1 Consiglio dellOrdine degli Avvocati di Roma Scuola Forense V.E. Orlando Parere di diritto penale....

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1 Avvocati di Roma Scuola Forense V.E. Orlando Parere di diritto penale. 5.11.2012 Avv. Antonio Mazzone Avv. Luigi Panella Commissario della Polizia di Stato Noemi Riccio Avv. Margherita Saccà

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Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma

Scuola Forense V.E. OrlandoParere di diritto penale. 5.11.2012

Avv. Antonio MazzoneAvv. Luigi Panella

Commissario della Polizia di Stato Noemi Riccio

Avv. Margherita Saccà

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Parere

 

I Presidenti dei Consigli di Amministrazione di importanti gruppi bancari italiani, nell’anno 2009, venivano iscritti nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Alfa in relazione ad alcune operazione di credito.

In particolare, la pubblica accusa riteneva che il tasso soglia praticato nelle operazioni di credito intervenute con alcune imprese locali dai funzionari bancari preposti allo specifico settore dei finanziamenti dovesse considerarsi usurario.

Nella valutazione circa l’eventuale superamento del tasso soglia, la pubblica accusa riteneva doversi tenere in considerazione, anche la c.d. commissione di massimo scoperto, ulteriore onere generalmente praticato dalle banche in occasione della stipulazione di un contratto di credito.

Successivamente, con il D.L. n. 70 del 2011, convertito in legge n. 106 del 2011, era stata prevista una modifica migliorativa per le aperture di credito in conto corrente, sotto forma di aumento dei limiti oltre i quali i tassi d’interesse sono sempre usurari.

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Pertanto, gli stessi si rivolgevano ad un legale di fiducia per conoscere se, a seguito dell’emanazione della normativa che ha rideterminato la soglia del tasso d’interesse superata la quale si realizza il delitto di usura, si sarebbe prodotta una abolitio criminis parziale con riferimento a quei casi, assimilabili a quello di specie, in cui la remunerazione per il credito non oltrepassava i nuovi limiti stabiliti dalla legge.

Il candidato, assunte le vesti del difensore dei Presidenti dei Consigli di Amministrazione delle Banche, rediga parere motivato in ordine alla ascrivibilità in capo agli stessi del delitto di usura per mancato esercizio dell’attività di controllo rispetto ai funzionari addetti al settore del credito.

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DELITTO DI USURA BANCARIA

(art. 644 c.p.)

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“Chiunque, fuori dai casi previsti dall’art.643 c.p., si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con...”

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“Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o di altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario”.

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Il comma 3 dell’art. 644 puntualizza che:

“La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.”

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“Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete

modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di

denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizione di difficoltà economica

o finanziaria”.

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“Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.

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ORIGINE DEL TERMINE

“USURA”

Risale al periodo in cui cominciò a

diffondersi la necessità della corresponsione di

un pagamento a fronte dell’ USO del denaro.

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Il Cristianesimo stigmatizzò l’usura accentuando il disvalore del pagamento degli interessi a fronte del prestito di una somma di denaro.

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Il codice Zanardelli del 1889 non prevedeva l’usura quale reato;la concezione eticizzante dello Stato fascista portò all’introduzione di tale fattispecie nel codice Rocco.

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Testo precedente alla riforma introdotta dalla legge del 1996 n. 108.

“Chiunque, approfittando dello stato di bisogno di una persona, si fa da questa dare o promettere sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, interessi o altri vantaggi usurari”.

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Il precedente testo, inoltre, prevedeva:

“Chiunque, fuori dai casi di concorso nel delitto preveduto nella disposizione precedente, procura ad una persona in stato di bisogno una somma di denaro o altra cosa mobile, facendo dare o promettere a sé o ad altri , per la mediazione un compenso usuraio”.

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Tale disposizione al contrario di quella attualmente in vigore:non definiva la nozione di interesse usurario.

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Spostava sull’interprete il compito di individuare l’ambito applicativo della norma;ulteriori difficoltà sorgevano anche per la difficile interpretazione dei concetti normativi di “stato di bisogno” e “approfittamento”

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Per “stato di bisogno” si intendeva quella situazione di necessità o disagio conseguente alla mancanza dei mezzi per soddisfare le esigenze primarie non rientrandovi quelle economiche ed aziendali.

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Introduzione dell’art. 644 bis c.p.dalla legge del 1992 (art. abrogato dalla legge n. 108 del 1996).“Chiunque fuori dai casi previsti dall’art. 644, approfittando delle condizioni di difficoltà economica e finanziaria di persona che svolge una attività imprenditoriale o professionale, si fa dare o promettere sotto qualsiasi forma per sé o per altri in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile interessi o altri vantaggi usurari è punito con …”

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Elemento oggettivo del delitto di usura:

“Chiunque fuori dai casi previsti dall’art. 643c.p….”

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La norma rinvia al delitto di circonvenzione di incapace che si configura qualora:taluno, “per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o dell’inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito..”.

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Elemento oggettivo

“Chiunque … si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri,

in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità interessi o

vantaggi usurari …”

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INTERESSI:Si tratta dei frutti civili derivanti dal denaro. In specie, essi rappresentano il costo del denaro poiché integrano il corrispettivo per il suo godimento.ALTRI VANTAGGI:Si identificano con qualsiasi prestazione diversa dal denaro, economicamente valutabile.

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Il vantaggio può anche non avere carattere patrimoniale, ma deve essere economicamente valutabile altrimenti non sarebbe rapportabile ad una controprestazione.

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NATURA GIURIDICA

REATO COMUNE: la norma non richiede una particolare qualifica soggettiva in capo all’agente;

DI PERICOLO a c.d. consumazione anticipata;

DI MERA CONDOTTA poiché non si richiede per il suo perfezionamento il verificarsi di un evento in senso naturalistico.

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Configurabilità del TENTATIVO

nel delitto di usura

DIBATTITO:

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1. TESI SFAVOREVOLERitiene non configurabile il tentativo del delitto di usura, poiché si tratta di un delitto a consumazione anticipata ed in quanto tale incompatibile con l’istituto giuridico del tentativo atteso, altrimenti opinando, l’eccessivo arretramento della soglia di rilevanza penale della fattispecie così strutturata.

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2. TESI FAVOREVOLE

Ritiene configurabile il tentativo del delitto di usura qualora alla richiesta di interessi o vantaggi usurari non segua l’accettazione del soggetto passivo.

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MOMENTO CONSUMATIVO DEL DELITTO DI USURA:

DIBATTITO

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1. TESI REATO A CONDOTTA FRAZIONATA (Cass. n. 41045 del 2005),Si valorizza l’art. 644 ter a tenore del quale “la prescrizione decorre dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale”. Si ritiene si tratti di una norma applicativa di quella di cui all’art. 158 c.p. secondo la quale la prescrizione decorre dalla consumazione.Pertanto, l’ultima riscossione segna il momento consumativo del delitto ed il termine di decorrenza della prescrizione.

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2. TESI PREVALENTE DELITTO ISTANTANEO CON EFFETTI PERMANENTI.“L’usura è un delitto istantaneo che si consuma nel momento in cui l’agente si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari, con effetti permanenti se questi vengono corrisposti in proseguo di tempo in esecuzione della iniziale promessa”. (Cass. sentenza del 1991, n. 3672).

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OGGETTO GIURIDICO INVIOLABILITA’ DEL

PATRIMONIO;

LIBERTA’ DI DETERMINAZIONE NEGOZIALE DELL’INDIVIDUO;

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In particolare, con la fattispecie dell’ USURA BANCARIA il legislatore avrebbe inteso tutelare:

L’ORDINE ECONOMICO ,poiché attraverso l’introduzione del tasso limite il legislatore avrebbe voluto controllare il corretto esercizio del credito quale strumento dell’economia nazionale.

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Le tre forme di usura previste dall’art. 644 c.p.:

USURA PRESUNTA;USURA CONCRETA;MEDIAZIONE USURARIA.

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Prima forma di USURA c.d. “PRESUNTA”

Si configura qualora gli interessi dati o promessi superino il limite massimo fissato dallo Stato.

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Il superamento oggettivo di una certa soglia determina la

rilevanza penale del fatto

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Ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario “si tiene conto delle commissioni, remunerazioni, a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse collegate all’erogazione del credito”.

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Determinazione del limite di usurarietà degli interessi:art. 2 e 3 della legge 7 marzo 1996 n. 108, come modificati dal d.l. 13 maggio del 2011 n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011 n. 106.

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“Il Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano dei Cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio Italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli artt. 106 e 107 del d.lgs. 1993 n. 385, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura…”

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“Il limite previsto dal terzo comma dell’art. 644 c. p., oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma primo relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali”.

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Natura giuridica della norma che prevede la fattispecie

dell’usura presunta:

Norma penale in bianco

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Le norme penali in bianco sono anche dette norme dal precetto incompleto o indeterminato in relazione al quale rinviano ad altra fonte.

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Problema di compatibilità con la riserva di legge in materia penaleposta a livello costituzionale dall’art. 25 Cost. nella parte in cui l’art. 644 rinvia ad altra fonte subordinata, vale a dire il decreto ministeriale, per determinare un elemento fondamentale della fattispecie criminosa.

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Al riguardo, la Cassazione (sentenza del 2003 n. 20148) ha giudicato la questione di legittimità costituzionale infondata in quanto ha optato per la teoria ormai prevalente in dottrina secondo la quale il principio della riserva di legge, in materia penale, non è da intendersi in senso assoluto ma solo “tendenzialmente assoluto” .

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Il principio, in tal caso, è sicuramente rispettato posto che è lo stesso legislatore ad indicare il procedimento per la determinazione dei tassi soglia affidando al Ministero il compito di monitorare, secondo criteri e dati tecnici l’andamento dei tassi finanziari; nulla viene rimandato a scelte di opportunità e valutazioni non fondate su criteri tecnici.La fonte non legislativa ha dunque natura di atto meramente ricognitivo

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Critiche da parte della Dottrina più attenta

Si sostiene, infatti, che la rilevazione trimestrale del Tasso Effettivo globale medio non è assistita da alcuna garanzia perché non è operata dal Ministero competente ma si basa su una raccolta di dati da parte di operatori non terzi come le banche e gli intermediari finanziari; inoltre si sostiene l’adozione di criteri di calcolo diversi comporta soluzioni diverse cioè soglie differenti. Ne consegue che le classificazioni delle operazioni sono demandate alla scelta discrezionale dell’autorità amministrativa.

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La descrizione formale e astratta dei requisiti strutturali dell’usura presunta, data la complessità tecnica della materia e la necessità di continui aggiornamenti viene di fatto rimessa alle istruzioni operative della Banca d’Italia ed all’interprete la definizione in concreto della loro portata applicativa.

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USURA IN CONCRETO(art. 644, comma 3, c.p.)

Si configura nel caso in cui gli interessi, i vantaggi o i compensi, pur inferiori ai limiti di legge, risultino per le concrete modalità del fatto o in considerazione del tasso medio praticato per operazioni similari, comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità. Deve, inoltre, considerarsi la condizione di difficoltà economica e finanziaria in cui deve trovarsi il soggetto che ha dato o promesso gli interessi.

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RATIO LEGISIntende evitare che attraverso la previsione della

corresponsione di interessi di poco inferiori al limite legale si possa sostanzialmente eludere la norma.

In tal modo, potranno essere sanzionate anche quelle forme di usura che sfuggirebbero dall’ambito di

applicazione del delitto di usura presunta pur essendo meritevoli di sanzione penale atteso lo sfruttamento da

parte dell’agente della situazione di difficoltà della vittima e quindi di minore resistenza della stessa.

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Ipotesi sussidiaria rispetto alla fattispecie principale dell’ usura presunta.Si pone in linea di continuità rispetto al delitto di usura ante riforma ex lege del 1996 n. 108 poiché ricalca i criteri già previsti delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria della vittima e della sproporzione tra le prestazioni dedotte in contratto. Elimina l’elemento che dava adito a maggiori dubbi ermeneutici : lo sfruttamento dello stato di bisogno.

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MEDIAZIONE USURARIA(art. 644,comma 2, e 3 c.p.)

“Chi … Fuori dai casi di concorso nel delitto previsto dal primo comma… procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione un compenso usurario”.

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•Il legislatore sanzione la mediazione usuraria sia con riferimento all’usura presunta, sia con riferimento all’usura in concreto.Si tratta di un’autonoma fattispecie criminosa caratterizzata dal fatto che il soggetto attivo è persona diversa da quella che effettua la sovvenzione che in ipotesi può essere anche perfettamente lecita.

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L’eventuale concorso del mediatore nel delitto di usura presunta o concreta rileverà ai fini della configurabilità della fattispecie del concorso di persone neldelitto di usura.Questa fattispecie assorbe quella della mediazione usuraria.

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Ai fini della punibilità non si richiede che l’intermediazione sia svolta da un soggetto professionale, l’attività potendo rivestire anche carattere del tutto occasionale.

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USURA BANCARIAUSURA BANCARIA

Elemento soggettivo. Effettività della colpevolezza e non mera responsabilità da posizione.

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Individuazione delle competenze degli organi apicali e atti in base ai quali si determinano le funzioni degli stessi.

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Responsabilità per condotte attive e responsabilità per condotte omissive.In relazione alle condotte omissive, individuazione della posizione di garanzia.

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Condizioni di efficacia della delega e, in particolare, condizioni che consentano di attribuire capacità esonerante all’eventuale delega di funzioni.

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Oggetto e forme di Oggetto e forme di manifestazione del dolo manifestazione del dolo

del delitto di usuradel delitto di usura

Dolo di condotta attiva e dolo di condotta omissiva

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Configurabilità del

DOLO EVENTUALE

ante e post riforma ex legge

n. 108/96

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Condizione di rilevanza dell’errore

ex art. 5 in base alla sentenza della

Corte Costituzionale n. 364/88

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Errore scusabile ed errore

inescusabile elementi utili per

valutare la scusabilità o inescusabilità

dell’errore.

Tema dell’AGENTE

QUALIFICATO

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SENTENZA CORTE DI CASSAZIONE

PENALE SEZ. II(23 novembre 2011, n. 46669).

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PREMESSA

Successioni di leggi penali (art.2 c.p.)

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne

cessano l'esecuzione e gli effetti penali.Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede

esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai

sensi dell'articolo 135. (1)Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori

sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza

irrevocabile.

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Successione mediata di leggi penali

Individua quel fenomeno successorio in cui a mutare non sono le disposizioni incriminatrici, bensì disposizioni esterne ad

esse e al contempo da queste richiamate a qualificare un elemento normativo della fattispecie.

In questa evenienza, la modifica che interessa direttamente la norma extrapenale comporta, in via indiretta o mediata, la

modifica della stessa disposizione incriminatrice.Il problema che si pone è quello di verificare se tale vicenda

successoria possa essere assoggettata alla più benevola disciplina di cui all’art. 2 c.p., oppure se debba applicarsi la regola generale posta dall’art. 11 disp. Prel. c.c., in tema di

efficacia nel tempo della legge.

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DIVERSE TESI1. TESI. Art. 25, Co. 2, Costituzione e Artt. 1 e 2 c.p.

fanno riferimento a un «fatto» previsto dalla legge come reato.

Diritto penale del «fatto»

Nelle norme penali in bianco, la violazione della norma extrapenale contribuisce a determinare il «fatto» previsto

dalla legge come reato.

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La modifica della norma extrapenale incide quindsi direttamente sul «fatto» previsto dalla legge come reato.

Un «fatto» prima illecito diventa lecito, ovvero viene disciplinato dalla legge penale in modo diverso, più o meno favorevole al reo.

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Secondo questa prima tesi, deve ritenersi applicabile l’art. 2 c.p. sulla base del concetto di “medesimezza del fatto criminoso” accolto dal legislatore.

Il concetto di «fatto» rilevante è quello di accadimento storicamente determinato in tutti gli aspetti rilevanti ai fini dell’applicazione della disposizione incriminatrice, ivi compresi gli aspetti disciplinati da norme extrapenali.

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A sostegno di queste considerazioni, si evidenzia che se la variazione della norma extrapenale si rifletta in una nuova incriminazione nessuno dubita dell’operatività dell’art’art. 2 c.p. precludendo l’applicazione retroattiva della nuova disposizione incriminatrice.

Conseguentemente, alla stregua di tale lettura, la variazione di una norma extrapenale che si risolva in un’abolitio criminis ben può essere attratta alla disciplina dell’art. 2, comma 2, c.p., identica essendo la nozione di «fatto» accolta da quest’ultima norma

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2. TESI Si critica la tesi precedente poiché comporta un’indiscriminata estensione a tutte le norme extrapenali richiamate dalle norme incriminatrici dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 2

c.p., senza apprezzare il permanere o meno del giudizio di disvalore.

Tale disciplina può applicarsi solo nel caso in cui la variazione legislativa abbia avuto un’incidenza sul giudizio di disvalore

espresso dal legislatore penale.

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Tale tesi, tuttavia, introduce elementi di incertezza, legati a giudizi di valore sull’incidenza della modifica normativa sul

disvalore penale astratto.

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3. TESI

Sottolinea come le norme extrapenali di regola non apportino alcun elemento aggiuntivo al nucleo di

disvalore espresso dalla fattispecie incriminatrice. Al contrario, tali norme incidono solo sui dati di fatto

presupposti per l’applicazione della fattispecie penale incriminatrice.

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Di conseguenza, la variazione legislativa che interessi tali disposizioni potrà interessare solo l’applicabilità o meno della norma incriminatrice ad una determinata situazione

concreta, in atto in quel momento;

viceversa, non incidendo sulla fattispecie legale astratta, tale variazione non potrà essere sussunta nell’alveo di

applicabilità dell’art. 2 c.p.

Tale tesi è quella oggi sostanzialmente accolta dalla giurisprudenza.

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Secondo la giurisprudenza prevalente, la regola è quella della non applicabilità

della disciplina dell’art. 2 c.p. alle modifiche relative a norme extrapenali, con due eccezioni:

Quando le norme extrapenali siano integratrici del precetto e formino un corpo unico con la norma penale

(si pensi alla violazione di legge, elemento costitutivo di fattispecie dell’abuso d’ufficio ex art. 323 c.p.)

Quando la retroattività della modifica della norma extrapenale sia espressamente prevista (ad esempio, con

normativa transitoria).

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Una riflessione critica sull’orientamento prevalente della giurisprudenza

E’ vero che l’art. 25, co. 2 Costituzione, vieta solo la retroattività della norma penale incriminatrice e non

l’ultrattività di una norma penale in bianco, che continua ad applicarsi ai fatti commessi durante la sua

vigenza, nonostante la modifica della norma extrapenale.

Tuttavia, il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Costituzione impone di non discriminare condotte

omogenee sul mero presupposto del tempo in cui sono attuate.

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In sostanza, secondo la giurisprudenza, un «fatto» che non costituisce più reato, in esito alla modifica di una

norma extrapenale, sia invece ancora da ritenere illecito penale con riferimento alle condotte poste in essere

durante la vigenza della precedente disciplina.

La compatibilità di tale conclusione con l’art. 3 della Costituzione andrebbe probabilmente approfondita.

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Corte di Cassazione 23.11.2011

1. QUESTIONE

La sentenza, in prima battuta, affronta la tematica dell’applicabilità della nuova normativa introdotta con il D.L. del 13 maggio 2011 n. 70, poi, convertito in legge in data 7 luglio del 2011 n. 106, alle fattispecie di usura bancaria commesse prima dell’entrata in vigore della nuova normativa.

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In particolare, la Corte ha ritenuto fondamentale premettere che “L’istituto della successione delle legge penali riguarda la successione nel tempo delle norme incriminatrici tra le quali non rientrano le vicende successorie di norme extrapenali che non integrano la fattispecie incriminatrice né quelle di atti o fatti amministrativi che, pur influendo sulla punibilità o meno di determinate condotte, non implicano una modifica della disposizione sanzionatoria penale, che resta, pertanto, immutata e quindi in vigore”.

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Con riferimento alla norma di cui all’ art. 644 c. p., la Corte senza soluzione di continuità rispetto alla giurisprudenza e alla dottrina maggioritarie, ha ritenuto che:

“configura una norma penale in bianco il cui precetto è destinato ad essere completato da un elemento esterno, che completa la fattispecie incriminatrice giacché rinvia, al fine di adeguare gli obblighi di legge alla determinazione del tasso soglia, ad una fonte diversa da quella penale, con carattere di temporaneità, con la conseguenza che la punibilità della condotta non dipende dalla normativa vigente al momento in cui viene emessa la decisione, ma dal momento in cui avviene l’accertamento con esclusione dell’applicabilità del principio di retroattività della legge più favorevole.

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In altri termini, il fatto che costituisce usura deve essere valutato:

con riferimento al tasso soglia esistente quando lo stesso viene posto in essere;

alla normativa extrapenale all’epoca vigente, non rilevando le modifiche successive.

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La Corte si chiede, infatti, se alla luce dell’art. 2, comma 3, c.p. in caso di successione di norme extrapenali integratrici del precetto penale, debba trovare applicazione la normativa precedente o successiva al fine della punibilità della condotta realizzata sotto la vigenza della normativa preesistente e sul punto chiarisce che: “l’applicazione del principio di retroattività della legge penale più favorevole, sancito dall’art. 2 c. p., comma 3, presuppone una modifica in via generale della fattispecie incriminatrice, cioè di quelle norme che definiscono il reato nella sua struttura essenziale e circostanziata, comprese le norme extrapenali che la integrano…”

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Alla luce di quanto esposto la Corte ha ritenuto che “la modifica della normativa secondaria avvenuta con il D.L. n. 70 del 2011, poi convertito in legge, non trova applicazione retroattiva ex art. 2 c.p., comma 2, non modificandosi la norma incriminatrice, essendo il tasso soglia variabile anche con riferimento a valutazioni di carattere economico che hanno valore, ai fini della individuazione del tasso usurario, per l’arco temporale di applicazione della relativa normativa e non vengono meno a seguito della successiva modifica di tali limiti che hanno validità solo per il periodo successivo” .

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Preso atto, dunque, che la giurisprudenza di legittimità sul punto non segue un orientamento uniforme ritiene di “aderire all’orientamento che afferma l’inapplicabilità del principio previsto dall’art. 2,comma 3, c.p. in caso di successione nel tempo di norme extrapenali integratrici del precetto penale, che non incidano sulla struttura essenziale del reato, ma comportino esclusivamente una variazione del contenuto del precetto delineando la portata del comando.

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Il principio esposto dall’art. 2, comma 3, c.p. troverebbe applicazione solo nella diversa ipotesi in cui la nuova disciplina, anziché limitarsi a regolamentare diversamente i presupposti per l’applicazione della norma penale, modificando i criteri di individuazione del tasso soglia avesse esclusa l’illiceità oggettiva della condotta. Invece, la nuova disciplina non ha inteso sminuire il disvalore sociale della condotta posta in essere sotto la vigenza della normativa precedente, ma solo per il futuro i presupposti per l’applicazione della norma incriminatrice penale.

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I criteri di individuazione del tasso soglia precedenti alla modifica normativa sono riconducibili a una condotta penalmente sanzionata perché ritenuta comunque ricollegabile alla tutela del bene protetto dalla disciplina del reato di usura; la relativa normativa è caratterizzata dalla natura formale dei criteri di individuazione del tasso soglia, accentuando l’esigenza di valutare il disvalore con riferimento alle condotte relative alla determinazione del tasso soglia vigente al momento del fatto non trattandosi di una vera e propria abrogatio criminis.

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La successione di norme extrapenali determina esclusivamente una variazione del contenuto del precetto con decorrenza dalla emanazione del successivo provvedimento e, in tale ipotesi, non viene meno il disvalore penale del fatto anteriormente commesso.

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Alla luce di quanto esposto, la Corte ha quindi ritenuto che “la modifica della normativa secondaria avvenuta con il D.L. n. 70 del 2011, poi convertito in legge, non trova applicazione retroattiva ex art. 2 c.p., comma 2, non modificandosi la norma incriminatrice, essendo il tasso soglia variabile anche con riferimento a valutazioni di carattere economico che hanno valore, ai fini della individuazione del tasso usurario, per l’arco temporale di applicazione della relativa normativa e non vengono meno a seguito della successiva modifica di tali limiti che hanno validità solo per il periodo successivo” .

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La norma secondaria abrogata resta, infatti, vigente, per il periodo anteriore alla abrogazione, impedendo, per lo stesso periodo, l'applicazione della nuova normativa, in quanto sarebbe contrario al sistema considerare ampliato, ora per allora, il raggio di azione di quest'ultima norma, non differenziando la punizione dei fatti commessi sotto il vigore della legge abrogatrice da quelli commessi successivamente.

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La portata dell'intervento innovativo sulla determinazione dei criteri di individuazione del tasso soglia e la mancanza di norme transitorie, certamente non dovuta a disattenzione, denotano che si è voluto dare alla normativa (che ha introdotto un regime maggiormente favorevole agli istituti bancari in relazione al reato di usura) operatività con esclusivo riferimento a condotte poste in essere dopo la sua entrata in vigore, senza produrre effetti su preesistenti situazioni, regolate dalla normativa precedente”.

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Considerazione

Alla luce dell’orientamento della Suprema Corte:

Un «fatto» ormai lecito, a causa della modifica della legge extrapenale alla quale la norma penale in bianco fa riferimento, resta illecito penale per le condotte poste in essere durante la vigenza della precedente disciplina.

Resta aperta la questione del rispetto dell’art. 3 Costituzione e del principio di uguaglianza: non discriminare condotte omogenee sul mero presupposto del tempo.

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2. QUESTIONE

Un altro aspetto fondamentale trattato dalla sentenza della Suprema Corte in oggetto concerne la determinazione del tasso di interesse usurario ai sensi dell’art. 644, comma 4, c.p. con riferimento alla necessità di computare a tal fine la commissione di massimo scoperto.

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Natura giuridica della commissione di massimo scoperto.

Dal punto di vista tecnico bancario e secondo le istruzioni della Banca d’Italia la CMS costituisce il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto di conto.

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Al riguardo occorre prima puntualizzare alcuni aspetti.

In giurisprudenza, ormai da tempo, sussiste un acceso dibattito concernente la commissione di massimo scoperto.Diverse pronunce avevano disapplicato parzialmente i decreti ministeriali e le istruzioni della Banca d’Italia in essi recepite poiché, a dispetto del disposto normativo di cui all’art. 644 c.p., escludevano dal computo del tasso relativo ai rapporti di affidamento in conto corrente bancario la commissione di massimo scoperto.

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In realtà, si è evidenziato si tratterebbe di una somma ulteriore, da aggiungere all’interesse corrispettivo, rapportato alla somma messa a disposizione dell’affidato. Quindi si somma al pagamento degli interessi corrispettivi e concorre a formare il prezzo complessivo che il cliente della banca deve sostenere per sottoscrivere un contratto di apertura di credito regolato in conto corrente.

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Pertanto, l’ interpretazione operata dalla Banca d’Italia volta ad escludere la CMS dal tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura, così prevedendo una rilevazione separata per tale onere, è stata dalla giurisprudenza più volte considerata extra legem.

Anche la sentenza in questione chiamata a pronunciarsi su tale aspetto ha evidenziato che:

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anche la CMS deve essere tenuta in considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo rilevanti ai fini della determinazione del tasso usurario, tutti gli oneri che l'utente sopporta in relazione all'utilizzo del credito, indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca d'Italia (circolare della Banca d'Italia 30.9.1996 e successive) in cui si prevedeva che la CMS non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi, traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.

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Le circolari e le istruzioni della Banca d'Italia non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d'Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell'elemento oggettivo.

Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, neppure quale mezzo di interpretazione, trattandosi di questione nota nell'ambiente del commercio che non presenta in se particolari difficoltà, stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito.

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La materia penale è dominata esclusivamente dalla legge e la legittimità si verifica solo mediante il confronto con la norma di legge (art. 644 c.p., comma 4) che disciplina la determinazione del tasso soglia che deve ricomprendere le remunerazioni a qualsiasi titolo", ricomprendendo tutti gli oneri che l'utente sopporti in connessione con il credito ottenuto e, in particolare, anche la CMS che va considerata quale elemento potenzialmente produttivo di usura nel rapporto tra istituto bancario e prenditore del credito.

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Appare pertanto illegittimo lo scorporo dal Tasso Effettivo Globale Medio della CMS ai fini della determinazione del tasso usuraio, indipendentemente dalle circolari e istruzioni impartite dalla Banca d'Italia al riguardo.

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La Corte di Cassazione, dunque, nel caso di specie ha ritenuto accertata la sussistenza oggettiva del delitto di usura bancaria per superamento dei tassi soglia calcolato tenendo conto anche della CMS.

Acclarata tale circostanza, la Cassazione si è posta il quesito ulteriore circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto in questione in capo agli organi apicali della Banca.

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3. QUESTIONE

Con riferimento alla posizione del presidenti dei consigli di amministrazione delle banche interessate ha chiarito che costoro “non possono invocare l'inevitabilità dell'errore sulla legge penale svolgendo attività in uno specifico settore rispetto al quale gli organi di vertice hanno il dovere di informarsi con diligenza sulla normativa esistente, essendo loro attribuiti, dai relativi statuti, poteri in materia di erogazione del credito, rientranti nell'ambito dei più generali poteri di indirizzo dell'impresa,

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Sussiste in capo agli stessi una posizione di garanzia essendo gli interessi protetti dalla norma incriminatrice soggetti alla sfera d'azione e di potenziale controllo dei presidenti e legali rappresentanti degli istituti di credito.

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La specifica competenza che connota o deve, comunque, connotare gli organi di vertice della banca, consente di individuare negli stessi i garanti primari della corretta osservanza delle disposizioni di legge in tema di usura, indipendentemente dalla suddivisione dei compiti al1’ interno dell'istituto che non esonera i vertici dall'obbligo di vigilanza e controllo della osservanza delle disposizioni di leggi, segnatamente in tema di superamento del tasso soglia.

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A seguito della riforma societaria (L. 3 ottobre 2001, n. 366 e D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) la struttura delle società e quindi anche degli istituti bancari può seguire il modello c.d. dualistico con la possibilità di attribuzione diretta, senza quindi delega da parte dell'organo apicale, ad altri organismi, quali ad esempio i comitati direttivi o i comitati centrali, con compiti di gestione sottratti alla sfera di ingerenza del consiglio di amministrazione e del suo presidente.

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Tuttavia, il mancato controllo e vigilanza su specifiche questioni concernenti l'erogazione del credito, quali la determinazione del tasso di usura, rientrando tra le funzioni specifiche delle banche, sono ricomprese nell'alveo di competenza degli organi di vertice, indipendentemente dal decentramento di tali funzioni a altri organismi sottordinati e interni alla banca, con possibilità di affermare, in caso di omissione di controllo, in quest'ultimo caso, quantomeno la corresponsabilità, sotto il profilo penale di tali organi verticistici, ricadendo tale omissione nella sfera di azione dell'art. 40 c.p., comma 2, secondo cui "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo".

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E' attribuibile ai presidenti degli istituti bancari e dei relativi consigli di amministrazione una c.d. "posizione di garanzia", in quanto la formale rappresentanza dell'istituto bancario, se non accompagnata da poteri di decisione o gestione operativa, appare totalmente priva di significato nell'ottica della tutela di interessi che ricevono protezione penale. Si deve quindi affermare che i presidenti delle banche, quali persone fisiche, siano garanti agli effetti penali, cioè tenuti a rendere operativa una posizione di garanzia, che, in ultima analisi, fa capo all'ente, centro d'imputazione dell'attività di erogazione del credito nell'ambito della quale ben può essere ravvisata la violazione del precetto penale anche in capo ai predetti organi.

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Tale rilievo è valido anche nel caso in cui non risultino attribuite, dalla legge o dagli statuti dei singoli enti, specifiche attribuzioni ad altro organo, senza possibilità di interferenze da parte di altri organismi, ancorché posti in posizione apicale rispetto all'organo subordinato competente per determinate materie, in un'ottica monistica, in cui anche la gestione operativa dell'istituto spetta al consiglio di amministrazione.

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Anche nel caso in cui, in base a norme statutarie, l'azienda sia stata suddivisa in distinti settori e servizi, così come avviene solitamente nelle banche di notevoli dimensioni con l'istituzione di una direzione generale a cui vengono affidati specifici compiti, e a cui siano stati preposti soggetti qualificati idonei, con poteri e autonomia per la gestione di determinati affari, può ravvisarsi una responsabilità penale nei confronti del presidente del consiglio di amministrazione o dei suoi componenti, in virtù dei poteri di indirizzo e coordimento e, più in generale "di garanzia", a tutela dell'osservanza delle norme di legge.

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Gli istituti di credito di rilievo nazionale sono generalmente strutturati in base a una complessa organizzazione amministrativa e funzionale con una suddivisione di compiti essendo demandati solitamente agli organi di vertice funzioni di rappresentanza generale (generalmente in capo al presidente), di governance strategica (in capo al consiglio d'amministrazione) e controllo (in capo al collegio dei revisori).

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Gli organi centrali sovente sono strutturati in un sottosistema che, a sua volta, comprende direzione generale e direzioni centrali con compiti gestionali e operativi e varie gestioni periferiche, così come solitamente avviene per l'erogazione del credito e la determinazione dei relativi tassi. E' compito degli organi apicali vigilare e impedire che venga superato il tasso soglia, mentre l'applicazione delle relative condizioni può essere demandata agli organi gestionali, ….

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In tal caso, è ravvisabile in capo al presidente o al consiglio di amministrazione un potere di controllo gestionale sull'attività della direzione generale o centrale commerciale con specifico riferimento alla determinazione dei tassi di interesse, anche se a termini statutari tali organismi sottordinati abbiano autonomia gestionale operativa, con conseguente responsabilità penale concorrente degli organi apicali ove venga superato il tasso soglia degli interessi in ordine alla erogazione del credito alla clientela.

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In mancanza di specifiche attribuzioni agli organi di vertice delle banche, nessuna delega era necessaria per attribuire alla direzione generale o centrale della stessa la competenza a determinare le condizioni da applicare alla clientela e, quindi, anche i relativi tassi soglia, trattandosi di competenze autonomamente attribuite dallo statuto o da altre norme regolamentari a tali organi sottordinati.

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Tali norme statutarie, tuttavia, non esonerano, come già evidenziato, i Presidenti delle Banche dal controllo gestionale generale relativo alla determinazione del tasso soglia e dalla responsabilità, sia penale sia civile connessa al suo superamento, anche se non hanno concretamente partecipato alla determinazione dei tassi di interesse con riferimento ai singoli clienti.

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La Suprema Corte ravvisa dunque una posizione di garanzia ai sensi dell’art. 40, co. 2, c.p., con riferimento a un delitto, quale quello di usura, di mera condotta e tradizionalmente ritenuto privo di evento in senso naturalistico.

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L’«evento» rispetto al quale il Presidente del C.d.A. assume la posizione di garanzia è il superamento del tasso soglia, quindi, in sostanza, l’evento in senso giuridico, che viene a coincidere con l’offesa del bene giuridico tutelato.

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Un evento del genere è ovviamente presente in tutti i reati, per cui l’interpretazione offerta dalla Suprema Corte consente di ravvisare posizioni di garanzia anche rispetto a reati di mera condotta, privi di evento in senso naturalistico.

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L’elemento soggettivo secondo la Suprema Corte

«Non è scusabile, in linea di principio, da parte di un istituto di credito, l'errore riferibile al calcolo dell'ammontare degli interessi usurari trattandosi di interpretazione che, oltre ad essere nota all'ambiente bancario, non presenta in sé particolari difficoltà».

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Tale dovere è particolarmente rigoroso nei confronti degli organi di vertice della banca, essendo per costoro particolarmente accentuato il dovere di informazione sulla legislazione in materia, esistendo sempre un obbligo incombente su chi svolge attività in un determinato settore di informarsi con molta diligenza sulla normativa esistente e, nel caso di dubbio, di astenersi dal porre in essere la condotta.

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Invece, la scusabilità dell‘ ignoranza e l'inevitabilità dell'errore va riconosciuta ogniqualvolta l'errore sia stato originato da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale da cui l'agente abbia tratto il convincimento della correttezza della interpretazione e, conseguentemente della liceità del comportamento futuro in forza della sentenza n. 364 del 1988 della Corte Costituzionale.

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La Consulta, con la sentenza 24 marzo 1988 n. 364 e con la successiva sentenza 22 aprile 1992 n. 185, ha attribuito rilevanza alla sola "ignoranza inevitabile" della legge penale (art. 5 c.p.). A tal fine, come già puntualizzato dalle Sezioni unite (sentenza 10 giugno 1994, Calzetta), per stabilirne i presupposti e i limiti, deve ritenersi che per il comune cittadino l'inevitabilità dell'errore va riconosciuta in tutte le occasioni in cui l'agente abbia assolto, con il criterio della normale diligenza, al cosiddetto "dovere di informazione", attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia.

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Invece, per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, tale dovere è particolarmente rigoroso, incombendo su di essi, in ragione appunto della loro posizione, un obbligo di informarsi con tutta la diligenza possibile e essi rispondono dell'illecito anche alla stregua della culpa levis; in questa seconda situazione, occorre cioè, ai fini della scusabilità dell'ignoranza, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale l'agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto.

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Per l'effetto, venendo al caso di specie, va riconosciuta la pretesa buona fede nei confronti degli organi apicali delle banche, in forza delle circolari della Banca d'Italia e dei Decreti ministeriali dell'epoca che non comprendevano la CMS nel calcolo del tasso soglia usurario e da una consolidata giurisprudenza di merito, previgente ai fatti di causa, che escludeva nell'atteggiamento delle banche alcuna ipotesi di reato, assolvendo gli operatori bancari a ogni livello o non ravvisando gli estremi per iniziare l'azione penale.

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In particolare la circolare della Banca d'Italia del 30.9.1996, aggiornata al dicembre 2002 e in vigore fino al secondo trimestre 2009 (trattamento degli onere e delle spese), prevede, tra l'altro, al punto C5, che la commissione di massimo scoperto non entrava nel calcolo del TEG, venendo rilevata separatamente, espressa in termini percentuali.

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Tale metodologia per il calcolo del TEG applicata dalla Banca d'Italia, fin dalla prima rilevazione, è stata posta a fondamento dei decreti ministeriali nei quali è contenuta la rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio in base al quale è stabilito il limite previsto dall'art. 644 c.p., comma 3, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, ai sensi della L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 1.

Fin dal primo decreto Ministeriale (D.M. 22 marzo 1997) il Ministro del Tesoro determinava la tabella dei tassi di interesse effettivi globali medi, precisando che "i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata".

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Solamente col D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 2 bis, comma 1, convertito nella L. 28 gennaio 2009, n. 2 si prevede che "te commissioni ... comunque denominate ... sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'art. 1815 c.c., dell'art. 644 c.p. e della L. 7 marzo 1996, n. 108, artt. 2 e 3".

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La Banca d'Italia, solo nell'agosto 2009, in applicazione di tale nuova normativa ha emanato le nuove istruzioni per la rilevazione dei tassi globali medi ai sensi della legge sull'usura, ricomprendendo nel calcolo delle varie voci la commissione di massimo scoperto, correggendo una prassi amministrativa difforme.

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Dunque ha ritenuto la Corte che nel caso di specie, invece, in mancanza di un orientamento giurisprudenziale di legittimità, sia civile che penale, all'epoca, che ritenesse illecita tale prassi bancaria, sviluppatosi poi successivamente, nessuna censura di mancanza di doverosa prudenza può essere posta a carico dei Presidenti delle banche e, in base a tale duplice valutazione, non può ritenersi violato il dovere di diligenza nella ricostruzione dei criteri applicabili ai fini della individuazione del tasso soglia a carico degli organi di vertici degli istituti bancari.

Devono, quindi, ritenersi mancare, stante le vicende richiamate a fondamento della buona fede dei ricorrenti, profili di colpa incompatibili con la pronuncia liberatoria.

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Tuttavia, Accertata la sussistenza del fatto reato sotto il profilo oggettivo da parte degli istituto di credito, trattandosi comunque di illecito avente rilevanza civilistica, non rileva, ai fini risarcitori, che non sia stato accertato il responsabile penale della condotta illecita, in quanto l'azione, risarcitoria civile ben potrà essere espletata nei confronti degli istituti interessati che rispondono, comunque, ex art. 1118 e 1228 c.c., del fatto dei propri dipendenti.

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Il rilievo della personalità della attività bancaria sbiadisce mentre emerge il ruolo preponderante svolto dalla corretta proceduralizzazione di un'attività collettiva, comunque imputabile all'istituto.

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Su questa base la responsabilità della banca sussiste per il solo fatto che il danno ingiusto si è verificato per una condotta comunque alla stessa imputabile, dovendosi limitare l'apprezzamento della condotta dolosa o colposa (poco importa tale distinzione ai fini civilistici), alla comparazione tra standards normativi - come nella fattispecie in cui viene in rilievo la violazione dell'art. 644 c.p., comma 4, - situazione concreta, idonea a far ricadere sulla banca anche il rischio dei c.d. "danni anonimi", cioè di cui non sia stato individuato il responsabile

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Ulteriore profilo, non trattato dalla Suprema Corte, in quanto estraneo alla contestazione.

CONFIGURABILITA’ DELLA RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DELLA BANCA AI SENSI DEL D.LGS. 231/2001.

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CONCLUSIONI

Nella condotta posta in essere dalle Banche sono ravvisabili gli estremi dell’elemento oggettivo del delitto di usura di cui all’art. 644 c.p.

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La commissione di massimo scoperto concorre a determinare il tasso globale medio ai fini della determinazione del tasso soglia usurario, nonostante la circolare della Banca d’Italia del 1996 e i conseguenti decreti ministeriali che lo escludevano.

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La modifica normativa di cui al D.L. 70/2011, convertito dalla L. 106/2011 non ha realizzato un’abrogatio criminis ai sensi dell’art. 2 c.p.;

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I presidenti dei C.d.A. delle Banche rivestono una posizione di garanzia ai sensi dell’art. 40, co. 2, c.p.;

Risulta quindi integrato l’elemento oggettivo del delitto di usura, del quale, quindi, potrebbero rispondere anche i Presidenti dei C.d.A., per omesso controllo, funzione non delegabile;

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Sotto il profilo soggettivo, tuttavia, la circolare della Banca d’Italia del 1996 e i conseguenti decreti ministeriali, nonché l’iniziale orientamento della giurisprudenza, consentono di escludere il dolo.