1 Disegnare… Rappresentare Il fenomeno delle rappresentazioni sociali.
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Disegnare… Disegnare… RappresentareRappresentareDisegnare… Disegnare…
RappresentareRappresentare
Il fenomeno delle rappresentazioni sociali
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“Anche dal punto di vista delle cose più insignificanti della vita, noi non
siamo un tutto materialmente costituito, identico per tutti e di cui
ognuno non ha che da prendere conoscenza come di un libro di conti
o di un testamento; la nostra personalità sociale è una creazione
del pensiero altrui”.
Marcel Proust, Dalla parte di Swann, 1913
Cosa significa “rappresentare”?
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“Persino l’atto così semplice che viene definito con l’espressione: “vedere una persona che conosciamo” è in parte un atto intellettuale”.
Marcel Proust, Dalla parte di Swann, 1913
Cosa significa “rappresentare”?
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“Riempiamo l’apparenza fisica dell’essere che ci sta davanti di tutte le nozioni che abbiamo su di lui, e, nell’insieme che ci
rappresentiamo, queste nozioni costituiscono la parte più importante. Finiscono per
riempire così perfettamente le guance, per seguire con tale esatta aderenza la linea del naso, si industriano così bene di sfumare la
sonorità della voce come se questa non fosse che un involucro trasparente, che ogni
volta che vediamo quel viso, che sentiamo quella voce, ritroviamo e diamo retta
soltanto a quelle nozioni”Marcel Proust, Dalla parte di Swann, 1913
Cosa significa “rappresentare”?
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La conoscenza della realtàParadigma positivista
• C’è una realtà là fuori• Essa può essere descritta
con le parole• Esiste una e una sola
descrizione vera del mondo
• Ossia quella che corrisponde ad esso
(Caronia L., 2004, Costruire verità sul campo, in Encyclopaideia, anno VII, n. 15)
Paradigma antipositivista
• La “realtà” è una versione del mondo costruita dalle persone attraverso le loro pratiche discorsive
• Non esiste un “mondo là fuori” ma “modi di fare il mondo”
• La verità è una decisione consensuale (differentemente distribuita e condivisa!) circa l’adeguatezza di qualcuna di queste versioni.
(Caronia L., 2004, Costruire verità sul campo, in Encyclopaideia, anno VII, n. 15
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Il fenomeno delle rappresentazioni sociali
Metafora
“Il pensiero come ambiente”
A cosa ci fa pensare?
(Moscovici S., Il fenomeno delle rappresentazioni sociali, Il Mulino, Bologna, 1989)
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La conoscenza “oggettiva”, in assoluto, è un’illusione:
“Rivoluzioni copernicane” nella conoscenza del mondo
Non reagiamo agli stimoli per quello che sono, ma per quello che rappresentano
Siamo inconsapevoli delle “cose più ovvie”
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Le rappresentazioni sociali:
• “Ci guidano verso ciò che è visibile e a cui dobbiamo rispondere”
• “Collegano l’apparenza alla realtà”• “Definiscono la realtà”
Sono realtà, nel momento in cuiesercitano un’influenza pratica ecognitiva su ogni attività umana
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Le componenti delle rappresentazioni sono:
• Abitudini• Pratiche linguistiche e sociali• Predisposizioni individuali e
genetiche• Memorie familiari e ambientali• L’esperienza pregressa
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Le rappresentazioni sociali
Possono essere viste come “pratiche di conoscenza” non solo soggettiva, ma ambientale (culturale e materiale) che non solo hanno a che fare con il nostro modo di conoscere, ma strutturano e
creano intersoggettivamente la realtà e orientano socialmente e culturalmente
il nostro comportamento
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Perché esistono le rappresentazioni sociali?
“Lo scopo di tutte le rappresentazioni è quello di
rendere qualcosa di inconsueto, o l’ignoto stesso, familiare”
(Moscovici S., 1989, Il fenomeno delle rappresentazioni sociali, Il Mulino, Bologna, p. 45)
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Come le rappresentazioni rendono familiare
l’inconsueto?
Moscovici individua due meccanismi:
1. Ancoraggio: processi di – Classificazione– Nominazione
2. Oggettivazione
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Il pregiudizio
Una particolare forma di rappresentazione sociale, che ha il
potere di orientare il nostro sguardo, facendoci vedere
qualcosa e mettendo in ombra qualcos’altro, tanto da indurci a
dubitare della sua realtà
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Il pregiudizio come forma di potere
“Il pregiudizio è un potere agito-subito. Chi lo agisce, lo subisce nei termini della riduzione della possibilità di comprensione della realtà. Chi lo
subisce, lo agisce portandone il peso, assumendone i contorni e le deformità”
(Lascioli A., 2001, Handicap e pregiudizio, FrancoAngeli, Milano, p. 17)
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Il pregiudizio come forma di potere
“La sua potenza consiste proprio in questo limitare attivo e passivo. Si configura come “potere” dell’uomo sull’uomo che, nel momento in cui
viene analizzato, mostra di avere radici profonde e molto diramate”
(Lascioli A., 2001, Handicap e pregiudizio, FrancoAngeli, Milano, p. 17)
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Il radicamento culturale del pregiudizio
Il pregiudizio è un “giudizio emesso prima di fare esperienza”.
Ha funzioni cognitive ed affettive precise: anticipa e quindi “difende”
Trae senso da un radicamento culturale che però, paradossalmente, rischia di
affossare la stessa cultura che di esso si nutre…
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La metafora del radicamento
“Le radici assolvono il duplice compito di nutrire e immobilizzare. La terra che nutre è la stessa che lega a
sé e impedisce il movimento. Ma l’uomo educa e mentre lo fa progetta per colui che deve crescere il distacco, la separazione, l’autonomia, la libertà, il
cambiamento. La radice assimila il diverso nel processo di
metabolizzazione. Si tratta di portare l’altro dentro annullandone la diversità. Tutto ciò che resiste
all’assimilazione diviene inevitabilmente scarto. Ma è proprio la diversità dell’altro, nonché la sua differenza, la causa prima del suo poter essere nutrimento e vita”
(Lascioli A., 2001, Handicap e pregiudizio, FrancoAngeli, Milano, p. 17)
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Lo stereotipo
Deriva da “stereos = rigido” e “typos = impronta”: “impronta rigida”.
Tecnicamente, lo “stereotipo” è una macchina per riprodurre immagini a stampa.
Nel linguaggio comune, sta ad indicare quell’immagine rigida e fissa con cui si vedono in particolare alcuni gruppi sociali, già pregiudizialmente pregiudicati.
Acquista vita propria, tanto che sembra che neanche il contatto con la realtà lo possa scalfire… A meno che la realtà non sia così potente da mettere in crisi la cultura
pregiudiziale di cui lo stereotipo si nutre…