in difetto che in eccesso con la stessa probabilità.

ERRORI SISTEMATICI

Le incertezze sperimentali che non possono essere individuate attraverso la ripetizione delle misure sono dette sistematiche.

In particolare si è definito errore sistematico la differenza tra il valore reale della grandezza in esame e il valore assunto dalla misura effettuata su di essa: ovviamente il valore reale della grandezza in genere non lo si conosce, altrimenti non avrebbe neppure senso effettuare la misura.

La principale peculiarità di questo tipo di errori è la loro difficile individuazione e valutazione in quanto, abbiamo detto, non sono riconoscibili attraverso la ripetizione delle misure: è compito quindi di chi esegue le misure accertare la presenza di tali errori in base ad una "sensibilità sperimentale" che si acquisisce soprattutto con la pratica.

Già da questi brevi cenni appare chiaro che il trattamento degli errori sistematici è tanto importante quanto delicato. La loro natura subdola, che "forza" la misura sempre nello stesso verso, ne rende difficile l'individuazione, nonostante ciò si conoscono le fonti principali di tali errori e qui di seguito ci limiteremo ad elencare le più importanti.

Difetto dello strumento usato

Interazione strumento-sperimentatore

Interazione strumento-fenomeno in esame

Errate condizioni di lavoro

Imperfetta realizzazione del fenomeno

I metodi per individuare tali errori sono fondamentalmente due, dettati direttamente dalla natura dell'errore sistematico: o si ricorre ad una previsione teorica del fenomeno e la si confronta con le misure ottenute, oppure si eseguono ulteriori misure utilizzando apparati diversi che evidenzino la presenza (ma non sempre la natura) di tali errori.

Mentre attraverso il confronto con una previsione teorica può rimanere il dubbio che questa ultima sia errata, ripetendo le misure con strumenti diversi, l'individuazione di possibili errori sistematici attraverso le discrepanze tra i valori ottenuti risulta molto più agevole.

Difetto dello strumento usato

Tipici esempi di difetti di funzionamento sono quelli relativi alla taratura dello strumento. Infatti il funzionamento del dispositivo in uso non appare alterato, ma viene a mancare la concordanza tra la sua risposta e il valore effettivo della grandezza.

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Per rendere chiaro quanto detto si pensi ad esempio alla marcia di un orologio il cui meccanismo periodico per la scansione della frequenza non sia regolato sulla frequenza corretta, oppure ad una bilancia a bracci uguali con il perno dei bracci in posizione non corretta o dove, a causa di polvere o del deterioramento delle strutture, le oscillazioni non possano avvenire liberamente. Entrambe questi apparati daranno dei risultati viziati da errori sistematici che andranno a influenzare il valore della misura sempre nello stesso verso: o in eccesso o in difetto.

Quando si ripetono le misure con lo stesso strumento, l'influenza del difetto strumentale rimane celata allo sperimentatore che eventualmente noterà delle fluttuazioni dovute ad errori casuali, ma sarà difficilmente portato a dubitare dell'affidabilità dello strumento che sta usando.

Interazione fra strumento e sperimentatore

Gli errori introdotti dall'interazione strumento-sperimentatore sono forse i più facili da eliminare in quanto sono frutto, spesso, di disattenzioni dello sperimentatore. Per fare un esempio di disattenzione che possa dar origine ad errori sistematici, immaginate di prelevare una misura da uno strumento ad ago stando seduti di fianco ad esso. In questo modo, traguardando l'ago con la scala graduta dietro ad esso introdurrete un errore detto di "parallasse".

Per ovviare a questo problema, tipico degli strumenti ad ago, è stato ideato un piccolo stratagemma: si è applicato uno specchietto al di sotto della scala graduata in modo tale che, traguardando l'ago con la sua immagine riflessa fino a farli combaciare, si possa eliminare la parallasse.

Si noti che, anche attraverso questo stratagemma, non si riesce ad eliminare totalmente l'incertezza legata alla lettura del valore, poiché, per quanto ci si possa sforzare, non si riuscirà mai a posizionare gli occhi esattamente di fronte allo strumento. Persisteranno sempre delle piccole incertezze, riducibili usando un solo occhio per la lettura, ma non totalmente eliminabili.

Interazione fra strumento e fenomeno in esame

Il fatto che uno strumento, al momento del prelievo della misura, interagisce col sistema fisico di cui si vuol misurare una grandezza modificandone in maniera più o meno consistente alcuni parametri, non è affatto chiaro alla maggior parte degli studenti (...e non solo!).

Anche se per la verità la maggior parte degli strumenti è stata realizzata in modo tale da non influenzare in maniera sensibile la misura per la quale sono stati ideati, è bene che uno sperimentatore sia al corrente del possibile rischio di "falsare" la misura attraverso l'interazione del proprio strumento con il sistema.

Ma in che modo l'apparecchio di misura incide sul risultato del prelievo?

Per capirlo facciamo un esempio: supponiamo di voler misurare la temperatura di un liquido in un recipiente attraverso un termometro a mercurio. L'inserimento di quest'ultimo all'interno del fluido provocherà, nel caso che i due non si trovino alla stessa temperatura, un passaggio di calore dal corpo più caldo al corpo più freddo, modificando di conseguenza le temperature del termometro e del fluido. Nel caso del termometro, valutare l'entità della perturbazione introdotta non è facile, mentre lo può essere in un altro caso, utile per la comprensione di questo tipo di problematica.

Immaginiamo un circuito percorso da corrente che per semplicità supporremo essere continua: se ora vogliamo misurare l'intensità della corrente che lo percorre inseriamo un tester in un punto qualunque del nostro circuito e registriamo il valore che viene visualizzato come valore effettivo della corrente nel circuito.

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A questo punto cerchiamo di capire dove risiede l'inghippo: nel momento in cui inseriamo il tester nel circuito parte della corrente che attraversava quest'ultimo comincia a circolare nello strumento attraverso la sua resistenza interna. In questo modo, anche se la corrente che attraversa la resistenza interna è di solito trascurabile rispetto a quella che circola nel circuito, è facile intuire che la nostra misura sarà sempre una misura in difetto.

Errate condizioni di lavoro

L'insorgere di errori sistematici dovuti ad errate condizioni di impiego della strumentazione è indipendente dalla presenza o meno di difetti insiti nella strumentazione stessa. Infatti con "errate condizioni di lavoro" si intendono tutte quelle situazioni in cui la taratura originale dello strumento viene meno. Questo accade quando si lavora a temperature lontane da quelle in cui sono stati tarati (di solito 20o centigradi): ad esempio i materiali di cui sono composti gli strumenti risentono della dilatazione termica alterando cosi la lettura. Per ovviare a questo inconveniente a volte è il costruttore stesso che fornisce una tabella o un grafico dove sia evidenziato il comportamento dei materiali al variare della temperatura per correggere tali effetti.

Imperfetta realizzazione del fenomeno (influenza di fattori ambientali)

A volte può capitare che non si riesca a realizzare un esperimento così come lo si era progettato: si prenda ad esempio la caduta di un grave.

Se attraverso questo esperimento si vuol verificare la legge del moto di un corpo immerso in un campo gravitazionale occorre eliminare o almeno tener conto della spinta di Archimede e dell'attrito dell'aria, agenti questi che introducono errori di tipo sistematico.

In generale ogni qualvolta che nella realizzazione di un esperimento si trascurano dei fattori legati ad esempio all'ambiente nel quale esso si svolge, si rischia di introdurre errori sistematici nella misura in cui gli elementi non considerati influiscono sull'evoluzione del fenomeno.

Disturbi

A volte può accadere che l'accuratezza di una misura si riduca a causa di alcuni fenomeni detti disturbi: con disturbi si intendono tutte le risposte di uno strumento non generate dalla grandezza posta sotto osservazione.

Nella risposta globale dello strumento la presenza di disturbi nel prelievo della misura provoca una sovrapposizione tra il valore effettivo della grandezza e quello fittizio introdotto da questi: la possibilità che il risultato della misura coincide con il valore effettivo si affievolisce fino a svanire, nei casi peggiori.

Ma come si comportano i disturbi nei confronti della misura?

Fondamentalmente i disturbi possono interagire con la misura in due modi:

Il loro valor medio è circa nullo: allora hanno un comportamento riconducibile a quello di fluttuazioni casuali.

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Il loro valor medio è diverso da zero: in questo caso manifestano una natura di tipo sistematico in quanto il loro effetto va a sommarsi, nella misura, al valore effettivo della grandezza.

Le loro origini possono essere molteplici: possono derivare dallo strumento di misura, dal modo in cui viene usato o dall'ambiente in cui viene adoperato. Possono però anche essere imputabili all'interazione con altre grandezze che fanno parte del fenomeno che stiamo osservando, ma che non sono oggetto della nostra misura: ad esempio, un fenomeno abbastanza diffuso con il quale ci si deve spesso confrontare è quello dell'agitazione termica.

Svarioni

I cosiddetti svarioni (in inglese blunders) racchiudono tutti gli errori madornali: errori sulla lettura dello strumento, sulla trascrizione di dati, errori dovuti a problemi di trasmissione dati in strumenti digitali o a transienti (variazioni brusche) nell'alimentazione degli apparati di misura.Meritano di essere considerati a parte poichè non sono del tutto assimilabili nè agli errori di tipo casuale, mentre producono effetti di tipo sistematico.

Le misure affette da svarioni non vanno considerate, ossia vanno scartate.

GLI ERRORI: ASSOLUTI E RELATIVI

GLI ERRORI ASSOLUTI

Data la scrittura:

definiamo errore assoluto di una misura la quantità essa rappresenta l'intervallo entro il quale siamo convinti che il valore vero della grandezza si trovi.

A seconda che il risultato da noi fornito sia frutto di una singola misura o sia il passo finale dell'elaborazione di un gruppo di misure effettuate sulla grandezza in esame, l'errore assoluto dipende quasi totalmente dal metodo di misura adottato e dagli strumenti usati, oppure è correlato a particolari parametri statistici ottenibili dallo studio del gruppo di misure raccolto.

In particolare se abbiamo effettuato una sola misura della grandezza, l'errore assoluto che andremo ad associare alla stima sarà legato a problemi di interpolazione, difficoltà nella lettura della scala

Xm Xm+xXm-x Xv

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dello strumento, sensibilità dello strumento usato o a qualsiasi altra fonte di errore casuale o sistematico.

Se invece, per la valutazione della stima della grandezza, abbiamo a disposizione un gruppo di dati costituiti da tutte le misure ripetute che abbiamo effettuato, si può definire l’errore assoluto attraverso tecniche statistiche.

GLI ERRORI RELATIVI

L'errore assoluto ci da un'indicazione dell'intervallo entro in quale ci aspettiamo ragionevolmente che si trovi il valore vero della grandezza osservata però non descrive un quadro completo della situazione.Infatti mentre un errore di un centimetro su una distanza di un chilometro indicherebbe una misura insolitamente precisa, un errore di un centimetro su una distanza di quattro centimetri indicherebbe una valutazione piuttosto rozza.

Diventa allora importante considerare l'errore relativo (o errore frazionario) così definito:

Dove è l'errore assoluto e è la nostra miglior stima.

Contrariamente all'errore assoluto, l'errore relativo non ha le stesse dimensioni della grandezza, ma è adimensionale: per questo motivo molto spesso si preferisce esprimerlo in forma percentuale, moltiplicandolo per 100. Ad esempio:

grandezza X = (753) unità

ha un errore relativo pari a:

di conseguenza un errore in forma percentuale pari al 4 %.

L'errore relativo costituisce un'indicazione della qualità di una misura, in quanto esso rappresenta la precisione della misura stessa.

LA PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI

Dopo aver visto come rappresentare correttamente gli errori, passiamo ad analizzare come questi si propagano all'interno dei calcoli producendo un errore sul risultato finale.Va infatti sottolineato che la maggior parte delle quantità fisiche non può essere misurata attraverso una singola misura diretta, ma occorre determinarla attraverso due passi distinti: la misura diretta delle singole grandezze e, attraverso queste, il calcolo della quantità cercata.Per esempio, per misurare la superficie di un tavolo rettangolare, occorre prima effettuare direttamente le misure dei due lati valutando le relative incertezze, dopodichè si passa a calcolare la superficie attraverso il prodotto dei due lati.Ora, come l'operazione di misura comporta due passi, anche la determinazione dell'errore necessita

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di due fasi: dapprima occorre valutare le incertezze delle grandezze misurate direttamente, e di conseguenza si deve trovare come tali incertezze si propaghino attraverso i calcoli

Studiando le operazioni più semplici tra le grandezze misurate direttamente dovremo analizzare i seguenti casi:

Errori nelle somme e differenze

Errori nei prodotti e quozienti

Errori nell'elevamento a potenza

Errori nel prodotto con una costante

Sfruttando le regole ricavate dall'analisi di questi casi potremo passare a studiare anche funzioni composte riconducibili a singole applicazioni delle operazioni sopraelencate attuando lo studio della cosiddetta propagazione passo per passo.

ERRORI NELLE SOMME E NELLE DIFFERENZE

Per vedere come si propagano gli errori nelle somme e nelle differenze consideriamo il seguente esempio.

Supponiamo di avere le misure dirette (x e y) delle due grandezze di cui si vuol calcolare la somma così espresse:

Se chiamiamo z la grandezza derivata pari alla somma di a e b

Ossia l’errore assoluto su z e la somma degli errori assoluti su a e b

Si può operare in modo analogo per calcolare l'errore commesso nel caso di una differenza e si raggiunge lo stesso risultato.

ERRORI NEI PRODOTTI E NEI QUOZIENTI

Supponiamo che la grandezza che vogliamo calcolare sia

nel calcolo dell'errore nei prodotti (o nei quozienti) sfruttiamo gli errori relativi delle singole misure.

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Per quanto riguarda i quozienti il modo di operare è identico.

ERRORI NELL'ELEVAMENTO A POTENZA

Per quanto riguarda il calcolo dell'incertezza da associare ad una operazione di elevamento a potenza, la regola è facilmente derivabile da quella del prodotto.

ERRORI NEL PRODOTTO CON UNA COSTANTE

Supponiamo di misurare una grandezza x e in seguito di utilizzare tale quantità per calcolare il prodotto dove il numero K è una costante e come tale non ha errore.

ESERCIZI: CALCOLARE L’ERRORE SULLA GRANDEZZA

NB:. calcolare sempre sia l’errore assoluto che relativo

a b a b z z Er(z)20 10 2

20 10 2

20 10 2

20 10 2

20 5 1 1

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20 5 1 1

10 2 0,5 0,2

10 2 0,5 0,2

10 2 0,5 0,2

10 2 0,5 0,2

COME SI RAPPRESENTANO GLI ERRORI

Poichè la grandezza che abbiamo chiamato rappresenta essa stessa una stima di un errore, non deve essere ovviamente stabilita con una precisione troppo elevata.La regola generale, salvo in un'unica eccezione, che sovente si segue per valutare gli errori è la seguente:

gli errori sperimentali dovrebbero di norma essere arrotondati ad una cifra significativa.

Ad esempio, sarebbe assurdo dare come risultato della misura dell'accelerazione di gravità il seguente:

g = 9,82 0,02385 m/s2

Infatti la parte più significativa dell'errore (0.02385) cade sulla seconda cifra dopo la virgola ed in particolare rappresenta un errore di due parti su cento (0.02): non ha quindi senso specificare ulteriormente le altre cifre che mi danno errori di una parte su mille, diecimila e centomila in quanto l'errore di due parti su cento ingloba tutti gli altri.

Intestardirsi a raggiungere precisioni dell'ordine di 10-6 quando la prima e più significativa cifra dell'errore è dell'ordine di 10-2 sarebbe come voler rifinire con una limetta da unghie la struttura in acciaio di un traliccio dell'alta tensione.

COME SI FORNISCE IL RISULTATO

Una volta valutato l'errore vediamo come esprimere il risultato: per fare questo avvaliamoci di un esempio.

Consideriamo la seguente espressione: lunghezza misurata = 4531,68 20 cm

Questa scrittura risulta se non altro buffa: un errore pari a 20 cm significa che la terza cifra del risultato in questione, cioè il 3, potrebbe variare tra un massimo di 5 e un minimo di 1.In pratica l'intervallo probabile entro il quale riteniamo si trovi il valore vero della grandezza è:

intervallo probabile = 4551.68 cm - 4511.68 cm

Ovviamente scrivere 4531.68 20 cm specificando tutte le cifre seguenti al 3 non ha senso, mentre invece il risultato ottenuto dovrebbe essere arrotondato a:

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lunghezza misurata = 4530 20 cm

La regola generale per esprimere i risultati in modo corretto può quindi venire così enunciata: l'ultima cifra significativa di qualunque risultato dovrebbe di solito essere dello stesso ordine di grandezza, cioè nella stessa posizione decimale) dell'errore.

ESERCIZI: correggere l’espressione del risultato

NB:

Non scendere mai oltre le 3 cifre significative nel valore

Ricordatevi che 0,60 0,61 0,62 0,63 0,64 si arrotondano a 0,6;

mentre 0,65 0,66 0,67 0,68 0,69 si arrotondano a 0,7

Forma errata Forma corretta numero di cifre significative del valore

4531,68 20 4530 20 da 6 a 3

9,82 0,02385 9,820,02 Da 3 a 3

9,824 0,023

4531,68 201

4531,68 2,3

9,824567 0,2

9,824567 0,02

9,824 0,023

4531,68 0,65785

4531,68 2,3

LA NOTAZIONE SCIENTIFICA

Con notazione scientifica si intende quella rappresentazione numerica secondo la quale i numeri vengono espressi con una sola cifra prima della virgola, moltiplicati per l'adeguata potenza di dieci.

Esempio:la massa della Terra, in notazione non scientifica è:

5980000000000000000000000 Kg

Questo tipo di scrittura e` ovviamente scomodo, mentre in notazione scientifica diventa:

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5,98 x 10 24 Kg

I prefissi nelle unità di misura

Come conseguenza delle necessità della scienza, ed anche in seguito all'uso comune, nel tempo si sono sviluppati diversi sistemi di misura, il cui scopo è quello di definire in modo inequivocabile ed universalmente valido qualunque grandezza che possa essere misurata.

Sono nate così le "unità di misura", e alcune di esse sono di uso così abituale che nemmeno ci si fa caso. Tutti noi usiamo il metro per misurare una lunghezza, oppure i secondi per esprimere un tempo.

Spesso le unità di misura risultano troppo grandi o troppo piccole per certi usi; ecco che allora si ricorre ad unità di misura, sempre derivate da quella fondamentale, ma di valore notevolmente diverso.

Così, nessuno indicherebbe in metri la distanza fra due città; si usa ovviamente il chilometro, che come sappiamo equivale a 1000 metri. Analogamente, se abbiamo a che fare con oggetti molto piccoli, non useremo più il metro, ma ci serviremo dei millimetri, sapendo che un millimetro è la millesima parte del metro.

Ebbene, le unità più grandi, come il chilometro, vengono detti "multipli" (in questo caso, multipli del metro), mentre quelle più piccole, come il millimetro, vengono dette "sottomultipli". In tutti e due i casi, si usa mettere davanti al nome "metro" una parolina, che viene chiamata "prefisso". Il prefisso ci dice quante volte la nuova unità di misura è più grande o più piccola di quella principale, da cui deriva.

Nella tabella che segue troviamo il valore dei prefissi di uso più comune:

simbolo prefisso valore corrispondente potenza di 10

G giga 1 miliardo di volte più grande 1 miliardo = 109

M mega 1 milione di volte più grande 1 milione = 106

k kilo 1000 volte più grande mille = 103

m milli 1000 volte più piccolo 1 / mille = 1/103 = 10-3

m micro 1 milione di volte più piccolo 1 / 1milione = 1/106 = 10-6

n nano 1 miliardo di volte più piccolo 1 / 1miliardo = 1/109 = 10-9

p pico 1000 miliardi di volte più piccolo 1 / millemiliardi = 1/1012 = 10-12

Esempi:

1 µF = 1000 nF 1 nF = 1000 pF 0,1 µF = 100 nF 0,1 µF = 100000 pF

1 MΩ = 1000 KΩ 0,1 MΩ = 100 KΩ 0,1 KΩ = 100 Ω 220 Ω = 0,22 KΩ

100 mV = 0,1 V 50 mV = 0,05 V 2200 mV = 2,2 V 1 mV = 1000 µV

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Esercizio:

20 µF = nF 1 pF = nF 0,2 µF = pF 0,1 µF = nF

1 KΩ = MΩ 0,1 GΩ = MΩ 100 Ω = KΩ 0,220 Ω = mΩ

10 mV = V 0,5 V = mV 10200 V = V 12 mV = µV

ESERCIZI: PORTARE I NUMERI IN NOTAZIONE SCIENTIFICA

Forma errata Riportare il numero in notazione scientificautilizzando al massimo 3 cifre significative

0,0002 2 x 10-42000 2 x 103

294.345.0000,00005456

31498,2456798245,67

0,023000450,023050455

4535,55

LE UNITA’ DI MISURA

Ogni misura và sempre accompagnata dal valore della misura, dell’errore assoluto stimato e dall’unità di misura.

GLI STRUMENTI DI MISURA

ELEMENTO RIVELATORE

L'elemento rivelatore dello strumento è costituito da un apparato sensibile alla grandezza da misurare: in un termometro a mercurio, ad esempio, l'elemento sensibile è rappresentato dal mercurio.

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In generale l'elemento rivelatore interagisce con la grandezza in esame e, come avviene per il mercurio, può venire modificato nella forma o in un'altra caratteristica. Altre volte invece è l'elemento stesso che, interagendo con la grandezza in esame, la modifica, creando non pochi problemi allo sperimentatore che deve accorgersi della modifica introdotta e di conseguenza cercare di eliminarla o stimarla per ottenere una misura corretta.

TRASDUTTORE

Il trasduttore è quella parte dello strumento atta a trasformare l'informazione ottenuta dal rivelatore in una grandezza di più facile utilizzazione da parte dello sperimentatore. Il trasduttore in genere agisce sulla grandezza di partenza trasformandola in una di un'altra specie: nel caso di un termometro anemometro che misura la velocità del vento tutto il sistema di rilevazione della velocità di rotazione delle palette rappresenta la parte trasducente. In genere si trasforma l’energia in un segnale elettrico che in base alla sua intensità determina la lettura sui display digitali

DISPOSITIVO DI VISUALIZZAZIONE

Questo componente ha la scopo di fornire visivamente o graficamente il risultato della misura sintetizzando così le operazioni svolte dal rivelatore e dal trasduttore.

Ad esempio, sono dispositivi di visualizzazione l'insieme dell'ago e della scala graduata per un generico strumento ad ago mentre per gli strumenti di tipo digitale è costituito dal display numerico.

SENSIBILITA’

La sensibilità di uno strumento è costituita dalla più piccola grandezza in grado di generare uno spostamento apprezzabile rispetto all'inizio della scala dello strumento.

Così definita, la sensibilità determina il limite inferiore del campo di misura dello strumento, mentre il limite superiore è dato dal fondo scala: i due determinano insieme l'intervallo di funzionamento.

Il fondo scala rappresenta il limite superiore del campo di misura e prende anche il nome di portata dello strumento: insieme alla sensibilità ne delimita l'intervallo di funzionamento.

INTERVALLO DI FUNZIONAMENTO

L'intervallo di funzionamento è dato dal valore massimo (portata) e minimo (soglia o sensibilità) della grandezza in esame che lo strumento è in grado di fornire.

Eseguendo misure al di fuori di questo intervallo si rischia di danneggiare lo strumento e l'eventuale misura ottenuta non è più legata all'effettivo valore della grandezza in modo noto o riproducibile.

In genere gli strumenti hanno una portata limitata mentre sono rari quelli con soglia diversa da zero (ad esempio i termometri clinici): altri invece, come gli ohmetri, hanno soglia nulla e portata infinita.

LA PRECISIONE

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Come abbiamo già detto, ad ogni misura è associata inevitabilmente una incertezza. Evidentemente più piccola è l'incertezza associata alla misura, migliore sarà la misura.

Ma cosa significa "più piccola"?

Vediamo di chiarire questo punto. Quando noi forniamo un risultato, lo dobbiamo sempre corredare, oltre che del valore della misura, anche dell'errore associato: tale errore è detto errore assoluto e rappresenta l'intervallo di indeterminazione entro il quale si suppone che il risultato sia compreso.

Se ora cosideriamo il rapporto tra l'errore assoluto e il risultato stesso otteniamo una grandezza adimensionale (un numero, privo cioè di unità di misura), molto utile nell'analisi degli errori, che prende il nome di precisione o errore relativo.

A questo punto appare evidente che la misura con l'errore relativo minore è quella più precisa: si noti bene che si è parlato di errore relativo e non assoluto. Infatti si consideri il seguente esempio.

Siano date due misure nel modo seguente

A=(10 ± 1) Kg

B=(100 ± 1) Kg

Entrambe hanno lo stesso errore assoluto (A=B=1 Kg), mentre hanno differenti errori relativi.Ora, mentre nella prima misura abbiamo un errore di una unità su dieci, nella seconda abbiamo un errore di una sola unità su cento: si è allora soliti dire che la prima è una misura precisa al 10%, mentre la seconda precisa al 1%.

Precisioni di questo ordine di grandezza sono molto simili a quelle che si possono ottenere in un laboratorio di fisica o di chimica: si tenga però conto che i laboratori di ricerca le precisioni raggiunte sono di parecchi ordini di grandezza superiori.

LA RIPETIBILITA`

Con il termine ripetibilità si intende la capacità dello strumento di fornire misure uguali della stessa grandezza entro la sua risoluzione, anche in condizioni di lavoro difficili o variabili (vibrazioni, sbalzi di temperatura, ...).

In pratica lo strumento deve risultare ben isolato rispetto agli effetti dell'ambiente esterno, escluso ovviamente l'effetto dovuto alla grandezza in esame.

La ripetibilità implica anche una buona affidabilità, intesa come robustezza di funzionamento nel tempo. Questa peculiarità viene espressa come vita media o come tempo medio statisticamente prevedibile fra due guasti successivi in condizioni normali di utilizzo.

PRIMO APPROCCIO ALL'ANALISI DELLE INCERTEZZE

Il modo corretto di fornire qualunque misura è quello di dare la miglior stima per la quantità in questione e l'intervallo all'interno del quale si ritiene che essa si trovi. Ad esempio, un'ipotetica misura di lunghezza potrebbe essere così riportata:

miglior stima = 36,4 cm

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intervallo probabile = 36,2 - 36,6 cm

In questo caso la miglior stima giace esattamente in mezzo all'intervallo stimato: questa condizione è quella che usualmente si verifica nella maggior parte delle misure. Essa permette di sintetizzare il risultato in forma più compatta quale la seguente:

valore misurato = (36.4 0.2) cm

Se generalizziamo quanto detto, possiamo dire che il risultato di una qualsiasi misura della grandezza x può venire espressa nella forma:

L'ANALISI STATISTICA

Contrariamente a quanto saremmo portati a pensare, la possibilità di attingere ad una massa sterminata di informazioni rischia di impedirci di fatto di utilizzarne anche solo una parte: non basta infatti avere solo l'accesso teorico ad una informazione, ma occorre che essa sia effettivamente fruibilie.

E` forse questo il problema centrale della statistica: rendere davvero utilizzabili grandi quantità di informazioni, teoricamente disponibili, ma di fatto difficilmente gestibili, relative agli oggetti della propria indagine. Infatti tutte le informazioni - per contribuire effettivamente ad accrescere la conoscenza di un fenomeno - hanno bisogno di essere trattate da vari punti di vista: occorrono tecniche accurate di rilevazione, occorre procedere a accurate selezioni, occorre un lavoro di organizzazione e di sintesi. D'altra parte il lavoro statistico ha senso solo se si confronta con grandi quantità di informazioni.

Ricapitolando la statistica raccoglie e restituisce in forma organizzata grandi quantità di informazioni. Nel fare ciò "obbedisce" ad una duplice esigenza: quella predittiva e quella descrittiva.

Ogni comunità sente il bisogno - a fini di documentazione - di raccogliere una serie di dati sugli usi, sui costumi, sulle attività sociali e economiche dei suoi componenti; i censimenti costituiscono uno strumento fondamentale attraverso cui la statistica esplica questa funzione. L'immagine della complessità sociale che ne risulta è parziale e selettiva, ma proprio per questo ha una sua efficacia.

Oltre al carattere descrittivo, un'esigenza, forse la principale, a cui risponde la statistica è quella predittiva: la raccolta e l'elaborazione dei dati, e quindi la "fotografia" del passato e del presente, serve per prevedere i comportamenti futuri, per operare scelte, per assumere decisioni.

36,4 36,636,2 Valore vero

Xm Xm+xXm-x Xv

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La statistica, mettendo i dati raccolti ed elaborati a disposizione delle attività di previsione, fornisce i presupposti conoscitivi per orientarsi secondo criteri ragionevoli (anche se non privi di un margine di indeterminazione) nelle situazioni in cui la quantità di informazioni effettivamente utilizzzabili si rivela insufficiente a garantire sicurezze.

LA MEDIA

Quando della stessa grandezza si possiede un campione di valori frutto di N misurazioni si possono "riassumere" le informazioni inerenti alla grandezza derivanti dalle singole misure atrraverso la media che, in questo caso, costituisce la miglior stima possibile per la grandezza in esame.

Se le singole misure si possono considerare equivalenti l'una all'altra senza che ve ne siano di alcune più importanti o privilegiate, allora definiamo la media aritmetica come segue:

LA MODA

Per quanto riguarda una variabile aleatorea, si definisce moda il valore più probabile che questa può assumere: quando trattiamo campioni di dati frutto ad esempio di diverse misure della stessa grandezza, allora definiamo la moda come il valore più "popolare" del campione.

Per capire meglio questa definizione pensiamo ad un istogramma: la moda è costituita in questo caso dal valore corrispondente alla colonna più alta.

LA MEDIANA

La mediana è, ad esempio in un istogramma, l'ascissa corrispondente al punto in cui l'area delimitata dall'istogramma si divide in due parti uguali: in pratica il numero di dati che sta alla destra della mediana (quelli maggiori) è uguale al numero di dati alla sinistra della mediana (quelli minori).

LA MEDIA, LA MODA E LA MEDIANA sono stime del valore_vero

Non sempre queste tre grandezze coincidono: anzi solo in rari casi in cui la nostra distribuzione di dati o il nostro istogramma godono di particolari simmetrie può avvenire che queste coincidano.A dimostrazione di questo si veda l'istogramma a lato.Nonostante ciò è utile notare come il fatto che i dati siano ammassati verso i primi valori dell'istogramma, dimostrando una certa asimmetria, faccia sì che le tre quantità (media in rosso, mediana in blu e moda in verde) non siano coincidenti.

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In particolare in questo istogramma si sono considerati 10 intervalli, corrispondenti ai valori da 1 a 10 in ascissa e un totale di 74 dati. La media è pari a 3.94, la mediana ha valore 3 e la moda è rappresentata dall'intervallo in ascissa 1-2.

ESERCIZIO

calcolare media, mediana e moda della seguente serie di dati proveniente da una misurazione e disegnare l’istogramma corrispondente

( 3 4 5 6 5 4 3 2 5 6 4 4 3 5 5 4 3 4 3 2

misura frequenzaProdotto misura x

frequenzaMedia = M/N Moda Mediana

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

Totale N = 20 Totale M =

GLI SCARTI E LO SCARTO QUADRATICO MEDIO

Supponiamo di aver ricavato N misure della stessa grandezza x. Con queste abbiamo poi calcolato la miglior stima attraverso la media e ora ci apprestiamo a dare una valutazione dell'incertezza da associare a tale stima.

Iniziamo col considerare una prima quantità chiamata scarto o deviazione. Tale grandezza è così definita:

Questa differenza ci da una indicazione di quanto la i-esima misura Xi differisce dalla media Xm. In generale, se tutti gli scarti sono molto piccoli, le nostre misure saranno tutte vicine e quindi, presumibilmente, molto precise. Al di là del valore numerico degli scarti, sinonimo di precisione o

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meno nelle misure, è interessante notarne il segno: le deviazioni possono essere infatti sia positive che negative a seconda che l'i-esimo dato cada a destra o a sinistra della media.

Questo ci complica un po’ la vita. Infatti, se volessimo provare a valutare l'incertezza attraverso una media dei singoli scarti, ci accorgeremmo subito che la media degli scarti è uguale a zero.

Non dovremmo però rimanere troppo stupefatti davanti a questo risultato in quanto la media, per sua definizione, è tale per cui i dati si distribuiscono sia alla sua sinistra che alla sua destra, facendo si che la somma tra gli scarti negativi e quelli positivi sia appunto nulla.

Come ovviare allora a questo inconveniente se riteniamo che gli scarti costituiscano un buon punto di partenza per lo studio dell'incertezza da associare alla media?

Il modo più semplice per salvare capra e cavoli è quello di elevare al quadrato le singole deviazioni ottenendo tutte quantità positive e quindi in grado di essere sommate tra loro senza incorrere in un risultato nullo.

Dopodichè si può passare a calcolare la media estraendone la radice quadrata per ottenere una grandezza compatibile, a livello di unità di misura, con quella di partenza. La grandezza così ottenuta è detta deviazione standard.

La deviazione standard si rivela molto utile per quantificare l'intervallo entro il quale si distribuiscono le varie misure. In particolare vedremo, attraverso lo studio della distribuzione normale che il 68% delle nostre misure dovrebbe trovarsi all'interno dell'intervallo centrato sulla media e di estremi + e - . Si può inoltre assumere la deviazione standard come errore da associare al valore medio della misura. In questo modo siamo sicuri al 68% di aver individuato l'intervallo entro il quale il valore vero della grandezza dovrebbe cadere.

Utilizzando questa nuova grandezza come incertezza da associare alla media di N misure, abbiamo in realtà fatto un piccolo assunto. Abbiamo cioè supposto che le singole misure effettuate si siano distribuite seguendo la distribuzione di Gauss (assunto peraltro assai fondato) e di conseguenza abbiamo considerato la deviazione standard più come incertezza sulle singole misure che sulla media di quest'ultime.

distribuzione di Gauss

Per una Gaussiana, è possibile dimostrare che nell'intervallo (NB il calcolo è valido se si fanno almeno 20 misure campionarie):

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( - < < + ) cade il 68.7% delle misure rilevate; ( - 2 < < + 2 ) cade il 95.45% delle misure rilevate; ( - 3 < < + 3 ) cade il 99.73% delle misure rilevate.

esempio:

Disegnare l'istogramma delle frequenze (v. fig. a destra) e calcolare le stime campionarie per un paziente del quale è stati registrato il seguente numero di battiti cardiaci al minuto in un periodo di 10 giorni: [73, 72, 73, 74, 70, 76, 72, 74, 74, 73]

Le stime campionarie sono:

la media è: osservazioni/N = (73 + 72 + 73 + 74 + 70 + 76 + 72 + 74 + 74 + 73)/10 = 73,1

la mediana, trattandosi di un insieme costituito da osservazioni in numero pari, è data dalla media dei valori centrali:

70, 72, 72, 73, 73, 73, 74, 74, 74, 76 (73 + 73)/2 = 73

la moda è bimodale, ed è costituita dai due valori più frequenti: 73 e 74

la deviazione standard è: = 1.6

questo significa che il 68% delle misure deve rientrare nell'intervallo (73,1 + 1,6) e (73,1 - 1,6), cioè tra + 74,7 e + 71,5. Le misure che cadono in questo intervallo sono: 72, 72, 73, 73, 73, 74, 74, 74; cioé 7 su 10.

DISTRIBUZIONI LIMITE

Si parla di distribuzioni limite nel momento in cui il numero di eventi considerati si avvicina all'infinito.

Con la dicitura "si avvicina all'infinito" si intende un numero di eventi, o realizzazioni di una variabile aleatoria, sufficientemente grande, ma anche qui la nostra definizione, di fatto, è ancora poco chiara.

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Quello che si vuole dire, quando si parla di distribuzioni limite, è che dopo un certo numero di eventi, i risultati ottenuti si disporranno secondo una determinata distribuzione, mostreranno cioè, al passare delle prove, una determinata distribuzione. Tale distribuzione diviene sempre più evidente all'aumentare degli eventi e, al limite per il numero di realizzazioni che tende all'infinito, la distribuzione assume un carattere continuo.

Vediamo di illustrare quanto detto con un esempio. Consideriamo i tre istogrammi sottostanti i quali mostrano le frazioni (f) di misure che cadono nei rispettivi intervalli (x=cm) nei casi in cui siano state effettuate 10, 100 e 1000 misure della stessa grandezza.

Si vede abbastanza bene che all'aumentare del numero di misure che effettuiamo la distribuzione dei dati ottenuti si avvicina ad una curva continua, definita.

Quando ciò si verifica, la curva continua è detta distribuzione limite.

La distribuzione limite è una costruzione teorica, che non può mai essere misurata esattamente: più misure facciamo e più il nostro istogramma si avvicina alla distribuzione limite. Ma soltanto se noi fossimo in grado di effettuare un numero infinito di misure ed di utilizzare intervalli infinitamente stretti, allora otterremmo realmente la distribuzione.

ESERCIZIO

calcolare media, deviazione standard e devizione standard dalla media della seguente serie di dati proveniente da una misurazione.

( 3 4 5 6 5 4 3 2 5 6 4 4 3 5 5 4 3 4 3 2

Misura Frequenza Prodotto misura x

Media Scarto Scarto Devizione standard

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frequenza quadratico

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

somme 20

Si completi anche una rappresentazione come la seguente;

Xm Xm+Xm-

Valore vero al 68%

X1

X2X3

Xn

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Come realizzare un grafico

In un esperimento, la quantità che si controlla o che deliberatamente si varia, generalmente costituisce la variabile indipendente e viene posta, su di un grafico, sull'asse delle ascisse (asse orizzontale o asse x). La quantità che varia in corrispondenza delle variazioni della variabile indipendente, è detta variabile dipendente e viene rappresentata sull'asse delle ordinate (asse verticale o asse y). In entrambe gli assi del grafico è sempre bene specificare la natura della grandezza rappresentata, la relativa unità di misura e l'orientazione degli assi stessi. E’ sempre bene apporre un titolo che brevemente riassuma gli elementi posti sul grafico.

Rappresentazione degli errori

Generalmente è possibile raffigurare le incertezze sulle quantità rappresentate attraverso quelle che vengono definite barre di errore. Le barre di errore si estendono verticalmente o orizzontalmente partendo da ogni singolo punto. La loro lunghezza ovviamente dipende dalle dimensioni dell'incertezza associata al dato.

Le dimensioni delle barre di errore possono anche variare da un dato all'altro nel caso in cui le incertezze sui dati non siano costanti

Il grafico seguente mostra un classico esempio: si noti come le barre di errore possono variare punto per punto, sia per la grandezza in ascissa che per quella in ordinata.

- L'interpolazione -

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Supponiamo di essere abbastanza soddisfatti della linearità mostrata da un ipotetico insieme di dati: il passo successivo è di chiedersi quale sia la retta che meglio modella i punti sul grafico e successivamente tentare di scoprire quale sia l'equazione che rappresenta la relazione tra le due grandezze.A causa delle incertezze sperimentali, difficilmente tutti punti di un grafico giacciono su una retta per cui spetta all'abilità dello sperimentatore trovare quale sia la retta che meglio si adatta alla distribuzione dei punti, ossia quella retta che meglio interpola i punti del grafico.

Tale retta è chiamata best fit. Nel primo grafico sottostante sono state disegnate le rette limite , le rette, cioè, aventi la massima e la minima pendenza tra tutte quelle che si adattano a punti del grafico, mentre il secondo rappresenta proprio la retta di best fit.

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Esperimento di laboratorio applicativo: esempio di relazione

ALUNNO: CLASSE VOTO:LABORATORIO DI FISICA/TECNOLOGIA DATA ____/____/ ____TITOLO Verifica sperimentale della legge di HookeOBIETTIVO Stabilire una relazione fra i pesi applicati e l’allungamento di una mollaDESCRIZINE TEORICA:

LE MOLLE SI COMPORTANO SECONDO LA LEGGE DI HOOKE ossia nel caso la forza di deformazione sia fornita da un peso

ossia esprinedo come variabile dipendente l’allungamento

La legge dice che applicando una forza F (o un peso P) ad una molla di costante elastica

K si avrà una corrispondente variazione di lunghezza l. Ossia esiste proporzionalità diretta fra forza applicata e allungamenti. Ossia raddoppiando il peso raddoppia la deformazione.La costante di proporzionalità 1/K indica per valori bassi molle di tipo rigido, per valori alti di tipo flessibile.I grafici passano tutti dall’origine poiché a molla scarica (P=0) non vi è deformazione

Legge di Hooke

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 2 4 6 8 10 12 14 16

P(N)

l(c

m)

1/K = 60 cm/N (flessibile)

1/K = 40 cm/N (media)

1/K = 20 cm/N (rigida)

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TENENDO PRESENTA LA DEFINIZIONE DI LAVORO avremo che l’energia

accumulata della molla sarà .

La costante ½ viene introdotta poiché la forza varia da 0 (fase di scarico) al valore massimo (massima estensione della molla). ESISTE UNA PROPORZIONALITA’ QUADRATICA FRA IL PESETTO APPLICATO ALLA MOLLA E L’ENERGIA DA ESSA ACCUMULATO. Ossia raddoppiando il peso quadruplica l’energia.

Il lavoro non è altro che l’area triangolare del grafico P-l Materiali: Morsa da tavolo, asta metallica, morsetto, gancio, molla elicoidale,

portapesi, serie di pesi, asta metrica.DISEGNO e/o FOTO

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PROCEDIMENTO -Si monta il dispositivo illustrato nelle fotografie e si misura, usando l’asta metrica, la lunghezza della molla scarica (senza agganciare i pesetti): il valore letto si riporta nella tabella nella colonna lo;-Successivamente si aggancia un peso e con l’asta metrica si misura la nuova lunghezza della molla che si riporta nella quarta colonna della tabella (l);-La precedente operazione si ripete per altre cinque volte, aumentando di volta in volta il peso agganciato (che si riporta nella terza colonna – P-).

NB: Nella misurazione della lunghezza non si tiene conto del gancio della molla.

REPORT DEI RISULTATI:

MisuraLunghezza

inizialemassa

utilizzatapeso

utilizzatoLunghezza deformata

Deformazione Costante elastica

1

2

3

4

5

ANALISI STATISTICA:In quest’analisi si assumono privi di errore le misure di P, m e l. Un’alasi più accurata dovrebbe tenere conto della propagazione degli errori commessi su queste misure. In realtà si ritengono tali errori inferiori all’1% e pertanto trascurabili.

MisuraMedia

Scarto Scarto quadratico

Devizione standard

somme

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ANALISI GRAFICA:Riportando i valori ottenuti in tabella su un grafico xy viene confermata la proporzionalità diretta fra peso applicato alla molla e suo allungamento

Utilizzando uno strumento di calcolo come Excel si può determinare la retta che meglio approssima i

valori sperimentali. Se la legge è il valore di 1/K trovato in tal maniera è 1,04

CONCLUSIONI:In base all’analisi condotta si può affarmare che la molla esaminata si comporta secondo la legge di

Hooke .

Km Km+Km-

Valore vero di 1/K al 68%

1/K1

1/Kn

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Infatti le due grandezze misurare (P, l) rappresentate su un grafico cartesiano mostrano un andamento riconducibile a una retta passante per l’origine e si può affermare che tra le due grandezze esiste una relazione di proporzionalità diretta o che le due grandezze sono direttamente proporzionali.Questo significa che è costante il rapporto fra la grandezza rappresentata sull’asse y (l )e la grandezza rappresentata sull’asse x (P); detto rapporto si chiama costante di proporzionalità. In base all’analisi statistica effettuata si può affermare con una probabilità del 68% che il valore

della costante di proporzionalità è nell’intervallo ……………….

Il valore di trovato attraverso la retta “best-fit” è …………….

L’errore assoluto commesso nella misura è …………

L’errore relativo commesso nella misura è …………