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1 Corso di Diritto Tributario d’Impresa (Vicenza - 29 gennaio 2011) DIVIDENDI E PARTICIPATION EXEMPTION Giuseppe Corasaniti Professore Associato di Diritto tributario Università degli Studi di Brescia

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Corso di Diritto Tributario d’Impresa(Vicenza - 29 gennaio 2011)

DIVIDENDI E

PARTICIPATION EXEMPTION

Giuseppe Corasaniti Professore Associato di Diritto tributario

Università degli Studi di Brescia

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Doppia imposizione economica sugli utili societari.

Si ha doppia imposizione economica, tutte le volte in cui gli utili di una società sono dapprima assoggettati all’imposta sull’utile e successivamente, se distribuiti come dividendi, vengono colpiti anche dall’imposta sul reddito presso il titolare di partecipazione.Dal punto di vista formale e giuridico non c’è, quindi, identità del soggetto su cui grava l’onere della duplicazione dell’imposta.

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Le società sono istituzionalmente veicoli per produrre ricchezza da riversare su coloro che ne integrano il sostrato personale, ciò comporta che:

- la tassazione di ricchezza in capo a tali enti (al momento della acquisizione) rischia di essere nuovamente tassata in capo ai percipienti (nel momento in cui tale ricchezza viene distribuita).

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L’esigenza più immediata è quella di evitare le sostanziali disparità di trattamento che si possono ottenere ribaltando i risultati delle imprese societarie sui soci.

Obiettivo: eliminazione della doppia imposizione, in capo alla società prima, ed al socio poi, degli utili societari con un unico risultato:- assoggettamento ad imposta del solo reddito prodotto dalla società.

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Rimedi adottabili per eliminare e ridurre le doppie imposizioni economiche sugli utili societari.

- D.Lgs. n. 344/03: modifica il regime di tassazione fondato sul principio della imputazione del dividendo (c.d. imputation system);

- L’utile viene tassato solo al momento della produzione in capo alla società che lo produce e non in capo al percettore;

- Scopo del sistema fiscale: attuare un graduale adeguamento del regime italiano a quelli già adottati nella maggioranza dei Paesi dell’Unione Europea.

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- Abrogazione del credito di imposta e detassazione dei dividendi;

- Detassazione delle plusvalenze da cessione di partecipazioni immobilizzate (participation exemption) con la conseguente non deducibilità delle minusvalenze;

- Introduzione del consolidato nazionale e mondiale e del regime della trasparenza per la società di capitali.

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Dal credito di imposta al regime di esenzione.

Il meccanismo del credito di imposta come sistema di tassazione degli utili societari è stato sostituito con un sistema basato sull’esenzione: in sostanza, la società cessa di essere una sorta di “filtro” per la tassazione del socio, così da scontare una tassazione provvisoria destinata a definirsi soltanto nel momento di percezione del dividendo in capo al socio.

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Ante riforma.

Principio di imputazione del dividendo:

- il socio, mediante l’inclusione nel reddito complessivo dell’utile percepito e il riconoscimento del credito corrispondente all’imposta lorda dovuta dalla società, sterilizzava la tassazione subita dalla società e scontava definitivamente l’imposizione sugli utili societari con la propria aliquota personale.

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Post riforma.

- Si abbandona il sistema di imputazione del dividendo e si elimina l’istituto del credito di imposta.

- Viene recepito il principio dell’utile tassato esclusivamente in capo alla società partecipata con (parziale) irrilevanza del successivo trasferimento dello stesso utile ai soci.

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Doppia imposizione giuridica internazionale

La doppia imposizione giuridica è:- la duplicazione d’imposta;- che grava sul medesimo soggetto;- relativa allo stesso presupposto oggettivo.Lo stesso contribuente, quindi, relativamente alla stessa fattispecie imponibile e per lo steso periodo di imposta, viene colpito da due Stati per imposte identiche e similari.

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- La doppia imposizione internazionale in senso giuridico può esser descritta come l’applicazione di imposte comparabili fra loro, da parte di due o più Stati a carico dello stesso soggetto, per lo stesso presupposto e per lo stesso periodo d’imposta

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- Doppia imposizione interna (artt. 163 Tuir e 67 d.p.r. 600/1973) e doppia imposizione internazionale (norme convenzionali):

- Doppia imposizione in senso economico e doppia imposizione in senso giuridico. La prima consiste nella applicazione di imposte similari ed evidentemente concorrenti da parte di due Stati sul medesimo reddito nei confronti di soggetti diversi.

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Le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni mirano a risolvere i casi di doppia imposizione giuridica internazionale provocati dalla concorrenza del potere impositivo dello Stato della fonte del reddito con quello dello Stato di residenza del soggetto possessore del reddito ovvero dalla concorrenza del potere impositivo dei due diversi Stati di residenza del soggetto possessore del reddito.

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Al fine di eliminare la doppia imposizione internazionale,

attraverso la stipulazione dei trattati internazionali gli Stati contraenti “concordano” quale sarà lo Stato che eserciterà la potestà impositiva nei casi di reddito transnazionale.

Dunque, stipulando la convenzione, uno Stato, in alcuni casi, limita la propria sovranità rinunciando a tassare.

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Più precisamente:se la Convenzione prevede espressamente che, con riferimento ad una specifica fattispecie reddituale, la potestà impositiva sia attribuita in via esclusiva ad uno Stato, questo equivale ad una corrispondente rinuncia a tassare da parte dell’altro Stato contraente.

Se però la Convenzione non prevede espressamente questa ipotesi, si verifica un concorso di pretese impositive, con conseguente applicazione delle norme bilaterali ed interne al fine di evitare la doppia imposizione.

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I due metodi di eliminazione della doppia imposizione.

1) metodo dell’esenzione (art. 23A del Modello di Convenzione): lo Stato di residenza non considera tassabili i redditi prodotti all’estero; le relative norme tributarie interne qualificano il reddito prodotto all’estero come reddito esente da imposizione.

L’esenzione può assumere due forme: a) esenzione piena; b) esenzione temperata dalla progressività; i redditi non vengono tassati nello Stato di residenza, ma vengono comunque considerati nella determinazione della aliquota applicabile al reddito complessivo.Contestualmente viene attribuito allo Stato della fonte l’esercizio esclusivo della potestà impositiva.

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Poiché l’effetto tipico derivante dall’utilizzo di tale metodo consiste nella sostanziale limitazione delle pretese impositive dello Stato di residenza, senza essere in alcun modo rapportata all’effettivo esercizio del potere impositivo da parte dello Stato della fonte, questo ha di fatto scoraggiato il ricorso a tale metodo.

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2) Metodo del credito di imposta (art. 23B del Modello di Convenzione): questo metodo consente al contribuente di detrarre dall’imposta sul reddito le imposte assolte all’estero sui redditi ivi prodotti, mediante l’attribuzione di un credito di imposta.

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Modello di Convenzione OCSE “dividendi”

L’art. 10 del modello di convenzione OCSE Stabilisce: “il termine dividendi designa i redditi derivanti da azioni, da azioni o diritti di godimento, da quote minerarie, da quote di fondazione o di altri diritti, ad eccezione dei crediti, da quote di partecipazioni di utili, nonché i redditi di altre quote sociali assoggettate allo stesso regime fiscale dei redditi delle azioni secondo la legislazione dello Stato di cui è residente la società erogante”

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I dividendi pagati da una società residente in uno Stato contraente ad un residente nell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato.Tali dividendi possono essere tassati dallo Stato della fonte purché tale tassazione non ecceda le percentuali del 5% e 15% dell’ammontare lordo dei dividendi, previste dalla Convenzione.Tali disposizioni non trovano applicazione nel caso in cui il beneficiario dei dividendi, risedente in uno Stato contraente eserciti nell’altro stato contraente, in cui risiede la società che paga i dividendi, un’attività per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata.

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Doppia imposizione e CE

In ambito UE contro la doppia imposizione sui dividendi è intervenuta dapprima la

- la direttiva n. 90/435/CEE del 23/07/1990 concernente il trattamento fiscale dei dividendi erogati in operazioni transfrontaliero, tra società madri-figlie.

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Direttiva madre-figlia sulla distribuzione di dividendi

La cosiddetta direttiva sul regime fiscale applicabile ai pagamenti di dividendi ed altre distribuzioni di utili fra le società madri e figlie (direttiva n. 90/435/CEE del 23/07/1990) introduce delle norme comuni fiscali nella Comunità che devono favorire una maggiore concorrenza, assicurando la neutralità del trattamento fiscale.

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In realtà, la direttiva 90/435/CEE, per tenere conto delle grandi differenze esistenti nei singoli ordinamenti nazionali, lascia ampia discrezionalità agli Stati membri al momento del recepimento, determinando il persistere di fenomeni di doppia imposizione economica del reddito.

Facendo tesoro dell’esperienza acquisita nell’attuazione della direttiva madre-figlia, il Consiglio ha emanato il 23/ 12/2003 la direttiva n. 2003/123/CE che ha modificato la direttiva n. 90/435/CEE

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Le principali novità della Direttiva n. 2003/123/CE

Le principali novità- Applicazione della Direttiva alle stabili organizzazioni;- Estensione della lista delle forme societarie coperte dalla Direttiva;- Riduzione della soglia di partecipazione.

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…(segue) Applicazione della Direttiva alle stabili organizzazioni

Applicazione della Direttiva alle stabili organizzazioni.

Le modifiche:• Articolo 1: aggiunti 2 capoversi;• Articolo 2: definizione di S.O.;• Articolo 3: cambio delle definizione delle società madri;• Articolo 4: esenzione o credito d’imposta per i dividendi in entrata;

nel paese della S.O..

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…(segue) Estensione della lista

Nuove forme societarie non esistenti nel 1990 (ad es. “società per azioni semplificata” francese introdotta nel 1993);Società gia esistenti nel 1990, ma escluse (ad esempio le “società cooperative” in Belgio, Lussemburgo, Francia e Olanda).

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Testo ante modifica:“le società di diritto italiano denominate società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, nonché gli enti pubblici e privati che esercitano attività industriali e commerciali”

Testo post modifica:“le società di diritto italiano denominate società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperativa, società di mutua assicurazione, nonché gli enti pubblici e privati la cui attività è totalmente o principalmente commerciale”.

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Riduzione della soglia di partecipazione

Ante modifica la soglia di partecipazione era costituita dal 25%Il nuovo articolo 3 della Direttiva prevede:

• 20% dal 1 gennaio 2005• 15% dal 1 gennaio 2007• 10% dal 1 gennaio 2009

Riduzione non immediata al 10% per esigenze di gettito restano escluse le partecipazioni indirette

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Entità trasparenti

Modifica connessa alla presenza nella lista di società “ibride”:Soggette all’imposta sulle società nello Stato di residenza considerate trasparenti in altri Stati membri

Ad esempio:- Francia: “société civil” - Belgio: “société en nom collectif”, “société en commandite simple”.

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…(segue) Entità trasparenti

Articolo 4 della Direttiva:Lo Stato della madre che considera la figlia trasparente può tassare ma deve concedere il credito per le imposte pagate nello Stato della figlia ed astenersi dal tassare la successiva distribuzione dei dividendi.

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Credito per le imposte assolte all’estero

Scopo della modifica:migliorare il meccanismo per l’eliminazione della doppia imposizione economica negli Stati che utilizzano il metodo del credito.Articolo 4:Gli Stati che utilizzano il metodo del credito lo concedono per l’imposta societaria relativa agli utili pagata dalla figlia e da una sua sub-affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub-affiliata rispettino le condizioni di cui agli articoli 2 e 3 della Direttiva.

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Art. 27 bis dpr n. 600 del 1973

Dividendi in uscita

L’ art. 27 bis DPR 600/73 è stato così modificato dal D. Lgs. 6 febbraio 2007 n. 49:

Comma 1:• Riduzione al 20% (ora 10% per gli utili distribuiti a

decorrere dal 1 gennaio 2009) della quota di partecipazione;

• Introduzione della clausola per cui la partecipata non deve essere residente in uno Stato terzo in virtù di una Convenzione;

• Non fruibilità di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle imposte indicate nell’allegato della direttiva.

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Comma 1 bis: le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì alle:

- remunerazioni dei finanziamenti eccedenti di cui all’art. 44, comma 1 lett. e), del Tuir,

- agli utili di cui all’art. 44, comma 1, lett. f; - alle remunerazioni dei titoli e degli strumenti finanziari di cui

all’art. 44 , comma 2, lett. a), sempreché la remunerazione e gli utili siano erogati a società con i requisiti indicati del comma 1 che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20% (ora 10% per gli utili distribuiti a decorrere dal 1 gennaio 2009) del capitale sociale della società che rispettivamente, la corrisponde o li distribuisce.

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• Comma 2: - produzione di certificazione che attesti che la società non

residente possieda i requisiti indicati alle lett. a,b,c del comma 1;

- dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato alla lettera d del medesimo comma 1;

• Comma 3 secondo periodo: - documentazione di cui al secondo comma acquisita entro la

data del pagamento degli utili.

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N.B.

La partecipazione deve essere detenuta ininterrottamente per almeno un anno.

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Disciplina nazionale dividendi.

Come anticipato, la riforma tributaria del 2003 abbandona il sistema di imputazione ed elimina l’istituto del credito d’imposta.Recepisce, di converso, il principio secondo cui l’utile viene tassato esclusivamente presso il soggetto che lo ha realmente prodotto (società partecipata) con irrilevanza del successivo trasferimento dello stesso utile ai soci.Per effetto delle modifiche apportate al TUIR, il regime dei dividendi è ora contenuto negli articoli 44,47, 59 e 89.Le novellate disposizioni riservavano un trattamento fiscale differenziato a seconda del soggetto che percepisce gli utili.

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Proventi assimilati ai dividendi

Sono assimilati ai dividendi, con conseguente applicazionedel regime proprio di questi stessi:• Le remunerazioni corrisposte con riferimento ai contratti di

associazione in partecipazione o di cointeressenza agli utili con apporto di capitale o misto;

• Le remunerazioni dei finanziamenti eccedenti erogati in applicazione delle disposizioni dettate in materia di thin capitalization laddove vi sia diretta erogazione del finanziamento da parte del socio o di sua parte correlata (disposizione oramai abrogata)

• Le remunerazioni degli strumenti finanziari costituite totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società dello stesso gruppo o dell’affare in relazione emittente o di altre società dello stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale gli stessi strumenti sono stati emessi

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Regime fiscale dei dividendi

E’ previsto un regime fiscale differenziato per: - gli utili percepiti dai soggetti passivi IRPEF al di fuori

dell’esercizio di attività di imprese, (reddito di capitale ex artt. 44 e 47 Tuir);

- gli utili percepiti da soggetti passivi IRPEF nell’esercizio di attività di imprese ( redditi d’impresa ex artt. 56, 81, 59 Tuir);

- gli utili percepiti da società ed enti soggetti IRES ( reddito d’impresa ex art. 81 e 89 Tuir).

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Utili percepiti da soggetti Irpef al di fuori dell’esercizio dell’attività di impresa

Più precisamente, il comma 1 dell’art. 47 del Tuir ha previsto che gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o enti di cui all’art. 73 concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo nella misura del 49,72% del loro ammontare, per gli utili percepiti a partire dal 1 gennaio 2009.

Per gli utili percepiti prima del 1 gennaio 2009, invece, concorrono nella misura del 40%.

Non concorrono, invece, alla formazione della base imponibile IRPEF gli utili da partecipazione soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, come stabilito dell’art. 3 comma 3, lett. a, Tuir, espressamente richiamato dal comma 1 dell’art. 47.

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Utili relativi a partecipazioni non qualificate

Utili percepiti da persone fisiche residenti, che non agiscono nell’esercizio dell’attività di impresa e possiedono partecipazioni non qualificate sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 12,50%.

Non sarà più possibile, quindi, richiedere alla società erogatrice degli utili la non applicazione della ritenuta e farli concorrere alla formazione del reddito secondo la tassazione ordinaria ad aliquote progressive (regime della dichiarazione).

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…(segue) definizione di partecipazioni qualificata e non qualificata

La partecipazione è “non qualificata” quando: - Diritto di voto: minore del 2% (quotata) o al 20 % (se non

quotata). - partecipazione al capitale: minore del 5% (quotata) o al 25%

(se non quotata). - tali soglie possono sussistere alternativamenteLa partecipazione è “qualificata” quando: - Per diritti di voto o partecipazione al capitale sono superate

le soglie suddette.

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…(segue) In caso di partecipazioni non qualificate

Società residenti: la società erogante applica, al momento della corresponsione una ritenuta del 12,50% a titolo d’imposta. Il risparmiatore non deve dichiarare nulla (art. 27, comma 1 DPR n. 600/73).

Società non residenti: i soggetti che intervengono nella riscossione applicano una ritenuta del 12,50% a titolo d’imposta, - non beneficiano di alcun credito d’imposta ( art. 27, comma 4); - la ritenuta è applicata al netto delle ritenute applicate dallo Stato estero.

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…(Segue) Persona fisica non imprenditore titolare di partecipazione non qualificata

I dividendi relativi ad azioni immesse nel sistema di deposito accentrato gestito dalla Monte Titoli S.p.A sono soggetti ad una speciale disciplina in base alla quale è applicata dagli intermediari (residenti o meno, ma aderenti a sistemi di deposito accentrato) un’imposta sostitutiva del 12,50% (art. 27-ter).

Non si applica la ritenuta: nel caso di opzione per il regime del risparmio gestito ex art. 7 D.Lgs. 461 del 1997.

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…(segue) In caso di partecipazione qualificate

Società residenti: i dividendi concorrono alla formazione della base imponibile ai fini IRPEF nella misura del 49,72% (art. 47 comma 1, Tuir): - devono essere indicati nella dichiarazione annuale dei redditi - non spetta alcun credito d’imposta; - non si applica alcuna ritenuta.

Società non residenti: - ritenuta a titolo d’acconto 12,50%, sulla parte imponibile del dividendo 49,72% al netto della ritenuta subita nello stesso estero. In dichiarazione è possibile scomputare le imposte pagate all’estero sempre nella misura del 49,72% (art. 165 Tuir).

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Società semplici o equiparate

Non si distingue tra partecipazioni qualificate e non qualificate.In entrambe i casi concorrono alla formazione dei redditi di capitale nella misura del 49,72% .

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Partecipazioni possedute da soggetti passivi IRPEF nell’esercizio di attività di impresa

Gli utili concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 49.72% anche se di fonte estera.

Non si distingue tra partecipazione qualificate e non qualificate.

Se provenienti da soggetti residenti, concorrono integralmente alla formazione del reddito se distribuiti da società escluse dalla “white list” senza interpello.

Gli utili distribuiti sono sempre tassati nella misura del 49,72% se i soggetti percettori sono persone fisiche soci di S.r.l. che abbiano esercitato l’opzione per la trasparenza fiscale di cui all’art. 116 Tuir (prima della modifica erano esclusi da imposizione ed erano possibili arbitraggi fiscali).

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Percettore soggetto IRES

Se il soggetto percettore dei dividendi è una società di capitali o un ente commerciale (e in via transitoria, un ente non commerciale, secondo quanto prevede l’art. 4, lett. q, del decreto legislativo n. 344 del 2003) è tassato solo il 5% dell’ammontare del dividendo (è esente da imposizioni il 95% ex art. 89 Tuir) anche in regime di consolidato fiscale nazionale e mondiale (a seguito delle modifiche della Finanziaria 2008).

Sono imponibili nella misura del 5% anche gli utili di fonte estera percepiti da soggetti IRES residenti purché tali utili non siano provenienti da paradisi fiscali (salvo, in questo ultimo caso, l’interpello favorevole).

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…(segue)

L’applicazione dell’esclusione non è subordinata all’esistenza di alcuna condizione.

Le società ed enti commerciali residenti soggetti all’imposta sul reddito delle società possono quindi beneficiarne anche se gli utili percepiti non siano stati assoggettati ad imposta dalla società distributrice.

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Utili percepiti da enti non commerciali

Concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 5%.

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…(segue) Ratio dell’imponibilità nella misura del 5%

La tassazione di una quota di utile pari al 5% non risponde alla esigenza di voler attribuire parziale rilevanza reddituale al dividendo, ma alla necessità di individuare, in maniera forfetaria, una quota dei costi relativi alla gestione delle partecipazioni da assoggettate a tassazione.

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Utili di fonte estera percepiti da soggetti IRPEF al di fuori dell’esercizio di impresa

Per le partecipazioni non qualificate si applica lo stesso trattamento fiscale previsto per gli utili di fonte italiana.

Il soggetto che interviene nella loro riscossione opera una ritenuta del 12.50% a titolo d’imposta.

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…(Segue)

Per le partecipazioni qualificate: - rimane ferma l’applicazione sugli utili della ritenuta a titolo

d’acconto del 12,50%. - la ritenuta è applicata sul 49,72% del loro ammontare (con

conseguente obbligo dichiarativo e scomputo del credito per le imposte pagate all’estero), al netto delle ritenute eventualmente applicate nello Stato estero.

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Percettore persona fisica:società residenti in paradisi fiscali

Non qualificate/quotate: 12,50% a titolo d’imposta sul 100% al netto delle ritenute applicate all’estero;Non qualificate/non quotate: 12,50% a titolo d’acconto sul 100% al netto delle ritenute applicate all’estero;Non qualificate/non quotate (con interpello): 12,50% a titolo d’imposta sul 100% al netto delle ritenute estere;Qualificate (senza interpello): 12,50% a titolo d’acconto sul 100% al netto delle ritenute applicate all’estero;Qualificate (con interpello): 12,50% a titolo d’acconto sul 49.72% al netto delle ritenute applicate all’estero.

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Utili di fonte estera percepiti da soggetti IRES

Art. 89 comma 3 del Tuir:Coerentemente con quanto previsto dalla legge delega, l’applicazione del medesimo regime di tassazione dei dividendi distribuiti da società residenti a soggetti IRES viene esteso anche ai dividendi distribuiti da società ed enti non residenti di cui all’art. 73 lett. d) Tuir ( ad eccezione di quei soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata), ossia da “società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”Quindi anche in questo caso opera il regime di non imponibilità in misura pari al 95% dell’importo del dividendo percepito.

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…(segue) utili di fonte estera, società residenti in Paesi esclusi della “White List”

In tal caso è previsto l’integrale concorso al reddito dei proventi derivanti da partecipazioni in soggetti ivi localizzati.

Tuttavia è previsto che qualora le predette società, a seguito di interpello all’Agenzia delle Entrate abbiano dimostrato che i redditi imputati dalla società partecipata sono stati regolarmente assoggettati a tassazione in un paese a tassazione ordinaria non riscorrono i presupposti per l’integrale concorso alla formazione del reddito non ricorrono.

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Utili da partecipazione in società di persona

I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla loro quota di partecipazione agli utili (principio della trasparenza ex art. 5 Tuir).

Il reddito prodotto dalla società, essendo determinato al termine del periodo di imposta deve essere imputato ai soli soci che a quella data rivestono tale qualità.

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…(segue)

Ne discende che le società di persona non sono soggette all’Irpef (né all’Ires): il reddito dalle stesse prodotto è ripartito, ai fini impostivi, tra i soci in misura proporzionale alla quota di partecipazione degli stessi.

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…(segue)

Se il socio della società di persona è un soggetto passivo Ires trova applicazione l’art. 89, comma 1, Tuir.

Se il socio della società di persona è soggetto passivo Irpef nell’esercizio dell’attività di impresa trova applicazione l’art. 56, comma 1, Tuir.

Se il socio della società di persona è una persona fisica non imprenditore trova applicazione l’art. 68, comma 6, quarto periodo, Tuir.

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…(segue) Dividendi e altri proventi da

partecipazione in società di persone.

Il regime di parziale esclusione da imposizione dei dividendi, non si applica agli utili prodotti dalle società di persone e successivamente distribuiti ai soci in quanto gia imputati in capo a questi per trasparenza.

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…(segue) Costo fiscalmente riconosciuto alla partecipazione.

L’unico effetto fiscale generato dalla distribuzione degli utili prodotti da società di persona consiste nella diminuzione di un importo pari all’utile percepito del costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni.

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In caso di “strumenti ibridi” emessi da soggetti non residenti

Le condizioni per fruire dell’esclusione sono individuate dall’art. 44, comma 2, lett. a) seconda parte, Tuir:

il trattamento fiscale delle remunerazioni degli strumenti finanziari, comprese le azioni, emessi da soggetti non residenti è assimilato a quello dei dividendi solo se per questo sia prevista: - la totale indeducibilità dal reddito del soggetto emittente; - tale indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell’emittente.

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La normativa Cfc.

Nell’ambito della strategia di contrasto agli arbitraggi fiscali internazionali, l’articolo 13 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito (con modificazioni) con legge 3 agosto 2009, n. 102, ha apportato importanti modifiche alla normativa CFC (Controlled Foreign Companies), di cui all’articolo 167 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, del Tuir (cfr. Circ. Ag. delle entrate del 6 ottobre 2010, n. 51/E).

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…(segue)

L’attenzione del legislatore si è concentrata sulle operazioni infragruppo poste in essere tra imprese residenti e proprie partecipate, situate in Paesi o territori a bassa fiscalità, le quali possono determinare la “distrazione” dell’utile dall’Italia verso regimi fiscali esteri più favorevoli, che spesso non consentono un effettivo e adeguato scambio di informazioni. Ne è seguita una modifica della disciplina CFC che - in un’ottica spiccatamente antielusiva - è volta a garantire “l’effettività sostanziale” della società o ente non residente controllato.

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…(segue)

L’art. 167 del Tuir dispone che se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, tramite società fiduciaria o interposta persona, il controllo di un soggetto residente o localizzato in Stati o territori diversi da quelli di cui al D.M. emanato ai sensi dell’art. 168-bis, i redditi conseguiti dal soggetto estero sono imputati ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute.

In base all’art. 167, comma 2, i soggetti partecipanti sono le persone fisiche residenti ed i soggetti di cui agli artt. 5 e 73, comma 1, lettere a), b), c).

Restano esclusi dall’ambito applicativo i soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. d). Tuttavia, la norma è applicabile qualora il soggetto estero (con o senza S.O. in Italia) che controlla la Cfc è partecipato a sua volta da un soggetto residente. Infatti, in tal modo si configura una catena partecipativa diretta verso la controllata estera.

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…(segue)

I soggetti partecipati considerati sono le società, le imprese e gli altri enti. La definizione comprende anche le figure giuridiche del trust, dell’Anstalt e della SICAV.La figura “altri enti” estende quindi l’ambito applicativo della norma a soggetti diversi dalle società o imprese che esercitino però attività d’impresa.Il termine impresa di cui all’art. 167 del Tuir non comprende però la S.O. all’estero di un soggetto residente, poiché il reddito prodotto da tale entità è in ogni caso attribuito per competenza al soggetto residente al quale compete, quindi con attribuzione diretta.La norma prevede, quale requisito territoriale, la “localizzazione” della Cfc in Stati non white list (v. Circ. Ag. Entrate n. 48/E del 2007).L’espressione localizzazione fa riferimento alla “fruizione” del regime fiscale di favore. Pertanto, una società è soggetta alla disciplina anche quando non essendo residente o domiciliato in un Paese non w.l. può comunque beneficiare del regime stesso.I.e.: - Presenza di una società controllata interposta alla CfcReddito derivante da società controllata, originato dalla S.O. situata in un Paese non w.l..

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…(segue)

È richiesto il requisito del controllo ex art. 2359 cod. civ., sia esso diretto, indiretto, per società fiduciaria o interposta persona.La nozione di controllo ai fini della disciplina è ampia, comprendendo quindi sia il controllo di diritto, il controllo di fatto interno o esterno (da partecipazione o contrattuale), che l’influenza notevole.Il richiamo alla norma interna dell’art. 2359 cod. civ. esclude quindi differenti criteri di controllo o collegamento previsti dallo Stato dove è residente o localizzata la società estera (v. Circ. Ag. Entrate 16 novembre 2000, 207/E).

Oggetto dell’imputazione risulta essere l’utile della Cfc rideterminato secondo le norme in tema di reddito d’impresa previste dal Tuir.

Detta imputazione rende irrilevanti, fino a concorrenza del reddito imputato ex art. 167, le successive erogazioni di dividendi effettuate dal soggetto estero partecipato.

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…(segue)

L’art. 1, comma 83, l. 244 del 2007 ha previsto la modifica del criterio di individuazione dei Paesi a regime fiscale privilegiato, i quali rientrano tra quelli non identificati nel D.M. emanato ai sensi del nuovo art. 168-bis del Tuir.In attesa dell’emanazione del D.M. cit. si continuerà a fare riferimento ai Paesi e territori considerati nel D.M. 21 novembre 2001 (c.d. black list).i) Paesi identificati in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello italiano;ii) Paesi che non consentono uno scambio di informazioni adeguato;iii) altri criteri equivalenti.

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…(segue)

Artt. 167 e 168 del Tuir - EsimenteL’art. 167, comma 5, prevede la possibilità di disapplicare la norma qualora il contribuente dimostri, alternativamente, che:a) la società o altro ente non residente svolga un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest'ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento ; ovverob) dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al D.M. ex art. 168-bis del Tuir.A tal fine dev’essere presentato un interpello preventivo ai sensi dell’art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212.

Tale possibilità è prevista anche per le fattispecie di cui all’art. 168 del Tuir, in tema di Imprese estere collegate.

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…(segue)

Ma il comma 5-bis (introdotto con legge 3 agosto 2009, n. 102) della predetta norma dispone che la previsione di cui alla lett. a) del comma 5 non si applica qualora i proventi della società o altro ente non residente provengono per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi a proprietà industriali, letterarie, artistiche nonché di prestazioni di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.

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…(segue)

La prova contraria va fornita preventivamente in sede di interpello da presentarsi ai sensi dell’articolo 167, comma 5, del Tuir, che sul punto richiama l’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212. In tale sede, l’esame dell’Amministrazione finanziaria sarà diretto a verificare non solo la sussistenza degli elementi normalmente rilevanti ai fini della disapplicazione della disciplina CFC per il ricorrere della prima esimente (i.e. effettività sostanziale della struttura estera e dell’attività dalla stessa svolta nel mercato dello Stato o territorio di insediamento), ma anche la mancanza – nel caso specifico - di intenti o effetti elusivi finalizzati alla distrazione di utili dall’Italia verso Paesi o territori a fiscalità privilegiata.

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Seconda esimente

Per poter invocare l’esimente di cui all’articolo 167, comma 5, lettera b), l’articolo 5, comma 3, del D.M. 21 novembre 2001, n. 429 prevede che “ ai fini della risposta positiva rileva, in particolare, nei riguardi del soggetto controllante autore dell’interpello, (…) il fatto che i redditi conseguiti da tali soggetti (le società o enti partecipati non residenti, n.d.r.) sono prodotti in misura non inferiore al 75 per cento in altri Stati o territori diversi da quelli [di cui al D.M. 21 novembre 2001, n.d.r.] (...) ed ivi sottoposti integralmente a tassazione ordinaria (…) .Ai fini della medesima risposta positiva, nel caso di cui all'articolo 1, comma 1, ultimo periodo, del presente regolamento, rileva anche il fatto che i redditi della stabile organizzazione risultano sottoposti integralmente a tassazione ordinaria nello Stato o territorio in cui ha sede l'impresa, la società o l'ente partecipato”.

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…(segue)

Tale circostanza ricorre quando la CFC abbia prodotto direttamente redditi di fonte estera, in misura non inferiore al 75 per cento del totale, tramite, ad esempio, una stabile organizzazione o in virtù del possesso di cespiti immobilizzati, localizzati e sottoposti a tassazione fuori dagli Stati o territori a fiscalità privilegiata.

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…(segue)

In ogni caso, le ipotesi di disapplicazione in base alla seconda esimente previste dal D.M. 21 novembre 2001, n. 429 devono considerarsi menzionate a titolo esemplificativo e non esaustivo. In generale, si ritiene che, ai fini del riconoscimento dell’esimente in esame, assume rilevanza il carico fiscale complessivamente gravante sul gruppo societario in relazione ai redditi prodotti da una CFC appartenente al medesimo gruppo. Tale parametro, infatti, è determinante per la verifica del rispetto sostanziale della ratio insita nelle disposizioni che regolano la seconda esimente, che è quella di garantire che i redditi prodotti dalla CFC siano tassati in misura congrua.

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Esimente della costruzione di puro artificio

Inoltre, l’articolo 13 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito (con modificazioni) con legge 3 agosto 2009, n. 102, ha inserito all’art. 167 del Tuir, il comma 8-bis e 8-ter i quali rispettivamente stabiliscono che: “la disciplina di cui al comma 1 trova applicazione anche nell'ipotesi in cui i soggetti controllati ai sensi dello stesso comma sono localizzati in stati o territori diversi da quelli ivi richiamati, qualora ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia; b) hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall'investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l'ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l'ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari” (art. 167, 8-bis, Tuir);

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…(segue)

e che: “le disposizioni del comma 8-bis non si applicano se il soggetto residente dimostra che l'insediamento all'estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale. Ai fini del presente comma il contribuente deve interpellare l'amministrazione finanziaria secondo le modalità indicate nel precedente comma 5” (art. 167, comma 8-ter, Tuir).

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…(segue)

In altri termini, la CFC rule non si estende a controllate localizzate in Paesi o territori a fiscalità ordinaria, anche qualora queste siano nelle condizioni di cui alle lett. a) e b) del predetto comma 8-bis, quando queste ultime sono rappresentative di insediamenti effettivi, ovvero costituiscono costruzioni non artificiose, come tali non volte a conseguire un indebito vantaggio fiscale.

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…(segue)

Al riguardo, si osserva che l’espressione utilizzata dal legislatore nazionale appare in linea con la terminologia adottata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea che, nella sentenza Cadbury-Schweppes del 12 settembre 2006 (causa C-196/04), ha affermato il principio della compatibilità delle normative CFC con il principio della libertà di stabilimento sancito dall’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex articolo 43 del TCE), limitatamente alle ipotesi di società controllate residenti in uno Stato membro che rappresentano “wholly artificial arrangements intended to circumvent national law”. Si ritiene, dunque, che il legislatore domestico abbia voluto accogliere la nozione di “costruzione di puro artificio” elaborata dagli organi comunitari.

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…(segue)

Secondo la Corte di Giustizia, una costruzione societaria non è da considerare meramente artificiosa ove “da elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi risulti che, pur in presenza di motivazioni di natura fiscale, la controllata è realmente impiantata nello Stato di stabilimento e ivi esercita attività economiche effettive” (cfr. sentenza Cadbury-Schweppes, punto 75). Ciò in quanto “la circostanza che le attività corrispondenti agli utili della società estera controllata ben avrebbero potuto essere effettuate anche da una società stabilita sul territorio dello Stato membro in cui si trova la società residente non può permettere di concludere per l’esistenza di una costruzione di puro artificio” (cfr. sentenza Cadbury-Schweppes, punto 69).

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L’interpretazione seguita nella sentenza Cadbury Schweppes è stata sostanzialmente confermata sia dalla successiva giurisprudenza della Corte (cfr. ad es. la sentenza 13 marzo 2007, Causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation), sia dalla Commissione europea nella comunicazione COM(2007) 785 def del 10 dicembre 2007, riguardante “L’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta all’interno dell’UE e nei confronti dei Paesi terzi”. La prova che la struttura estera “…non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale” va fornita preventivamente in sede di interpello da presentarsi secondo le modalità indicate nel comma 5 dell’articolo 167 del Tuir.

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La disciplina dei dividendi provenienti da Stati o

territori “Black list”.

La disciplina degli utili “provenienti” da Paesi a fiscalità privilegiata è in linea generale contenuta negli articoli 47, comma 4 e 89, comma 3, del Tuir relativi, rispettivamente, al regime di imposizione dei dividendi percepiti dai soggetti IRPEF e all'imposizione dei dividendi percepiti dai soggetti IRES.

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A prescindere dalla natura della partecipazione detenuta (qualificata o non qualificata), tali disposizioni prevedono una deroga all’ordinaria disciplina di tassazione degli utili da partecipazione, assoggettando ad imposizione integrale, anziché parziale, gli utili “provenienti” da società o enti localizzati in Paesi o territori aventi regime fiscale privilegiato, come individuati dal D.M. 21 novembre 2001. Ciò a meno che gli stessi non siano già stati imputati al socio, per trasparenza, ai sensi degli articoli 167, comma 1, e 168 del Tuir, ovvero sia stata data dimostrazione, in seguito all’esercizio dell’interpello - secondo le modalità del comma 5, lett. b) del medesimo articolo 167 - che dalle partecipazioni non è stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati.

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Come evidenziato nella circolare 4 agosto 2006, n. 28/E, par. 24, l’utilizzo del termine “provenienti” (introdotto nei menzionati articoli 47 e 89 dal citato D.L. n. 223 del 2006) risponde all’esigenza di evitare triangolazioni sui dividendi che consentano ai soci residenti in Italia di percepire utili provenienti dai paradisi fiscali attraverso società intermedie (c.d. conduit companies), sostanzialmente interposte, localizzate in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata. Appare evidente l’intenzione del legislatore nazionale di comprendere nell’ambito applicativo degli articoli 47, comma 4 e 89, comma 3, del Tuir anche gli utili distribuiti da una società conduit europea, ma provenienti da Paesi o territori a fiscalità privilegiata.

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Ciò posto, con specifico riferimento alle società, è da ritenere che il descritto regime di imposizione integrale si applichi anche nel caso di dividendi distribuiti da società conduit “figlie” - ai sensi della Direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, n. 90/435/CE (cosiddetta direttiva madri e figlie) - della società italiana che percepisce i dividendi, quando la fattispecie considerata ricade nell’ambito applicativo dell’articolo 1, comma 2, della citata direttiva. La norma appena richiamata prevede, infatti, che la direttiva madri e figlie “ non pregiudica l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi”.

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Al riguardo, peraltro, si ricorda che la sentenza della Corte di Giustizia relativa alla causa C-196/04 (c.d. Cadbury-Schweppes) tende a riconoscere (punto 55) la legittimità delle norme antiabuso nazionali nei limiti in cui le stesse abbiano “lo scopo di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili” societari.

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…(segue)

Nella predetta pronuncia viene, altresì, precisato che “la constatazione dell’esistenza di una tale costruzione, richiede (…) oltre ad un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio fiscale, elementi oggettivi dai quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dall’ordinamento comunitario, l’obiettivo perseguito dalla libertà di stabilimento (n.d.r. vale a dire l’esercizio effettivo di un’attività economica in un altro Stato membro) non è stato raggiunto” (cfr. sentenza Cadbury-Schweppes, punto 64).

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Tale indagine non può che essere condotta caso per caso coerentemente con il consolidato orientamento giurisprudenziale comunitario secondo il quale “per accertare se l’operazione che si intende effettuare abbia come obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali le autorità nazionali competenti devono procedere, in ciascun caso, ad un esame globale della detta operazione” (cfr. Corte di Giustizia, sentenza Leur-Bloem del 17 luglio 1997, C-28/95, punto 48B). Ciò posto, la vigente disciplina nazionale adotta un siffatto approccio case by case, in quanto nell’articolo 89, comma 3, del Tuir è espressamente prevista la possibilità di presentare istanza di interpello per ottenere la disapplicazione del regime di tassazione integrale dei dividendi, previa dimostrazione che dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a fiscalità privilegiata.

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Alla luce dei principi comunitari sopra enunciati è da ritenere, pertanto, che ai fini della disapplicazione del regime di imposizione integrale dei dividendi distribuiti da una conduit figlia UE, “provenienti” in tutto o in parte da Paesi a fiscalità privilegiata, l’esame condotto dall’Amministrazione fiscale italiana non può essere limitato all’applicazione di criteri generali predeterminati, ma dovrà essere effettuato caso per caso.

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L’analisi specifica di ogni singolo caso si baserà, piuttosto che su semplici quantificazioni del carico fiscale subito dagli utili percepiti dalla “madre” italiana, sulla circostanza che la partecipazione nel soggetto localizzato nel tax haven non sia detenuta tramite la società figlia allo scopo di evitare artificiosamente che i redditi siano tassati in maniera congrua. Tale analisi dovrà essere condotta anche per gli utili distribuiti in misura eccedente (rispetto a quella già oggetto di imputazione per trasparenza) da controllate o collegate estere soggette al regime CFC di cui agli articoli 167 e 168 del Tuir.

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• Nel caso in cui la società conduit distribuisca poste del suo patrimonio netto formate anche con utili provenienti da partecipate non black list ovvero da utili conseguiti mediante lo svolgimento della propria attività economica, diversa dalla mera detenzione di partecipazioni, si osserva che, ai fini dell’individuazione della quota parte di utili provenienti da paradisi fiscali, nell’ordinamento tributario nazionale manca un principio di carattere generale che regoli la distribuzione, l’utilizzo, la ricostituzione o la ripartizione delle riserve.

• In mancanza di un criterio espresso previsto dal legislatore, si ritiene che la società conduit debba documentare di volta in volta la provenienza degli utili (se da Stati o territori a fiscalità privilegiata, o meno) distribuiti al socio residente. In altri termini, in base ad una ricostruzione analitica della provenienza degli utili distribuiti al socio residente dalla conduit “white”, si renderà applicabile il regime di imposizione integrale nel caso di utili di provenienza black list, ovvero di parziale imponibilità per gli utili non provenienti da territori o Stati a fiscalità privilegiata.

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• Resta inteso che la provenienza dell’utile percepito deve essere adeguatamente documentata dal contribuente. In mancanza di adeguato supporto documentale, si ritengono distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili di provenienza black list.

• Analogo criterio va applicato nel caso in cui oggetto di distribuzione siano poste patrimoniali formate con utili pregressi (Agenzia Entrate, circ. 51 del 6 ottobre 2010).

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Esenzione delle plusvalenze patrimoniali.

La riforma del sistema fiscale statale, avviata con la legge delega 7 aprile 2003, n. 80, si caratterizzata per un nuovo assetto dei rapporti tra fiscalità delle società e fiscalità dei soci che si basa sul criterio di tassazione del reddito al momento della produzione e non all’atto della sua distribuzione.

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… (segue)

A tal fine, quindi, è prevista:- l’irrilevanza reddituale dei dividendi distribuiti, e

- l’esenzione delle plusvalenze realizzate in occasione della cessione delle partecipazioni che rispondono a determinati requisiti.

Tali istituti consentono di affermare la tassazione a titolo definitivo in capo alla società partecipata (che produce la materia imponibile) in quanto: - sono parzialmente esclusi dall'imposizione i dividendi distribuiti ai soci; - sono considerate esenti (parzialmente o totalmente, a seconda dei casi) le plusvalenze da cessione delle partecipazioni con simmetrica indeducibilità delle minusvalenze e dei relativi costi.

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In particolare, l'art. 4, comma 1, lettera c), della legge delega n. 80 del 2003 ha previsto l’introduzione di un regime d'esenzione, noto come “participation exemption”, per le plusvalenze realizzate su partecipazioni caratterizzate da determinati requisiti (cfr. Circ. Ag. delle entrate del 4 agosto 2004, n. 36/E).

Come emerge dalla relazione governativa al disegno di legge delega, l’obiettivo perseguito dal legislatore delegante è quello di armonizzare il nostro sistema fiscale con quelli in essere in altri Paesi membri dell'Unione Europea, eliminando lo svantaggio competitivo delle imprese residenti, e rendendo, quindi, di fatto non necessario sotto tale profilo, il ricorso alla localizzazione delle holding in Paesi in cui è già vigente - o di prossima istituzione - il regime della participation exemption (Austria, Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Germania, Olanda, Spagna e Regno Unito).

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La citata norma, infatti, circoscrive l’esenzione alle plusvalenze realizzate relative a partecipazioni in società con o senza personalità giuridica, sia residenti che non residenti, al verificarsi delle seguenti condizioni: “1) riconducibilità della partecipazione alla categoria delle immobilizzazioni finanziarie prevedendo oltre al riferimento alle classificazioni di bilancio anche il requisito di un periodo di ininterrotto possesso non inferiore ad un anno; 2) esercizio da parte della società partecipata di un'effettiva attività commerciale; 3) residenza della società partecipata in un Paese diverso da quello a regime fiscale privilegiato ..., salvi i casi di disapplicazione previsti dal comma 5 dello stesso articolo 127-bis; ...".

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A fronte dell'esenzione delle plusvalenze, la successiva lettera e), comma 1, del citato art. 4, prevede l'indeducibilità "delle minusvalenze iscritte e simmetrica indeducibilità di quelle realizzate ...", vale a dire l'irrilevanza fiscale sia delle minusvalenze iscritte che di quelle realizzate tramite atti traslativi della titolarità di partecipazioni esenti.

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I principi contenuti nella legge delega, attuati con il D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, sono stati recepiti nei seguenti articoli del nuovo Tuir: - 58, comma 2, per quanto attiene alla parziale imponibilità delle plusvalenze su partecipazioni detenute da soggetti Irpef in regime di impresa; - 64, comma 1, per quanto attiene all'indeducibilità delle minusvalenze su partecipazioni parzialmente esenti detenute da soggetti Irpef in regime di impresa; - 87, per quanto attiene alle plusvalenze esenti (participation exemption); - 101, comma 1, per quanto attiene all'indeducibilità delle minusvalenze su partecipazioni detenute da soggetti Ires.

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Fondamento dell’esenzione

L’assunto da cui muove l'istituto della esclusione da imposizione dei dividendi e la corrispondente esenzione delle plusvalenze si riconnette ai criteri economici di formazione delle plusvalenze e, in particolare, alla circostanza che il plusvalore realizzato in occasione della cessione di una partecipazione è costituito da utili già conseguiti o conseguibili in futuro dalla partecipata, i quali hanno già scontato o sconteranno in via definitiva le imposte presso il soggetto che li ha prodotti.

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Presupposti di applicazione Il perimetro di applicazione della participation exemption è delineato: - dalle caratteristiche dei soggetti che realizzano la plusvalenza;- dalla tipologia di titoli partecipativi la cui cessione realizza una plusvalenza qualificata per l'esenzione, - dai requisiti delle partecipazioni qualificate per l'esenzione.

In presenza dei presupposti indicati dal legislatore, il regime della participation exemption deve essere obbligatoriamente applicato, anche con riferimento al trattamento di eventuali minusvalenze.

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Ambito soggettivo

La disciplina della participation exemption è contenuta nell'art. 87 del nuovo Tuir, che prevede l'esenzione da Ires delle plusvalenze derivanti dalla cessione di azioni o quote di partecipazioni in società aventi determinati requisiti.

Tale istituto, per effetto del rinvio contenuto nell'art. 58, comma 2, del nuovo Tuir, trova parziale applicazione anche nei confronti dei soggetti Irpef.

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… (segue)

In capo ai soggetti non imprenditori, invece, la plusvalenza derivante da cessione di partecipazioni costituisce reddito diverso ai sensi dell'art. 68 del nuovo Tuir. Al riguardo occorre precisare che, per la plusvalenza relativa a partecipazione qualificata (ossia che rappresenta complessivamente una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni), il richiamato art. 68, comma 3, del nuovo Tuir, prevede la tassazione in dichiarazione - con applicazione dell'aliquota Irpef del soggetto che ne è possessore - nella misura del 49,72% del relativo ammontare, al netto di eventuali minusvalenze realizzate su altre cessioni di partecipazioni, anch'esse assunte in misura pari al 40 per cento del relativo ammontare; - per la plusvalenza relativa a partecipazione non qualificata, si applica, invece, l'imposta sostitutiva nella misura del 12,50% sull'intera plusvalenza.

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… (segue)

Possono avvalersi del regime della participation exemption le seguenti categorie soggettive: - soggetti passivi dell'Imposta sul Reddito delle Società (Ires), come individuati dall'art. 73 del nuovo Tuir; - società di persone (società in nome collettivo, in accomandita semplice e ad esse assimilate) e persone fisiche titolari di reddito d'impresa, per effetto del rinvio alle disposizioni contenute nell'art. 87 operato dall'art. 58, comma 2, del nuovo Tuir.

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… (segue)

Considerato che una delle condizioni necessarie per fruire della participation exemption è l'iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie, si ritiene che il regime in esame non possa essere applicato per le plusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni detenute in regime d'impresa dai contribuenti c.d. "minori", i quali determinano il reddito ai sensi dell'art. 66 del nuovo Tuir. Gli stessi, non essendo tenuti agli obblighi di redazione del bilancio previsti per i soggetti in contabilità ordinaria, non possono accedere al regime in esame, data l'impossibilità di riscontrare la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge e, in particolare, quello della classificazione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie (si veda anche la Circ. Agenzia delle Entrate del 19 dicembre 1997, n. 320/E).

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Ambito oggettivo L'art. 87, comma 1, prevede che "non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell'art. 86, commi 1, 2 e 3 relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nell'art. 5, escluse le società semplici e gli enti alle stesse equiparate, e nell'art. 73, comprese quelle non rappresentate da titoli ...". Il campo di applicazione dell'esenzione si estende, oltre che alle plusvalenze relative alle azioni o quote di partecipazione, anche a quelle realizzate con riferimento: - agli strumenti finanziari similari alle azioni, definiti dall'art. 44 del nuovo Tuir; - ai contratti di associazione in partecipazione con apporto di solo capitale o misto.

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… (segue)

Il comma 3 dell'art. 87 in esame, infatti, precisa che "l'esenzione di cui al comma 1 si applica, alle stesse condizioni ivi previste, alle plusvalenze realizzate ai sensi dell'art. 86, commi 1 e 2, relativamente agli strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'art. 44 ed ai contratti di cui all'art. 109, comma 9, lettera b)".

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… (segue)

A differenza delle plusvalenze su azioni o quote di partecipazioni, le quali rilevano per l'esenzione quando siano realizzate mediante: - cessione a titolo oneroso [art. 86, comma 1, lettera a)] - assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa [art. 86, comma 1, lettera c)],

le plusvalenze relative alla cessione di strumenti finanziari similari alle azioni (ai sensi dell'art. 44) ed ai contratti [di cui all'art. 109, comma 9, lettera b)], sono esenti solo se realizzate mediante cessione a titolo oneroso, dal momento che nel citato comma 3 dell'art. 87 manca un esplicito rinvio al comma 3 dell'art. 86, che illustra le modalità di calcolo della plusvalenza nell'ipotesi di realizzo mediante assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.

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Requisiti di applicazione

L'art. 87, al comma 1, lettere da a) a d), definisce i quattro requisiti che debbono sussistere affinché la plusvalenza possa fruire del regime di participation exemption. In particolare, si richiede: "a) ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente; b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;

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C) residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'art. 167, comma 4, o, alternativamente, l'avvenuta dimostrazione, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso art. 167, che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al predetto decreto ministeriale;

d) esercizio da parte della società partecipata di un'impresa commerciale secondo la definizione di cui all'art. 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell'esercizio d'impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l'attività agricola".

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Periodo minimo di possesso.

L'art. 87, comma 1, lettera a), richiede che in capo al cedente si verifichi l'"ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente".

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La norma riportata postula che: 1) il possesso ininterrotto interessi i dodici mesi completi che precedono quello in cui la partecipazione è stata ceduta (si veda ris. Ag. delle entrate del 13 luglio 2009, n. 184/E). Pertanto: - si qualificherà per l'esenzione la plusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione effettuata nel mese di aprile dell'anno n, se la stessa era posseduta almeno dal 1° aprile dell'anno n-1; - non si qualificherà per l'esenzione la plusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione effettuata nel mese di aprile dell'anno n, se la stessa era posseduta solo dal 2 aprile dell'anno n-1. In tal caso infatti per godere della esenzione la cessione deve avvenire a partire dal 1° maggio dell'anno n. 2) nel caso di cessione di una partecipazione acquisita in date differenti, occorre utilizzare il criterio LIFO per individuare quale partecipazione sia stata ceduta per prima, considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente.

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Da ciò deriva che, al momento della cessione di una partecipazione acquisita in più tranche, occorrerà verificare se la plusvalenza realizzata si qualifichi in tutto o in parte per il regime di esenzione.

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Iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie

L'art. 87, comma 1, lettera b), richiede che la partecipazione risulti classificata "nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso".

In base a tale disposizione le partecipazioni acquistate, ad esempio, nel mese di ottobre dell'anno n si qualificano per l'esenzione se risultano iscritte nel bilancio d'esercizio chiuso al 31 dicembre dello stesso anno n, e più precisamente alla voce B, raggruppamento III, n. 1, del relativo Stato Patrimoniale.

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Seguendo le indicazioni fornite dalla citata circolare dell’Ag. delle entrate del 19 dicembre 1997, n. 320/E, si ritiene che per i soggetti che redigono il bilancio ai sensi del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, in mancanza di una specifica voce di Stato Patrimoniale che indichi l'iscrizione delle partecipazioni tra le Immobilizzazioni o tra il Circolante, la classificazione deve essere desunta dalla nota integrativa. In conformità a tale principio anche per le imprese di assicurazione che redigono il bilancio ai sensi del D.Lgs. n. 173 del 1997, la classificazione va desunta dalla nota integrativa.

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Con riferimento, invece, ai soggetti che redigono il bilancio secondo schemi diversi da quelli previsti dall'art. 2424 e ss del codice civile, dal D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, e dal D.Lgs. n. 173 del 1997, la condizione dell'iscrizione nelle immobilizzazioni finanziarie si ritiene soddisfatta nel caso in cui le partecipazioni risultino come tali nei bilanci ovvero da altri elementi certi e precisi della contabilità.

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L'iscrizione tra le immobilizzazioni nel primo esercizio rende pertanto irrilevanti eventuali riclassificazioni del titolo nell'attivo circolante operate in esercizi successivi, con la conseguenza che la cessione di una partecipazione iscritta in origine tra le immobilizzazioni darà sempre luogo (ricorrendone le altre condizioni) ad una plusvalenza esente o ad una minusvalenza non deducibile.

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Residenza fiscale

L'art. 87, al comma 1, lettera c), del nuovo Tuir, subordina la possibilità di accedere al regime della participation exemption alla circostanza che la società partecipata abbia fissato la residenza fiscale "in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'art. 167, comma 4", salva la "dimostrazione, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso art. 167, che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al predetto decreto ministeriale".

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Il successivo comma 2 del medesimo art. 87 del Tuir richiede che il requisito della residenza in un Paese non a fiscalità privilegiata previsto dalla lettera c) [unitamente a quello di cui alla lettera d), concernente l'esercizio d'impresa commerciale], debba sussistere "ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall'inizio del terzo periodo d'imposta anteriore al realizzo stesso".

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Si tratta di una disposizione a carattere antielusivo che rende irrilevanti i trasferimenti della residenza fiscale (o l'inizio di attività di natura commerciale) in prossimità della cessione delle partecipazioni, al fine di conseguire plusvalenze esenti su cessioni di partecipazioni altrimenti prive dei requisiti previsti.

Considerata la specifica funzione antielusiva della norma in esame, si ritiene che il possesso ininterrotto del requisito della residenza, nel caso in cui la società partecipata sia costituita da meno di tre anni, debba riferirsi al minor periodo intercorso tra l'atto costitutivo e la cessione della partecipazione.

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Il requisito in esame - fatta eccezione per le holding - deve essere verificato in capo alla società partecipata.

È irrilevante, a tal fine, che la partecipazione sia stata posseduta, nel periodo "triennale" di riferimento, dallo stesso soggetto che consegue la plusvalenza ovvero dal suo dante causa, così come ininfluente è la modalità di acquisizione della partecipazione (acquisto, conferimento o altre operazioni di riorganizzazione aziendale).

Il regime della participation exemption è applicabile nonostante la partecipata risieda in un paese a fiscalità privilegiata, qualora la partecipante ottenga dall'Agenzia delle entrate un "interpello positivo".

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L'interpello previsto dalla disposizione contenuta nella citata lettera c) del comma 1, tende a verificare che, almeno dall'inizio del terzo periodo d'imposta precedente quello della cessione, dalle partecipazioni non sia conseguito "l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati" e, per ciò stesso, inseriti nella cosiddetta black list approvata con decreto ministeriale 21 novembre 2001, come modificato dal decreto ministeriale 27 dicembre 2002. In particolare, come previsto dall'art. 5, comma 3, del D.M. 21 novembre 2001, n. 429, recante disposizioni di attuazione dell'art. 127-bis (ora art. 167 del nuovo Tuir), il contribuente deve dimostrare che i redditi conseguiti dalla società partecipata sono stati prodotti in misura non inferiore al 75 per cento in Stati o territori diversi da quelli indicati nella black list, ed ivi sottoposti integralmente a tassazione ordinaria.

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L'istanza di interpello può essere presentata da chiunque detenga una partecipazione potenzialmente qualificabile per l'esenzione, indipendentemente dalla esistenza di un rapporto di controllo o collegamento e, quindi, prescindendo dalla sussistenza dei presupposti per attivare l'interpello volto alla disapplicazione del disposto di cui agli artt. 167 e 168 del nuovo Tuir.

La circolare n. 26/E del 2004 ha chiarito che il contribuente può presentare analoga istanza di interpello, ai sensi dell'art. 89, comma 3, del nuovo Tuir, per dimostrare, sin dall'inizio del periodo di possesso della partecipazione, la localizzazione del reddito della partecipata in un Paese diverso da quelli a fiscalità privilegiata. Ciò al fine di poter escludere dal reddito imponibile il 95 per cento degli utili societari distribuiti da soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata. La dimostrazione utile ai fini della participation exemption è fornita anche dall'esito positivo del richiamato interpello presentato ai sensi del richiamato art. 89, comma 3, del nuovo Tuir, i cui effetti si riflettono anche sui successivi periodi d'imposta, per i quali continuino a sussistere le stesse condizioni che hanno informato la decisione dell'Amministrazione finanziaria.

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Esercizio di impresa commerciale Il requisito previsto dalla lettera d) dell'art. 87 consiste nell'esercizio "da parte della società partecipata di un'impresa commerciale secondo la definizione di cui all'art. 55 (cfr. ris. Ag. delle entrate, del 18 agosto 2009, 226/E; ris. Ag. delle entrate del 9 novembre 2007, n. 323/E). Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa.

Si considerano direttamente utilizzati nell'esercizio d'impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l'attività agricola". L'impresa commerciale, al cui esercizio è subordinata l'applicazione della participation exemption, è individuata sulla base dei criteri di cui all'art. 55 del nuovo Tuir, con la conseguenza che nel contesto delle disposizioni recate dall'art. 87 in esame essa coincide con le attività che danno luogo a reddito di impresa e, quindi, rileva secondo una definizione più ampia rispetto a quella civilistica.

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Il concetto di impresa commerciale "secondo la definizione di cui all'art. 55" ricomprende non solo le attività indicate nell'art. 2195 del codice civile, ma anche le attività di cui al successivo comma 2 del medesimo art. 55, che - come è noto - reca una elencazione aggiuntiva di fattispecie di reddito d'impresa, più che una definizione di impresa commerciale. Realizzano, pertanto, l'esercizio di impresa commerciale, tra l'altro, le seguenti attività: - prestazioni di servizi non previste nell'art. 2195 del codice civile se organizzate in forma d'impresa; - sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne; - esercizio delle attività agricole ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività d'impresa.

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Il comma 2 dell'art. 87 prevede che "i requisiti di cui al comma 1, lettere c) e d) devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall'inizio del terzo periodo d'imposta anteriore al realizzo stesso". Tale disposizione, come è stato precisato, risponde allo scopo di impedire che attraverso il cambiamento, in prossimità della cessione della partecipazione, della residenza in un paese a fiscalità non privilegiata [lettera c)] ovvero del tipo di attività svolta dalla società partecipata (da non commerciale a commerciale) [lettera d)], si possano artificiosamente far valere i presupposti della participation exemption.

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Considerata la specifica funzione antielusiva della norma in esame, si ritiene che, al pari del requisito della residenza contenuto nella lettera c), anche il possesso ininterrotto del requisito della commercialità, nel caso in cui la società partecipata sia costituita da meno di tre anni, debba riferirsi al minor periodo intercorso tra l'atto costitutivo e la cessione della partecipazione.

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La lettera d) del comma 1 dell'art. 87 contiene una disposizione antielusiva in base alla quale il requisito della commercialità, per presunzione assoluta, non ricorre qualora il valore del patrimonio della società partecipata sia prevalentemente costituito da beni immobili. Dal novero degli immobili a tal fine rilevanti sono esclusi: - gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, nonché - gli impianti e i fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa.

I fabbricati concessi in locazione o godimento, anche attraverso contratti di affitto d'azienda, non si considerano utilizzati direttamente nell'esercizio dell'impresa.

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Ai sensi dell'ultimo periodo della lettera d), si considerano direttamente utilizzati nell'esercizio d'impresa e, pertanto, sono esclusi dal calcolo della prevalenza: - i beni immobili concessi in locazione finanziaria; - i terreni su cui la società partecipata svolge l'attività agricola.

La definizione di attività agricola è desumibile dall'art. 2135 del codice civile, come sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. n. 228 del 2001.

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Nella Relazione ministeriale di accompagnamento al decreto è stato precisato che l'entità del patrimonio rilevante ai fini della verifica di prevalenza degli immobili, deve essere assunta a valori correnti e non a valori contabili; pertanto "il confronto da effettuare è tra valore degli immobili in parola e valore dell'intero patrimonio sociale, considerando anche gli avviamenti positivi e negativi anche se non iscritti". Occorre, pertanto, mettere a confronto: - il valore corrente degli immobili (diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, nonché dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa), con - il totale dell'attivo patrimoniale, anch'esso a valori correnti.

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Entrambi i termini del rapporto vanno assunti al netto di eventuali elementi che possano incidere sia negativamente sia positivamente sulla relativa valutazione, come ad esempio l'iscrizione di ipoteca su un immobile ovvero l'inclusione di un terreno agricolo nel piano di fabbricazione.

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Con riferimento al requisito in esame, il comma 4 dell'art. 87 del Tuir, introduce una presunzione assoluta di commercialità per le società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati, a prescindere dalla circostanza che esse esercitino o meno un'impresa commerciale

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Per "titoli negoziati in mercati regolamentati" si devono intendere i titoli azionari. La norma richiede la quotazione della società, non essendo sufficiente la sola quotazione di titoli diversi da quelli azionari emessi da società non quotate come, ad esempio, quelli obbligazionari.

In definitiva, la disposizione contenuta nel comma 4 dell'art. 87, prevede che il requisito di cui alla lettera d) non rilevi per le plusvalenze realizzate in relazione alla cessione di partecipazioni in società i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati.

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Società holding

Il comma 5 dell'art. 87 prevede che "per le partecipazioni in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell'assunzione di partecipazioni, i requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1 si riferiscono alle società indirettamente partecipate e si verificano quando tali requisiti sussistono nei confronti delle partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante".

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La norma riguarda la cessione di partecipazioni nelle cosiddette holding, intendendo per tali le società che hanno per oggetto esclusivo o prevalente della propria attività l'assunzione di partecipazioni. Per valutare l'attività prevalente occorre mettere a confronto, anche in questo caso, il valore corrente delle partecipazioni con quello dell'intero patrimonio sociale, considerando anche gli avviamenti positivi e negativi anche se non iscritti.

Al fine di qualificare per l'esenzione una partecipazione in una holding, i requisiti di cui alle lettere c) e d) (residenza in Paesi o territori diversi da quelli compresi nella black list ed esercizio di un'impresa commerciale) devono sussistere non in capo alla stessa holding, bensì in capo alle società da questa direttamente o indirettamente partecipate e alle relative stabili organizzazioni.

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Recesso, riscatto, riduzione del capitale, liquidazione tra utili e plusvalenze patrimoniali.

La norma recata dall'art. 87, comma 7, del Tuir si occupa del trattamento delle somme o del valore normale dei beni attribuiti ai soci in occasione dei seguenti eventi elencati nell'art. 47, comma 7, Tuir: - recesso del socio; - esclusione del socio; - riscatto delle azioni o quote; - riduzione del capitale per esuberanza dello stesso; - liquidazione anche concorsuale della società o dell'ente.

In ciascuno degli eventi sopra elencati le somme corrisposte ai soci possono essere attinte dalle riserve di capitale di cui all'art. 47, comma 5, del Tuir ovvero da altre riserve o fondi. Considerato che le somme in parola scontano un regime tributario differenziato in ragione sia della loro natura sia del soggetto che le percepisce si rende opportuno esaminare partitamene le diverse fattispecie che possono astrattamente configurarsi.

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Soggetti Ires

Se il percettore è un soggetto Ires, la differenza (positiva) tra le somme distribuite a titolo di ripartizione delle riserve di capitale di cui all'art. 47, comma 5, del Tuir e il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione è assoggettata al regime proprio delle plusvalenze. Tale eccedenza si qualificherà, pertanto, per l'esenzione in presenza dei requisiti previsti dall'art. 87 del Tuir.

Nel caso in cui il percettore possieda partecipazioni che non si qualificano per l'esenzione, la differenza positiva tra somme ricevute a titolo di ripartizione di riserve di capitali e costo fiscalmente riconosciuto concorre, quale plusvalenza, alla formazione del reddito imponibile per l'intero ammontare ai sensi dell'art. 86 del Tuir.

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In modo corrispondente, se la predetta differenza è negativa la stessa risulterà: - indeducibile, se le partecipazioni si qualificano per la participation exemption; - deducibile, se le partecipazioni non si qualificano per l'esenzione.

Nell'eventualità che le somme o i beni in argomento siano attribuiti ai soci a titolo diverso dalla ripartizione di riserve di capitale, essi rilevano come dividendi e pertanto saranno assoggettati al regime di parziale esclusione ai sensi dell'art. 89 del Tuir, a nulla rilevando che le partecipazioni si qualifichino o meno per l'esenzione.

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Soggetti Irpef imprenditori Regime analogo a quello previsto per i soggetti Ires è applicabile alle somme attribuite ai soggetti Irpef in occasione degli eventi prima richiamati qualora essi detengano partecipazioni in regime d'impresa.

Infatti, per effetto del rinvio operato dall'art. 58, comma 2, anche ai predetti soggetti si applica la disposizione contenuta nell'art. 87, comma 7. In presenza dei requisiti previsti dalla norma la plusvalenza sarà, quindi, tassata in capo al soggetto Irpef nei limiti del 49,72 per cento del relativo ammontare.

Le somme ricevute a seguito di distribuzione di riserve diverse da quelle di capitali, per effetto del rinvio operato dall'art. 59 all'art. 47, si considerano, invece, utili e concorreranno alla formazione del reddito per il 49,72 per cento del loro ammontare.

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Soggetti Irpef non imprenditori

Come chiarito nella circolare n. 26/E del 16 giugno 2004, l'intera somma ricevuta in occasione del recesso e degli altri eventi prima richiamati dalle persone fisiche che non detengono la partecipazione in regime d'impresa, si qualifica come utile ai sensi dell'art. 47, comma 7, del nuovo Tuir.