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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
Mediaset Premium passa a Sky C’è l’OK di AGCOM 13
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Canon EOS RP Full frame low cost
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Anker Atom PD1 La carica del futuro
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4 mesi con Xiaomi Mi8 La prova del tempo
LE PROVE E GLI APPROFONDIMENTI
Ecco i TV QLED Samsung 2019 A tutto Full LED e HDR Samsung conferma la sua strategia per i nuovi TV Fedeltà totale al pannello QLED sempre più full LED. Arriva iTunes e AirPlay 2 sui TV, anche i modelli 2018
Panasonic a tutto campo 4 serie di TV OLED, Blu-ray 4Ke molte novità per la cucina Alla convention annuale, Panasonic sfodera i suoi assi. Non mancano le novità per la cucina
DAB obbligatorio, scadenza vicina.Rivenditori sveglia!16
Amazon compra Eero e i prodotti per le reti mesh 14
Samsung Galaxy S10 è qui ma il pieghevole Fold è la starDopo tanta attesa, il flagship di Samsung è arrivato Gli fanno compagnia lo smartwatch Watch Active e gli auricolari Buds. Ma Galaxy Fold ruba la scena a tutti
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Galaxy Fold, quello che Samsung non dice
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Labrousse (Sony): “Cresciamo a due cifre”
Vodafone e Telecom a nozze per spartirsi le antenne del 5G 08
Stangata ecotassa Le 10 auto che costeranno di più
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MAGAZINE
di Roberto PEZZALI
Samsung toglie i veli alla nuova famiglia Galaxy S10.
O meglio, toglie i pochi veli rimasti, perché nell’ulti-
mo periodo lo smartphone è stato protagonista di
una lunghissima serie di indiscrezioni che, come vedre-
mo, sono tutte confermate. Partiamo quindi dalle poche
cose che ancora non si sapevano, ovvero che i modelli
sono quattro, non tre, e i prezzi di vendita per l’Italia.
C’è anche un modello 5G, ma arriva a maggioI modelli sono quattro perché a fianco di Galaxy S10,
S10+ e S10e Samsung ha previsto anche Galaxy S10 5G,
il modello compatibile con le reti di nuova generazione.
Galaxy S10 5G sarà un modello a parte, più grande e con
specifiche leggermente differenti. Avrà infatti uno scher-
mo enorme da 6.7”, una doppia fotocamera di profon-
dità 3D realizzata da Samsung da usare per le funzioni
Video Live Focus e Automatic Ruler e sarà alimentato
da una batteria da 4.500 mAh con ricarica Super Fast
Charging a 25W. La camera sarà un sensore ToF vero
e proprio, uno sul frontale e uno sul retro, sensore che
invece manca sulla famiglia S10 che arriva l’8 marzo. Il
modello 5G avrà a bordo Qualcomm 855 per tutti i mer-
cati: è evidente che Qualcomm sia al momento l’unico
fornitore capace di assistere un produttore con tutta la
componentistica necessaria. Il prezzo di questo modello
non è stato ufficializzato, ma arriverà sul mercato italiano
entro l’estate. Ci sono invece i prezzi degli altri tre mo-
delli della famiglia S10, S10, S10+ e S10e.
S10, S10+ e S10e, i prezzi e le configurazioni italianeIl modello di ingresso, S10e, costerà 779 euro, S10 coste-
rà 929 euro e S10+ 1029 euro. Prezzo che riguarda ov-
viamente le versione base, che prevede 8 GB di RAM e
128 GB di storage per S10/S10+ e 6 GB di RAM e 128 GB
di storage per S10e. Sono previste altre versioni: S10 con
256 GB di storage costerà 1179 euro mentre S10+, sem-
pre da 8GB e con 256 GB di storage 1279 euro. S10+
sarà disponibile anche in versione Premium con colora-
zione Ceramic Black e Ceramic White e una dotazione
da 12 GB di RAM e 1 TB di storage: per questa servono
1639 euro e inizialmente sarà disponibile solo sullo store
MOBILE Tre modelli più uno, S10 5G: Samsung cala il suo poker d’assi cercando di confermare un primato nel segmento premium
Galaxy S10 ufficiale. Ecco le caratteristiche e i prezzi del nuovo flagship di SamsungGalaxy S10 è incredibilmente completo e potente, uno smartphone con pochissimi rischi e tante certezze. Tutti i dettagli
Samsung. Le colorazioni classiche invece saranno Prism
White, Prism Black, Prism Green e per la Version e S10e
anche Canary Yellow. Più avanti, con accordi specifici
con qualche operatore, verrà introdotto anche il Prism
Blue. I preordini per Galaxy S10 e Galaxy S10+ potranno
essere effettuati da subito e per un periodo di tempo
limitato gli utenti che preordinano un Galaxy S10 o un
Galaxy S10+ riceveranno un paio di auricolari Galaxy
Buds del valore di €149. Due le considerazioni da fare:
i prezzi non sono aumentati, Samsung ha mantenuto la
stessa fascia dello scorso anno con un prodotto che è
decisamente migliore e completo. La seconda è che S10
e S10+, rispetto a S9 e S9+, sono identici nelle specifi-
che, fatta eccezione ovviamente per schermo e batteria
che sono legati alle dimensioni stesse del prodotto.
Lo schermo è il vero punto di forza: AMOLED da 1200 nits e HDR10+Come nelle passate generazioni tutto ruota attorno allo
schermo: secondo Samsung quello del Galaxy S10 è il
migliore AMOLED che l’azienda abbia mai prodotto. Per
S10 ci troviamo davanti ad uno schermo Quad HD+ da
6,1 pollici con aspect ratio 19:9 e 550 ppi di definizione,
mentre per S10+ lo schermo sarà da 6.4”, stessa risolu-
zione e ovviamente definizione leggermente più bassa,
438 ppi. Samsung ha snocciolato qualche dato: 1200
nits di luminosità di picco, calibrazione con errore ridotto segue a pagina 03
al minimo (<1 Delta E) e la possibilità di ridurre l’emissio-
ne di luce blu. Da segnalare che Samsung ha anche rivi-
sto la parte di gestione colore dello schermo, riducendo
le opzioni: il sistema di gestione colore interno sceglie
il giusto profilo per ogni applicazione, ma l’utente può
comunque intervenire per aumentare la saturazione.
Rivista anche la calibrazione manuale della temperatura
del bianco: si possono regolare RGB in modo indipen-
dente, e c’è spazio per posizionare una eventuale sonda.
Ma, se davvero la calibrazione è perfetta, non dovrebbe
servire. Il display che Samsung definisce Dynamic AMO-
LED per la prima volta su uno smartphone supporta la
tecnologia HDR10+, da contenuti in streaming, quindi
Amazon Prime Video, e su contenuti ripresi con lo stes-
so S10. La fotocamera posteriore, infatti, è in grado di
riprendere video HDR10+ in via sperimentale con codec
HEVC e 10 bit di campionamento colore. Lo schermo di
Galaxy 10e è da 5.8”, con una risoluzione più bassa: Full
HD+, ma è davvero difficile percepire la griglia di pixel.
Anche per lui pieno supporto HDR, ma cambia il rivesti-
mento: per S10 e S10+ è Gorilla Glass 6, per S10e è Go-
rilla Glass 5. Da segnalare che tutti gli smartphone ven-
gono venduti con una pellicola protettiva già applicata di
fabbrica sottilissima e praticamente invisibile. Una scelta
questa dovuta alla presenza, su S10 e S10+, di lettore
di impronte digitali ad ultrasuoni in grado di leggere la
mappa 3D dell’impronta. L’applicazione di pellicole non
certificate potrebbe ridurre le prestazioni del lettore che
ci è sembrato velocissimo, motivo per il quale Samsung
ha preferito applicare una sua pellicola. S10e ha un co-
modo a pratico sensore fingerprint laterale.
Consumi ottimizzati con l’intelligenza artificiale, e c’è anche la modalità gamingPassando al processore tutti e tre i modelli hanno all’in-
terno il SoC Exynos fatto in casa, Octa-core con tecnolo-
gia 8nm a 64 bit (2,7 GHz + 2,3 GHz + 1,9 GHz): per S10
Samsung Galaxy S10, S10+ e S10eLa videoanteprima
lab
video
n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
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MAGAZINE MOBILE
Samsung Galaxy S10 è arrivatosegue Da pagina 02
e S10+ la RAM è pari a 8 GB, per S10e ci sono 6 GB. La
differenza è giustificabile: la risoluzione del display più
bassa sicuramente porta le applicazioni e l’interfaccia ad
avere una impronta minore sulla memoria di sistema.
Samsung parla di sistema ottimizzato usando l’intelligen-
za artificiale: la gestione della batteria, della CPU, della
RAM e perfino la temperatura del dispositivo vengono
ottimizzate in base al modo in cui si utilizza il telefono,
continuando a imparare e migliorare nel corso del tem-
po. Galaxy S10, usando il machine learning, apprende
anche il modo in cui l’utente utilizza il dispositivo per av-
viare più rapidamente le app utilizzate più di frequente e
ottimizzando i processi in background, una cosa questa
ormai presente su molti modelli.
C’è anche un aspetto legato al gaming da sottolineare:
Galaxy S10 offre un nuovo sistema di raffreddamento
basato su una vapor chamber ed è anche il primo dispo-
sitivo mobile a essere ottimizzato per i giochi creati sulla
piattaforma Unity, come ad esempio Fortnite.
Lato connettività segnaliamo la connessione LTE Cat.20
che consente il download e la navigazione fino a 2,0
Gbps su reti compatibili e per la prima volta il Wi-fi 6,
o 802.11 ax, il nuovo standard di connessione di rete
senza fili che aiuta a ottimizzare banda e trasmissione
negli ambienti molto affollati come traffico di rete. Serve
ovviamente un router compatibile.
Lo slot SIM per tutti i dispositivi è doppio e ibrido: può
essere usato in modalità dual sim oppure in modalità
SIM più scheda SD. In questo caso vengono supportate
schede fino a 512 GB di capacità.
Le batterie sono ovvia-
mente diverse: 3.100
mAh per il Galaxy
S10e, 3.400 mAh per
il Galaxy S10 e 4.100
mAh per Galaxy S10+.
S10e ha una batteria
più piccola ma vale lo
stesso discorso fatto
per la RAM, lo schermo
consuma sicuramente
meno. C’è la ricarica
wireless, c’è il Fast
Charging a filo tramite
connettore USB Type C e c’è anche il reverse
charging, ovvero la possibilità di ricaricare altri
dispositivi QI Charge appoggiandoli sul retro.
Confermate tutte le altre caratteristiche tipi-
che della serie Galaxy: resistenza all’acqua
e alla polvere IP68, Bixby, Samsung Health,
Samsung Pay e Samsung DeX. C’è anche
il jack audio, nonostante Samsung offra in
dotazione gli auricolari wireless, e c’è anche
l’audio Dolby Atmos per giochi e musica. In
tema di sensori la vera differenza tra S10e
e gli altri modelli è l’assenza sul piccolo del
sensore di frequenza cardiaca, e questo non
è necessariamente un male, crediamo che
la maggior parte delle persone che usa un
Galaxy non sappia nemmeno che esiste.
Fotocamere 4K davanti e dietro. E c’è il super WideArriviamo in fine alle fotocamere, dove ci sono alcune
conferme e alcune novità. S10+ ha cinque fotocamere,
due frontali e tre posteriori, S10 ne ha quattro e S10e
solo tre. La camera posteriore principale e quella fron-
tale sono identiche per tutti: per Samsung tutti e tre i
modelli sono premium e l’S10e non dev’essere consi-
derato un modello “lite”. La camera principale è il tipico
grandangolo da 12 megapixel con autofocus dual pixel,
doppia apertura F1.5 e F2.4 e stabilizzatore ottico. No-
nostante i numeri siano identici a quelli di S9 e Note 9
il sensore non dovrebbe essere lo stesso. Non c’è il
sensore da 48 megapixel isocell che Samsung ha an-
nunciato nei mesi scorsi: sono 12 milioni di pixel reali.
A questo viene affiancato un sensore da 16 megapixel
F2.2 super grandangolare, 123° di angolo di visione,
anche lui presente su tutti e tre i modelli. S10 e S10+
hanno anche il tele 2x per lo zoom ottico e l’effetto
bokeh: 12 megapixel, F2.4 e stabilizzazione ottica an-
che per lui. Da segnalare che in modalità video la sta-
bilizzazione è ottica se
si usano le camere tele
e wide, ma se si usa il
super wide viene usato
uno stabilizzatore digi-
tale che porta ad avere
un crop del sensore
non ridottissimo, e que-
sto ovviamente impatta
sull’angolo che non è
ampio come in modalità
fotografica. Identica come abbiamo detto la camera
frontale per tutti e tre i prodotti: 10 megapixel, dual pixel
AF anche qui e possibilità di ripresa 4K UHD. L’apertura
della lente è f/1.9, non luminosissima ma comunque più
che accettabile trattandosi della frontale.
S10+ è l’unico che ha una seconda camera da 8 me-
gapixel F2/2 da usare come sensore di profondità:
ha un angolo leggermente più ampio della principale
e sfrutta il parallasse per il defocus. Sia la fotocamera
anteriore che quella posteriore possono registrare in
UHD e, come abbiamo detto prima, la fotocamera po-
steriore supporta lo standard HDR10+, una vera novità
per il settore.
Per la fotografia Samsung ha predisposto un processo-
re dedicato con Neural Processing Unit (NPU) che ana-
lizza la scena applicando le impostazioni migliori senza
dover selezionare manualmente le impostazioni pro
della fotocamera. La funzione, chiamata Ottimizzatore
Scene, riconosce ed elabora molte più scene rispetto
al passato: da vedere come si comporta nelle situazioni
più difficili e soprattutto bisogna valutare se non snatu-
ra troppo la foto. C’è la modalità notte che fonde scatti
multipli, ma è la stessa di S9 e di Note 9, da valutare se
il sensore rinnovato possa portare ad un rumore più
contenuto. Sempre in ambito intelligenza artificiale c’è
anche una funzione Suggerimenti Scatti che consiglia
la composizione perfetta, chiedendo di spostare leg-
germente la camera e guidando la disposizione dei
soggetti secondo le regole della fotografia.
Tutti belli, ma S10e è un piccolo gioiellinoQualche considerazione finale: Samsung con S10 è
andava avanti per la sua strada: i leader guidano, i fol-
lower seguono. S10 non ha quella caratteristica strabi-
liante che tutti si aspettavano, e non ha neppure, tanto
per citare un elemento, il sensore fotografico da 48
megapixel che la stessa Samsung ha annunciato e che
si pensava fosse presente sul flagship.
Ma è incredibilmente completo e riesce ad essere una
corazza quasi inattaccabile sotto ogni punto di vista.
Ha uno schermo OLED HDR bellissimo, con cornici ri-
dotte al minimo, ha il jack, ha una batteria capiente, è
potente e ha un tris di fotocamere che coprono davve-
ro ogni esigenza. Android ottimizzato, Dex, waterproof,
wireless, LTE, Wi-fi 6 e tanta intelligenza artificiale, ma-
gari poco sbandierata ma efficace, sono altri elementi
che rendono S10 il prodotto che Samsung doveva fare
per questo decimo anniversario.
Avrebbe potuto esagerare, ma chi esagera rischia e sul
Galaxy S numero 10 Samsung non voleva scommette-
re, ma cercava certezze. E le ha trovate, senza aumen-
tare il prezzo e con una gamma equilibrata.
Se tutti i modelli sono davvero belli, la nostra preferen-
za particolare va a S10e, che nella colorazione gialla è
un piccolo capolavoro. E siamo certi che, dopo averlo
preso in mano, molti penseranno la stessa cosa.
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di Roberto PEZZALI
I l pieghevole c’è, e non è un esercizio di stile. Samsung
fa davvero sul serio e Galaxy Fold ha una data di usci-
ta ed un prezzo. Il 3 maggio si potrà acquistare anche
in Italia spendendo 2000 euro, tanto, ma onestamente
riteniamo che il prezzo sia più che corretto. A pensarci
bene Galaxy S10, nella sua versione “premium” con 12
GB di RAM e 1 TB di storage costerà più di 1650 euro e
Galaxy Fold, rispetto a Galaxy S10+, è un prodotto dieci
volte più complesso da produrre e anche più completo.
Speravamo di toccarlo, di usarlo, ma Samsung lo ha solo
mostrato dal palco dell’Unpacked: nessuno sguardo
ravvicinato, nessuna prova di apertura e chiusura, solo
un contatto a distanza. Galaxy Fold non è uno smartpho-
ne, non è un tablet, è entrambe le cose, e rappresenta
il tentativo di aprire le strada ad una nuova categoria di
prodotto in un mercato privo di novità tangibili.
Tecnologicamente è un capolavoro: l’esperienza di
Samsung con gli schermi OLED ha permesso di creare il
primo schermo Infinity Flex Display da 7.3”, con rapporto
di forma 4.2:3 Dynamic AMOLED con una risoluzione
pari a 1536 x 2152 pixel. Samsung ci ha spiegato di aver
creato un nuovo polimero flessibile per il substrato che
gli ha permesso di realizzare uno schermo spesso la
metà rispetto ad un tradizionale display OLED per smar-
tphone. Lo schermo si piega, migliaia di volte, nella zona
centrale senza deteriorarsi e senza mostrare segni: la
cerniera che permette l’apertura e la chiusura sembra
opera di un orologiaio svizzero, decine di ingranaggi
che rendono il meccanismo, secondo Samsung, fluido
e duraturo nel tempo.
Ma quello interno non è il solo display di Galaxy Fold:
l’idea di Samsung è quella di offrire uno smartphone che
all’occorrenza possa essere aperto e trasformarsi in ta-
blet. Si inizia dal piccolo schermo frontale, si continua,
se serve, da quello interno, che offre un’area utile tre
volte più ampia. Lo schermo esterno, più piccolo, è un
4.58” con aspect ratio 21:9 e una risoluzione di 840 x
1960 pixel, 420 ppi di definizione. Tra le altre specifiche
12GB RAM(LPDDR4x), 512GB di Storage (UFS3.0) e un
MOBILE Un capolavoro di ingegneria e innovazione, ad un prezzo elevato ma adeguato a quello che offre. In Italia il 3 maggio
Magia Galaxy Fold, smartphone e tablet insieme con lo schermo pieghevole. Arriva a 2000 euroLo schermo si piega nella zona centrale senza mostrare segni e la dotazione hardware è di primo livello. Non un esercizio di stile
processore Snapdragon 855 all’interno, per ora solo
il modalità 4.5G, ma più avanti è prevista anche una
versione 5G. Samsung renderà disponibile Galaxy
Fold in diversi colori, con la cerniera coordinata
cromaticamente: il sensore per le impronte è inse-
rito sul lato mentre la batteria è stata divisa, metà
da una parte e metà dall’altra. Siamo davanti a due
celle al litio collegate in parallelo che portano la ca-
pacità totale a 4,380mAh. Samsung segnala che la
capacità della batteria è stata provata in condizioni
standard e in laboratorio, e che durante un utilizzo
reale potrebbe essere diversa. Il minimo garantito è
comunque di 4250 mAh. C’è il fast charging, e c’è
anche il wireless charging che funziona pure in re-
verse. Sei le fotocamere: sul retro trovano spazio le
stesse identiche fotocamere di Galaxy S10: c’è una su-
per grandangolare da 16 megapixel F2.2, c’è la 12 me-
gapixel Dual Pixel AF stabilizzata con doppia apertura,
F1.5 e F2.4, e c’è l’ottica tele per lo zoom F2.4 sempre
da 12 megapixel stabilizzata. Avendo due modalità di
utilizzo, come smartphone e come tablet, ci sono due
front camera identiche da 10 megapixel. Quella per
l’uso smartphone è singola, quella per l’uso tablet è
doppia, affiancata da una camera RGB che gestisce
la profondità da 8 megapixel. Non è un sensore ToF:
questo tipo di sensore sarà usato solo su Galaxy S10
5G. Le due fotocamere frontali sono inserite in un
notch inserito all’angolo, non bellissimo ma probabil-
mente unica soluzione attuabile.
Un prodotto simile ha senso solo se il sistema ope-
rativo può gestire i due schermi in modo intelligente
e se fornisce una esperienza d’uso diversa. Da tem-
po ci sono produttori che hanno approcciato il dual
screen, ma non sempre il risultato è stato ottimale.
Samsung su Galaxy Fold parte da Android 9.0 Pie,
sul quale però ha costruito una interfaccia pensata
e studiata appositamente per il Fold. Due le funzioni
principali, il Multi-Active Window e App Continuity: la
prima è un sistema multi tasking.
Multi app che permette di tenere aperte tre app in
contemporanea sullo schermo, la seconda permette
di spostare i contenuti dinamicamente dalla versione
smartphone dell’app aperta sullo schermo frontale alla
versione tablet sullo schermo flessibile. Samsung ha
lavorato con Google per ottimizzare l’esperienza con
molte app Android, e confida sulla sua community di
sviluppatori per creare nuovi tipi di app che possano
sfruttare il doppio schermo. Difficile giudicare senza
aver messo mano al prodotto: il primo smartphone
flessibile, il Flexipai Royole, ci è sembrato un inutile
tentativo di arrivare prima. Il prodotto Samsung invece
ha un senso, ed è frutto di uno studio approfondito: lo
schermo è protetto all’interno, a smartphone chiuso, e
la dotazione hardware è di primo livello. Il prezzo è alto,
ma Galaxy Fold costa il giusto per quello che offre.
Per chi non segue il mondo della tecnologia, uno
schermo che si piega in due senza rompersi esiste
solo nei film di fantascienza. Invece è reale. Certo, ci si
dovrà abituare ad uno smartphone spesso come i primi
telefoni, qualche centimetro, ma oggi non si può fare di
più con la tecnologia attuale.
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di Roberto PEZZALI
Galaxy Fold è una meraviglia tecnologica: un display
sottilissimo e flessibile, una cerniera sofisticata
per permettere la flessione di uno schermo che si
curva all’interno, un design convincente e una dotazione
hardware di tutto rispetto. Più che di uno smartphone
pieghevole, sarebbe meglio parlare di tablet pieghevole,
perché alla fine di un tablet che si chiude a libro si tratta,
lo smartphone è solo una conseguenza della piega. Non
abbiamo messo le mani sul prodotto, ma ci siamo sforza-
ti di andare un po’ oltre quelle che sono le caratteristiche
dichiarate da Samsung concentrandoci soprattutto sugli
schermi, perché alla fine il Galaxy Fold è disegnato attor-
no al suo schermo flessibile da 7.3”. Samsung nell’elen-
co delle specifiche non ha dichiarato né lo spessore né
le dimensioni, e lavorando sui parametri dello schermo
abbiamo cercato si ricostruire questi dati.
Quanto è davvero spesso Galaxy Fold?Il dato più interessante è senza dubbio lo spessore,
perché dalle foto che Samsung ha distribuito potrebbe
sembrare che lo spessore di Galaxy Fold sia più o meno
quello di due smartphone uno sopra l’altro.
Ma non può essere così, per un problema tecnico oggi
insormontabile: sebbene venga chiamato smartphone
pieghevole, lo schermo OLED si curva, non si piega.
“Piegare” presuppone la possibilità che venga fatta una
piega, ma oggi con la tecnologia attuale i display OLED
devono seguire un raggio di curvatura di qualche milli-
metro. Un display con un substrato in policarbonato, se
piegato, è destinato a rompersi dopo migliaia di pieghe,
o comunque a segnarsi nella parte centrale, una curva
è invece più gentile. Samsung ha dovuto disegnare una
cerniera meccanicamente impeccabile perché ha scelto
la soluzione più difficile, ovvero l’apertura a libro con lo
MOBILE Qual è la dimensione reale degli schermi? Quanto è spesso il prodotto? Abbiamo riesaminato la presentazione al frame
Galaxy Fold, tutto quello che Samsung non ha dettoNon abbiamo messo le mani sul prodotto, ma ci siamo sforzati di andare un po’ oltre le caratteristiche dichiarate da Samsung
schermo all’interno: solo una cerniera meccanica pre-
cisissima permette di chiudere il prodotto facendo se-
guire allo schermo un raggio di flessione naturale. Ma a
quanto ammonta questo raggio?
In nessuna foto, e neppure nei video pubblicati da Sam-
sung usando dei rendering 3D, si può vedere il Galaxy
Fold di profilo, e anche tutte le inquadrature fatte duran-
te l’Unpacked tendevano a nasconderlo.
Da alcune prospettive il Galaxy Fold sembrava fatto da
due parti perfettamente sovrapposte; in altre, la piega a
“V” nella parte alta lascia pensare ad un prodotto che si
pieghi completamente, senza alcun gap.
Da altre ancora, magie dei rendering, un piccolo gap ap-
pare. Per fortuna, da un fotogramma della dimostrazione
live, si percepisce quel gap simile a quello di Surface
Notebook 2. Ad occhio sembrano 5 millimetri, quindi
allineato ad un raggio di curvatura del display OLED di
2 mm circa, quello che la tecnologia di Samsung oggi
permette. Galaxy Fold, se calcoliamo 8 mm circa per lato
e 5 mm di gap, potrebbe essere spesso dai 18 mm ai 22
mm, con una tolleranza minima.
La curvatura: davvero non si vedrà nulla?Un altro dubbio riguarda la curvatura: davvero non si
vedrà nulla, oppure si percepirà leggermente la linea di
curva? Da una ripresa con luce “cattiva” una piccola li-
nea lungo la curvatura si percepisce, ma potrebbe esse-
re il campione. Samsung garantisce che si può curvare
migliaia di volte, ed effettivamente i vari display OLED
piegabili presentati hanno tutti una durata nel tempo
di oltre 50.000 curve, quindi un numero decisamente
elevato. Nelle prossime settimane / mesi vedremo altri
produttori svelare il loro prodotto “foldable”.
Per esempio, Huawei. Come ha affrontato il problema
Huawei? Dall’invito che l’azienda cinese ha inviato, se
si guarda il bagliore, sembra che Huawei abbia scelto di
mettere lo schermo verso l’esterno.
Dai brevetti usciti negli scorsi mesi emerge come
Huawei abbia cercato un approccio decisamente più
semplice di Samsung: con lo schermo all’esterno non
serve una complessa cerniera per gestire la curvatura, lo
schermo si appoggia infatti sul fianco creando una curva
naturale e molto più ampia di quella fatta dall’OLED del
Galaxy Fold. Inoltre Huawei non deve adottare un dop-
pio schermo, quello principale è sempre visibile. La stes-
sa soluzione è stata adottata anche da Xiaomi, schermo
all’esterno per non avere troppi problemi di curvatura.
La protezione dello schermo dalle cadute non dovrebbe
essere un problema ora che Corning ha presentato Wil-
low Glass, una sorta di Gorilla per smartphone flessibili,
anche se come abbiamo visto anche il più forse dei Go-
rilla non protegge lo schermo da ogni tipo di caduta. Lo
schermo del Galaxy Fold è sicuramente più protetto.
Quanto sono grandi i due schermi di Galaxy Fold?Il secondo dubbio è legato alla dimensione degli schermi
stessi. I numeri oggi dicono poco se non si rapportano al
rapporto di forma. Quanto sono grossi i due schermi del
Galaxy Fold rispetto ad esempio allo schermo di Galaxy
S10? Lo schermo del Galaxy S10 ha una diagonale da
6.1” e un aspect ratio di 19:9, quindi ha una altezza di 14
cm e una larghezza di 6.6 cm. L’area totale dello scher-
Da questo rendering sembra che gli smartphone siano attaccati senza gap segue a pagina 06
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mo, perché questa è importante, è di 92.9 cm quadrati
(102 per la versione S10+).
Lo schermo esterno del Galaxy Fold è da 4.58” in for-
mato 21:9, quindi vuol dire 10.7 cm di altezza, 4.6 cm
di larghezza e 49 cm quadrati di area. Lo schermo
esterno del Galaxy Fold ha un’area utile che è le metà
quasi di quella di un Galaxy S10, e meno della metà di
quella di un Galaxy S10+. Vediamo ora lo schermo da
7.3” interno: ha una diagonale che non è molto distante
da quella di un Galaxy S10+ ma a fare la differenza è il
rapporto di forma: 4.2:3, che equivale ad una larghezza
di 15 cm e ad una altezza di 10.8 cm. L’area utile è di
162 cm quadrati. Ci troviamo davanti ad uno schermo
molto più ampio di quello di un qualsiasi smartphone,
prodotto che, giocando sull’aspect ratio, ha aumentato
solo virtualmente la dimensione dello schermo, perché
alla fine l’area utile è rimasta più o meno uguale a quel-
la dei vecchi smartphone 16:9 da 5.5”.
Galaxy Fold è un nuovo capitolo per Samsung, ma è an-
che il prodotto “1”: realizzare uno smartphone davvero
pieghevole, che non lascia il gap, oggi è impossibile se
si vuole tenere lo schermo all’interno, chiuso a libro.
Metterlo all’esterno, come faranno Huawei e Xiaomi, è
una soluzione di comodo, sicuramente più pratica per
alcuni aspetti ma meno efficace per altri. Si pensi ad
esempio alla protezione, o ai consumi: hai uno scher-
mo grande sempre acceso con una batteria che non
è necessariamente da tablet. E l’autonomia potrebbe
risentirne. Samsung, invece, ha un piccolo schermo
che viene usato per il 70% del tempo e, solo quando
serve, si passa a quello grande, più esigente in termi-
ni energetici. Samsung ha scelto la strada più difficile,
ma siamo anche certi che sia l’unica azienda che può
prendere questa strada. BOE, che fornisce i pannelli a
Huawei e agli altri, ha realizzato pannelli flessibili ma
non può essere paragonata nemmeno lontanamente
a Samsung Display, che ha una esperienza enorme nel
campo degli OLED di piccole dimensioni. Samsung rie-
sce a raggiungere un raggio di curvatura di 2 mm, un
traguardo impensabile, ma non sufficiente a eliminare
quel piccolo gap. Se gli altri hanno usato la soluzione
“esterna”, è perché i pannelli del fornitore cinese diffi-
cilmente riescono a raggiungere un raggio così piccolo.
Galaxy Fold è un prodotto da “wow” con una dotazione
tecnica impressionante, ma è sempre una prima gene-
razione. E queste prime generazioni servono, perché
aprono la strada poi ad evoluzioni sempre più convin-
centi. Non sarà perfetto, ma facciamo tutti il tifo per lui:
il mercato ha bisogno di innovazioni così.
MOBILE
Galaxy Fold, quello che Samsung non dicesegue Da pagina 05
di Roberto PEZZALI
Samsung porterà in Italia a inizio mar-
zo il Galaxy M20. Smartphone entry
level, ma non troppo, perché ha
diversi frecce al suo arco che lo rendono
un prodotto assolutamente interessante.
Il primo è il prezzo, 229 euro su Amazon
(canale di vendita ufficiale insieme al sito
Samsung) per uno smartphone che ha
una fotocamera super wide, utile e una
enorme batteria da 5000 mAh, capacità
che dovrebbe assicurare una autonomia
da record in questa fascia di prezzo. Il de-
sign è gradevole, anche se ricorda molto
quello del One Plus 6T con il caratteristi-
co notch a goccia che circonda la foto-
camera anteriore. Lo schermo è da 6.3”
MOBILE Arriverà su Amazon il nuovo Galaxy M20: inizialmente presentato sui mercati asiatici l’M20 sbarca anche da noi
Samsung M20 arriverà in Italia a marzo a 229 euro Avrà una batteria gigante e un’autonomia da recordPrezzo super aggressivo e un design fotocopia del One Plus 6T, con il caratteristico notch a goccia che circonda la fotocamera anteriore
FHD, un display LCD infinity-V da 2340 x
1080 pixel e 409 PPI di definizione: atten-
zione però alle cornici, perché secondo
alcune fotografie del prodotto sono state
abilmente ridotte in fase di fotoritocco.
Fortunatamente questo gioco vale per
le grafiche internazionali, perché le foto
presenti sulla pagina di Amazon sono più
veritiere: le cornici ci sono, soprattutto
quella inferiore che è abbastanza spessa.
Da uno smartphone da 200 euro non po-
tevamo certo aspettarci un design simile
a quello di un Galaxy S10, eppure da certi
rendering sembra altrettanto bello. l pro-
cessore è il recentissimo Exynos 7904, un
SoC octa core realizzato con tecnologia a
14 nanometri formato da due core Cortex-
A73 a 1,8 GHz e da sei core Cortex-A53
a 1,6 GHz. Integra una una GPU Mali-G71
MP2, un modem LTE Cat. 12/13 (600/150
Mbps) ed è supportato in questo caso da
4 GB di RAM e da 64 GB di memoria. Una
dotazione di tutto rispetto, alla quale si
aggiunge il senore fingerprint sul retro, la
porta USB Type C compatibile fast char-
ging. Doppia la fotocamera sul retro: alla
camera principale da 13 MP F1.9 è affian-
cato un sensore da 5 MP con obiettivo Ul-
tra Wide F2.2. Difficile considerare Galaxy
M20 un prodotto entry: c’è autonomia, lo
schermo sembra buono e anche il design
è piacevole. Samsung ha messo nel miri-
no Huawei sulla fascia di prezzo attorno
ai 200 euro, dove il colosso cinese è for-
tissimo con i suoi P Smart. E questo M20
ha tutte le carte in regola per fare bene.
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di Franco AQUINI
Samsung, nel corso del suo evento dedicato in larga
parte ai nuovi smartphone, ha presentato anche al-
tri dispositivi indossabili. Il primo di questi si chiama
Galaxy Watch Active, un dispositivo a metà strada tra lo
smartwatch e l’activity tracker. È innanzi tutto sottile e
leggero, ma con caratteristiche premium che lo rendono
paragonabile al resto della famiglia Galaxy Watch.
Pressione e gestione dello stress Galaxy Watch Active è un vero toccasanaCome ogni buon activity tracker che si rispetti, anche
Galaxy Watch Active mette insieme una serie di dati
per stabilire il livello di attività che si compie durante
il giorno. Pensiamo alle classiche metriche ormai co-
muni a tutti i dispositivi da polso, come il tracciamento
del sonno e dell’attività fisica in genere (è in grado di
monitorare più di 39 attività diverse, con la possibilità
di impostare gli obiettivi e di monitorare i progressi).
Galaxy Watch Active però fa qualcosa in più, questa si
davvero inedita, che è la misurazione della pressione
del sangue. Scaricando l’app My BP Lab, sviluppata
insieme alla University of California, il dispositivo riu-
scirà a fornire non solo il battito cardiaco, ma anche
la pressione sanguigna (da valutare attentamente, co-
m’è ovvio, la precisione e l’affidabilità del risultato).
E se lo stress sale troppo? Ci pensa sempre Galaxy
Watch Active. Come? Con gli esercizi di respirazione,
ovvio. Una funzione forse un po’ tirata per i capelli,
ma che troverà certamente i suoi estimatori. Altra in-
formazione utile: Galaxy Watch Active è compatibile
con Android e iOS e può interfacciarsi con le app più
popolari come Under Armour, Spotify e Strava.
MOBILE Samsung completa il suo ecosistema con i dispositivi indossabili, uno smartwatch per sportivi e auricolari total wireless by AKG
Galaxy Watch Active e Galaxy Buds: Samsung rileva la pressione sanguigna e offre audio wireless AKGEntrambi integrano l’assistente vocale di Samsung Bixby, permettendo quindi un utilizzo quasi totalmente senza mani
Per i malati di sport arrivano Galaxy Fit e Galaxy Fit EPer tutti coloro i quali non possono vivere senza fare
attività sportiva, Samsung ha lanciato due nuove fit-
band. Si chiamano Galaxy Fit e Galaxy Fit E e fanno
della leggerezza e indossabilità il punto di forza. La
funzione è chiara: tracciano qualsiasi tipo di attività
sportiva: dalla camminata alla corsa, per finire con la
bicicletta e molte altre selezionabili tra ben 90 diffe-
renti. Il tutto si integra facilmente con l’app Samsung
Health sullo smartphone e fornisce analisi sul benes-
sere basate anche sulla gestione dello stress e del
sonno. Fitband quindi, ma evolute. Sono infatti capa-
ci di ricevere le notiche principali dallo smartphone.
Sveglia, calendario o meteo, le notifiche arriveranno
direttamente sullo schermo dei due dispositivi. Galaxy
Fit e Galaxy Fit E sono inoltre resistenti all’acqua fino
a 5 ATM, permettono quindi di farsi un bagno al mare
o in piscina senza nessun problema.
Galaxy Buds, gli auricolari total wireless by AKGNon potevano mancare gli auricolari totalmente wire-
less, le Galaxy Buds, Si tratta di auricolari In-Ear total-
mente svincolati da cavi (un po’ come le AirPods di
Apple, ma non è il primo modello di questo tipo pro-
dotto da Samsung). La qualità audio, in questo caso,
è assicurata dalla mano esperta di AKG, con cui gli
auricolari sono stati sviluppati. Una qualità che rimane
altissima pur non isolando completamente l’utente da
quello che gli accade intorno.
La qualità vocale è affidata all’Adaptive Dual Mi-
crophone, ovvero un sistema di doppio microfono
(interno e esterno) installato in ognuno dei due au-
ricolari, in modo che il microfono possa offrire la mi-
gliore qualità possibile della voce quando si effettua
una chiamata vocale.
Infine l’autonomia, vero tallone d’Achille di alcuni au-
ricolari di questo tipo. Le Galaxy Buds garantiscono,
stando alle dichiarazioni di Samsung, fino a 6 ore di
streaming Bluetooth e fino a 5 ore di chiamata. Inol-
tre, com’è ormai prassi, la custodia offre anch’essa
una batteria che può ricaricare gli auricolari dandogli
fino a 7 ore di utilizzo aggiuntivo. In più riescono a
garantire 1,7 ore di utilizzo con soli 15 minuti di rica-
rica. Non bastasse, le Galaxy Buds possono sfruttare
la capacità di ricarica del Galaxy S10 per ricevere una
ricarica aggiuntiva quando ci si trova nell’impossibilità
di ricaricarle in altro modo.
Anche Galaxy Buds, come Galaxy Watch Active, integra-
no l’assistente vocale di Samsung Bixby, permettendo
quindi un uso quasi totalmente senza mani.
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
Huawei Mate X, sorpresa rovinata. Schermo flessibile e connessione 5GIl primo smartphone foldable al mondo con connessione 5G. Il cartellone pubblicitario affisso presso la location dell’evento Huawei del MWC svela il design del prodotto più atteso della fiera di R. PEZZALI
Schermo esterno, come previsto, e una cerniera sul lato che per-mette di ripiegare lo smartphone completamente. Mate X, il pri-mo smartphone pieghevole di Huawei, è stato svelato dal cartel-lone pubblicitario che gli addetti ai lavori stavano installando presso la location dell’evento. Una distra-zione che ha rovinato la sorpresa su quello che era il prodotto più atteso della fiera, togliendo ogni dubbio sull’aspetto più interes-sante, il design. Dalle foto si vede come Huawei abbia deciso di far piegare lo schermo OLED attorno allo snodo, verso l’esterno, per avere un angolo di curva più gen-tile. Le fotocamere sono installate in un piccolo blocco laterale posto in verticale, e da quanto sembra non esistono fotocamere anteriori o posteriori ma c’è solo una terna di fotocamere che può essere uti-lizzata per tutto, basta scegliere il verso giusto. Nessun dettaglio sul-l’interno, sappiamo solo che ci sarà quasi sicuramente il Kirin 980 con il modem Balong 5000, essendo dotato Mate X di connettività 5G.
di sergio DONATO
L a notizia è di quelle che generano
vertigini. In un comunicato con-
giunto, Vodafone Italia e Telecom
Italia hanno fatto sapere che intendono
avviare una collaborazione volta alla
condivisione attiva della rete 5G, valu-
tare la condivisione degli apparati del-
la rete 4G e ampliare l’attuale accordo
di condivisione passiva (che riguarda
cioè il cablaggio in fibra ottica). Stiamo
parlando di una partnership che per la
dimensione degli attori coinvolti non ha
precedenti in Italia. Per quanto riguarda
la componente attiva della rete 5G, Vo-
dafone e Tim intendono sottoscrivere un
accordo che velocizzi lo sviluppo degli
apparati, ampliando al contempo l’area
geografica di intervento e abbassando i
costi di realizzazione. Si riservano però
di mantenere una flessibilità strategica
legata ad alcune grandi città. Pensiamo,
per esempio, agli investimenti di Voda-fone nella metropoli milanese.
Si parte dal 5G ma potrebbero convergere anche le reti 4GPer supportare questa espansione del
5G, i due colossi delle telecomunica-
zioni stanno valutando anche la condi-
MOBILE I due giganti delle telecomunicazioni si stanno preparando a guardare tutti dall’alto
Nozze a sorpresa: Vodafone e Telecom condivideranno le antenne 5G. Forse anche 4GUn memorandum d’intesa li avvicina nello sviluppo congiunto della nuova rete 5G italiana
visione degli apparati attivi della rete
4G. Potrebbe poi essere sviluppata
congiuntamente anche l’infrastruttura in
fibra di collegamento tra le diverse an-
tenne mobile, migliorando il cosiddetto
backhauling, grazie all’utilizzo di una
rete in fibra ottica ad alta capacità (Fi-
ber-to-the-Site) che offriranno vantaggi
agli utenti in termini di maggiore velo-
cità e bassa latenza, generando anche
economie di scala per le due società.
Sono già 10mila le torri di trasmissione
condivise tra Vodafone e Telecom, ma
se vogliamo racchiudere in una cifra
l’espansione di Vodafone e Telecom
sul territorio italiano, dobbiamo riferirci
a 22mila torri che le società intendono
aggregare in un’unica entità e che nel
suo complesso rappresenterebbe l’in-
frastruttura passiva di rete più grande
d’Italia, votata anima e corpo alla spinta
del 5G ma che continuerebbe a perse-
guire l’obiettivo di incrementare l’ospi-
talità di altri operatori per generare ul-
teriori efficienze. Questo memorandum
d’intesa tra Vodafone e Telecom non è
vincolante, ma è un tavolo su cui poter
lavorare alla sottoscrizione di accordi
futuri (sebbene sembrino molto vicini),
e che ovviamente dovranno passare
indenni le verifiche dell’antitrust. Ma
certamente, se la rete dei due gestori
dovesse fondersi, sarà difficile per i
concorrenti anche solo avvicinarsi a una
capillarità di copertura come quella che
ne deriverebbe.
di Giovanni CAU
Samsung ha reso disponibile un
nuovo aggiornamento per il suo
Galaxy Note 8 che introduce
l’ultima versione stabile del sistema
operativo Android 9 Pie. I primi a po-
terne beneficiare sono stati gli utenti
di diverse regioni dell’Europa orienta-
le come Bulgaria e Slovacchia, il che
presuppone un lancio graduale che
potrebbe richiedere da alcuni giorni a
poche settimane affinché tutti possano
ricevere l’aggiornamento. Il nuovo ag-
giornamento sarà rilasciato in via OTA
MOBILE Galaxy Note 8 era stato lanciato sul mercato nell’agosto 2017 con Android 7.1.1 Nougat
Samsung Galaxy Note 8 rende disponibile in Europa l’aggiornamento ad Android 9 PieL’aggiornamento include le patch di sicurezza relative a febbraio 2019 e la nuova interfaccia One UI
per tutti i compatibili con una
dimensione di circa 1,9 GB e ri-
conoscibile tramite la seguen-
te sigla: N950FXXU5DSB2.
L’aggiornamento include le
patch di sicurezza relative
al mese di febbraio 2019 e
la nuova interfaccia grafica One UI con la quale Sam-
sung punta all’insegna della
semplicità e praticità in quanto sullo
schermo ci sarà solo quello che serve
all’utente senza nessuna distrazione o
elementi inutili. L’azienda sudcoreana
ha lanciato per la prima volta la nuova
interfaccia utente sul Galaxy S9, Gala-
xy S9+ e Galaxy Note 9. Finalmente an-
che i precedenti dispositivi compatibili
possono godere del nuovo look e dei
miglioramenti apportati con One UI.
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MAGAZINE
di Roberto PEZZALI
L G ha annunciato che il prossimo smartphone fla-
gship G8 avrà a bordo un sensore ToF prodotto
da Infineon. Ma non è la prima: Oppo ha già usato
un sensore ToF per il suo RX17 Pro, e anche Honor, sul
recente View 20, ha usato un sensore simile per miglio-
rare la resa della fotocamera. Nei prossimi anni questo
tipo di sensore diventerà praticamente indispensabile
su tutti gli smartphone top di gamma, e la stessa Apple
dovrebbe adottare sensori ToF prodotti da Sony per i
futuri modelli di iPhone, riducendo il numero dei compo-
nenti oggi necessari per un sistema di autenticazione, il
FaceID, che resta costoso e complesso. Prima di spie-
gare come funzionano è bene capire a cosa serve un
sensore ToF, e chiarire che nonostante alla base ci sia
un CMOS che legge la luce proprio come le fotocame-
re, questo sensore non può essere usato per ottenere
foto di qualità come succede con i normali sensori foto-
grafici. La risoluzione dei sensori ToF è infatti talmente
bassa che non sono in grado di produrre una fotografia
accettabile. I modelli che saranno usati sul G8 di LG,
che appartengono alla famiglia Real3 di Infineon, hanno
una risoluzione pari a 224 x 172 pixel, ovvero 38k pixel.
Poco, molto poco, ma sufficienti per creare una imma-
gine particolare, una mappa di profondità. Un sensore
ToF infatti non è altro che una fotocamera 3D a bassis-
sima risoluzione, che crea mappe 3D di profondità. ToF
significa Time of Flight, e mai nome poteva essere più
azzeccato, tempo di volo. Il principio di funzionamento
di questo tipo di sensore è abbastanza semplice: un
emettitore, solitamente un LED IR o un laser, proietta
luce modulata. Luce invisibile, siamo nel range dell’in-
frarosso, 850 nm, che rimbalza tuttavia sugli oggetti che
incontra. Un sensore CMOS realizzato appositamente
per ricevere lo stesso spettro converte il segnale lumi-
noso in segnale elettrico. Il sensore non leggerà solo la
luce inviata dalla sorgente luminosa, quindi quella rifles-
sa, ma avrà anche una componente di luce ambientale
MOBILE Time of Flight è un nuovo tipo di sensore che rivoluzionerà nei prossimi anni il mercato degli smartphone. Ecco come funziona
I sensori Time of Flight arriveranno su ogni smartphone. Cosa sono e come funzionanoUn sensore ToF non è altro che una fotocamera 3D a bassissima risoluzione, che crea mappe 3D di profondità
clicca sull’immagine per l’ingrandimento
che però non contribuisce in alcun modo a ricostruire
la mappa 3D. Anzi, una forte componente di luce am-
bientale paradossalmente riduce il rapporto segnale
/ rumore in lettura rendendo meno precisa la mappa.
La luce emessa dall’emettitore solitamente è un’onda
quadra, e leggendo lo sfasamento tra l’onda trasmessa
e quella ricevuta si può capire, integrando le due lettu-
re, la distanza dei singoli punti dell’immagine ricevuta. I
calcoli della distanza vengono ovviamente fatti per ogni
singolo pixel del sensore in tempo reale, con prestazio-
ni vicine anche ai 160 frame al secondo: il vantaggio di
un sensore ToF sta proprio nella velocità di costruzione
della mappa di profondità oltre alla riduzione dei costi.
La mappa può anche essere combinata con la lettura
della camera principale per realizzare un piccolo mo-
dello 3D realistico. Un sensore ToF è stato usato nella
seconda versione di Kinect, quella data in bundle con
Xbox One, mentre gli iPhone attualmente usano la tec-
nologia Structured-Light, che è decisamente più costo-
sa da implementare. La Structured Light, come dice il
nome, prevede infatti che venga proiettato un pattern
IR predefinito sugli oggetti e sulle persone: può essere
una matrice di punti, o una griglia, o tante strisce una vi-
cina all’altra. Con la conoscenza della forma originaria e
leggendo con una fotocamera in che modo l’immagine
proiettata viene deformata quando colpisce la superfi-
cie, si riesce a ricostruire la forma tridimensionale della
superficie stessa. Nell’iPhone un piccolo sensore ToF,
per rilevare il movimento, è comunque presente. I sen-
sori ToF cambieranno il modo di usare lo smartphone:
la creazione di una mappa 3D infatti permette di dare
vita a moltissime applicazioni in ogni campo. In ambito
fotografico la mappa di profondità può essere usata per
rimuovere lo sfondo dalle foto o dai video, e per creare
l’effetto bokeh, ma è un uso abbastanza classico che
abbiamo già visto. Più interessanti gli ambiti legati alla
realtà aumentata, dove finalmente si potranno leggere i
dati di una stanza e le misure degli oggetti senza dover
ricorrere a sofisticati calcoli e quindi ad uno smartpho-
ne di fascia alta. Ma c’è di più, oltre all’autenticazione
biometrica è possibile sfruttare il sensore ToF esatta-
mente come faceva Kinect, per leggere e interpretare
le gesture e i movimenti. LG ha annunciato la tecnologia
“no touch” sul prossimo G8 e crediamo si riferisse pro-
prio a questo: usare le mani e il corpo per controllare
lo smartphone da lontano, magari scorrendo notifiche
senza appoggiare la mano sullo schermo ma sempli-
cemente passandola davanti. I sensori ToF migliori rie-
scono a leggere mappe 3D da oggetti ad una distanza
comunque notevole, e il consumo è relativamente ridot-
to. Presto Nokia presenterà il nuovo Nokia PureView 9
con 5 fotocamere: una di queste molto probabilmente
sarà una Time of Flight Camera. Perchè sarà sempre più
difficile farne a meno.
clicca sull’immagine per l’ingrandimento
n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
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MAGAZINE
di Pasquale AGIZZA
Sony rivoluziona il suo top di gamma
cambiando nome e proponendo un
display con un fattore di forma mai
visto prima. La nuova infornata di indi-
screzioni ha svelato molte caratteristiche
del prossimo smartphone giapponese e
il sempre attivo Evan Blass ha pubblicato
le prime immagini su Twitter.Partiamo proprio da quest’ultimo partico-
lare, col noto insider che attraverso Twit-
ter ci offre una panoramica sull’aspetto
dell’Xperia 1. Salta subito agli occhi il net-
to cambio di rotta della casa giapponese,
che propone un design con bordi molto
sottili e utilizzo di vetro ed alluminio per
la scocca. Sembrerebbe non essere pre-
sente il jack audio. Ma quello che balza
subito agli occhi, oltre al particolare colo-
re viola del retro, è lo schermo curvo da
6,5 pollici che presenta un inedito fattore
di forma 21:9. Sembra essere conferma-
MOBILE Nuove indiscrezioni per il prossimo top di gamma di Sony. Cambiano nome e schermo
Sony Xperia 1 avrà un inedito schermo 21:9? Prime immagini su Twitter: schermo curvo da 6,5 pollici con form factor 21:9 e prestazioni da urlo
to, inoltre, che lo schermo
sia OLED e le indiscrezioni
parlano di una risoluzione
di 3360 x 1440 pixel. Dalla
prima immagine si posso-
no notare, poi, le tre foto-
camere posteriori.
Dal punto di vista hardwa-
re, Sony dovrebbe alzare
l’asticella delle prestazioni
e puntare a diventare la prima della clas-
se. L’utilizzo del processore Snapdragon
855 affiancato alla GPU Adreno 640 e 8
GB di RAM, infatti, avrebbe portato a ri-
sultati impressionanti nei benchmark An-
TuTu arrivando a sfiorare i 400mila punti.
Tutta questa potenza dovrebbe essere
supportata, poi, da una capiente batteria
da 4.400 mAh con supporto alla ricarica
wireless. Chiudono il cerchio delle in-
formazioni trapelate online la presenza
di Android 9 Pie e la certificazione IP68
per impermeabilità e resistenza alla pol-
vere. Il nuovo Xperia 1 dovrebbe essere
svelato per intero alla conferenza Sony
prevista il 25 febbraio a Barcellona, in
occasione del Mobile World Congress. In
quella data Sony comunicherà disponibi-
lità e prezzo del suo nuovo gioiellino e
secondo le indiscrezioni dovrebbe stupi-
re anche in questo campo, arrivando sul
mercato ad un prezzo sensibilmente più
basso rispetto ai top di gamma dei con-
correnti.
Il primo smartphone 5G di LG sarà V50 ThinQ. Cosa sappiamo finoraIl volto del primo smartphone compatibile con la rete 5G di LG è quello del V50. Ecco quanto sappiamo
di M. DI MARCO
Sarà V50 ThinQ il primo smar-tphone di LG con connettività 5G. A confermarlo è una foto indiriz-zata alla stampa che Evan Blass ha pubblicato su Twitter. Al centro dello schermo campeggia il logo 5G, mentre sulla scocca è pre-sente il nome del dispositivo. Tale fotografia si inserisce in un mosai-co di informazioni che decretano che il 24 febbraio conosceremo meglio, probabilmente nel conte-sto del Mobile World Congress, il V50 ThinQ. A gennaio, LG ha fatto sapere che in tale data presente-rà il suo primo smartphone 5G. La stessa data che, come si può no-tare nell’immagine condivisa da Blass, è specificata sullo schermo, sotto l’ora. A questo punto, uniamo i puntini e possiamo specificare che V50 ThinQ avrà un proces-sore Snapdragon 855, un nuovo sistema di raffreddamento e una batteria da 4.000 mAh. Inoltre, il lettore d’impronte rimarrà sul retro, in controtendenza ad altri produttori (Samsung in primis). Allo stesso modo, i sensori delle foto-camere posteriori non sembrano essere sporgenti: o LG ha trovato un modo per “limare” la dimensio-ne delle fotocamere oppure V50 è leggermente più spesso di V40.
di Benedetto DI BLASI
U no smartphone di fascia medio-
alta da posizionare poco sotto ai
top di gamma. L’idea di un Pixel
di Google con specifiche tecniche otti-
me, ma qualche caratteristica in mano
da inserire in catalogo a un prezzo leg-
germente più basso gira da tempo e il
quotidiano Nikkei ha riportato di ulterio-
ri conferme in tal senso. Il prezzo, se-
condo le indiscrezioni, potrebbe essere
inferiore a quello di iPhone XR, usato
ormai come riferimento per smartphone
di fascia alta dal prezzo più contenuto
(rispetto agli attuali standard di prezzo
dei top di gamma, almeno). L’obietti-
vo è il solito: migliorare le prestazioni
commerciali e finanziarie del segmento
hardware. Google ci ha già provato in
passato. Dopo aver acquistato e riven-
duto Motorola nel 2012, ha anche ac-quistato ufficialmente parte di HTC a
inizio 2018. Inoltre, in questi anni ha cer-
cato di consolidare la sua supply chain,
MOBILE Il catalogo di smartphone Pixel potrebbe estendersi con un modello più economico
Un Google Pixel più economico? Entro il 2019 e con un prezzo inferiore a iPhone XRL’obiettivo è il solito: migliorare le prestazioni commerciali e finanziarie del settore hardware
andando ad assume-
re esperti in questo
campo, in particolare
da Apple.
La strategia di vendi-
ta degli smartphone
rientra in un ecosi-
stema Google fatto
di telecamere di
sicurezza e termo-
stati con Nest, smart
speaker con Google
Home, Chromecast
per le TV e tanto altro. Ovviamente
Google non lo fa solo per una diffusio-
ne del suo hardware, bensì per la dif-
fusione dei suoi servizi (Google Search,
Gmail, etc.) dal quale poi guadagna
per le inserzioni pubblicitarie, obiettivo
chiarissimo. Guardando alle indagini di
mercato di terze parti, nel 2018 le con-
segne di Pixel sono state di 4,7 milioni,
che significa una quota di mercato, a
livello mondiale, dello 0,33%. Una quo-
ta di mercato molto bassa, nonostante
un incremento rispetto ai 3,5 milioni del
2017. Se Apple sta vivendo un momento
di contrazione delle vendite di iPhone,
e con lei i suoi terzisti, vedi Foxconn e
Pegatron, dall’altro lato chi produce
per Google, da una fonte di Nikkei, ri-
sulta aver aumentato la produzione per
tutti i prodotti Google. Discorso simile
per gli ordini a Pegatron (questi grandi
supplier cinesi lavorano per chiunque,
ovviamente) per Google Home e altri
prodotti Nest.
n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di M. DI MARCO
Anticipa la presentazione di Galaxy
S10 il nuovo top di gamma di Xiao-
mi, MI 9. Che si “sdoppia” anche in
una versione più vicina alla fascia media:
Mi 9 SE. Le differenze tra i due dispositivi
sono minime e riguardano più le dimen-
sioni dello schermo (6,4” per Mi 9 e 6” per
Mi 9 SE) che reali mancanze da parte del
“fratellino”. Non manca anche la Explorer
Edition di Mi 9. Di Mi 9 sapevamo già pra-
ticamente tutto e la presentazione ufficia-
le, che si è tenuta in Cina, ha confermato
le principali specifiche tecniche. Il top di
gamma di Xiaomi fa affidamento su uno
schermo AMOLED da 6,4” Full HD+, pro-
cessore Snapdragon 855, fotocamera
posteriore da 48 megapixel (f/1.75, sen-
sore Sony IMX 586) con due sensori ag-
giuntivi, un obiettivo tele da 12 megapixel
(che equivale a una lunghezza focale di
50 mm) e uno grandangolare da 16 me-
gapixel; la fotocamera frontale, invece,
usa un sensore da 20 megapixel. La bat-
teria ha una capacità di 3.300 mAh. Mi 9
MOBILE Mi 9 e Mi 9 SE sono i due smartphone di fascia alta di Xiaomi, dalle differenze minime
Ufficiali Xiaomi Mi 9 e Mi 9 SE. Schermo AMOLED e fotocamera da 48 megapixelSnapdragon 712 per il “fratellino”, ma su entrambi c’è la fotocamera da 48 MP e schermo AMOLED
parte da 6 GB di RAM e 128 GB di memo-
ria integrata. In quali campi, invece, Mi 9
SE perde qualcosa? Innanzitutto, al posto
dello Snapdragon 855, viene integrato
uno Snapdragon 712. Sebbene il senso-
re principale della fotocamera posteriore
resti da 48 megapixel, è affiancato da un
sensore da 8 megapixel e un terzo da 13
megapixel; la fotocamera frontale resta
da 20 megapixel. La configurazione della
memoria resta la stessa: da 6 GB di RAM
e 128 GB di spazio interno fino a 8 GB di
RAM e 256 GB per l’archiviazione. In un
corpo più piccolo (5,97” di schermo per
essere precisi) c’è una batteria più pic-
cola: 3.070 mAh. Pesa anche meno: 155
g contro i 173 g del Mi 9. Sia Mi 9 sia Mi
9 SE integrano il lettore d’impronte nello
schermo. Parliamo di prezzi, anche se si
tratta di costi in Cina: 1.999 yuan per Mi 9
SE (260 euro), 2.999 yuan per Mi 9 (392
euro) e 3.999 yuan (523 euro) per Mi 9
Explorer Edition, con 12 GB di RAM e 256
GB di spazio di archiviazione.
Bixby esce dalla beta e parla italiano. Arriva anche su Galaxy Note 8 e S8L’assistente virtuale di Samsung, Bixby, è pronto alla sfida con Google Assistant e Alexa. Lo vedremo in funzione anche su Galaxy Note 8 e S8 di S. DONATO
L’assistente vocale di Samung, Bixby, è uscito ufficialmente dal-la versione beta che compren-deva già la nostra lingua, ma con ovvie limitazioni causate dalla fase di sviluppo. Adesso, inve-ce, avrà piena coscienza della sua piattaforma di intelligenza artificiale scalabile e avrà come obiettivo soprattutto l’interazio-ne con l’ecosistema IoT di Sam-sung, che comprende il settore bianco degli elettrodomestici ma anche quello dell’intrattenimen-to, come gli altoparlanti wire-less o le smart TV. Ovviamente, si prenderà cura anche di tutte le richieste vocali che abbiamo già visto gestire dai suoi diretti concorrenti, Alexa e Google As-sistant. Samsung ha dato il via a collaborazioni con Skyscanner per la ricerca dei voli aerei, con Yoox per i capi d’abbigliamento, e al momento c’è un accordo con la Liga spagnola per i risulta-ti dai campi sportivi di calcio ibe-rici. Questi servizi si adatteranno al mercato e alla lingua d’uso e si espanderanno nel corso del tempo. Bixby sarà già disponibi-le e nel pieno delle sue forze per tutta la famiglia di nuovi Galaxy S10, ma Samsung lo ha accolto anche in Galaxy Note 9, S9, S9+ e con sorpresa anche su Note 8, S8 e S8+. Condizione comune è che tutti siano governati almeno da Android 9 Pie e che la diffu-sione per i dispositivi più vecchi avvenga in modo progressivo attraverso un aggiornamento OTA dell’interfaccia OneUI di Samsung.
MOBILE TP-Link rafforzerà la presenza nel settore mobile con due smartphone con intelligenza artificiale
TP-Link: router Wi-Fi 6 e nuovi smartphone al MWCConfermati anche i router Wi-Fi 6 visti al CES: AX11000 e i fratelli minori, l’AX6000 e l’AX1800
di Sergio DONATO
Tra le novità che TP-Link al Mobile
World Congress 2019, spiccano due
nuovi smartphone della serie X, che
la società ha creato tre anni fa per entrare
nel settore mobile. In quel di Barcellona
potremo dare un occhio a Neffos X20 e
X20 Pro, i primi terminali con schermo da
6,26 pollici, rapporto 19:9 e risoluzione
HD+. L’X20 sarà guidato da un proces-
sore Helio A22, avrà 2 GB di RAM e uno
spazio di archiviazione di 16/32 GB. L’X20
Pro monterà un processore Helio P22
octa-core, 3/4 GB di RAM e 32/64/128
GB di ROM. Entrambi avranno una dop-
pia fotocamera posteriore 5MP+13MP e
una anteriore con “AI Beauty Mode”. A
proposito di intelligenza artificiale, i due
terminali ne sfrutteranno le routine per il
miglioramento delle fotografie, che gio-
veranno del riconoscimento di 17 scene
per la selezione automatica delle
impostazioni di scatto. Avranno
una tacca a goccia e il dialogo
con l’utente sarà affidato all’inter-
faccia di TP-Link NFUI 9.0 gestita
da Android 9.0 Pie. Entrambi gli
smartphone si avvantaggeranno
dell’esperienza TP-Link nella ge-
stione dei segnali radio, protetti
dalle interferenze elettromagne-
tiche e saranno disponibili nel secondo
trimestre del 2019. Faranno poi il loro in-
gresso in Europa i 3 dispositivi di rete visti
al CES 2019 dotati del nuovo standard
Wi-Fi 6. Il router AX11000 con velocità di
picco di 11.000 Mbps grazie alle tre bande
utilizzate per la trasmissione Wi-Fi (due a
5 GHz e una a 2,4 GHz), che potrà essere
acquistato a marzo per 449,99 dollari. E
i fratelli minori, l’AX6000 (già disponibile)
e l’AX1800 (previsto nel terzo trimestre
2019), saranno a loro agio in casa o in
ufficio, con due sole bande a disposizio-
ne, ma ovviamente con la freschezza del
Wi-Fi 6. Rispettivamente a 349,99 dollari
e a 129,99 dollari. Il nuovo standard Wi-Fi
sarà sfruttato anche dai dispositivi di rete
mesh, in questo caso da Deco X10 (tre
bande e velocità fino a 1,95 Gbps), vendu-
to in kit con il suo clone a 349,99 dollari. A
Barcellona sarà presentato anche il nuo-
vo kit Powerline TL-WPA8630P.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Roberto PEZZALI
5 .5mm di spessore e un peso di soli
400 grammi, meno del nuovo iPad
Pro da 11” che al righello si ferma
a 5.9 mm e sulla bilancia fa registrare
468 grammi. Galaxy Tab S5e non solo è
il tablet più leggero e sottile sul mercato
nella categoria ovvero 10”, ma è anche un
prodotto totalmente diverso dall’iPad Pro.
Costerà infatti quasi la metà, con il prezzo
americano di 399$ che dovrebbe tradursi
in un italiano 479 euro, almeno secondo
le nostre stime.
Samsung parla di “sotto i 500”, ma non
crediamo di andarci molto lontano. Ga-
laxy Tab S5e non ha solo lo spessore
dalla sua parte ma ha anche lo schermo:
i 10.5” infatti sono gestiti da un eccellente
pannello OLED da 2560 x 1600 in forma-
to 16:10 con un rapporto screen to body
dell’82%, bordi sottilissimi quanto quelli
del tablet della concorrente di sempre.
Tra gli altri dati da segnalare un processo-
MOBILE Samsung lancia il nuovo Galaxy Tab S5e, interessante per fruire dei video in mobilità
Galaxy Tab S5e, schermo OLED e audio AKG Il tablet perfetto per Netflix a passeggioÈ un tablet leggero, sottile e ha uno schermo con pannello OLED 16:10 dai bordi sottilissimi
re Snapdragon 670, 4 GB di RAM, 64 GB
di storage espandibili e una camera da
13 megapixel capace di riprendere video
4K a 30 fps. L’autonomia dichiarata, e qui
l’OLED aiuta, è di circa 15 ore.
La vera domanda da farsi è se c’è ancora
spazio per un tablet Android, bellissimo
dal punto di vista hardware, in un mercato
in contrazione dove Apple ha gran parte
delle quote di mercato.
Dipende. Se l’utilizzo principale che viene
fatto del tablet è la fruizione dei contenuti
in mobilità, per esempio da Netflix o da
Prime Video, con audio AKG, schermo
OLED e un aspect ratio più vicino al 16:9,
il Galaxy Tab S5e è senza dubbio preferi-
bile ad un iPad entry level. Anzi, probabil-
mente anche all’iPad Pro, che pur avendo
uno schermo calibrato resta pur sempre
un LCD che fatica non poco sulle basse
luci. Per tutti gli altri utilizzi, in ambito con-
sumer, l’iPad può contare su una gamma
di applicazioni che Android si sogna: per
produttività, gioco, app per bambini un
iPad non solo è più sfruttabile ma anche
più sicuro, perché privo delle insidiose
app gratuite piene di pubblicità che sono
disponibili per i tablet Android.
Un altro aspetto dove Tab S5e può risul-
tare una valida alternativa all’iPad è quello
della produttività business: l’iPad, soprat-
tutto in versione Pro, fa della produttività
il suo punto di forza ma il Galaxy Tab può
contare su Dex, l’estensione di schermo
che crea una desktop virtuale collegato
a mouse, monitor e tastiera. Purtroppo,
vista la scarsa quantità di RAM a disposi-
zione e il processore di fascia media, non
crediamo sia supportato Linux on Dex,
soluzione questa presente sul modello
superiore, che sopporta anche la penna.
Galaxy Tab S5e arriverà nei prossimi mesi:
il mercato dei tablet è piccolo, ma con
audio AKG, schermo OLED, peso piuma
e spessore ridotto crediamo che questo
tablet sia la perfetta macchina da “serie
tv e video in mobilità”. Per tutto il resto,
fino a quando l’ecosistema tablet Android
non migliora, l’iPad continua ad essere la
soluzione migliore.
Android Q dirà addio al tasto Indietro. Tutto basato sulle gesturePer Android Q sembra che Google voglia seguire la strada già percorsa su iOS: sempre più gesture, sempre meno tasti virtuali di Giovanni CAU
Con l’arrivo di Android 9 Pie, che incrementa l’utilizzo di gesture per le app smartphone dopo aver eliminato la classica barra di na-vigazione, Google sembrerebbe pronta a far sparire anche il tasto “indietro”.Al posto del solito tasto sembra, stando a quanto ha scoperto XDA Developers scavando tra i codi-ci di una versione preliminare di Android Q, che si tornerà indietro tramite un movimento dal pulsan-te centrale verso sinistra, passan-do in un attimo alla schermata precedente. Il sistema sembra essere un’evoluzione di quanto già oggi è possibile fare sui Pixel, dove il tasto Home è sostituito da una piccola linea bianca: una volta premuta, la schermata pas-sa a tutte le applicazioni aperte. Da lì si può tornare indietro con il tasto apposito oppure muovere le schermate a destra o a sinistra tramite le gesture.Uno sviluppatore di XDA ha pub-blicato un video che confronta le gesture di Android 9 Pie e An-droid Q. Naturalmente è ancora presto per parlare di novità defini-tive e conviene per ora prendere le informazioni con un minimo di dubbio fino a che Google non farà una presentazione ufficiale del si-stema operativo.
MOBILE In attesa della presentazione al MWC il 24 febbraio
Nokia 9 PureView: foto stampa mostrano 5 fotocamere posteriori
di Giovanni CAU
L a presentazione del Nokia 9 si concretizzerà in occasione del Mobile World Con-
gress, il 24 febbraio. HMD Global avrà finalmente modo di lanciare il Nokia 9 Pu-
reView che sarà il primo smartphone ad avere ben cinque fotocamere posteriori.
Il lancio del nuovo dispositivo Nokia è stato più volte rimandato e nonostante l’attesa
e da parte degli appassionati sia ora alle stelle, qualche anteprima sul design e sulla
sua dotazione hardware è già trapelata online attraverso Twitter. Dai render ufficiali
e non, salta subito all’occhio la mancanza della tacca e la presenza delle cinque fo-
tocamere posteriori combinate con altri due sensori laser, uno probabilmente per la
messa a fuoco e uno per il flash. Nella parte bassa della scocca, si trovano la griglia
dell’altoparlante e una porta USB-C. Nokia 9 PureView sarà anche il primo smartpho-
ne del marchio senza un jack audio da 3,5mm. Il sistema operativo sarà Android Pie
9. Diversamente da altri top di gamma Android, non dovrebbe adottare il processore
Snapdragon 855, in favore, invece, dello Snapdragon 845. In ogni caso, è meglio
attendere l’ufficialità. Lo scher-
mo AMOLED (2880 x 1440) sarà
da 6” con lettore d’impronte di-
gitali; dalle immagini, infatti, non
si nota nessun sensore esterno.
La fornitura si conclude con uno
spazio d’archiviazione da 128GB,
certificazione IP 68 e una batte-
ria da 4.150 mAh.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
Rai 4K, torna la Champions: si riparte con Bayern Monaco vs LiverpoolRitornano le partite di Champions League in Ultra HD su Tivùsat con Bayern Monaco - Liverpool del 13 marzo. L’appuntamento è come sempre sul canale 210 di RaI 4K trasmesso dalla piattaforma satellitare Hot Bird di Eutelsat di R. FAGGIANOBuone notizie per chi desidera sfruttare il proprio televisore Ul-tra HD perchè le partite di Cham-pions League ritornano su Rai 4K dopo tre settimane di interruzio-ne. L’appuntamento è già fissato per il 13 marzo con un incontro di cartello: Bayern Monaco - Li-verpool, partita aperta a ogni risultato dopo il pareggio a reti inviolate dell’andata. La partita sarà trasmessa sul canale 210 di Rai 4K nella piat-taforma Tivùsat e sarà visibile solo con tessera Tivùsat Gold e relativa cam su tv e decoder che ricevono i segnali dal satellite Hot Bird di Eutelsat.Al momento il canale non è atti-vo ma dovrebbe essere riacceso entro la fine di febbraio. Intanto nulla è stato deciso per le partite trasmesse in chiaro nella pros-sima stagione, la Rai vorrebbe confermare l’acquisto dei diritti ma se Sky alzasse la posta po-trebbe anche abbandonare la gara in favore di altri soggetti interessati come Mediaset.
di Massimiliano DI MARCO
L ’Autorità per le Garanzie nelle Co-
municazioni (AGCOM) ha dato il suo
nulla osta al passaggio di proprietà,
a seguito dell’accordo, avvenuto a no-vembre, tra le due aziende. La verifica
delle autorità indipendenti è un passag-
gio obbligato. Il trasferimento di proprietà
è stato autorizzato dall’AGCOM con una
delibera in data 22 gennaio e pubblicata
sul sito dell’Autorità solamente il 15 feb-
braio. L’AGCOM ha determinato che in
quanto R2 “non risulta detenere auto-
rizzazioni per la diffusione di programmi
sulle reti digitali terrestri”, l’acquisizione
da parte di Sky Italia non consentirà “il
MERCATO Un altro tassello nel percorso che porterà R2 dalle mani di Mediaset a quelle di Sky
La piattaforma Mediaset Premium passa a Sky. L’AGCOM ha dato il via liberaA operazione conclusa, sarà Sky a ospitare l’offerta Premium di Mediaset, per mezzo di R2
superamento dei limiti previ-
sti”. Allo stesso modo è stato
verificato che l’acquisizione
di R2 non permetterà a Sky
Italia di registrare “ricavi
superiori al 20% dei ricavi
complessivi del SIC”, ossia
il Sistema Integrato delle
Comunicazioni. R2, lo ricor-
diamo, è la società che ge-
stisce la piattaforma tecnica sottostante
al servizio Mediaset Premium.
Ciò significa che l’infrastruttura essen-
ziale per il funzionamento dell’offerta
Premium passerà nelle mani di Sky, ma
Premium resterà di Mediaset. A conti
fatti, si ribalteranno i ruoli: laddove fino a
oggi è stata Mediaset a ospitare l’offerta
di Sky sul digitale terrestre, con la con-
clusione dell’operazione sarà Sky, pro-
prio per mezzo di R2, a ospitare l’offerta
Premium di Mediaset.
di G. RUSSO
A pochi giorni dalle dichiarazioni di Miche Geraci (MiSE): “Per l’Italia
non è un problema”, suona forte-
mente in disaccordo la nota che la Lega
ha preparato per un’interrogazione
parlamentare. Secondo il partito, infat-
ti, con una legge approvata nel 2017, la
legislatura cinese imporrebbe a tutte le
aziende (della stessa nazionalità) di for-
nire l’accesso all’intelligence di Pechino
ai dati che sono disponibili sulle reti con
infrastruttura cinese.
A capo della mozione, il parlamentare
della Lega Massimiliano Capitanio. La
Lega vorrebbe un maggior controllo su
quelle che sono ad oggi le norme di si-
curezza sulle infrastrutture o in alternati-
va modificare le regole sugli appalti che
interessano le infrastrutture di rete, ed
in particolar modo le future reti 5G.
Sul piatto ci sono al momento due gran-
di progetti: da un lato le infrastrutture di
rete degli operatori di telefonia, dall’al-
tro il progetto WiFi.Italia.it
Nel primo caso Huawei è fornitore “pri-
vilegiato” dei primi tre operatori di te-
MERCATO La Lega vorrebbe un maggior controllo sulle norme di sicurezza sulle infrastrutture
Dietrofront del Governo: la controversia Huawei/ Stati Uniti è un problema anche italianoIl governo americano ha riaffermato l’importanza che i paesi alleati seguano la linea indicata
lefonia in Italia.
Ad oggi infatti
Vodafone, TIM e
Wind-Tre basa-
no quota parte
della loro rete di
trasporto (fino al
30%) su appara-
ti di rete Huawei
e dovrebbero
utilizzarle lo
stesso fornitore
per costituire il futuro network 5G.
Nel secondo caso Huawei ha vinto
il bando Infratel per costruire la rete
WiMax che, operante su tutto il territo-
rio, dovrebbe consentire a turisti e cit-
tadini di accedere ad internet in modo
facile, rapido e gratuito.
La nota del Governo si conclude indi-
cando che potrebbe essere esercitato
il golden power e potrebbero esserci
verifiche sull’operato di Infratel.
Il Golden power è lo strumento che con-
sente al Governo di recedere contratti
già conclusi poiché legati allo sviluppo
strategico del paese. Lo sviluppo della
controversia all’estero
Attraverso la voce di Mike Pompeo, sot-
tosegretario di Stato, il governo ame-
ricano guidato Trump ha riaffermato
quanto sia importante che i paesi alleati
seguano la linea indicata.
“Se un Paese adotta componenti
Huawei e le usa per le sue infrastrutture
sensibili non saremo in grado di condi-
videre informazioni né di lavorare con
loro”
La dichiarazione arrivano come una doc-
cia gelata subito dopo che i governi di
Germania e Ingihilterra hanno ribadito
la propria tranquillità nell’utilizzare infra-
strutture di rete Huawei per le reti 5G.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Sergio DONATO
L e società come Amazon spesso
assorbono entità più piccole per
espandere la propria esperienza
ed entrare in settori che apriranno a
nuovi investimenti. Questa volta, a es-
sere acquisita da Amazon è stata Eero,
un’azienda che vende dispositivi per
reti mesh. Ai più dirà poco, ma Eero è
una delle società con più esperienza
nella tecnologia mesh. Fondata nel
2014 con un investimento iniziale di 90
milioni di dollari, Eero è riuscita nel giro
di pochi anni e con pochi prodotti a en-
trare nella rete di vendita dei principali
protagonisti del settore come Walmart,
Best Buy, addirittura Microsoft e la stes-
sa Amazon, ovviamente. Nel 2018 è sta-
ta inserita al quinto posto nell’elenco To Watch del Wall Street Journal, che
fotografa le società emergenti che pun-
tano a essere leader di settore.
Eero è improntata sulla semplicità già a
MERCATO Amazon ha acquistato Eero, un’azienda che vende dispositivi per reti mesh
Amazon espande la “sua” smart home Si compra Eero e i prodotti per le reti meshFacile immaginare un futuro in cui la famiglia Alexa assorba anche la capacità mesh
cominciare dalle proposte di vendita. Al
momento, ha in catalogo solo due pro-dotti mesh: un hub e un satellite, la cui
distribuzione crea la struttura a maglie
che è una delle caratteristiche principa-
le di questo tipo di reti. Inoltre, anche
nella presentazione stampa dell’ac-
quisizione societaria, il vicepresidente
senior della divisione Dispositivi e Ser-
vizi di Amazon, Dave Limp, si è detto
entusiasta delle soluzioni Eero, facili da
installare e attive in dieci minuti.
Ci si potrebbe spingere a immaginare
un futuro in cui la famiglia Alexa di Am-
azon assorba anche la capacità mesh
e svolga un’attività “due in uno”, e per-
metta al contempo di avere degli as-
sistenti digitali distribuiti per casa che
espandono anche la stessa rete dati
che utilizzano.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
Per la pubblicità[email protected]
MAGAZINE
MAGAZINE
TIM pensiona le ricariche da 5 euro. Anche da app e da webLe ricariche da 5 euro non piacciono più a TIM. L’azienda ha aggiornato l’applicazione mobile MyTIM e il sito ufficiale: non è più possibile effettua-re ricaricare da 5 euro; l’importo minimo tramite questi canali è, insomma, 10 euro. In risposta ad alcuni utenti, che si sono rivolti alla pagina Facebook per avere chiari-menti, i responsabili hanno inoltre che “non è possibile effettuare rica-riche da 5€ da Tabaccai/Edicole/Bar, mentre rimane disponibile su tutti gli altri canali”. Alcuni utenti aveva-no già ricevuto, nei giorni scorsi, comunicazione da Lottomatica che, da lunedì scorso, non sarebbe stato più possibile fare ricariche online da 5 euro. La decisione aziendale, però, sembra aver coinvolto anche gli altri canali digitali. Il taglio da 5 euro non è più presente dall’applicazione e sul web. Sul sito ufficiale rimane attivo, però, il taglio da 6 euro di “ricari-ca+”, che ricarica 5 euro di credito e dà accesso a 10 GB di traffico per un giorno al costo di 1 euro aggiuntivo.
di G. RUSSO
I ricavi del quarto trimestre 2018 del
mercato della tecnologia di consumo
segnano il secondo miglior trimestre in
termini di ricavi dal 2010 ad oggi. Il dato
che emerge è la crescita anno su anno
del 2,1%, questo a confermare un’espan-
sione del mercato tecnologico rispetto al
2017. Sebbene crescano in termini di va-
lore tutte le categorie di prodotto rispetto
ai trimestri precedenti, influenzate dalla
stagionalità, quello che balza all’occhio è
come nel 2018, rispetto allo stesso perio-
do dell’anno del 2017 si registri un arresto
importante del settore fotografico (-8,7%)
e delle telecomunicazioni (-2,4%). Nel pri-
mo caso, il settore fotografico manifesta
una decrescita generalizzata anche su
base anno (-3,6%), a pesare il forte calo
della domanda di reflex e fotocamere
MERCATO Nel quarto trimestre 2018 in Italia riprende il mercato della tecnologia di consumo
Mentre i ricavi degli smartphone calano, gli elettrodomestici provano a “tappare il buco”Registrato un aumento di affari che fissa i ricavi del settore a 5,96 miliardi di euro, +2,5% su base annua
compatte a favore di macchine foto-
grafiche mirrorless e l’utilizzo di smar-
tphone per foto “punta e scatta”.
Il settore telecomunicazioni perde
terreno per la prima volta, chiudendo
comunque l’anno con un +3,8% e ri-
cavi nel 2018 pari a 7,39 miliardi. La
crescita della vendita di indossabili e
cuffie Bluetooth non colma la discesa del-
le vendite smartphone. A trainare il mer-
cato a livello globale la crescita a doppia
cifra dei settori grandi elettrodomestici
(+10,9%) e piccoli elettrodomestici (+11,1%).
Nel primo caso lavatrici, frigoriferi e asciu-
gatrici sono i prodotti che registrano pre-
stazioni di vendita positive. Nel settore
dei piccoli elettrodomestici la tendenza è
caratterizzata dall’aumento di vendita di
robot e aspirapolvere e settore della cura
personale. Aumento di vendite di speaker
intelligenti e TV di alta gamma, +5,1% ri-
spetto allo stesso periodo dell’anno, chiu-
dendo l’anno in leggera decrescita a 2,3
miliardi di euro (-1,2 rispetto al 2017). Il set-
tore dell’informatica, trainato dalla vendita
di periferiche per videogiocatori, cresce
del 5,0% rispetto al Q4 2017 chiudendo
i ricavi annuali a 2,8 miliardi (+3,3%). Il
settore delle forniture di ufficio continua
il suo trend discendente a causa della
contrazione della domanda di stampanti
e fotocopiatori. I dati parlano di -3,3% ri-
spetto allo stesso periodo dell’anno 2017
e -3,5% su base anno.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Roberto PEZZALI
D oppio sconto iva su alcuni prodot-
ti selezionati, sconto iva su altri.
La riduzione del prezzo del 18%
(togliere l’iva equivale a scontare il 18%
e non il 22%) è spesso l’arma preferita
dalle grandi catene per attrarre clienti in
negozio. Comet, con il nuovo volantino,
azzarda addirittura un doppio sconto
iva: si arriva al 36%, uno sconto enorme
in un mercato dove i margini sono già
bassissimi. Purtroppo, come
spesso accade, questi sconti
esorbitanti si riducono, se tut-
to va bene, in un risparmio di
poche decine di euro, mentre
in altri casi lo sconto non rie-
sce nemmeno a rendere com-
petitivo il prodotto se si guar-
dano le offerte di altri negozi,
online e offline. E parliamo di
grosse insegne del retail onli-
ne come Amazon, ePrice o Monclick. Il
caso del volantino Comet è abbastan-
za emblematico: se si guarda oltre al
prezzo barrato, si scopre che alla fine
molti prodotti con il doppio sconto IVA
sono elettrodomestici; ma soprattutto
che nella quasi totalità delle offerte ci si
trova davanti ad un prezzo finale che è
del tutto “standard”. Insomma, partendo
da un prezzo di listino probabilmente
irrealistico, si arriva a prezzi finali che
sanno di sconto ma che alla fine non
sono affatto scontati rispetto ai prezzi
di mercato. Il TV Samsung Q7F da 65”
con lo sconto IVA non riesce a compe-
tere con il prezzo di Monclick, scontato
MERCATO Quando non si sa come spiegare un prodotto, si punta tutto sul prezzo super basso
Il volantino Comet col doppio sconto IVA L’ennesima frontiera del non risparmioLa moda dei finti sconti non ferma. Quella di Comet non garantisce il risparmio che promette
senza troppi proclami. Situazione simile
per la lavatrice Bosch: 547 euro con il
doppio sconto, 557 euro con il nor-
male sconto online. Non
cambia nulla per il forno
Electrolux: 383 euro con
doppio sconto IVA, ma
i normali sconti di molti
retailer lo portano già a
379 euro. In qualche caso
il risparmio di altri negozi,
e nemmeno online, è an-
cora più elevato: il condi-
zionatore Mitsubishi che
Comet “sconta doppio” a
383 euro costa 359 euro
da Bricoman. Puntare solo sul
prezzo, in un mercato a margi-
ni così risicati, è un mestiere
pericoloso. O per i conti, che
non tornano più; o, se c’è il
trucco, per la credibilità di
un’insegna. Tanto più che per
verificare la natura dei prezzi
oramai basta solo qualche
click. E pensare che ben 55
anni fa, si parlava di adottare
nel settore dell’elettronica e degli elet-
trodomestici, “prezzi bassi e fissi”. Un
malanno che viene da lontano.
Iliad, il Giurì dà ragione a metà. Gli spot “senza limiti” di Vodafone vanno cessatiContinuano le battaglie legali tra Iliad e Vodafone. Iliad fa ricorso all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria al quale segnala la pubblicità ingannevole delle offerte Vodafone Unlimited di B. DI BLASI
Continua la battaglia commerciale tra Iliad e Vodafone a colpi di pro-nunce del Giurì riguardo ai conte-nuti delle rispettive pubblicità. L’Isti-tuto di Autodisciplina Pubblicitaria con la pronuncia n. 5 del 2019, inerente gli spot Vodafone con la dicitura “Giga Network 4.5G”, ha dichiarato che “le comunicazioni commerciali esaminate non sono in contrasto con il Codice di Auto-disciplina”, pertanto gli spot potran-no continuare a fregiarsi della Giga Network 4.5G di Vodafone. Invece, la seconda pronuncia, 6/2019, punta il dito contro il termine “sen-za limiti”. In questo caso, il Giurì dà parere opposto: la comunicazione commerciale è in contrasto con il Codice di Autoregolamentazione “limitatamente alla informazio-ne necessaria per comprendere la limitazione della navigazione “senza limiti” che non comprende i contenuti accessibili attraverso i link delle app, ed in questi limiti ne ordina la cessazione”. Ciò con ef-fetto immediato per gli spot Voda-fone con questa espressione, cioè quelli relativi alle offerte Unlimited x3, Unlimited x4 Pro e Unlimited RED. Ricordiamo che la guerra tra gli altri operatori e Iliad, è partita fin dai primi spot dell’azienda france-se con una serie di segnalazioni, con esito positivo, su disponibilità dell’offerta e sulla dicitura 4G/4G+.
torna al sommario 16
MAGAZINE
di Gianfranco GIARDINA
F orse non tutti sanno che - sulla base delle leggi vi-
genti - dal 1 gennaio 2020 non sarà più possibile
vendere al pubblico apparecchi radio, anche mul-
tifunzione, se non dotati di ricevitore DAB+ (vale anche
per le auto). O meglio - e qui si aprono infinite interpreta-
zioni - “non dotate di almeno un’interfaccia che consen-
ta di ricevere i servizi della radio digitale”. Non è chiaro al
momento se questa locuzione significhi effettivamente
che è richiesta la presenza di un tuner DAB+ o possa
bastare, per essere a norma di legge, anche solo una
connessione Wi-Fi per agganciare le web radio. Ma le in-
certezze non finiscono qui: la legge prevede che l’obbli-
go entri in vigore sin dal prossimo 1 luglio nelle compra-
vendite tra operatori, in modo tale che i negozi abbiano
sei mesi per smaltire le scorte di radio solo FM. Certo, la
legge dice così, ma, a pochi mesi dall’entrata in vigore,
nulla sembra muoversi davvero. Anche perché l’impatto
di una norma di questo tipo, se applicata pedissequa-
mente, è incredibile. Basti pensare a tutti gli apparecchi
che integrano la funzione radio ma non hanno il DAB
(la maggioranza), dalle “radioline” agli impianti hi-fi, che
presto potrebbero non essere più distribuibili in Italia.
Il DAB non c’è su tutti gli apparecchi: si rischia di limitare la scelta del consumatoreIl rischio è che, inseguendo un lecito obiettivo di miglio-
ramento tecnologico del parco installato, si finisca per
penalizzare i consumatori italiani, che non potrebbero
più avere accesso a apparecchi radio di basso costo.
O peggio ancora, che potrebbero vedere l’interruzio-
ne della distribuzione in Italia di molti apparecchi con
funzione radio, ma non DAB. Pensiamo per esempio ai
boombox, che spesso hanno anche la radio ma quasi
mai il DAB; o anche semplicemente alle radiosveglie,
ancora molto usate; o quelle radio molto classiche ma
molto apprezzate, come la RadioCubo di Brionvega o
la ModelOne di Tivoli. Difficile, insomma, che vengano
realizzate versioni modificate dei prodotti di elettronica
solo per l’Italia; più facile, semplicemente, che in Italia ar-
rivi una selezione ristretta dei prodotti disponibili altrove.
Oppure che arrivino attraverso canali Internet da riven-
ditori esteri, penalizzando i rivenditori italiani seri non in-
tenzionati a commettere frode in commercio, vendendo
prodotti “vietati”.
Distributori e rivenditori auspicano una rimodulazione della normaChe la normativa sull’obbligo del DAB possa essere
MERCATO A pochi mesi dall’entrata in vigore della legge che vieta la vendita di apparecchi radio senza tuner DAB, nulla si muove
Tuner DAB obbligatorio, la scadenza è vicina Distributori e rivenditori chiedono chiarimentiLa risposta di DAB Italia: “rivenditori, svegliatevi”ANDEC, ANCRA e AIRES hanno chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico e all’AGCOM una rimodulazione dell’obbligo di legge DAB Italia, uno dei due consorzi di emittenti operanti sulla radio digitale, replica alla lettera di ANDEC, ANCRA e AIRES
applicata di qui a qualche mese così com’è scritta, agli
occhi degli operatori di mercato, appare poco probabile:
troppi oggetti andrebbero fuorilegge, tanto che ci sareb-
be una certa sproporzione tra gli obiettivi della legge e
gli effetti generati. Così almeno la pensano i distributori
di elettronica e i rivenditori: con una lettera congiunta
ANDEC, ANCRA e AIRES (le associazioni di categoria
del settore), hanno chiesto al Ministero dello Sviluppo
Economico e all’AGCOM di prendere in considerazione
una rimodulazione dell’obbligo di legge, in chiave più
“europea”. In poche parole, le Associazioni hanno chie-
sto a Ministero e Authority di favorire un differimento
dell’entrata in vigore della normativa, giudicata per certi
versi superata da una direttiva europea sul medesimo
tema (la 2018/1972), approvata lo scorso dicembre e che
dovrà essere recepita anche dall’Italia entro la fine del
2020. La direttiva raccomanda infatti, nel favorire l’ado-
zione della radio digitale, di ridurre gli impatti degli obbli-
ghi di adeguamento tecnologico sui ricevitori di valore
modesto (le “radioline” per intenderci) ed escludere i
“prodotti per i quali il ricevitore radio è puramente ac-
cessorio”: il riferimento è agli apparecchi multifunzione
che, tra le altre mille cose, hanno anche un tuner FM.
La lettera delle Associazioni, che chiedono a Ministero
e AGCOM un incontro chiarificatore, hanno anche fatto
riferimento alla normativa tedesca, già in vigore e che
probabilmente ha ispirato quella europea, che limita il
campo di applicazione dell’obbligo della digital radio
“ai soli apparecchi la cui funzione principale è quella di
ricevere servizi di radiodiffusione e che rendono visibile
all’utente il nome della stazione emittente”. Come dire,
benvenuto DAB ma solo sugli apparecchi che sono de-
cisamente degli apparecchi radio e che sono già a base
digitale (di qui il requisito del display).
Forse i “tifosi” del DAB vorrebbero la posta intera e
lasciare gli obblighi di legge come sono. D’altra parte,
verrebbe da pensare che anche I rivenditori e distribu-
tori, se ci fossero le condizioni, dovrebbero volere un
obbligo al DAB senza tante condizioni, visto che que-
sto dovrebbe innalzare il prezzo medio e quindi il loro
fatturato.Ma probabilmente, AIRES, ANCRA e ANDEC
vedono più minacce che opportunità in un passaggio
“hard”: il rischio è che la norma, dura e pura com’è, ven-
ga largamente disattesa, favorendo chi non si adegua
e penalizzando chi invece si è organizzato per essere
a norma di legge. L’assenza di ispettori e attività di con-
trasto, come già visto con l’entrata in vigore dell’obbligo
di DVB-T2 HEVC per i TV, non fa poi prevedere nulla di
buono: difficile sperare che il sistema si “autoregoli” se
non c’è modo che arrivino né sanzioni né condanne.ori.
Natucci (DAB Italia): “I consumatori vogliono il DAB. I rivenditori non si lamentino e si diano da fare” Abbiamo ricevuto una cortese richiesta di replica di
Sergio Natucci, direttore di DAB Italia, il più grande con-
sorzio italiano di emittenti radio in digitale, che associa
Radio 24, Radio Capital, DeeJay, R101, RDS, Radio Maria,
M2O e Radio Radicale. Natucci rivendica il ruolo della
radio digitale e come il passaggio verso apparecchi do-
tati anche di ricevitore DAB sia stato drammatizzato dai
distributori e dai rivenditori: sarebbero oramai migliaia
i prodotti dotati di tuner DAB (“Solo su Amazon sono
3.500”). E poi una stoccata anche al produttore: il chip
DAB in produzione non costa più di 3 dollari. Infine Na-
tucci mette il dito nella piaga della preparazione al DAB
del punto vendita: “Basta chiedere una radio DAB per
vedere lo smarrimento e la totale impreparazione del
commesso”. Pubblichiamo volentieri in versione integra-
le la lettera inviataci da Natucci, certi che questa dialetti-
ca non si fermerà qui.
segue a pagina 17
n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
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MAGAZINE
“L’argomento è per noi molto importante e lei, come
sempre, tratta il tema della radio digitale con grande
attenzione e correttezza.
La norma italiana sull’obbligatorietà del sistema di
ricezione dei programmi digitali su tutti gli apparec-
chi radio è molto chiara e il Ministero per lo sviluppo
economico e l’Autorità per le garanzie nelle comuni-
cazioni hanno da tempo chiarito il suo significato e
dato corrette linee di applicazione proprio su richie-
sta delle associazioni degli importatori e distributori
di apparati elettronici.
Non può che destare meraviglia la nuova presa di
posizione ostile a questa norma di legge che, dob-
biamo ricordare, porta la data del 27 dicembre 2017
concedendo ben due anni di tempo per la sua effet-
tiva applicazione. Sempre nella legge (legge 27 di-
cembre 2017 n. 205 ) sono contenute altre norme in
materia di radiodiffusione sia radiofonica sia televisi-
va nelle quali si cita il termine “radio digitale” riferen-
dosi esplicitamente alle diffusioni digitali terrestri e
di conseguenza al DAB unico standard diffuso in tut-
ta Europa e non solo. Dunque, l’interpretazione sia in
questo contesto sia in quello più generale del lessico
la “radio” è una ed una sola cosa. Un sistema ben
chiaro e definito, da non confondere con la presenza
di contenuti audio che possono essere offerti anche
attraverso altri sistemi, tra cui la piattaforma IP.
La ratio della legge è ben chiara, sostenere il pas-
saggio della radiofonia dall’analogico al digitale per
poter offrire senza traumi e costi a carico dei cittadini
un servizio sempre più efficiente e di qualità.
Il sistema radiofonico italiano è certamente tra quel-
li più complessi. Sono in attività, secondo i dati del
catasto dell’Agcom, oltre mille emittenti suddivise
tra tutte le tipologie, nazionali e locali, commerciali
e non profit. Un patrimonio rilevante che, insieme al
servizio pubblico, svolgono un attività rilevante per
tutta la collettività: intrattenimento, informazione e
servizi , oltre a garantire ogni assistenza in caso di
emergenze.
La radio, nonostante l’affermarsi tumultuoso delle
tecnologie digitali che sta modificando le nostre abi-
tudini di vita, resta un medium di successo con circa
35 milioni di ascoltatori giornalieri, un trend costante
da decenni, con un ascolto medio giornaliero supe-
riore alle tre ore. Il successo della radio nell’era digi-
tale è dovuto anche alla capacità e lungimiranza dei
suoi editori che hanno investito nella sua mutazione
per renderla sempre più fruibile, adeguata ai tempi.
Oggi il DAB, nella sua evoluzione DAB+, offre i suoi
programmi e servizi ad oltre l’80 % della popolazione
per la ricezione mobile ed è ricevibile in condizio-
ne indoor dal 60% dei cittadini ( dati definiti dagli
operatori privati e pubblico secondo i livelli standard
internazionali di 43 dBμV/m). Un’offerta in continua
estensione come dimostrano gli investimenti degli
operatori di rete nazionali e locali e della Conces-
sionaria Rai.
L’Agcom con la delibera 13/19/CONS della fine di gen-
naio ha dato avvio alla fase finale di pianificazione
delle frequenze che si concluderà nei prossimi mesi,
secondo le anticipazioni pubbliche del Presidente
Cardani prima dell’estate. Con questa pianificazione
saranno definite le frequenze per tutte le regioni so-
prattutto per le emittenti locali.
Tutto perfetto? Forse sul fronte degli operatori, non
altrettanto per la catena distributiva che da sempre
penalizza il prodotto radio come residuale, di poco
margine. Un elettrodomestico ormai un po’ fuori
moda da relegare in un angolo secondario dei propri
store. E’ un dato di fatto. Se proviamo a recarci in
un negozio delle grandi catene di elettronica di con-
sumo, alla richiesta dove trovare una radio digitale
di tutta risposta ecco lo smarrimento e la totale im-
preparazione del commesso. Nei casi più fortunati ci
accompagnerà in un angolo dello store per indicarci
qualche esempio di radiosveglia. Se insistiamo nel
chiedere spiegazioni ci dirà (esperienza diretta) che
sono tutte digitali, ormai non ci sono più quelle con
la sintonia a bacchetta, hanno tutte un display con
i numeri retroilluminati, ma sono a buon mercato in
genere intorno a 25 – 40 euro. Alla fine ci sentire-
mo dire: abbiamo solo queste, ormai la radio non si
vende più!
Bene, allora solo qualche numero sul mercato della
radio digitale DAB+ in Europa e Asia Pacifico: record
di vendite per il solo 2017 con oltre 12 milioni di radio
DAB+ (UK 36 mln, Germania 10 mln, Norvegia 6 mln
solo per citare i mercati più “vivaci”), vendite cumula-
tive di oltre 65 milioni di ricevitori DAB portatili, home
e per auto (dati ricerca GFK Europa).
Ecco perché in Italia, diversamente dal resto dei pae-
si europei la vendita di ricevitori radio è in caduta
libera con una perdita annua (dato ricerca GFK Eu-
ropa) di circa l’8%. In controtendenza, sempre dato
della ricerca di GFK Europa, in Italia nel 2018 cresce
del 36,4% la vendita di ricevitori digitali DAB+.
Se invece vi recate in uno store in Germania, Francia,
UK, Olanda, solo per fare qualche esempio, possia-
mo trovare una notevole quantità di radio digitali ben
esposte con relativa scheda illustrativa del prodotto
e un prezzo, per un prodotto di fascia bassa, assolu-
tamente identico alle radiosveglie di cui parlavamo,
in più se vogliamo possiamo trovare anche ricevitori
di media e alta fascia che garantiscono una notevole
qualità audio.
Del resto, anche questo è opportuno ricordarlo, il
processore di decodifica e ricezione DAB+ ha un
costo di circa 3 euro, che certamente non si può
considerare rilevante. Dunque, per chi vuole acqui-
stare una radio digitale o DAB+ che dir si voglia dire
rimane l’e-commerce. Il temuto concorrente non si
pone i problemi che abbiamo letto nell’articolo. Of-
fre il prodotto con tanto di specifiche e con la stessa
naturalezza di qualsiasi altro apparato elettronico.
È sufficiente digitare radio digitale o solo DAB e la
famosa Amazon ci propone ben 3.500 prodotti, il più
economico a circa 28 euro, ovviamente consegna a
domicilio spesso senza costi aggiuntivi.
È stato spesso luogo comune nel nostro paese che
fatta la legge, se non piace, se non si può cambiare, si
chiede una proroga, oppure una corretta interpreta-
zione. In questo caso, tutte le strade sono state espe-
rite. Il Parlamento in ben tre passaggi legislativi non
ha accolto proposte di soppressione o di proroga, il
Ministero e l’Agcom si sono già da tempo espressi
ampiamente sulla questione, evidentemente tutto ciò
non è sufficiente per considerare, come si dovrebbe,
di ottemperare ad una legge dello Stato. Nell’articolo
e nella lettera congiunta Aires, Ancra, Andec si evo-
ca l’attesa del recepimento della nuova direttiva del
codice europeo delle comunicazioni elettroniche,
oppure di adeguarsi alla normativa della Germania.
La norma europea deve essere recepita entro due
anni e prevede un termine di adeguamento. Come
dire rinviamolo ai posteri, per poi ricordare al setto-
re radio che ha impiegato troppo tempo per entrare
nell’era digitale e riusare il solito luogo comune che
lo standard è orami vecchio. In Francia, senza troppi
turbamenti, si sta applicando una legge molto simile
alla nostra che prevede in 18 mesi l’obbligo della ri-
cezione DAB su tutti gli apparati radiofonici.
Dobbiamo dire che la fantasia non manca mai. L’ulti-
ma novità viene dal settore del car stereo, ai prodotti
aftermarket, in sostanza alle autoradio acquistate in
negozio, la norma non si applica perché non vengo-
no venduti con gli annessi diffusori e quindi non è
prevista tutta la catena del sistema. Idea geniale che
credo sarà difficile da spiegare al malcapitato consu-
matore! Un motivo in più per giustificare l’urgenza e
la proporzionalità della norma. L’Italia non ha scelto
lo switch off del sistema analogico FM, ha preferi-
to un percorso che saggiamente non toglie alcuna
possibilità di ascolto del prezioso medium radio. Una
scelta diversa da quella che stanno compiendo altri
paesi europei, ultimo dei quali la vicina Svizzera che
il prossimo 29 agosto – 20° Swiss Radio Day -annun-
cerà la data di chiusura della FM.
Una scelta, quella italiana, che aveva necessità di re-
gole di transizione visto che si dimostrava freddezza
ed indifferenza verso questa imprescindibile evolu-
zione, visto che nel settore automobilistico si è giunti
ad offrire l’autoradio con DAB solo come optional e
addirittura a 400 euro, a fronte di un costo reale,
come dicevamo, assolutamente irrisorio.
Il tempo scorre velocemente le scadenze previste
sono sempre più vicine, i consumatori hanno sempre
più coscienza dei vantaggi della radio digitale, sa-
rebbe consigliabile darsi da fare come sta facendo il
settore dell’automotive per offrire questa opportunità
a tutti i consumatori il più presto possibile”.
MERCATO
Tuner DAB obbligatoriosegue Da pagina 16
Sergio Natucci - DAB Italia
n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Massimiliano DI MARCO
Smaltire correttamente un RAEE, i prodotti elet-
tronici a fine vita, è un processo molto critico e,
soprattutto, indispensabile perché produciamo
tantissimi rifiuti elettronici che se gettati nell’indiffe-
renziata, finirebbero semplicemente in discarica, con
danni per l’ambiente ingenti. Per tale motivo, la legge
prevede l’obbligo di ritiro dei RAEE, il cosiddetto “uno
contro uno”: all’acquisto di un prodotto elettronico
(una lavatrice o un notebook, per esempio), il rivendi-
tore è tenuto a ritirare, contestualmente alla consegna
del nuovo prodotto, il vecchio apparecchio gratuita-
mente. In questo modo, il vecchio prodotto dismesso
viene inviato alla corretta filiera di trattamento e riciclo
del RAEE. Tale ritiro diventa ancora più rilevante nel
caso vengano acquistati elettrodomestici ingombranti
(lavastoviglie, asciugatrici, condizionatori portatili, etc):
se un piccolo apparecchio può essere facilmente con-
ferito dall’utente presso un’isola ecologica del proprio
comune (o in negozio contestualmente all’acquisto
di uno nuovo), un grande elettrodomestico è mol-
to faticoso da trasportare per un comune cittadino.
Ci si aspetterebbe - ora che il ricorso al commercio
elettronico è sempre più frequente - che il rivenditore
online ritiri una lavatrice o un frigorifero vecchio con-
testualmente alla consegna di quello nuovo, senza se
e senza ma. Ciò invece non avviene sempre, o per
lo meno, non avviene nello stesso momento. Imma-
ginare, però, di tenere un grande elettrodomestico in
un angolo della casa per molti giorni, in attesa che si
presenti un secondo corriere per il ritiro, sembra del
tutto irrealistico.
Acquistando elettrodomestici e altri dispositivi elettro-
nici dai portali di e-commerce il ritiro viene fatto su-
bito? L’utente viene facilitato nel corretto smaltimento
del suo RAEE o la procedura diventa più ostica rispet-
to all’acquisto in negozio o all’acquisto senza usato?
Abbiamo indagato. E vi anticipiamo il risultato finale: le
grandi catene con i negozi fisici stravincono anche nel
rispetto delle regole online; gli altri così così.
MediaWorld, Unieuro e Trony promossiAbbiamo sentito MediaWorld, Trony, Unieuro ed Eu-
ronics. Per quanto ciascuno di essi garantisca il ritiro
gratuito del RAEE con l’acquisto di nuovo prodotto
equivalente, non tutti - acquistando online - ritirano il
vecchio elettrodomestico contestualmente alla conse-
gna del nuovo prodotto. Per Trony, nessun problema
di sorta. L’unica nota da segnalare è che, come viene
specificato, aggiungendo il ritiro del RAEE “le tempisti-
che della consegna, a prescindere dalla modalità sele-
zionata, diventeranno dai 6 ai 9 giorni lavorativi.” Nella
pagina dedicata, il rivenditore specifica però che “il ri-
tiro del RAEE avviene contestualmente alla consegna”.
Insomma, niente consegna espressa, ma per lo meno
MERCATO Il ritiro del vecchio elettrodomestico come viene gestito quando si acquista online? Tanti risultati positivi, eccetto uno
Acquisti online e ritiro RAEE: bene MediaWorld, Trony e Unieuro. Amazon deve fare meglioAcquistando elettrodomestici e altri dispositivi dai portali di e-commerce il ritiro viene fatto subito? Abbiamo indagato
la gestione contemporanea è garantita.
Anche MediaWorld, alla prova dei fatti, si è dimostrato
ineccepibile: il ritiro del RAEE, infatti, è sempre conte-stuale alla consegna dei grandi elettrodomestici, pro-
dotti per il fitness, condizionatori e TV maggiori di 32”.
Negli altri casi, ovvero i prodotti più piccoli, invece, il
ritiro “avverrà entro il termine massimo di 30 giorni
dalla data della consegna del nuovo prodotto, previo
contatto da parte dell’operatore logistico specializ-
zato”. Ma va detto che un piccolo apparecchio può
essere più agevolmente tenuto in casa e altrettanto
facilmente conferito direttamente dall’utente all’isola
ecologica. Anche Unieuro offre il ritiro gratuito del
RAEE e, come specificato, “i prodotti verranno ritirati
contestualmente nel luogo scelto per la consegna del
prodotto nuovo acquistato”. Tentando di acquistare un
frigorifero, abbiamo però constatato un’anomalia nel
processo d’acquisto: la consegna a domicilio viene
sponsorizzata come “gratuita”, ma avanzando nell’ela-
borazione dell’ordine viene aggiunto al carrello un
servizio aggiuntivo ma obbligatorio di 45 euro per la
spedizione di “prodotti di grandi dimensioni”. In que-
sto caso il ritiro del RAEE non sembra aver alcun ruolo,
ma il costo finale risulta più alto di quanto prospettato
inizialmente di quei 45 euro. Nel caso di lavatrici o la-
vastoviglie, invece, la consegna a domicilio di Unieuro
è effettivamente gratuita e il ritiro del RAEE può essere
aggiunto spuntando la rispettiva casella ed è conte-
stuale all’acquisto del nuovo.
Euronics ed Expert, ritiro contestuale non garantitoPiù difficile inquadrare Euronics. Al momento di spun-
tare la casella per scegliere il ritiro dell’usato, infatti, il
pannello informativo evidenzia che il ritiro del RAEE
“verrà effettuato dal 10° giorno e comunque entro i 30
giorni dall’avvenuta consegna del prodotto nuovo ac-
quistato”. Il che lascia presumere una “differita” tra la
consegna del nuovo e il ritiro dell’usato.
Eppure, nella pagina dedicata, il rivenditore fa una
premessa riguardante proprio i “grandi elettrodome-
stici e i grandi schermi TV”, specificando che in questi
casi il ritiro dell’usato sia contestuale alla consegna.
Contattando direttamente Euronics per avere chiari-
menti, ci è stato confermato che non viene garantito
il ritiro contestuale. Dopo aver selezionato il servizio
di ritiro nella pagina di acquisto e aver completato l’or-
dine, il cliente deve contattare il corriere che si occu-
segue a pagina 19
Nella pagina dedicata al ritiro del RAEE, Euronics sottolinea che “sarà contestuale alla consegna per i grandi elettrodomestici”.
n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
perà del ritiro. Tale corriere deve essere abilitato per il
trasporto dei rifiuti elettronici; in quanto le operazioni
di consegna e il ritiro dell’usato vengono svolte da due
corrieri distinti, insomma, il ritiro dell’usato può non
avvenire contestualmente alla consegna del nuovo in
quanto dipende dal prodotto acquistato e dalla data di
ritiro concordata dal cliente. Anche Expert, attraverso
la sua piattaforma online, non prevede il ritiro gratuito
dell’usato contestualmente alla consegna. In tal sen-
so la politica aziendale, un po’ nascosta tra le pieghe
delle condizioni di vendita, è chiara: il ritiro del RAEE
“sarà effettuato dai 15 ai 30 giorni successivi al giorno
di consegna del nuovo prodotto”. Inoltre, tale ritiro non
sarà fatto al piano dell’abitazione “ma sul piano stra-
dale”. Oltre al danno la beffa, insomma: il cliente deve
aspettare per fare ritirare un RAEE (grande o piccolo
che sia) e in più deve essere egli stessi a portarlo al
piano strada al momento del ritiro. La richiesta, inoltre,
non è automatica. Anche per gli acquisti sul sito online
di Expert, “entro un giorno lavorativo dall’effettuazione
dell’ordine”, deve essere contattato il servizio clienti te-
lefonicamente o tramite l’apposita sezione del sito.
Il corriere deve essere abilitato al trasporto dei rifiuti. Ma esserlo è poco più di una formalità Il tema del corriere abilitato al trasporto dei rifiuti, solle-
vato tra l’altro da Euronics, ricorre spesso per giustifi-
care il ritiro differito dalla consegna. Dal punto di vista
legale è vero: è necessario che il corriere che ritira sia
iscritto all’apposita sezione dell’Albo nazionale gestori
ambientali dato che il rifiuto diventa tale nell’instante
in cui esce di casa per avviarsi al ciclo di trattamento.
Ma nella sostanza, come ci hanno spiegato al Centro
di Coordinamento RAEE, si tratta di una semplice pra-
tica amministrativa e di un canone di iscrizione pari a
50 euro all’anno. C’è da credere che le società che
operano le consegne per le grandi insegne siano abi-
litate a questo tipo di trasporto. E se non lo fossero,
costerebbe davvero poca fatica e denaro diventarlo.
Amazon rimandata: ritiro RAEE entro 15 giorni lavorativiAmazon non offre in nessun caso il ritiro contestuale
alla consegna; l’utente, infatti, dopo aver ricevuto il
nuovo prodotto, deve contattare autonomamente una
società terza indicata da Amazon per organizzare il ri-
tiro, che avviene “entro circa 15 giorni lavorativi dalla
richiesta”, attraverso un modulo sul sito di una società
terza al quale si viene rimandati attraverso la pagina dedicata ai RAEE. Colpisce che, malgrado Amazon
ci abbia abituato a splendide procedure informatiche
da un clic o poco più, in questo caso sia necessario
compilare del tutto manualmente una form, con tanto
di indirizzo e numero ordine, tutti dati che Amazon ha
in pancia e non dovrebbe aver alcun problema - nel-
l’ottica di non complicare la vita all’utente - a trasferire
direttamente al proprio fornitore terzo. Ovviamente,
Amazon fa riferimento al ritiro dei RAEE nel contesto
dell’acquisto di un prodotto elettronico venduto da
Amazon; per i prodotti elettronici acquistati da vendi-
tori terzi che operano tramite il marketplace di Ama-
zon.it, invece, bisogna contattare il singolo venditore
per conoscere modalità di ritiro e tempistiche. Ciò
significa che acquistando un condizionatore portatile,
una lavatrice o un altro elettrodomestico ingombrante
venduto da Amazon.it, l’utente è costretto a tenersi in
casa quello vecchio per diversi giorni, fino a tre setti-
mane. Non vi è possibilità, infatti, di
un ritiro del RAEE già alla consegna
del nuovo. Una situazione fastidiosa
e che può agevolare, al contrario,
la diffusione di pessime abitudini di
smaltimento del RAEE. L’utente può
- se ha un mezzo adeguato - portare
il RAEE direttamente presso un’isola
ecologica vicina alla sua residenza,
ma poiché vi è una normativa italiana
che si esprime chiaramente sul tema
e assegna determinati doveri al ri-
venditore, l’utente ha il diritto di avere
tale servizio senza ostacoli né costi. Il
fatto, poi, che giunga da una piatta-
forma tanto grande quanto Amazon.
it ci lascia interdetti.
MERCATO
Acquisti online e ritiro RAEEsegue Da pagina 18
ePrice, con consegna al piano il ritiro è contestuale. Altrimenti bisogna aspettareA riguardo, la politica di ePrice è chiara: se per l’elet-
trodomestico viene scelta la consegna al piano, allora
il ritiro è contestuale; nel caso in cui l’utente, invece,
preferisca la consegna a bordo strada (più economica),
allora il ritiro del RAEE avviene entro 30 giorni dalla
consegna del nuovo prodotto. Il servizio di ritiro tramite
Installo è attivo in tutta Italia, salvo “alcune zone della
Emilia Romagna e del Piemonte ma è una situazione
temporanea che dovrebbe essere sistemata entro
qualche settimana” fa sapere ePrice. Inoltre ePrice fa
notare che anche per altri dispositivi più compatti (come
PC o smartphone) il ritiro del RAEE avviene entro 30
giorni dalla consegna (in quanto tale prodotto non vie-
ne mai consegnato al piano), ma “sono pochissimi quelli
che lo richiedono”.
Monclick, la tempistica del ritiro la sceglie l’utenteInfine c’è Monclick, che sul proprio sito ufficiale speci-
fica che entro 24 ore dall’ordine, l’utente può chiedere
il ritiro contestualmente alla consegna oppure in un
secondo momento. Per dovere di cronaca, segnaliamo
che prima che chiedessimo chiarimenti a Monclick, la
pagina ufficiale del ritiro segnava che “il ritiro del RAEE
non avverrà contestualmente alla consegna del prodot-
to nuovo”. Tale specifica lasciava pensare che il ritiro
avvenisse sempre “in differita” rispetto alla consegna
del nuovo prodotto. Solo dopo essere stata contattata
da DDay.it, Monclick ha aggiornato il testo della propria
pagina di riferimento sul ritiro del RAEE. A questo pun-
to, ci viene da pensare che se non avessimo contattato
il sito per informazioni, tale pagina avrebbe continuato
a proporre informazioni fuorvianti ed evidentemente,
considerato quanto ci è stato riferito in seguito, non ag-
giornate sulla politica della piattaforma.
C’è ancora da lavorare per far sì che gli utenti godano dei diritti che gli spettanoNel nostro approfondimento, abbiamo fatto riferimento
a quelle che sono grandi realtà che, in Italia, vendono
elettrodomestici e prodotti elettronici in generale. Ma
online esiste una giungla di “micrositi” che vendono
grandi elettrodomestici e che spesso non garantiscono
il ritiro dell’usato contestuale né in differita: spetta total-
mente all’utente far smaltire adeguatamente il proprio
usato. Insomma, tali “micrositi” non offrono nessun ser-
vizio che, eppure, spetta di diritto al consumatore per
“l’uno contro uno”. Il commercio elettronico offre molti
vantaggi e ciò è innegabile. Con il passaggio a quote
sempre più alte di acquisti online, è però importante
non far arretrare i diritti dei consumatori verso posizioni
peggiorative solo perché - purtroppo - sono proprio i
consumatori stessi a non conoscere bene i propri dirit-
ti: il rivenditore ha il dovere di ritirare l’usato e portarlo
in un centro di smaltimento. Il buon senso dice poi che
il ritiro non può che essere contestuale, soprattutto per
i grandi elettrodomestici. Chi non lo fa non solo causa
un disservizio al proprio cliente, ma - probabilmente -
viola la legge in materia. Inoltre, tale (pessima) politica
è un catalizzatore delle cattive abitudini ed è uno degli
elementi alla base del divario tra immesso sul mercato
e ritirato come RAEE che ci vede, come Italia, ancora al
di sotto dei target europei.
Prima della richiesta di DDay.it a Monclick, la pagina dedicata ri-portava informazioni che, poi, sono state smentite dal rivenditore.
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MAGAZINE
di Gianfranco GIARDINA
N on è merito mio” continua a ripetere Stéphane
Labrousse, amministratore delegato di Sony Italia
quando si passano in rassegna i progressi fatti
dall’azienda nei 5 anni della sua gestione. Modesto e
solare, Labrousse, riconosce il ruolo determinante della
sua squadra, di chi l’ha preceduto, dei negozianti che
hanno sostenuto Sony e anche di qualche concorrente,
che ha aperto nuove aree di mercato. In sostanza, tende
a definirsi semplicemente “fortunato”. Evidentemente
non è (solo) fortunato: Labrousse ha dimostrato di es-
sere un bravo manager, capace di tenere la squadra
coesa senza alzare la voce. E questo malgrado le sue
origini francesi facessero mormorare più d’uno pen-
sando alle croniche difficoltà che i manager d’Oltralpe
incontrano nel capire a fondo il mercato italiano: “Sarà
che mia mamma è italiana…”, osserva divertito Labrous-
se. Archiviato il 2018 e archiviato Las Vegas, lo abbiamo
incontrato presso la sede di Sony Italia, per fare insieme
un punto sul mercato in una fase che si sta rivelando
particolarmente positiva per il marchio giapponese.
DDAY.it: Andiamo al dunque. Il mercato come va?Stéphane Labrousse: “Il mercato non è un granché. Se
guardo i tre principali settori sui quali operiamo, cioè TV,
audio (sia domestico che portatile) e fotografia, il merca-
to è decresciuto nel 2018 anno su anno del 4% a valore;
per essere più precisi, nell’ultimo anno mobile che ho
a disposizione come dati definitivi, (fino a ottobre 2018,
ndr) i nostri mercati di riferimento sono decresciuti del
3,5% a valore. Si tratta di comparti che già erano in sof-
ferenza nel 2017; ma si pensava che, trattandosi di un
anno dispari, ci sarebbe stato un po’ di sollievo nel 2018.
Ma, evidentemente, in questa fase il mercato fa fatica a
ripetere i risultati degli anni precedenti”.
DDAY.it: E Sony, in queste acque turbolente, come si è mossa?Labrousse: “Sony Italia chiuderà l’anno a +11%, siamo
andati in doppia cifra…”
DDAY.it: C’è un fattore chiave trasversale a tutti i setto-
MERCATO Stéphane Labrousse, amministratore delegato di Sony Italia, a quasi 5 anni dal suo insediamento, si racconta a DDAY.it
Labrousse (Sony): “La nostra crescita è a due cifre Grazie alla mia squadra e a qualche competitor”Nell’intervista, l’AD Sony ripercorre il posizionamento, in forte crescita, nei settori chiave della società: TV, audio e fotografia
ri per questo risultato positivo o si tratta di tre congiun-ture felici e concomitanti per Sony?Labrousse: “Ci sono entrambi gli effetti. Certamente c’è
un fattore di brand: è ovvio che chi è stato qui prima di
me e anche da chi è ancora in azienda e ha vissuto que-
sti ultimi trent’anni, ha costruito un valore percepito del
marchio Sony incredibile, migliore di quanto non sia in
moltissimi altri Paesi europei. L’Italia è sempre stato un
Paese che ha apprezzato Sony: qui vent’anni fa erava-
mo numero uno, quando in altre nazioni eravamo certa-
mente nella top 3 ma non in cima. Di questo lavoro fatto
in passato, sono onesto, ne ho approfittato da quando
sono in Italia. È proprio grazie a questo rapporto con la
clientela, che ci stima, che riusciamo a difendere il valore
del prodotto, senza arretrare sul contenuto tecnologico;
e questo ci aiuta anche ad avere dei rapporti costruttivi
con i negozianti”.
DDAY.it: Beh, vuol dire che Sony, per questa immagine che ha, può vendere a prezzi più alti?Labrousse: “No, vuol dire che, tanto per fare un esem-
pio, vendiamo molto meglio un TV OLED 65” a 3000
euro, un prodotto molto costoso ma a forte contenuto
tecnologico, che un 32” entry level da 300 euro. Quello
che siamo riusciti a fare sul TV, piano piano siamo riu-
sciti a farlo anche sulle altre ca-
tegorie”.
DDAY.it: Cioè, a tendere, Sony resterà concentrata solo sulla fascia alta? Diventerà un brand di lusso?Labrousse: “No, siamo un brand
generalista e continueremo ad
esserlo. Vogliamo essere nella
top 3 in ogni settore in cui ope-
riamo, quindi non potremmo rife-
rirci solo a una nicchia. Vogliamo
quindi vedere a un pubblico più
largo possibile, però ad ognuno dei nostri clienti vorrem-
mo dare un po’ più di qualità e un po’ più di contenuto
tecnologico. E credo che lo stiamo facendo bene”.
DDAY.it: Parliamo appunto di TV: che risultati ha con-seguito Sony e che ruolo ha l’OLED?Labrousse: “L’OLED pesa tantissimo. Lo dico con la
massima umiltà: chi ha aperto il mercato dell’OLED pri-
ma di noi - va riconosciuto - ha fatto un gran lavoro di
lancio e divulgazione…”
DDAY.it: Immaginiamo stia parlando di LG di qualche anno fa…Labrousse: “Un lavoro che senza dubbio ci ha aiutato,
quando siamo arrivati con il nostro OLED: non era più
necessario dover spiegare il concetto e la tecnologia.
Siamo subito passati a poter esprimere la nostra diffe-
renza, la nostra qualità, il nostro contenuto tecnologico,
con il nostro A1, il primo OLED Sony. Ora siamo passati
all’AF8 e al nuovo ‘A1’, cioè l’AF9, presentato all’ultima
IFA di Berlino, che ha avuto un grande successo e ha
fatto dei numeri impressionanti in Italia. Addirittura ci ha
permesso, anche se solo per una settimana (la settima-
na 49, ndr), di diventare i numeri uno nel mercato OLED,
davanti a chi questo mercato l’ha creato (parla ancora
di LG, ndr). È solo una settimana e probabilmente non
è neppure normale che Sony sia leader assoluto, ma
anche nelle altre settimane siamo sempre tra i 35 e i
40 punti di quota a valore sul mercato dell’OLED, il tutto
con prodotti dall’alto contenuto tecnologico e quindi dal
prezzo medio decisamente alto. Il solo AF9 è già diven-
tato numero tre tra i modelli venduti malgrado si arrivato
nei negozi solo poche settimane fa”.
DDAY.it: Caspita, l’AF9 pare sia un grande successo. Eppure è già stato annunciato a Las Vegas l’AG9, il successore, con un design meno connotato, più facile
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n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
da ambientare ma forse più anonimo. Come mai que-sto annuncio così ravvicinato?Labrousse: “Già con l’A1 e poi con l’AF9, sapevamo che
il design era molto particolare e come tale può piacere
o non piacere. È un TV che o ti piace tanto o non ti pia-
ce; o è adatto al tuo ambiente (a causa della leggera
inclinazione all’indietro dello schermo, ndr) o non lo è.
Il design dell’AG9 è certamente più ‘democratico’: puoi
sistemarlo su una console bassa, su un ripiano più alto
o fissarlo a parete senza alcun problema. In altri mer-
cati, per esempio, il fatto che fissando a parete l’AF9 si
perdano alcune caratteristiche del design, è visto come
un limite. Va detto, però, che per quanto riguarda il con-
tenuto tecnologico, non perdi nulla: l’AG9 offre gli stessi
livelli qualitativi dell’AF9”.
DDAY.it: OK, ma si può sapere quando arriverà la gam-ma OLED nuova, AG9 e il fratello minore AG8?Labrousse: “No, l’abbiamo semplicemente presentata.
Diciamo nel corso del nuovo anno fiscale, che inizia ad
aprile…
DDAY.it: Certo che colpisce che l’AF9 sia stato presen-tato all’IFA di Berlino a settembre e solo quattro mesi dopo, al CES di Las Vegas, sia arrivato il successore AG9. Non è durata troppo poco l’era dell’AF9?Labrousse: “Sì, è vero che AG8 e AG9 sono stati pre-
sentati a ridosso del lancio di AF9. Ma in realtà, l’AF8 è
già sul mercato da un po’… “
DDAY.it: Capiamo, ma di solito si rinnova così veloce-mente quando un prodotto non è di grande successo. Eppure i numeri dicono che l’AF9 sta andando molto bene. Ma torniamo al dunque: quando arriva l’AG9?Labrousse: “Oggi non possiamo dirlo. Ma mi auguro che
ci siano sul mercato più prodotti…”
DDAY.it: Cosa vuol dire, che AF9 a AG9 potrebbero an-che convivere sul mercato per un certo periodo?Labrousse: “A tendere non accadrà. Ma essendo due
prodotti che danno prestazioni dal punto di vista tec-
nologico molto simili ma estetiche abbastanza diverse,
credo che l’introduzione dell’AG9 possa avvenire man-
tenendo in negozio anche AF9. Sono due TV che rac-
contano due storie diverse e possono coesistere”.
DDAY.it: Beh, nel mondo della tele-fonia, spesso un nuovo smartpho-ne non manda fuori gamma il mo-dello precedente, che resta magari con un riposizionamento di prezzo. Impossibile nel TV?Labrousse: “Così potrebbe essere,
ma non ho ancora tutte le risposte.
Sicuramente quando arriverà l’AG9,
vorremo sicuramente puntare i riflet-
tori su di esso, ma se il consumato-
re continuasse a richiedere anche
l’AF9, certamente sarà assortito. Non
durerà un anno, ma qualche mese di
coabitazione ci potrebbe essere”.
DDAY.it: Sony con la Master Series presentata a Ber-lino ha continuato a predicare una certa equidistanza tra OLED e LCD. Eppure, da quello che ci dice, il clienti Sony sembrano aver scelto OLED…Labrousse: “Ni, se guardiamo i numeri è vero che non
siamo cresciuti anno su anno su LCD come abbiamo
fatto su OLED. Per Sony la categoria TV in generale è
comunque cresciuta del 12% con un mercato che ha fat-
to -5%; ovviamente un contributo molto importante ce
l’ha dato l’OLED, ma con l’LCD siamo riusciti a replica-
re gli stessi numeri dell’anno scorso e fare meglio del
mercato, soprattutto sulle dimensioni di schermo più
grande…”
DDAY.it: Beh, sono anche i tagli in cui è presente an-che l’OLED…Labrousse: “Vero, ma diciamoci le cose come stanno. Il
prezzo medio dei TV in Italia è 400 euro, un 55” OLED
va dai 1500 euro in su. Tra i 700 euro, che è la soglia di
un 55” LCD entry level e i 1500 euro c’è uno spazio mol-
to importante dove si muovono moltissimi consumatori.
La nostra risposta sono stati gli XF85, XF90, TV full LED,
e così via. E poi c’è il mondo in forte crescita dei 70” in
su, dove l’OLED è ancora troppo caro”.
DDAY.it: Quanto conta sulla vendita dei TV il canale online?Labrousse: “Quasi niente…”
DDAY.it: E perché?Labrousse: “Per scelta. Una scelta che riguarda il TV ma
non le altre categorie. Oggi riteniamo che per difende-
re questa nostra politica tesa a far capire il valore dei
prodotti ai nostri consumatori serve saperli dimostra-
re. Quindi stiamo molto attenti, per i prodotti di fascia
più alta, nel gestire una distribuzione selezionata solo
tra le insegne che hanno anche un negozio fisico. Noi
chiediamo ai rivenditori, dalla serie XF85 in
su, incluso l’OLED, di avere delle aree espo-
sitive adeguate, degli addetti formati e delle
condizioni che permettano al cliente di farsi
un’idea concreta della qualità Sony. Fino a
oggi è una strategia che ha funzionato, per-
ché è indispensabile saper dimostrare bene
un prodotto come il TV: proseguiremo così
anche l’anno prossimo”.
DDAY.it: Parliamo delle cuffie, ora. Nella nostra ultima intervista, ci eravamo lasciati
MERCATO
Intervista a Stéphane Labrousse (Sony)segue Da pagina 21
con una Sony che cercava di giocare la partita su tutti i segmenti, dai modelli da 7,99 fino ai modelli decisa-mente premium. E proprio su quest’ultimo fronte Sony stava tentando di entrare anche nei segmenti più alti in cui non c’era. Come sta andando adesso?Labrousse: “Sta andando bene. È da un po’ di anni che
proviamo: da anni siamo leader di mercato a quantità
ma non lo siamo stati sempre a valore e questo perché
abbiamo modelli anche molto economici. Sicuramente,
come produttori generalisti abbiamo incontrato qualche
difficoltà a confrontarci con specialisti di questo mercato,
almeno sulla fascia alta, come Bose. E quindi, avevamo
bisogno di prodotti in grado di esprimere il valore Sony
anche nella fascia alta, come le MDR-1000X. Queste cuf-
fie sono arrivate alla terza generazione: la prima ha fatto
un po’ fatica a ritagliarsi un ruolo, la seconda è andata
meglio e la mark 3 sta andando proprio bene. Oramai,
con questo prodotto, siamo quasi alle stesse quote che
Bose sviluppa con la QC35. Questo è un grande risul-
tato, il consumatore ci riconosce una qualità anche da
gamma altissima e ci equipara anche a brand specialisti
dell’audio”.
DDAY.it: Però questo ha dimostrato anche un’altra cosa: che se si vuole davvero conquistare la fascia alta e altissima del mercato, non solo serve avere un pro-dotto all’altezza, ma serve anche tempo. Non lo si fa in una stagione sola…Labrousse: “Assolutamente no, ci vogliono anni. Per le
cuffie noise canceling ci abbiamo messo tre anni per
scalfire le posizioni di Bose, che era lì da dieci anni. Così
come nella fotografia, ce ne abbiamo messi 15 per intac-
care le posizioni dei leader storici di quel mercato. Ma
è giusto così. È giusto che il consumatore non si faccia
trascinare come una bandiera al vento ma che mediti le
proprie scelte e richieda tempo per mutare le proprie
preferenze. Questo però - d’altra parte - vuol anche dire
che, una volta entrati nella testa e nel cuore di un cer-
to tipo di consumatore, ci metteremo molto anche ad
uscirne… “
DDAY.it: In questa fase di mercato, parlando anche più in generale, per avere successo in questa fascia alta, conta di più investire sui negozi e creare delle condizioni commerciali favorevoli con i negozianti, o spingere direttamente sul consumatore finale, infor-
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
mandolo e con attività promozionali?Labrousse: “È sempre un mix delle due cose. Ma lavo-
rare in ‘pull’ sul consumatore finale è molto importante
per chi vuole guadagnare posizioni sulla fascia alta. Puoi
esporre il prodotto in tutti i negozi, ma se non sei rico-
nosciuto dal consumatore come un player adeguato alla
fascia alta, non venderai comunque. È un lavoro che
abbiamo iniziato a fare in Italia sulle cuffie circa 5 anni fa
e che adesso porta i suoi frutti…”
DDAY.it: Però non abbiamo visto calciatori con le cuf-fie Sony, ehehe….Labrousse: “No (e ride, ndr). Quell’ambito è stato pre-
sidiato da un altro brand ma non saprei dire, guar-
dando i numeri di oggi, se ha fatto bene o ha fatto
male…”
DDAY.it: Parlando di fotografia, la stagione 2018-19 è uno snodo importante. Sony è stata rag-giunta nel segmento delle mirrorless Full Frame da Canon, Nikon e Panasonic nel giro di qualche mese. Ci sono contraccolpi?Labrousse: “La prima cosa che osservo è che ora-
mai il segmento delle mirrorless è diventato decisa-
mente importante. Non è più l’alternativa alle reflex
da qualche punto percentuale, ma inizia a contare
molto: a novembre le mirrorless sono state il 37%
del totale delle macchine a ottiche intercambiabi-
le, frenate solo dalla disponibilità di offerte di reflex a
prezzi molto bassi, fuori dagli ambiti raggiungibili dalle
mirrorless. Ma se ci limitiamo alle macchine full frame, le
mirrorless pesano oramai oltre il 50%.”
DDAY.it: Questo vuol dire che si è invertito il mercato: prima la reflex era il top e la mirrorless avrebbe dovuto impersonare una gamma subito inferiore. Ora ci sem-bra di capire che le reflex siano in larga parte diventa-te una scelta a bassa budget contro una scelta più di qualità puntata verso le mirrorless…Labrousse: “Assolutamente sì. Oggi, chi vuole qualità
prende mirrorless. Si vede nel valore del prezzo me-
dio: per le mirrroless è 1100 euro, per le reflex è 700.
Oggi dei prodotti mirrorless a 3-400 euro non esistono,
reflex sì.”
DDAY.it: Una volta la proposizione tipo era che la re-flex faceva le foto al meglio e che la mirrorless era la
MERCATO
Intervista a Stéphane Labrousse (Sony)segue Da pagina 22
soluzione che strizzava l’occhio alla qualità da un lato e alla dimensione dall’altro. Oggi non è più così…Labrousse: “No, anche perché, se prendiamo una mi-
rorrless full frame con una buona ottica, non siamo poi
così distanti da certe reflex. Sul peso, la differenza è più
marcata e il corredo intero resta più leggero, ma non
è quello il fattore chiave. Oggi è la qualità che guida la
scelta. Non solo quello della macchina ma anche delle
ottiche. Sony ha oramai 60 obiettivi diversi per le proprie
mirrorless, sviluppati tutti in tempi recenti e con ben in
mente le risoluzioni oramai raggiunte da sensori, prossi-
me ai 50 megapixel. Le reflex si avvalgono di un parco
ottiche che spesso viene dal passato e dalle macchine
a pellicola: potrebbero non essere così ottimizzate per
lavorare con sensori così dettagliati”.
DDAY.it: I competitor, e anche qualche appassionato, sostengono però che l’attacco E sia nato in un’era pre-cedente delle mirrorless, esclusivamente APS-C, e che
adesso sia un po’ forzato su un sensore Full Frame. Cosa che ha spinto, per esempio, Canon, Nikon e Pa-nasonic a varare, con il lancio delle loro prime mirror-less Full Frame, ognuna un nuovo attacco per ottiche, generalmente più largo. Non è che questo vantaggio di 60 ottiche, a tendere possa rivelarsi una zavorra?Labrousse: “Non lo so. Ce lo dovranno dimostrare i
competitor. Noi ci abbiamo messo 15 anni a convince-
re il nostro pubblico che la nostra proposta non era più
un’alternativa ma la prima scelta, e lo dico senza umiltà,
perché oramai abbiamo delle quote di mercato che mi
permettono di farlo. Sony oggi è la scelta numero uno
sulle mirrorless Full Frame e può essere che, magari fra
cinque anni, quando anche gli altri avranno un parco
ottiche simile a quello attuale di Sony, anche i competi-
tor possano essere considerati come un’alternativa allo
stesso livello. Ma Sony ha un vantaggio di alcuni anni
che richiederà anni per poter essere colmato. E tutto
sommato, essendo Sony anche il principale produtto-
re mondiale di sensori, ci mette anche in condizione di
riuscire a prevedere le traiettorie tecnologiche del mer-
cato”.
DDAY.it: Quanto potrebbe contare sullo sviluppo futu-ro della componente video delle fotocamere, il fatto che Sony ha anche una fiorente divisone professiona-le che commercializza videocamere la cui fascia bassa rischia di essere cannibalizzata, almeno per il classico uso da videomaker, dalle mirrorless? Non è che può sorgere la tentazione di limitarne le funzionalità per difendere le macchine professionali?
Labrousse: “Io non credo che questo possa avvenire. Io
penso che serva del tempo per capire il nostro cliente
e come questo si interseca con le traiettorie tecnologi-
che. In Giappone, per esempio, la distinzione tra digital
imaging professionale e consumer non esiste più. È la
stessa divisione che gestisce entrambe le cose, perché
l’evoluzione della tecnologia porta inevitabilmente al-
l’ibridazione. Oggi un prodotto come una A7 può essere
utilizzato per determinate esigenze amatoriali e anche
per elevatissime esigenze professionali. Per esempio, la
A7S II, o una nuova generazione, quando arriverà, è una
macchina che può girare video ai livelli di diverse mac-
chine broadcast, ma non ne ha l’ergonomia. Per poter
essere usata su un set ha necessità di una serie di ac-
cessori che rendono questa soluzione non così attrattiva
per l’utente tipico della divisione professionale di Sony.
D’altronde, abbiamo solo 15 anni di esperienza su que-
sto mercato: datecene altri 15 e vedrete cosa saremo
capaci di fare”.
DDAY.it: 5 anni fa, quando lei è arrivato in Italia, se un suo capo le avesse prospettato un programma quinquennale di obiettivi per arrivare alle quote di oggi, l’avrebbe preso per pazzo?Labrousse: “Forse sì. Quando sono arrivato, Sony
stava uscendo da un momento molto difficile e sta-
va ripartendo riconcentrandosi sugli ambiti ritenuti
chiave. Dobbiamo ringraziare molto i negozianti che
hanno sempre riservato a Sony uno spazio sempre
importante, anche nei momenti meno brillanti in cui
forse non ce lo meritavamo. Non appena abbiamo
recuperato solidità nell’organizzazione e prodotti giu-
sti, i risultati sono arrivati immediatamente grazie alla
rete dei negozi italiani, senza i quali non ce l’avremmo
fatta”.
DDAY.it: E ora, cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi 5 anni? La prima posizione del mercato?Labrousse: “Mah, non so se possiamo farcela a diventa-
re i numeri uno assoluti, almeno nei settori in cui operia-
mo. Anzi direi che non credo che sia neppure l’obiettivo
di Sony…”
DDAY.it: Beh, ma se lo diventaste, non credo che lo terreste nascosto, eh…Labrousse: “Certamente no, ha ragione. Mi spiego me-
glio: non è che non ci piacerebbe. Ma semplicemente
Sony, per scelta, non ha una gamma così ampia, soprat-
tutto nella parte bassa del mercato, in grado di reggere
una leadership assoluta. Oggi la nostra scelta è dare ri-
sposte puntuali nei segmenti in cui possiamo esprimere
qualità. Quello che vogliamo fare a breve è diventare
stabilmente numeri uno nei segmenti che ci interessano
di più, o confermare questa posizione dove lo siamo già:
l’OLED è uno di questi segmenti, le fotocamere Full Fra-
me un altro, le cuffie bluetooth premium un altro ancora.
Tutti prodotti in cui la forza tecnologica del brand Sony
si può esprimere alla grande. Noi abbiamo più difficoltà
a esprimere il DNA di Sony su prodotti dal prezzo molto
basso”.
DDAY.it: Quindi vuol dire che solo chi ha prodotti entry level può essere leader di mercato?Labrousse: “Beh, finché i prezzi medi continueranno ad
essere così bassi, certamente sì”.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Gianfranco GIARDINA
Calano i veli dalla nuova linea di TV QLED di Sam-
sung che non era stata esposta al pubblico a Las
Vegas: una presentazione ad hoc, infatti, si è tenu-
ta a Oporto, in Portogallo, nell’ambito del Samsung Fo-
rum 2019. DDAY.it è volata nella bella cittadina sull’Ocea-
no atlantico per vedere da vicino le novità presentate.
La linea strategica resta quella già impostata in questi
ultimi anni da Samsung: fedeltà totale al pannello QLED
(quindi un LCD con substrato di cristalli Quantum Dots
per stabilizzare ed estendere la risposta cromatica del
TV) con interessanti miglioramenti, sia sul fronte delle
prestazioni che su quello dell’usabilità.
Nuovi 8K: finalmente HDMI 2.1. In arrivo anche un 55”Partiamo dall’8K, che vede arrivare nuovi modelli, ed
evolve anche tecnologicamente. Il Q950R (il suffisso R
è quello che caratterizza tutta la nuova serie) è la nuo-
va proposta 8K della linea 2019 e prevede i tagli da
65”, 75”, 82” e 98” (foto di apertura).
In realtà è previsto anche un taglio “estremo” (verso il
basso) da 55”: non ci sono notizie ufficiali in tal senso,
ma secondo le indiscrezioni che abbiamo colto, anche il
piccolo di famiglia (che sicuramente è nei piani ma non
è stato esposto) ha alte probabilità di arrivare in Italia,
anche se probabilmente nella seconda parte dell’anno.
I nuovi Q950R dispongono finalmente di ingresso HDMI
2.1 e quindi accetta le future sorgenti 8K a 60p. A que-
sto proposito Samsung Italia ci ha garantito che verrà
previsto un upgrade gratuito del box con gli ingressi (e
quindi anche con l’HDMI2.1) a tutti gli acquirenti dei TV
8K di prima generazione (il Q900) che non aveva anco-
ra questa funzionalità disponibile. Per il resto dovrebbe
trattarsi di un TV che eredita le ottime caratteristiche del
TV E VIDEO Presentata in Portogallo la nuova linea di TV Samsung: oltre al Full LED si aggiunge la compatibilità con iTunes e AirPlay 2
Tutto sui nuovi TV QLED 2019: Samsung spinge sul Full LED per un HDR senza compromessiFedeltà totale al pannello QLED con interessanti miglioramenti, sia sul fronte delle prestazioni che su quello dell’usabilità
predecessore, a partire dal processore in grado di ge-
stire l’upscaling in 8K sulla base delle indicazioni prove-
nienti da un motore di intelligenza artificiale che, istante
per istante, analizza e identifica la natura delle immagini
visualizzate. Il design resta praticamente identico a quel-
lo del Q900.
Di quattro serie di QLED 4K, tre sono full LEDLa linea 4k diventa poi decisamente ricca ed è compo-
sta da quattro serie: Q90R, Q85R (la Q80 non arriverà
in Italia), Q70R e Q60R, sigle riportate in ordine decre-
scente di prestazioni, in cui è facile orientarsi. Una delle
novità è che tutta la gamma QLED (con l’eccezione del-
la linea Q60R) diventa Full LED, ovverosia pienamente
retroilluminata e non LED Edge. Finalmente si è capito
che solo con un layout di questo tipo è possibile otte-
nere un vero comportamento HDR ad alta luminosità di
picco senza compromettere i neri: se i LED sul fianco
Il cartellino davanti al Q950R svela che è previsto anche un taglio da 55”.
Dal punto di vista del design, il TV 8K resta identico a quello dello scorso anno.
del pannello potevano andare bene nell’era SDR e si-
curamente permettevano TV più sottili, ora che l’HDR
sta diventando sempre più rilevante, dal video al ga-
ming, il sacrificio di qualche centimetro di spessore per
una matrice Full LED è certamente più che tollerabile.
Questa volta Samsung non rivelerà il numero di aree
di retroilluminazione dei propri TV. Tutto quello che si
sa è che le aree aumentano passando dalla Q70 alla
Q85 e infine alla Q90. E, come si può evincere dalla
descrizione di marketing della funzionalità, che è ripor-
tata secondo diversi multipli, ha un fattore 2x per ogni
salto di serie. Infatti si chiama Direct Full Array 4x per il
Q70, che diventa 8x nel caso del Q85 per finisce con
un 16x della serie Q90. Insomma, le aree si raddoppia-
no di serie in serie, tanto che, a questo punto, la serie
A90 dovrebbe avere il quadruplo di aree di retrolillumi-
nazione di quante non ne abbia il Q70.
Samsung rivendica anche un angolo di visione presso-
ché perfetto sui nuovi TV: gli esemplari esposti sono,
da questo punto di vista, praticamente perfetti. Nessu-
na deflessione né della luminosità né della saturazio-
ne e neppure della tinta al variare dell’angolo orizzon-
tale di visione. L’angolo di visione, spesso identificato
genericamente come punto debole degli LCD, merita
una riconsiderazione: dipende veramente dal TV. Il la-
voro fatto da Samsung su questi QLED, complice forse
la retroilluminazione full LED, è eccellente e siamo di-
stanti anni luce da certi LCD che si vedono in giro, con
i quali, non appena si esce dalla perpendicolare allo
schermo, i colori e i contrasti si “slavano” in maniera
spesso inaccettabile.
L’altra novità è l’introduzione anche sui modelli 4K del
cosiddetto “Quantum Processor”, il processore già uti-
lizzato sul modello 8K che, come dicevamo, si avvale
dell’intelligenza artificiale per tutte le attività di resca-
ling. In un mondo che ancora offre moltissimi con-
segue a pagina 25
torna al sommario 25
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
tenuti HD, malgrado praticamente tutti i TV da una
certa dimensione in su siano 4K, un upscaling di alta
qualità può essere l’elemento più determinante sulla
qualità finale dell’immagine. Almeno così la pensa
Samsung se ha pensato di equipaggiare tutta la linea
QLED 4K con il sofisticato processore già impiegato
sull’8K. Confermato anche l’Ambient Mode (il sistema
che mimetizza lo schermo nell’ambiente quando il TV
non è in uso replicando lo sfondo della parete) con il
controllo automatico della luminosità: i QLED sono
equipaggiati con un sensore apposito che rileva la
luminosità ambientale, regolando di conseguenza
quella del TV in ambient mode, minimizzando i con-
sumi. Inoltre sono stati molto aumentati gli stili degli
sfondi utilizzabili (sono più di 60), con un approccio
più “attivo”: non solo la replica dello sfondo ma an-
che elaborazioni in movimento con colori e modalità
coordinate con la parete.
I QLED diventano compatibili iTunes e AirPlay 2. Anche i modelli 2018Ma una delle novità più attese, e probabilmente tra le
più gradite al pubblico, è l’apertura dei nuovi TV Sam-
sung verso il mondo Apple. Compare infatti sui nuovi
QLED l’app iTunes che consente quindi agli utenti
del marketplace di contenuti Apple di accedere alla
propria libreria di film direttamente dal TV, senza la
necessità di un Apple TV esterna.
In pratica gli utenti potranno vedere i film già acqui-
stati e acquistarne o noleggiarne degli altri sulla piat-
taforma Apple direttamente dall’ambiente smart del
TV. Ma non finisce qui: i nuovi QLED estendono la
propria compatibilità anche al protocollo di comuni-
cazione AirPlay2 . Questo permette a tutti gli utenti
Apple (sia di iPhone/iPad che di Mac) di connettersi
via wireless al TV e inviare filmati al TV al volo; o an-
che di duplicare lo schermo, funzione utilissima per
presentazioni o anche solo navigazioni Web “di grup-
po” con familiari o amici davanti al grande schermo.
La funzionalità sarà attiva al lancio sui QLED 2019 (e
anche sugli LCD sulla serie 8000 e 7000) ma arrive-
rà anche sui modelli QLED 2018, ma solo più avanti,
con un aggiornamento firmware. Viene anche inse-
rita la compatibilità con Google Assistant e Amazon
Alexa: l’unico assistente personale integrato nel TV
resta Bixby di Samsung, ma gli apparecchi possono
essere controllati con comandi vocali anche attraver-
so un Google Home o un Amazon Echo presenti in
ambiente.
I prezzi sono ancora top secret, ma qualche indiscrezione trapelaNon bisognerà aspettare molto per vedere nei nego-
zi italiani la nuova gamma QLED Samsung: l’arrivo dei
primi tagli è previsto già per fine marzo, inizio aprile.
Riserbo totale per il momento sui prezzi;
il poco che siamo riusciti a sapere, per
il momento, è che il Q60 (il QLED led
edge) partirà subito sotto i 1.000 euro,
mentre per passare a un Q70 da 49”
bisognerà spostarsi fino a raggiungere
i 1.300 euro, ovviamente come prezzo
consigliato al pubblico. Per quello che
riguarda i TV 8K il prezzo dei nuovi mo-
delli resta allineato a quelli della prima
generazione del prodotto.
Pannello QLED anche su The Frame e The SerifAnche le linee di TV Samsung impron-
tate al design, ricevono nel 2019 un
importante miglioria. Finalmente la Casa coreana ha
capito che non aveva senso proporre TV dal design
esclusivo, destinati evidentemente agli ambienti più
TV E VIDEO
Tutto sui nuovi TV QLED 2019 Samsungsegue Da pagina 24
L’angolo di visione è eccellente: l’immagine è costante anche posizionandosi in maniera molto decentrata.
eleganti, con pannelli che non offrissero, contempo-
raneamente, anche il meglio della tecnologia. Per
questo motivo le due linee The Frame (il quadro da
appendere al muro) e The Serif (il TV da appoggio
disegnato dai fratelli Bouroullec) abbandonano l’LCD
convenzionale che li ha caratterizzati fino alla scorsa
generazione, per passare nel 2019 allo stato dell’arte
della produzione Samsung, il pannello QLED. In que-
sto modo gli acquirenti di questo tipo di TV potranno
godere sia del design esclusivo che dell’immagine
tipica dei top di gamma Samsung. In particolare The
Serif abbandonerà le dimensioni ridotte disponibili
fino a oggi (24” e 40”) e verrà rideclinato in tre tagli
da 43”, 49” e 55”. I nuovi The Frame e The Serif do-
vrebbero arrivare anche in Italia con un mesetto di
ritardo rispetto alla gamma QLED, a partire quindi alla
fine di aprile.
Il Q90R, top di gamma 4K, con il suo piedistallo molto elegante. Sotto, un dettaglio del piedistallo della serie Q90.
Il nuovo The Frame non fa più rima con immagine così così: anche su questa linea arriva il pannello QLED.
Il nuovo Q70R.
La linea The Serif rinnovata: più grande come dimensione e con pannello QLED.
torna al sommario 26
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Gianfranco GIARDINA
Al recente CES di Las Vegas, Panasonic aveva mostrato in anteprima il nuovo GZ200, il proprio
top di gamma OLED per il 2019. Alla Convention
annuale di Francoforte, la Casa giapponese, affianca
al TV già annunciato, di cui si scoprono nuovi partico-
lari, altre tre serie OLED: GZ1500, GZ1000 e GZ950. I
tratti in comune tra tutte le quattro serie sono molti, a
partire dal taglio: tutti sono disponibili sia in 55” che
in 65”, senza andare mai oltre verso il 77”; e tutte e
quattro offrono il supporto di tutti i formati HDR, ovve-
rosia HDR10, HDR10+, HLG e Dolby Vision; a questi si
aggiunge anche la compatibilità con le fotografie HDR
HLG, ovverosia proprio il nuovo formato catturato e
salvato dalle mirrorless full frame Lumix S1 di recente
presentazione. Infine, tutti e quattro i modelli, sono
pensati per massimizzare le prestazioni video, con il
pannello OLED (che, come tuti gli altri, è di LG Display)
pilotato da un controller proprietario che fa tesoro di
tutta l’esperienza di Panasonic nei pannelli “self emit-
ting” derivante dalla lunga applicazione sul plasma; il
processore che governa il trattamento dell’immagine
è lo stesso su tutti i modelli ed è denominato HCX
PRO Intelligent, il più potente mai realizzato da Pana-
sonic sui suoi TV. Inoltre, tutti i TV OLED Panasonic
beneficiano della calibrazione (anche se ovviamente
non puntuale su ogni esemplare) perfezionata da Ste-
fan Sonnenfeld, colorist di Hollywood.
Le differenze tra i quattro modelli sono nell’audio, nelle finiture e forse anche nel pannelloE allora, dove sarebbero le differenze tra i quattro mo-
delli in gamma? Principalmente si tratta di differenze
sull’audio e, di conseguenza, sul design. Il GZ2000,
TV E VIDEO Alla Convention di Francoforte, Panasonic svela i suoi TV 2019: ben 4 le linee di OLED, tra cui il top GZ2000
I nuovi TV OLED Panasonic: 4 serie per la gioia di tutti. Arrivano nella seconda metà del 2019I modelli sono sempre più semplici sul fronte del design e dell’audio, ma con la garanzia della qualità video Panasonic
come avevamo già raccontato da Las Vegas,
offre un sistema audio molto particolare per
un TV, dotato oltre che di una soundbar ad
emissione frontale a 3 canali, anche di due
speaker rivolti verso l’alto al servizio della rico-
struzione spaziale Dolby Atmos: il progetto è
firmato Technics. Nel modello subito successi-
vo, il GZ1500, viene conservata una soundbar
ad emissione frontale, questa volta solo a due
canali e senza il contributo degli speaker ag-
giuntivi rivolti verso l’alto; viene anche meno
la “griffe” Technics. Passando poi al GZ1000 e
al GZ950, molto simili tra loro, l’audio diven-
ta quello più convenzionale di un TV pratica-
mente senza cornice, ma resta una differenza
estetica nel supporto (più simile ai modelli su-
periori per il 1000, più aderente alla linea 2018
il 950) e nelle finiture. In realtà c’è (ci sarebbe)
un’altra grande differenza: Panasonic, pur non
chiarendo assolutamente i dettagli, ci tiene a dire
che il pannello del GZ2000 sarebbe migliore; ma,
sapendo che la produzione è tutta di LG ed è tutta
analoga, risulta difficile capire in cosa possa essere
migliore questo pannello nei confronti dei modelli
minori. L’unica ipotesi credibile, al momento, è che
si tratti di pannelli selezionati come particolarmen-
te stabili e affidabili, il che è certamente possibile
considerando anche la fascia di prezzo importante
nella quale andrà a collocarsi il GZ2000, ma che di
certo - se confermata - aprirebbe mille interrogativi
sulla presunta equivalenza dei pannelli dei tantissi-
mi OLED sul mercato.
Il nuovo My Home Screen: app, sorgenti e canali, tutti insieme amorevolmenteMigliora anche l’ambiente smart dei TV Panaso-
nic: con la My Home Screen 4.0, è ora possibile
configurare la schermata di partenza miscelando
come si preferisce app di streaming, dispositivi colle-
gati e canali televisivi in diretta: si crea così una sorta
di menù universale che porti direttamente ai “canali”
(intesi nel senso più ampio del termine) più utilizzati.
Inoltre viene aggiunta la compatibilità a HbbTV nel-
la sua ultima versione che comprende le cosiddette
OpApp, ovverosia le applicazioni telecaricate delle
emittenti televisive. Disponibile il controllo vocale
diretto e anche la compatibilità con Alexa e Google
Assistant, per l’integrazione in un sistema di casa in-
telligente.
Vedremo i nuovi OLED nella seconda metà dell’anno. Prezzi ancora top secretPer vedere sugli scaffali dei negozi i nuovi TV Pana-
sonic sarà necessario attendere un po’: il top di gam-
ma, il GZ2000, non arriverà prima di settembre ma
segue a pagina 27
Il GZ1500, quello che secondo noi , nella nuova gamma, avrà il miglior rapporto qualità-prezzo.
Un dettaglio del GZ2000: si vedono subito dietro lo scher-mo il box che contiene i due speaker rivolti verso l’alto per una migliore ricostruzione Dolby Atmos.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
verrà anticipato a giugno dal GZ1500 e dal GZ1000;
più avanti, probabilmente dopo la pausa estiva, sarà
la volta del GZ950, che arriverà in sostituzione dell’at-
TV E VIDEO
I nuovi TV OLED Panasonicsegue Da pagina 26
La nuova linea LCD top di gamma, la GX 940 e la linea subito inferiore, la GX800.
tuale 800, destinato a rimanere in gamma ancora
per un po’. Troppo presto per conoscere i prezzi
dei diversi modelli, che devono ancora essere fis-
sati, anche in considerazione delle condizioni di
mercato.
Non solo OLED: novità anche nella gamma LCDNon c’è solo OLED nella line up 2019 di Panasonic,
ovviamente. Arriva anche una nuova gamma di
LCD, forse meno amati dai super-appassionati,
ma certamente più versatili in termini di for-
mati e più accessibili sul piano economico. La
linea più interessante è la GX940, disponibile
solo nel taglio da 75”, ma le cui caratteristiche
dovrebbero ritrovarsi nella serie GX900 in tagli
da 43”, 49” 55” e 65”: questi TV offrono buona
parte delle caratteristiche già presenti sui TV
OLED, a partire dal processore HCX PRO Intelli-
gent e la compatibilità con tutti i sistemi HDR.
Caratteristiche simili, anche se con una ver-
sione del processore semplificata, per la linea
successiva, GX800 (disponibile in 40”, 50” 58”
e 65”), che anch’essa avrà la compatibilità con
tutti gli standard HDR e il nuovo ambiente smart
di Panasonic. Il piedistallo, però, contrariamen-
te a quanto accade con la linea GZ940, non
permetterà la rotazione del TV.
Qui sopra il nuovo GZ1000: come si vede, diversamen-te dalle serie superiori, non ha la soundbar integrata ma il piedistallo è simile a quello dei fratelli maggiori.
di Gianfranco GIARDINA
Se Samsung sospende la distri-buzione dei lettori Blu-ray Ultra
HD, Panasonic invece di lasciare,
raddoppia. Alla convention di Franco-
forte sono stati infatti confermati di due
modelli annunciati al CES di Las Vega-
che vanno ad aggiungersi alla gamma
attuale. Si chiamano UB450 e UB150 e
sono esteticamente molto simili tra loro,
più stretti dei classici componenti da
43 cm, un form factor - ci dicono - che
è molto gradito nel nostro Paese. L’idea
è quella di aggiungere due modelli di
HI-FI E HOME CINEMA Annunciati al CES e confermati alla Convention 2019: in arrivo ad aprile due nuovi modelli di Blu-ray Ultra HD
Panasonic non lascia, anzi raddoppia. In arrivo altri due Ultra HD Blu-ray player. In totale sono quattroSe Samsung sospende la distribuzione dei lettori Blu-ray Ultra HD, Panasonic invece prosegue con i nuovi UB450 e UB150
prezzo sensibilmente più basso degli al-
tri UltraHD Blu-ray del marchio giappo-
nese, pur non arretrando sul fronte della
qualità video. I due modelli presentati
hanno la stessa elettronica e lo stesso
processore degli altri lettori Panasonic,
per lo meno per quello che riguarda la
riproduzione degli UltraHD Blu-ray disc.
Quello che questi modelli “perdono”
rispetto ai modelli più costosi è tutta la
parte smart (le app di Netflix, Youtube e
compagni, per intenderci): si presume -
ci dicono non con qualche ragione - che
chi acquista un Blu-ray UltraHD quasi
sicuramente hanno un TV re-
cente con tutte le app, tanto
che quelle presenti sul letto-
re potrebbero essere consi-
derate superflue. Il modello
più interessante, l’UB450
vanta sia la compatibilità con
HDR10+ che Dolby Vision.
Inoltre l’UB450 dispone an-
che di due uscite HDMI, una
“completa” da mandare al TV e una solo
audio per collegare un eventuale am-
plificatore home theater
senza il segnale video
che potrebbe creare
disturbo. I due nuovi
modelli sono anche in
grado di riprodurre con-
tenuti audio ad alta ri-
soluzione, DSD o FLAC,
ALAL, WAV e AIFF. I due
player arriveranno in Ita-
lia nel corso del mese di Il top di gamma Panasonic UB450
aprile a un costo rispettivamente di 229
euro (UB450) e 159 euro (UB150).
Il modello più economico, UB150, in realtà rinun-cia a poco rispetto al fratello maggiore: manca solo la doppia uscita HDMI.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
C’è futuro per il Blu-ray Ultra HD?Samsung ha abbandonato il mercato dei Blu-ray 4K, anche se in Italia era già stato abbandonato da mesi. Un mercato di nicchia e senza un futuro certo di R. PEZZALI
Samsung ha confermato di avere abbandonato il mercato dei Blu-ray Ultra HD perché poco profittevole. In realtà Samsung Italia questo segmento lo aveva abbandonato da più di sei mesi: infatti è impossi-bile trovare disponibile un Blu-ray 4K Samsung. Il mercato dei Blu-ray Ultra HD ora è legato esclusiva-mente a due produttori, Sony e Pa-nasonic, con lettori di diverse fasce di prezzo e con caratteristiche più o meno varie. Ci sarebbero anche altri produttori con quote minori e le console, ma il loro impatto su questo mercato è minimo, le per-sone le usano per giocare. Nono-stante l’uscita di un buon numero di dischi, è evidente che le perso-ne interessate al supporto fisico 4K sono sempre meno, appassio-nati che giustamente preferiscono avere il film tra le mani nel miglior formato possibile e con una qualità superiore allo streaming. Ma con il segmento che perde partner, dif-ficilmente le software house con-tinueranno ad investire, e soprat-tutto gli investimenti non saranno rivolti alla qualità: chi produrrà ad esempio dischi in formato HDR10+ sapendo che praticamente un solo produttore, Panasonic, realizza lettori Blu-ray compatibili? Il futuro dei Blu-ray Ultra HD è più incerto che mai: se questo mercato doves-se perdere il supporto di un altro produttore, ad esempio Sony, ci si troverebbe davanti alla fine del supporto fisico per l’home video. Resterebbero i DVD, o i Blu-ray, ma per il 4K l’unica alternativa sareb-be lo streaming. Con la speranza che i nuovi codec e la diffusione della banda larga possano portare ad un miglioramento della qualità, comunque già ottima in molti casi, avvicinandola a quella del disco.
di Gianfranco GIARDINA
Se un prodotto arriva alla settima ge-
nerazione, vuol dire che è una vera
pietra miliare. E l’SL-1200 di Techni-
cs lo è certamente tra i giradischi. Cele-
bre, nelle versioni storiche, soprattutto tra
i deejay: tutti hanno sempre riconosciuto
all’SL-1200 una robustezza e un’affidabili-
tà rara. E l’assenza di cinghia (è a trazione
diretta) ne limita praticamente a zero la
manutenzione richiesta.
Annunciato al recente CES di Las Vegas,
l’SL-1200MK7 (ovverosia la settima edi-
zione), arriverà in Italia a giugno, con il
suo carico di tradizione e tecnologia. Non
si tratta infatti di una semplice replica, ma
tutto è stato migliorato, conferendo così a
questo giradischi, non famoso per essere
un riferimento hi-end quanto lo standard
dei deejay, una nuova gioventù. Alla base
classica, confermata e migliorata, sono
state aggiunte nuove funzioni, come la
possibilità di invertire alla pressione di un
tasto il senso di rotazione del piatto, per-
mettendo così la riproduzione al contra-
rio: utile per i deejay alla ricerca di nuovi
effetti creativi; e - lo diciamo sorridendo-
utiie anche per chi fosse a caccia di pre-
sunti messaggi “satanici” nascosti nelle
canzoni da riprodurre all’indietro.
L’SL-1200MK7, proprio per le sue caratte-
ristiche costruttive, offre una coppia mol-
to elevata, utile nella normale riproduzio-
ne. Ma sempre a favore dei deejay, è ora
possibile configurare la coppia di avvio e
la velocità di arresto, cosicché si possa
“giocare” anche con partenze dei dischi
che siano “inerziali” e stop non istantanei.
Inoltre, si aggiunge anche un LED che
HI-FI E HOME CINEMA Panasonic SL-1200 è il giradischi pensato soprattutto per i deejay
Deejay festeggiate: arriva la settima generazione del Technics SL-1200Arriva anche SL-1500C, pensato per la riproduzione musicale classica e con stadio phono integrato
illumina la testina sul disco:
in questo modo si azzecca
il giusto solco anche in situa-
zioni di totale oscuramento.
E anche il look è scuro: Te-
chinics ha scelto un’estetica
“total-black” per il suo nuovo
giradischi. Il giradischi arri-
verà entro qualche mese al
prezzo previsto di 899 euro,
ai quali va aggiunta la spesa
per una testina, che non è presente.
C’è un modello anche dalla vocazione hi-fi: è l’SL-1500CAll’SL-1200MK7, si affianca anche un
nuovo modello con una vocazione molto
diversa. Per soddisfare un pubblico più
legato alla riproduzione hi-fi, Panasonic
ha lanciato anche un nuovo giradischi,
sempre annunciato a Las Vegas: si chia-
ma SL-1500C e ha due caratteristiche di
base. La prima è quella di disporre di usci-
te preamplificate, così da non richiedere
amplificatori specifici e poter essere col-
legato a qualunque impianto hi-fi.
La seconda particolarità è quella di avere
già una testina Ortofon Red di serie.
Il nuovo giradischi SL-15000C è derivato
dal progetto del costosissimo SL-1000
(da 15mila euro), seppur evidentemente
semplificato. La promessa dell’SL-1500C
è quello di suonare bene, pur nella sua
essenzialità. Rispetto all’SL-1200MK7
viene meno il controllo stroboscopico
della velocità di rotazione, come anche la
correzione della velocità (che in effetti è
utile ai deejay ma non certo per gli amanti
dell’hi-fi); niente gadget come il led che
illumina la puntina.
Anche in questo caso la finitura nera. Il
prezzo - non sarà facile da spiegare nei
negozi - è superiore a quello dell’SL-
1200MK7 e si attesta a 999 euro.
Sul retro dell’SL-1500C si vedono le doppie uscite: a sinistra livello phono con il morsetto per la messa a terra; a destra le uscite di linea, adatte a un qualsiasi amplificato-re. Ognuna delle due uscite può essere disattivata con un microswitch per garantire la migliore pulizia del segnale.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Gianfranco GIARDINA
O ramai per Panasonic lo slogan “Experience Fre-
sh” è diventato il fil rouge che lega tutte le sue
proposte per la cucina. Il brand giapponese ha
colto l’occasione della Convention 2019 di Francoforte
per proporre le sue novità in due ambiti cavallo di batta-
glia: gli estrattori e i forni a microonde, sistemi per fare
le cose in casa, ovviamente molto “fresh”, senza fatica e
con ottimi risultati. In entrambi i settori Panasonic ha un
nome decisamente stimato e le proposte di quest’anno
sembrano in grado di soddisfare le aspettative.
L’estrattore dalla bocca larga: si mangia un frutto interoPartiamo dall’estrattore: si chiama MJ-L700 (o anche
solo L700) e eredita tutto quanto di buono era stato
fatto nel best seller di Panasonic, l’L500, risolvendo
qualche piccolo limite. A partire dall’imbocco di inse-
rimento di frutta e verdura: da molti considerato trop-
po piccolo, richiede il taglio degli alimenti in pezzi più
piccoli. Nel nuovo modello, l’imbocco standard è più
o meno della stessa dimensione del modello prece-
dente, ma il collare attorno a questo foro può essere
ulteriormente aperto, lasciando spazio a un imbocco
molto più grande.
Ovviamente, per motivi di sicurezza (l’estrattore non
avrebbe pietà di un dito erroneamente infilato nella
macchina) quando si apre il collare che lascia spazio
all’imbocco più grande, il motore si ferma immediata-
mente; basta però per inserire frutta e verdura in pezzi
molto più grossi e poi richiudere, così da mettere in fun-
zione il meccanismo. Abbiamo provato personalmente
e la differenza c’è eccome: abbiamo potuto inserire
nell’estrattore sia un’arancia (ovviamente sbucciata)
che una mela tutta intera, davvero niente male.
Per reggere il maggior flusso di materia che questo
nuovo imbocco richiede, la macchina è stata legger-
mente ridimensionata, aumentando il vano di raccolta
della frazione liquida. Malgrado ciò lo sviluppo vertica-
le, tipico dell’architettura Panasonic, resta identico e
permette di limitare l’occupazione di spazio, rendendo
l’estrattore compatibile con anche i più affollati piani di
SMARTHOME Alla Convention 2019 Panasonic propone le sue novità in due ambiti cavallo di battaglia, gli estrattori e i forni a microonde
L’estrattore dalla bocca larga e il microonde intelligente di Panasonic stupiscono in cucinaIl nuovo estrattore ha un imbocco più grande per inserire frutti interi, mentre il forno a microonde ha un sensore “geniale”
lavoro. Meno compatibile, almeno per le cucine italia-
ne, ci pare la scelta di Panasonic di puntare a un look
“total black” in finitura opaca per l’L700; certamente
una scelta molto elegante ma probabilmente lontana
dalle naturali aspettative dell’utente italiano. All’L700 si
è affianca anche una versione rivista dell’L500, (si chia-
merà L501) perfezionata nei materiali e nelle capienze
e disponibile sia in finitura bianca che nera. L’L700 ar-
riverà sul mercato italiano nel mese di aprile, giusto in
tempo per la stagione della migliore frutta e verdura
a un prezzo consigliato di 279 euro. Si farà attendere
invece un paio di mesi in più l’L501, che si posizionerà
nel solco di prezzo dell’L500.
Nei microonde l’inverter fa la differenza; il sensore Genius lo rende intelligenteBelle novità anche sul fronte dei forni a microonde,
che finalmente iniziano ad essere scoperti come vera
macchina da cucina e non come banale scaldavivande.
Si tratta della serie GT, disponibile sia in finitura bianca
(GT45) che nera (GT46). Innanzitutto si tratta di modelli
“inverter”: questo significa che l’emissione delle mi-
croonde non è “on/off” come nella stragrande maggio-
ranza dei forni, ma può essere graduale, secondo le ne-
cessità. Così, per esempio, per scongelare al meglio una
pietanza, il forno non emette la massima potenza per
brevi periodi per poi spegnersi per periodi più lunghi,
ma può erogare continuativamente la giusta potenza
per ottenere lo scopo senza rovinare o “pre-cuocere”
l’alimento. Questo si traduce innanzitutto in un risparmio
energetico; e poi in un miglioramento non banale della
qualità di cottura, che può finalmente essere modulata
gradualmente a seconda delle esigenze. La seconda
mossa è un colpo di “Genius”: si tratta di un sensore
in grado di analizzare il grado di umidità dell’aria (di-
pendente ovviamente da quanto liquido l’alimento è in
grado di emettere, mentre viene scaldato) e da questa
desumere con una discreta precisione il grado di cot-
tura dell’alimento: in questo modo il forno, se si utilizza-
no i programmi Genius, non ha più bisogno che venga
impostata le quantità degli alimenti introdotti, basta
scegliere il giusto programma e premere “play”. I 24
programmi disponibili garantiscono una preparazione
perfetta per tutte le esigenze più comuni e compren-
dono anche preset per scogliere il cioccolato, senza
cristallizzarlo, o addirittura uno Junior menu, pensato
per la preparazione di omogeneizzati, pappe e alimenti
per i più piccoli. Il tutto con una capienza di tutto rispet-
to, 31 litri, contro un ingombro che è stato ridotto rispetto
agli standard. I forni della serie GT arriveranno in Italia a
maggio a un prezzo ancora da definirsi ma presumibil-
mente non lontano dai 229 euro della serie precedente
GD che va a sostituire.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Sergio DONATO
U na ricerca dell’Indipendent Security
Evaluators (ISE), una società ame-
ricana di consulenza sulla sicurez-
za, ha messo alla frusta i quattro gestori
di password per Windows più utilizzati,
scoprendo che non sono poi così tanto
sicuri. A causa dell’espansione rizomatica
dei servizi online, le password che ogni
utente usa mediamente per accedervi
sono passate dalle 25 del 2007 alle 130
del 2015 e si prevede che raggiungano le
207 nel 2020. Significa che gli utenti han-
no bisogno di strumenti come i gestori di
password per potersi orientare nel mare
di servizi che hanno sottoscritto, ma an-
che che all’aumentare delle password il
rischio che queste possono essere preda
di attacchi informatici per rubarle aumen-
ta con esse. ISE ha quindi svolto un audit
testando la resistenza agli attacchi dei
gestori 1Password, Dashlane, KeePass e
LastPass che collezionano le password di
circa 61 milioni di utenti e di più di 80mila
PC Le master password per accedere ai programmi possono essere lette dalla RAM del PC
I quattro password manager più usati in Windows 10 sono stati bucati con facilitàLo stress test ha rivelato che si è sicuri solo quando i gestori delle password non sono in funzione
aziende e ha stabilito che tutti
e quattro conservano la ma-
ster password, cioè quella ne-
cessaria all’accesso del pro-
gramma stesso, nella memoria
del PC sotto forma di testo in
chiaro. Quindi un cracker con
accesso al sistema, anche da
remoto, può facilmente legger-
la e raggiungere tutte le altre password
nel programma, dato che nel corso della
ricerca i dati sono stati estratti con metodi
standard di indagine forense. I ricercatori
hanno condotto lo stress test dividendo
gli attacchi nei tre stati che un gestore di
password può assumere, cioè quando
il programma è chiuso e quindi non è in
funzione; quando è aperto e l’utente ha
avuto accesso con la master password; e
quando il programma è aperto ma l’uten-
te ha effettuato la disconnessione. Nel
caso del gestore chiuso e non caricato in
memoria, tutti e quattro i programmi han-
no offerto una sicurezza sufficiente. Negli
altri due stati, invece, è stato possibile ot-
tenere la password leggendo la memoria
RAM del PC, che la conserva come testo
in chiaro, o si è riusciti a estrarla da essa
grazie a una sanificazione della RAM
poco accurata dopo il log out dal gesto-
re. I ricercatori dell’ISE si sono limitati a
fotografare il rischio e a dare consigli agli
sviluppatori dei programmi e agli utenti
finali circa i metodi per migliorare la sicu-
rezza, ma non c’è stata una critica feroce
dei fallimenti, anche perché considerano
i gestori delle password un filtro aggiun-
tivo contro i malintenzionati che è buona
norma mantenere.
di Sergio DONATO
L a notizia illustra bene l’impegno in-
diretto di Microsoft nel continuare a
diffondere il credo dei propri sistemi
operativi: da oggi è possibile installare la
versione ARM di Windows 10 sui compu-
ter Raspberry Pi3. Per chi non lo sapesse,
Raspberry è una fondazione benefica che
si premura di educare soprattutto i più
piccoli alla programmazione e a quella
forma di artigianato digitale che è cono-
sciuta come “digital making”. Raspberry
produce dei computer con processori
ARM su scheda singola, poco potenti e a
costi ridotti (circa 30 euro) che possono
essere usati in campo industriale, ma che
possono ospitare anche sistemi operati-
vi open come Linux, Risc OS, FreeBSD,
addirittura Chromium OS, e oggi perfino
Windows 10. Microsoft ha iniziato a in-
teressarsi alle architetture ARM già da
qualche anno, dando vita a versioni di
Windows 10 per questo tipo di processo-
PC Il piccolo computer è riuscito a ospitare Windows 10 ARM a 64 bit grazie a uno sviluppatore di GitHub
La versione ARM di Windows 10 ora anche in Pi3L’atto dimostra l’impegno indiretto di Microsoft di diffondere il credo dei propri sistemi operativi
ri; cercando di raggiungere segmenti di
mercato concentrati su piccole esigenze
di computing e su una lunga autonomia
energetica. Ma ci sono anche stati esperi-
menti commerciali più importanti con HP,
che hanno dato vita a PC 2 in 1 con all’in-
terno processori Snapdragon e Windows
10. Lo sviluppatore José Manuel Nieto,
che fa parte dello stesso gruppo che ha
portato Windows 10 ARM sui Lumia 950 e
950 XL, è riuscito a fare entrare il sistema
di casa Microsoft anche in un Raspberry
Pi3. Dalla pagina GitHub del WoA Project
(Windows on Arm) è possibile scaricare
l’installer e il core package di Windows 10
ARM64 che potrà dare vita a un’esperien-
za simile a quella che conosciamo, poi-
ché incontreremo la GUI di Microsoft, ma
anche Edge, Cortana, l’Explorer e suppor-
terà le Universal Windows Platform (UWP)
del Microsoft Store, mentre le applicazio-
ni x86 saranno eseguite in emulazione,
con gli ovvi limiti imposti dalla potenza e
dall’economicità del sistema.
Apple, nel 2019 un MacBook Pro da 16” , design rinnovato e c’è anche un monitor 6KVoci di corridoio raccontano di un MacBook Pro con schermo più grande e un nuovo design. Spazio anche per il ritorno ai monitor professionali con una soluzione Mini LED backlight di Sergio DONATO
MacBook Pro con schermo più grande e design rinnovato e un monitor 6K sono le principali no-vità del catalogo 2019 di Apple. L’analista Ming Chi-Kuo, secondo quanto riportato da MacRumors, ha segnalato alcuni dei prodotti in cantiere in quel di Cupertino.Per vedere schermi così grandi bisogna tornare indietro al 2012, quando Apple smise di accostare il 17” ai suoi MacBook Pro. Consi-derando che il rinnovamento della linea ha un ciclo di quattro anni e che la novità della Touch Bar è comparsa solo nel 2016, sembra che Apple stia accelerando i pro-pri piani di aggiornamento e stia rinfrescando il design forse anche per scrollarsi di dosso quel proble-ma alla tastiera che aveva afflitto i MacBook Pro da 15” l’anno scorso, e che aveva costretto a un richia-mo ufficiale del prodotto in garan-zia. La nuova linea dovrebbe inclu-dere anche un modello da 13” con 32 GB di RAM, capacità per il mo-mento raggiunta solo dal 15. Inol-tre, Apple si prepara a tornare sul mercato professionale dei monitor esterni con un 31,6” a risoluzione 6K che dovrebbe sfruttare una tec-nologia simile alla Mini LED backli-ght, che già quest’anno potrebbe avvantaggiarsi di una riduzione nel costo di produzione e che è un mi-glioramento degli schermi LCD che sfrutta mini LED grandi tra i 100 e i 300 micron e punta sulla riduzione dello spessore.
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Massimiliano DI MARCO
O ltre 200 dipendenti. Ventidue anni di esperienza.
Budget di svariati milioni di euro per ciascuna
produzione. Milestone è la più grande azienda di
videogiochi in Italia. Detiene i diritti di MotoGP, Super-
cross, MX. È una realtà ormai ampiamente consolidata: è
nata nel 1997 e da allora è sempre stata un punto fermo
dell’industria videoludica nostrana, da ben prima che
questo settore, anche nel nostro Paese, potesse rappre-
sentare un realistico sbocco professionale.
Non potevamo scegliere una realtà più rappresentativa,
insomma, per entrare nel merito di come viene prodotto
un videogioco in Italia. Dallo scorso 8 febbraio è arrivato
nei negozi Supercross 2, videogioco su licenza ufficiale.
Il clima nello studio è quello rilassato da post-lancio: i
voti delle recensioni sono usciti e ora ci si “calma” un
momento prima di proseguire il lavoro sul supporto a
Supercross 2 prima di passare al progetto successivo.
Milestone è però un’azienda strutturata. Ci sono quattro
“rami”, ognuno dedicato a MotoGP, Ride, MX e Super-
cross. Quattro studi in uno, in sostanza, ciascuno con
una squadra di programmazione dedicata e un produ-
cer che segue dall’inizio alla fine un progetto. “Su ogni
gioco lavorano circa 40-50 persone” spiega a DDay.it
Irvin Zonca, executive producer di Milestone. La società
opera in autonomia: dal primo all’ultimo tassello della
produzione e dello sviluppo, tutto viene gestito quasi
totalmente internamente allo studio milanese. “Ma se
dobbiamo fare 300 moto, allora servono persone in ou-
tsourcing che facciano quasi 300 moto. In questi casi si
aggiungono una cinquantina di persone al progetto”.
Da dove nasce un’idea per un nuovo videogioco? “Co-
minciamo con una fase di pitch design. Raccogliamo le
idee e poi magari da cento spunti ne sopravvivono due”
evidenzia Zonca. Una fase in cui viene valutato l’anda-
mento del mercato, le ultime tendenze e, soprattutto,
cosa può fare Milestone per proporre un prodotto che,
in ogni caso, deve essere cucito su misura: niente battle
royale né MOBA. Il filo rosso sono sempre i motori.
Non sorprende, quindi, trovare anche una ruota di una
moto nell’area dedicata al team di reference come se
GAMING Al lancio di Supercross 2, siamo andati a scoprire come lavora Milestone, autrice dei videogiochi MotoGP su licenza ufficiale
Da MotoGP a Supercross 2. In visita da Milestone per vedere come nasce e si sviluppa un videogioco italianoMilestone è una realtà ampiamente consolidata: è nata nel 1997 e da allora è un punto fermo dell’industria videoludica italiana
fosse un normalissimo oggetto di arredamento. “Il team
di reference è composto da persone - racconta Zonca
mentre ci accompagna alla scoperta di Milestone - che
tutto l’anno girano il mondo, operano con la fotogram-
metria e i droni per raccogliere materiale utile a realizza-
re le moto, le auto e i circuiti”. Scansioni dettagliate per
fare in modo che i grafici possano creare modelli sem-
pre più realistici e che vengono costantemente aggior-
nati. Per MotoGP il lavoro passa ovviamente attraverso
Dorna, che organizza l’evento. Grazie alla sua interme-
diazione, bussare alla porta dei produttori di moto è più
facile. “Quando si è trattato di MotoGP, sono sempre sta-
ti collaborativi. Ma c’era Dorna a fare da intermediario,
hanno un contratto che li vincola a collaborare” ricorda
Zonca, che lavora in Milestone da 13 anni. “Quando si è
trattato di Ride, invece, abbiamo avuto qualche difficoltà
in più. Ma quando ha iniziato a spargersi la voce e ab-
biamo ottenuto i primi accordi, a quel punto sono stati i
produttori stessi a venire da noi perché volevano essere
nel gioco”. Perché a quel punto diventa una questione
di non sfigurare di fronte a un concorrente; i videogiochi,
si sa, rappresentano ormai una vetrina enorme per gli
appassionati e, perché no, per un potenziale pubblico
che ancora non ha approfondito la passione.
Pubblicare i titoli altrui? No, Milestone si concentra sullo sviluppoCon modelli di moto e auto così dettagliati, Milestone
ha mai pensato di predisporre un’offerta parallela alla
produzione di videogiochi per concedere su licenza il
suo lavoro? No: il focus restano i videogiochi. “È capitato
saltuariamente, magari per cose più informative come
un programma TV” risponde Zonca. “Ci arrivano varie
proposte, ma l’esito dipende dal partner e da quanto
è vicino ai nostri interessi commerciali o alla nostra im-
magine. Vogliamo assicurarci - prosegue - che le nostre
produzioni non vadano in mano, in qualche modo, ai
nostri concorrenti e che possano avvantaggiarsene”.
Fermo restando che, nel caso di MotoGP, tali asset sono
di Dorna: dare i modelli su licenza, ovviamente, signi-
ficherebbe passare dalla loro approvazione prima di
esaudire qualsiasi richiesta.
Senza dimenticare, poi, che un nuovo ramo del business
significherebbe nuovo personale, tempo e risorse da
dedicare specificamente. “Rimaniamo sulla produzione
di videogiochi. Noi vogliamo investire e produrre video-
giochi e migliorarsi e seguirli sempre meglio a livello
globale. Mettersi in altre situazioni di business - dice
Zonca - vuol dire mettere persone a seguirle e toglie
attenzione al tutto”. Lo stesso vale per l’idea di diven-
tare essa stessa un editore, sulla falsa riga di Activision
o Electronic Arts. L’idea di un’azienda come Milestone
che possa fungere da apripista verso il mercato per tanti
studi creativi italiani è affascinante, ma la società è molto
chiara: non c’è nessun piano simile.
“In passato è capitato di pubblicare per conto terzi” fa
notare Zonca. “Noi di fatto siamo un publisher, ci auto-
finanziamo e autopubblichiamo i nostri prodotti. Siamo
certificati a pubblicare qualunque titolo ci venga propo-
sto.” Anche in questo caso, però, estendere l’azienda a
un altro settore “è un’attività che costa soldi, personale e
tempo”. Motivo per cui è stata scartata. “Fare videogiochi
- va avanti Zonca - è molto costoso e richiede molta con-
centrazione. Anche se lavori su una serie annuale, non
basta fare un nuovo capitolo: ci sono tanti studi, cambi
di tecnologia e contenuti, nuove possibilità di marketing,
segue a pagina 32
Il team di reference si occupa di scansionare ogni oggetto, dalle moto ai circuiti, sul quale poi i grafici lavoreranno.
Irvin Zonca, executive producer di Milestone.
torna al sommario 32
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
collaborazioni strategiche. Qualunque altro elemento -
sentenzia - disturba le attività chiave dell’azienda”.
Entrare in Milestone e camminare tra i serpentini corridoi
degli uffici (tutti rigorosamente sullo stesso piano, ci tie-
ne a far notare Zonca) fa un certo effetto. È un’azienda
italianissima, eppure è nota in tutto il mondo e lavora
affinché il mercato internazionale la noti. Il nome stesso
deve risuonare bene anche ai non italiani.
“Vendiamo in tutto il mondo. Sud America, Sudafrica,
Emirati Arabi, Australia” specifica Zonca. I mercati prin-
cipali rimangono, prevedibilmente, gli Stati Uniti e l’Eu-
ropa, sebbene con una struttura diversa. MotoGP, per
esempio, è un marchio popolare soprattutto in Europa,
soprattutto in Italia e in Spagna e magari meno in Ger-
mania. Allo stesso modo, il motocross è una disciplina
che spopola soprattutto negli Stati Uniti. “È una serie
che ha buone vendite in Europa, ma ha delle magnifiche
vendite negli Stati Uniti, perché è una serie americana”
sottolinea Zonca.
Controllo qualità e la submission a Microsoft e SonyIl reparto che Zonca tiene di più a “pulire” da un luogo
comune è quello del controllo qualità. Quando entriamo
nell’ampia stanza, vediamo console e macchinari uno
sopra l’altro; ragazzi impegnati a testare le nuove funzio-
ni; decine di schermi accesi sulle ultime caratteristiche
del gioco che la squadra deve mettere alla prova. “È uno
dei lavori più stressanti, perché più tecnicamente diffici-
le. Si scontra molto con il luogo comune di tester pagato
per giocare” chiarisce Zonca. Ogni tester ha l’incarico
di prendere la versione giornaliera del gioco e portare
avanti una serie di test di quello che, in quel momento,
è pronto del gioco: nuove moto, piste, anche la moda-
lità online. “Bisogna anche garantire - va avanti Zonca
- che se all’utente, per esempio, cade la connessione, il
gioco non può bloccarsi: bisogna dargli un messaggio
ben specifico. Non puoi semplicemente dirgli che non
ha più la connessione”. Tutto, poi, deve essere appro-
vato da Microsoft e Sony per la pubblicazione del gioco
su console Xbox e PlayStation. Per questo il lavoro della
squadra di controllo qualità è essenziale, in quanto “hai
in mano la responsabilità che il prodotto sia conforme
alle specifiche dei documenti di Sony e di Microsoft e
che essendolo passerà i processi
di certificazione che ti porteran-
no poi a essere sugli scaffali. Se
il testing non assicura la confor-
mità del titolo, rischiamo di non
riuscire a venderlo”. Un lavoro
complesso: se si lavora su un
gioco sul quale pesano impor-
tanti bug, in parole povere, “di-
venta un casino andare avanti”.
La submission a Microsoft e Sony
- cioè il momento in cui uno svi-
luppatore inoltra alle due società
il proprio gioco per la valutazione
e l’approvazione - è una prova del
nove: se non passa la certificazione, vanno in fumo mesi
di lavoro. “Se succede, bisogna ripianificare tutto: più
mesi di quanto previsto, più soldi. Oltre al colpo morale
- confessa Zonca - di vedere bocciato il tuo gioco”. Me-
diamente Microsoft e Sony si prendono una settimana di
tempo. Offrono a ciascun sviluppatore documenti molto
dettagliati rispetto a ciò che può essere in un gioco e
quali criteri deve rispettare. Per tale motivo, “se non lo
passa, la colpa è tua: qualcosa è andato storto durante
lo sviluppo e quella bocciatura te lo conferma” è il pare-
re di Zonca. C’è poi un altro momento delicato: il giorno
delle recensioni. “Siamo tutti talmente con le orecchie
dritte - ammette Zonca ridendo - che mentre aspetti la
recensione e ancora non ti è arrivata, c’è già qualcuno
che l’ha letta”. In generale dare il gioco a un giornalista
specializzato “non è soltanto ‘ti do il codice e vediamo’;
si tratta di far capire che prodotto è. Se a una persona
esperta in giochi di ruolo fai recensire un gioco di moto,
il voto può essere meno preciso, troppo alto o troppo
basso. Quindi si tratta di fornire - mette in chiaro Zonca
- supporto all’area stampa per far capire cos’è il titolo, a
chi è dedicato, cosa contiene di interessante”.
Supercross 2 e la sfida di sviluppare su SwitchLo sviluppo di un gioco, ci spiegano gli sviluppatori,
parte per PC per poi spostarsi su PlayStation 4 e Xbox
One mediamente. Con il primo e il secondo Supercross,
però, c’è stata di mezzo anche Nintendo Switch, console
meno performante rispetto alle altre due macchine da
gioco sul mercato e che, quindi, ha richiesto un impe-
gno dedicato. “Quest’anno su Switch abbiamo avuto
un approccio diverso” esordisce Angelo Iasevoli, lead
artist di Supercross 2. “In molti casi, abbiamo fatto dei
lavori paralleli per far girare il nostro gioco in una qua-
lità più che buona su Switch. Per fare ciò non basta
semplicemente andare a togliere, abbassare le textu-
re, togliere qualche asset. Abbiamo fatto il lavoro di
miglioramento grazie a programmazione e ricerca e
sviluppo”. Un lavoro dedicato, insomma, che richiede
più attenzione e più tempo. “Però è uno dei vantaggi
di fare un secondo capitolo” aggiungo Federico Spa-
da, lead designer del gioco. “Avendo già l’esperienza
del primo Supercross, poiché vuoi ottimizzare quanto
già hai, sai come muoverti e dove mettere le mani per
l’ottimizzazione”. Nel caso di Supercross 2, ha signifi-
cato riuscire a inserire l’editor dei circuiti e la modalità
Compound nella versione per Switch. “Nel primo,
date le contingenze del progetto, non ce l’abbiamo
fatta. Lavorando sul secondo - ricorda Spada - ci sia-
mo invece detti ‘Abbiamo un problema: come possiamo
avere tutto anche su Switch?’ Siamo riusciti a organizza-
re una pipeline che, alla fine di tutto, ci ha permesso di
fare questa cosa.” A prescindere dalla piattaforma, ogni
gioco porta con sé l’obiettivo di migliorare la grafica e
contemporaneamente alleggerire il carico sull’hardware
della console. “Sulle console - spiega Iasevoli in merito
al lavoro che viene svolto - abbiamo limiti tecnologici,
ma dobbiamo far girare tutto e farlo andare a 30 foto-
grammi al secondo. Cerchiamo sempre di migliorare il
frame rate e le prestazioni del gioco e ogni volta aggiun-
giamo dettaglio”. Gran parte del lavoro per Supercross
2 è stato migliorare l’impatto del terreno: i solchi lasciati
dai trattori che formano il circuito, per esempio. “È la pri-
ma cosa sul quale investiamo - dice Iasevoli - perché è
ciò che il giocatore vede di più. Specialmente sulle cur-
ve, quando il giocatore rallenta e quindi si gode tantis-
simo il dettaglio. Poi pensiamo allo stadio, cercando di
renderlo immersivo anche per quanto riguarda l’audio,
e al pubblico. Cerchiamo di immedesimare il giocatore
con più dettagli possibili, cercando di stare attenti alle
prestazioni.” Il momento in cui si accende il motore delle
idee tra un gioco e quello successivo della stessa serie
è essenziale per poter lavorare in modo corretto. Per pri-
ma cosa, va messo nero su bianco cosa ha funzionato
nell’ultimo capitolo e cosa no. “È importantissimo - spie-
ga Spada - che alla fine di ogni progetto si faccia quello
che viene chiamato post-mortem: le persone che hanno
partecipato fanno riferimento ai lead e fanno una lista di
cosa è andato bene e cosa è andato male. Così si indivi-
duano le pratiche migliori per migliorarsi ulteriormente e
capire cosa è andato male affinché, nel nuovo titolo, non
succeda”. Viene valutato ogni aspetto della precedente
produzione: quanto è costata, quanto tempo di sviluppo
ha richiesto, cosa si è riusciti a realizzare e come fare per
inserire nel nuovo capitolo quanto, invece, non è stato
possibile integrare per motivi di tempo, di soldi, di pro-
duzione. In ogni caso, riferisce Spada, “non è obbligato-
rio stravolgere quanto si ha per avere un gioco nuovo.
L’importante è essere il più possibile perfetti nella forma
con la quale esponi il tutto al giocatore. La perfezione
della forma è ciò che, di anno in anno, si cerca di ottene-
re. È quanto di più difficile ci sia in fatto di design”.
Nessuna periferica dedicata per le moto, ma non significa meno realismoC’è una fine al realismo? Oppure si tratta di un aspet-
to delle simulazioni al quale bisogna mirare oltre ogni
GAMING
In visita da Milestonesegue Da pagina 31
La squadra di controllo qualità al lavoro negli uffici di Milestone.
segue a pagina 33
torna al sommario 33
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
confine? La risposta breve è sì. Premettendo, però, che
i giochi di moto hanno un limite rispetto a quelli di auto:
mancano di una periferica dedicata. “A livello di immer-
sività gli manca qualcosa, sì” confessa Spada. “Ma non
a livello di resa”. Non si può però fare altrimenti; avere
un manubrio non basterebbe. Il peso pilota, la posizione
in carena, la forza che viene esercitata con le gambe
sulla carena per far piegare la moto sono tutti fattori
che, mirando alla simulazione, dovrebbero essere presi
in considerazione nella realizzazione di una periferica
dedicata. Cosa si può fare allora? “La resa - prosegue
Spada - viene sostituita da controlli che permettono di
fare lo stesso perché sono più precisi. Non c’è il peso
pilota sulla carena, ma se facciamo dei controlli più
precisi, possiamo avvicinarci sempre di più [alla realtà].”
Una periferica dedicata per le simulazioni a due ruote
richiederebbe, insomma, una controparte intera di una
moto reale, come quelle che si posso incontrare in al-
cune sale giochi. Qualcosa di poco praticabile in molti
casi perché vanno considerati i costi di una simile peri-
ferica e lo spazio da dedicare, difficile da trovare in una
casa. C’è poi l’aspetto della difficoltà. Mentre in un gio-
co d’avventura o d’azione il livello di difficoltà e la sfida
sono crescenti (boss più difficili o nemici più numerosi
gli esempi più banali), in una simulazione di questo tipo
come viene approcciata la curva di apprendimento e la
possibile crescita delle abilità dell’utente che dal livello
facile vorrebbe, a un certo punto, passare a qualcosa di
più impegnativo?
“Abbiamo parecchi parametri - dice Spada - che il gioca-
tore può cambiare per venire incontro alle sue esigen-
ze di gioco. Ci piace dire che il giocatore possa cucirsi
addosso il gioco. C’è la modalità facile, quella ultrafacile
e quest’anno abbiamo inserito il flow aid”. Nella super-
cross, infatti, è fondamentale seguire il “flow” della pista,
tenere il giusto ritmo per sapere a quale velocità pren-
dere un salto per poter atterrare in un punto preciso e
poter così affrontare il salto successivo in modo corretto.
Perciò in Supercross 2 è stato introdotto questo aiuto.
Che ovviamente, nel contesto della difficoltà, signifi-
ca dover pensare a tutti i tipi di giocatori sia quelli più
esperti sia i neofiti.
“Tutta la disciplina - prosegue Spada - si basa su questo
aspetto (il flow, ndr). Allora abbiamo introdotto delle frec-
ce. Così il giocatore inesperto ha un’idea molto più chiara
di cosa il gioco si aspetti per poter essere completato”.
L’idea, insomma, è un gioco che possa funzionare allo
stesso modo per ogni utente. “Un gioco che - sintetizza
Spada - sia facile da giocare sin da subito, ma nel quale
sia anche più difficile avere la presa sul gioco ed essere
veramente forti”. “È il giocatore stesso - aggiunge - che
si pone degli obiettivi e grazie a tutti i parametri che gli
diamo per poter regolare la fisica, gli obiettivi se li pone
lui e li supera lui. C’è maggiore soddisfazione”.
Per capire se un gioco funziona, non mancano anche
momenti in cui piloti professionisti vengono convocati
per giudicare quanto è stato sviluppato. “Per MXGP -
ricorda Spada - abbiamo avuto Cairoli (Antonio Cairoli,
nove volte campione italiano di motocross, ndr) qua con
noi, più di una volta. Avere il parere di persone del ge-
nere e avere il loro feedback ti porta ad alzare l’asticella
della simulazione. Se ho una persona che questo sport
lo pratica tutti i giorni e che mi dice ‘ok, la moto si com-
porta come mi aspetto’, allora sono tutti piccoli chiodi
che andiamo a mettere e che diventano dei punti fermi
attorno al quale iniziamo ad avere delle certezze per il
sistema fisico”.
Usciamo dal quartier generale di Milestone con rinnova-
to interesse verso questa realtà videoludica. Abbiamo
visto passione e impegno, ma anche consapevolezza di
cosa possa fare e cosa sia giusto perseguire senza spo-
starsi dal cuore dell’azienda: produzione e sviluppo di
videogiochi motoristici. Qualcosa che Milestone riesce
a fare bene da oltre vent’anni.
di M. DI MARCO
È arrivato come un fulmine a ciel ser-
eno. E forse è anche per questa sua
“nascita” così improvvisa che Apex
Legends, il battle royale di Electronic Arts
creato dalle menti dietro a Titanfall (Re-
spawn) sta marciando più velocemente
di Fortnite, che in questo campo resta
un re. In una settimana, già 25 milioni di
utenti si sono registrati per poter gioca-
re ad Apex Legends, disponibile gratui-
tamente per PC, Xbox One e PS4 (forse
presto anche per mobile). Per fare un
confronto, a Fortnite ci sono voluti tre
mesi per arrivare a 30 milioni di utenti. Il
GAMING Apex Legends viaggia più veloce di Fortnite: 25 milioni di utenti in una settimana. Ma non è uno sprint, è una maratona
Appare dal nulla e macina record: Apex Legends di Electronic Arts a quota 25 milioni di utenti va più veloce di FortniteI primi risultati di Apex Legends sono stati più che sufficienti per rinvigorire la salute finanziaria di Electronic Arts
gioco di Epic Games, in ogni caso, oggi
segna quota 200 milioni di giocatori at-
tivi, un traguardo che per Apex Legends
è ancora lontanissimo. Senz’altro Apex
Legends sta vivendo un ottimo momen-
to figlio dell’entusiasmo della novità,
dell’annuncio improvviso e degli eventi
che hanno preso vita su Twitch, la piat-
taforma di streaming di Amazon. Così il
marketing di Apex Legends ha seguito
le ultime tendenze: eventi a tempo limi-
tato e un pass stagionale che prenderà
il via a marzo. In ogni caso, i primi risul-
tati sono stati più che sufficienti per rin-
vigorire la salute finanziaria di Electro-
nic Arts, che era uscita abbattuta dopo
che il produttore ha abbassato le stime
di ricavi a causa delle vendite inferiori
alle aspettative di Battlefield V. Il “plus”
di Fortnite è stato quello di aver sfondato
la barriera della cultura popolare ed es-
sere diventato un fenomeno di massa.
GAMING
In visita da Milestonesegue Da pagina 32
Qualcosa che avviene raramente ed è
difficile immaginare che Apex Legends
possa succedere nella stessa missione.
Ciò non significa, però, che il battle roy-
ale di EA non possa diventare un gioco
capace di durare nel tempo.
torna al sommario 34
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Sergio DONATO
N el rapporto tra Google e gli utenti che utilizzano i
suoi servizi c’è un aspetto che viene spesso sot-
tovalutato o ignorato: su richiesta delle autorità
Google può fornire i dati degli utenti per agevolare in-
dagini su violazioni di normative o attività criminali. Goo-
gle ha spesso link nidificati circa l’uso dei suoi servizi
che l’utente medio non ha modo di raggiungere perché
nell’utilizzo quotidiano non vengono nemmeno sfiora-
ti, sulla falsa riga delle condizioni di licenza d’uso che
quasi sempre vengono accettate senza essere lette. Uno di questi link raggiunge una pagina del Rappor-
to sulla trasparenza di Google che mostra due tabelle
che indicano rispettivamente il numero di richieste dei
dati degli utenti da parte delle autorità preposte, e la
percentuale di quelle per le quali i dati sono stati ef-
fettivamente consegnati. Veniamo così a sapere che
tra gennaio e giugno 2018 Google ha esaudito il 42%
delle richieste da parte di autorità in Italia (1.362 in tutto,
che hanno coinvolto oltre 1.900 utenti). Già nel 2018,
la stampa mondiale era stata attratta da queste nuove
possibilità di indagine grazie ad alcuni mandati della po-
lizia di Raleigh, nella Carolina del Nord degli Stati Uniti,
SCIENZA E FUTURO Su richiesta delle autorità, Google può fornire i dati degli utenti per agevolare indagini su attività criminali
La polizia sa che eri vicino a una scena del crimine perché glielo ha detto GooglePeccato che per segnalare la presenza del criminale in una certa zona, possono essere raccolti anche i dati degli innocenti
Percentuali delle richieste evase da Google in Italia
che avevano lo scopo di ottenere i dati di tutti i disposi-
tivi mobili presenti nella zona di una scena del crimine.
Recentemente, alcuni mandati spiccati nel Minnesota
hanno riacceso i riflettori su questa forma di indagine
indicando la via della protesta alla ACLU, una organiz-
zazione non governativa americana concentrata nella
difesa dei diritti civili e le libertà individuali negli Stati
Uniti. La situazione del Minnesota serve più che altro a
illustrare certe dinamiche di indagine che sicuramente
differiscono tra Paesi a seconda delle legislazioni, ma
che hanno come punto comune il “reverse location”
che tradurremo come “indagine inversa”.
L’indagine a strascicoUn mandato di indagine inversa differisce da uno tradi-
zionale poiché non identifica un sospettato e stabilisce
una causa per cercare le prove dei crimini, ma recupera
le informazioni di tutti coloro che si trovavano in una de-
terminata aerea in un certo momento. E l’area e il mo-
mento corrispondono a quelli in cui è stato perpetrato
un crimine. Lo scorso ottobre, il 911 è stato chiamato da
una donna del Minnesota che ha subìto un furto in casa.
I sospettati sono andati via con 50mila dollari, e il marito
della donna è morto d’infarto a causa dello shock.
La polizia ha chiesto a Google di identificare tutti di di-
spositivi mobili presenti nei pressi della casa in una fi-
nestra temporale di 6 ore, e quelli che si trovavano nel
quartiere nelle 33 ore precedenti. Tuttavia, la privacy di
tutte le persone prese nella rete dell’indagine digitale
sarebbe stata preservata attraverso un processo in due
fasi in cui Google avrebbe prima assegnato in modo
anonimo un numero di identificazione collegato al nu-
mero di serie di ogni dispositivo, e solo se la posizio-
ne di un dispositivo, il movimento, o l’orario fosse stato
compatibile con il crimine, gli investigatori sarebbero
potuti tornare in tribunale e ottenere un secondo man-
dato che avrebbe ordinato a Google di rivelare il nome
del proprietario del cellulare. Evento che si è verificato. Il
secondo mandato è stato spiccato, ma a quel punto gli
investigatori avevano già raggiunto i responsabili del fur-
to grazie a delle indagini comuni e all’aiuto dei testimo-
ni. I dati recuperati con l’indagine inversa non vengono
cestinati, ma finiscono nella cartella del caso, e possono
essere consultati per verificare la posizione dello stesso
sospettato nel corso di furti dello stesso tipo, rendendo
quindi l’indagine sulla singola persona più approfondita.
Cosa dice GoogleQuesto tipo di tecnica non interessa solo gli utenti An-
droid, ma tutti coloro che hanno sul proprio smartphone
un servizio Google, come Maps per iOS, per esempio.
Alle domande della ACLU sulla gestione da parte di
Google di queste richieste e sulle garanzie da dare agli
utenti, la responsabile delle comunicazioni di Google,
Genevieve Wong Park, ha fatto riferimento a questo
link, dicendo che “Google respinge spesso queste ri-
chieste se sono troppo ampie o generiche, o non se-
guono la procedura corretta”.
La crittografia dei dati consegnati alle autorità da parte
di Google dovrebbe essere una garanzia sufficiente a
non temere ingerenze nella privacy, tuttavia questi casi
dimostrano una volta di più quanto siano numerose le
implicazioni che gravitano attorno ai dispositivi che por-
tiamo con noi quotidianamente, e che spesso si trasci-
nano zone grigie di intervento che per molti di noi sono
anzi completamente buie.
Panoramica del numero di dati richiesti dalle autorità in Italia
torna al sommario 35
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Roberto PEZZALI
Canon ha annunciato ufficialmente la nuova EOS
RP, aggiungendo un elemento importante alla
famiglia di mirrorless EOR R annunciata negli
scorsi mesi. Un prodotto che fa leva soprattutto sul
prezzo, e che in qualche modo prova a ripetere l’ope-
razione fatta tanti anni fa con la EOS 300D, la prima
reflex digitale a basso costo. EOS RP costerà infatti
1.569 euro nella versione solo corpo, e nella confezio-
ne sarà presente anche l’adattatore che permette di
utilizzare le ottiche EOS EF/EF-S già di proprietà del-
l’utente. Inutile fare il confronto con il prezzo america-
no di 1.299 dollari: è privo di tasse, anche se aggiun-
gendole il prezzo oltreoceano appare decisamente
più conveniente al cambio. Acquistandola oggi a New
York costerebbe tuttavia 1.249 euro tasse incluse.
La EOS RP è nella testa di Canon non solo il rimpiazzo
della EOS 6D Mark II ma anche la prima full frame per
molti utenti che hanno sempre usato aps-c: proprio
per questo motivo è stata depotenziata rispetto alla
più costosa EOS R ma ha perso quelle caratteristiche
che ad un utente poco evoluto non interessano più di
tanto. Il sensore è lo stesso CMOS full frame da 26.2
megapixel utilizzato dalla 6D MKII ma il processore
è il modello più recente, il Digic 8. Sensibilità nativa
100 iso - 40.000 iso e raffica da 5 fps con autofocus
bloccato sul primo fotogramma e 4 fps con autofo-
cus continuo confermano le caratteristiche che erano
già state svelate. Il sensore è dotato ovviamente di
Dual Pixel CMOS Auto Focus (AF) con 4,779 punti se-
lezionabili a mano e un’area di copertura AF dell’88%
in orizzontale e del 100% in verticale. Utilizzando un
obiettivo f/1.2, possibile ma difficile vista la categoria
di prodotto, la fotocamera riesce a raggiungere un im-
pressionante livello di sensibilità di messa a fuoco in
FOTOGRAFIA Canon ha svelato la nuova full frame EOS RP. Ci abbiamo giocato un po’ e le prime impressioni sono ottime
Canon EOS RP: le nostre prime impressioni e le foto della nuova full frame dal prezzo OKNon è una EOS R (e non vuole esserlo) ma porta tanta qualità e un sistema innovativo ad un prezzo concorrenziale, 1.569 euro
segue a pagina 36
condizione di bassa luminosità, (EV) -5.
La velocità dell’autofocus è pari a 0.05 secondi
ed è presente l’eye detection, ovvero il blocco del
fuoco sull’occhio del soggetto sia durante lo scat-
to singolo sia durante la modalità servo, sia con le
foto che con i video. EOS RP può registrare video
4K a 24p o 25p a 8-bit 4:2:2, e come sulla EOS R
c’è il drop sul sensore, che non viene usato inte-
ramente. La EOS R, in campo video, può contare
anche sulla registrazione tramite HDMI a 10 bit che
non serve al pubblico a cui è indirizzato questo
nuovo modello. La stabilizzazione è digitale per il
video, da combinare con quella delle ottiche, men-
tre per lo scatto fotografico sono le sole ottiche
a essere stabilizzate. Non mancano comunque
ingresso microfonico, uscita cuffie e porta USB Type
C che permette di ricaricare la fotocamera anche in
modalità veloce con Power Delivery e lo slot di card
singolo SD. Una cosa che sicura-
mente verrà apprezzata della
EOS RP è la leggerezza: il corpo
compatto in lega di magnesio
rinforzato con fibra di vetro offre
alla mirrorless lo stesso livello di
resistenza agli agenti atmosferici
della 6D Mark II, quindi ci trovia-
mo davanti ad una fotocamera di
livello. Ma il peso, 485 grammi
inclusa SD card e batteria, è sen-
sibilmente più basso di quello
del modello superiore. Ridotto
anche l’ingombro stesso del cor-
po, che perde il pad posteriore
a favore della più pratica ghiera.
A rimetterci, anche se è una dif-
ferenza da poco, è lo schermo
LCD snodabile sul retro: sempre
touch, è solo da 3”. Anche il mirino oculare OLED
da 0.39” è leggermente più piccolo e immaginiamo
meno luminoso di quello usato sulla EOS R, ma è un
compromesso accettabile. Cambia anche la batteria:
viene usato il modello LP-E17. Presenti ovviamente
Wi-fi e bluetooth. Il prezzo è di 1.569 euro nella ver-
sione solo corpo che include anche l’adattatore, e la
disponibilità è fissata per il 27 febbraio. Sul sito Canon
è comparso anche il bundle Canon EOS RP Body +
obiettivo RF 24-105mm f/4L IS USM + adattatore EF-
EOS R a 2.609 euro, mentre non c’è traccia del bund-
le con il 24-105mm f/3.5 - 5.6 IS che negli States viene
venduto all’incredibile prezzo di $1,699.
Hands-on: prime impressioni e prime fotoAlla conferenza stampa di lancio abbiamo potuto toc-
care con mano la nuova mirrorless. Se la EOS R era
torna al sommario 36
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
FOTOGRAFIA
Canon EOS RP, full frame dal prezzo OKsegue Da pagina 35
una macchina destinata al fotoamatore evoluto, a co-
lui che ha voglia e budget per investire su un nuovo
sistema che prevede anche obiettivi diversi, la EOS
RP è destinata a un enorme pubblico che vuole fare il
salto alla full frame senza spendere troppo. Della EOS
R infatti, oltre al sistema, hanno colpito le bellissime
ottiche che Canon ha realizzato, come il 28-70 f/2 L:
le ottiche sono un investimento, il corpo macchina è
qualcosa che bene o male nel tempo si cambia. E chi
sceglie EOS R è un utente che oltre al corpo mac-
china è consapevole che deve
investire qualcosa nei nuovi
obiettivi.
Per EOS RP è diverso: credia-
mo di trovarci davanti a una full
frame che si venderà benissimo
anche nelle superfici della gran-
de distribuzione, da un Media
World o da un Unieuro, perché
alla fine il prezzo non è poi così
diverso se si paragona a quello
di una APS-C di fascia alta. Ca-
non è stata molto furba a inse-
rire l’adattatore, perché è con-
sapevole che chi compra una
full frame cercando di spendere
una cifra contenuta sicuramente
cercherà di usare gli obiettivi in suo possesso o per
risparmiare si rivolgerà al mercato dell’usato. L’abbia-
mo usata, ci abbiamo giocato un po’ e siamo pronti a
dirvi quali sono le differenze tra questa EOS RP e la
EOS R. Si potrebbe fare un paragone anche con altre
fotocamere della concorrenza, ma crediamo che a
questo prezzo Canon abbia letteralmente spaccato il
mercato: un listino di 1.550 euro può diventare presto
uno street price di 1.200 euro circa, soprattutto se si
considerano le promozioni della grande distribuzione,
e una full frame a 1.200 euro è un prodotto killer non
solo per la sua categoria ma anche per micro 4:3 e
APS-C. Canon con questo prodotto darà una scossa
al mercato, costringendo la competizione a correre ai
ripari, lanciando modelli entry e abbassando un po’ i
prezzi. La EOS RP non è la EOS R, ma non è neppure
un modello di fascia bassa. Il corpo è leggero e com-
patto, ma come ogni altra fotocamera di questo livello
è l’ottica a impattare maggiormente su pesi e ingom-
bri. Siamo rimasti ben impressionati dalla qualità co-
struttiva del corpo, che non sembra affatto plastico
anche se non offre lo stesso feeling di una 5D Mark 4.
Il corpo è in magnesio, il grip è ottimo e anche i pesi
sono bilanciati bene. La prima cosa che solitamente
si apprezza quando si usa una fotocamera è il mirino,
perché il gesto di provare a scattare è naturale: il miri-
no della EOS RP non è però il mirino della EOS R.
Non solo è meno risoluto, ma ci pare abbia anche un
refresh inferiore: qualche trascinamento c’è, la lumi-
nosità anche se regolabile non è eccelsa; è un buon
mirino ma non è un oculare capace di dare il feeling
da mirino ottico. Anche lo schermo touch sul retro è
leggermente più piccolo e ha risoluzione inferiore: se
la differenza di dimensioni non si nota più di tanto, la
risoluzione più bassa richiede una maggior attenzio-
clicca sulle immagini per l’ingrandimentoAbbiamo scattato tre fotografie con la EOS RP, una a ISO a 1600, una a 16000 ISO e una a ISO 40.000. Eccole con i rispettivi crop. Non prendetele come un esempio: serve più tempo e una varietà maggiore di scenario per dare un giudizio qualitativo.
segue a pagina 37
torna al sommario 37
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
ne in fase di revisione dello scatto. Stiamo parlando di
uno schermo che ha a tutti gli effetti la metà dei me-
gapixel del display della EOS R. Il sensore è un 26,2
megapixel. Sebbene la conta dei fotoricettori porti a
pensare che sia lo stesso della EOS 6D MK II, l’array
di lenti è diverso perché è diverso il tiraggio ottico
della macchina. Una piccola ottimizzazione che non
dovrebbe spostare però più di tanto la qualità dello
scatto nel confronto con la 6D MK2: più che il sensore
eventuali miglioramenti sono attribuibili al processore
Digic 8. Rispetto alla EOS R manca anche la saraci-
nesca che copre il sensore quando togliamo l’ottica,
evitando così che si sporchi: togliendo l’obiettivo dalla
EOS RP il sensore è nudo.
Che ci troviamo davanti ad un sensore non nuovissimo
lo capiamo anche da altre differenze: il 30 megapixel
della EOS R è senza dubbio più veloce nella lettura
dei dati in modalità dual pixel, e il particolare sistema
di messa a fuoco può così essere usato anche con la
ripresa 4K. Sulla EOS RP no: il Dual Pixel funziona solo
in full HD, in 4K si usa la normale ricerca di contrasto
del sensore. L’autofocus guadagna il rilevamento oc-
chi in modalità Servo AI, ma da quanto abbiamo po-
tuto vedere con alcuni scatti fatti ad una modella non
ci è parso precisissimo. Rispetto alla sorella maggiore
la EOS RP perde anche qualche feature sul sistema
di messa a fuoco, a causa proprio del sensore che
è una rivisitazione di un sensore progettato qualche
anno fa. I punti di messa a fuoco sono 4779
contro i 5655 della EOS R, la sensibilità del-
l’AF in condizioni di scarsa luminosità perde
uno stop, da -6EV a -5EV. Siamo davanti ad
un risultato comunque eccezionale.
Anche la raffica perde, sempre per il sensore
non velocissimo nel readout: con AF fisso si
passa da 8 a 5 fps mentre con AI Servo da
5 a 4 fps.
Per tenere uno corpo compatto Canon ha
scelto di inserire la scheda SD nel comparto
batterie, e così facendo non ha potuto usare
la classica batteria che ha usato per le reflex
prosumer e per la EOS R: viene usata la LP-
E17 delle EOS M e delle reflex di fascia media / medio-
bassa, soluzione che riduce l’autonomia a circa 250
scatti. Cambia anche la parte legata alla connettivi-
tà: ci sono ingresso microfono e uscita cuffie, c’è la
porta USB Type C per ricaricare la fotocamera (anche
in modalità rapida) e per trasferire i file, ma se sulla
EOS R c’era USB 3.0 su questa c’è solo un USB 2.0.
Può sembrare una sciocchezza, ma essendo la card
inserita nel vano batteria se si usa la EOS RP su un
treppiedi o su un gimbal non è possibile trasferire ra-
pidamente foto e video, e ovviamente togliere la card
risulta scomodo.
La porta HDMI può essere usata per trasferire video
in uscita, ma solo a 8 bit 4:2:2: la EOS R con lo stesso
campionamento cromatico riesce a fare 10 bit, ovvia-
mente con possibilità di avere Canon Log. Questa
non ci sembra però una grossa mancanza, stiamo
parlando di una feature che entra davvero nel campo
della ripresa video professionale. Il 4K a 25 fps della
EOS R può andare bene in molti casi, anche se for-
se la modalità più adeguata è il full HD che beneficia
anche del dual pixel. Purtroppo la ripresa 4K non usa
tutto il sensore ma solo una porzione, quindi l’imma-
gine è croppata al centro: Canon non ha usato tutto
il sensore sulla EOS R, non ci saremmo certi aspettati
nulla di diverso su questa EOS RP.
Conclusioni Nel complesso crediamo che la EOS R sia una foto-
camera da prendere seriamente in considerazione se
si vuole sostituire una vecchia Canon o se si vuole
entrare nel mondo full frame. Non possiamo dire che
l’APS-C è morto, ma Canon ha dato una bella spinta
al segmento full frame con questa macchina. E se il
prezzo dovesse scendere vicino ai 1000 euro, solo
corpo, sarebbe difficile trovare una motivazione per
spingere qualcuno a comprare una fotocamera con
un sensore più piccolo.
FOTOGRAFIA
Canon EOS RP, full frame dal prezzo OKsegue Da pagina 36
di Sergio DONATO
F ujifilm ha annunciato la nuova
mirrorless X-T30, più piccola, più
compatta ma poche rinunce se la
confrontiamo con la sorella maggiore
X-T3. La X-T30 è una macchina a due
volti, può essere vista come un modello
aggiornato rispetto alla X-T20 o come
una piccola X-T3.
Nel suo corpo, piccolo e leggero, bat-
te lo stesso quad-core X-Processor 4
FOTOGRAFIA X-T30 è una macchina a due volti: può essere vista come un modello aggiornato della X-T20 o come una piccola X-T3
La nuova mirrorless Fujifilm X-T30 è una X-T3 in miniaturaLa mirrorless di Fujifilm avrà dimensioni contenute, autofocus migliorato rispetto alla X-T3 e l’audio dalla USB-C
della X-T3, e a supportare lo scatto c’è
l’identico sensore X-Trans CMOS 4 da
26,1 megapixel della sorella. Fujifilm ab-
bandona però la ghiera degli ISO, perde
uno slot SD e anche la risoluzione del
mirino elettronico cambia: scende a 2,6
milioni di punti, ma resta ovviamente
OLED. Sulla schiena non c’è più il d-
pad, ma spunta come un neo lo stesso
joystick per la regolazione del punto di
messa a fuoco della sorella maggiore,
mentre il tasto Q è stato inserito in una
posizione più comoda per il pollice. Sul
retro troviamo uno schermo LCD touch-
screen da 3 pollici, più sottile del 10%
rispetto a quello della cuginetta X-T20.
L’autofocus promette di essere migliore
di quello della X-T3 nella tracciatura del
viso e degli occhi, con i punti di rileva-
mento che raggiungono tutto il frame. Il
buffer di scatto è più contenuto, ma tie-
ne comunque gli 8fps di scatti continui
usando l’otturatore meccanico e senza
crop. Il video ha una profondità colore
di 8-bit campionati 4:2:0 e registra in 4k
fino a 30fps, e con un bitrate di massi-
mo di 200Mbps.
Sebbene non sia resistente all’acqua, la
X-T30 stupisce per l’assenza dell’ingres-
so jack per il monitoraggio dell’audio
sostituito però dalla possibilità di usare
la porta USB-C dedicata alla ricarica per
veicolare il suono attraverso un adatta-
tore come quelli che gli smartphone ci
hanno obbligato a usare.
La X-T30 sarà disponibile da marzo a un
prezzo di 899 dollari per il solo corpo, o
di 1.299 dollari in kit con l’obiettivo 18-
55mm. Nella giornata di oggi avremo
modo di toccare con mano la fotoca-
mera e di scattare qualche foto: domani
arriva l’approfondimento completo.
torna al sommario 38
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Franco AQUINI
N essuno dubita più della qualità dei top di
gamma cinesi, che ormai rivaleggiano con
i migliori smartphone del mercato, ovvero
quelli venduti dai due brand che si sono conquistati
a colpi di rivoluzioni (o semplici evoluzioni) e di spot
pubblicitari la fascia alta di un mercato che rimane,
seppur con una crescita minore, estremamente ricco
ed appetibile. Huawei è ormai nel triangolo magico,
conosciuta e apprezzata anche da chi non è esperto
del settore. Vale lo stesso per altri brand cinesi altret-
tanto importanti per numeri e qualità? Ce lo siamo
chiesti dopo quasi quattro mesi passati con Xiaomi Mi
8, un top di gamma che non ha nulla da invidiare ai
blasonati colleghi di Huawei, Apple o Samsung. L’uni-
ca vera differenza? Il prezzo. Mi 8 si trova facilmente
sotto i 400 euro, mentre i rivali ne costano il doppio,
se non il triplo. Alla fine la domanda nasce spontanea:
è veramente uno smartphone di qualità o mi lascerà
a piedi dopo pochi mesi? Per questo abbiamo voluto
fare una prova diversa dal solito. Ormai gli smartpho-
ne si somigliano tutti. Display, processore, quantità
di RAM. Difficile trovare differenze importanti. Quindi
ci siamo chiesti: proviamo a vedere come si compor-
ta ‘alla lunga’ uno smartphone cinese dal prezzo così
aggressivo. Proviamo a vedere se davvero regge alla
prova del tempo. Se la qualità dei materiali è tale da
non rovinarsi dopo le prime cadute, se la batteria non
perde prestazioni dopo un paio di mesi. Se la casa ma-
dre rilascia aggiornamenti con costanza. Insomma: è
un vero top di gamma o no?
Qualità vera o solo apparente? Xiaomi Mi 8 è un telefono di pregio. Vetro da entram-
be i lati e bordi in metallo. La percezione tenendolo
in mano è di qualità, tanto che dispiace usarlo con la
cover (in special modo con quella fornita in dotazione,
che non è eccezionale). Grazie all’uso di quest’ultima
però, dopo mesi di utilizzo quotidiano, lo smartphone
è rimasto tale e quale. La parte frontale, volutamente
utilizzata senza pellicole protettive pur tenendolo in ta-
sca in compagnia talvolta di chiavi, altre volte insieme a
monetine o chiavette USB, non ha patito affatto. Rima-
TEST Abbiamo messo alla prova per quattro mesi uno degli alfieri della qualità a basso costo: il top di gamma cinese Xiaomi Mi 8
Quattro mesi con Xiaomi Mi 8: gli smartphone cinesi resisteranno alla prova del tempo?Gli smartphone cinesi sono sempre più competitivi e alcuni proposti a un prezzo molto basso. Ci sarà qualcosa sotto?
ne una certa tendenza a sporcarsi facilmente con le di-
tate, ma quello è comune a tutti gli smartphone, anche
a quelli con il miglior trattamento oleofobico, che dopo
qualche settimana tende a sparire. Niente polvere o
sporcizia nelle giunture. Un fatto molto importante che
spesso riduce uno smartphone in condizioni pessime e
lo fa somigliare a un deposito di sporcizia e impurità. Lo
sanno bene gli utenti che hanno acquistato smartpho-
ne con piccole scanalature nei bordi. Niente di tutto
questo in Mi 8, che con una veloce passata di panno è
come appena estratto dalla confezione. Quell’aspetto
un po’ prezioso e di oggetto hi-tech insomma ri-
mane, anche dopo mesi.
L’uso che stupisce ogni giorno di piùUna volta capito che Xiaomi Mi 8 è uno smartpho-
ne che ha qualità costruttiva da vendere anche
dopo diversi mesi, passiamo all’uso quotidiano,
che alla fine è quello che realmente conta. Miui
10 è arrivata, in pochi mesi dalla sua uscita, alla
versione 10.2.0 con aggiornamenti costanti. Nei
quasi quattro mesi della nostra prova Xiaomi ha
rilasciato non meno di 4 aggiornamenti di sistema, con
i quali sono stati risolti diversi problemi riguardanti ogni
aspetto del telefono e dell’interfaccia.
Ricordiamo che all’inizio, ad esempio, disabilitando la
tacca (abilitando quindi l’opzione che oscura le due
punte in modo da creare un bordo più spesso ma per-
fettamente regolare) rimanevano alcune funzioni con
la tacca in evidenza. Per esempio tirando giù la ten-
dina delle notifiche, rispuntava la tacca con un effetto
estetico pessimo. Si faceva inoltre molta fatica con la
gesture per tornare indietro, soprattutto con l’uso della
cover. Tanto che spesso era necessario allargare tem-
poraneamente il bordo laterale della cover per poter
fare lo swipe. Tutte cose risolte aggiornamento dopo
aggiornamento.
I difetti più evidenti, tuttavia, si sono concentrati nella
parte fotografica, dove algoritmi non sempre intelli-
genti ne hanno combinate un po’ di tutti i colori. Ve-
dremo più avanti come parte di questi non siano stati
risolti del tutto. Rimane in ogni caso una delle migliori
segue a pagina 39
Xiaomi Mi 8XIAOMI MI 8, A QUESTO PREZZO È UNO DEI MIGLIORI ANDROID DI SEMPRE
529,90 €
Xiaomi Mi 8 è un prodotto di qualità e questo è sufficiente a rispondere alla domanda posta all’inizio. Un prodotto disegnato bene, realizzato in maniera eccellente con materiali di qualità e altrettanta qualità costruttiva. A livello software non delude. Forse a molti non andrà giù il fatto che ricalca troppo da vicino iOS e iPhone in generale (assenza del jack audio, memoria non espandibile, notch vistoso, ecc.), ma rimane comunque un’interfaccia veloce, semplice da usare, stilisticamente omogenea e credibile. Difetti ci sono, è ovvio, ma la casa madre ha dimostrato di aggiornare costantemente il prodotto, correggendo la maggior parte dei problemi riscontrati nei primi mesi. Il che lascia ben sperare per il futuro. In definitiva quindi è un pollice verso l’alto, decisamente uno dei migliori smartphone Android se si considera il rapporto qualità/prezzo (ancora meglio se si considera il prezzo su strada e non quello di listino).
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 8 7 8 8 87.9COSA CI PIACE COSA NON CI PIACE
lab
video
Qualità costruttivaStile e maturità dell’interfacciaAggiornamenti costanti
La fotocamera è eccellente, ma alcuni difetti sono pesantiNetflix e Prime Video inutilizzabiliMemoria non espandibile
torna al sommario 39
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
‘customizzazioni’ di Android mai provate. Per carità,
è una valutazione totalmente soggettivo, ma questa
coerenza stilistica generale è difficile da trovare al-
trove. L’interfaccia ricalca molto da vicino, non è un
mistero, quella di iOS. Tanto che una delle critiche più
diffuse è stata proprio quella di aver rimosso le notifi-
che nella barra superiore. Un fatto dovuto sia alla pre-
senza delle notifiche badge (proprio come avviene su
iOS, la notifica è segnalata da un pallino con il numero
nell’angolo dell’icona dell’app), in parte perché l’am-
pio notch restringe l’area a disposizione per mostra-
re le tante icone delle notifiche. Ecco uno dei motivi
per cui è bene aver testato il dispositivo per qualche
mese: Xiaomi ha rilasciato un aggiornamento ap-
posito che reintroduce in parte le notifiche nella barra
apposita. Certo, il risultato non è soddisfacente come
negli smartphone senza tacca, ma questo è un limite
di tutti gli smartphone con notch. Aggiungiamo inoltre
che è solo questione di abitudine e che anzi questa
caratteristica può essere vista di buon occhio da chi
proviene da un iPhone. Sono proprio quest’ultimi che
dovrebbero prendere in seria considerazione uno Xi-
aomi. La sensazione di trovarsi a casa è più alta che in
qualsiasi altro smartphone Android.
Un altro problema che è stato evidenziato in molte
prove è quello di una scarsa compatibilità con Android
Auto. Nessun malfunzionamento è stato riscontrato
dopo i primi giorni. Android Auto funziona perfetta-
mente ed è arrivato ormai a un buon grado di matu-
rità, tanto da rappresentare un obbligo in ogni auto
che lo supporti (allo stesso modo di come è diventato
indispensabile l’uso
di Apple Car Play). Ci
sono poi delle funzi-
onalità extra, molte a
dire la verità, che ci
hanno stupito positi-
vamente. Alcune di
queste possono fare
la differenza nella
scelta di un prodotto
Android. Iniziamo con
la possibilità di clon-
are le applicazioni,
creandone un dop-
pione che funziona
in modo indipendente dal suo gemello. Un esempio
tipico? Whatsapp: con l’uso della doppia SIM, si pos-
sono utilizzare due istanze indipendenti dell’app per
separare, tanto per citare una situazione tipica, privato
da lavoro, oppure privato da “ancora più privato”. La
seconda funzione particolare di MIUI è la possibilità di
registrare automaticamente le chiamate. Sorvolando
sulla correttezza, sulla legalità e sull’opportunità di
utilizzare una funzionalità del genere, è sicuramente
qualcosa che altrove va integrata con un’app apposi-
ta (su Android disponibili in quantità). L’uso di un’app
non integrata col sistema però fa si che l’app stessa
possa essere chiusa e non assicurare quindi che tutte
le chiamate vengano registrate. In questo caso, com-
plici anche i 6GB di RAM che danno la libertà di lasci-
are aperte praticamente tutte le app che si utilizzano
quotidianamente, questo rischio non si corre.
Il riconoscimento del volto non delude maiMolta somiglianza con il mondo Apple, dicevamo,
qualcosa che anche Xiaomi non nasconde, tanto che segue a pagina 40
TEST
Quattro mesi con Xiaomi Mi 8segue Da pagina 38
in Cina il riconoscimento facciale per sbloccare lo
smartphone ha lo stesso nome di quello presente su
iOS. Questa funzionalità, al di là del fatto che non fa
una vera mappatura in 3D del volto, funziona davvero
bene. Anche in questo caso, appena tirato fuori dal-
la scatola qualche difetto era presente. Un esempio:
accendendo lo schermo con il tasto e posizionando
il volto davanti allo schermo con qualche secondo di
ritardo, lo sblocco non funzionava più. In pratica biso-
gna porsi davanti allo schermo appena acceso, pena il
dover spegnere lo schermo e riattivarlo. Difetto ormai
totalmente risolto. Ora si può attivare lo schermo pre-
mendo il tasto, contare fino a 3 e poi inquadrare il pro-
prio volto, lo sblocco sarà praticamente istantaneo. E lo
stesso dicasi per lo sblocco in una stanza totalmente
buia o con gli occhiali. Una funzione che abbiamo uti-
lizzato e apprezzato più di ogni altra.
La fotocamera? Alti e bassiSecondo DxO Mark Xiaomi Mi 8 ha un punteggio ge-
Il difetto nello scontorno viene definitivamente evidenziato nella modalità foto studio, dove capelli e peli vengono tagliati in maniera pes-sima.
Un altro dettaglio dove sembra di nuovo effet-tuare un ritaglio del palo per sostituire al cielo il nero assoluto.
In situazioni di forte contrasto come questa, la fotocamera sembra tentare uno scontorno della fonte di luce e sostituire lo sfondo con il nero assoluto.
Una foto con zoom 3x sfruttando lo zoom ottico. Ingrandendola si notano un po’ di artefatti.
clicca sulle immagini per l’ingrandimento
torna al sommario 40
MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
TEST
Quattro mesi con Xiaomi Mi 8segue Da pagina 39
nerale sulla qualità fotografica di 99 punti, una media
che però viene in parte azzoppata dalle performance
video. Il punteggio della sola sezione fotografica infatti
ha totalizzato 105 punti, un valore che pone Mi 8 tra i
top di gamma, soprattutto nel momento in cui uscì sul
mercato (nel frattempo, tra gli altri, sono arrivati Mate
20 di Huawei e i nuovi iPhone XR e XS). Le aspettative
sono dunque molto alte e in parte sono state anche
rispettate. Permangono però, anche dopo tanti aggior-
namenti, alcuni difetti che non possono essere taciuti.
Parliamo principalmente degli scontorni, presenti non
solo nei selfie con effetto autoritratto, ma anche quan-
do la fotocamera abilita l’intelligenza artificiale e tenta
di sostituire artificialmente, questa è la sensazione, al-
cune parti del cielo notturno. In questi casi l’alone di un
faro, lo si può vedere nello scatto pubblicato, sembra
come ritagliato alla buona. Stesso difetto che è molto
evidente con gli effetti autoritratto, che fanno un po’ il
verso agli effetti illuminazione studio di iOS. Il verdetto,
almeno su questi ultimi, è definitamente negativo. Lo
scontorno in questi casi è imbarazzante e inutilizzabile.
C’è poi un altro difetto comune un po’ a tutti gli smar-
tphone cinesi, che è l’effetto bellezza (non richiesto). O
meglio, disattivando il filtro bellezza nei selfie, che con-
ta 5 livelli di intensità, rimane comunque la sensazione
di una pelle artificiale. Un difetto parzialmente corretto
con gli aggiornamenti, ma non ancora del tutto elimina-
to. In ogni caso, chi ha provato altri smartphone cinesi
l’avrà sicuramente notato, è una prerogativa tutta asia-
tica: il selfie, dalle quelle parti, deve essere abbellito in
maniera quasi cartoonesca. Tolti questi difetti, che pos-
sono pesare o meno a seconda dell’uso che si intende
farne, rimane comunque una fotocamera di altissima
qualità. Gli scatti sono velocissimi così come la messa a
fuoco. In condizioni di buona o ottima luminosità le foto
sono spettacolari, con una quantità impressionante di
dettagli, colori naturali e un contrasto eccellente. Non
pecca nemmeno con le tinte uniformi, per esempio
nei cieli azzurri (anche in questo caso si può vedere
lo scatto pubblicato) o nelle zone d’ombra. Talvolta ap-
pare qualche margine nelle zone ad alto contrasto, ma
niente di grave. Due parole sullo zoom ottico, ottenuto
tramite la doppia lente grandangolo e tele. L’effetto è
credibile e lo zoom buono, ma in qualche situazione,
come evidente dalla foto del muro di mattoni, ci sono
un po’ di artefatti. In generale quanto lamentato sullo
scontorno nel caso degli effetti illuminazione vale an-
che per l’effetto bokeh. Troppo approssimativo in più di
un’occasione. Su questo è evidente che Xiaomi deve
ancora lavorare.
Ricarica in un’ora e batteria adeguataLe performance generali sono eccezionali, così come
il display, sempre leggibile anche sotto la luce diretta.
Ma tutto questo che impatto ha sulla batteria? In quat-
tro mesi lo smartphone ha mantenuto prestazioni di
durata eccellenti, permettendoci sempre di arrivare
al secondo giorno con una carica residua. Il limite, lo
diciamo una volta di più, è proprio questo. Chi cerca
i due giorni di utilizzo con una
sola carica lo fa per puro deside-
rio di raggiungere quel traguar-
do. Nell’uso comune l’obiettivo
rimane quello di arrivare a sera
senza dover rinunciare a nulla.
Nel nostro caso l’uso è stato
decisamente intenso. Notifiche
di ogni genere, uso della fotoca-
mera, accensione frequente del-
lo schermo e persino always-on
display. In questa situazione Mi 8
ha rappresentato un ottimo com-
pagno di lavoro. Si arriva a sera
con il 10-20% di batteria, il ne-
cessario per metterlo in carica e
ripartire la mattina seguente sen-
za timori. Tutto questo vale per
un uso come il nostro che, come
detto, è parecchio stressante. Un
uso più convenzionale, magari
non fatto di decine di telefonate
e centinaia di notifiche, potrebbe
portare tranquillamente ai tanto
desiderati due giorni di utilizzo
pieno. C’è comunque da lodare la ricarica rapida, qui
presente con Quick Charge 4+ (anche se in dotazione
c’è un carica batteria QuickCharge 3), che ha permes-
so di portare il telefono totalmente scarico al 100% di
carica in poco più di un’ora. Se per pure caso ci si di-
mentica di metterlo in carica la sera, con mezz’ora di ri-
carica si può uscire di casa con più del 50% di batteria.
Un’ottima performance.
Le mancanze più gravi: qualità video e ricarica wirelessXiaomi Mi 8 è uno smartphone eccellente, da tenere in
seria considerazione per molti motivi. Ci sono però un
paio di difetti di cui dobbiamo parlare, oltre quelli tutto
sommato trascurabili della fotocamera. Il primo lo rite-
niamo di gran lunga il più grave e riguarda l’uso multi-
mediale dello smartphone. Non molti sanno, ma i forum
in internet ne sono pieni, che gli smartphone Xiaomi
(ma anche altri brand) hanno un enorme problema con
i servizi di video in streaming, principalmente con Net-
flix e Amazon Prime Video. Si tratta del mancato sup-
porto a Widevine L1, un certificato che gestisce il DRM,
per cui la riproduzione dei video si ferma alla risoluzio-
ne di 480/576p, per di più senza HDR. Un delitto su un
display del genere, ma sopratutto è veramente dif-
ficile mandar giù il fatto che uno smartphone così
completo possa avere una
mancanza del genere. An-
ticipiamo le contestazioni
più comuni: perché dovrei
guardare un film su uno
smartphone? Siamo sicuri
che sia visibile la differen-
za tra un video in Full HD e
uno in 576p su un display
da 6 pollici? La risposta
è si, soprattutto perché
in molti casi a scadere è
anche la qualità genera-
le, soprattutto nelle zone
d’ombra e nelle tinte unite. Con la bassa risoluzione an-
che gli artefatti aumentano e la qualità generale risulta
veramente scadente e tutto ciò è veramente intollera-
bile su uno smartphone top di gamma. Sappiamo per
certo che Xiaomi sta lavorando su questo punto, tanto
che a metà Gennaio il supporto a Widevine L1 su Poco
F1 (che è gemello del Mi 8) si diceva imminente, tuttavia
siamo ancora in attesa.
L’altro problema è la ricarica wireless. Non un difetto, ma
una caratteristica che ormai molti smartphone di que-
sto livello supportano. Non conosciamo le motivazioni
tecniche per cui non è stata integrata su questo dispo-
sitivo, ma la presenza della wireless charge avrebbe
aggiunto qualcosa di molto apprezzabile e reso Mi 8
uno smartphone davvero completo sotto ogni aspetto.
In definitiva Xiaomi Mi 8 è un terminale ottimo, davvero
da consigliare soprattutto per la fascia di prezzo a cui
viene proposto. Le conclusioni le lasciamo all’apposito
box, ma sono due le cose da sottolineare: la prima è
che questo smartphone ha resistito alla prova del tem-
po. Dopo 4 mesi è praticamente come nuovo. Anzi,
meglio, vista la quantità di aggiornamenti rilasciati. Al-
tro dettaglio da tenere in seria considerazione quando
si valuta l’acquisto di un nuovo terminale.
clicca sull’immagine per l’ingrandimento
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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Roberto PEZZALI
Segnarsi questo nome: nitruro di gallio. Il nitruro di
gallio, o GaN, è alla base dei nuovi semiconduttori
che nei prossimi anni dovrebbero sostituire il sili-
cio in moltissime applicazioni. Una di queste, e la cosa
ci riguarda molto da vicino, è quella del trasferimento di
corrente, o della ricarica delle batterie. La maggior parte
dei caricabatterie che vengono usati oggi per i prodotti
elettronici utilizza infatti al transistor al silicio, da anni la
miglior soluzione per efficienza e dimensioni.
Tutto sta però per cambiare: negli ultimi anni i semicon-
duttori al nitruro di gallio si sono imposti in molti segmen-
ti e dai test sul campo è stato dimostrato come possano
trasferire elettroni con una efficienza 1000 volte superio-
re a quella degli attuali transistor.
Utilizzando semiconduttori GaN si possono realizzare
caricabatterie che sono non solo più efficienti, ma che
riescono ad erogare la stessa potenza con un ingombro
decisamente ridotto rispetto a quelli tradizionali. Questi
alimentatori restano più freddi, c’è molta meno dissipa-
zione, richiedono meno componenti e sono anche più
economici. Il PowerPort Atom PD1 della Anker è uno dei
primissimi caricatori al mondo basati sulla tecnologia
GaN ed è un cubetto di un qualche centimetro per lato
(4.1 x 3.5 x 3.8 cm) che riesce ad erogare 30 watt.
Giusto per fare un confronto, ha le stesse dimensioni del
caricatore da 18 watt che viene venduto in dotazione con
l’iPad Pro, dispositivo che però supporta una ricarica fino
a 30 watt: usando l’Anker PD1 con l’iPad Pro al posto del
caricatore originale il tablet Apple si ricarica molto più
velocemente, circa il 30% in più. Una vera rivoluzione nel
mondo dei caricabatterie, anche se sarà una rivoluzione
decisamente lenta: i batterie basati su tecnologia GaN
saranno venduti inizialmente da produttori di terze par-
ti. Il PowerPort Atom PD1 della Anker ad esempio potrà
essere acquistato a breve su Amazon a 34.99 euro, ed
è un caricabatterie perfetto da mettere nella borsa per
ricaricare dispositivi come smartphone (anche con rica-
rica rapida), tablet e computer. Ricordiamo sempre che
non bisogna considerare la potenza del caricabatterie
ma quella assorbita dal dispositivo che si carica: il PD1,
TEST Si chiama Anker Atom PD1 ed è uno dei primissimi caricabatteria che usa il nitruro di gallio al posto del silicio
Stessa potenza, ma ingombro dimezzato Abbiamo provato il caricabatteria del futuroUtilizzando semiconduttori GaN si possono realizzare caricabatterie più efficienti e potenti con un ingombro ridotto
che è compatibile con lo standard di ricarica rapida USB
Power Delivery, dispone dei seguenti profili: 5 volt e 3
ampere, 9 volt e 3 ampere, 15 volt e 2 ampere e 20 volt
a 1.5 ampere. Il massimo che può erogare è quindi 30
watt, sovra abbondanti per uno smartphone e perfetti
per dispositivi di dimensioni medio grandi, anche le con-
sole come la Nintendo Switch. Per i notebook bisogna
valutare caso per caso: nel caso di un MacBook Air con
Retina Display o di un MacBook da 12” è perfetto, stessa
potenza del caricatore originale ma dimensioni decisa-
mente più compatte, ma si può usare anche per ricarica-
re un prodotto come il MacBook Pro 13” mentre questo
è spento: non sarà velocissimo ma lo carica. Nel nostro
caso abbiamo provato a caricare un MacBook Pro al 12%
di carica residua, e abbiamo raggiunto la carica comple-
ta in 2 ore e 21 minuti. Lo abbiamo provato con portatili
Windows, HP e altri brand, e in tutti in casi l’Anker PD1 ha
fatto il suo dovere, ovviamente con tutti i limiti del caso:
in alcune situazioni la potenza erogata è sufficiente a
mantenere la carica costante, in altri casi per caricare si
deve lasciare il computer in stand by.
Se guardiamo però alle dimensioni, e al prezzo che sarà
appunto di 34.99 euro, ci troviamo davanti ad un prodot-
to a dir poco eccezionale, e difficilmente verrebbe voglia
di acquistare un caricatore di tipo tradizionale: l’utilizzo
del nitruro di gallio è un vero game changer.
Sul mercato stanno arrivando anche prodotti altrettanto
compatti ma più potenti, 45 watt, 60 watt e 100 watt, e
con più porte di ricarica usabili contemporaneamente:
con pochi grammi di peso si può mettere in valigia o
nella borsa un caricatore davvero universale e sicuro.
Come abbiamo scritto prima questa sarà una rivolu-
zione abbastanza lenta, perché i produttori, almeno su
smartphone e tablet, tendono sempre a dare caricatori
economici sempre che questi non siano dedicati a siste-
mi di ricarica particolari, come i fast charge proprietari di
Oppo e Huawei. L’UE ha chiesto da tempo un caricatore
unico, e nei caricatori con questa tecnologia per la prima
volta vediamo davvero un caricatore unico. Meno peso
da trasportare, più efficienza e l’universale USB Type C
con Power Delivery: un caricatore per caricarli tutti.
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MAGAZINEn.27 / 1825 FEBBRAIO 2019
di Massimiliano ZOCCHI
V i avevamo già elencato alcune auto ibride plug-in che grazie agli incentivi riceveranno un
bonus fino a 2.500 euro, e cinque elettriche che con il contributo di 6.000 euro diventerebbero
più appetibili.
Ma le norme che dovrebbero essere definite da un
apposito decreto entro marzo, non introdurranno solo
bonus, ma anche i tanto temuti malus.
Le auto con emissioni inquinanti incluse tra 161 e 175
grammi di CO2 per km subiranno una ecotassa di
1.100 euro. Tassa che sale a 1.600 euro per valori tra
176 e 200 grammi, e 2.000 euro da 201 a 250 gram-
mi. Infine oltre i 250 grammi la spesa in più sarà di
2.500 euro. Vediamo quindi dieci modelli di auto dif-
fuse ed amate dagli italiani che subiranno la batosta.
Fiat Tipo SWProprio l’ultima arrivata di casa Fiat, nata come mo-
dello abbordabile, in alcune configurazioni rientrerà
nel primo scaglione dell’ecotassa. Come nella ver-
sione Lounge, che può montare il motore 1.4 T-Jet,
potente ma poco virtuoso, e nemmeno aiutato dalle
ruote dal diametro generoso, e per questo impattanti
sui consumi. Sempre per la Lounge, con 163 g/km di
CO2 si passerebbe da un prezzo di listino di 21.300
euro a 22.400 euro.
Fiat 500XRestiamo sempre in casa Fiat, dove anche il SUV
compatto 500X in alcune versioni potrà ricadere in
zona malus. Il colpevole è in particolare il motore 2.0
Multijet da 140 cv di potenza. In tutti gli allestimenti
dove è possibile sceglierlo, ha emissioni pari a 164
g/km, passando quindi da 29.000 euro a 30.100 euro
(City Cross)
Ford MondeoNonostante l’introduzione del nuovo modello con
motore ibrido, l’ammiraglia della casa americana ha
ancora a listino delle configurazioni con motori più
inquinanti. In particolare per i modelli dove è possi-
bile scegliere il motore 2.0 TDCi da 180 cv, si sfora
proprio a 161 g/km, come nel caso della ST-Line Busi-
ness, che passa così da 33.000 euro a 34.100 euro.
Alfa Romeo GiuliettaL’amata compatta di Alfa Romeo monta in tutti gli al-
lestimenti a benzina il motore 1.4 turbo da 120 cv,
che purtroppo per la casa di Arese emette 164 g/km.
Questo fa sì che hanno nella versione più economica
rientri nella ecotassa: si passerebbe da 24.500 euro
a 25.600 euro. Paradossalmente i motori diesel di
pari potenza hanno emissioni più basse.
AUTO ELETTRICA Con il decreto di marzo arriverà anche la temuta ecotassa. Alcuni modelli apprezzati subiranno un rincaro
Ecotassa, arriva la stangata: ecco 10 auto molto amate e diffuse che costeranno di piùLe norme non introdurranno solo bonus, ma anche i tanto temuti malus. L’ecotassa varia dai 1.100 euro ai 2500 euro
Land Rover Discovery SportLe auto Jaguar Land Rover sono spesso sportive e
potenti, ma questo in ottica bonus/malus si traduce
in una spesa maggiore per il cliente. Nel caso del-
la Land Rover Discovery Sport, molti allestimenti si
salvano (in realtà rientrerebbero nello scaglione da
1.100 euro) ma in un caso in particolare, ovvero con
trazione integrale e motore Ingenium da 240 cv, le
emissioni salgono a 190 g/km, ricevendo un malus
di 1.600 euro. Si passa così da 53.500 euro a 55.100
euro.
BMW X5Non è certo tra le auto più a buon mercato, ma la
BMW X5 è molto apprezzata da un certo tipo di clien-
tela. I motori sono proporzionati al tipo di vettura, per
questo esosi in fatto di consumi. Si può tuttavia stare
nella fascia intermedia dell’ecotassa, ad esempio con
la M50d, che emette tra 179 e 190 g/km, a seconda
che si scelga il cambio manuale o automatico. Si pas-
serebbe quindi da 76.580 euro a 78.180 euro.
Alfa Romeo StelvioConsiderate le dimensioni e la massa del veicolo, la
Alfa Romeo Stelvio non se la cava male, con molti
modelli esclusi dalla tassa aggiuntiva. Tuttavia alcu-
ne varianti, con motorizzazione a benzina, eccedono
i livelli persino del primo scaglione. Come nel caso
della versione Super con motore da 200 cv 2.0 tur-
bo, che ha emissioni di 176 g/km, proprio nel secon-
do scaglione per un solo grammo. Passerebbe così
da 50.450 euro a 52.050 euro.
Volkswagen TiguanAnche la Volkswagen Tiguan, nonostante il peso im-
portante del veicolo, ha diverse configurazioni che
schivano l’ecotassa. Attenzione però, nel caso la
vostra preferenza fosse la Tiguan Sport con motore
2.0 TDI 4Motion: con cambio DSG è più inquinante,
emettendo 184 g/km, passando così da 40.550 euro
a 42.150 euro.
Mercedes Classe CNormale aspettarsi consumi elevati da una vettura
performante come la Mercedes Classe C, che tutta-
via non va poi così male. Ad esempio nella versione
coupe C43 AMG 4Matic, pur avendo 390 cv di po-
tenza, ha emissioni di 212 g/km, finendo nel penul-
timo scaglione del malus, evitando quindi il peggio.
Da marzo quindi dovrebbe passare da 77.306 euro
a 79.306 euro.
Ford MustangQuando Ford ha introdotto la nuova Mustang anche
nel mercato nostrano, aveva già il timore che le deci-
sioni del Governo potessero colpirla negativamente,
e così è stato. L’iconica vettura del marchio america-
no, nella sua versione più classica, quella col V8 5.0
da 421 cv, è potentissima ma anche anche generosa
nei consumi. Arriva ad emettere 299 g/km, piazzan-
dosi quindi nel “girone dei peggiori”. Passerà quindi
da un minimo di 45.000 euro a 47.500 euro.
Come reagiranno le case?Le case costruttrici in realtà non hanno atteso l’arrivo
del decreto attuativo, ma sono già diverse quelle che
hanno iniziato campagne sconto consistenti per far sì
che l’ecotassa non impatti sui clienti, o il suo effetto
sia in parte mitigato. Il tanto temuto effetto negativo
sul mercato quindi non dovrebbe esserci, in quanto il
cliente finale non avrebbe percezione di spendere di
più, a scapito di una piccola percentuale di guadagno
per le case. In definitiva l’ecotassa verrà, secondo noi,
quasi interamente assorbita dai costruttori, generan-
do un gettito che servirà a copertura degli incentivi
erogati contestualmente. Chi sceglierà una vettura
più inquinante quindi finanzierà lo sconto per chi ne
acquisterà una più ecologica.
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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019
di M. ZOCCHI
P oco tempo la notizia di un interes-samento di Amazon e General Mo-
tors nei confronti di Rivian, azienda
appena comparsa sulla scena con un
pickup e un SUV elettrici impressionanti,
arriva la conferma che Amazon guida un
gruppo di investitori per un totale di 700
milioni di dollari, mentre pare che non vi
sia più traccia di General Motors. Con la
conferma della partecipazione di Amazon
in Rivian arrivano anche le dichiarazioni
delle due aziende, come quelle di RJ Sca-
ringe, CEO e fondatore di Rivian:
“Questo investimento è un traguardo
importante per Rivian e il passaggio a
una mobilità sostenibile. Oltre a elimi-
nare semplicemente i compromessi che
esistono in termini di prestazioni, capa-
cità ed efficienza, stiamo lavorando per
AUTO ELETTRICA Arrivano le conferme di un forte investimenti di Amazon nella startup Rivian
Si chiude l’accordo Rivian-Amazon Sul piatto 700 milioni di dollariL’ingresso di Amazon nelle attività societaria darà una grossa spinta a Rivian
guidare l’innovazione
attraverso l’intera custo-
mer experience. Offrire
questa visione richiede
i partner giusti e sia-
mo entusiasti di avere
Amazon con noi nel no-
stro viaggio per creare
prodotti, tecnologie ed
esperienze che resetta-
no le aspettative su ciò
che è possibile”.
Parole alle quali hanno fatto eco quelle
di Jeff Wilke, Amazon CEO Worldwide
Consumer:
“Siamo ispirati dalla visione di Rivian per
il futuro del trasporto elettrico. RJ ha co-
struito un’impressionante organizzazione,
con un portfolio di prodotti e la relativa
tecnologia. Siamo entusiasti di investire
in un’azienda così innovativa”.
L’ingresso di Amazon nelle attività socie-
taria darà sicuramente una grossa spinta
a Rivian, che avrà più possibilità di portare
su strada il suo futuristico prodotto. Ricor-
diamo qualche specifica, come i quattro
motori elettrici, uno per ruota con poten-
za di 147 kW ciascuno, differenti tagli di
batteria, da 105 fino a 180 kWh, potenza
di ricarica fino a 160 kW e prezzo base
di 69.000 dollari”.
di F. AQUINI
F inalmente è stato tolto il velo sul
primo modello progettato da NXT
Motors, startup olandese che pro-
getta e realizza motociclette totalmente
elettriche di alta gamma.
Quello mostrato è soltanto il primo dei
due modelli annunciati, NXT Rage e
NXT Raw. A togliere il velo durante lo
show MotorBeurs di Ultrecht, è stata la
prima delle due, la Rage, che dal nome
trae l’aspetto aggressivo. Un aspetto ac-
centuato ancora di più dalle finiture, dai
materiali e dal colore. Si tratta di un mo-
dello naked con monoscocca in fibra di
carbonio, che l’azienda dichiara essere
due volte più resistente e un quarto più
leggera di altre moto della stessa classe.
Bella, aggressiva, ma il prezzo? Sappiamo
che non è la prima moto di questo tipo a
montare una monoscocca in carbonio.
Parliamo ad esempio della Arc Vector,
il cui prezzo la rende però inarrivabile
MOTORSPORT NXT svela finalmente il primo dei due modelli in programma per quest’anno
NXT presenta Rage, la moto elettrica con monoscocca in carbonio e anima “rabbiosa”Rage è un modello aggressivo con caratteristiche premium e dalla monoscocca in carbonio
alla maggior parte
degli utenti (si parla di
circa 117.000 dollari). Il
prezzo della NXT Rage
dovrebbe invece oscil-
lare attorno ai 25.000
euro, prezzo che la
metterebbe in com-
petizione con un altro
modello elettrico molto
atteso, la Harley-Davi-dson LiveWire. Poche invece le informa-
zioni sulle specifiche e sulle prestazioni.
Stando a quanto dichiarato dall’azienda,
“Le specifiche sono promettenti, ma non
possono essere rilasciate oggi. Saranno
confermate e certificate nella primavera
del 2019, dopo di che le prenotazioni
potranno essere finalizzate e potremo
andare in produzione”. Nonostante le
informazioni sulle specifiche siano quasi
inesistenti, molte cose si possono dedur-
re dalle immagini. I doppi freni anteriori,
la batteria generosa e le sospensioni
Öhlins danno un’idea precisa del seg-
mento a cui punta questa elettrica “rab-
biosa”. Un dettaglio poi che non passa
inosservato è il grande display da 7 polli-
ci che di fatto lascia il resto del manubrio
estremamente pulito. La prenotazione
consiste nell’impegno di 950€, si può ef-
fettuare direttamente dal sito del produt-tore e garantirà di ricevere uno dei primi
modelli prodotti, il cui arrivo sul mercato
è previsto per il periodo estivo.
L’incredibile autonomia di Rivian? Il segreto è una batteria rimovibile aggiuntivaRivian continua lo sviluppo del suo pick-up elettrico. Da una richiesta di brevetto scopriamo anche una batteria rimovibile per aumentare l’autonomia di M. ZOCCHI
Rivian ha già stupito tutto il settore della mobilità elettrica con i suoi veicoli dalla massa imponente, in particolare il pick-up R1T. Secondo quanto dichiarato il veicolo verrà proposto con tre diversi tagli di batteria, da 105, 135 o 180 kWh, sfruttando l’immenso pianale completamente piatto. Oggi sco-priamo che per i più avventurosi Rivian pensa di offrire ancora di più. Presso l’ufficio statunitense competente è stata depositata una richiesta di brevetto per una batteria aggiuntiva, rimovibile, che troverebbe posto proprio sul cassone del pick-up. Dai disegni preliminari presenti nella doman-da (tutt’ora in fase di valutazione) sembra avere la forma dei classici tool box da pick-up, non andando quindi ad intaccare altri vani di ca-rico come quello frontale o dietro i sedili. È previsto il collegamento ai lati del cassone, con circuiti di collegamento e di raffreddamento già nascosti nella carrozzeria. Non è dato sapere per il momento che capacità potrebbe avere questo accumulatore aggiuntivo, ma date le dimensioni e il fatto che arriverà tra alcuni anni (quindi sfruttando la migliore densità energetica possi-bile) è ragionevole pensare che possa offrire tra 50 e 80 kWh in più. Questo è uno dei tanti aspetti che Rivian potrà sviluppar ulterior-mente grazie ai 700 milioni che Amazon ha deciso di investire nei suoi veicoli elettrici.
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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Massimiliano ZOCCHI
Opel Ampera-e era la promessa di
una mobilità elettrica sempre più
accessibile e con grande autono-
mia, ma come ormai noto è un progetto
che in Europa non avrà futuro a causa del
passaggio di proprietà del gruppo Opel/
Vauxhall. Ma proprio da quando Opel è
passata nelle mani di PSA, ha potuto ri-
prendere a progettare un futuro sempre
più elettrico, tanto che entro il 2024 ogni
modello della casa avrà una versione in
qualche modo elettrificata.
La prima di questo nuovo inizio sarà la
Opel Corsa, auto popolarissima ormai
arrivata alla sua sesta generazione, che
durante il 2019 arriverà per la prima volta
in versione completamente elettrica, se-
guita poi dalla Grandland X PHEV e da
altri due modelli.
Opel ha quindi diffuso una prima imma-
gine, che mostra solo un fare anteriore,
per focalizzare l’attenzione sul sistema
full LED adattativo introdotto con la re-
AUTO ELETTRICA Opel continua la transizione verso l’elettrico con la sua popolare Corsa
Anche Opel Corsa passa all’elettrico “Sarà la vera auto elettrica del popolo”Entro il 2024 ogni modello della casa avrà una versione in qualche modo elettrificata
cente Opel Astra, che sarà quindi pre-
sente anche nella compatta city car.
Ancora non sappiamo nulla a livello
tecnico sulla vettura, ma il CEO Michael
Lohscheller ha già offerto quella che for-
se è l’informazione più importante: Opel
Corsa EV avrà un prezzo accessibile:
“Opel passa all’elettrico, è quello che abbiamo annunciato durante la presentazione del nostro piano
strategico PACE! nel novembre 2017, e ora lo stiamo portando a termine. La Corsa in particolare darà una grossa spinta ad Opel quest’anno. Sarà disponibile per la prima volta in variante elettrica. Con la nuova Corsa renderemo la mobilità elettrica accessibile a mol-ti clienti, sarà la vera auto elettrica per la gente” (Michael Lohscheller)
Porsche, ancora test per la Taycan, questa volta in versione wagon turismoContinuano serratissimi i test invernali per la prima elettrica di Porsche. Questa volta scopriamo la versione wagon della Taycan di M. ZOCCHI
Vi avevamo mostrato delle im-magini in esclusiva di un proto-tipo di Porsche Taycan scovato in ricarica nei pressi di Milano. In quell’occasione abbiamo po-tuto osservare da vicino alcuni particolari come lo sportellino di ricarica motorizzato o il “frunk”. Il lavoro della casa tedesca in que-ste ultime settimane di inverno però pare non avere sosta, e da Carscoops ci arrivano altre foto di test eseguiti in Svezia.In questa occasione è stata mes-sa sotto torchio anche una inedi-ta versione wagon turismo, che pare non essere proprio identica a quella vista in prototipo a Gi-nevra lo scorso anno, ma con un vano di carico da wagon vera.Questa mossa da parte di Por-sche è molto interessante in quanto le permetterebbe di ag-gredire il settore in due segmen-ti diversi con lo stesso progetto. Infatti, se la Taycan classica è più una vettura sportiva, questa wa-gon turismo potrebbe acconten-tare anche le famiglie più facolto-se in cerca di un’auto con molta capacità di carico, quasi al pari di un SUV. Porsche avrà qualche sorpresa anche per il Salone di Ginevra di quest’anno?
di M. ZOCCHI
L a trazione elettrica non è destinata
a cambiare solo il mondo dell’au-
tomotive, ma sta lentamente con-
tagiando sempre più settori. Abbiamo
visto in passato l’arrivo di mezzi dedicati
all’agricoltura, ai trasporti pubblici o, re-
centemente, all’edilizia, con la scavatrice
di Caterpillar.Anche le Forze dell’Ordine e di servizio
pubblico stanno testando diversi veicoli
(come le Tesla della Polizia Svizzera) e
oggi scopriamo il primo camion dei Vigili
TRASPORTI Dalla partnership tra Volvo Penta e Rosenbauer arriva il Concept Fire Truck
Il camion dei Vigili del Fuoco diventa elettricoLa tecnologia a bordo sarà la stessa che Volvo dei primi prototipi di bus e camion elettrici
del Fuoco completamente elettrico. Si
tratta di un progetto realizzato da Volvo
Penta, divisione che si occupa di mezzi
marini e industriali, e Rosenbauer. Il vei-
colo è noto come CFT, che sta per Con-
cept Fire Truck. Al momento non sono
state diffuse le specifiche del veicolo,
che dovrebbe entrare in produzione nel
2021. Secondo il CEO di Rosenbauer,
Dieter Siegel, la tecnologia che ci sarà
a bordo sarà la stessa che Volvo sta im-
plementando nei primi prototipi di bus e
camion elettrici. Come è possibile vede-
re nelle immagini e nel video, il CFT non
sarà semplicemente una conversione di
un camion esistente, ma un vero e pro-
prio mezzo costruito da zero, con design
futuristico, soluzioni dedicate, come le
sirene integrate nella linea della carroz-
zeria, e linea aerodinamica.
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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Massimiliano ZOCCHI
M anca ormai davvero poco all’ar-
rivo della prima moto elettrica
di Harley-Davidson, la LiveWire.
Con le prime consegne prevista per la
prossima estate, la storica casa ameri-
cana annuncia oggi una collaborazione
con un altro colosso, ovvero IBM, per
portare sulla moto elettrica l’esperienza
cloud, Internet of Things e AI.
Grazie a questa partnership il servizio
H-D Connect di LiveWire sarà basato
su IBM Cloud e garantirà tutta una se-
rie di servizi che vanno a toccare diver-
si aspetti dell’esperienza di guida. Si
parte dai dati e dalle condizioni della
moto, che potranno essere controllati
tramite app per smartphone in qualsiasi
momento e in qualsiasi luogo. Niente
più sorprese su autonomia, stato della
batteria e livello di carica. Si passa poi
alla geolocalizzazione, che non serve
MOBILITÀ SOSTENIBILE Harley-Davidson e IBM insieme per integrare cloud e IoT nella LiveWire
Harley-Davidson e IBM uniscono le forzeLiveWire sarà la moto elettrica più tecnologicaLa volontà è rendere più moderna l’esperienza di possesso della moto e attrarre clienti più giovani
solo a sapere dove si ha parcheggiato
la moto, ma anche a scoprire se la moto
è stata urtata o spostata, e nel caso di
veicolo rubato si può procedere al trac-
ciamento, con l’intervento delle Forze
dell’Ordine. Infine vengono potenziati
anche i servizi con promemoria della
manutenzione o eventuali messaggi
di sicurezza. La volontà è chiaramente
BMW e North Face presentano la mini roulotte definitivaLe due case uniscono forze e competenze per realizzare il mini alloggio perfetto per i più avventurosi
di M. ZOCCHI
BMW Motorrad ci ha messo la capacità costruttiva e il suo stu-dio di design, North Face invece un suo tessuto tecnico rivolu-zionario. È così che è nato quin-di il concept di una mini roulotte dedicata agli appassionati di escursioni “avventurose”.Le virgolette sono d’obbligo in quanto, come potete vedere dalle immagini, non si tratta cer-to di un alloggio con il massimo del confort, ma studiato piutto-sto per essere piccolo, leggero, e facilmente trainabile.Futurelight, questo il nome del prototipo, è costituito da una cupola del tessuto speciale di North Face, impermeabile ma anche traspirante. L’interno è studiato per avere dei piccoli vani e un comodo appoggio, sotto il quale si srotola un cal-do sacco a pelo. Al momento non ci sono piani per avanzare il progetto alla fase produttiva, ma farebbe probabilmente la felicità di tanti appassionati, unendo la funzione di carrello porta bagagli a quello di allog-gio temporaneo.
quella di rendere più moderna l’espe-
rienza di possesso della moto, come
già da tempo accade per le auto, e al
tempo stesso attrarre clienti più giova-
ni. La tecnologia integrata, insieme al
design classico ma al tempo stesso
innovativo, renderebbero infatti la Li-
veWire un oggetto del desiderio anche
per le nuove leve.
di M. ZOCCHI
C itroën ha una storia ricca di proget-
ti innovativi, fatti per stupire, che a
volte hanno fatto storcere il naso
a qualcuno, ma in più di un’occasione
si sono rivelati vincenti e precursori
dei tempi. È con questo stesso spirito
che oggi svela Ami One, un concept
di veicolo elettrico urbano pensato per
cambiare e modificare la mobilità del
presente e del futuro. Ami One è elet-
trica, due posti, ha una velocità massima
di 45 km/h e una autonomia di 100 km,
AUTO ELETTRICA La casa francese svela il concept di Ami One, Lo vedremo a Ginevra
Citroën Ami One, la mobilità elettrica personaleUn veicolo due posti che unisce trazione elettrica, facilità di uno smartphone e libertà di movimento
più che abbondanti per la città. È pen-
sata per essere agile e scattante nel
traffico, come mezzo privato, car shar-
ing o noleggio a tempo variabile. Ecco
un video introduttivo: Come si vede nel
video, oltre a un nuovo concetto di mo-
bilità, Citroën ha cercato anche nuovi
modelli produttivi, con diversi com-
ponenti che si adattano a più parti del
veicolo, non importa se destra o sinistra,
davanti o dietro, così da facilitare la cat-
ena di montaggio e la fornitura di pezzi
di ricambio. Come succede spesso al
giorno d’oggi, lo smartphone è il cuore
di tutto, in primis per accedere all’auto,
tramite i QR code sulle portiere, poi per
“animare” il veicolo, con il device che vi-
ene inserito nella plancia e diventa una
vera e propria chiave digitale. Non sono
stati forniti dati tecnici nel dettaglio se
non che la batteria può essere ricaricata
in due ore. Il veicolo sarà esposto per la
prima volta al Salone di Ginevra, dove
cercheremo di conoscerlo meglio, e di
capire se la casa francese pensa di por-
tarlo realmente su strada.
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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019
Nissan Leaf e+ 3.ZERO: 3.000 pre-ordini in un meseLa nuova versione della Nissan Leaf, con maggiore autonomia, ha già raccolto in Europa oltre 3.000 pre-ordini. Prime consegne tra pochi mesi
di M. ZOCCHI
Ad un mese dalla presentazione avvenuta al CES di Las Vegas, la Nissan Leaf e+ 3.ZERO Limited Edition ha già raggiunto, in Euro-pa, oltre 3.000 pre-ordini. Circa la metà di queste richieste arri-vano dalla solita Norvegia, ma anche in Italia i risultati sono stati buoni, con gli ordini che sono tri-plicati rispetto allo stesso perio-do ed alla versione precedente, arrivando a quota 150.La novità più importante di Leaf e+ 3.ZERO è ovviamente la bat-teria, che passa da 40 kWh a 62 kWh, garantendo così un’au-tonomia in linea con le vetture più attuali, circa 385 km. Mi-gliora anche il motore, con una potenza di 160 kW. Anche sulla nuova vettura ritroveremo tutte le tecnologie inaugurate con la versione ora definita 2.ZERO: Nissan Intelligent Drive, e-Pedal e ProPilot.Sarà comunque sempre ordi-nabile anche la versione base, denominata semplicemente 3.ZERO, con batteria da 40 kWh, con sistema di infotainment con display da 8”, con nuovi colori di carrozzeria e diverse combina-zioni bicolore. Consegne previ-ste entro l’estate.
di Franco AQUINI
B oeing ha effettuato il primo volo
di prova con una nuova tipologia
di velivolo che chiama PAV, Pas-
senger Air Vehicle. Si tratta di un pic-
colo aeroplano lungo 9,14 metri e largo
8,53, capace di portare una persona e
soprattutto di decollare e atterrare ver-
ticalmente. Ovvero, per usare il termine
tecnico, di un VTOL, un acronimo che
sta proprio per vertical takeoff and lan-
ding (decollo verticale e atterraggio).
Boeing ha fatto sapere di aver comple-
tato il primo test a Manassas, in Virgi-
nia. Ora rimangono da affrontare le fasi
più delicate, che sono il volo “alato” e
la fase di transizione dal decollo verti-
cale al volo in avanti. Una transizione
in cui si passa dalla spinta del rotore al
volo ottenuto sfruttando il vento, vera
sfida tecnologica che ha come obietti-
vo la massima autonomia. Attualmente
il PAV, secondo le dichiarazioni di Boe-
TRASPORTI Boeing ha effettuato il primo test completo di volo con il suo Passenger Air Vehicle
Il taxi volante di Boeing ha concluso il primo test, ecco come sarà la mobilità del futuroÈ un velivolo VTOL capace di trasportare una persona e dotato di 80 km di autonomia
ing, garantisce circa 80 Km di autono-
mia. “Ecco come nasce una rivoluzione,
per via dell’autonomia. Un’autonomia
certificabile renderà chiaro come una
mobilità aerea urbana sia possibile e
sicura”, ha commentato John Langford,
CEO dell’Aurora Flight Sciences, prece-
dentemente impegnata nello sviluppo
di un taxi volante e ora, dopo l’acqui-
sizione di Boeing, impegnata nello
sviluppo di questo VTOL. Aurora, tra le
altre cose, è una delle aziende ad aver
stretto una partnership con Uber per
sviluppare una rete di taxi volanti, nel
contesto del progetto Uber Elevate che
dovrebbe prendere il via nel 2023.
Boeing, oltre a questo PAV, ha in pro-
getto anche un CAV, che sta per Cargo
Air Vehicle, ovvero un aereo totalmen-
te elettrico capace di trasportare cargo
fino a 225 chilogrammi di peso senza
necessità di equipaggio. Un prototipo
che ha già concluso l’anno passato un
primo volo di test al chiuso e che effet-
tuerà i primi test all’aperto nel corso di
questo 2019.
di S. DONATO
All’interno dell’evento Industry
Days 2019, l’Europa ha dato i
natali alla Piattaforma Europea
sulla Tecnologia e l’Innovazione delle
Batterie: un nome altisonante che però
ben spiega l’intento dell’Unione di
spingere l’acceleratore sullo sviluppo
degli accumulatori all’interno del vec-
chio continente.
Il Direttore Generale della Commis-
sione per l’Energia, Dominique Ristori,
ha detto in modo chiaro che nel merca-
to delle batterie l’Unione Europea non
vuole essere inquadrata solo come
consumatrice, ma vuole diventare
leader di un settore che crescerà fino
a toccare i 250 miliardi di euro di fat-
turato nel 2025.
La nuova piattaforma si occuperà di
BATTERIE Il vecchio continente sente che il mercato delle batterie gli sta sfuggendo e corre ai ripari
L’Europa vuole essere leader nel mercato delle batterie: nasce la piattaforma comune anti CinaLa piattaforma si occuperà di fare incontrare società pubbliche e private, industrie e ricerca
fare incontrare società
pubbliche e private,
industrie e soggetti in-
teressati alla ricerca, al
fine di consolidare una
base industriale del
settore e creare nuove
opportunità di crescita
e di lavoro.
Il termine “batterie”
indica il mercato nella sua interezza,
dato che Ristori scandisce che il la-
voro della piattaforma includerà “tutti
i tipi di tecnologie delle batterie”. È
facile però immaginare che gran parte
dell’interesse sarà calamitato dagli
accumulatori dedicati al settore della
mobilità come dimostra un documento
che già nel 2018 si proponeva di ricer-
care e sviluppare le batterie a stato so-
lido per i veicoli elettrici in un orizzonte
che si spinge al 2020, quindi dietro
l’angolo; e in cui si legge che “l’Europa
deve riguadagnare la propria competi-
tività in mercati che oggi sono domi-
nati da Paesi extra-europei”, e che ciò
“potrebbe verificarsi sviluppando una
nuova tecnologia di batteria di propri-
età europea”.
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133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1
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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Massimiliano ZOCCHI
I l Governo attuale ha sempre voluto
fortemente una ampia riforma del
codice della strada e pare che ora la
cosa inizi a concretizzarsi. È arrivato in
Commissione Trasporti della Camera il
primo testo della nuova legge che in-
trodurrebbe molte novità. Ovviamente
al momento si tratta solo di una bozza
che sicuramente verrà emendata in più
punti, ma dove sono già presenti tanti
argomenti toccati nei mesi scorsi.
Si parte dall’introduzione nei veicoli
normati degli hoverboard, monopattini
elettrici, monoruota e tutti i dispositi-
vi simili. Sarà finalmente legale il loro
utilizzo sulle strade anche se si sta di-
scutendo sulla possibilità che vengano
consentiti solo sulle piste ciclabili.
Sono invece diverse le proposte che
riguardano le bici. Controversa e molto
chiacchierata è la proposta di consenti-
re la marcia contromano per i velocipe-
di che attraversano zone con limite di
velocità fissato a 30 km/h. Si trattereb-
be quindi di centri storici e urbani dove i
rischi sono minori. Sempre per i mezzi a
pedali potrebbe arrivare la novità della
doppia linea di arresto: in corrisponden-
URBAN MOBILITY È arrivato il disegno di legge per la modifica del codice della strada
Codice della strada: arrivano monopattini e hoverboard, bici in contromano e molto altroNella bozza presentata alla Camera si parla di nuovi mezzi autorizzati e fumo alla guida bandito
za dei semafori e degli stop ci sarà una
linea più avanzata rispetto a quella dei
veicoli a motore, dove le bici potranno
piazzarsi. Potranno così scavalcare tutta
la fila di veicoli ed avere la precedenza
agli incroci, una norma che esiste già in
diversi Paesi. Un’altra novità riguarda la
possibilità di utilizzare ove presenti le
corsie preferenziali per bus e taxi. Infine
pare ci siano diversi emendamenti che
propongono l’obbligatorietà del casco.
Novità anche per le moto, con quelle
elettriche che finalmente potrebbero
circolare in autostrada legalmente, e
non sfruttando un vuoto normativo. Si
Honda fa un salto in avanti: gli interni della Urban EV sono da vera auto modernaHonda mostrerà al Salone di Ginevra la versione definitiva della Urban EV e nel frattempo ha diffuso la prima foto del cruscotto di M. ZOCCHI
Tra poche settimane Honda mo-strerà per la prima volta, al Sa-lone dell’Auto di Ginevra che si svolgerà dal 7 al 17 marzo 2019, la Urban EV, auto elettrica com-patta della quale finora abbiamo visto solo i primi rendering. La vettura riprende il design vin-tage di alcuni prototipi visti già lo scorso anno a Ginevra e a al Tokyo Auto Salon (qui la nostra gallery), ma dovrebbe essere già nella versione definitiva che verrà commercializzata entro quest’anno.La casa giapponese ha pubbli-cato anche una prima foto degli interni, che mostra in particola-re il cruscotto. Il design minimal anche qui la fa da padrone, ma lo stile sembra da vera auto mo-derna, e come da ultimi trend, basato sul massiccio utilizzo di display. Il classico tachimetro è infatti sostituito da uno schermo che può cambiare aspetto in base alle configurazioni, mentre su tutta la lunghezza ci sono al-tri due display touchscreen che pare integrino anche controlli del vivavoce telefonico.
vocifera anche l’eventualità di inserire
l’obbligo di abbigliamento tecnico per
la sicurezza individuale.
Ovviamente anche per le automobili ci
sono tante novità in arrivo. Ha fatto di-
scutere la possibilità che in alcuni tratti
autostradali il limite di velocità possa
essere innalzato a 150 km/h. In città
potrebbero essere dedicati dei posti
auto ai parcheggi rosa, ovvero riservati
alle donne in gravidanza. Ma la norma
che vede milioni di automobilisti già
preoccupati è quella che imporrebbe il
divieto di fumo alla guida, con relative
sanzioni più salate.
di M. ZOCCHI
R ecentemente il management FCA
si è dimostrato polemico nei con-
fronti degli incentivi statali per le
auto ecologiche, dichiarando di dover
rivedere gli investimenti nel nostro Paese
dopo i provvedimenti di Governo.
C’è quindi timore che la nuova Panda,
in particolare quella con motore ibrido,
possa ritardare. Nonostante ciò, si sus-
seguono le indiscrezioni su come potrà
essere la nuova incarnazione di una delle
auto più amate dagli italiani. Sembra or-
mai assodato che l’utilitaria arriverà quasi
da subito anche in variante ibrida, ma
AUTO IBRIDA Si susseguono le indiscrezioni su come sarà la nuova incarnazione della Panda ibrida
Panda ibrida, ecco come potrebbe essere Possibili Motori FireFly e Mild Hybrid da 48 VDopo la volontà di FCA di rivedere gli investimenti in Italia, si teme un ritardo di consegne
non classica e ovviamente
nemmeno PHEV. La tecno-
logia scelta sarebbe invece
la Mild Hybrid, come ave-vamo già preannunciato,
ed ora pare ci siano nuove
indicazioni sulle caratteristi-
che tecniche. La soluzione
Mild Hybrid, ovvero con un
piccolo motore elettrico a
muovere l’alternatore, potrebbe utiliz-
zare la versione più potente, quella a 48
V, in grado di far risparmiare circa 0.7 litri
di carburante ogni 100 km. Meno pre-
cise le voci sul motore endotermico, che
potrebbe essere il più piccolo dei FireFly,
1.0 turbocompresso, oppure mantenere
un aspirato da 1.0 litri. La vettura dovreb-
be restare intorno ai 70 cv di potenza. La
nuova Panda in ogni caso non è attesa
prima del 2020.
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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019
WiTricity acquisisce Qualcomm Halo: un passo avanti verso la ricarica wireless standardWiTricity, azienda leader nel settore della ricarica wireless per veicoli elettrici, ha acquisito la divisione Halo di Qualcomm e i relativi brevetti di M. ZOCCHI
Da tempo si parla della ricarica wireless applicata anche ai vei-coli elettrici, soluzione ottima anche per le auto a guida auto-noma, che così sarebbero in gra-do di ricaricarsi senza intervento umano. Le società che stanno lavorando a questa idea sono diverse, con il rischio però di non riuscire a standardizzare un sistema che deve essere uguale per tutti i brand. WiTricity, uno dei maggiori player in questo settore, ha acquisito la divisione Halo di Qualcomm. La mossa va nella direzione dell’uniformità tra i sistemi, in quanto WiTricity rice-verà anche i brevetti delle tecno-logie sviluppate da Qualcomm, potendo così integrarle nei pro-pri progetti e avvicinarsi a un sistema standard. La tecnologia non è dissimile da quella utilizza-ta ad esempio negli smartphone. Dei coil magnetici sono presenti nella strada (o nei pad rimovibili) e nella parte basse della vettura, trasferendo così l’energia per in-duzione. Il limite di questo siste-ma, per ora, è l’efficienza ancora non ottimale, il che farebbe spre-care parecchia energia elettrica nella fase di ricarica.
di M. ZOCCHI
L exux, marchio di pregio controllato
da Toyota, presenta il nuovo UX
Hybrid, un SUV compatto o meglio,
un crossover, proposto in Italia esclu-
sivamente in versione Full Hybrid. La
casa dedicherà al nuovo prodotto un
doppio appuntamento con i conces-
sionari aperti nei weekend 9-10 e 16.17
marzo. UX Hybrid è spinto dalla moto-
rizzazione ibrida di quarta generazione,
composta da un motore benzina 2.0 L a
ciclo Atkinson, e da un motore elettrico
da 80 kW, per un totale di 184 cv di po-
tenza. Questo abbinamento gli permet-
te di avere solo 97 g/km di emissioni di
CO2, un buon valore ma non sufficiente
per ottenere gli incentivi statali.
Tuttavia Lexus mette in campo una
suo proposta economica, offrendo uno
sconto di 4.000 euro in caso di rottama-
AUTO IBRIDA Lexus presenta UX Hybrid un crossover con tecnologia ibrida di ultima generazione
Lexus presenta UX Hybrid, il SUV compatto con tecnologia Full HybridMotore benzina 2.0 L a ciclo Atkinson e motore elettrico da 80 kW, per 184 cv di potenza
zione o permuta di un vecchio veicolo. Il
prezzo della versione Executive e Busi-
ness scenderebbe così da 37.900 euro
a 33.900 euro, con garanzia estendibile
fino a 10 anni sia per le parti meccani-
che sia per quelle elettriche.
UX Hybrid è realizzato sulla piattaforma
GA-C, che permette di ottenere i massi-
mi livelli in termini di sicurezza e stabilità
del veicolo, grazie anche al baricentro
più basso. Sempre sul fronte sicurezza,
a bordo troviamo il Lexus Safety System,
un pacchetto di sistemi di sicurezza e
assistenza alla guida che comprende
il Pre-Crash System (PCS), rilevamento
pedoni e ciclisti (anche di notte), man-
tenimento di corsia con allarme supera-
mento (LTA), fari abbaglianti automatici,
riconoscimento segnali stradali e cruise
control adattivo.
di M. ZOCCHI
I l mondo delle eBike è rivoluzion-
ario non solo per un nuovo modo
di utilizzare la bici ma anche per
la possibilità di esplorare nuovi de-
sign e nuove soluzioni per migliorare
e perfezionare i prodotti. Dev’essere
soprattutto quest’ultimo aspetto che
ha colpito un giovane artista franc-
ese, Benjamin Pal, che a soli 22 anni e
fresco di studi ha deciso che le eBike
devono essere il suo lavoro.
Così si è messo all’opera, sia con i cari
vecchi metodi analogici, sia in digitale,
creando design basati su tecniche già
BICI ELETTRICA Un giovane artista francese adora le eBike ed ha deciso di farne il suo lavoro
Una vita da designer di eBike? Un ragazzo ci provaBenjamin Pal, 22 anni, per farsi notare alle case produttrici mostra le sue capacità sui social
utilizzate, ma anche cercando nuove
soluzioni. E per farsi notare ha deciso
un metodo più diretto
del solito curriculum
vitae, utilizzando i
social per proporre
alle case le sue rea-
lizzazioni. Così ab-
biamo ad esempio
la Giant che vedete
qui, immaginata con
motore Shimano STEPS 8000, oppure
una Canyon colore nero e oro molto
impattante, o ancora la YT (foto sopra),
con un telaio dalle soluzioni partico-
lari. In mezzo a queste c’è anche una
eBike senza brand, con un telaio dalle
geometrie mai viste, studiato non solo
dal punto di vista del design, ma an-
che da quello dei carichi di peso, che
Pal spera possa davvero interessare a
qualcuno.
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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019
di Massimiliano ZOCCHI
I l mondo delle auto è sempre stato
semplice, con pochi dati diffusi su
motorizzazioni e prestazioni. Fino a
poco tempo fa le cose più importanti da
sapere erano i cavalli, espressione della
potenza nell’immaginario comune, e la
cilindrata, che dava più o meno un’idea
generica sui consumi. Con l’arrivo delle
auto elettriche queste poche certezze
sono state scosse da nuove unità di
misura, nuove caratteristiche da cono-
scere, nuovi dettagli da valutare per la
scelta di una vettura. Con queste nuove
necessità però sono arrivati anche erro-
ri nelle unità di misura, alcuni tali da indi-
care valori errati, altri più lievi riguardan-
ti solo le corrette modalità di scrittura. A
volte questi errori - un caso frequente è
la capacità delle batterie - sono fatti da
semplici appassionati, ma cosa ben più
grave, a volte sono le case stesse e le
loro agenzie marketing a compierli. Cer-
chiamo quindi di indicare semplicemen-
te il modo corretto per scrivere le unità di
misura che saranno da ora in poi sempre
più popolari.
Regole generaliPartiamo da alcune considerazioni che
sono alla base della questione. Le unità
di misura, quando non accompagnate
da una cifra, vanno sempre scritte per
esteso e completamente in minusco-
lo, anche quando sono derivate da un
nome proprio. Ecco alcuni esempi:
•metro
•volt
•watt
•ampere
•wattora
Al contrario, se l’unità è indicata con la
cifra relativa, è necessario utilizzare l’ab-
breviazione, con le regole che vedremo
più avanti, ad esempio è scorretto indi-
care 12 volt, che andrebbe scritto 12 V.
Altro errore abbastanza diffuso è indica-
re l’unità di misura direttamente adiacen-
te alla cifra, mentre in realtà è buona nor-
ma lasciare uno spazio dopo i numeri,
ad esempio scrivere 300W è sbagliato,
mentre 300 W è la forma più corretta.
Infine nelle unità di misura composte da
AUTO ELETTRICA Con le auto elettriche ci troviamo di fronte a valori fino a ieri inconsueti
Auto elettriche e unità di misura, che caos Ecco come si scrivono correttamenteOra è d’obbligo conoscere le nuove unità di misura da valutare per la scelta di una vettura
più simboli, non si inserisce mai uno spa-
zio, ovvero kWh e non kW h.
I grandi studiosi del passato vanno onoratiUno dei problemi riscontrati con più fre-
quenza è la confusione tra maiuscole e
minuscole. Esistono regole precise per
regolare la scrittura che possono essere
efficacemente così sintetizzate. Le lette-
re che compongono una data unità di
misura, vanno scritte maiuscole quando
derivano da nomi propri, quasi sempre
presi da scienziati e studiosi del passato.
Saranno invece scritte in minuscolo negli
altri casi (a meno che non siano da dieci
alla sesta in su, per cui vanno maiuscolo,
come mega, giga e tera). Riprendiamo
gli stessi esempi:
•m (metro non è un nome proprio)
•V (deriva da Alessandro Volta)
•W (deriva da James Watt)
•A (deriva da André-Marie Ampère)
•Wh (combinazione derivante dal co-
gnome di James Watt e l’unità di tem-
po)
Importante ricordare che sebbene in
molti casi siano abbreviazioni del nome
per esteso, non va mai il punto dopo
l’unità di misura, a meno che non corri-
sponda con il termine di una frase in un
testo scritto.
Come si applicano le regole nel mondo delle autoTorniamo quindi al punto iniziale, ovve-
ro le unità di misura nei cambiamenti
che sta attraversando il mondo automo-
tive. La potenza dei motori viene ormai
espressa più spesso in chilowatt anzi-
ché in cavalli. È giusto quindi indicare
La Maserati Alfieri diventa elettrica, arriva la confermaIl concept Maserati che debuttò al salone di Ginevra nel 2014 andrà in produzione nel 2020, negli stabilimenti di Modena di S. DONATO
Quando fu presentato, quel gior-no di marzo del 2014 a Ginevra, il concept della Maserati Alfieri aveva sotto il cofano un V8 aspi-rato da 4.7 litri che si faceva for-te di 460 cavalli e una coppia di 520 Nm, e avrebbe dovuto fare il debutto in società nel 2018.Ora invece sappiamo che la ve-dremo nel 2020, costruita nel-l’impianto produttivo di Modena che rafforza la sua importanza nel piano industriale, e che sarà elettrica, in due versioni: ibrida plug-in e completamente elettri-ca, con potenze di 410, 450 e 520 cavalli. Le linee al di sopra della piattaforma modulare in allumi-nio saranno quella di una Coupé e di una Cabriolet, che andranno a rimpiazzare rispettivamente la GranTurismo e la GranCabrio.Un grande sforzo è stato fatto per ridurre il peso totale, che pare sarà di soli 175 kg in più di una versione con motore termico, il che dovrebbe consentire, insie-me alle caratteristiche intrinse-che della prima sportiva elettrica del Tridente, di toccare i 100 Km/h in due secondi e una velocità massima di 300 Km/h.L’Alfieri attrarrà nella sua scia di rinnovamento anche la Quattro-porte, la Levante e la Ghibli e ci sarà spazio anche per un SUV, che dovrebbero mostrarsi tutte ai nostri occhi entro il 2022.
ad esempio che un motore ha 70 kW
di potenza, con maiuscole e minuscole
come abbiamo visto in precedenza.
Spesso viene sbagliata l’unità di misura
delle batterie, indicandole in chilowatt,
cosa formalmente errata in quanto in-
dica una potenza istantanea e non una
quantità di energia. Per gli accumulato-
ri si usa il chilowattora, che aggiunge
l’unità di tempo. È corretto quindi indi-
care che una data batteria ha una ca-
pacità di 100 kWh, sempre rispettando
l’ordine di eventuali maiuscole. A volte
è possibile imbattersi nella descrizione
delle singole celle che compongono
una batteria con i valori di tensione e
durata di erogazione della corrente,
come ad esempio 48 V, 12 Ah. Le auto
elettriche hanno il noto vantaggio di
avere coppia massima a zero giri moto-
re, valore che va indicato, ad esempio,
come 200 Nm (newtonmetro, dal nome
di Isaac Newton, e metro).
Allo stesso modo del motore, le colonni-
ne di ricarica hanno una potenza istan-
tanea di erogazione, per cui il valore è
espresso in chilowatt. Si dice quindi che
un punto di ricarica ha 22 kW di poten-
za, e ipotizzando di ricaricare a quella
potenza per un’ora, si immagazzinano
22 kWh (e non kW come spesso erro-
neamente indicato).
Infine citiamo una particolarità delle
unità di misura riguardanti la temper-
atura. Quando riportata in gradi celsius
si indica come °C, poiché sono appunto
gradi e derivano dal nome di Anders
Celsius. Quando invece la temperatura
è riportata in kelvin si indica semplice-
mente K, perché non sono gradi ma
l’unità di misura termodinamica, dal
nome di William Thomson, barone di
Kelvin.
torna al sommario 51
MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019
di M. ZOCCHI
N ella manovra finanziaria il Governo
non ha incluso solo incentivi per
auto elettriche ed ibride plug-in,
ma anche delle agevolazioni fiscali per
tutti i cittadini che intendono acquistare
ed installare una cosiddetta wallbox, ov-
vero una versione ridotta della colonnina
di ricarica, adatta a spazi privati e box.
Sempre con decorrenza dall’1 marzo
2019 e fino al 31 dicembre 2021 (il de-
creto attuativo dovrebbe arrivare in tem-
po), sarà possibile avere una detrazione
fiscale del 50% in 10 anni per le spese
sostenute per approntare un punto di
ricarica privato. La wallbox può essere
dedicato sia a una vettura elettrica sia ad
una ibrida plug-in, ma non deve assolu-
tamente essere accessibile al pubblico.
Nel dettaglio la detrazione è applicabile
AUTO ELETTRICA Agevolazioni fiscali per chi intende acquistare ed installare una wallbox
Incentivi: lo Stato offre 1.500 euro per l’installazione di un punto di ricarica privatoLa wallbox può essere per una vettura elettrica o una ibrida plug-in, ma non accessibile al pubblico
per il costo di acquisto
della wallbox, per le spese
sostenute per la sua instal-
lazione ed eventualmente
per il costo per l’aumento
della potenza al contatore
fino a 7 kW. Nel caso sia
necessario, per spese di
installazione si intendono
anche eventuali lavori ne-
cessari in parti comuni di
un condominio. Somman-
do tutte queste voci, la detrazione sarà
pari al 50% dell’importo, per una spesa
massima di 3.000 euro, quindi 1.500
euro di detrazione. Se la spesa fosse su-
periore, la cifra massima detraibile resta
1.500 euro. Il meccanismo per usufruire
dell’agevolazione è lo stesso visto già in
casi simili, ovvero con detrazione annuali
in dieci quote di pari importo. Le wallbox
ammesse sono quelle dette Modo 3, non
saranno pertanto valide semplici prese
elettriche industriali, e pare non saranno
ammessi nemmeno i caricatori portatili
Modo 2. Si attende il decreto per even-
tuali ulteriori specifiche. Vi rimandiamo
anche alla nostra Guida alla Ricarica,
nello specifico alla pagina sulla ricarica
casalinga.
di F. AQUINI
I l gruppo Volkswagen ha pubblicato
una presentazione dove illustra, dati
alla mano, come l’intero ciclo di vita
del nuovo modello totalmente elettrico
ID sia di gran lunga più pulito di qualsiasi
veicolo diesel. Ciclo di vita più pulito,
non c’è dubbio, a patto che l’utente ca-
richi poi l’auto con energia prodotta in
modo pulito, è ovvio. Per quanto riguar-
da il resto, ovvero la fase di produzione
dell’auto e la produzione dell’energia,
Volkswagen sostiene di produrre un
quantitativo di CO2 enormemente infe-
riore agli altri veicoli, tanto che il quan-
AUTO ELETTRICA La tesi è chiara: l’auto elettrica emette meno CO2 durante l’intero ciclo di vita
Le elettriche inquinano più del diesel? Ecco un grafico Volkswagen che dice il contrarioVolkswagen ha lanciato una nuova unità di ricarica per ricaricare i veicoli con energia pulita
titativo totale risul-
tante farebbe della
ID un veicolo defini-
tivamente più pulito.
Il che mette a tacere
per sempre le pole-
miche sull’effettiva
natura “green” dei
veicoli elettrici. I cal-
coli fatti da Volkswa-
gen sono questi:
la nuova ID produrrebbe, grazie a un
miglioramento drastico nelle fasi di
produzione nell’ordine del milione e
mezzo di tonnellate di CO2 all’anno, 57
grammi di CO2 per chilometro in fase
di produzione dell’auto e 62 grammi di
CO2 per chilometro nella produzione
dell’energia necessaria ad alimentare
l’auto. Il totale si ferma a 119 grammi
di CO2/Km. Nel caso del diesel invece
abbiamo 29 grammi per chilometro nel-
la fase di produzione, 11 grammi per la
produzione di carburante e 100 gram-
mi per chilometro nell’utilizzo dell’auto,
per un totale di 140 grammi di CO2/Km.
All’inizio di quest’anno, Volkswagen ha
lanciato una nuova unità di ricarica che
aiuterà in futuro i proprietari di veicoli
elettrici a ricaricare i propri veicoli con
energia pulita.
La tesi, stando ai dati pubblicati, è chiara
e definitiva: tutti i veicoli elettrici emet-
tono oggi meno CO2 degli altri veicoli
durante l’intero ciclo di vita.
Peugeot cambia la sua firma in “e-Motion”: arriva la 208 elettricaStorico passaggio per Peugeot che cambia il suo slogan da “Motion & Emotion” a “Motion & e-Motion”. A Ginevra svelerà la 208 elettrica di M. ZOCCHI
Da tempo si vocifera della volontà del gruppo PSA di entrare con più decisione nel mercato dell’elettri-co, ed ora questo momento sem-bra arrivato. Una dei marchi del gruppo, Peugeot, ha presentato la nuova versione dello slogan che da tempo accompagna il suo logo. Il gioco di parole resta simile, ma si passa dal vecchio “Motion & Emotion” al nuovo “Motion & e-Motion”, giocando sulla pronuncia ma andando chiaramente ad indi-care un futuro più elettrico.La casa francese, in occasione del Salone di Ginevra, svelerà anche una nuova variante dello stori-co logo a forma di leone. Nella stessa occasione è ormai certo che svelerà la 208 con motoriz-zazione 100% elettrica, già vista in fase di test invernali con desi-gn nascosto. Al momento sulla 208 elettrica non sappiamo an-cora nulla, ma Peugeot prevede già di avere, entro il 2023, tutti i modelli in qualche modo con una versione elettrificata. Ciò signifi-ca che alcuni verranno scelti per essere completamente elettrici, altri invece avranno una versione ibrida plug-in affiancata a quella a motore endotermico. Le prime PHEV dovrebbero essere la 3008 e la 508, sia sedan sia wagon, in arrivo nel 2019.