08 13 14 16 Samsung Galaxy S10 è qui ma il …...n.14 19 MAGAINE 25 FEBBRAIO 2019 Mediaset Premium...

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MAGAZINE n.194 / 19 25 FEBBRAIO 2019 Mediaset Premium passa a Sky C’è l’OK di AGCOM 13 05 Canon EOS RP Full frame low cost 41 Anker Atom PD1 La carica del futuro 35 4 mesi con Xiaomi Mi8 La prova del tempo LE PROVE E GLI APPROFONDIMENTI Ecco i TV QLED Samsung 2019 A tutto Full LED e HDR Samsung conferma la sua strategia per i nuovi TV Fedeltà totale al pannello QLED sempre più full LED. Arriva iTunes e AirPlay 2 sui TV, anche i modelli 2018 Panasonic a tutto campo 4 serie di TV OLED, Blu-ray 4K e molte novità per la cucina Alla convention annuale, Panasonic sfodera i suoi assi. Non mancano le novità per la cucina DAB obbligatorio, scadenza vicina. Rivenditori sveglia! 16 Amazon compra Eero e i prodotti per le reti mesh 14 Samsung Galaxy S10 è qui ma il pieghevole Fold è la star Dopo tanta attesa, il flagship di Samsung è arrivato Gli fanno compagnia lo smartwatch Watch Active e gli auricolari Buds. Ma Galaxy Fold ruba la scena a tutti 02 38 Galaxy Fold, quello che Samsung non dice 21 Labrousse (Sony): “Cresciamo a due cifre” Vodafone e Telecom a nozze per spartirsi le antenne del 5G 08 Stangata ecotassa Le 10 auto che costeranno di più 42 26 24

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

Mediaset Premium passa a Sky C’è l’OK di AGCOM 13

05

Canon EOS RP Full frame low cost

41

Anker Atom PD1 La carica del futuro

35

4 mesi con Xiaomi Mi8 La prova del tempo

LE PROVE E GLI APPROFONDIMENTI

Ecco i TV QLED Samsung 2019 A tutto Full LED e HDR Samsung conferma la sua strategia per i nuovi TV Fedeltà totale al pannello QLED sempre più full LED. Arriva iTunes e AirPlay 2 sui TV, anche i modelli 2018

Panasonic a tutto campo 4 serie di TV OLED, Blu-ray 4Ke molte novità per la cucina Alla convention annuale, Panasonic sfodera i suoi assi. Non mancano le novità per la cucina

DAB obbligatorio, scadenza vicina.Rivenditori sveglia!16

Amazon compra Eero e i prodotti per le reti mesh 14

Samsung Galaxy S10 è qui ma il pieghevole Fold è la starDopo tanta attesa, il flagship di Samsung è arrivato Gli fanno compagnia lo smartwatch Watch Active e gli auricolari Buds. Ma Galaxy Fold ruba la scena a tutti

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Galaxy Fold, quello che Samsung non dice

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Labrousse (Sony): “Cresciamo a due cifre”

Vodafone e Telecom a nozze per spartirsi le antenne del 5G 08

Stangata ecotassa Le 10 auto che costeranno di più

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MAGAZINE

di Roberto PEZZALI

Samsung toglie i veli alla nuova famiglia Galaxy S10.

O meglio, toglie i pochi veli rimasti, perché nell’ulti-

mo periodo lo smartphone è stato protagonista di

una lunghissima serie di indiscrezioni che, come vedre-

mo, sono tutte confermate. Partiamo quindi dalle poche

cose che ancora non si sapevano, ovvero che i modelli

sono quattro, non tre, e i prezzi di vendita per l’Italia.

C’è anche un modello 5G, ma arriva a maggioI modelli sono quattro perché a fianco di Galaxy S10,

S10+ e S10e Samsung ha previsto anche Galaxy S10 5G,

il modello compatibile con le reti di nuova generazione.

Galaxy S10 5G sarà un modello a parte, più grande e con

specifiche leggermente differenti. Avrà infatti uno scher-

mo enorme da 6.7”, una doppia fotocamera di profon-

dità 3D realizzata da Samsung da usare per le funzioni

Video Live Focus e Automatic Ruler e sarà alimentato

da una batteria da 4.500 mAh con ricarica Super Fast

Charging a 25W. La camera sarà un sensore ToF vero

e proprio, uno sul frontale e uno sul retro, sensore che

invece manca sulla famiglia S10 che arriva l’8 marzo. Il

modello 5G avrà a bordo Qualcomm 855 per tutti i mer-

cati: è evidente che Qualcomm sia al momento l’unico

fornitore capace di assistere un produttore con tutta la

componentistica necessaria. Il prezzo di questo modello

non è stato ufficializzato, ma arriverà sul mercato italiano

entro l’estate. Ci sono invece i prezzi degli altri tre mo-

delli della famiglia S10, S10, S10+ e S10e.

S10, S10+ e S10e, i prezzi e le configurazioni italianeIl modello di ingresso, S10e, costerà 779 euro, S10 coste-

rà 929 euro e S10+ 1029 euro. Prezzo che riguarda ov-

viamente le versione base, che prevede 8 GB di RAM e

128 GB di storage per S10/S10+ e 6 GB di RAM e 128 GB

di storage per S10e. Sono previste altre versioni: S10 con

256 GB di storage costerà 1179 euro mentre S10+, sem-

pre da 8GB e con 256 GB di storage 1279 euro. S10+

sarà disponibile anche in versione Premium con colora-

zione Ceramic Black e Ceramic White e una dotazione

da 12 GB di RAM e 1 TB di storage: per questa servono

1639 euro e inizialmente sarà disponibile solo sullo store

MOBILE Tre modelli più uno, S10 5G: Samsung cala il suo poker d’assi cercando di confermare un primato nel segmento premium

Galaxy S10 ufficiale. Ecco le caratteristiche e i prezzi del nuovo flagship di SamsungGalaxy S10 è incredibilmente completo e potente, uno smartphone con pochissimi rischi e tante certezze. Tutti i dettagli

Samsung. Le colorazioni classiche invece saranno Prism

White, Prism Black, Prism Green e per la Version e S10e

anche Canary Yellow. Più avanti, con accordi specifici

con qualche operatore, verrà introdotto anche il Prism

Blue. I preordini per Galaxy S10 e Galaxy S10+ potranno

essere effettuati da subito e per un periodo di tempo

limitato gli utenti che preordinano un Galaxy S10 o un

Galaxy S10+ riceveranno un paio di auricolari Galaxy

Buds del valore di €149. Due le considerazioni da fare:

i prezzi non sono aumentati, Samsung ha mantenuto la

stessa fascia dello scorso anno con un prodotto che è

decisamente migliore e completo. La seconda è che S10

e S10+, rispetto a S9 e S9+, sono identici nelle specifi-

che, fatta eccezione ovviamente per schermo e batteria

che sono legati alle dimensioni stesse del prodotto.

Lo schermo è il vero punto di forza: AMOLED da 1200 nits e HDR10+Come nelle passate generazioni tutto ruota attorno allo

schermo: secondo Samsung quello del Galaxy S10 è il

migliore AMOLED che l’azienda abbia mai prodotto. Per

S10 ci troviamo davanti ad uno schermo Quad HD+ da

6,1 pollici con aspect ratio 19:9 e 550 ppi di definizione,

mentre per S10+ lo schermo sarà da 6.4”, stessa risolu-

zione e ovviamente definizione leggermente più bassa,

438 ppi. Samsung ha snocciolato qualche dato: 1200

nits di luminosità di picco, calibrazione con errore ridotto segue a pagina 03

al minimo (<1 Delta E) e la possibilità di ridurre l’emissio-

ne di luce blu. Da segnalare che Samsung ha anche rivi-

sto la parte di gestione colore dello schermo, riducendo

le opzioni: il sistema di gestione colore interno sceglie

il giusto profilo per ogni applicazione, ma l’utente può

comunque intervenire per aumentare la saturazione.

Rivista anche la calibrazione manuale della temperatura

del bianco: si possono regolare RGB in modo indipen-

dente, e c’è spazio per posizionare una eventuale sonda.

Ma, se davvero la calibrazione è perfetta, non dovrebbe

servire. Il display che Samsung definisce Dynamic AMO-

LED per la prima volta su uno smartphone supporta la

tecnologia HDR10+, da contenuti in streaming, quindi

Amazon Prime Video, e su contenuti ripresi con lo stes-

so S10. La fotocamera posteriore, infatti, è in grado di

riprendere video HDR10+ in via sperimentale con codec

HEVC e 10 bit di campionamento colore. Lo schermo di

Galaxy 10e è da 5.8”, con una risoluzione più bassa: Full

HD+, ma è davvero difficile percepire la griglia di pixel.

Anche per lui pieno supporto HDR, ma cambia il rivesti-

mento: per S10 e S10+ è Gorilla Glass 6, per S10e è Go-

rilla Glass 5. Da segnalare che tutti gli smartphone ven-

gono venduti con una pellicola protettiva già applicata di

fabbrica sottilissima e praticamente invisibile. Una scelta

questa dovuta alla presenza, su S10 e S10+, di lettore

di impronte digitali ad ultrasuoni in grado di leggere la

mappa 3D dell’impronta. L’applicazione di pellicole non

certificate potrebbe ridurre le prestazioni del lettore che

ci è sembrato velocissimo, motivo per il quale Samsung

ha preferito applicare una sua pellicola. S10e ha un co-

modo a pratico sensore fingerprint laterale.

Consumi ottimizzati con l’intelligenza artificiale, e c’è anche la modalità gamingPassando al processore tutti e tre i modelli hanno all’in-

terno il SoC Exynos fatto in casa, Octa-core con tecnolo-

gia 8nm a 64 bit (2,7 GHz + 2,3 GHz + 1,9 GHz): per S10

Samsung Galaxy S10, S10+ e S10eLa videoanteprima

lab

video

n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

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MAGAZINE MOBILE

Samsung Galaxy S10 è arrivatosegue Da pagina 02

e S10+ la RAM è pari a 8 GB, per S10e ci sono 6 GB. La

differenza è giustificabile: la risoluzione del display più

bassa sicuramente porta le applicazioni e l’interfaccia ad

avere una impronta minore sulla memoria di sistema.

Samsung parla di sistema ottimizzato usando l’intelligen-

za artificiale: la gestione della batteria, della CPU, della

RAM e perfino la temperatura del dispositivo vengono

ottimizzate in base al modo in cui si utilizza il telefono,

continuando a imparare e migliorare nel corso del tem-

po. Galaxy S10, usando il machine learning, apprende

anche il modo in cui l’utente utilizza il dispositivo per av-

viare più rapidamente le app utilizzate più di frequente e

ottimizzando i processi in background, una cosa questa

ormai presente su molti modelli.

C’è anche un aspetto legato al gaming da sottolineare:

Galaxy S10 offre un nuovo sistema di raffreddamento

basato su una vapor chamber ed è anche il primo dispo-

sitivo mobile a essere ottimizzato per i giochi creati sulla

piattaforma Unity, come ad esempio Fortnite.

Lato connettività segnaliamo la connessione LTE Cat.20

che consente il download e la navigazione fino a 2,0

Gbps su reti compatibili e per la prima volta il Wi-fi 6,

o 802.11 ax, il nuovo standard di connessione di rete

senza fili che aiuta a ottimizzare banda e trasmissione

negli ambienti molto affollati come traffico di rete. Serve

ovviamente un router compatibile.

Lo slot SIM per tutti i dispositivi è doppio e ibrido: può

essere usato in modalità dual sim oppure in modalità

SIM più scheda SD. In questo caso vengono supportate

schede fino a 512 GB di capacità.

Le batterie sono ovvia-

mente diverse: 3.100

mAh per il Galaxy

S10e, 3.400 mAh per

il Galaxy S10 e 4.100

mAh per Galaxy S10+.

S10e ha una batteria

più piccola ma vale lo

stesso discorso fatto

per la RAM, lo schermo

consuma sicuramente

meno. C’è la ricarica

wireless, c’è il Fast

Charging a filo tramite

connettore USB Type C e c’è anche il reverse

charging, ovvero la possibilità di ricaricare altri

dispositivi QI Charge appoggiandoli sul retro.

Confermate tutte le altre caratteristiche tipi-

che della serie Galaxy: resistenza all’acqua

e alla polvere IP68, Bixby, Samsung Health,

Samsung Pay e Samsung DeX. C’è anche

il jack audio, nonostante Samsung offra in

dotazione gli auricolari wireless, e c’è anche

l’audio Dolby Atmos per giochi e musica. In

tema di sensori la vera differenza tra S10e

e gli altri modelli è l’assenza sul piccolo del

sensore di frequenza cardiaca, e questo non

è necessariamente un male, crediamo che

la maggior parte delle persone che usa un

Galaxy non sappia nemmeno che esiste.

Fotocamere 4K davanti e dietro. E c’è il super WideArriviamo in fine alle fotocamere, dove ci sono alcune

conferme e alcune novità. S10+ ha cinque fotocamere,

due frontali e tre posteriori, S10 ne ha quattro e S10e

solo tre. La camera posteriore principale e quella fron-

tale sono identiche per tutti: per Samsung tutti e tre i

modelli sono premium e l’S10e non dev’essere consi-

derato un modello “lite”. La camera principale è il tipico

grandangolo da 12 megapixel con autofocus dual pixel,

doppia apertura F1.5 e F2.4 e stabilizzatore ottico. No-

nostante i numeri siano identici a quelli di S9 e Note 9

il sensore non dovrebbe essere lo stesso. Non c’è il

sensore da 48 megapixel isocell che Samsung ha an-

nunciato nei mesi scorsi: sono 12 milioni di pixel reali.

A questo viene affiancato un sensore da 16 megapixel

F2.2 super grandangolare, 123° di angolo di visione,

anche lui presente su tutti e tre i modelli. S10 e S10+

hanno anche il tele 2x per lo zoom ottico e l’effetto

bokeh: 12 megapixel, F2.4 e stabilizzazione ottica an-

che per lui. Da segnalare che in modalità video la sta-

bilizzazione è ottica se

si usano le camere tele

e wide, ma se si usa il

super wide viene usato

uno stabilizzatore digi-

tale che porta ad avere

un crop del sensore

non ridottissimo, e que-

sto ovviamente impatta

sull’angolo che non è

ampio come in modalità

fotografica. Identica come abbiamo detto la camera

frontale per tutti e tre i prodotti: 10 megapixel, dual pixel

AF anche qui e possibilità di ripresa 4K UHD. L’apertura

della lente è f/1.9, non luminosissima ma comunque più

che accettabile trattandosi della frontale.

S10+ è l’unico che ha una seconda camera da 8 me-

gapixel F2/2 da usare come sensore di profondità:

ha un angolo leggermente più ampio della principale

e sfrutta il parallasse per il defocus. Sia la fotocamera

anteriore che quella posteriore possono registrare in

UHD e, come abbiamo detto prima, la fotocamera po-

steriore supporta lo standard HDR10+, una vera novità

per il settore.

Per la fotografia Samsung ha predisposto un processo-

re dedicato con Neural Processing Unit (NPU) che ana-

lizza la scena applicando le impostazioni migliori senza

dover selezionare manualmente le impostazioni pro

della fotocamera. La funzione, chiamata Ottimizzatore

Scene, riconosce ed elabora molte più scene rispetto

al passato: da vedere come si comporta nelle situazioni

più difficili e soprattutto bisogna valutare se non snatu-

ra troppo la foto. C’è la modalità notte che fonde scatti

multipli, ma è la stessa di S9 e di Note 9, da valutare se

il sensore rinnovato possa portare ad un rumore più

contenuto. Sempre in ambito intelligenza artificiale c’è

anche una funzione Suggerimenti Scatti che consiglia

la composizione perfetta, chiedendo di spostare leg-

germente la camera e guidando la disposizione dei

soggetti secondo le regole della fotografia.

Tutti belli, ma S10e è un piccolo gioiellinoQualche considerazione finale: Samsung con S10 è

andava avanti per la sua strada: i leader guidano, i fol-

lower seguono. S10 non ha quella caratteristica strabi-

liante che tutti si aspettavano, e non ha neppure, tanto

per citare un elemento, il sensore fotografico da 48

megapixel che la stessa Samsung ha annunciato e che

si pensava fosse presente sul flagship.

Ma è incredibilmente completo e riesce ad essere una

corazza quasi inattaccabile sotto ogni punto di vista.

Ha uno schermo OLED HDR bellissimo, con cornici ri-

dotte al minimo, ha il jack, ha una batteria capiente, è

potente e ha un tris di fotocamere che coprono davve-

ro ogni esigenza. Android ottimizzato, Dex, waterproof,

wireless, LTE, Wi-fi 6 e tanta intelligenza artificiale, ma-

gari poco sbandierata ma efficace, sono altri elementi

che rendono S10 il prodotto che Samsung doveva fare

per questo decimo anniversario.

Avrebbe potuto esagerare, ma chi esagera rischia e sul

Galaxy S numero 10 Samsung non voleva scommette-

re, ma cercava certezze. E le ha trovate, senza aumen-

tare il prezzo e con una gamma equilibrata.

Se tutti i modelli sono davvero belli, la nostra preferen-

za particolare va a S10e, che nella colorazione gialla è

un piccolo capolavoro. E siamo certi che, dopo averlo

preso in mano, molti penseranno la stessa cosa.

n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

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MAGAZINE

di Roberto PEZZALI

I l pieghevole c’è, e non è un esercizio di stile. Samsung

fa davvero sul serio e Galaxy Fold ha una data di usci-

ta ed un prezzo. Il 3 maggio si potrà acquistare anche

in Italia spendendo 2000 euro, tanto, ma onestamente

riteniamo che il prezzo sia più che corretto. A pensarci

bene Galaxy S10, nella sua versione “premium” con 12

GB di RAM e 1 TB di storage costerà più di 1650 euro e

Galaxy Fold, rispetto a Galaxy S10+, è un prodotto dieci

volte più complesso da produrre e anche più completo.

Speravamo di toccarlo, di usarlo, ma Samsung lo ha solo

mostrato dal palco dell’Unpacked: nessuno sguardo

ravvicinato, nessuna prova di apertura e chiusura, solo

un contatto a distanza. Galaxy Fold non è uno smartpho-

ne, non è un tablet, è entrambe le cose, e rappresenta

il tentativo di aprire le strada ad una nuova categoria di

prodotto in un mercato privo di novità tangibili.

Tecnologicamente è un capolavoro: l’esperienza di

Samsung con gli schermi OLED ha permesso di creare il

primo schermo Infinity Flex Display da 7.3”, con rapporto

di forma 4.2:3 Dynamic AMOLED con una risoluzione

pari a 1536 x 2152 pixel. Samsung ci ha spiegato di aver

creato un nuovo polimero flessibile per il substrato che

gli ha permesso di realizzare uno schermo spesso la

metà rispetto ad un tradizionale display OLED per smar-

tphone. Lo schermo si piega, migliaia di volte, nella zona

centrale senza deteriorarsi e senza mostrare segni: la

cerniera che permette l’apertura e la chiusura sembra

opera di un orologiaio svizzero, decine di ingranaggi

che rendono il meccanismo, secondo Samsung, fluido

e duraturo nel tempo.

Ma quello interno non è il solo display di Galaxy Fold:

l’idea di Samsung è quella di offrire uno smartphone che

all’occorrenza possa essere aperto e trasformarsi in ta-

blet. Si inizia dal piccolo schermo frontale, si continua,

se serve, da quello interno, che offre un’area utile tre

volte più ampia. Lo schermo esterno, più piccolo, è un

4.58” con aspect ratio 21:9 e una risoluzione di 840 x

1960 pixel, 420 ppi di definizione. Tra le altre specifiche

12GB RAM(LPDDR4x), 512GB di Storage (UFS3.0) e un

MOBILE Un capolavoro di ingegneria e innovazione, ad un prezzo elevato ma adeguato a quello che offre. In Italia il 3 maggio

Magia Galaxy Fold, smartphone e tablet insieme con lo schermo pieghevole. Arriva a 2000 euroLo schermo si piega nella zona centrale senza mostrare segni e la dotazione hardware è di primo livello. Non un esercizio di stile

processore Snapdragon 855 all’interno, per ora solo

il modalità 4.5G, ma più avanti è prevista anche una

versione 5G. Samsung renderà disponibile Galaxy

Fold in diversi colori, con la cerniera coordinata

cromaticamente: il sensore per le impronte è inse-

rito sul lato mentre la batteria è stata divisa, metà

da una parte e metà dall’altra. Siamo davanti a due

celle al litio collegate in parallelo che portano la ca-

pacità totale a 4,380mAh. Samsung segnala che la

capacità della batteria è stata provata in condizioni

standard e in laboratorio, e che durante un utilizzo

reale potrebbe essere diversa. Il minimo garantito è

comunque di 4250 mAh. C’è il fast charging, e c’è

anche il wireless charging che funziona pure in re-

verse. Sei le fotocamere: sul retro trovano spazio le

stesse identiche fotocamere di Galaxy S10: c’è una su-

per grandangolare da 16 megapixel F2.2, c’è la 12 me-

gapixel Dual Pixel AF stabilizzata con doppia apertura,

F1.5 e F2.4, e c’è l’ottica tele per lo zoom F2.4 sempre

da 12 megapixel stabilizzata. Avendo due modalità di

utilizzo, come smartphone e come tablet, ci sono due

front camera identiche da 10 megapixel. Quella per

l’uso smartphone è singola, quella per l’uso tablet è

doppia, affiancata da una camera RGB che gestisce

la profondità da 8 megapixel. Non è un sensore ToF:

questo tipo di sensore sarà usato solo su Galaxy S10

5G. Le due fotocamere frontali sono inserite in un

notch inserito all’angolo, non bellissimo ma probabil-

mente unica soluzione attuabile.

Un prodotto simile ha senso solo se il sistema ope-

rativo può gestire i due schermi in modo intelligente

e se fornisce una esperienza d’uso diversa. Da tem-

po ci sono produttori che hanno approcciato il dual

screen, ma non sempre il risultato è stato ottimale.

Samsung su Galaxy Fold parte da Android 9.0 Pie,

sul quale però ha costruito una interfaccia pensata

e studiata appositamente per il Fold. Due le funzioni

principali, il Multi-Active Window e App Continuity: la

prima è un sistema multi tasking.

Multi app che permette di tenere aperte tre app in

contemporanea sullo schermo, la seconda permette

di spostare i contenuti dinamicamente dalla versione

smartphone dell’app aperta sullo schermo frontale alla

versione tablet sullo schermo flessibile. Samsung ha

lavorato con Google per ottimizzare l’esperienza con

molte app Android, e confida sulla sua community di

sviluppatori per creare nuovi tipi di app che possano

sfruttare il doppio schermo. Difficile giudicare senza

aver messo mano al prodotto: il primo smartphone

flessibile, il Flexipai Royole, ci è sembrato un inutile

tentativo di arrivare prima. Il prodotto Samsung invece

ha un senso, ed è frutto di uno studio approfondito: lo

schermo è protetto all’interno, a smartphone chiuso, e

la dotazione hardware è di primo livello. Il prezzo è alto,

ma Galaxy Fold costa il giusto per quello che offre.

Per chi non segue il mondo della tecnologia, uno

schermo che si piega in due senza rompersi esiste

solo nei film di fantascienza. Invece è reale. Certo, ci si

dovrà abituare ad uno smartphone spesso come i primi

telefoni, qualche centimetro, ma oggi non si può fare di

più con la tecnologia attuale.

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MAGAZINE

di Roberto PEZZALI

Galaxy Fold è una meraviglia tecnologica: un display

sottilissimo e flessibile, una cerniera sofisticata

per permettere la flessione di uno schermo che si

curva all’interno, un design convincente e una dotazione

hardware di tutto rispetto. Più che di uno smartphone

pieghevole, sarebbe meglio parlare di tablet pieghevole,

perché alla fine di un tablet che si chiude a libro si tratta,

lo smartphone è solo una conseguenza della piega. Non

abbiamo messo le mani sul prodotto, ma ci siamo sforza-

ti di andare un po’ oltre quelle che sono le caratteristiche

dichiarate da Samsung concentrandoci soprattutto sugli

schermi, perché alla fine il Galaxy Fold è disegnato attor-

no al suo schermo flessibile da 7.3”. Samsung nell’elen-

co delle specifiche non ha dichiarato né lo spessore né

le dimensioni, e lavorando sui parametri dello schermo

abbiamo cercato si ricostruire questi dati.

Quanto è davvero spesso Galaxy Fold?Il dato più interessante è senza dubbio lo spessore,

perché dalle foto che Samsung ha distribuito potrebbe

sembrare che lo spessore di Galaxy Fold sia più o meno

quello di due smartphone uno sopra l’altro.

Ma non può essere così, per un problema tecnico oggi

insormontabile: sebbene venga chiamato smartphone

pieghevole, lo schermo OLED si curva, non si piega.

“Piegare” presuppone la possibilità che venga fatta una

piega, ma oggi con la tecnologia attuale i display OLED

devono seguire un raggio di curvatura di qualche milli-

metro. Un display con un substrato in policarbonato, se

piegato, è destinato a rompersi dopo migliaia di pieghe,

o comunque a segnarsi nella parte centrale, una curva

è invece più gentile. Samsung ha dovuto disegnare una

cerniera meccanicamente impeccabile perché ha scelto

la soluzione più difficile, ovvero l’apertura a libro con lo

MOBILE Qual è la dimensione reale degli schermi? Quanto è spesso il prodotto? Abbiamo riesaminato la presentazione al frame

Galaxy Fold, tutto quello che Samsung non ha dettoNon abbiamo messo le mani sul prodotto, ma ci siamo sforzati di andare un po’ oltre le caratteristiche dichiarate da Samsung

schermo all’interno: solo una cerniera meccanica pre-

cisissima permette di chiudere il prodotto facendo se-

guire allo schermo un raggio di flessione naturale. Ma a

quanto ammonta questo raggio?

In nessuna foto, e neppure nei video pubblicati da Sam-

sung usando dei rendering 3D, si può vedere il Galaxy

Fold di profilo, e anche tutte le inquadrature fatte duran-

te l’Unpacked tendevano a nasconderlo.

Da alcune prospettive il Galaxy Fold sembrava fatto da

due parti perfettamente sovrapposte; in altre, la piega a

“V” nella parte alta lascia pensare ad un prodotto che si

pieghi completamente, senza alcun gap.

Da altre ancora, magie dei rendering, un piccolo gap ap-

pare. Per fortuna, da un fotogramma della dimostrazione

live, si percepisce quel gap simile a quello di Surface

Notebook 2. Ad occhio sembrano 5 millimetri, quindi

allineato ad un raggio di curvatura del display OLED di

2 mm circa, quello che la tecnologia di Samsung oggi

permette. Galaxy Fold, se calcoliamo 8 mm circa per lato

e 5 mm di gap, potrebbe essere spesso dai 18 mm ai 22

mm, con una tolleranza minima.

La curvatura: davvero non si vedrà nulla?Un altro dubbio riguarda la curvatura: davvero non si

vedrà nulla, oppure si percepirà leggermente la linea di

curva? Da una ripresa con luce “cattiva” una piccola li-

nea lungo la curvatura si percepisce, ma potrebbe esse-

re il campione. Samsung garantisce che si può curvare

migliaia di volte, ed effettivamente i vari display OLED

piegabili presentati hanno tutti una durata nel tempo

di oltre 50.000 curve, quindi un numero decisamente

elevato. Nelle prossime settimane / mesi vedremo altri

produttori svelare il loro prodotto “foldable”.

Per esempio, Huawei. Come ha affrontato il problema

Huawei? Dall’invito che l’azienda cinese ha inviato, se

si guarda il bagliore, sembra che Huawei abbia scelto di

mettere lo schermo verso l’esterno.

Dai brevetti usciti negli scorsi mesi emerge come

Huawei abbia cercato un approccio decisamente più

semplice di Samsung: con lo schermo all’esterno non

serve una complessa cerniera per gestire la curvatura, lo

schermo si appoggia infatti sul fianco creando una curva

naturale e molto più ampia di quella fatta dall’OLED del

Galaxy Fold. Inoltre Huawei non deve adottare un dop-

pio schermo, quello principale è sempre visibile. La stes-

sa soluzione è stata adottata anche da Xiaomi, schermo

all’esterno per non avere troppi problemi di curvatura.

La protezione dello schermo dalle cadute non dovrebbe

essere un problema ora che Corning ha presentato Wil-

low Glass, una sorta di Gorilla per smartphone flessibili,

anche se come abbiamo visto anche il più forse dei Go-

rilla non protegge lo schermo da ogni tipo di caduta. Lo

schermo del Galaxy Fold è sicuramente più protetto.

Quanto sono grandi i due schermi di Galaxy Fold?Il secondo dubbio è legato alla dimensione degli schermi

stessi. I numeri oggi dicono poco se non si rapportano al

rapporto di forma. Quanto sono grossi i due schermi del

Galaxy Fold rispetto ad esempio allo schermo di Galaxy

S10? Lo schermo del Galaxy S10 ha una diagonale da

6.1” e un aspect ratio di 19:9, quindi ha una altezza di 14

cm e una larghezza di 6.6 cm. L’area totale dello scher-

Da questo rendering sembra che gli smartphone siano attaccati senza gap segue a pagina 06

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mo, perché questa è importante, è di 92.9 cm quadrati

(102 per la versione S10+).

Lo schermo esterno del Galaxy Fold è da 4.58” in for-

mato 21:9, quindi vuol dire 10.7 cm di altezza, 4.6 cm

di larghezza e 49 cm quadrati di area. Lo schermo

esterno del Galaxy Fold ha un’area utile che è le metà

quasi di quella di un Galaxy S10, e meno della metà di

quella di un Galaxy S10+. Vediamo ora lo schermo da

7.3” interno: ha una diagonale che non è molto distante

da quella di un Galaxy S10+ ma a fare la differenza è il

rapporto di forma: 4.2:3, che equivale ad una larghezza

di 15 cm e ad una altezza di 10.8 cm. L’area utile è di

162 cm quadrati. Ci troviamo davanti ad uno schermo

molto più ampio di quello di un qualsiasi smartphone,

prodotto che, giocando sull’aspect ratio, ha aumentato

solo virtualmente la dimensione dello schermo, perché

alla fine l’area utile è rimasta più o meno uguale a quel-

la dei vecchi smartphone 16:9 da 5.5”.

Galaxy Fold è un nuovo capitolo per Samsung, ma è an-

che il prodotto “1”: realizzare uno smartphone davvero

pieghevole, che non lascia il gap, oggi è impossibile se

si vuole tenere lo schermo all’interno, chiuso a libro.

Metterlo all’esterno, come faranno Huawei e Xiaomi, è

una soluzione di comodo, sicuramente più pratica per

alcuni aspetti ma meno efficace per altri. Si pensi ad

esempio alla protezione, o ai consumi: hai uno scher-

mo grande sempre acceso con una batteria che non

è necessariamente da tablet. E l’autonomia potrebbe

risentirne. Samsung, invece, ha un piccolo schermo

che viene usato per il 70% del tempo e, solo quando

serve, si passa a quello grande, più esigente in termi-

ni energetici. Samsung ha scelto la strada più difficile,

ma siamo anche certi che sia l’unica azienda che può

prendere questa strada. BOE, che fornisce i pannelli a

Huawei e agli altri, ha realizzato pannelli flessibili ma

non può essere paragonata nemmeno lontanamente

a Samsung Display, che ha una esperienza enorme nel

campo degli OLED di piccole dimensioni. Samsung rie-

sce a raggiungere un raggio di curvatura di 2 mm, un

traguardo impensabile, ma non sufficiente a eliminare

quel piccolo gap. Se gli altri hanno usato la soluzione

“esterna”, è perché i pannelli del fornitore cinese diffi-

cilmente riescono a raggiungere un raggio così piccolo.

Galaxy Fold è un prodotto da “wow” con una dotazione

tecnica impressionante, ma è sempre una prima gene-

razione. E queste prime generazioni servono, perché

aprono la strada poi ad evoluzioni sempre più convin-

centi. Non sarà perfetto, ma facciamo tutti il tifo per lui:

il mercato ha bisogno di innovazioni così.

MOBILE

Galaxy Fold, quello che Samsung non dicesegue Da pagina 05

di Roberto PEZZALI

Samsung porterà in Italia a inizio mar-

zo il Galaxy M20. Smartphone entry

level, ma non troppo, perché ha

diversi frecce al suo arco che lo rendono

un prodotto assolutamente interessante.

Il primo è il prezzo, 229 euro su Amazon

(canale di vendita ufficiale insieme al sito

Samsung) per uno smartphone che ha

una fotocamera super wide, utile e una

enorme batteria da 5000 mAh, capacità

che dovrebbe assicurare una autonomia

da record in questa fascia di prezzo. Il de-

sign è gradevole, anche se ricorda molto

quello del One Plus 6T con il caratteristi-

co notch a goccia che circonda la foto-

camera anteriore. Lo schermo è da 6.3”

MOBILE Arriverà su Amazon il nuovo Galaxy M20: inizialmente presentato sui mercati asiatici l’M20 sbarca anche da noi

Samsung M20 arriverà in Italia a marzo a 229 euro Avrà una batteria gigante e un’autonomia da recordPrezzo super aggressivo e un design fotocopia del One Plus 6T, con il caratteristico notch a goccia che circonda la fotocamera anteriore

FHD, un display LCD infinity-V da 2340 x

1080 pixel e 409 PPI di definizione: atten-

zione però alle cornici, perché secondo

alcune fotografie del prodotto sono state

abilmente ridotte in fase di fotoritocco.

Fortunatamente questo gioco vale per

le grafiche internazionali, perché le foto

presenti sulla pagina di Amazon sono più

veritiere: le cornici ci sono, soprattutto

quella inferiore che è abbastanza spessa.

Da uno smartphone da 200 euro non po-

tevamo certo aspettarci un design simile

a quello di un Galaxy S10, eppure da certi

rendering sembra altrettanto bello. l pro-

cessore è il recentissimo Exynos 7904, un

SoC octa core realizzato con tecnologia a

14 nanometri formato da due core Cortex-

A73 a 1,8 GHz e da sei core Cortex-A53

a 1,6 GHz. Integra una una GPU Mali-G71

MP2, un modem LTE Cat. 12/13 (600/150

Mbps) ed è supportato in questo caso da

4 GB di RAM e da 64 GB di memoria. Una

dotazione di tutto rispetto, alla quale si

aggiunge il senore fingerprint sul retro, la

porta USB Type C compatibile fast char-

ging. Doppia la fotocamera sul retro: alla

camera principale da 13 MP F1.9 è affian-

cato un sensore da 5 MP con obiettivo Ul-

tra Wide F2.2. Difficile considerare Galaxy

M20 un prodotto entry: c’è autonomia, lo

schermo sembra buono e anche il design

è piacevole. Samsung ha messo nel miri-

no Huawei sulla fascia di prezzo attorno

ai 200 euro, dove il colosso cinese è for-

tissimo con i suoi P Smart. E questo M20

ha tutte le carte in regola per fare bene.

torna al sommario 7

di Franco AQUINI

Samsung, nel corso del suo evento dedicato in larga

parte ai nuovi smartphone, ha presentato anche al-

tri dispositivi indossabili. Il primo di questi si chiama

Galaxy Watch Active, un dispositivo a metà strada tra lo

smartwatch e l’activity tracker. È innanzi tutto sottile e

leggero, ma con caratteristiche premium che lo rendono

paragonabile al resto della famiglia Galaxy Watch.

Pressione e gestione dello stress Galaxy Watch Active è un vero toccasanaCome ogni buon activity tracker che si rispetti, anche

Galaxy Watch Active mette insieme una serie di dati

per stabilire il livello di attività che si compie durante

il giorno. Pensiamo alle classiche metriche ormai co-

muni a tutti i dispositivi da polso, come il tracciamento

del sonno e dell’attività fisica in genere (è in grado di

monitorare più di 39 attività diverse, con la possibilità

di impostare gli obiettivi e di monitorare i progressi).

Galaxy Watch Active però fa qualcosa in più, questa si

davvero inedita, che è la misurazione della pressione

del sangue. Scaricando l’app My BP Lab, sviluppata

insieme alla University of California, il dispositivo riu-

scirà a fornire non solo il battito cardiaco, ma anche

la pressione sanguigna (da valutare attentamente, co-

m’è ovvio, la precisione e l’affidabilità del risultato).

E se lo stress sale troppo? Ci pensa sempre Galaxy

Watch Active. Come? Con gli esercizi di respirazione,

ovvio. Una funzione forse un po’ tirata per i capelli,

ma che troverà certamente i suoi estimatori. Altra in-

formazione utile: Galaxy Watch Active è compatibile

con Android e iOS e può interfacciarsi con le app più

popolari come Under Armour, Spotify e Strava.

MOBILE Samsung completa il suo ecosistema con i dispositivi indossabili, uno smartwatch per sportivi e auricolari total wireless by AKG

Galaxy Watch Active e Galaxy Buds: Samsung rileva la pressione sanguigna e offre audio wireless AKGEntrambi integrano l’assistente vocale di Samsung Bixby, permettendo quindi un utilizzo quasi totalmente senza mani

Per i malati di sport arrivano Galaxy Fit e Galaxy Fit EPer tutti coloro i quali non possono vivere senza fare

attività sportiva, Samsung ha lanciato due nuove fit-

band. Si chiamano Galaxy Fit e Galaxy Fit E e fanno

della leggerezza e indossabilità il punto di forza. La

funzione è chiara: tracciano qualsiasi tipo di attività

sportiva: dalla camminata alla corsa, per finire con la

bicicletta e molte altre selezionabili tra ben 90 diffe-

renti. Il tutto si integra facilmente con l’app Samsung

Health sullo smartphone e fornisce analisi sul benes-

sere basate anche sulla gestione dello stress e del

sonno. Fitband quindi, ma evolute. Sono infatti capa-

ci di ricevere le notiche principali dallo smartphone.

Sveglia, calendario o meteo, le notifiche arriveranno

direttamente sullo schermo dei due dispositivi. Galaxy

Fit e Galaxy Fit E sono inoltre resistenti all’acqua fino

a 5 ATM, permettono quindi di farsi un bagno al mare

o in piscina senza nessun problema.

Galaxy Buds, gli auricolari total wireless by AKGNon potevano mancare gli auricolari totalmente wire-

less, le Galaxy Buds, Si tratta di auricolari In-Ear total-

mente svincolati da cavi (un po’ come le AirPods di

Apple, ma non è il primo modello di questo tipo pro-

dotto da Samsung). La qualità audio, in questo caso,

è assicurata dalla mano esperta di AKG, con cui gli

auricolari sono stati sviluppati. Una qualità che rimane

altissima pur non isolando completamente l’utente da

quello che gli accade intorno.

La qualità vocale è affidata all’Adaptive Dual Mi-

crophone, ovvero un sistema di doppio microfono

(interno e esterno) installato in ognuno dei due au-

ricolari, in modo che il microfono possa offrire la mi-

gliore qualità possibile della voce quando si effettua

una chiamata vocale.

Infine l’autonomia, vero tallone d’Achille di alcuni au-

ricolari di questo tipo. Le Galaxy Buds garantiscono,

stando alle dichiarazioni di Samsung, fino a 6 ore di

streaming Bluetooth e fino a 5 ore di chiamata. Inol-

tre, com’è ormai prassi, la custodia offre anch’essa

una batteria che può ricaricare gli auricolari dandogli

fino a 7 ore di utilizzo aggiuntivo. In più riescono a

garantire 1,7 ore di utilizzo con soli 15 minuti di rica-

rica. Non bastasse, le Galaxy Buds possono sfruttare

la capacità di ricarica del Galaxy S10 per ricevere una

ricarica aggiuntiva quando ci si trova nell’impossibilità

di ricaricarle in altro modo.

Anche Galaxy Buds, come Galaxy Watch Active, integra-

no l’assistente vocale di Samsung Bixby, permettendo

quindi un uso quasi totalmente senza mani.

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

Huawei Mate X, sorpresa rovinata. Schermo flessibile e connessione 5GIl primo smartphone foldable al mondo con connessione 5G. Il cartellone pubblicitario affisso presso la location dell’evento Huawei del MWC svela il design del prodotto più atteso della fiera di R. PEZZALI

Schermo esterno, come previsto, e una cerniera sul lato che per-mette di ripiegare lo smartphone completamente. Mate X, il pri-mo smartphone pieghevole di Huawei, è stato svelato dal cartel-lone pubblicitario che gli addetti ai lavori stavano installando presso la location dell’evento. Una distra-zione che ha rovinato la sorpresa su quello che era il prodotto più atteso della fiera, togliendo ogni dubbio sull’aspetto più interes-sante, il design. Dalle foto si vede come Huawei abbia deciso di far piegare lo schermo OLED attorno allo snodo, verso l’esterno, per avere un angolo di curva più gen-tile. Le fotocamere sono installate in un piccolo blocco laterale posto in verticale, e da quanto sembra non esistono fotocamere anteriori o posteriori ma c’è solo una terna di fotocamere che può essere uti-lizzata per tutto, basta scegliere il verso giusto. Nessun dettaglio sul-l’interno, sappiamo solo che ci sarà quasi sicuramente il Kirin 980 con il modem Balong 5000, essendo dotato Mate X di connettività 5G.

di sergio DONATO

L a notizia è di quelle che generano

vertigini. In un comunicato con-

giunto, Vodafone Italia e Telecom

Italia hanno fatto sapere che intendono

avviare una collaborazione volta alla

condivisione attiva della rete 5G, valu-

tare la condivisione degli apparati del-

la rete 4G e ampliare l’attuale accordo

di condivisione passiva (che riguarda

cioè il cablaggio in fibra ottica). Stiamo

parlando di una partnership che per la

dimensione degli attori coinvolti non ha

precedenti in Italia. Per quanto riguarda

la componente attiva della rete 5G, Vo-

dafone e Tim intendono sottoscrivere un

accordo che velocizzi lo sviluppo degli

apparati, ampliando al contempo l’area

geografica di intervento e abbassando i

costi di realizzazione. Si riservano però

di mantenere una flessibilità strategica

legata ad alcune grandi città. Pensiamo,

per esempio, agli investimenti di Voda-fone nella metropoli milanese.

Si parte dal 5G ma potrebbero convergere anche le reti 4GPer supportare questa espansione del

5G, i due colossi delle telecomunica-

zioni stanno valutando anche la condi-

MOBILE I due giganti delle telecomunicazioni si stanno preparando a guardare tutti dall’alto

Nozze a sorpresa: Vodafone e Telecom condivideranno le antenne 5G. Forse anche 4GUn memorandum d’intesa li avvicina nello sviluppo congiunto della nuova rete 5G italiana

visione degli apparati attivi della rete

4G. Potrebbe poi essere sviluppata

congiuntamente anche l’infrastruttura in

fibra di collegamento tra le diverse an-

tenne mobile, migliorando il cosiddetto

backhauling, grazie all’utilizzo di una

rete in fibra ottica ad alta capacità (Fi-

ber-to-the-Site) che offriranno vantaggi

agli utenti in termini di maggiore velo-

cità e bassa latenza, generando anche

economie di scala per le due società.

Sono già 10mila le torri di trasmissione

condivise tra Vodafone e Telecom, ma

se vogliamo racchiudere in una cifra

l’espansione di Vodafone e Telecom

sul territorio italiano, dobbiamo riferirci

a 22mila torri che le società intendono

aggregare in un’unica entità e che nel

suo complesso rappresenterebbe l’in-

frastruttura passiva di rete più grande

d’Italia, votata anima e corpo alla spinta

del 5G ma che continuerebbe a perse-

guire l’obiettivo di incrementare l’ospi-

talità di altri operatori per generare ul-

teriori efficienze. Questo memorandum

d’intesa tra Vodafone e Telecom non è

vincolante, ma è un tavolo su cui poter

lavorare alla sottoscrizione di accordi

futuri (sebbene sembrino molto vicini),

e che ovviamente dovranno passare

indenni le verifiche dell’antitrust. Ma

certamente, se la rete dei due gestori

dovesse fondersi, sarà difficile per i

concorrenti anche solo avvicinarsi a una

capillarità di copertura come quella che

ne deriverebbe.

di Giovanni CAU

Samsung ha reso disponibile un

nuovo aggiornamento per il suo

Galaxy Note 8 che introduce

l’ultima versione stabile del sistema

operativo Android 9 Pie. I primi a po-

terne beneficiare sono stati gli utenti

di diverse regioni dell’Europa orienta-

le come Bulgaria e Slovacchia, il che

presuppone un lancio graduale che

potrebbe richiedere da alcuni giorni a

poche settimane affinché tutti possano

ricevere l’aggiornamento. Il nuovo ag-

giornamento sarà rilasciato in via OTA

MOBILE Galaxy Note 8 era stato lanciato sul mercato nell’agosto 2017 con Android 7.1.1 Nougat

Samsung Galaxy Note 8 rende disponibile in Europa l’aggiornamento ad Android 9 PieL’aggiornamento include le patch di sicurezza relative a febbraio 2019 e la nuova interfaccia One UI

per tutti i compatibili con una

dimensione di circa 1,9 GB e ri-

conoscibile tramite la seguen-

te sigla: N950FXXU5DSB2.

L’aggiornamento include le

patch di sicurezza relative

al mese di febbraio 2019 e

la nuova interfaccia grafica One UI con la quale Sam-

sung punta all’insegna della

semplicità e praticità in quanto sullo

schermo ci sarà solo quello che serve

all’utente senza nessuna distrazione o

elementi inutili. L’azienda sudcoreana

ha lanciato per la prima volta la nuova

interfaccia utente sul Galaxy S9, Gala-

xy S9+ e Galaxy Note 9. Finalmente an-

che i precedenti dispositivi compatibili

possono godere del nuovo look e dei

miglioramenti apportati con One UI.

torna al sommario 9

MAGAZINE

di Roberto PEZZALI

L G ha annunciato che il prossimo smartphone fla-

gship G8 avrà a bordo un sensore ToF prodotto

da Infineon. Ma non è la prima: Oppo ha già usato

un sensore ToF per il suo RX17 Pro, e anche Honor, sul

recente View 20, ha usato un sensore simile per miglio-

rare la resa della fotocamera. Nei prossimi anni questo

tipo di sensore diventerà praticamente indispensabile

su tutti gli smartphone top di gamma, e la stessa Apple

dovrebbe adottare sensori ToF prodotti da Sony per i

futuri modelli di iPhone, riducendo il numero dei compo-

nenti oggi necessari per un sistema di autenticazione, il

FaceID, che resta costoso e complesso. Prima di spie-

gare come funzionano è bene capire a cosa serve un

sensore ToF, e chiarire che nonostante alla base ci sia

un CMOS che legge la luce proprio come le fotocame-

re, questo sensore non può essere usato per ottenere

foto di qualità come succede con i normali sensori foto-

grafici. La risoluzione dei sensori ToF è infatti talmente

bassa che non sono in grado di produrre una fotografia

accettabile. I modelli che saranno usati sul G8 di LG,

che appartengono alla famiglia Real3 di Infineon, hanno

una risoluzione pari a 224 x 172 pixel, ovvero 38k pixel.

Poco, molto poco, ma sufficienti per creare una imma-

gine particolare, una mappa di profondità. Un sensore

ToF infatti non è altro che una fotocamera 3D a bassis-

sima risoluzione, che crea mappe 3D di profondità. ToF

significa Time of Flight, e mai nome poteva essere più

azzeccato, tempo di volo. Il principio di funzionamento

di questo tipo di sensore è abbastanza semplice: un

emettitore, solitamente un LED IR o un laser, proietta

luce modulata. Luce invisibile, siamo nel range dell’in-

frarosso, 850 nm, che rimbalza tuttavia sugli oggetti che

incontra. Un sensore CMOS realizzato appositamente

per ricevere lo stesso spettro converte il segnale lumi-

noso in segnale elettrico. Il sensore non leggerà solo la

luce inviata dalla sorgente luminosa, quindi quella rifles-

sa, ma avrà anche una componente di luce ambientale

MOBILE Time of Flight è un nuovo tipo di sensore che rivoluzionerà nei prossimi anni il mercato degli smartphone. Ecco come funziona

I sensori Time of Flight arriveranno su ogni smartphone. Cosa sono e come funzionanoUn sensore ToF non è altro che una fotocamera 3D a bassissima risoluzione, che crea mappe 3D di profondità

clicca sull’immagine per l’ingrandimento

che però non contribuisce in alcun modo a ricostruire

la mappa 3D. Anzi, una forte componente di luce am-

bientale paradossalmente riduce il rapporto segnale

/ rumore in lettura rendendo meno precisa la mappa.

La luce emessa dall’emettitore solitamente è un’onda

quadra, e leggendo lo sfasamento tra l’onda trasmessa

e quella ricevuta si può capire, integrando le due lettu-

re, la distanza dei singoli punti dell’immagine ricevuta. I

calcoli della distanza vengono ovviamente fatti per ogni

singolo pixel del sensore in tempo reale, con prestazio-

ni vicine anche ai 160 frame al secondo: il vantaggio di

un sensore ToF sta proprio nella velocità di costruzione

della mappa di profondità oltre alla riduzione dei costi.

La mappa può anche essere combinata con la lettura

della camera principale per realizzare un piccolo mo-

dello 3D realistico. Un sensore ToF è stato usato nella

seconda versione di Kinect, quella data in bundle con

Xbox One, mentre gli iPhone attualmente usano la tec-

nologia Structured-Light, che è decisamente più costo-

sa da implementare. La Structured Light, come dice il

nome, prevede infatti che venga proiettato un pattern

IR predefinito sugli oggetti e sulle persone: può essere

una matrice di punti, o una griglia, o tante strisce una vi-

cina all’altra. Con la conoscenza della forma originaria e

leggendo con una fotocamera in che modo l’immagine

proiettata viene deformata quando colpisce la superfi-

cie, si riesce a ricostruire la forma tridimensionale della

superficie stessa. Nell’iPhone un piccolo sensore ToF,

per rilevare il movimento, è comunque presente. I sen-

sori ToF cambieranno il modo di usare lo smartphone:

la creazione di una mappa 3D infatti permette di dare

vita a moltissime applicazioni in ogni campo. In ambito

fotografico la mappa di profondità può essere usata per

rimuovere lo sfondo dalle foto o dai video, e per creare

l’effetto bokeh, ma è un uso abbastanza classico che

abbiamo già visto. Più interessanti gli ambiti legati alla

realtà aumentata, dove finalmente si potranno leggere i

dati di una stanza e le misure degli oggetti senza dover

ricorrere a sofisticati calcoli e quindi ad uno smartpho-

ne di fascia alta. Ma c’è di più, oltre all’autenticazione

biometrica è possibile sfruttare il sensore ToF esatta-

mente come faceva Kinect, per leggere e interpretare

le gesture e i movimenti. LG ha annunciato la tecnologia

“no touch” sul prossimo G8 e crediamo si riferisse pro-

prio a questo: usare le mani e il corpo per controllare

lo smartphone da lontano, magari scorrendo notifiche

senza appoggiare la mano sullo schermo ma sempli-

cemente passandola davanti. I sensori ToF migliori rie-

scono a leggere mappe 3D da oggetti ad una distanza

comunque notevole, e il consumo è relativamente ridot-

to. Presto Nokia presenterà il nuovo Nokia PureView 9

con 5 fotocamere: una di queste molto probabilmente

sarà una Time of Flight Camera. Perchè sarà sempre più

difficile farne a meno.

clicca sull’immagine per l’ingrandimento

n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

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MAGAZINE

di Pasquale AGIZZA

Sony rivoluziona il suo top di gamma

cambiando nome e proponendo un

display con un fattore di forma mai

visto prima. La nuova infornata di indi-

screzioni ha svelato molte caratteristiche

del prossimo smartphone giapponese e

il sempre attivo Evan Blass ha pubblicato

le prime immagini su Twitter.Partiamo proprio da quest’ultimo partico-

lare, col noto insider che attraverso Twit-

ter ci offre una panoramica sull’aspetto

dell’Xperia 1. Salta subito agli occhi il net-

to cambio di rotta della casa giapponese,

che propone un design con bordi molto

sottili e utilizzo di vetro ed alluminio per

la scocca. Sembrerebbe non essere pre-

sente il jack audio. Ma quello che balza

subito agli occhi, oltre al particolare colo-

re viola del retro, è lo schermo curvo da

6,5 pollici che presenta un inedito fattore

di forma 21:9. Sembra essere conferma-

MOBILE Nuove indiscrezioni per il prossimo top di gamma di Sony. Cambiano nome e schermo

Sony Xperia 1 avrà un inedito schermo 21:9? Prime immagini su Twitter: schermo curvo da 6,5 pollici con form factor 21:9 e prestazioni da urlo

to, inoltre, che lo schermo

sia OLED e le indiscrezioni

parlano di una risoluzione

di 3360 x 1440 pixel. Dalla

prima immagine si posso-

no notare, poi, le tre foto-

camere posteriori.

Dal punto di vista hardwa-

re, Sony dovrebbe alzare

l’asticella delle prestazioni

e puntare a diventare la prima della clas-

se. L’utilizzo del processore Snapdragon

855 affiancato alla GPU Adreno 640 e 8

GB di RAM, infatti, avrebbe portato a ri-

sultati impressionanti nei benchmark An-

TuTu arrivando a sfiorare i 400mila punti.

Tutta questa potenza dovrebbe essere

supportata, poi, da una capiente batteria

da 4.400 mAh con supporto alla ricarica

wireless. Chiudono il cerchio delle in-

formazioni trapelate online la presenza

di Android 9 Pie e la certificazione IP68

per impermeabilità e resistenza alla pol-

vere. Il nuovo Xperia 1 dovrebbe essere

svelato per intero alla conferenza Sony

prevista il 25 febbraio a Barcellona, in

occasione del Mobile World Congress. In

quella data Sony comunicherà disponibi-

lità e prezzo del suo nuovo gioiellino e

secondo le indiscrezioni dovrebbe stupi-

re anche in questo campo, arrivando sul

mercato ad un prezzo sensibilmente più

basso rispetto ai top di gamma dei con-

correnti.

Il primo smartphone 5G di LG sarà V50 ThinQ. Cosa sappiamo finoraIl volto del primo smartphone compatibile con la rete 5G di LG è quello del V50. Ecco quanto sappiamo

di M. DI MARCO

Sarà V50 ThinQ il primo smar-tphone di LG con connettività 5G. A confermarlo è una foto indiriz-zata alla stampa che Evan Blass ha pubblicato su Twitter. Al centro dello schermo campeggia il logo 5G, mentre sulla scocca è pre-sente il nome del dispositivo. Tale fotografia si inserisce in un mosai-co di informazioni che decretano che il 24 febbraio conosceremo meglio, probabilmente nel conte-sto del Mobile World Congress, il V50 ThinQ. A gennaio, LG ha fatto sapere che in tale data presente-rà il suo primo smartphone 5G. La stessa data che, come si può no-tare nell’immagine condivisa da Blass, è specificata sullo schermo, sotto l’ora. A questo punto, uniamo i puntini e possiamo specificare che V50 ThinQ avrà un proces-sore Snapdragon 855, un nuovo sistema di raffreddamento e una batteria da 4.000 mAh. Inoltre, il lettore d’impronte rimarrà sul retro, in controtendenza ad altri produttori (Samsung in primis). Allo stesso modo, i sensori delle foto-camere posteriori non sembrano essere sporgenti: o LG ha trovato un modo per “limare” la dimensio-ne delle fotocamere oppure V50 è leggermente più spesso di V40.

di Benedetto DI BLASI

U no smartphone di fascia medio-

alta da posizionare poco sotto ai

top di gamma. L’idea di un Pixel

di Google con specifiche tecniche otti-

me, ma qualche caratteristica in mano

da inserire in catalogo a un prezzo leg-

germente più basso gira da tempo e il

quotidiano Nikkei ha riportato di ulterio-

ri conferme in tal senso. Il prezzo, se-

condo le indiscrezioni, potrebbe essere

inferiore a quello di iPhone XR, usato

ormai come riferimento per smartphone

di fascia alta dal prezzo più contenuto

(rispetto agli attuali standard di prezzo

dei top di gamma, almeno). L’obietti-

vo è il solito: migliorare le prestazioni

commerciali e finanziarie del segmento

hardware. Google ci ha già provato in

passato. Dopo aver acquistato e riven-

duto Motorola nel 2012, ha anche ac-quistato ufficialmente parte di HTC a

inizio 2018. Inoltre, in questi anni ha cer-

cato di consolidare la sua supply chain,

MOBILE Il catalogo di smartphone Pixel potrebbe estendersi con un modello più economico

Un Google Pixel più economico? Entro il 2019 e con un prezzo inferiore a iPhone XRL’obiettivo è il solito: migliorare le prestazioni commerciali e finanziarie del settore hardware

andando ad assume-

re esperti in questo

campo, in particolare

da Apple.

La strategia di vendi-

ta degli smartphone

rientra in un ecosi-

stema Google fatto

di telecamere di

sicurezza e termo-

stati con Nest, smart

speaker con Google

Home, Chromecast

per le TV e tanto altro. Ovviamente

Google non lo fa solo per una diffusio-

ne del suo hardware, bensì per la dif-

fusione dei suoi servizi (Google Search,

Gmail, etc.) dal quale poi guadagna

per le inserzioni pubblicitarie, obiettivo

chiarissimo. Guardando alle indagini di

mercato di terze parti, nel 2018 le con-

segne di Pixel sono state di 4,7 milioni,

che significa una quota di mercato, a

livello mondiale, dello 0,33%. Una quo-

ta di mercato molto bassa, nonostante

un incremento rispetto ai 3,5 milioni del

2017. Se Apple sta vivendo un momento

di contrazione delle vendite di iPhone,

e con lei i suoi terzisti, vedi Foxconn e

Pegatron, dall’altro lato chi produce

per Google, da una fonte di Nikkei, ri-

sulta aver aumentato la produzione per

tutti i prodotti Google. Discorso simile

per gli ordini a Pegatron (questi grandi

supplier cinesi lavorano per chiunque,

ovviamente) per Google Home e altri

prodotti Nest.

n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

torna al sommario 11

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di M. DI MARCO

Anticipa la presentazione di Galaxy

S10 il nuovo top di gamma di Xiao-

mi, MI 9. Che si “sdoppia” anche in

una versione più vicina alla fascia media:

Mi 9 SE. Le differenze tra i due dispositivi

sono minime e riguardano più le dimen-

sioni dello schermo (6,4” per Mi 9 e 6” per

Mi 9 SE) che reali mancanze da parte del

“fratellino”. Non manca anche la Explorer

Edition di Mi 9. Di Mi 9 sapevamo già pra-

ticamente tutto e la presentazione ufficia-

le, che si è tenuta in Cina, ha confermato

le principali specifiche tecniche. Il top di

gamma di Xiaomi fa affidamento su uno

schermo AMOLED da 6,4” Full HD+, pro-

cessore Snapdragon 855, fotocamera

posteriore da 48 megapixel (f/1.75, sen-

sore Sony IMX 586) con due sensori ag-

giuntivi, un obiettivo tele da 12 megapixel

(che equivale a una lunghezza focale di

50 mm) e uno grandangolare da 16 me-

gapixel; la fotocamera frontale, invece,

usa un sensore da 20 megapixel. La bat-

teria ha una capacità di 3.300 mAh. Mi 9

MOBILE Mi 9 e Mi 9 SE sono i due smartphone di fascia alta di Xiaomi, dalle differenze minime

Ufficiali Xiaomi Mi 9 e Mi 9 SE. Schermo AMOLED e fotocamera da 48 megapixelSnapdragon 712 per il “fratellino”, ma su entrambi c’è la fotocamera da 48 MP e schermo AMOLED

parte da 6 GB di RAM e 128 GB di memo-

ria integrata. In quali campi, invece, Mi 9

SE perde qualcosa? Innanzitutto, al posto

dello Snapdragon 855, viene integrato

uno Snapdragon 712. Sebbene il senso-

re principale della fotocamera posteriore

resti da 48 megapixel, è affiancato da un

sensore da 8 megapixel e un terzo da 13

megapixel; la fotocamera frontale resta

da 20 megapixel. La configurazione della

memoria resta la stessa: da 6 GB di RAM

e 128 GB di spazio interno fino a 8 GB di

RAM e 256 GB per l’archiviazione. In un

corpo più piccolo (5,97” di schermo per

essere precisi) c’è una batteria più pic-

cola: 3.070 mAh. Pesa anche meno: 155

g contro i 173 g del Mi 9. Sia Mi 9 sia Mi

9 SE integrano il lettore d’impronte nello

schermo. Parliamo di prezzi, anche se si

tratta di costi in Cina: 1.999 yuan per Mi 9

SE (260 euro), 2.999 yuan per Mi 9 (392

euro) e 3.999 yuan (523 euro) per Mi 9

Explorer Edition, con 12 GB di RAM e 256

GB di spazio di archiviazione.

Bixby esce dalla beta e parla italiano. Arriva anche su Galaxy Note 8 e S8L’assistente virtuale di Samsung, Bixby, è pronto alla sfida con Google Assistant e Alexa. Lo vedremo in funzione anche su Galaxy Note 8 e S8 di S. DONATO

L’assistente vocale di Samung, Bixby, è uscito ufficialmente dal-la versione beta che compren-deva già la nostra lingua, ma con ovvie limitazioni causate dalla fase di sviluppo. Adesso, inve-ce, avrà piena coscienza della sua piattaforma di intelligenza artificiale scalabile e avrà come obiettivo soprattutto l’interazio-ne con l’ecosistema IoT di Sam-sung, che comprende il settore bianco degli elettrodomestici ma anche quello dell’intrattenimen-to, come gli altoparlanti wire-less o le smart TV. Ovviamente, si prenderà cura anche di tutte le richieste vocali che abbiamo già visto gestire dai suoi diretti concorrenti, Alexa e Google As-sistant. Samsung ha dato il via a collaborazioni con Skyscanner per la ricerca dei voli aerei, con Yoox per i capi d’abbigliamento, e al momento c’è un accordo con la Liga spagnola per i risulta-ti dai campi sportivi di calcio ibe-rici. Questi servizi si adatteranno al mercato e alla lingua d’uso e si espanderanno nel corso del tempo. Bixby sarà già disponibi-le e nel pieno delle sue forze per tutta la famiglia di nuovi Galaxy S10, ma Samsung lo ha accolto anche in Galaxy Note 9, S9, S9+ e con sorpresa anche su Note 8, S8 e S8+. Condizione comune è che tutti siano governati almeno da Android 9 Pie e che la diffu-sione per i dispositivi più vecchi avvenga in modo progressivo attraverso un aggiornamento OTA dell’interfaccia OneUI di Samsung.

MOBILE TP-Link rafforzerà la presenza nel settore mobile con due smartphone con intelligenza artificiale

TP-Link: router Wi-Fi 6 e nuovi smartphone al MWCConfermati anche i router Wi-Fi 6 visti al CES: AX11000 e i fratelli minori, l’AX6000 e l’AX1800

di Sergio DONATO

Tra le novità che TP-Link al Mobile

World Congress 2019, spiccano due

nuovi smartphone della serie X, che

la società ha creato tre anni fa per entrare

nel settore mobile. In quel di Barcellona

potremo dare un occhio a Neffos X20 e

X20 Pro, i primi terminali con schermo da

6,26 pollici, rapporto 19:9 e risoluzione

HD+. L’X20 sarà guidato da un proces-

sore Helio A22, avrà 2 GB di RAM e uno

spazio di archiviazione di 16/32 GB. L’X20

Pro monterà un processore Helio P22

octa-core, 3/4 GB di RAM e 32/64/128

GB di ROM. Entrambi avranno una dop-

pia fotocamera posteriore 5MP+13MP e

una anteriore con “AI Beauty Mode”. A

proposito di intelligenza artificiale, i due

terminali ne sfrutteranno le routine per il

miglioramento delle fotografie, che gio-

veranno del riconoscimento di 17 scene

per la selezione automatica delle

impostazioni di scatto. Avranno

una tacca a goccia e il dialogo

con l’utente sarà affidato all’inter-

faccia di TP-Link NFUI 9.0 gestita

da Android 9.0 Pie. Entrambi gli

smartphone si avvantaggeranno

dell’esperienza TP-Link nella ge-

stione dei segnali radio, protetti

dalle interferenze elettromagne-

tiche e saranno disponibili nel secondo

trimestre del 2019. Faranno poi il loro in-

gresso in Europa i 3 dispositivi di rete visti

al CES 2019 dotati del nuovo standard

Wi-Fi 6. Il router AX11000 con velocità di

picco di 11.000 Mbps grazie alle tre bande

utilizzate per la trasmissione Wi-Fi (due a

5 GHz e una a 2,4 GHz), che potrà essere

acquistato a marzo per 449,99 dollari. E

i fratelli minori, l’AX6000 (già disponibile)

e l’AX1800 (previsto nel terzo trimestre

2019), saranno a loro agio in casa o in

ufficio, con due sole bande a disposizio-

ne, ma ovviamente con la freschezza del

Wi-Fi 6. Rispettivamente a 349,99 dollari

e a 129,99 dollari. Il nuovo standard Wi-Fi

sarà sfruttato anche dai dispositivi di rete

mesh, in questo caso da Deco X10 (tre

bande e velocità fino a 1,95 Gbps), vendu-

to in kit con il suo clone a 349,99 dollari. A

Barcellona sarà presentato anche il nuo-

vo kit Powerline TL-WPA8630P.

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

5 .5mm di spessore e un peso di soli

400 grammi, meno del nuovo iPad

Pro da 11” che al righello si ferma

a 5.9 mm e sulla bilancia fa registrare

468 grammi. Galaxy Tab S5e non solo è

il tablet più leggero e sottile sul mercato

nella categoria ovvero 10”, ma è anche un

prodotto totalmente diverso dall’iPad Pro.

Costerà infatti quasi la metà, con il prezzo

americano di 399$ che dovrebbe tradursi

in un italiano 479 euro, almeno secondo

le nostre stime.

Samsung parla di “sotto i 500”, ma non

crediamo di andarci molto lontano. Ga-

laxy Tab S5e non ha solo lo spessore

dalla sua parte ma ha anche lo schermo:

i 10.5” infatti sono gestiti da un eccellente

pannello OLED da 2560 x 1600 in forma-

to 16:10 con un rapporto screen to body

dell’82%, bordi sottilissimi quanto quelli

del tablet della concorrente di sempre.

Tra gli altri dati da segnalare un processo-

MOBILE Samsung lancia il nuovo Galaxy Tab S5e, interessante per fruire dei video in mobilità

Galaxy Tab S5e, schermo OLED e audio AKG Il tablet perfetto per Netflix a passeggioÈ un tablet leggero, sottile e ha uno schermo con pannello OLED 16:10 dai bordi sottilissimi

re Snapdragon 670, 4 GB di RAM, 64 GB

di storage espandibili e una camera da

13 megapixel capace di riprendere video

4K a 30 fps. L’autonomia dichiarata, e qui

l’OLED aiuta, è di circa 15 ore.

La vera domanda da farsi è se c’è ancora

spazio per un tablet Android, bellissimo

dal punto di vista hardware, in un mercato

in contrazione dove Apple ha gran parte

delle quote di mercato.

Dipende. Se l’utilizzo principale che viene

fatto del tablet è la fruizione dei contenuti

in mobilità, per esempio da Netflix o da

Prime Video, con audio AKG, schermo

OLED e un aspect ratio più vicino al 16:9,

il Galaxy Tab S5e è senza dubbio preferi-

bile ad un iPad entry level. Anzi, probabil-

mente anche all’iPad Pro, che pur avendo

uno schermo calibrato resta pur sempre

un LCD che fatica non poco sulle basse

luci. Per tutti gli altri utilizzi, in ambito con-

sumer, l’iPad può contare su una gamma

di applicazioni che Android si sogna: per

produttività, gioco, app per bambini un

iPad non solo è più sfruttabile ma anche

più sicuro, perché privo delle insidiose

app gratuite piene di pubblicità che sono

disponibili per i tablet Android.

Un altro aspetto dove Tab S5e può risul-

tare una valida alternativa all’iPad è quello

della produttività business: l’iPad, soprat-

tutto in versione Pro, fa della produttività

il suo punto di forza ma il Galaxy Tab può

contare su Dex, l’estensione di schermo

che crea una desktop virtuale collegato

a mouse, monitor e tastiera. Purtroppo,

vista la scarsa quantità di RAM a disposi-

zione e il processore di fascia media, non

crediamo sia supportato Linux on Dex,

soluzione questa presente sul modello

superiore, che sopporta anche la penna.

Galaxy Tab S5e arriverà nei prossimi mesi:

il mercato dei tablet è piccolo, ma con

audio AKG, schermo OLED, peso piuma

e spessore ridotto crediamo che questo

tablet sia la perfetta macchina da “serie

tv e video in mobilità”. Per tutto il resto,

fino a quando l’ecosistema tablet Android

non migliora, l’iPad continua ad essere la

soluzione migliore.

Android Q dirà addio al tasto Indietro. Tutto basato sulle gesturePer Android Q sembra che Google voglia seguire la strada già percorsa su iOS: sempre più gesture, sempre meno tasti virtuali di Giovanni CAU

Con l’arrivo di Android 9 Pie, che incrementa l’utilizzo di gesture per le app smartphone dopo aver eliminato la classica barra di na-vigazione, Google sembrerebbe pronta a far sparire anche il tasto “indietro”.Al posto del solito tasto sembra, stando a quanto ha scoperto XDA Developers scavando tra i codi-ci di una versione preliminare di Android Q, che si tornerà indietro tramite un movimento dal pulsan-te centrale verso sinistra, passan-do in un attimo alla schermata precedente. Il sistema sembra essere un’evoluzione di quanto già oggi è possibile fare sui Pixel, dove il tasto Home è sostituito da una piccola linea bianca: una volta premuta, la schermata pas-sa a tutte le applicazioni aperte. Da lì si può tornare indietro con il tasto apposito oppure muovere le schermate a destra o a sinistra tramite le gesture.Uno sviluppatore di XDA ha pub-blicato un video che confronta le gesture di Android 9 Pie e An-droid Q. Naturalmente è ancora presto per parlare di novità defini-tive e conviene per ora prendere le informazioni con un minimo di dubbio fino a che Google non farà una presentazione ufficiale del si-stema operativo.

MOBILE In attesa della presentazione al MWC il 24 febbraio

Nokia 9 PureView: foto stampa mostrano 5 fotocamere posteriori

di Giovanni CAU

L a presentazione del Nokia 9 si concretizzerà in occasione del Mobile World Con-

gress, il 24 febbraio. HMD Global avrà finalmente modo di lanciare il Nokia 9 Pu-

reView che sarà il primo smartphone ad avere ben cinque fotocamere posteriori.

Il lancio del nuovo dispositivo Nokia è stato più volte rimandato e nonostante l’attesa

e da parte degli appassionati sia ora alle stelle, qualche anteprima sul design e sulla

sua dotazione hardware è già trapelata online attraverso Twitter. Dai render ufficiali

e non, salta subito all’occhio la mancanza della tacca e la presenza delle cinque fo-

tocamere posteriori combinate con altri due sensori laser, uno probabilmente per la

messa a fuoco e uno per il flash. Nella parte bassa della scocca, si trovano la griglia

dell’altoparlante e una porta USB-C. Nokia 9 PureView sarà anche il primo smartpho-

ne del marchio senza un jack audio da 3,5mm. Il sistema operativo sarà Android Pie

9. Diversamente da altri top di gamma Android, non dovrebbe adottare il processore

Snapdragon 855, in favore, invece, dello Snapdragon 845. In ogni caso, è meglio

attendere l’ufficialità. Lo scher-

mo AMOLED (2880 x 1440) sarà

da 6” con lettore d’impronte di-

gitali; dalle immagini, infatti, non

si nota nessun sensore esterno.

La fornitura si conclude con uno

spazio d’archiviazione da 128GB,

certificazione IP 68 e una batte-

ria da 4.150 mAh.

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

Rai 4K, torna la Champions: si riparte con Bayern Monaco vs LiverpoolRitornano le partite di Champions League in Ultra HD su Tivùsat con Bayern Monaco - Liverpool del 13 marzo. L’appuntamento è come sempre sul canale 210 di RaI 4K trasmesso dalla piattaforma satellitare Hot Bird di Eutelsat di R. FAGGIANOBuone notizie per chi desidera sfruttare il proprio televisore Ul-tra HD perchè le partite di Cham-pions League ritornano su Rai 4K dopo tre settimane di interruzio-ne. L’appuntamento è già fissato per il 13 marzo con un incontro di cartello: Bayern Monaco - Li-verpool, partita aperta a ogni risultato dopo il pareggio a reti inviolate dell’andata. La partita sarà trasmessa sul canale 210 di Rai 4K nella piat-taforma Tivùsat e sarà visibile solo con tessera Tivùsat Gold e relativa cam su tv e decoder che ricevono i segnali dal satellite Hot Bird di Eutelsat.Al momento il canale non è atti-vo ma dovrebbe essere riacceso entro la fine di febbraio. Intanto nulla è stato deciso per le partite trasmesse in chiaro nella pros-sima stagione, la Rai vorrebbe confermare l’acquisto dei diritti ma se Sky alzasse la posta po-trebbe anche abbandonare la gara in favore di altri soggetti interessati come Mediaset.

di Massimiliano DI MARCO

L ’Autorità per le Garanzie nelle Co-

municazioni (AGCOM) ha dato il suo

nulla osta al passaggio di proprietà,

a seguito dell’accordo, avvenuto a no-vembre, tra le due aziende. La verifica

delle autorità indipendenti è un passag-

gio obbligato. Il trasferimento di proprietà

è stato autorizzato dall’AGCOM con una

delibera in data 22 gennaio e pubblicata

sul sito dell’Autorità solamente il 15 feb-

braio. L’AGCOM ha determinato che in

quanto R2 “non risulta detenere auto-

rizzazioni per la diffusione di programmi

sulle reti digitali terrestri”, l’acquisizione

da parte di Sky Italia non consentirà “il

MERCATO Un altro tassello nel percorso che porterà R2 dalle mani di Mediaset a quelle di Sky

La piattaforma Mediaset Premium passa a Sky. L’AGCOM ha dato il via liberaA operazione conclusa, sarà Sky a ospitare l’offerta Premium di Mediaset, per mezzo di R2

superamento dei limiti previ-

sti”. Allo stesso modo è stato

verificato che l’acquisizione

di R2 non permetterà a Sky

Italia di registrare “ricavi

superiori al 20% dei ricavi

complessivi del SIC”, ossia

il Sistema Integrato delle

Comunicazioni. R2, lo ricor-

diamo, è la società che ge-

stisce la piattaforma tecnica sottostante

al servizio Mediaset Premium.

Ciò significa che l’infrastruttura essen-

ziale per il funzionamento dell’offerta

Premium passerà nelle mani di Sky, ma

Premium resterà di Mediaset. A conti

fatti, si ribalteranno i ruoli: laddove fino a

oggi è stata Mediaset a ospitare l’offerta

di Sky sul digitale terrestre, con la con-

clusione dell’operazione sarà Sky, pro-

prio per mezzo di R2, a ospitare l’offerta

Premium di Mediaset.

di G. RUSSO

A pochi giorni dalle dichiarazioni di Miche Geraci (MiSE): “Per l’Italia

non è un problema”, suona forte-

mente in disaccordo la nota che la Lega

ha preparato per un’interrogazione

parlamentare. Secondo il partito, infat-

ti, con una legge approvata nel 2017, la

legislatura cinese imporrebbe a tutte le

aziende (della stessa nazionalità) di for-

nire l’accesso all’intelligence di Pechino

ai dati che sono disponibili sulle reti con

infrastruttura cinese.

A capo della mozione, il parlamentare

della Lega Massimiliano Capitanio. La

Lega vorrebbe un maggior controllo su

quelle che sono ad oggi le norme di si-

curezza sulle infrastrutture o in alternati-

va modificare le regole sugli appalti che

interessano le infrastrutture di rete, ed

in particolar modo le future reti 5G.

Sul piatto ci sono al momento due gran-

di progetti: da un lato le infrastrutture di

rete degli operatori di telefonia, dall’al-

tro il progetto WiFi.Italia.it

Nel primo caso Huawei è fornitore “pri-

vilegiato” dei primi tre operatori di te-

MERCATO La Lega vorrebbe un maggior controllo sulle norme di sicurezza sulle infrastrutture

Dietrofront del Governo: la controversia Huawei/ Stati Uniti è un problema anche italianoIl governo americano ha riaffermato l’importanza che i paesi alleati seguano la linea indicata

lefonia in Italia.

Ad oggi infatti

Vodafone, TIM e

Wind-Tre basa-

no quota parte

della loro rete di

trasporto (fino al

30%) su appara-

ti di rete Huawei

e dovrebbero

utilizzarle lo

stesso fornitore

per costituire il futuro network 5G.

Nel secondo caso Huawei ha vinto

il bando Infratel per costruire la rete

WiMax che, operante su tutto il territo-

rio, dovrebbe consentire a turisti e cit-

tadini di accedere ad internet in modo

facile, rapido e gratuito.

La nota del Governo si conclude indi-

cando che potrebbe essere esercitato

il golden power e potrebbero esserci

verifiche sull’operato di Infratel.

Il Golden power è lo strumento che con-

sente al Governo di recedere contratti

già conclusi poiché legati allo sviluppo

strategico del paese. Lo sviluppo della

controversia all’estero

Attraverso la voce di Mike Pompeo, sot-

tosegretario di Stato, il governo ame-

ricano guidato Trump ha riaffermato

quanto sia importante che i paesi alleati

seguano la linea indicata.

“Se un Paese adotta componenti

Huawei e le usa per le sue infrastrutture

sensibili non saremo in grado di condi-

videre informazioni né di lavorare con

loro”

La dichiarazione arrivano come una doc-

cia gelata subito dopo che i governi di

Germania e Ingihilterra hanno ribadito

la propria tranquillità nell’utilizzare infra-

strutture di rete Huawei per le reti 5G.

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Sergio DONATO

L e società come Amazon spesso

assorbono entità più piccole per

espandere la propria esperienza

ed entrare in settori che apriranno a

nuovi investimenti. Questa volta, a es-

sere acquisita da Amazon è stata Eero,

un’azienda che vende dispositivi per

reti mesh. Ai più dirà poco, ma Eero è

una delle società con più esperienza

nella tecnologia mesh. Fondata nel

2014 con un investimento iniziale di 90

milioni di dollari, Eero è riuscita nel giro

di pochi anni e con pochi prodotti a en-

trare nella rete di vendita dei principali

protagonisti del settore come Walmart,

Best Buy, addirittura Microsoft e la stes-

sa Amazon, ovviamente. Nel 2018 è sta-

ta inserita al quinto posto nell’elenco To Watch del Wall Street Journal, che

fotografa le società emergenti che pun-

tano a essere leader di settore.

Eero è improntata sulla semplicità già a

MERCATO Amazon ha acquistato Eero, un’azienda che vende dispositivi per reti mesh

Amazon espande la “sua” smart home Si compra Eero e i prodotti per le reti meshFacile immaginare un futuro in cui la famiglia Alexa assorba anche la capacità mesh

cominciare dalle proposte di vendita. Al

momento, ha in catalogo solo due pro-dotti mesh: un hub e un satellite, la cui

distribuzione crea la struttura a maglie

che è una delle caratteristiche principa-

le di questo tipo di reti. Inoltre, anche

nella presentazione stampa dell’ac-

quisizione societaria, il vicepresidente

senior della divisione Dispositivi e Ser-

vizi di Amazon, Dave Limp, si è detto

entusiasta delle soluzioni Eero, facili da

installare e attive in dieci minuti.

Ci si potrebbe spingere a immaginare

un futuro in cui la famiglia Alexa di Am-

azon assorba anche la capacità mesh

e svolga un’attività “due in uno”, e per-

metta al contempo di avere degli as-

sistenti digitali distribuiti per casa che

espandono anche la stessa rete dati

che utilizzano.

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

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MAGAZINE

MAGAZINE

TIM pensiona le ricariche da 5 euro. Anche da app e da webLe ricariche da 5 euro non piacciono più a TIM. L’azienda ha aggiornato l’applicazione mobile MyTIM e il sito ufficiale: non è più possibile effettua-re ricaricare da 5 euro; l’importo minimo tramite questi canali è, insomma, 10 euro. In risposta ad alcuni utenti, che si sono rivolti alla pagina Facebook per avere chiari-menti, i responsabili hanno inoltre che “non è possibile effettuare rica-riche da 5€ da Tabaccai/Edicole/Bar, mentre rimane disponibile su tutti gli altri canali”. Alcuni utenti aveva-no già ricevuto, nei giorni scorsi, comunicazione da Lottomatica che, da lunedì scorso, non sarebbe stato più possibile fare ricariche online da 5 euro. La decisione aziendale, però, sembra aver coinvolto anche gli altri canali digitali. Il taglio da 5 euro non è più presente dall’applicazione e sul web. Sul sito ufficiale rimane attivo, però, il taglio da 6 euro di “ricari-ca+”, che ricarica 5 euro di credito e dà accesso a 10 GB di traffico per un giorno al costo di 1 euro aggiuntivo.

di G. RUSSO

I ricavi del quarto trimestre 2018 del

mercato della tecnologia di consumo

segnano il secondo miglior trimestre in

termini di ricavi dal 2010 ad oggi. Il dato

che emerge è la crescita anno su anno

del 2,1%, questo a confermare un’espan-

sione del mercato tecnologico rispetto al

2017. Sebbene crescano in termini di va-

lore tutte le categorie di prodotto rispetto

ai trimestri precedenti, influenzate dalla

stagionalità, quello che balza all’occhio è

come nel 2018, rispetto allo stesso perio-

do dell’anno del 2017 si registri un arresto

importante del settore fotografico (-8,7%)

e delle telecomunicazioni (-2,4%). Nel pri-

mo caso, il settore fotografico manifesta

una decrescita generalizzata anche su

base anno (-3,6%), a pesare il forte calo

della domanda di reflex e fotocamere

MERCATO Nel quarto trimestre 2018 in Italia riprende il mercato della tecnologia di consumo

Mentre i ricavi degli smartphone calano, gli elettrodomestici provano a “tappare il buco”Registrato un aumento di affari che fissa i ricavi del settore a 5,96 miliardi di euro, +2,5% su base annua

compatte a favore di macchine foto-

grafiche mirrorless e l’utilizzo di smar-

tphone per foto “punta e scatta”.

Il settore telecomunicazioni perde

terreno per la prima volta, chiudendo

comunque l’anno con un +3,8% e ri-

cavi nel 2018 pari a 7,39 miliardi. La

crescita della vendita di indossabili e

cuffie Bluetooth non colma la discesa del-

le vendite smartphone. A trainare il mer-

cato a livello globale la crescita a doppia

cifra dei settori grandi elettrodomestici

(+10,9%) e piccoli elettrodomestici (+11,1%).

Nel primo caso lavatrici, frigoriferi e asciu-

gatrici sono i prodotti che registrano pre-

stazioni di vendita positive. Nel settore

dei piccoli elettrodomestici la tendenza è

caratterizzata dall’aumento di vendita di

robot e aspirapolvere e settore della cura

personale. Aumento di vendite di speaker

intelligenti e TV di alta gamma, +5,1% ri-

spetto allo stesso periodo dell’anno, chiu-

dendo l’anno in leggera decrescita a 2,3

miliardi di euro (-1,2 rispetto al 2017). Il set-

tore dell’informatica, trainato dalla vendita

di periferiche per videogiocatori, cresce

del 5,0% rispetto al Q4 2017 chiudendo

i ricavi annuali a 2,8 miliardi (+3,3%). Il

settore delle forniture di ufficio continua

il suo trend discendente a causa della

contrazione della domanda di stampanti

e fotocopiatori. I dati parlano di -3,3% ri-

spetto allo stesso periodo dell’anno 2017

e -3,5% su base anno.

torna al sommario 15

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

D oppio sconto iva su alcuni prodot-

ti selezionati, sconto iva su altri.

La riduzione del prezzo del 18%

(togliere l’iva equivale a scontare il 18%

e non il 22%) è spesso l’arma preferita

dalle grandi catene per attrarre clienti in

negozio. Comet, con il nuovo volantino,

azzarda addirittura un doppio sconto

iva: si arriva al 36%, uno sconto enorme

in un mercato dove i margini sono già

bassissimi. Purtroppo, come

spesso accade, questi sconti

esorbitanti si riducono, se tut-

to va bene, in un risparmio di

poche decine di euro, mentre

in altri casi lo sconto non rie-

sce nemmeno a rendere com-

petitivo il prodotto se si guar-

dano le offerte di altri negozi,

online e offline. E parliamo di

grosse insegne del retail onli-

ne come Amazon, ePrice o Monclick. Il

caso del volantino Comet è abbastan-

za emblematico: se si guarda oltre al

prezzo barrato, si scopre che alla fine

molti prodotti con il doppio sconto IVA

sono elettrodomestici; ma soprattutto

che nella quasi totalità delle offerte ci si

trova davanti ad un prezzo finale che è

del tutto “standard”. Insomma, partendo

da un prezzo di listino probabilmente

irrealistico, si arriva a prezzi finali che

sanno di sconto ma che alla fine non

sono affatto scontati rispetto ai prezzi

di mercato. Il TV Samsung Q7F da 65”

con lo sconto IVA non riesce a compe-

tere con il prezzo di Monclick, scontato

MERCATO Quando non si sa come spiegare un prodotto, si punta tutto sul prezzo super basso

Il volantino Comet col doppio sconto IVA L’ennesima frontiera del non risparmioLa moda dei finti sconti non ferma. Quella di Comet non garantisce il risparmio che promette

senza troppi proclami. Situazione simile

per la lavatrice Bosch: 547 euro con il

doppio sconto, 557 euro con il nor-

male sconto online. Non

cambia nulla per il forno

Electrolux: 383 euro con

doppio sconto IVA, ma

i normali sconti di molti

retailer lo portano già a

379 euro. In qualche caso

il risparmio di altri negozi,

e nemmeno online, è an-

cora più elevato: il condi-

zionatore Mitsubishi che

Comet “sconta doppio” a

383 euro costa 359 euro

da Bricoman. Puntare solo sul

prezzo, in un mercato a margi-

ni così risicati, è un mestiere

pericoloso. O per i conti, che

non tornano più; o, se c’è il

trucco, per la credibilità di

un’insegna. Tanto più che per

verificare la natura dei prezzi

oramai basta solo qualche

click. E pensare che ben 55

anni fa, si parlava di adottare

nel settore dell’elettronica e degli elet-

trodomestici, “prezzi bassi e fissi”. Un

malanno che viene da lontano.

Iliad, il Giurì dà ragione a metà. Gli spot “senza limiti” di Vodafone vanno cessatiContinuano le battaglie legali tra Iliad e Vodafone. Iliad fa ricorso all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria al quale segnala la pubblicità ingannevole delle offerte Vodafone Unlimited di B. DI BLASI

Continua la battaglia commerciale tra Iliad e Vodafone a colpi di pro-nunce del Giurì riguardo ai conte-nuti delle rispettive pubblicità. L’Isti-tuto di Autodisciplina Pubblicitaria con la pronuncia n. 5 del 2019, inerente gli spot Vodafone con la dicitura “Giga Network 4.5G”, ha dichiarato che “le comunicazioni commerciali esaminate non sono in contrasto con il Codice di Auto-disciplina”, pertanto gli spot potran-no continuare a fregiarsi della Giga Network 4.5G di Vodafone. Invece, la seconda pronuncia, 6/2019, punta il dito contro il termine “sen-za limiti”. In questo caso, il Giurì dà parere opposto: la comunicazione commerciale è in contrasto con il Codice di Autoregolamentazione “limitatamente alla informazio-ne necessaria per comprendere la limitazione della navigazione “senza limiti” che non comprende i contenuti accessibili attraverso i link delle app, ed in questi limiti ne ordina la cessazione”. Ciò con ef-fetto immediato per gli spot Voda-fone con questa espressione, cioè quelli relativi alle offerte Unlimited x3, Unlimited x4 Pro e Unlimited RED. Ricordiamo che la guerra tra gli altri operatori e Iliad, è partita fin dai primi spot dell’azienda france-se con una serie di segnalazioni, con esito positivo, su disponibilità dell’offerta e sulla dicitura 4G/4G+.

torna al sommario 16

MAGAZINE

di Gianfranco GIARDINA

F orse non tutti sanno che - sulla base delle leggi vi-

genti - dal 1 gennaio 2020 non sarà più possibile

vendere al pubblico apparecchi radio, anche mul-

tifunzione, se non dotati di ricevitore DAB+ (vale anche

per le auto). O meglio - e qui si aprono infinite interpreta-

zioni - “non dotate di almeno un’interfaccia che consen-

ta di ricevere i servizi della radio digitale”. Non è chiaro al

momento se questa locuzione significhi effettivamente

che è richiesta la presenza di un tuner DAB+ o possa

bastare, per essere a norma di legge, anche solo una

connessione Wi-Fi per agganciare le web radio. Ma le in-

certezze non finiscono qui: la legge prevede che l’obbli-

go entri in vigore sin dal prossimo 1 luglio nelle compra-

vendite tra operatori, in modo tale che i negozi abbiano

sei mesi per smaltire le scorte di radio solo FM. Certo, la

legge dice così, ma, a pochi mesi dall’entrata in vigore,

nulla sembra muoversi davvero. Anche perché l’impatto

di una norma di questo tipo, se applicata pedissequa-

mente, è incredibile. Basti pensare a tutti gli apparecchi

che integrano la funzione radio ma non hanno il DAB

(la maggioranza), dalle “radioline” agli impianti hi-fi, che

presto potrebbero non essere più distribuibili in Italia.

Il DAB non c’è su tutti gli apparecchi: si rischia di limitare la scelta del consumatoreIl rischio è che, inseguendo un lecito obiettivo di miglio-

ramento tecnologico del parco installato, si finisca per

penalizzare i consumatori italiani, che non potrebbero

più avere accesso a apparecchi radio di basso costo.

O peggio ancora, che potrebbero vedere l’interruzio-

ne della distribuzione in Italia di molti apparecchi con

funzione radio, ma non DAB. Pensiamo per esempio ai

boombox, che spesso hanno anche la radio ma quasi

mai il DAB; o anche semplicemente alle radiosveglie,

ancora molto usate; o quelle radio molto classiche ma

molto apprezzate, come la RadioCubo di Brionvega o

la ModelOne di Tivoli. Difficile, insomma, che vengano

realizzate versioni modificate dei prodotti di elettronica

solo per l’Italia; più facile, semplicemente, che in Italia ar-

rivi una selezione ristretta dei prodotti disponibili altrove.

Oppure che arrivino attraverso canali Internet da riven-

ditori esteri, penalizzando i rivenditori italiani seri non in-

tenzionati a commettere frode in commercio, vendendo

prodotti “vietati”.

Distributori e rivenditori auspicano una rimodulazione della normaChe la normativa sull’obbligo del DAB possa essere

MERCATO A pochi mesi dall’entrata in vigore della legge che vieta la vendita di apparecchi radio senza tuner DAB, nulla si muove

Tuner DAB obbligatorio, la scadenza è vicina Distributori e rivenditori chiedono chiarimentiLa risposta di DAB Italia: “rivenditori, svegliatevi”ANDEC, ANCRA e AIRES hanno chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico e all’AGCOM una rimodulazione dell’obbligo di legge DAB Italia, uno dei due consorzi di emittenti operanti sulla radio digitale, replica alla lettera di ANDEC, ANCRA e AIRES

applicata di qui a qualche mese così com’è scritta, agli

occhi degli operatori di mercato, appare poco probabile:

troppi oggetti andrebbero fuorilegge, tanto che ci sareb-

be una certa sproporzione tra gli obiettivi della legge e

gli effetti generati. Così almeno la pensano i distributori

di elettronica e i rivenditori: con una lettera congiunta

ANDEC, ANCRA e AIRES (le associazioni di categoria

del settore), hanno chiesto al Ministero dello Sviluppo

Economico e all’AGCOM di prendere in considerazione

una rimodulazione dell’obbligo di legge, in chiave più

“europea”. In poche parole, le Associazioni hanno chie-

sto a Ministero e Authority di favorire un differimento

dell’entrata in vigore della normativa, giudicata per certi

versi superata da una direttiva europea sul medesimo

tema (la 2018/1972), approvata lo scorso dicembre e che

dovrà essere recepita anche dall’Italia entro la fine del

2020. La direttiva raccomanda infatti, nel favorire l’ado-

zione della radio digitale, di ridurre gli impatti degli obbli-

ghi di adeguamento tecnologico sui ricevitori di valore

modesto (le “radioline” per intenderci) ed escludere i

“prodotti per i quali il ricevitore radio è puramente ac-

cessorio”: il riferimento è agli apparecchi multifunzione

che, tra le altre mille cose, hanno anche un tuner FM.

La lettera delle Associazioni, che chiedono a Ministero

e AGCOM un incontro chiarificatore, hanno anche fatto

riferimento alla normativa tedesca, già in vigore e che

probabilmente ha ispirato quella europea, che limita il

campo di applicazione dell’obbligo della digital radio

“ai soli apparecchi la cui funzione principale è quella di

ricevere servizi di radiodiffusione e che rendono visibile

all’utente il nome della stazione emittente”. Come dire,

benvenuto DAB ma solo sugli apparecchi che sono de-

cisamente degli apparecchi radio e che sono già a base

digitale (di qui il requisito del display).

Forse i “tifosi” del DAB vorrebbero la posta intera e

lasciare gli obblighi di legge come sono. D’altra parte,

verrebbe da pensare che anche I rivenditori e distribu-

tori, se ci fossero le condizioni, dovrebbero volere un

obbligo al DAB senza tante condizioni, visto che que-

sto dovrebbe innalzare il prezzo medio e quindi il loro

fatturato.Ma probabilmente, AIRES, ANCRA e ANDEC

vedono più minacce che opportunità in un passaggio

“hard”: il rischio è che la norma, dura e pura com’è, ven-

ga largamente disattesa, favorendo chi non si adegua

e penalizzando chi invece si è organizzato per essere

a norma di legge. L’assenza di ispettori e attività di con-

trasto, come già visto con l’entrata in vigore dell’obbligo

di DVB-T2 HEVC per i TV, non fa poi prevedere nulla di

buono: difficile sperare che il sistema si “autoregoli” se

non c’è modo che arrivino né sanzioni né condanne.ori.

Natucci (DAB Italia): “I consumatori vogliono il DAB. I rivenditori non si lamentino e si diano da fare” Abbiamo ricevuto una cortese richiesta di replica di

Sergio Natucci, direttore di DAB Italia, il più grande con-

sorzio italiano di emittenti radio in digitale, che associa

Radio 24, Radio Capital, DeeJay, R101, RDS, Radio Maria,

M2O e Radio Radicale. Natucci rivendica il ruolo della

radio digitale e come il passaggio verso apparecchi do-

tati anche di ricevitore DAB sia stato drammatizzato dai

distributori e dai rivenditori: sarebbero oramai migliaia

i prodotti dotati di tuner DAB (“Solo su Amazon sono

3.500”). E poi una stoccata anche al produttore: il chip

DAB in produzione non costa più di 3 dollari. Infine Na-

tucci mette il dito nella piaga della preparazione al DAB

del punto vendita: “Basta chiedere una radio DAB per

vedere lo smarrimento e la totale impreparazione del

commesso”. Pubblichiamo volentieri in versione integra-

le la lettera inviataci da Natucci, certi che questa dialetti-

ca non si fermerà qui.

segue a pagina 17

n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

torna al sommario 17

MAGAZINE

“L’argomento è per noi molto importante e lei, come

sempre, tratta il tema della radio digitale con grande

attenzione e correttezza.

La norma italiana sull’obbligatorietà del sistema di

ricezione dei programmi digitali su tutti gli apparec-

chi radio è molto chiara e il Ministero per lo sviluppo

economico e l’Autorità per le garanzie nelle comuni-

cazioni hanno da tempo chiarito il suo significato e

dato corrette linee di applicazione proprio su richie-

sta delle associazioni degli importatori e distributori

di apparati elettronici.

Non può che destare meraviglia la nuova presa di

posizione ostile a questa norma di legge che, dob-

biamo ricordare, porta la data del 27 dicembre 2017

concedendo ben due anni di tempo per la sua effet-

tiva applicazione. Sempre nella legge (legge 27 di-

cembre 2017 n. 205 ) sono contenute altre norme in

materia di radiodiffusione sia radiofonica sia televisi-

va nelle quali si cita il termine “radio digitale” riferen-

dosi esplicitamente alle diffusioni digitali terrestri e

di conseguenza al DAB unico standard diffuso in tut-

ta Europa e non solo. Dunque, l’interpretazione sia in

questo contesto sia in quello più generale del lessico

la “radio” è una ed una sola cosa. Un sistema ben

chiaro e definito, da non confondere con la presenza

di contenuti audio che possono essere offerti anche

attraverso altri sistemi, tra cui la piattaforma IP.

La ratio della legge è ben chiara, sostenere il pas-

saggio della radiofonia dall’analogico al digitale per

poter offrire senza traumi e costi a carico dei cittadini

un servizio sempre più efficiente e di qualità.

Il sistema radiofonico italiano è certamente tra quel-

li più complessi. Sono in attività, secondo i dati del

catasto dell’Agcom, oltre mille emittenti suddivise

tra tutte le tipologie, nazionali e locali, commerciali

e non profit. Un patrimonio rilevante che, insieme al

servizio pubblico, svolgono un attività rilevante per

tutta la collettività: intrattenimento, informazione e

servizi , oltre a garantire ogni assistenza in caso di

emergenze.

La radio, nonostante l’affermarsi tumultuoso delle

tecnologie digitali che sta modificando le nostre abi-

tudini di vita, resta un medium di successo con circa

35 milioni di ascoltatori giornalieri, un trend costante

da decenni, con un ascolto medio giornaliero supe-

riore alle tre ore. Il successo della radio nell’era digi-

tale è dovuto anche alla capacità e lungimiranza dei

suoi editori che hanno investito nella sua mutazione

per renderla sempre più fruibile, adeguata ai tempi.

Oggi il DAB, nella sua evoluzione DAB+, offre i suoi

programmi e servizi ad oltre l’80 % della popolazione

per la ricezione mobile ed è ricevibile in condizio-

ne indoor dal 60% dei cittadini ( dati definiti dagli

operatori privati e pubblico secondo i livelli standard

internazionali di 43 dBμV/m). Un’offerta in continua

estensione come dimostrano gli investimenti degli

operatori di rete nazionali e locali e della Conces-

sionaria Rai.

L’Agcom con la delibera 13/19/CONS della fine di gen-

naio ha dato avvio alla fase finale di pianificazione

delle frequenze che si concluderà nei prossimi mesi,

secondo le anticipazioni pubbliche del Presidente

Cardani prima dell’estate. Con questa pianificazione

saranno definite le frequenze per tutte le regioni so-

prattutto per le emittenti locali.

Tutto perfetto? Forse sul fronte degli operatori, non

altrettanto per la catena distributiva che da sempre

penalizza il prodotto radio come residuale, di poco

margine. Un elettrodomestico ormai un po’ fuori

moda da relegare in un angolo secondario dei propri

store. E’ un dato di fatto. Se proviamo a recarci in

un negozio delle grandi catene di elettronica di con-

sumo, alla richiesta dove trovare una radio digitale

di tutta risposta ecco lo smarrimento e la totale im-

preparazione del commesso. Nei casi più fortunati ci

accompagnerà in un angolo dello store per indicarci

qualche esempio di radiosveglia. Se insistiamo nel

chiedere spiegazioni ci dirà (esperienza diretta) che

sono tutte digitali, ormai non ci sono più quelle con

la sintonia a bacchetta, hanno tutte un display con

i numeri retroilluminati, ma sono a buon mercato in

genere intorno a 25 – 40 euro. Alla fine ci sentire-

mo dire: abbiamo solo queste, ormai la radio non si

vende più!

Bene, allora solo qualche numero sul mercato della

radio digitale DAB+ in Europa e Asia Pacifico: record

di vendite per il solo 2017 con oltre 12 milioni di radio

DAB+ (UK 36 mln, Germania 10 mln, Norvegia 6 mln

solo per citare i mercati più “vivaci”), vendite cumula-

tive di oltre 65 milioni di ricevitori DAB portatili, home

e per auto (dati ricerca GFK Europa).

Ecco perché in Italia, diversamente dal resto dei pae-

si europei la vendita di ricevitori radio è in caduta

libera con una perdita annua (dato ricerca GFK Eu-

ropa) di circa l’8%. In controtendenza, sempre dato

della ricerca di GFK Europa, in Italia nel 2018 cresce

del 36,4% la vendita di ricevitori digitali DAB+.

Se invece vi recate in uno store in Germania, Francia,

UK, Olanda, solo per fare qualche esempio, possia-

mo trovare una notevole quantità di radio digitali ben

esposte con relativa scheda illustrativa del prodotto

e un prezzo, per un prodotto di fascia bassa, assolu-

tamente identico alle radiosveglie di cui parlavamo,

in più se vogliamo possiamo trovare anche ricevitori

di media e alta fascia che garantiscono una notevole

qualità audio.

Del resto, anche questo è opportuno ricordarlo, il

processore di decodifica e ricezione DAB+ ha un

costo di circa 3 euro, che certamente non si può

considerare rilevante. Dunque, per chi vuole acqui-

stare una radio digitale o DAB+ che dir si voglia dire

rimane l’e-commerce. Il temuto concorrente non si

pone i problemi che abbiamo letto nell’articolo. Of-

fre il prodotto con tanto di specifiche e con la stessa

naturalezza di qualsiasi altro apparato elettronico.

È sufficiente digitare radio digitale o solo DAB e la

famosa Amazon ci propone ben 3.500 prodotti, il più

economico a circa 28 euro, ovviamente consegna a

domicilio spesso senza costi aggiuntivi.

È stato spesso luogo comune nel nostro paese che

fatta la legge, se non piace, se non si può cambiare, si

chiede una proroga, oppure una corretta interpreta-

zione. In questo caso, tutte le strade sono state espe-

rite. Il Parlamento in ben tre passaggi legislativi non

ha accolto proposte di soppressione o di proroga, il

Ministero e l’Agcom si sono già da tempo espressi

ampiamente sulla questione, evidentemente tutto ciò

non è sufficiente per considerare, come si dovrebbe,

di ottemperare ad una legge dello Stato. Nell’articolo

e nella lettera congiunta Aires, Ancra, Andec si evo-

ca l’attesa del recepimento della nuova direttiva del

codice europeo delle comunicazioni elettroniche,

oppure di adeguarsi alla normativa della Germania.

La norma europea deve essere recepita entro due

anni e prevede un termine di adeguamento. Come

dire rinviamolo ai posteri, per poi ricordare al setto-

re radio che ha impiegato troppo tempo per entrare

nell’era digitale e riusare il solito luogo comune che

lo standard è orami vecchio. In Francia, senza troppi

turbamenti, si sta applicando una legge molto simile

alla nostra che prevede in 18 mesi l’obbligo della ri-

cezione DAB su tutti gli apparati radiofonici.

Dobbiamo dire che la fantasia non manca mai. L’ulti-

ma novità viene dal settore del car stereo, ai prodotti

aftermarket, in sostanza alle autoradio acquistate in

negozio, la norma non si applica perché non vengo-

no venduti con gli annessi diffusori e quindi non è

prevista tutta la catena del sistema. Idea geniale che

credo sarà difficile da spiegare al malcapitato consu-

matore! Un motivo in più per giustificare l’urgenza e

la proporzionalità della norma. L’Italia non ha scelto

lo switch off del sistema analogico FM, ha preferi-

to un percorso che saggiamente non toglie alcuna

possibilità di ascolto del prezioso medium radio. Una

scelta diversa da quella che stanno compiendo altri

paesi europei, ultimo dei quali la vicina Svizzera che

il prossimo 29 agosto – 20° Swiss Radio Day -annun-

cerà la data di chiusura della FM.

Una scelta, quella italiana, che aveva necessità di re-

gole di transizione visto che si dimostrava freddezza

ed indifferenza verso questa imprescindibile evolu-

zione, visto che nel settore automobilistico si è giunti

ad offrire l’autoradio con DAB solo come optional e

addirittura a 400 euro, a fronte di un costo reale,

come dicevamo, assolutamente irrisorio.

Il tempo scorre velocemente le scadenze previste

sono sempre più vicine, i consumatori hanno sempre

più coscienza dei vantaggi della radio digitale, sa-

rebbe consigliabile darsi da fare come sta facendo il

settore dell’automotive per offrire questa opportunità

a tutti i consumatori il più presto possibile”.

MERCATO

Tuner DAB obbligatoriosegue Da pagina 16

Sergio Natucci - DAB Italia

n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

torna al sommario 18

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano DI MARCO

Smaltire correttamente un RAEE, i prodotti elet-

tronici a fine vita, è un processo molto critico e,

soprattutto, indispensabile perché produciamo

tantissimi rifiuti elettronici che se gettati nell’indiffe-

renziata, finirebbero semplicemente in discarica, con

danni per l’ambiente ingenti. Per tale motivo, la legge

prevede l’obbligo di ritiro dei RAEE, il cosiddetto “uno

contro uno”: all’acquisto di un prodotto elettronico

(una lavatrice o un notebook, per esempio), il rivendi-

tore è tenuto a ritirare, contestualmente alla consegna

del nuovo prodotto, il vecchio apparecchio gratuita-

mente. In questo modo, il vecchio prodotto dismesso

viene inviato alla corretta filiera di trattamento e riciclo

del RAEE. Tale ritiro diventa ancora più rilevante nel

caso vengano acquistati elettrodomestici ingombranti

(lavastoviglie, asciugatrici, condizionatori portatili, etc):

se un piccolo apparecchio può essere facilmente con-

ferito dall’utente presso un’isola ecologica del proprio

comune (o in negozio contestualmente all’acquisto

di uno nuovo), un grande elettrodomestico è mol-

to faticoso da trasportare per un comune cittadino.

Ci si aspetterebbe - ora che il ricorso al commercio

elettronico è sempre più frequente - che il rivenditore

online ritiri una lavatrice o un frigorifero vecchio con-

testualmente alla consegna di quello nuovo, senza se

e senza ma. Ciò invece non avviene sempre, o per

lo meno, non avviene nello stesso momento. Imma-

ginare, però, di tenere un grande elettrodomestico in

un angolo della casa per molti giorni, in attesa che si

presenti un secondo corriere per il ritiro, sembra del

tutto irrealistico.

Acquistando elettrodomestici e altri dispositivi elettro-

nici dai portali di e-commerce il ritiro viene fatto su-

bito? L’utente viene facilitato nel corretto smaltimento

del suo RAEE o la procedura diventa più ostica rispet-

to all’acquisto in negozio o all’acquisto senza usato?

Abbiamo indagato. E vi anticipiamo il risultato finale: le

grandi catene con i negozi fisici stravincono anche nel

rispetto delle regole online; gli altri così così.

MediaWorld, Unieuro e Trony promossiAbbiamo sentito MediaWorld, Trony, Unieuro ed Eu-

ronics. Per quanto ciascuno di essi garantisca il ritiro

gratuito del RAEE con l’acquisto di nuovo prodotto

equivalente, non tutti - acquistando online - ritirano il

vecchio elettrodomestico contestualmente alla conse-

gna del nuovo prodotto. Per Trony, nessun problema

di sorta. L’unica nota da segnalare è che, come viene

specificato, aggiungendo il ritiro del RAEE “le tempisti-

che della consegna, a prescindere dalla modalità sele-

zionata, diventeranno dai 6 ai 9 giorni lavorativi.” Nella

pagina dedicata, il rivenditore specifica però che “il ri-

tiro del RAEE avviene contestualmente alla consegna”.

Insomma, niente consegna espressa, ma per lo meno

MERCATO Il ritiro del vecchio elettrodomestico come viene gestito quando si acquista online? Tanti risultati positivi, eccetto uno

Acquisti online e ritiro RAEE: bene MediaWorld, Trony e Unieuro. Amazon deve fare meglioAcquistando elettrodomestici e altri dispositivi dai portali di e-commerce il ritiro viene fatto subito? Abbiamo indagato

la gestione contemporanea è garantita.

Anche MediaWorld, alla prova dei fatti, si è dimostrato

ineccepibile: il ritiro del RAEE, infatti, è sempre conte-stuale alla consegna dei grandi elettrodomestici, pro-

dotti per il fitness, condizionatori e TV maggiori di 32”.

Negli altri casi, ovvero i prodotti più piccoli, invece, il

ritiro “avverrà entro il termine massimo di 30 giorni

dalla data della consegna del nuovo prodotto, previo

contatto da parte dell’operatore logistico specializ-

zato”. Ma va detto che un piccolo apparecchio può

essere più agevolmente tenuto in casa e altrettanto

facilmente conferito direttamente dall’utente all’isola

ecologica. Anche Unieuro offre il ritiro gratuito del

RAEE e, come specificato, “i prodotti verranno ritirati

contestualmente nel luogo scelto per la consegna del

prodotto nuovo acquistato”. Tentando di acquistare un

frigorifero, abbiamo però constatato un’anomalia nel

processo d’acquisto: la consegna a domicilio viene

sponsorizzata come “gratuita”, ma avanzando nell’ela-

borazione dell’ordine viene aggiunto al carrello un

servizio aggiuntivo ma obbligatorio di 45 euro per la

spedizione di “prodotti di grandi dimensioni”. In que-

sto caso il ritiro del RAEE non sembra aver alcun ruolo,

ma il costo finale risulta più alto di quanto prospettato

inizialmente di quei 45 euro. Nel caso di lavatrici o la-

vastoviglie, invece, la consegna a domicilio di Unieuro

è effettivamente gratuita e il ritiro del RAEE può essere

aggiunto spuntando la rispettiva casella ed è conte-

stuale all’acquisto del nuovo.

Euronics ed Expert, ritiro contestuale non garantitoPiù difficile inquadrare Euronics. Al momento di spun-

tare la casella per scegliere il ritiro dell’usato, infatti, il

pannello informativo evidenzia che il ritiro del RAEE

“verrà effettuato dal 10° giorno e comunque entro i 30

giorni dall’avvenuta consegna del prodotto nuovo ac-

quistato”. Il che lascia presumere una “differita” tra la

consegna del nuovo e il ritiro dell’usato.

Eppure, nella pagina dedicata, il rivenditore fa una

premessa riguardante proprio i “grandi elettrodome-

stici e i grandi schermi TV”, specificando che in questi

casi il ritiro dell’usato sia contestuale alla consegna.

Contattando direttamente Euronics per avere chiari-

menti, ci è stato confermato che non viene garantito

il ritiro contestuale. Dopo aver selezionato il servizio

di ritiro nella pagina di acquisto e aver completato l’or-

dine, il cliente deve contattare il corriere che si occu-

segue a pagina 19

Nella pagina dedicata al ritiro del RAEE, Euronics sottolinea che “sarà contestuale alla consegna per i grandi elettrodomestici”.

n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

torna al sommario 19

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

perà del ritiro. Tale corriere deve essere abilitato per il

trasporto dei rifiuti elettronici; in quanto le operazioni

di consegna e il ritiro dell’usato vengono svolte da due

corrieri distinti, insomma, il ritiro dell’usato può non

avvenire contestualmente alla consegna del nuovo in

quanto dipende dal prodotto acquistato e dalla data di

ritiro concordata dal cliente. Anche Expert, attraverso

la sua piattaforma online, non prevede il ritiro gratuito

dell’usato contestualmente alla consegna. In tal sen-

so la politica aziendale, un po’ nascosta tra le pieghe

delle condizioni di vendita, è chiara: il ritiro del RAEE

“sarà effettuato dai 15 ai 30 giorni successivi al giorno

di consegna del nuovo prodotto”. Inoltre, tale ritiro non

sarà fatto al piano dell’abitazione “ma sul piano stra-

dale”. Oltre al danno la beffa, insomma: il cliente deve

aspettare per fare ritirare un RAEE (grande o piccolo

che sia) e in più deve essere egli stessi a portarlo al

piano strada al momento del ritiro. La richiesta, inoltre,

non è automatica. Anche per gli acquisti sul sito online

di Expert, “entro un giorno lavorativo dall’effettuazione

dell’ordine”, deve essere contattato il servizio clienti te-

lefonicamente o tramite l’apposita sezione del sito.

Il corriere deve essere abilitato al trasporto dei rifiuti. Ma esserlo è poco più di una formalità Il tema del corriere abilitato al trasporto dei rifiuti, solle-

vato tra l’altro da Euronics, ricorre spesso per giustifi-

care il ritiro differito dalla consegna. Dal punto di vista

legale è vero: è necessario che il corriere che ritira sia

iscritto all’apposita sezione dell’Albo nazionale gestori

ambientali dato che il rifiuto diventa tale nell’instante

in cui esce di casa per avviarsi al ciclo di trattamento.

Ma nella sostanza, come ci hanno spiegato al Centro

di Coordinamento RAEE, si tratta di una semplice pra-

tica amministrativa e di un canone di iscrizione pari a

50 euro all’anno. C’è da credere che le società che

operano le consegne per le grandi insegne siano abi-

litate a questo tipo di trasporto. E se non lo fossero,

costerebbe davvero poca fatica e denaro diventarlo.

Amazon rimandata: ritiro RAEE entro 15 giorni lavorativiAmazon non offre in nessun caso il ritiro contestuale

alla consegna; l’utente, infatti, dopo aver ricevuto il

nuovo prodotto, deve contattare autonomamente una

società terza indicata da Amazon per organizzare il ri-

tiro, che avviene “entro circa 15 giorni lavorativi dalla

richiesta”, attraverso un modulo sul sito di una società

terza al quale si viene rimandati attraverso la pagina dedicata ai RAEE. Colpisce che, malgrado Amazon

ci abbia abituato a splendide procedure informatiche

da un clic o poco più, in questo caso sia necessario

compilare del tutto manualmente una form, con tanto

di indirizzo e numero ordine, tutti dati che Amazon ha

in pancia e non dovrebbe aver alcun problema - nel-

l’ottica di non complicare la vita all’utente - a trasferire

direttamente al proprio fornitore terzo. Ovviamente,

Amazon fa riferimento al ritiro dei RAEE nel contesto

dell’acquisto di un prodotto elettronico venduto da

Amazon; per i prodotti elettronici acquistati da vendi-

tori terzi che operano tramite il marketplace di Ama-

zon.it, invece, bisogna contattare il singolo venditore

per conoscere modalità di ritiro e tempistiche. Ciò

significa che acquistando un condizionatore portatile,

una lavatrice o un altro elettrodomestico ingombrante

venduto da Amazon.it, l’utente è costretto a tenersi in

casa quello vecchio per diversi giorni, fino a tre setti-

mane. Non vi è possibilità, infatti, di

un ritiro del RAEE già alla consegna

del nuovo. Una situazione fastidiosa

e che può agevolare, al contrario,

la diffusione di pessime abitudini di

smaltimento del RAEE. L’utente può

- se ha un mezzo adeguato - portare

il RAEE direttamente presso un’isola

ecologica vicina alla sua residenza,

ma poiché vi è una normativa italiana

che si esprime chiaramente sul tema

e assegna determinati doveri al ri-

venditore, l’utente ha il diritto di avere

tale servizio senza ostacoli né costi. Il

fatto, poi, che giunga da una piatta-

forma tanto grande quanto Amazon.

it ci lascia interdetti.

MERCATO

Acquisti online e ritiro RAEEsegue Da pagina 18

ePrice, con consegna al piano il ritiro è contestuale. Altrimenti bisogna aspettareA riguardo, la politica di ePrice è chiara: se per l’elet-

trodomestico viene scelta la consegna al piano, allora

il ritiro è contestuale; nel caso in cui l’utente, invece,

preferisca la consegna a bordo strada (più economica),

allora il ritiro del RAEE avviene entro 30 giorni dalla

consegna del nuovo prodotto. Il servizio di ritiro tramite

Installo è attivo in tutta Italia, salvo “alcune zone della

Emilia Romagna e del Piemonte ma è una situazione

temporanea che dovrebbe essere sistemata entro

qualche settimana” fa sapere ePrice. Inoltre ePrice fa

notare che anche per altri dispositivi più compatti (come

PC o smartphone) il ritiro del RAEE avviene entro 30

giorni dalla consegna (in quanto tale prodotto non vie-

ne mai consegnato al piano), ma “sono pochissimi quelli

che lo richiedono”.

Monclick, la tempistica del ritiro la sceglie l’utenteInfine c’è Monclick, che sul proprio sito ufficiale speci-

fica che entro 24 ore dall’ordine, l’utente può chiedere

il ritiro contestualmente alla consegna oppure in un

secondo momento. Per dovere di cronaca, segnaliamo

che prima che chiedessimo chiarimenti a Monclick, la

pagina ufficiale del ritiro segnava che “il ritiro del RAEE

non avverrà contestualmente alla consegna del prodot-

to nuovo”. Tale specifica lasciava pensare che il ritiro

avvenisse sempre “in differita” rispetto alla consegna

del nuovo prodotto. Solo dopo essere stata contattata

da DDay.it, Monclick ha aggiornato il testo della propria

pagina di riferimento sul ritiro del RAEE. A questo pun-

to, ci viene da pensare che se non avessimo contattato

il sito per informazioni, tale pagina avrebbe continuato

a proporre informazioni fuorvianti ed evidentemente,

considerato quanto ci è stato riferito in seguito, non ag-

giornate sulla politica della piattaforma.

C’è ancora da lavorare per far sì che gli utenti godano dei diritti che gli spettanoNel nostro approfondimento, abbiamo fatto riferimento

a quelle che sono grandi realtà che, in Italia, vendono

elettrodomestici e prodotti elettronici in generale. Ma

online esiste una giungla di “micrositi” che vendono

grandi elettrodomestici e che spesso non garantiscono

il ritiro dell’usato contestuale né in differita: spetta total-

mente all’utente far smaltire adeguatamente il proprio

usato. Insomma, tali “micrositi” non offrono nessun ser-

vizio che, eppure, spetta di diritto al consumatore per

“l’uno contro uno”. Il commercio elettronico offre molti

vantaggi e ciò è innegabile. Con il passaggio a quote

sempre più alte di acquisti online, è però importante

non far arretrare i diritti dei consumatori verso posizioni

peggiorative solo perché - purtroppo - sono proprio i

consumatori stessi a non conoscere bene i propri dirit-

ti: il rivenditore ha il dovere di ritirare l’usato e portarlo

in un centro di smaltimento. Il buon senso dice poi che

il ritiro non può che essere contestuale, soprattutto per

i grandi elettrodomestici. Chi non lo fa non solo causa

un disservizio al proprio cliente, ma - probabilmente -

viola la legge in materia. Inoltre, tale (pessima) politica

è un catalizzatore delle cattive abitudini ed è uno degli

elementi alla base del divario tra immesso sul mercato

e ritirato come RAEE che ci vede, come Italia, ancora al

di sotto dei target europei.

Prima della richiesta di DDay.it a Monclick, la pagina dedicata ri-portava informazioni che, poi, sono state smentite dal rivenditore.

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torna al sommario 21

MAGAZINE

di Gianfranco GIARDINA

N on è merito mio” continua a ripetere Stéphane

Labrousse, amministratore delegato di Sony Italia

quando si passano in rassegna i progressi fatti

dall’azienda nei 5 anni della sua gestione. Modesto e

solare, Labrousse, riconosce il ruolo determinante della

sua squadra, di chi l’ha preceduto, dei negozianti che

hanno sostenuto Sony e anche di qualche concorrente,

che ha aperto nuove aree di mercato. In sostanza, tende

a definirsi semplicemente “fortunato”. Evidentemente

non è (solo) fortunato: Labrousse ha dimostrato di es-

sere un bravo manager, capace di tenere la squadra

coesa senza alzare la voce. E questo malgrado le sue

origini francesi facessero mormorare più d’uno pen-

sando alle croniche difficoltà che i manager d’Oltralpe

incontrano nel capire a fondo il mercato italiano: “Sarà

che mia mamma è italiana…”, osserva divertito Labrous-

se. Archiviato il 2018 e archiviato Las Vegas, lo abbiamo

incontrato presso la sede di Sony Italia, per fare insieme

un punto sul mercato in una fase che si sta rivelando

particolarmente positiva per il marchio giapponese.

DDAY.it: Andiamo al dunque. Il mercato come va?Stéphane Labrousse: “Il mercato non è un granché. Se

guardo i tre principali settori sui quali operiamo, cioè TV,

audio (sia domestico che portatile) e fotografia, il merca-

to è decresciuto nel 2018 anno su anno del 4% a valore;

per essere più precisi, nell’ultimo anno mobile che ho

a disposizione come dati definitivi, (fino a ottobre 2018,

ndr) i nostri mercati di riferimento sono decresciuti del

3,5% a valore. Si tratta di comparti che già erano in sof-

ferenza nel 2017; ma si pensava che, trattandosi di un

anno dispari, ci sarebbe stato un po’ di sollievo nel 2018.

Ma, evidentemente, in questa fase il mercato fa fatica a

ripetere i risultati degli anni precedenti”.

DDAY.it: E Sony, in queste acque turbolente, come si è mossa?Labrousse: “Sony Italia chiuderà l’anno a +11%, siamo

andati in doppia cifra…”

DDAY.it: C’è un fattore chiave trasversale a tutti i setto-

MERCATO Stéphane Labrousse, amministratore delegato di Sony Italia, a quasi 5 anni dal suo insediamento, si racconta a DDAY.it

Labrousse (Sony): “La nostra crescita è a due cifre Grazie alla mia squadra e a qualche competitor”Nell’intervista, l’AD Sony ripercorre il posizionamento, in forte crescita, nei settori chiave della società: TV, audio e fotografia

ri per questo risultato positivo o si tratta di tre congiun-ture felici e concomitanti per Sony?Labrousse: “Ci sono entrambi gli effetti. Certamente c’è

un fattore di brand: è ovvio che chi è stato qui prima di

me e anche da chi è ancora in azienda e ha vissuto que-

sti ultimi trent’anni, ha costruito un valore percepito del

marchio Sony incredibile, migliore di quanto non sia in

moltissimi altri Paesi europei. L’Italia è sempre stato un

Paese che ha apprezzato Sony: qui vent’anni fa erava-

mo numero uno, quando in altre nazioni eravamo certa-

mente nella top 3 ma non in cima. Di questo lavoro fatto

in passato, sono onesto, ne ho approfittato da quando

sono in Italia. È proprio grazie a questo rapporto con la

clientela, che ci stima, che riusciamo a difendere il valore

del prodotto, senza arretrare sul contenuto tecnologico;

e questo ci aiuta anche ad avere dei rapporti costruttivi

con i negozianti”.

DDAY.it: Beh, vuol dire che Sony, per questa immagine che ha, può vendere a prezzi più alti?Labrousse: “No, vuol dire che, tanto per fare un esem-

pio, vendiamo molto meglio un TV OLED 65” a 3000

euro, un prodotto molto costoso ma a forte contenuto

tecnologico, che un 32” entry level da 300 euro. Quello

che siamo riusciti a fare sul TV, piano piano siamo riu-

sciti a farlo anche sulle altre ca-

tegorie”.

DDAY.it: Cioè, a tendere, Sony resterà concentrata solo sulla fascia alta? Diventerà un brand di lusso?Labrousse: “No, siamo un brand

generalista e continueremo ad

esserlo. Vogliamo essere nella

top 3 in ogni settore in cui ope-

riamo, quindi non potremmo rife-

rirci solo a una nicchia. Vogliamo

quindi vedere a un pubblico più

largo possibile, però ad ognuno dei nostri clienti vorrem-

mo dare un po’ più di qualità e un po’ più di contenuto

tecnologico. E credo che lo stiamo facendo bene”.

DDAY.it: Parliamo appunto di TV: che risultati ha con-seguito Sony e che ruolo ha l’OLED?Labrousse: “L’OLED pesa tantissimo. Lo dico con la

massima umiltà: chi ha aperto il mercato dell’OLED pri-

ma di noi - va riconosciuto - ha fatto un gran lavoro di

lancio e divulgazione…”

DDAY.it: Immaginiamo stia parlando di LG di qualche anno fa…Labrousse: “Un lavoro che senza dubbio ci ha aiutato,

quando siamo arrivati con il nostro OLED: non era più

necessario dover spiegare il concetto e la tecnologia.

Siamo subito passati a poter esprimere la nostra diffe-

renza, la nostra qualità, il nostro contenuto tecnologico,

con il nostro A1, il primo OLED Sony. Ora siamo passati

all’AF8 e al nuovo ‘A1’, cioè l’AF9, presentato all’ultima

IFA di Berlino, che ha avuto un grande successo e ha

fatto dei numeri impressionanti in Italia. Addirittura ci ha

permesso, anche se solo per una settimana (la settima-

na 49, ndr), di diventare i numeri uno nel mercato OLED,

davanti a chi questo mercato l’ha creato (parla ancora

di LG, ndr). È solo una settimana e probabilmente non

è neppure normale che Sony sia leader assoluto, ma

anche nelle altre settimane siamo sempre tra i 35 e i

40 punti di quota a valore sul mercato dell’OLED, il tutto

con prodotti dall’alto contenuto tecnologico e quindi dal

prezzo medio decisamente alto. Il solo AF9 è già diven-

tato numero tre tra i modelli venduti malgrado si arrivato

nei negozi solo poche settimane fa”.

DDAY.it: Caspita, l’AF9 pare sia un grande successo. Eppure è già stato annunciato a Las Vegas l’AG9, il successore, con un design meno connotato, più facile

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n.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

da ambientare ma forse più anonimo. Come mai que-sto annuncio così ravvicinato?Labrousse: “Già con l’A1 e poi con l’AF9, sapevamo che

il design era molto particolare e come tale può piacere

o non piacere. È un TV che o ti piace tanto o non ti pia-

ce; o è adatto al tuo ambiente (a causa della leggera

inclinazione all’indietro dello schermo, ndr) o non lo è.

Il design dell’AG9 è certamente più ‘democratico’: puoi

sistemarlo su una console bassa, su un ripiano più alto

o fissarlo a parete senza alcun problema. In altri mer-

cati, per esempio, il fatto che fissando a parete l’AF9 si

perdano alcune caratteristiche del design, è visto come

un limite. Va detto, però, che per quanto riguarda il con-

tenuto tecnologico, non perdi nulla: l’AG9 offre gli stessi

livelli qualitativi dell’AF9”.

DDAY.it: OK, ma si può sapere quando arriverà la gam-ma OLED nuova, AG9 e il fratello minore AG8?Labrousse: “No, l’abbiamo semplicemente presentata.

Diciamo nel corso del nuovo anno fiscale, che inizia ad

aprile…

DDAY.it: Certo che colpisce che l’AF9 sia stato presen-tato all’IFA di Berlino a settembre e solo quattro mesi dopo, al CES di Las Vegas, sia arrivato il successore AG9. Non è durata troppo poco l’era dell’AF9?Labrousse: “Sì, è vero che AG8 e AG9 sono stati pre-

sentati a ridosso del lancio di AF9. Ma in realtà, l’AF8 è

già sul mercato da un po’… “

DDAY.it: Capiamo, ma di solito si rinnova così veloce-mente quando un prodotto non è di grande successo. Eppure i numeri dicono che l’AF9 sta andando molto bene. Ma torniamo al dunque: quando arriva l’AG9?Labrousse: “Oggi non possiamo dirlo. Ma mi auguro che

ci siano sul mercato più prodotti…”

DDAY.it: Cosa vuol dire, che AF9 a AG9 potrebbero an-che convivere sul mercato per un certo periodo?Labrousse: “A tendere non accadrà. Ma essendo due

prodotti che danno prestazioni dal punto di vista tec-

nologico molto simili ma estetiche abbastanza diverse,

credo che l’introduzione dell’AG9 possa avvenire man-

tenendo in negozio anche AF9. Sono due TV che rac-

contano due storie diverse e possono coesistere”.

DDAY.it: Beh, nel mondo della tele-fonia, spesso un nuovo smartpho-ne non manda fuori gamma il mo-dello precedente, che resta magari con un riposizionamento di prezzo. Impossibile nel TV?Labrousse: “Così potrebbe essere,

ma non ho ancora tutte le risposte.

Sicuramente quando arriverà l’AG9,

vorremo sicuramente puntare i riflet-

tori su di esso, ma se il consumato-

re continuasse a richiedere anche

l’AF9, certamente sarà assortito. Non

durerà un anno, ma qualche mese di

coabitazione ci potrebbe essere”.

DDAY.it: Sony con la Master Series presentata a Ber-lino ha continuato a predicare una certa equidistanza tra OLED e LCD. Eppure, da quello che ci dice, il clienti Sony sembrano aver scelto OLED…Labrousse: “Ni, se guardiamo i numeri è vero che non

siamo cresciuti anno su anno su LCD come abbiamo

fatto su OLED. Per Sony la categoria TV in generale è

comunque cresciuta del 12% con un mercato che ha fat-

to -5%; ovviamente un contributo molto importante ce

l’ha dato l’OLED, ma con l’LCD siamo riusciti a replica-

re gli stessi numeri dell’anno scorso e fare meglio del

mercato, soprattutto sulle dimensioni di schermo più

grande…”

DDAY.it: Beh, sono anche i tagli in cui è presente an-che l’OLED…Labrousse: “Vero, ma diciamoci le cose come stanno. Il

prezzo medio dei TV in Italia è 400 euro, un 55” OLED

va dai 1500 euro in su. Tra i 700 euro, che è la soglia di

un 55” LCD entry level e i 1500 euro c’è uno spazio mol-

to importante dove si muovono moltissimi consumatori.

La nostra risposta sono stati gli XF85, XF90, TV full LED,

e così via. E poi c’è il mondo in forte crescita dei 70” in

su, dove l’OLED è ancora troppo caro”.

DDAY.it: Quanto conta sulla vendita dei TV il canale online?Labrousse: “Quasi niente…”

DDAY.it: E perché?Labrousse: “Per scelta. Una scelta che riguarda il TV ma

non le altre categorie. Oggi riteniamo che per difende-

re questa nostra politica tesa a far capire il valore dei

prodotti ai nostri consumatori serve saperli dimostra-

re. Quindi stiamo molto attenti, per i prodotti di fascia

più alta, nel gestire una distribuzione selezionata solo

tra le insegne che hanno anche un negozio fisico. Noi

chiediamo ai rivenditori, dalla serie XF85 in

su, incluso l’OLED, di avere delle aree espo-

sitive adeguate, degli addetti formati e delle

condizioni che permettano al cliente di farsi

un’idea concreta della qualità Sony. Fino a

oggi è una strategia che ha funzionato, per-

ché è indispensabile saper dimostrare bene

un prodotto come il TV: proseguiremo così

anche l’anno prossimo”.

DDAY.it: Parliamo delle cuffie, ora. Nella nostra ultima intervista, ci eravamo lasciati

MERCATO

Intervista a Stéphane Labrousse (Sony)segue Da pagina 21

con una Sony che cercava di giocare la partita su tutti i segmenti, dai modelli da 7,99 fino ai modelli decisa-mente premium. E proprio su quest’ultimo fronte Sony stava tentando di entrare anche nei segmenti più alti in cui non c’era. Come sta andando adesso?Labrousse: “Sta andando bene. È da un po’ di anni che

proviamo: da anni siamo leader di mercato a quantità

ma non lo siamo stati sempre a valore e questo perché

abbiamo modelli anche molto economici. Sicuramente,

come produttori generalisti abbiamo incontrato qualche

difficoltà a confrontarci con specialisti di questo mercato,

almeno sulla fascia alta, come Bose. E quindi, avevamo

bisogno di prodotti in grado di esprimere il valore Sony

anche nella fascia alta, come le MDR-1000X. Queste cuf-

fie sono arrivate alla terza generazione: la prima ha fatto

un po’ fatica a ritagliarsi un ruolo, la seconda è andata

meglio e la mark 3 sta andando proprio bene. Oramai,

con questo prodotto, siamo quasi alle stesse quote che

Bose sviluppa con la QC35. Questo è un grande risul-

tato, il consumatore ci riconosce una qualità anche da

gamma altissima e ci equipara anche a brand specialisti

dell’audio”.

DDAY.it: Però questo ha dimostrato anche un’altra cosa: che se si vuole davvero conquistare la fascia alta e altissima del mercato, non solo serve avere un pro-dotto all’altezza, ma serve anche tempo. Non lo si fa in una stagione sola…Labrousse: “Assolutamente no, ci vogliono anni. Per le

cuffie noise canceling ci abbiamo messo tre anni per

scalfire le posizioni di Bose, che era lì da dieci anni. Così

come nella fotografia, ce ne abbiamo messi 15 per intac-

care le posizioni dei leader storici di quel mercato. Ma

è giusto così. È giusto che il consumatore non si faccia

trascinare come una bandiera al vento ma che mediti le

proprie scelte e richieda tempo per mutare le proprie

preferenze. Questo però - d’altra parte - vuol anche dire

che, una volta entrati nella testa e nel cuore di un cer-

to tipo di consumatore, ci metteremo molto anche ad

uscirne… “

DDAY.it: In questa fase di mercato, parlando anche più in generale, per avere successo in questa fascia alta, conta di più investire sui negozi e creare delle condizioni commerciali favorevoli con i negozianti, o spingere direttamente sul consumatore finale, infor-

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

mandolo e con attività promozionali?Labrousse: “È sempre un mix delle due cose. Ma lavo-

rare in ‘pull’ sul consumatore finale è molto importante

per chi vuole guadagnare posizioni sulla fascia alta. Puoi

esporre il prodotto in tutti i negozi, ma se non sei rico-

nosciuto dal consumatore come un player adeguato alla

fascia alta, non venderai comunque. È un lavoro che

abbiamo iniziato a fare in Italia sulle cuffie circa 5 anni fa

e che adesso porta i suoi frutti…”

DDAY.it: Però non abbiamo visto calciatori con le cuf-fie Sony, ehehe….Labrousse: “No (e ride, ndr). Quell’ambito è stato pre-

sidiato da un altro brand ma non saprei dire, guar-

dando i numeri di oggi, se ha fatto bene o ha fatto

male…”

DDAY.it: Parlando di fotografia, la stagione 2018-19 è uno snodo importante. Sony è stata rag-giunta nel segmento delle mirrorless Full Frame da Canon, Nikon e Panasonic nel giro di qualche mese. Ci sono contraccolpi?Labrousse: “La prima cosa che osservo è che ora-

mai il segmento delle mirrorless è diventato decisa-

mente importante. Non è più l’alternativa alle reflex

da qualche punto percentuale, ma inizia a contare

molto: a novembre le mirrorless sono state il 37%

del totale delle macchine a ottiche intercambiabi-

le, frenate solo dalla disponibilità di offerte di reflex a

prezzi molto bassi, fuori dagli ambiti raggiungibili dalle

mirrorless. Ma se ci limitiamo alle macchine full frame, le

mirrorless pesano oramai oltre il 50%.”

DDAY.it: Questo vuol dire che si è invertito il mercato: prima la reflex era il top e la mirrorless avrebbe dovuto impersonare una gamma subito inferiore. Ora ci sem-bra di capire che le reflex siano in larga parte diventa-te una scelta a bassa budget contro una scelta più di qualità puntata verso le mirrorless…Labrousse: “Assolutamente sì. Oggi, chi vuole qualità

prende mirrorless. Si vede nel valore del prezzo me-

dio: per le mirrroless è 1100 euro, per le reflex è 700.

Oggi dei prodotti mirrorless a 3-400 euro non esistono,

reflex sì.”

DDAY.it: Una volta la proposizione tipo era che la re-flex faceva le foto al meglio e che la mirrorless era la

MERCATO

Intervista a Stéphane Labrousse (Sony)segue Da pagina 22

soluzione che strizzava l’occhio alla qualità da un lato e alla dimensione dall’altro. Oggi non è più così…Labrousse: “No, anche perché, se prendiamo una mi-

rorrless full frame con una buona ottica, non siamo poi

così distanti da certe reflex. Sul peso, la differenza è più

marcata e il corredo intero resta più leggero, ma non

è quello il fattore chiave. Oggi è la qualità che guida la

scelta. Non solo quello della macchina ma anche delle

ottiche. Sony ha oramai 60 obiettivi diversi per le proprie

mirrorless, sviluppati tutti in tempi recenti e con ben in

mente le risoluzioni oramai raggiunte da sensori, prossi-

me ai 50 megapixel. Le reflex si avvalgono di un parco

ottiche che spesso viene dal passato e dalle macchine

a pellicola: potrebbero non essere così ottimizzate per

lavorare con sensori così dettagliati”.

DDAY.it: I competitor, e anche qualche appassionato, sostengono però che l’attacco E sia nato in un’era pre-cedente delle mirrorless, esclusivamente APS-C, e che

adesso sia un po’ forzato su un sensore Full Frame. Cosa che ha spinto, per esempio, Canon, Nikon e Pa-nasonic a varare, con il lancio delle loro prime mirror-less Full Frame, ognuna un nuovo attacco per ottiche, generalmente più largo. Non è che questo vantaggio di 60 ottiche, a tendere possa rivelarsi una zavorra?Labrousse: “Non lo so. Ce lo dovranno dimostrare i

competitor. Noi ci abbiamo messo 15 anni a convince-

re il nostro pubblico che la nostra proposta non era più

un’alternativa ma la prima scelta, e lo dico senza umiltà,

perché oramai abbiamo delle quote di mercato che mi

permettono di farlo. Sony oggi è la scelta numero uno

sulle mirrorless Full Frame e può essere che, magari fra

cinque anni, quando anche gli altri avranno un parco

ottiche simile a quello attuale di Sony, anche i competi-

tor possano essere considerati come un’alternativa allo

stesso livello. Ma Sony ha un vantaggio di alcuni anni

che richiederà anni per poter essere colmato. E tutto

sommato, essendo Sony anche il principale produtto-

re mondiale di sensori, ci mette anche in condizione di

riuscire a prevedere le traiettorie tecnologiche del mer-

cato”.

DDAY.it: Quanto potrebbe contare sullo sviluppo futu-ro della componente video delle fotocamere, il fatto che Sony ha anche una fiorente divisone professiona-le che commercializza videocamere la cui fascia bassa rischia di essere cannibalizzata, almeno per il classico uso da videomaker, dalle mirrorless? Non è che può sorgere la tentazione di limitarne le funzionalità per difendere le macchine professionali?

Labrousse: “Io non credo che questo possa avvenire. Io

penso che serva del tempo per capire il nostro cliente

e come questo si interseca con le traiettorie tecnologi-

che. In Giappone, per esempio, la distinzione tra digital

imaging professionale e consumer non esiste più. È la

stessa divisione che gestisce entrambe le cose, perché

l’evoluzione della tecnologia porta inevitabilmente al-

l’ibridazione. Oggi un prodotto come una A7 può essere

utilizzato per determinate esigenze amatoriali e anche

per elevatissime esigenze professionali. Per esempio, la

A7S II, o una nuova generazione, quando arriverà, è una

macchina che può girare video ai livelli di diverse mac-

chine broadcast, ma non ne ha l’ergonomia. Per poter

essere usata su un set ha necessità di una serie di ac-

cessori che rendono questa soluzione non così attrattiva

per l’utente tipico della divisione professionale di Sony.

D’altronde, abbiamo solo 15 anni di esperienza su que-

sto mercato: datecene altri 15 e vedrete cosa saremo

capaci di fare”.

DDAY.it: 5 anni fa, quando lei è arrivato in Italia, se un suo capo le avesse prospettato un programma quinquennale di obiettivi per arrivare alle quote di oggi, l’avrebbe preso per pazzo?Labrousse: “Forse sì. Quando sono arrivato, Sony

stava uscendo da un momento molto difficile e sta-

va ripartendo riconcentrandosi sugli ambiti ritenuti

chiave. Dobbiamo ringraziare molto i negozianti che

hanno sempre riservato a Sony uno spazio sempre

importante, anche nei momenti meno brillanti in cui

forse non ce lo meritavamo. Non appena abbiamo

recuperato solidità nell’organizzazione e prodotti giu-

sti, i risultati sono arrivati immediatamente grazie alla

rete dei negozi italiani, senza i quali non ce l’avremmo

fatta”.

DDAY.it: E ora, cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi 5 anni? La prima posizione del mercato?Labrousse: “Mah, non so se possiamo farcela a diventa-

re i numeri uno assoluti, almeno nei settori in cui operia-

mo. Anzi direi che non credo che sia neppure l’obiettivo

di Sony…”

DDAY.it: Beh, ma se lo diventaste, non credo che lo terreste nascosto, eh…Labrousse: “Certamente no, ha ragione. Mi spiego me-

glio: non è che non ci piacerebbe. Ma semplicemente

Sony, per scelta, non ha una gamma così ampia, soprat-

tutto nella parte bassa del mercato, in grado di reggere

una leadership assoluta. Oggi la nostra scelta è dare ri-

sposte puntuali nei segmenti in cui possiamo esprimere

qualità. Quello che vogliamo fare a breve è diventare

stabilmente numeri uno nei segmenti che ci interessano

di più, o confermare questa posizione dove lo siamo già:

l’OLED è uno di questi segmenti, le fotocamere Full Fra-

me un altro, le cuffie bluetooth premium un altro ancora.

Tutti prodotti in cui la forza tecnologica del brand Sony

si può esprimere alla grande. Noi abbiamo più difficoltà

a esprimere il DNA di Sony su prodotti dal prezzo molto

basso”.

DDAY.it: Quindi vuol dire che solo chi ha prodotti entry level può essere leader di mercato?Labrousse: “Beh, finché i prezzi medi continueranno ad

essere così bassi, certamente sì”.

torna al sommario 24

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Gianfranco GIARDINA

Calano i veli dalla nuova linea di TV QLED di Sam-

sung che non era stata esposta al pubblico a Las

Vegas: una presentazione ad hoc, infatti, si è tenu-

ta a Oporto, in Portogallo, nell’ambito del Samsung Fo-

rum 2019. DDAY.it è volata nella bella cittadina sull’Ocea-

no atlantico per vedere da vicino le novità presentate.

La linea strategica resta quella già impostata in questi

ultimi anni da Samsung: fedeltà totale al pannello QLED

(quindi un LCD con substrato di cristalli Quantum Dots

per stabilizzare ed estendere la risposta cromatica del

TV) con interessanti miglioramenti, sia sul fronte delle

prestazioni che su quello dell’usabilità.

Nuovi 8K: finalmente HDMI 2.1. In arrivo anche un 55”Partiamo dall’8K, che vede arrivare nuovi modelli, ed

evolve anche tecnologicamente. Il Q950R (il suffisso R

è quello che caratterizza tutta la nuova serie) è la nuo-

va proposta 8K della linea 2019 e prevede i tagli da

65”, 75”, 82” e 98” (foto di apertura).

In realtà è previsto anche un taglio “estremo” (verso il

basso) da 55”: non ci sono notizie ufficiali in tal senso,

ma secondo le indiscrezioni che abbiamo colto, anche il

piccolo di famiglia (che sicuramente è nei piani ma non

è stato esposto) ha alte probabilità di arrivare in Italia,

anche se probabilmente nella seconda parte dell’anno.

I nuovi Q950R dispongono finalmente di ingresso HDMI

2.1 e quindi accetta le future sorgenti 8K a 60p. A que-

sto proposito Samsung Italia ci ha garantito che verrà

previsto un upgrade gratuito del box con gli ingressi (e

quindi anche con l’HDMI2.1) a tutti gli acquirenti dei TV

8K di prima generazione (il Q900) che non aveva anco-

ra questa funzionalità disponibile. Per il resto dovrebbe

trattarsi di un TV che eredita le ottime caratteristiche del

TV E VIDEO Presentata in Portogallo la nuova linea di TV Samsung: oltre al Full LED si aggiunge la compatibilità con iTunes e AirPlay 2

Tutto sui nuovi TV QLED 2019: Samsung spinge sul Full LED per un HDR senza compromessiFedeltà totale al pannello QLED con interessanti miglioramenti, sia sul fronte delle prestazioni che su quello dell’usabilità

predecessore, a partire dal processore in grado di ge-

stire l’upscaling in 8K sulla base delle indicazioni prove-

nienti da un motore di intelligenza artificiale che, istante

per istante, analizza e identifica la natura delle immagini

visualizzate. Il design resta praticamente identico a quel-

lo del Q900.

Di quattro serie di QLED 4K, tre sono full LEDLa linea 4k diventa poi decisamente ricca ed è compo-

sta da quattro serie: Q90R, Q85R (la Q80 non arriverà

in Italia), Q70R e Q60R, sigle riportate in ordine decre-

scente di prestazioni, in cui è facile orientarsi. Una delle

novità è che tutta la gamma QLED (con l’eccezione del-

la linea Q60R) diventa Full LED, ovverosia pienamente

retroilluminata e non LED Edge. Finalmente si è capito

che solo con un layout di questo tipo è possibile otte-

nere un vero comportamento HDR ad alta luminosità di

picco senza compromettere i neri: se i LED sul fianco

Il cartellino davanti al Q950R svela che è previsto anche un taglio da 55”.

Dal punto di vista del design, il TV 8K resta identico a quello dello scorso anno.

del pannello potevano andare bene nell’era SDR e si-

curamente permettevano TV più sottili, ora che l’HDR

sta diventando sempre più rilevante, dal video al ga-

ming, il sacrificio di qualche centimetro di spessore per

una matrice Full LED è certamente più che tollerabile.

Questa volta Samsung non rivelerà il numero di aree

di retroilluminazione dei propri TV. Tutto quello che si

sa è che le aree aumentano passando dalla Q70 alla

Q85 e infine alla Q90. E, come si può evincere dalla

descrizione di marketing della funzionalità, che è ripor-

tata secondo diversi multipli, ha un fattore 2x per ogni

salto di serie. Infatti si chiama Direct Full Array 4x per il

Q70, che diventa 8x nel caso del Q85 per finisce con

un 16x della serie Q90. Insomma, le aree si raddoppia-

no di serie in serie, tanto che, a questo punto, la serie

A90 dovrebbe avere il quadruplo di aree di retrolillumi-

nazione di quante non ne abbia il Q70.

Samsung rivendica anche un angolo di visione presso-

ché perfetto sui nuovi TV: gli esemplari esposti sono,

da questo punto di vista, praticamente perfetti. Nessu-

na deflessione né della luminosità né della saturazio-

ne e neppure della tinta al variare dell’angolo orizzon-

tale di visione. L’angolo di visione, spesso identificato

genericamente come punto debole degli LCD, merita

una riconsiderazione: dipende veramente dal TV. Il la-

voro fatto da Samsung su questi QLED, complice forse

la retroilluminazione full LED, è eccellente e siamo di-

stanti anni luce da certi LCD che si vedono in giro, con

i quali, non appena si esce dalla perpendicolare allo

schermo, i colori e i contrasti si “slavano” in maniera

spesso inaccettabile.

L’altra novità è l’introduzione anche sui modelli 4K del

cosiddetto “Quantum Processor”, il processore già uti-

lizzato sul modello 8K che, come dicevamo, si avvale

dell’intelligenza artificiale per tutte le attività di resca-

ling. In un mondo che ancora offre moltissimi con-

segue a pagina 25

torna al sommario 25

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

tenuti HD, malgrado praticamente tutti i TV da una

certa dimensione in su siano 4K, un upscaling di alta

qualità può essere l’elemento più determinante sulla

qualità finale dell’immagine. Almeno così la pensa

Samsung se ha pensato di equipaggiare tutta la linea

QLED 4K con il sofisticato processore già impiegato

sull’8K. Confermato anche l’Ambient Mode (il sistema

che mimetizza lo schermo nell’ambiente quando il TV

non è in uso replicando lo sfondo della parete) con il

controllo automatico della luminosità: i QLED sono

equipaggiati con un sensore apposito che rileva la

luminosità ambientale, regolando di conseguenza

quella del TV in ambient mode, minimizzando i con-

sumi. Inoltre sono stati molto aumentati gli stili degli

sfondi utilizzabili (sono più di 60), con un approccio

più “attivo”: non solo la replica dello sfondo ma an-

che elaborazioni in movimento con colori e modalità

coordinate con la parete.

I QLED diventano compatibili iTunes e AirPlay 2. Anche i modelli 2018Ma una delle novità più attese, e probabilmente tra le

più gradite al pubblico, è l’apertura dei nuovi TV Sam-

sung verso il mondo Apple. Compare infatti sui nuovi

QLED l’app iTunes che consente quindi agli utenti

del marketplace di contenuti Apple di accedere alla

propria libreria di film direttamente dal TV, senza la

necessità di un Apple TV esterna.

In pratica gli utenti potranno vedere i film già acqui-

stati e acquistarne o noleggiarne degli altri sulla piat-

taforma Apple direttamente dall’ambiente smart del

TV. Ma non finisce qui: i nuovi QLED estendono la

propria compatibilità anche al protocollo di comuni-

cazione AirPlay2 . Questo permette a tutti gli utenti

Apple (sia di iPhone/iPad che di Mac) di connettersi

via wireless al TV e inviare filmati al TV al volo; o an-

che di duplicare lo schermo, funzione utilissima per

presentazioni o anche solo navigazioni Web “di grup-

po” con familiari o amici davanti al grande schermo.

La funzionalità sarà attiva al lancio sui QLED 2019 (e

anche sugli LCD sulla serie 8000 e 7000) ma arrive-

rà anche sui modelli QLED 2018, ma solo più avanti,

con un aggiornamento firmware. Viene anche inse-

rita la compatibilità con Google Assistant e Amazon

Alexa: l’unico assistente personale integrato nel TV

resta Bixby di Samsung, ma gli apparecchi possono

essere controllati con comandi vocali anche attraver-

so un Google Home o un Amazon Echo presenti in

ambiente.

I prezzi sono ancora top secret, ma qualche indiscrezione trapelaNon bisognerà aspettare molto per vedere nei nego-

zi italiani la nuova gamma QLED Samsung: l’arrivo dei

primi tagli è previsto già per fine marzo, inizio aprile.

Riserbo totale per il momento sui prezzi;

il poco che siamo riusciti a sapere, per

il momento, è che il Q60 (il QLED led

edge) partirà subito sotto i 1.000 euro,

mentre per passare a un Q70 da 49”

bisognerà spostarsi fino a raggiungere

i 1.300 euro, ovviamente come prezzo

consigliato al pubblico. Per quello che

riguarda i TV 8K il prezzo dei nuovi mo-

delli resta allineato a quelli della prima

generazione del prodotto.

Pannello QLED anche su The Frame e The SerifAnche le linee di TV Samsung impron-

tate al design, ricevono nel 2019 un

importante miglioria. Finalmente la Casa coreana ha

capito che non aveva senso proporre TV dal design

esclusivo, destinati evidentemente agli ambienti più

TV E VIDEO

Tutto sui nuovi TV QLED 2019 Samsungsegue Da pagina 24

L’angolo di visione è eccellente: l’immagine è costante anche posizionandosi in maniera molto decentrata.

eleganti, con pannelli che non offrissero, contempo-

raneamente, anche il meglio della tecnologia. Per

questo motivo le due linee The Frame (il quadro da

appendere al muro) e The Serif (il TV da appoggio

disegnato dai fratelli Bouroullec) abbandonano l’LCD

convenzionale che li ha caratterizzati fino alla scorsa

generazione, per passare nel 2019 allo stato dell’arte

della produzione Samsung, il pannello QLED. In que-

sto modo gli acquirenti di questo tipo di TV potranno

godere sia del design esclusivo che dell’immagine

tipica dei top di gamma Samsung. In particolare The

Serif abbandonerà le dimensioni ridotte disponibili

fino a oggi (24” e 40”) e verrà rideclinato in tre tagli

da 43”, 49” e 55”. I nuovi The Frame e The Serif do-

vrebbero arrivare anche in Italia con un mesetto di

ritardo rispetto alla gamma QLED, a partire quindi alla

fine di aprile.

Il Q90R, top di gamma 4K, con il suo piedistallo molto elegante. Sotto, un dettaglio del piedistallo della serie Q90.

Il nuovo The Frame non fa più rima con immagine così così: anche su questa linea arriva il pannello QLED.

Il nuovo Q70R.

La linea The Serif rinnovata: più grande come dimensione e con pannello QLED.

torna al sommario 26

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Gianfranco GIARDINA

Al recente CES di Las Vegas, Panasonic aveva mostrato in anteprima il nuovo GZ200, il proprio

top di gamma OLED per il 2019. Alla Convention

annuale di Francoforte, la Casa giapponese, affianca

al TV già annunciato, di cui si scoprono nuovi partico-

lari, altre tre serie OLED: GZ1500, GZ1000 e GZ950. I

tratti in comune tra tutte le quattro serie sono molti, a

partire dal taglio: tutti sono disponibili sia in 55” che

in 65”, senza andare mai oltre verso il 77”; e tutte e

quattro offrono il supporto di tutti i formati HDR, ovve-

rosia HDR10, HDR10+, HLG e Dolby Vision; a questi si

aggiunge anche la compatibilità con le fotografie HDR

HLG, ovverosia proprio il nuovo formato catturato e

salvato dalle mirrorless full frame Lumix S1 di recente

presentazione. Infine, tutti e quattro i modelli, sono

pensati per massimizzare le prestazioni video, con il

pannello OLED (che, come tuti gli altri, è di LG Display)

pilotato da un controller proprietario che fa tesoro di

tutta l’esperienza di Panasonic nei pannelli “self emit-

ting” derivante dalla lunga applicazione sul plasma; il

processore che governa il trattamento dell’immagine

è lo stesso su tutti i modelli ed è denominato HCX

PRO Intelligent, il più potente mai realizzato da Pana-

sonic sui suoi TV. Inoltre, tutti i TV OLED Panasonic

beneficiano della calibrazione (anche se ovviamente

non puntuale su ogni esemplare) perfezionata da Ste-

fan Sonnenfeld, colorist di Hollywood.

Le differenze tra i quattro modelli sono nell’audio, nelle finiture e forse anche nel pannelloE allora, dove sarebbero le differenze tra i quattro mo-

delli in gamma? Principalmente si tratta di differenze

sull’audio e, di conseguenza, sul design. Il GZ2000,

TV E VIDEO Alla Convention di Francoforte, Panasonic svela i suoi TV 2019: ben 4 le linee di OLED, tra cui il top GZ2000

I nuovi TV OLED Panasonic: 4 serie per la gioia di tutti. Arrivano nella seconda metà del 2019I modelli sono sempre più semplici sul fronte del design e dell’audio, ma con la garanzia della qualità video Panasonic

come avevamo già raccontato da Las Vegas,

offre un sistema audio molto particolare per

un TV, dotato oltre che di una soundbar ad

emissione frontale a 3 canali, anche di due

speaker rivolti verso l’alto al servizio della rico-

struzione spaziale Dolby Atmos: il progetto è

firmato Technics. Nel modello subito successi-

vo, il GZ1500, viene conservata una soundbar

ad emissione frontale, questa volta solo a due

canali e senza il contributo degli speaker ag-

giuntivi rivolti verso l’alto; viene anche meno

la “griffe” Technics. Passando poi al GZ1000 e

al GZ950, molto simili tra loro, l’audio diven-

ta quello più convenzionale di un TV pratica-

mente senza cornice, ma resta una differenza

estetica nel supporto (più simile ai modelli su-

periori per il 1000, più aderente alla linea 2018

il 950) e nelle finiture. In realtà c’è (ci sarebbe)

un’altra grande differenza: Panasonic, pur non

chiarendo assolutamente i dettagli, ci tiene a dire

che il pannello del GZ2000 sarebbe migliore; ma,

sapendo che la produzione è tutta di LG ed è tutta

analoga, risulta difficile capire in cosa possa essere

migliore questo pannello nei confronti dei modelli

minori. L’unica ipotesi credibile, al momento, è che

si tratti di pannelli selezionati come particolarmen-

te stabili e affidabili, il che è certamente possibile

considerando anche la fascia di prezzo importante

nella quale andrà a collocarsi il GZ2000, ma che di

certo - se confermata - aprirebbe mille interrogativi

sulla presunta equivalenza dei pannelli dei tantissi-

mi OLED sul mercato.

Il nuovo My Home Screen: app, sorgenti e canali, tutti insieme amorevolmenteMigliora anche l’ambiente smart dei TV Panaso-

nic: con la My Home Screen 4.0, è ora possibile

configurare la schermata di partenza miscelando

come si preferisce app di streaming, dispositivi colle-

gati e canali televisivi in diretta: si crea così una sorta

di menù universale che porti direttamente ai “canali”

(intesi nel senso più ampio del termine) più utilizzati.

Inoltre viene aggiunta la compatibilità a HbbTV nel-

la sua ultima versione che comprende le cosiddette

OpApp, ovverosia le applicazioni telecaricate delle

emittenti televisive. Disponibile il controllo vocale

diretto e anche la compatibilità con Alexa e Google

Assistant, per l’integrazione in un sistema di casa in-

telligente.

Vedremo i nuovi OLED nella seconda metà dell’anno. Prezzi ancora top secretPer vedere sugli scaffali dei negozi i nuovi TV Pana-

sonic sarà necessario attendere un po’: il top di gam-

ma, il GZ2000, non arriverà prima di settembre ma

segue a pagina 27

Il GZ1500, quello che secondo noi , nella nuova gamma, avrà il miglior rapporto qualità-prezzo.

Un dettaglio del GZ2000: si vedono subito dietro lo scher-mo il box che contiene i due speaker rivolti verso l’alto per una migliore ricostruzione Dolby Atmos.

torna al sommario 27

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

verrà anticipato a giugno dal GZ1500 e dal GZ1000;

più avanti, probabilmente dopo la pausa estiva, sarà

la volta del GZ950, che arriverà in sostituzione dell’at-

TV E VIDEO

I nuovi TV OLED Panasonicsegue Da pagina 26

La nuova linea LCD top di gamma, la GX 940 e la linea subito inferiore, la GX800.

tuale 800, destinato a rimanere in gamma ancora

per un po’. Troppo presto per conoscere i prezzi

dei diversi modelli, che devono ancora essere fis-

sati, anche in considerazione delle condizioni di

mercato.

Non solo OLED: novità anche nella gamma LCDNon c’è solo OLED nella line up 2019 di Panasonic,

ovviamente. Arriva anche una nuova gamma di

LCD, forse meno amati dai super-appassionati,

ma certamente più versatili in termini di for-

mati e più accessibili sul piano economico. La

linea più interessante è la GX940, disponibile

solo nel taglio da 75”, ma le cui caratteristiche

dovrebbero ritrovarsi nella serie GX900 in tagli

da 43”, 49” 55” e 65”: questi TV offrono buona

parte delle caratteristiche già presenti sui TV

OLED, a partire dal processore HCX PRO Intelli-

gent e la compatibilità con tutti i sistemi HDR.

Caratteristiche simili, anche se con una ver-

sione del processore semplificata, per la linea

successiva, GX800 (disponibile in 40”, 50” 58”

e 65”), che anch’essa avrà la compatibilità con

tutti gli standard HDR e il nuovo ambiente smart

di Panasonic. Il piedistallo, però, contrariamen-

te a quanto accade con la linea GZ940, non

permetterà la rotazione del TV.

Qui sopra il nuovo GZ1000: come si vede, diversamen-te dalle serie superiori, non ha la soundbar integrata ma il piedistallo è simile a quello dei fratelli maggiori.

di Gianfranco GIARDINA

Se Samsung sospende la distri-buzione dei lettori Blu-ray Ultra

HD, Panasonic invece di lasciare,

raddoppia. Alla convention di Franco-

forte sono stati infatti confermati di due

modelli annunciati al CES di Las Vega-

che vanno ad aggiungersi alla gamma

attuale. Si chiamano UB450 e UB150 e

sono esteticamente molto simili tra loro,

più stretti dei classici componenti da

43 cm, un form factor - ci dicono - che

è molto gradito nel nostro Paese. L’idea

è quella di aggiungere due modelli di

HI-FI E HOME CINEMA Annunciati al CES e confermati alla Convention 2019: in arrivo ad aprile due nuovi modelli di Blu-ray Ultra HD

Panasonic non lascia, anzi raddoppia. In arrivo altri due Ultra HD Blu-ray player. In totale sono quattroSe Samsung sospende la distribuzione dei lettori Blu-ray Ultra HD, Panasonic invece prosegue con i nuovi UB450 e UB150

prezzo sensibilmente più basso degli al-

tri UltraHD Blu-ray del marchio giappo-

nese, pur non arretrando sul fronte della

qualità video. I due modelli presentati

hanno la stessa elettronica e lo stesso

processore degli altri lettori Panasonic,

per lo meno per quello che riguarda la

riproduzione degli UltraHD Blu-ray disc.

Quello che questi modelli “perdono”

rispetto ai modelli più costosi è tutta la

parte smart (le app di Netflix, Youtube e

compagni, per intenderci): si presume -

ci dicono non con qualche ragione - che

chi acquista un Blu-ray UltraHD quasi

sicuramente hanno un TV re-

cente con tutte le app, tanto

che quelle presenti sul letto-

re potrebbero essere consi-

derate superflue. Il modello

più interessante, l’UB450

vanta sia la compatibilità con

HDR10+ che Dolby Vision.

Inoltre l’UB450 dispone an-

che di due uscite HDMI, una

“completa” da mandare al TV e una solo

audio per collegare un eventuale am-

plificatore home theater

senza il segnale video

che potrebbe creare

disturbo. I due nuovi

modelli sono anche in

grado di riprodurre con-

tenuti audio ad alta ri-

soluzione, DSD o FLAC,

ALAL, WAV e AIFF. I due

player arriveranno in Ita-

lia nel corso del mese di Il top di gamma Panasonic UB450

aprile a un costo rispettivamente di 229

euro (UB450) e 159 euro (UB150).

Il modello più economico, UB150, in realtà rinun-cia a poco rispetto al fratello maggiore: manca solo la doppia uscita HDMI.

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

C’è futuro per il Blu-ray Ultra HD?Samsung ha abbandonato il mercato dei Blu-ray 4K, anche se in Italia era già stato abbandonato da mesi. Un mercato di nicchia e senza un futuro certo di R. PEZZALI

Samsung ha confermato di avere abbandonato il mercato dei Blu-ray Ultra HD perché poco profittevole. In realtà Samsung Italia questo segmento lo aveva abbandonato da più di sei mesi: infatti è impossi-bile trovare disponibile un Blu-ray 4K Samsung. Il mercato dei Blu-ray Ultra HD ora è legato esclusiva-mente a due produttori, Sony e Pa-nasonic, con lettori di diverse fasce di prezzo e con caratteristiche più o meno varie. Ci sarebbero anche altri produttori con quote minori e le console, ma il loro impatto su questo mercato è minimo, le per-sone le usano per giocare. Nono-stante l’uscita di un buon numero di dischi, è evidente che le perso-ne interessate al supporto fisico 4K sono sempre meno, appassio-nati che giustamente preferiscono avere il film tra le mani nel miglior formato possibile e con una qualità superiore allo streaming. Ma con il segmento che perde partner, dif-ficilmente le software house con-tinueranno ad investire, e soprat-tutto gli investimenti non saranno rivolti alla qualità: chi produrrà ad esempio dischi in formato HDR10+ sapendo che praticamente un solo produttore, Panasonic, realizza lettori Blu-ray compatibili? Il futuro dei Blu-ray Ultra HD è più incerto che mai: se questo mercato doves-se perdere il supporto di un altro produttore, ad esempio Sony, ci si troverebbe davanti alla fine del supporto fisico per l’home video. Resterebbero i DVD, o i Blu-ray, ma per il 4K l’unica alternativa sareb-be lo streaming. Con la speranza che i nuovi codec e la diffusione della banda larga possano portare ad un miglioramento della qualità, comunque già ottima in molti casi, avvicinandola a quella del disco.

di Gianfranco GIARDINA

Se un prodotto arriva alla settima ge-

nerazione, vuol dire che è una vera

pietra miliare. E l’SL-1200 di Techni-

cs lo è certamente tra i giradischi. Cele-

bre, nelle versioni storiche, soprattutto tra

i deejay: tutti hanno sempre riconosciuto

all’SL-1200 una robustezza e un’affidabili-

tà rara. E l’assenza di cinghia (è a trazione

diretta) ne limita praticamente a zero la

manutenzione richiesta.

Annunciato al recente CES di Las Vegas,

l’SL-1200MK7 (ovverosia la settima edi-

zione), arriverà in Italia a giugno, con il

suo carico di tradizione e tecnologia. Non

si tratta infatti di una semplice replica, ma

tutto è stato migliorato, conferendo così a

questo giradischi, non famoso per essere

un riferimento hi-end quanto lo standard

dei deejay, una nuova gioventù. Alla base

classica, confermata e migliorata, sono

state aggiunte nuove funzioni, come la

possibilità di invertire alla pressione di un

tasto il senso di rotazione del piatto, per-

mettendo così la riproduzione al contra-

rio: utile per i deejay alla ricerca di nuovi

effetti creativi; e - lo diciamo sorridendo-

utiie anche per chi fosse a caccia di pre-

sunti messaggi “satanici” nascosti nelle

canzoni da riprodurre all’indietro.

L’SL-1200MK7, proprio per le sue caratte-

ristiche costruttive, offre una coppia mol-

to elevata, utile nella normale riproduzio-

ne. Ma sempre a favore dei deejay, è ora

possibile configurare la coppia di avvio e

la velocità di arresto, cosicché si possa

“giocare” anche con partenze dei dischi

che siano “inerziali” e stop non istantanei.

Inoltre, si aggiunge anche un LED che

HI-FI E HOME CINEMA Panasonic SL-1200 è il giradischi pensato soprattutto per i deejay

Deejay festeggiate: arriva la settima generazione del Technics SL-1200Arriva anche SL-1500C, pensato per la riproduzione musicale classica e con stadio phono integrato

illumina la testina sul disco:

in questo modo si azzecca

il giusto solco anche in situa-

zioni di totale oscuramento.

E anche il look è scuro: Te-

chinics ha scelto un’estetica

“total-black” per il suo nuovo

giradischi. Il giradischi arri-

verà entro qualche mese al

prezzo previsto di 899 euro,

ai quali va aggiunta la spesa

per una testina, che non è presente.

C’è un modello anche dalla vocazione hi-fi: è l’SL-1500CAll’SL-1200MK7, si affianca anche un

nuovo modello con una vocazione molto

diversa. Per soddisfare un pubblico più

legato alla riproduzione hi-fi, Panasonic

ha lanciato anche un nuovo giradischi,

sempre annunciato a Las Vegas: si chia-

ma SL-1500C e ha due caratteristiche di

base. La prima è quella di disporre di usci-

te preamplificate, così da non richiedere

amplificatori specifici e poter essere col-

legato a qualunque impianto hi-fi.

La seconda particolarità è quella di avere

già una testina Ortofon Red di serie.

Il nuovo giradischi SL-15000C è derivato

dal progetto del costosissimo SL-1000

(da 15mila euro), seppur evidentemente

semplificato. La promessa dell’SL-1500C

è quello di suonare bene, pur nella sua

essenzialità. Rispetto all’SL-1200MK7

viene meno il controllo stroboscopico

della velocità di rotazione, come anche la

correzione della velocità (che in effetti è

utile ai deejay ma non certo per gli amanti

dell’hi-fi); niente gadget come il led che

illumina la puntina.

Anche in questo caso la finitura nera. Il

prezzo - non sarà facile da spiegare nei

negozi - è superiore a quello dell’SL-

1200MK7 e si attesta a 999 euro.

Sul retro dell’SL-1500C si vedono le doppie uscite: a sinistra livello phono con il morsetto per la messa a terra; a destra le uscite di linea, adatte a un qualsiasi amplificato-re. Ognuna delle due uscite può essere disattivata con un microswitch per garantire la migliore pulizia del segnale.

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MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Gianfranco GIARDINA

O ramai per Panasonic lo slogan “Experience Fre-

sh” è diventato il fil rouge che lega tutte le sue

proposte per la cucina. Il brand giapponese ha

colto l’occasione della Convention 2019 di Francoforte

per proporre le sue novità in due ambiti cavallo di batta-

glia: gli estrattori e i forni a microonde, sistemi per fare

le cose in casa, ovviamente molto “fresh”, senza fatica e

con ottimi risultati. In entrambi i settori Panasonic ha un

nome decisamente stimato e le proposte di quest’anno

sembrano in grado di soddisfare le aspettative.

L’estrattore dalla bocca larga: si mangia un frutto interoPartiamo dall’estrattore: si chiama MJ-L700 (o anche

solo L700) e eredita tutto quanto di buono era stato

fatto nel best seller di Panasonic, l’L500, risolvendo

qualche piccolo limite. A partire dall’imbocco di inse-

rimento di frutta e verdura: da molti considerato trop-

po piccolo, richiede il taglio degli alimenti in pezzi più

piccoli. Nel nuovo modello, l’imbocco standard è più

o meno della stessa dimensione del modello prece-

dente, ma il collare attorno a questo foro può essere

ulteriormente aperto, lasciando spazio a un imbocco

molto più grande.

Ovviamente, per motivi di sicurezza (l’estrattore non

avrebbe pietà di un dito erroneamente infilato nella

macchina) quando si apre il collare che lascia spazio

all’imbocco più grande, il motore si ferma immediata-

mente; basta però per inserire frutta e verdura in pezzi

molto più grossi e poi richiudere, così da mettere in fun-

zione il meccanismo. Abbiamo provato personalmente

e la differenza c’è eccome: abbiamo potuto inserire

nell’estrattore sia un’arancia (ovviamente sbucciata)

che una mela tutta intera, davvero niente male.

Per reggere il maggior flusso di materia che questo

nuovo imbocco richiede, la macchina è stata legger-

mente ridimensionata, aumentando il vano di raccolta

della frazione liquida. Malgrado ciò lo sviluppo vertica-

le, tipico dell’architettura Panasonic, resta identico e

permette di limitare l’occupazione di spazio, rendendo

l’estrattore compatibile con anche i più affollati piani di

SMARTHOME Alla Convention 2019 Panasonic propone le sue novità in due ambiti cavallo di battaglia, gli estrattori e i forni a microonde

L’estrattore dalla bocca larga e il microonde intelligente di Panasonic stupiscono in cucinaIl nuovo estrattore ha un imbocco più grande per inserire frutti interi, mentre il forno a microonde ha un sensore “geniale”

lavoro. Meno compatibile, almeno per le cucine italia-

ne, ci pare la scelta di Panasonic di puntare a un look

“total black” in finitura opaca per l’L700; certamente

una scelta molto elegante ma probabilmente lontana

dalle naturali aspettative dell’utente italiano. All’L700 si

è affianca anche una versione rivista dell’L500, (si chia-

merà L501) perfezionata nei materiali e nelle capienze

e disponibile sia in finitura bianca che nera. L’L700 ar-

riverà sul mercato italiano nel mese di aprile, giusto in

tempo per la stagione della migliore frutta e verdura

a un prezzo consigliato di 279 euro. Si farà attendere

invece un paio di mesi in più l’L501, che si posizionerà

nel solco di prezzo dell’L500.

Nei microonde l’inverter fa la differenza; il sensore Genius lo rende intelligenteBelle novità anche sul fronte dei forni a microonde,

che finalmente iniziano ad essere scoperti come vera

macchina da cucina e non come banale scaldavivande.

Si tratta della serie GT, disponibile sia in finitura bianca

(GT45) che nera (GT46). Innanzitutto si tratta di modelli

“inverter”: questo significa che l’emissione delle mi-

croonde non è “on/off” come nella stragrande maggio-

ranza dei forni, ma può essere graduale, secondo le ne-

cessità. Così, per esempio, per scongelare al meglio una

pietanza, il forno non emette la massima potenza per

brevi periodi per poi spegnersi per periodi più lunghi,

ma può erogare continuativamente la giusta potenza

per ottenere lo scopo senza rovinare o “pre-cuocere”

l’alimento. Questo si traduce innanzitutto in un risparmio

energetico; e poi in un miglioramento non banale della

qualità di cottura, che può finalmente essere modulata

gradualmente a seconda delle esigenze. La seconda

mossa è un colpo di “Genius”: si tratta di un sensore

in grado di analizzare il grado di umidità dell’aria (di-

pendente ovviamente da quanto liquido l’alimento è in

grado di emettere, mentre viene scaldato) e da questa

desumere con una discreta precisione il grado di cot-

tura dell’alimento: in questo modo il forno, se si utilizza-

no i programmi Genius, non ha più bisogno che venga

impostata le quantità degli alimenti introdotti, basta

scegliere il giusto programma e premere “play”. I 24

programmi disponibili garantiscono una preparazione

perfetta per tutte le esigenze più comuni e compren-

dono anche preset per scogliere il cioccolato, senza

cristallizzarlo, o addirittura uno Junior menu, pensato

per la preparazione di omogeneizzati, pappe e alimenti

per i più piccoli. Il tutto con una capienza di tutto rispet-

to, 31 litri, contro un ingombro che è stato ridotto rispetto

agli standard. I forni della serie GT arriveranno in Italia a

maggio a un prezzo ancora da definirsi ma presumibil-

mente non lontano dai 229 euro della serie precedente

GD che va a sostituire.

torna al sommario 30

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Sergio DONATO

U na ricerca dell’Indipendent Security

Evaluators (ISE), una società ame-

ricana di consulenza sulla sicurez-

za, ha messo alla frusta i quattro gestori

di password per Windows più utilizzati,

scoprendo che non sono poi così tanto

sicuri. A causa dell’espansione rizomatica

dei servizi online, le password che ogni

utente usa mediamente per accedervi

sono passate dalle 25 del 2007 alle 130

del 2015 e si prevede che raggiungano le

207 nel 2020. Significa che gli utenti han-

no bisogno di strumenti come i gestori di

password per potersi orientare nel mare

di servizi che hanno sottoscritto, ma an-

che che all’aumentare delle password il

rischio che queste possono essere preda

di attacchi informatici per rubarle aumen-

ta con esse. ISE ha quindi svolto un audit

testando la resistenza agli attacchi dei

gestori 1Password, Dashlane, KeePass e

LastPass che collezionano le password di

circa 61 milioni di utenti e di più di 80mila

PC Le master password per accedere ai programmi possono essere lette dalla RAM del PC

I quattro password manager più usati in Windows 10 sono stati bucati con facilitàLo stress test ha rivelato che si è sicuri solo quando i gestori delle password non sono in funzione

aziende e ha stabilito che tutti

e quattro conservano la ma-

ster password, cioè quella ne-

cessaria all’accesso del pro-

gramma stesso, nella memoria

del PC sotto forma di testo in

chiaro. Quindi un cracker con

accesso al sistema, anche da

remoto, può facilmente legger-

la e raggiungere tutte le altre password

nel programma, dato che nel corso della

ricerca i dati sono stati estratti con metodi

standard di indagine forense. I ricercatori

hanno condotto lo stress test dividendo

gli attacchi nei tre stati che un gestore di

password può assumere, cioè quando

il programma è chiuso e quindi non è in

funzione; quando è aperto e l’utente ha

avuto accesso con la master password; e

quando il programma è aperto ma l’uten-

te ha effettuato la disconnessione. Nel

caso del gestore chiuso e non caricato in

memoria, tutti e quattro i programmi han-

no offerto una sicurezza sufficiente. Negli

altri due stati, invece, è stato possibile ot-

tenere la password leggendo la memoria

RAM del PC, che la conserva come testo

in chiaro, o si è riusciti a estrarla da essa

grazie a una sanificazione della RAM

poco accurata dopo il log out dal gesto-

re. I ricercatori dell’ISE si sono limitati a

fotografare il rischio e a dare consigli agli

sviluppatori dei programmi e agli utenti

finali circa i metodi per migliorare la sicu-

rezza, ma non c’è stata una critica feroce

dei fallimenti, anche perché considerano

i gestori delle password un filtro aggiun-

tivo contro i malintenzionati che è buona

norma mantenere.

di Sergio DONATO

L a notizia illustra bene l’impegno in-

diretto di Microsoft nel continuare a

diffondere il credo dei propri sistemi

operativi: da oggi è possibile installare la

versione ARM di Windows 10 sui compu-

ter Raspberry Pi3. Per chi non lo sapesse,

Raspberry è una fondazione benefica che

si premura di educare soprattutto i più

piccoli alla programmazione e a quella

forma di artigianato digitale che è cono-

sciuta come “digital making”. Raspberry

produce dei computer con processori

ARM su scheda singola, poco potenti e a

costi ridotti (circa 30 euro) che possono

essere usati in campo industriale, ma che

possono ospitare anche sistemi operati-

vi open come Linux, Risc OS, FreeBSD,

addirittura Chromium OS, e oggi perfino

Windows 10. Microsoft ha iniziato a in-

teressarsi alle architetture ARM già da

qualche anno, dando vita a versioni di

Windows 10 per questo tipo di processo-

PC Il piccolo computer è riuscito a ospitare Windows 10 ARM a 64 bit grazie a uno sviluppatore di GitHub

La versione ARM di Windows 10 ora anche in Pi3L’atto dimostra l’impegno indiretto di Microsoft di diffondere il credo dei propri sistemi operativi

ri; cercando di raggiungere segmenti di

mercato concentrati su piccole esigenze

di computing e su una lunga autonomia

energetica. Ma ci sono anche stati esperi-

menti commerciali più importanti con HP,

che hanno dato vita a PC 2 in 1 con all’in-

terno processori Snapdragon e Windows

10. Lo sviluppatore José Manuel Nieto,

che fa parte dello stesso gruppo che ha

portato Windows 10 ARM sui Lumia 950 e

950 XL, è riuscito a fare entrare il sistema

di casa Microsoft anche in un Raspberry

Pi3. Dalla pagina GitHub del WoA Project

(Windows on Arm) è possibile scaricare

l’installer e il core package di Windows 10

ARM64 che potrà dare vita a un’esperien-

za simile a quella che conosciamo, poi-

ché incontreremo la GUI di Microsoft, ma

anche Edge, Cortana, l’Explorer e suppor-

terà le Universal Windows Platform (UWP)

del Microsoft Store, mentre le applicazio-

ni x86 saranno eseguite in emulazione,

con gli ovvi limiti imposti dalla potenza e

dall’economicità del sistema.

Apple, nel 2019 un MacBook Pro da 16” , design rinnovato e c’è anche un monitor 6KVoci di corridoio raccontano di un MacBook Pro con schermo più grande e un nuovo design. Spazio anche per il ritorno ai monitor professionali con una soluzione Mini LED backlight di Sergio DONATO

MacBook Pro con schermo più grande e design rinnovato e un monitor 6K sono le principali no-vità del catalogo 2019 di Apple. L’analista Ming Chi-Kuo, secondo quanto riportato da MacRumors, ha segnalato alcuni dei prodotti in cantiere in quel di Cupertino.Per vedere schermi così grandi bisogna tornare indietro al 2012, quando Apple smise di accostare il 17” ai suoi MacBook Pro. Consi-derando che il rinnovamento della linea ha un ciclo di quattro anni e che la novità della Touch Bar è comparsa solo nel 2016, sembra che Apple stia accelerando i pro-pri piani di aggiornamento e stia rinfrescando il design forse anche per scrollarsi di dosso quel proble-ma alla tastiera che aveva afflitto i MacBook Pro da 15” l’anno scorso, e che aveva costretto a un richia-mo ufficiale del prodotto in garan-zia. La nuova linea dovrebbe inclu-dere anche un modello da 13” con 32 GB di RAM, capacità per il mo-mento raggiunta solo dal 15. Inol-tre, Apple si prepara a tornare sul mercato professionale dei monitor esterni con un 31,6” a risoluzione 6K che dovrebbe sfruttare una tec-nologia simile alla Mini LED backli-ght, che già quest’anno potrebbe avvantaggiarsi di una riduzione nel costo di produzione e che è un mi-glioramento degli schermi LCD che sfrutta mini LED grandi tra i 100 e i 300 micron e punta sulla riduzione dello spessore.

torna al sommario 31

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano DI MARCO

O ltre 200 dipendenti. Ventidue anni di esperienza.

Budget di svariati milioni di euro per ciascuna

produzione. Milestone è la più grande azienda di

videogiochi in Italia. Detiene i diritti di MotoGP, Super-

cross, MX. È una realtà ormai ampiamente consolidata: è

nata nel 1997 e da allora è sempre stata un punto fermo

dell’industria videoludica nostrana, da ben prima che

questo settore, anche nel nostro Paese, potesse rappre-

sentare un realistico sbocco professionale.

Non potevamo scegliere una realtà più rappresentativa,

insomma, per entrare nel merito di come viene prodotto

un videogioco in Italia. Dallo scorso 8 febbraio è arrivato

nei negozi Supercross 2, videogioco su licenza ufficiale.

Il clima nello studio è quello rilassato da post-lancio: i

voti delle recensioni sono usciti e ora ci si “calma” un

momento prima di proseguire il lavoro sul supporto a

Supercross 2 prima di passare al progetto successivo.

Milestone è però un’azienda strutturata. Ci sono quattro

“rami”, ognuno dedicato a MotoGP, Ride, MX e Super-

cross. Quattro studi in uno, in sostanza, ciascuno con

una squadra di programmazione dedicata e un produ-

cer che segue dall’inizio alla fine un progetto. “Su ogni

gioco lavorano circa 40-50 persone” spiega a DDay.it

Irvin Zonca, executive producer di Milestone. La società

opera in autonomia: dal primo all’ultimo tassello della

produzione e dello sviluppo, tutto viene gestito quasi

totalmente internamente allo studio milanese. “Ma se

dobbiamo fare 300 moto, allora servono persone in ou-

tsourcing che facciano quasi 300 moto. In questi casi si

aggiungono una cinquantina di persone al progetto”.

Da dove nasce un’idea per un nuovo videogioco? “Co-

minciamo con una fase di pitch design. Raccogliamo le

idee e poi magari da cento spunti ne sopravvivono due”

evidenzia Zonca. Una fase in cui viene valutato l’anda-

mento del mercato, le ultime tendenze e, soprattutto,

cosa può fare Milestone per proporre un prodotto che,

in ogni caso, deve essere cucito su misura: niente battle

royale né MOBA. Il filo rosso sono sempre i motori.

Non sorprende, quindi, trovare anche una ruota di una

moto nell’area dedicata al team di reference come se

GAMING Al lancio di Supercross 2, siamo andati a scoprire come lavora Milestone, autrice dei videogiochi MotoGP su licenza ufficiale

Da MotoGP a Supercross 2. In visita da Milestone per vedere come nasce e si sviluppa un videogioco italianoMilestone è una realtà ampiamente consolidata: è nata nel 1997 e da allora è un punto fermo dell’industria videoludica italiana

fosse un normalissimo oggetto di arredamento. “Il team

di reference è composto da persone - racconta Zonca

mentre ci accompagna alla scoperta di Milestone - che

tutto l’anno girano il mondo, operano con la fotogram-

metria e i droni per raccogliere materiale utile a realizza-

re le moto, le auto e i circuiti”. Scansioni dettagliate per

fare in modo che i grafici possano creare modelli sem-

pre più realistici e che vengono costantemente aggior-

nati. Per MotoGP il lavoro passa ovviamente attraverso

Dorna, che organizza l’evento. Grazie alla sua interme-

diazione, bussare alla porta dei produttori di moto è più

facile. “Quando si è trattato di MotoGP, sono sempre sta-

ti collaborativi. Ma c’era Dorna a fare da intermediario,

hanno un contratto che li vincola a collaborare” ricorda

Zonca, che lavora in Milestone da 13 anni. “Quando si è

trattato di Ride, invece, abbiamo avuto qualche difficoltà

in più. Ma quando ha iniziato a spargersi la voce e ab-

biamo ottenuto i primi accordi, a quel punto sono stati i

produttori stessi a venire da noi perché volevano essere

nel gioco”. Perché a quel punto diventa una questione

di non sfigurare di fronte a un concorrente; i videogiochi,

si sa, rappresentano ormai una vetrina enorme per gli

appassionati e, perché no, per un potenziale pubblico

che ancora non ha approfondito la passione.

Pubblicare i titoli altrui? No, Milestone si concentra sullo sviluppoCon modelli di moto e auto così dettagliati, Milestone

ha mai pensato di predisporre un’offerta parallela alla

produzione di videogiochi per concedere su licenza il

suo lavoro? No: il focus restano i videogiochi. “È capitato

saltuariamente, magari per cose più informative come

un programma TV” risponde Zonca. “Ci arrivano varie

proposte, ma l’esito dipende dal partner e da quanto

è vicino ai nostri interessi commerciali o alla nostra im-

magine. Vogliamo assicurarci - prosegue - che le nostre

produzioni non vadano in mano, in qualche modo, ai

nostri concorrenti e che possano avvantaggiarsene”.

Fermo restando che, nel caso di MotoGP, tali asset sono

di Dorna: dare i modelli su licenza, ovviamente, signi-

ficherebbe passare dalla loro approvazione prima di

esaudire qualsiasi richiesta.

Senza dimenticare, poi, che un nuovo ramo del business

significherebbe nuovo personale, tempo e risorse da

dedicare specificamente. “Rimaniamo sulla produzione

di videogiochi. Noi vogliamo investire e produrre video-

giochi e migliorarsi e seguirli sempre meglio a livello

globale. Mettersi in altre situazioni di business - dice

Zonca - vuol dire mettere persone a seguirle e toglie

attenzione al tutto”. Lo stesso vale per l’idea di diven-

tare essa stessa un editore, sulla falsa riga di Activision

o Electronic Arts. L’idea di un’azienda come Milestone

che possa fungere da apripista verso il mercato per tanti

studi creativi italiani è affascinante, ma la società è molto

chiara: non c’è nessun piano simile.

“In passato è capitato di pubblicare per conto terzi” fa

notare Zonca. “Noi di fatto siamo un publisher, ci auto-

finanziamo e autopubblichiamo i nostri prodotti. Siamo

certificati a pubblicare qualunque titolo ci venga propo-

sto.” Anche in questo caso, però, estendere l’azienda a

un altro settore “è un’attività che costa soldi, personale e

tempo”. Motivo per cui è stata scartata. “Fare videogiochi

- va avanti Zonca - è molto costoso e richiede molta con-

centrazione. Anche se lavori su una serie annuale, non

basta fare un nuovo capitolo: ci sono tanti studi, cambi

di tecnologia e contenuti, nuove possibilità di marketing,

segue a pagina 32

Il team di reference si occupa di scansionare ogni oggetto, dalle moto ai circuiti, sul quale poi i grafici lavoreranno.

Irvin Zonca, executive producer di Milestone.

torna al sommario 32

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

collaborazioni strategiche. Qualunque altro elemento -

sentenzia - disturba le attività chiave dell’azienda”.

Entrare in Milestone e camminare tra i serpentini corridoi

degli uffici (tutti rigorosamente sullo stesso piano, ci tie-

ne a far notare Zonca) fa un certo effetto. È un’azienda

italianissima, eppure è nota in tutto il mondo e lavora

affinché il mercato internazionale la noti. Il nome stesso

deve risuonare bene anche ai non italiani.

“Vendiamo in tutto il mondo. Sud America, Sudafrica,

Emirati Arabi, Australia” specifica Zonca. I mercati prin-

cipali rimangono, prevedibilmente, gli Stati Uniti e l’Eu-

ropa, sebbene con una struttura diversa. MotoGP, per

esempio, è un marchio popolare soprattutto in Europa,

soprattutto in Italia e in Spagna e magari meno in Ger-

mania. Allo stesso modo, il motocross è una disciplina

che spopola soprattutto negli Stati Uniti. “È una serie

che ha buone vendite in Europa, ma ha delle magnifiche

vendite negli Stati Uniti, perché è una serie americana”

sottolinea Zonca.

Controllo qualità e la submission a Microsoft e SonyIl reparto che Zonca tiene di più a “pulire” da un luogo

comune è quello del controllo qualità. Quando entriamo

nell’ampia stanza, vediamo console e macchinari uno

sopra l’altro; ragazzi impegnati a testare le nuove funzio-

ni; decine di schermi accesi sulle ultime caratteristiche

del gioco che la squadra deve mettere alla prova. “È uno

dei lavori più stressanti, perché più tecnicamente diffici-

le. Si scontra molto con il luogo comune di tester pagato

per giocare” chiarisce Zonca. Ogni tester ha l’incarico

di prendere la versione giornaliera del gioco e portare

avanti una serie di test di quello che, in quel momento,

è pronto del gioco: nuove moto, piste, anche la moda-

lità online. “Bisogna anche garantire - va avanti Zonca

- che se all’utente, per esempio, cade la connessione, il

gioco non può bloccarsi: bisogna dargli un messaggio

ben specifico. Non puoi semplicemente dirgli che non

ha più la connessione”. Tutto, poi, deve essere appro-

vato da Microsoft e Sony per la pubblicazione del gioco

su console Xbox e PlayStation. Per questo il lavoro della

squadra di controllo qualità è essenziale, in quanto “hai

in mano la responsabilità che il prodotto sia conforme

alle specifiche dei documenti di Sony e di Microsoft e

che essendolo passerà i processi

di certificazione che ti porteran-

no poi a essere sugli scaffali. Se

il testing non assicura la confor-

mità del titolo, rischiamo di non

riuscire a venderlo”. Un lavoro

complesso: se si lavora su un

gioco sul quale pesano impor-

tanti bug, in parole povere, “di-

venta un casino andare avanti”.

La submission a Microsoft e Sony

- cioè il momento in cui uno svi-

luppatore inoltra alle due società

il proprio gioco per la valutazione

e l’approvazione - è una prova del

nove: se non passa la certificazione, vanno in fumo mesi

di lavoro. “Se succede, bisogna ripianificare tutto: più

mesi di quanto previsto, più soldi. Oltre al colpo morale

- confessa Zonca - di vedere bocciato il tuo gioco”. Me-

diamente Microsoft e Sony si prendono una settimana di

tempo. Offrono a ciascun sviluppatore documenti molto

dettagliati rispetto a ciò che può essere in un gioco e

quali criteri deve rispettare. Per tale motivo, “se non lo

passa, la colpa è tua: qualcosa è andato storto durante

lo sviluppo e quella bocciatura te lo conferma” è il pare-

re di Zonca. C’è poi un altro momento delicato: il giorno

delle recensioni. “Siamo tutti talmente con le orecchie

dritte - ammette Zonca ridendo - che mentre aspetti la

recensione e ancora non ti è arrivata, c’è già qualcuno

che l’ha letta”. In generale dare il gioco a un giornalista

specializzato “non è soltanto ‘ti do il codice e vediamo’;

si tratta di far capire che prodotto è. Se a una persona

esperta in giochi di ruolo fai recensire un gioco di moto,

il voto può essere meno preciso, troppo alto o troppo

basso. Quindi si tratta di fornire - mette in chiaro Zonca

- supporto all’area stampa per far capire cos’è il titolo, a

chi è dedicato, cosa contiene di interessante”.

Supercross 2 e la sfida di sviluppare su SwitchLo sviluppo di un gioco, ci spiegano gli sviluppatori,

parte per PC per poi spostarsi su PlayStation 4 e Xbox

One mediamente. Con il primo e il secondo Supercross,

però, c’è stata di mezzo anche Nintendo Switch, console

meno performante rispetto alle altre due macchine da

gioco sul mercato e che, quindi, ha richiesto un impe-

gno dedicato. “Quest’anno su Switch abbiamo avuto

un approccio diverso” esordisce Angelo Iasevoli, lead

artist di Supercross 2. “In molti casi, abbiamo fatto dei

lavori paralleli per far girare il nostro gioco in una qua-

lità più che buona su Switch. Per fare ciò non basta

semplicemente andare a togliere, abbassare le textu-

re, togliere qualche asset. Abbiamo fatto il lavoro di

miglioramento grazie a programmazione e ricerca e

sviluppo”. Un lavoro dedicato, insomma, che richiede

più attenzione e più tempo. “Però è uno dei vantaggi

di fare un secondo capitolo” aggiungo Federico Spa-

da, lead designer del gioco. “Avendo già l’esperienza

del primo Supercross, poiché vuoi ottimizzare quanto

già hai, sai come muoverti e dove mettere le mani per

l’ottimizzazione”. Nel caso di Supercross 2, ha signifi-

cato riuscire a inserire l’editor dei circuiti e la modalità

Compound nella versione per Switch. “Nel primo,

date le contingenze del progetto, non ce l’abbiamo

fatta. Lavorando sul secondo - ricorda Spada - ci sia-

mo invece detti ‘Abbiamo un problema: come possiamo

avere tutto anche su Switch?’ Siamo riusciti a organizza-

re una pipeline che, alla fine di tutto, ci ha permesso di

fare questa cosa.” A prescindere dalla piattaforma, ogni

gioco porta con sé l’obiettivo di migliorare la grafica e

contemporaneamente alleggerire il carico sull’hardware

della console. “Sulle console - spiega Iasevoli in merito

al lavoro che viene svolto - abbiamo limiti tecnologici,

ma dobbiamo far girare tutto e farlo andare a 30 foto-

grammi al secondo. Cerchiamo sempre di migliorare il

frame rate e le prestazioni del gioco e ogni volta aggiun-

giamo dettaglio”. Gran parte del lavoro per Supercross

2 è stato migliorare l’impatto del terreno: i solchi lasciati

dai trattori che formano il circuito, per esempio. “È la pri-

ma cosa sul quale investiamo - dice Iasevoli - perché è

ciò che il giocatore vede di più. Specialmente sulle cur-

ve, quando il giocatore rallenta e quindi si gode tantis-

simo il dettaglio. Poi pensiamo allo stadio, cercando di

renderlo immersivo anche per quanto riguarda l’audio,

e al pubblico. Cerchiamo di immedesimare il giocatore

con più dettagli possibili, cercando di stare attenti alle

prestazioni.” Il momento in cui si accende il motore delle

idee tra un gioco e quello successivo della stessa serie

è essenziale per poter lavorare in modo corretto. Per pri-

ma cosa, va messo nero su bianco cosa ha funzionato

nell’ultimo capitolo e cosa no. “È importantissimo - spie-

ga Spada - che alla fine di ogni progetto si faccia quello

che viene chiamato post-mortem: le persone che hanno

partecipato fanno riferimento ai lead e fanno una lista di

cosa è andato bene e cosa è andato male. Così si indivi-

duano le pratiche migliori per migliorarsi ulteriormente e

capire cosa è andato male affinché, nel nuovo titolo, non

succeda”. Viene valutato ogni aspetto della precedente

produzione: quanto è costata, quanto tempo di sviluppo

ha richiesto, cosa si è riusciti a realizzare e come fare per

inserire nel nuovo capitolo quanto, invece, non è stato

possibile integrare per motivi di tempo, di soldi, di pro-

duzione. In ogni caso, riferisce Spada, “non è obbligato-

rio stravolgere quanto si ha per avere un gioco nuovo.

L’importante è essere il più possibile perfetti nella forma

con la quale esponi il tutto al giocatore. La perfezione

della forma è ciò che, di anno in anno, si cerca di ottene-

re. È quanto di più difficile ci sia in fatto di design”.

Nessuna periferica dedicata per le moto, ma non significa meno realismoC’è una fine al realismo? Oppure si tratta di un aspet-

to delle simulazioni al quale bisogna mirare oltre ogni

GAMING

In visita da Milestonesegue Da pagina 31

La squadra di controllo qualità al lavoro negli uffici di Milestone.

segue a pagina 33

torna al sommario 33

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

confine? La risposta breve è sì. Premettendo, però, che

i giochi di moto hanno un limite rispetto a quelli di auto:

mancano di una periferica dedicata. “A livello di immer-

sività gli manca qualcosa, sì” confessa Spada. “Ma non

a livello di resa”. Non si può però fare altrimenti; avere

un manubrio non basterebbe. Il peso pilota, la posizione

in carena, la forza che viene esercitata con le gambe

sulla carena per far piegare la moto sono tutti fattori

che, mirando alla simulazione, dovrebbero essere presi

in considerazione nella realizzazione di una periferica

dedicata. Cosa si può fare allora? “La resa - prosegue

Spada - viene sostituita da controlli che permettono di

fare lo stesso perché sono più precisi. Non c’è il peso

pilota sulla carena, ma se facciamo dei controlli più

precisi, possiamo avvicinarci sempre di più [alla realtà].”

Una periferica dedicata per le simulazioni a due ruote

richiederebbe, insomma, una controparte intera di una

moto reale, come quelle che si posso incontrare in al-

cune sale giochi. Qualcosa di poco praticabile in molti

casi perché vanno considerati i costi di una simile peri-

ferica e lo spazio da dedicare, difficile da trovare in una

casa. C’è poi l’aspetto della difficoltà. Mentre in un gio-

co d’avventura o d’azione il livello di difficoltà e la sfida

sono crescenti (boss più difficili o nemici più numerosi

gli esempi più banali), in una simulazione di questo tipo

come viene approcciata la curva di apprendimento e la

possibile crescita delle abilità dell’utente che dal livello

facile vorrebbe, a un certo punto, passare a qualcosa di

più impegnativo?

“Abbiamo parecchi parametri - dice Spada - che il gioca-

tore può cambiare per venire incontro alle sue esigen-

ze di gioco. Ci piace dire che il giocatore possa cucirsi

addosso il gioco. C’è la modalità facile, quella ultrafacile

e quest’anno abbiamo inserito il flow aid”. Nella super-

cross, infatti, è fondamentale seguire il “flow” della pista,

tenere il giusto ritmo per sapere a quale velocità pren-

dere un salto per poter atterrare in un punto preciso e

poter così affrontare il salto successivo in modo corretto.

Perciò in Supercross 2 è stato introdotto questo aiuto.

Che ovviamente, nel contesto della difficoltà, signifi-

ca dover pensare a tutti i tipi di giocatori sia quelli più

esperti sia i neofiti.

“Tutta la disciplina - prosegue Spada - si basa su questo

aspetto (il flow, ndr). Allora abbiamo introdotto delle frec-

ce. Così il giocatore inesperto ha un’idea molto più chiara

di cosa il gioco si aspetti per poter essere completato”.

L’idea, insomma, è un gioco che possa funzionare allo

stesso modo per ogni utente. “Un gioco che - sintetizza

Spada - sia facile da giocare sin da subito, ma nel quale

sia anche più difficile avere la presa sul gioco ed essere

veramente forti”. “È il giocatore stesso - aggiunge - che

si pone degli obiettivi e grazie a tutti i parametri che gli

diamo per poter regolare la fisica, gli obiettivi se li pone

lui e li supera lui. C’è maggiore soddisfazione”.

Per capire se un gioco funziona, non mancano anche

momenti in cui piloti professionisti vengono convocati

per giudicare quanto è stato sviluppato. “Per MXGP -

ricorda Spada - abbiamo avuto Cairoli (Antonio Cairoli,

nove volte campione italiano di motocross, ndr) qua con

noi, più di una volta. Avere il parere di persone del ge-

nere e avere il loro feedback ti porta ad alzare l’asticella

della simulazione. Se ho una persona che questo sport

lo pratica tutti i giorni e che mi dice ‘ok, la moto si com-

porta come mi aspetto’, allora sono tutti piccoli chiodi

che andiamo a mettere e che diventano dei punti fermi

attorno al quale iniziamo ad avere delle certezze per il

sistema fisico”.

Usciamo dal quartier generale di Milestone con rinnova-

to interesse verso questa realtà videoludica. Abbiamo

visto passione e impegno, ma anche consapevolezza di

cosa possa fare e cosa sia giusto perseguire senza spo-

starsi dal cuore dell’azienda: produzione e sviluppo di

videogiochi motoristici. Qualcosa che Milestone riesce

a fare bene da oltre vent’anni.

di M. DI MARCO

È arrivato come un fulmine a ciel ser-

eno. E forse è anche per questa sua

“nascita” così improvvisa che Apex

Legends, il battle royale di Electronic Arts

creato dalle menti dietro a Titanfall (Re-

spawn) sta marciando più velocemente

di Fortnite, che in questo campo resta

un re. In una settimana, già 25 milioni di

utenti si sono registrati per poter gioca-

re ad Apex Legends, disponibile gratui-

tamente per PC, Xbox One e PS4 (forse

presto anche per mobile). Per fare un

confronto, a Fortnite ci sono voluti tre

mesi per arrivare a 30 milioni di utenti. Il

GAMING Apex Legends viaggia più veloce di Fortnite: 25 milioni di utenti in una settimana. Ma non è uno sprint, è una maratona

Appare dal nulla e macina record: Apex Legends di Electronic Arts a quota 25 milioni di utenti va più veloce di FortniteI primi risultati di Apex Legends sono stati più che sufficienti per rinvigorire la salute finanziaria di Electronic Arts

gioco di Epic Games, in ogni caso, oggi

segna quota 200 milioni di giocatori at-

tivi, un traguardo che per Apex Legends

è ancora lontanissimo. Senz’altro Apex

Legends sta vivendo un ottimo momen-

to figlio dell’entusiasmo della novità,

dell’annuncio improvviso e degli eventi

che hanno preso vita su Twitch, la piat-

taforma di streaming di Amazon. Così il

marketing di Apex Legends ha seguito

le ultime tendenze: eventi a tempo limi-

tato e un pass stagionale che prenderà

il via a marzo. In ogni caso, i primi risul-

tati sono stati più che sufficienti per rin-

vigorire la salute finanziaria di Electro-

nic Arts, che era uscita abbattuta dopo

che il produttore ha abbassato le stime

di ricavi a causa delle vendite inferiori

alle aspettative di Battlefield V. Il “plus”

di Fortnite è stato quello di aver sfondato

la barriera della cultura popolare ed es-

sere diventato un fenomeno di massa.

GAMING

In visita da Milestonesegue Da pagina 32

Qualcosa che avviene raramente ed è

difficile immaginare che Apex Legends

possa succedere nella stessa missione.

Ciò non significa, però, che il battle roy-

ale di EA non possa diventare un gioco

capace di durare nel tempo.

torna al sommario 34

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Sergio DONATO

N el rapporto tra Google e gli utenti che utilizzano i

suoi servizi c’è un aspetto che viene spesso sot-

tovalutato o ignorato: su richiesta delle autorità

Google può fornire i dati degli utenti per agevolare in-

dagini su violazioni di normative o attività criminali. Goo-

gle ha spesso link nidificati circa l’uso dei suoi servizi

che l’utente medio non ha modo di raggiungere perché

nell’utilizzo quotidiano non vengono nemmeno sfiora-

ti, sulla falsa riga delle condizioni di licenza d’uso che

quasi sempre vengono accettate senza essere lette. Uno di questi link raggiunge una pagina del Rappor-

to sulla trasparenza di Google che mostra due tabelle

che indicano rispettivamente il numero di richieste dei

dati degli utenti da parte delle autorità preposte, e la

percentuale di quelle per le quali i dati sono stati ef-

fettivamente consegnati. Veniamo così a sapere che

tra gennaio e giugno 2018 Google ha esaudito il 42%

delle richieste da parte di autorità in Italia (1.362 in tutto,

che hanno coinvolto oltre 1.900 utenti). Già nel 2018,

la stampa mondiale era stata attratta da queste nuove

possibilità di indagine grazie ad alcuni mandati della po-

lizia di Raleigh, nella Carolina del Nord degli Stati Uniti,

SCIENZA E FUTURO Su richiesta delle autorità, Google può fornire i dati degli utenti per agevolare indagini su attività criminali

La polizia sa che eri vicino a una scena del crimine perché glielo ha detto GooglePeccato che per segnalare la presenza del criminale in una certa zona, possono essere raccolti anche i dati degli innocenti

Percentuali delle richieste evase da Google in Italia

che avevano lo scopo di ottenere i dati di tutti i disposi-

tivi mobili presenti nella zona di una scena del crimine.

Recentemente, alcuni mandati spiccati nel Minnesota

hanno riacceso i riflettori su questa forma di indagine

indicando la via della protesta alla ACLU, una organiz-

zazione non governativa americana concentrata nella

difesa dei diritti civili e le libertà individuali negli Stati

Uniti. La situazione del Minnesota serve più che altro a

illustrare certe dinamiche di indagine che sicuramente

differiscono tra Paesi a seconda delle legislazioni, ma

che hanno come punto comune il “reverse location”

che tradurremo come “indagine inversa”.

L’indagine a strascicoUn mandato di indagine inversa differisce da uno tradi-

zionale poiché non identifica un sospettato e stabilisce

una causa per cercare le prove dei crimini, ma recupera

le informazioni di tutti coloro che si trovavano in una de-

terminata aerea in un certo momento. E l’area e il mo-

mento corrispondono a quelli in cui è stato perpetrato

un crimine. Lo scorso ottobre, il 911 è stato chiamato da

una donna del Minnesota che ha subìto un furto in casa.

I sospettati sono andati via con 50mila dollari, e il marito

della donna è morto d’infarto a causa dello shock.

La polizia ha chiesto a Google di identificare tutti di di-

spositivi mobili presenti nei pressi della casa in una fi-

nestra temporale di 6 ore, e quelli che si trovavano nel

quartiere nelle 33 ore precedenti. Tuttavia, la privacy di

tutte le persone prese nella rete dell’indagine digitale

sarebbe stata preservata attraverso un processo in due

fasi in cui Google avrebbe prima assegnato in modo

anonimo un numero di identificazione collegato al nu-

mero di serie di ogni dispositivo, e solo se la posizio-

ne di un dispositivo, il movimento, o l’orario fosse stato

compatibile con il crimine, gli investigatori sarebbero

potuti tornare in tribunale e ottenere un secondo man-

dato che avrebbe ordinato a Google di rivelare il nome

del proprietario del cellulare. Evento che si è verificato. Il

secondo mandato è stato spiccato, ma a quel punto gli

investigatori avevano già raggiunto i responsabili del fur-

to grazie a delle indagini comuni e all’aiuto dei testimo-

ni. I dati recuperati con l’indagine inversa non vengono

cestinati, ma finiscono nella cartella del caso, e possono

essere consultati per verificare la posizione dello stesso

sospettato nel corso di furti dello stesso tipo, rendendo

quindi l’indagine sulla singola persona più approfondita.

Cosa dice GoogleQuesto tipo di tecnica non interessa solo gli utenti An-

droid, ma tutti coloro che hanno sul proprio smartphone

un servizio Google, come Maps per iOS, per esempio.

Alle domande della ACLU sulla gestione da parte di

Google di queste richieste e sulle garanzie da dare agli

utenti, la responsabile delle comunicazioni di Google,

Genevieve Wong Park, ha fatto riferimento a questo

link, dicendo che “Google respinge spesso queste ri-

chieste se sono troppo ampie o generiche, o non se-

guono la procedura corretta”.

La crittografia dei dati consegnati alle autorità da parte

di Google dovrebbe essere una garanzia sufficiente a

non temere ingerenze nella privacy, tuttavia questi casi

dimostrano una volta di più quanto siano numerose le

implicazioni che gravitano attorno ai dispositivi che por-

tiamo con noi quotidianamente, e che spesso si trasci-

nano zone grigie di intervento che per molti di noi sono

anzi completamente buie.

Panoramica del numero di dati richiesti dalle autorità in Italia

torna al sommario 35

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

Canon ha annunciato ufficialmente la nuova EOS

RP, aggiungendo un elemento importante alla

famiglia di mirrorless EOR R annunciata negli

scorsi mesi. Un prodotto che fa leva soprattutto sul

prezzo, e che in qualche modo prova a ripetere l’ope-

razione fatta tanti anni fa con la EOS 300D, la prima

reflex digitale a basso costo. EOS RP costerà infatti

1.569 euro nella versione solo corpo, e nella confezio-

ne sarà presente anche l’adattatore che permette di

utilizzare le ottiche EOS EF/EF-S già di proprietà del-

l’utente. Inutile fare il confronto con il prezzo america-

no di 1.299 dollari: è privo di tasse, anche se aggiun-

gendole il prezzo oltreoceano appare decisamente

più conveniente al cambio. Acquistandola oggi a New

York costerebbe tuttavia 1.249 euro tasse incluse.

La EOS RP è nella testa di Canon non solo il rimpiazzo

della EOS 6D Mark II ma anche la prima full frame per

molti utenti che hanno sempre usato aps-c: proprio

per questo motivo è stata depotenziata rispetto alla

più costosa EOS R ma ha perso quelle caratteristiche

che ad un utente poco evoluto non interessano più di

tanto. Il sensore è lo stesso CMOS full frame da 26.2

megapixel utilizzato dalla 6D MKII ma il processore

è il modello più recente, il Digic 8. Sensibilità nativa

100 iso - 40.000 iso e raffica da 5 fps con autofocus

bloccato sul primo fotogramma e 4 fps con autofo-

cus continuo confermano le caratteristiche che erano

già state svelate. Il sensore è dotato ovviamente di

Dual Pixel CMOS Auto Focus (AF) con 4,779 punti se-

lezionabili a mano e un’area di copertura AF dell’88%

in orizzontale e del 100% in verticale. Utilizzando un

obiettivo f/1.2, possibile ma difficile vista la categoria

di prodotto, la fotocamera riesce a raggiungere un im-

pressionante livello di sensibilità di messa a fuoco in

FOTOGRAFIA Canon ha svelato la nuova full frame EOS RP. Ci abbiamo giocato un po’ e le prime impressioni sono ottime

Canon EOS RP: le nostre prime impressioni e le foto della nuova full frame dal prezzo OKNon è una EOS R (e non vuole esserlo) ma porta tanta qualità e un sistema innovativo ad un prezzo concorrenziale, 1.569 euro

segue a pagina 36

condizione di bassa luminosità, (EV) -5.

La velocità dell’autofocus è pari a 0.05 secondi

ed è presente l’eye detection, ovvero il blocco del

fuoco sull’occhio del soggetto sia durante lo scat-

to singolo sia durante la modalità servo, sia con le

foto che con i video. EOS RP può registrare video

4K a 24p o 25p a 8-bit 4:2:2, e come sulla EOS R

c’è il drop sul sensore, che non viene usato inte-

ramente. La EOS R, in campo video, può contare

anche sulla registrazione tramite HDMI a 10 bit che

non serve al pubblico a cui è indirizzato questo

nuovo modello. La stabilizzazione è digitale per il

video, da combinare con quella delle ottiche, men-

tre per lo scatto fotografico sono le sole ottiche

a essere stabilizzate. Non mancano comunque

ingresso microfonico, uscita cuffie e porta USB Type

C che permette di ricaricare la fotocamera anche in

modalità veloce con Power Delivery e lo slot di card

singolo SD. Una cosa che sicura-

mente verrà apprezzata della

EOS RP è la leggerezza: il corpo

compatto in lega di magnesio

rinforzato con fibra di vetro offre

alla mirrorless lo stesso livello di

resistenza agli agenti atmosferici

della 6D Mark II, quindi ci trovia-

mo davanti ad una fotocamera di

livello. Ma il peso, 485 grammi

inclusa SD card e batteria, è sen-

sibilmente più basso di quello

del modello superiore. Ridotto

anche l’ingombro stesso del cor-

po, che perde il pad posteriore

a favore della più pratica ghiera.

A rimetterci, anche se è una dif-

ferenza da poco, è lo schermo

LCD snodabile sul retro: sempre

touch, è solo da 3”. Anche il mirino oculare OLED

da 0.39” è leggermente più piccolo e immaginiamo

meno luminoso di quello usato sulla EOS R, ma è un

compromesso accettabile. Cambia anche la batteria:

viene usato il modello LP-E17. Presenti ovviamente

Wi-fi e bluetooth. Il prezzo è di 1.569 euro nella ver-

sione solo corpo che include anche l’adattatore, e la

disponibilità è fissata per il 27 febbraio. Sul sito Canon

è comparso anche il bundle Canon EOS RP Body +

obiettivo RF 24-105mm f/4L IS USM + adattatore EF-

EOS R a 2.609 euro, mentre non c’è traccia del bund-

le con il 24-105mm f/3.5 - 5.6 IS che negli States viene

venduto all’incredibile prezzo di $1,699.

Hands-on: prime impressioni e prime fotoAlla conferenza stampa di lancio abbiamo potuto toc-

care con mano la nuova mirrorless. Se la EOS R era

torna al sommario 36

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

FOTOGRAFIA

Canon EOS RP, full frame dal prezzo OKsegue Da pagina 35

una macchina destinata al fotoamatore evoluto, a co-

lui che ha voglia e budget per investire su un nuovo

sistema che prevede anche obiettivi diversi, la EOS

RP è destinata a un enorme pubblico che vuole fare il

salto alla full frame senza spendere troppo. Della EOS

R infatti, oltre al sistema, hanno colpito le bellissime

ottiche che Canon ha realizzato, come il 28-70 f/2 L:

le ottiche sono un investimento, il corpo macchina è

qualcosa che bene o male nel tempo si cambia. E chi

sceglie EOS R è un utente che oltre al corpo mac-

china è consapevole che deve

investire qualcosa nei nuovi

obiettivi.

Per EOS RP è diverso: credia-

mo di trovarci davanti a una full

frame che si venderà benissimo

anche nelle superfici della gran-

de distribuzione, da un Media

World o da un Unieuro, perché

alla fine il prezzo non è poi così

diverso se si paragona a quello

di una APS-C di fascia alta. Ca-

non è stata molto furba a inse-

rire l’adattatore, perché è con-

sapevole che chi compra una

full frame cercando di spendere

una cifra contenuta sicuramente

cercherà di usare gli obiettivi in suo possesso o per

risparmiare si rivolgerà al mercato dell’usato. L’abbia-

mo usata, ci abbiamo giocato un po’ e siamo pronti a

dirvi quali sono le differenze tra questa EOS RP e la

EOS R. Si potrebbe fare un paragone anche con altre

fotocamere della concorrenza, ma crediamo che a

questo prezzo Canon abbia letteralmente spaccato il

mercato: un listino di 1.550 euro può diventare presto

uno street price di 1.200 euro circa, soprattutto se si

considerano le promozioni della grande distribuzione,

e una full frame a 1.200 euro è un prodotto killer non

solo per la sua categoria ma anche per micro 4:3 e

APS-C. Canon con questo prodotto darà una scossa

al mercato, costringendo la competizione a correre ai

ripari, lanciando modelli entry e abbassando un po’ i

prezzi. La EOS RP non è la EOS R, ma non è neppure

un modello di fascia bassa. Il corpo è leggero e com-

patto, ma come ogni altra fotocamera di questo livello

è l’ottica a impattare maggiormente su pesi e ingom-

bri. Siamo rimasti ben impressionati dalla qualità co-

struttiva del corpo, che non sembra affatto plastico

anche se non offre lo stesso feeling di una 5D Mark 4.

Il corpo è in magnesio, il grip è ottimo e anche i pesi

sono bilanciati bene. La prima cosa che solitamente

si apprezza quando si usa una fotocamera è il mirino,

perché il gesto di provare a scattare è naturale: il miri-

no della EOS RP non è però il mirino della EOS R.

Non solo è meno risoluto, ma ci pare abbia anche un

refresh inferiore: qualche trascinamento c’è, la lumi-

nosità anche se regolabile non è eccelsa; è un buon

mirino ma non è un oculare capace di dare il feeling

da mirino ottico. Anche lo schermo touch sul retro è

leggermente più piccolo e ha risoluzione inferiore: se

la differenza di dimensioni non si nota più di tanto, la

risoluzione più bassa richiede una maggior attenzio-

clicca sulle immagini per l’ingrandimentoAbbiamo scattato tre fotografie con la EOS RP, una a ISO a 1600, una a 16000 ISO e una a ISO 40.000. Eccole con i rispettivi crop. Non prendetele come un esempio: serve più tempo e una varietà maggiore di scenario per dare un giudizio qualitativo.

segue a pagina 37

torna al sommario 37

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

ne in fase di revisione dello scatto. Stiamo parlando di

uno schermo che ha a tutti gli effetti la metà dei me-

gapixel del display della EOS R. Il sensore è un 26,2

megapixel. Sebbene la conta dei fotoricettori porti a

pensare che sia lo stesso della EOS 6D MK II, l’array

di lenti è diverso perché è diverso il tiraggio ottico

della macchina. Una piccola ottimizzazione che non

dovrebbe spostare però più di tanto la qualità dello

scatto nel confronto con la 6D MK2: più che il sensore

eventuali miglioramenti sono attribuibili al processore

Digic 8. Rispetto alla EOS R manca anche la saraci-

nesca che copre il sensore quando togliamo l’ottica,

evitando così che si sporchi: togliendo l’obiettivo dalla

EOS RP il sensore è nudo.

Che ci troviamo davanti ad un sensore non nuovissimo

lo capiamo anche da altre differenze: il 30 megapixel

della EOS R è senza dubbio più veloce nella lettura

dei dati in modalità dual pixel, e il particolare sistema

di messa a fuoco può così essere usato anche con la

ripresa 4K. Sulla EOS RP no: il Dual Pixel funziona solo

in full HD, in 4K si usa la normale ricerca di contrasto

del sensore. L’autofocus guadagna il rilevamento oc-

chi in modalità Servo AI, ma da quanto abbiamo po-

tuto vedere con alcuni scatti fatti ad una modella non

ci è parso precisissimo. Rispetto alla sorella maggiore

la EOS RP perde anche qualche feature sul sistema

di messa a fuoco, a causa proprio del sensore che

è una rivisitazione di un sensore progettato qualche

anno fa. I punti di messa a fuoco sono 4779

contro i 5655 della EOS R, la sensibilità del-

l’AF in condizioni di scarsa luminosità perde

uno stop, da -6EV a -5EV. Siamo davanti ad

un risultato comunque eccezionale.

Anche la raffica perde, sempre per il sensore

non velocissimo nel readout: con AF fisso si

passa da 8 a 5 fps mentre con AI Servo da

5 a 4 fps.

Per tenere uno corpo compatto Canon ha

scelto di inserire la scheda SD nel comparto

batterie, e così facendo non ha potuto usare

la classica batteria che ha usato per le reflex

prosumer e per la EOS R: viene usata la LP-

E17 delle EOS M e delle reflex di fascia media / medio-

bassa, soluzione che riduce l’autonomia a circa 250

scatti. Cambia anche la parte legata alla connettivi-

tà: ci sono ingresso microfono e uscita cuffie, c’è la

porta USB Type C per ricaricare la fotocamera (anche

in modalità rapida) e per trasferire i file, ma se sulla

EOS R c’era USB 3.0 su questa c’è solo un USB 2.0.

Può sembrare una sciocchezza, ma essendo la card

inserita nel vano batteria se si usa la EOS RP su un

treppiedi o su un gimbal non è possibile trasferire ra-

pidamente foto e video, e ovviamente togliere la card

risulta scomodo.

La porta HDMI può essere usata per trasferire video

in uscita, ma solo a 8 bit 4:2:2: la EOS R con lo stesso

campionamento cromatico riesce a fare 10 bit, ovvia-

mente con possibilità di avere Canon Log. Questa

non ci sembra però una grossa mancanza, stiamo

parlando di una feature che entra davvero nel campo

della ripresa video professionale. Il 4K a 25 fps della

EOS R può andare bene in molti casi, anche se for-

se la modalità più adeguata è il full HD che beneficia

anche del dual pixel. Purtroppo la ripresa 4K non usa

tutto il sensore ma solo una porzione, quindi l’imma-

gine è croppata al centro: Canon non ha usato tutto

il sensore sulla EOS R, non ci saremmo certi aspettati

nulla di diverso su questa EOS RP.

Conclusioni Nel complesso crediamo che la EOS R sia una foto-

camera da prendere seriamente in considerazione se

si vuole sostituire una vecchia Canon o se si vuole

entrare nel mondo full frame. Non possiamo dire che

l’APS-C è morto, ma Canon ha dato una bella spinta

al segmento full frame con questa macchina. E se il

prezzo dovesse scendere vicino ai 1000 euro, solo

corpo, sarebbe difficile trovare una motivazione per

spingere qualcuno a comprare una fotocamera con

un sensore più piccolo.

FOTOGRAFIA

Canon EOS RP, full frame dal prezzo OKsegue Da pagina 36

di Sergio DONATO

F ujifilm ha annunciato la nuova

mirrorless X-T30, più piccola, più

compatta ma poche rinunce se la

confrontiamo con la sorella maggiore

X-T3. La X-T30 è una macchina a due

volti, può essere vista come un modello

aggiornato rispetto alla X-T20 o come

una piccola X-T3.

Nel suo corpo, piccolo e leggero, bat-

te lo stesso quad-core X-Processor 4

FOTOGRAFIA X-T30 è una macchina a due volti: può essere vista come un modello aggiornato della X-T20 o come una piccola X-T3

La nuova mirrorless Fujifilm X-T30 è una X-T3 in miniaturaLa mirrorless di Fujifilm avrà dimensioni contenute, autofocus migliorato rispetto alla X-T3 e l’audio dalla USB-C

della X-T3, e a supportare lo scatto c’è

l’identico sensore X-Trans CMOS 4 da

26,1 megapixel della sorella. Fujifilm ab-

bandona però la ghiera degli ISO, perde

uno slot SD e anche la risoluzione del

mirino elettronico cambia: scende a 2,6

milioni di punti, ma resta ovviamente

OLED. Sulla schiena non c’è più il d-

pad, ma spunta come un neo lo stesso

joystick per la regolazione del punto di

messa a fuoco della sorella maggiore,

mentre il tasto Q è stato inserito in una

posizione più comoda per il pollice. Sul

retro troviamo uno schermo LCD touch-

screen da 3 pollici, più sottile del 10%

rispetto a quello della cuginetta X-T20.

L’autofocus promette di essere migliore

di quello della X-T3 nella tracciatura del

viso e degli occhi, con i punti di rileva-

mento che raggiungono tutto il frame. Il

buffer di scatto è più contenuto, ma tie-

ne comunque gli 8fps di scatti continui

usando l’otturatore meccanico e senza

crop. Il video ha una profondità colore

di 8-bit campionati 4:2:0 e registra in 4k

fino a 30fps, e con un bitrate di massi-

mo di 200Mbps.

Sebbene non sia resistente all’acqua, la

X-T30 stupisce per l’assenza dell’ingres-

so jack per il monitoraggio dell’audio

sostituito però dalla possibilità di usare

la porta USB-C dedicata alla ricarica per

veicolare il suono attraverso un adatta-

tore come quelli che gli smartphone ci

hanno obbligato a usare.

La X-T30 sarà disponibile da marzo a un

prezzo di 899 dollari per il solo corpo, o

di 1.299 dollari in kit con l’obiettivo 18-

55mm. Nella giornata di oggi avremo

modo di toccare con mano la fotoca-

mera e di scattare qualche foto: domani

arriva l’approfondimento completo.

torna al sommario 38

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Franco AQUINI

N essuno dubita più della qualità dei top di

gamma cinesi, che ormai rivaleggiano con

i migliori smartphone del mercato, ovvero

quelli venduti dai due brand che si sono conquistati

a colpi di rivoluzioni (o semplici evoluzioni) e di spot

pubblicitari la fascia alta di un mercato che rimane,

seppur con una crescita minore, estremamente ricco

ed appetibile. Huawei è ormai nel triangolo magico,

conosciuta e apprezzata anche da chi non è esperto

del settore. Vale lo stesso per altri brand cinesi altret-

tanto importanti per numeri e qualità? Ce lo siamo

chiesti dopo quasi quattro mesi passati con Xiaomi Mi

8, un top di gamma che non ha nulla da invidiare ai

blasonati colleghi di Huawei, Apple o Samsung. L’uni-

ca vera differenza? Il prezzo. Mi 8 si trova facilmente

sotto i 400 euro, mentre i rivali ne costano il doppio,

se non il triplo. Alla fine la domanda nasce spontanea:

è veramente uno smartphone di qualità o mi lascerà

a piedi dopo pochi mesi? Per questo abbiamo voluto

fare una prova diversa dal solito. Ormai gli smartpho-

ne si somigliano tutti. Display, processore, quantità

di RAM. Difficile trovare differenze importanti. Quindi

ci siamo chiesti: proviamo a vedere come si compor-

ta ‘alla lunga’ uno smartphone cinese dal prezzo così

aggressivo. Proviamo a vedere se davvero regge alla

prova del tempo. Se la qualità dei materiali è tale da

non rovinarsi dopo le prime cadute, se la batteria non

perde prestazioni dopo un paio di mesi. Se la casa ma-

dre rilascia aggiornamenti con costanza. Insomma: è

un vero top di gamma o no?

Qualità vera o solo apparente? Xiaomi Mi 8 è un telefono di pregio. Vetro da entram-

be i lati e bordi in metallo. La percezione tenendolo

in mano è di qualità, tanto che dispiace usarlo con la

cover (in special modo con quella fornita in dotazione,

che non è eccezionale). Grazie all’uso di quest’ultima

però, dopo mesi di utilizzo quotidiano, lo smartphone

è rimasto tale e quale. La parte frontale, volutamente

utilizzata senza pellicole protettive pur tenendolo in ta-

sca in compagnia talvolta di chiavi, altre volte insieme a

monetine o chiavette USB, non ha patito affatto. Rima-

TEST Abbiamo messo alla prova per quattro mesi uno degli alfieri della qualità a basso costo: il top di gamma cinese Xiaomi Mi 8

Quattro mesi con Xiaomi Mi 8: gli smartphone cinesi resisteranno alla prova del tempo?Gli smartphone cinesi sono sempre più competitivi e alcuni proposti a un prezzo molto basso. Ci sarà qualcosa sotto?

ne una certa tendenza a sporcarsi facilmente con le di-

tate, ma quello è comune a tutti gli smartphone, anche

a quelli con il miglior trattamento oleofobico, che dopo

qualche settimana tende a sparire. Niente polvere o

sporcizia nelle giunture. Un fatto molto importante che

spesso riduce uno smartphone in condizioni pessime e

lo fa somigliare a un deposito di sporcizia e impurità. Lo

sanno bene gli utenti che hanno acquistato smartpho-

ne con piccole scanalature nei bordi. Niente di tutto

questo in Mi 8, che con una veloce passata di panno è

come appena estratto dalla confezione. Quell’aspetto

un po’ prezioso e di oggetto hi-tech insomma ri-

mane, anche dopo mesi.

L’uso che stupisce ogni giorno di piùUna volta capito che Xiaomi Mi 8 è uno smartpho-

ne che ha qualità costruttiva da vendere anche

dopo diversi mesi, passiamo all’uso quotidiano,

che alla fine è quello che realmente conta. Miui

10 è arrivata, in pochi mesi dalla sua uscita, alla

versione 10.2.0 con aggiornamenti costanti. Nei

quasi quattro mesi della nostra prova Xiaomi ha

rilasciato non meno di 4 aggiornamenti di sistema, con

i quali sono stati risolti diversi problemi riguardanti ogni

aspetto del telefono e dell’interfaccia.

Ricordiamo che all’inizio, ad esempio, disabilitando la

tacca (abilitando quindi l’opzione che oscura le due

punte in modo da creare un bordo più spesso ma per-

fettamente regolare) rimanevano alcune funzioni con

la tacca in evidenza. Per esempio tirando giù la ten-

dina delle notifiche, rispuntava la tacca con un effetto

estetico pessimo. Si faceva inoltre molta fatica con la

gesture per tornare indietro, soprattutto con l’uso della

cover. Tanto che spesso era necessario allargare tem-

poraneamente il bordo laterale della cover per poter

fare lo swipe. Tutte cose risolte aggiornamento dopo

aggiornamento.

I difetti più evidenti, tuttavia, si sono concentrati nella

parte fotografica, dove algoritmi non sempre intelli-

genti ne hanno combinate un po’ di tutti i colori. Ve-

dremo più avanti come parte di questi non siano stati

risolti del tutto. Rimane in ogni caso una delle migliori

segue a pagina 39

Xiaomi Mi 8XIAOMI MI 8, A QUESTO PREZZO È UNO DEI MIGLIORI ANDROID DI SEMPRE

529,90 €

Xiaomi Mi 8 è un prodotto di qualità e questo è sufficiente a rispondere alla domanda posta all’inizio. Un prodotto disegnato bene, realizzato in maniera eccellente con materiali di qualità e altrettanta qualità costruttiva. A livello software non delude. Forse a molti non andrà giù il fatto che ricalca troppo da vicino iOS e iPhone in generale (assenza del jack audio, memoria non espandibile, notch vistoso, ecc.), ma rimane comunque un’interfaccia veloce, semplice da usare, stilisticamente omogenea e credibile. Difetti ci sono, è ovvio, ma la casa madre ha dimostrato di aggiornare costantemente il prodotto, correggendo la maggior parte dei problemi riscontrati nei primi mesi. Il che lascia ben sperare per il futuro. In definitiva quindi è un pollice verso l’alto, decisamente uno dei migliori smartphone Android se si considera il rapporto qualità/prezzo (ancora meglio se si considera il prezzo su strada e non quello di listino).

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 8 7 8 8 87.9COSA CI PIACE COSA NON CI PIACE

lab

video

Qualità costruttivaStile e maturità dell’interfacciaAggiornamenti costanti

La fotocamera è eccellente, ma alcuni difetti sono pesantiNetflix e Prime Video inutilizzabiliMemoria non espandibile

torna al sommario 39

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

‘customizzazioni’ di Android mai provate. Per carità,

è una valutazione totalmente soggettivo, ma questa

coerenza stilistica generale è difficile da trovare al-

trove. L’interfaccia ricalca molto da vicino, non è un

mistero, quella di iOS. Tanto che una delle critiche più

diffuse è stata proprio quella di aver rimosso le notifi-

che nella barra superiore. Un fatto dovuto sia alla pre-

senza delle notifiche badge (proprio come avviene su

iOS, la notifica è segnalata da un pallino con il numero

nell’angolo dell’icona dell’app), in parte perché l’am-

pio notch restringe l’area a disposizione per mostra-

re le tante icone delle notifiche. Ecco uno dei motivi

per cui è bene aver testato il dispositivo per qualche

mese: Xiaomi ha rilasciato un aggiornamento ap-

posito che reintroduce in parte le notifiche nella barra

apposita. Certo, il risultato non è soddisfacente come

negli smartphone senza tacca, ma questo è un limite

di tutti gli smartphone con notch. Aggiungiamo inoltre

che è solo questione di abitudine e che anzi questa

caratteristica può essere vista di buon occhio da chi

proviene da un iPhone. Sono proprio quest’ultimi che

dovrebbero prendere in seria considerazione uno Xi-

aomi. La sensazione di trovarsi a casa è più alta che in

qualsiasi altro smartphone Android.

Un altro problema che è stato evidenziato in molte

prove è quello di una scarsa compatibilità con Android

Auto. Nessun malfunzionamento è stato riscontrato

dopo i primi giorni. Android Auto funziona perfetta-

mente ed è arrivato ormai a un buon grado di matu-

rità, tanto da rappresentare un obbligo in ogni auto

che lo supporti (allo stesso modo di come è diventato

indispensabile l’uso

di Apple Car Play). Ci

sono poi delle funzi-

onalità extra, molte a

dire la verità, che ci

hanno stupito positi-

vamente. Alcune di

queste possono fare

la differenza nella

scelta di un prodotto

Android. Iniziamo con

la possibilità di clon-

are le applicazioni,

creandone un dop-

pione che funziona

in modo indipendente dal suo gemello. Un esempio

tipico? Whatsapp: con l’uso della doppia SIM, si pos-

sono utilizzare due istanze indipendenti dell’app per

separare, tanto per citare una situazione tipica, privato

da lavoro, oppure privato da “ancora più privato”. La

seconda funzione particolare di MIUI è la possibilità di

registrare automaticamente le chiamate. Sorvolando

sulla correttezza, sulla legalità e sull’opportunità di

utilizzare una funzionalità del genere, è sicuramente

qualcosa che altrove va integrata con un’app apposi-

ta (su Android disponibili in quantità). L’uso di un’app

non integrata col sistema però fa si che l’app stessa

possa essere chiusa e non assicurare quindi che tutte

le chiamate vengano registrate. In questo caso, com-

plici anche i 6GB di RAM che danno la libertà di lasci-

are aperte praticamente tutte le app che si utilizzano

quotidianamente, questo rischio non si corre.

Il riconoscimento del volto non delude maiMolta somiglianza con il mondo Apple, dicevamo,

qualcosa che anche Xiaomi non nasconde, tanto che segue a pagina 40

TEST

Quattro mesi con Xiaomi Mi 8segue Da pagina 38

in Cina il riconoscimento facciale per sbloccare lo

smartphone ha lo stesso nome di quello presente su

iOS. Questa funzionalità, al di là del fatto che non fa

una vera mappatura in 3D del volto, funziona davvero

bene. Anche in questo caso, appena tirato fuori dal-

la scatola qualche difetto era presente. Un esempio:

accendendo lo schermo con il tasto e posizionando

il volto davanti allo schermo con qualche secondo di

ritardo, lo sblocco non funzionava più. In pratica biso-

gna porsi davanti allo schermo appena acceso, pena il

dover spegnere lo schermo e riattivarlo. Difetto ormai

totalmente risolto. Ora si può attivare lo schermo pre-

mendo il tasto, contare fino a 3 e poi inquadrare il pro-

prio volto, lo sblocco sarà praticamente istantaneo. E lo

stesso dicasi per lo sblocco in una stanza totalmente

buia o con gli occhiali. Una funzione che abbiamo uti-

lizzato e apprezzato più di ogni altra.

La fotocamera? Alti e bassiSecondo DxO Mark Xiaomi Mi 8 ha un punteggio ge-

Il difetto nello scontorno viene definitivamente evidenziato nella modalità foto studio, dove capelli e peli vengono tagliati in maniera pes-sima.

Un altro dettaglio dove sembra di nuovo effet-tuare un ritaglio del palo per sostituire al cielo il nero assoluto.

In situazioni di forte contrasto come questa, la fotocamera sembra tentare uno scontorno della fonte di luce e sostituire lo sfondo con il nero assoluto.

Una foto con zoom 3x sfruttando lo zoom ottico. Ingrandendola si notano un po’ di artefatti.

clicca sulle immagini per l’ingrandimento

torna al sommario 40

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

TEST

Quattro mesi con Xiaomi Mi 8segue Da pagina 39

nerale sulla qualità fotografica di 99 punti, una media

che però viene in parte azzoppata dalle performance

video. Il punteggio della sola sezione fotografica infatti

ha totalizzato 105 punti, un valore che pone Mi 8 tra i

top di gamma, soprattutto nel momento in cui uscì sul

mercato (nel frattempo, tra gli altri, sono arrivati Mate

20 di Huawei e i nuovi iPhone XR e XS). Le aspettative

sono dunque molto alte e in parte sono state anche

rispettate. Permangono però, anche dopo tanti aggior-

namenti, alcuni difetti che non possono essere taciuti.

Parliamo principalmente degli scontorni, presenti non

solo nei selfie con effetto autoritratto, ma anche quan-

do la fotocamera abilita l’intelligenza artificiale e tenta

di sostituire artificialmente, questa è la sensazione, al-

cune parti del cielo notturno. In questi casi l’alone di un

faro, lo si può vedere nello scatto pubblicato, sembra

come ritagliato alla buona. Stesso difetto che è molto

evidente con gli effetti autoritratto, che fanno un po’ il

verso agli effetti illuminazione studio di iOS. Il verdetto,

almeno su questi ultimi, è definitamente negativo. Lo

scontorno in questi casi è imbarazzante e inutilizzabile.

C’è poi un altro difetto comune un po’ a tutti gli smar-

tphone cinesi, che è l’effetto bellezza (non richiesto). O

meglio, disattivando il filtro bellezza nei selfie, che con-

ta 5 livelli di intensità, rimane comunque la sensazione

di una pelle artificiale. Un difetto parzialmente corretto

con gli aggiornamenti, ma non ancora del tutto elimina-

to. In ogni caso, chi ha provato altri smartphone cinesi

l’avrà sicuramente notato, è una prerogativa tutta asia-

tica: il selfie, dalle quelle parti, deve essere abbellito in

maniera quasi cartoonesca. Tolti questi difetti, che pos-

sono pesare o meno a seconda dell’uso che si intende

farne, rimane comunque una fotocamera di altissima

qualità. Gli scatti sono velocissimi così come la messa a

fuoco. In condizioni di buona o ottima luminosità le foto

sono spettacolari, con una quantità impressionante di

dettagli, colori naturali e un contrasto eccellente. Non

pecca nemmeno con le tinte uniformi, per esempio

nei cieli azzurri (anche in questo caso si può vedere

lo scatto pubblicato) o nelle zone d’ombra. Talvolta ap-

pare qualche margine nelle zone ad alto contrasto, ma

niente di grave. Due parole sullo zoom ottico, ottenuto

tramite la doppia lente grandangolo e tele. L’effetto è

credibile e lo zoom buono, ma in qualche situazione,

come evidente dalla foto del muro di mattoni, ci sono

un po’ di artefatti. In generale quanto lamentato sullo

scontorno nel caso degli effetti illuminazione vale an-

che per l’effetto bokeh. Troppo approssimativo in più di

un’occasione. Su questo è evidente che Xiaomi deve

ancora lavorare.

Ricarica in un’ora e batteria adeguataLe performance generali sono eccezionali, così come

il display, sempre leggibile anche sotto la luce diretta.

Ma tutto questo che impatto ha sulla batteria? In quat-

tro mesi lo smartphone ha mantenuto prestazioni di

durata eccellenti, permettendoci sempre di arrivare

al secondo giorno con una carica residua. Il limite, lo

diciamo una volta di più, è proprio questo. Chi cerca

i due giorni di utilizzo con una

sola carica lo fa per puro deside-

rio di raggiungere quel traguar-

do. Nell’uso comune l’obiettivo

rimane quello di arrivare a sera

senza dover rinunciare a nulla.

Nel nostro caso l’uso è stato

decisamente intenso. Notifiche

di ogni genere, uso della fotoca-

mera, accensione frequente del-

lo schermo e persino always-on

display. In questa situazione Mi 8

ha rappresentato un ottimo com-

pagno di lavoro. Si arriva a sera

con il 10-20% di batteria, il ne-

cessario per metterlo in carica e

ripartire la mattina seguente sen-

za timori. Tutto questo vale per

un uso come il nostro che, come

detto, è parecchio stressante. Un

uso più convenzionale, magari

non fatto di decine di telefonate

e centinaia di notifiche, potrebbe

portare tranquillamente ai tanto

desiderati due giorni di utilizzo

pieno. C’è comunque da lodare la ricarica rapida, qui

presente con Quick Charge 4+ (anche se in dotazione

c’è un carica batteria QuickCharge 3), che ha permes-

so di portare il telefono totalmente scarico al 100% di

carica in poco più di un’ora. Se per pure caso ci si di-

mentica di metterlo in carica la sera, con mezz’ora di ri-

carica si può uscire di casa con più del 50% di batteria.

Un’ottima performance.

Le mancanze più gravi: qualità video e ricarica wirelessXiaomi Mi 8 è uno smartphone eccellente, da tenere in

seria considerazione per molti motivi. Ci sono però un

paio di difetti di cui dobbiamo parlare, oltre quelli tutto

sommato trascurabili della fotocamera. Il primo lo rite-

niamo di gran lunga il più grave e riguarda l’uso multi-

mediale dello smartphone. Non molti sanno, ma i forum

in internet ne sono pieni, che gli smartphone Xiaomi

(ma anche altri brand) hanno un enorme problema con

i servizi di video in streaming, principalmente con Net-

flix e Amazon Prime Video. Si tratta del mancato sup-

porto a Widevine L1, un certificato che gestisce il DRM,

per cui la riproduzione dei video si ferma alla risoluzio-

ne di 480/576p, per di più senza HDR. Un delitto su un

display del genere, ma sopratutto è veramente dif-

ficile mandar giù il fatto che uno smartphone così

completo possa avere una

mancanza del genere. An-

ticipiamo le contestazioni

più comuni: perché dovrei

guardare un film su uno

smartphone? Siamo sicuri

che sia visibile la differen-

za tra un video in Full HD e

uno in 576p su un display

da 6 pollici? La risposta

è si, soprattutto perché

in molti casi a scadere è

anche la qualità genera-

le, soprattutto nelle zone

d’ombra e nelle tinte unite. Con la bassa risoluzione an-

che gli artefatti aumentano e la qualità generale risulta

veramente scadente e tutto ciò è veramente intollera-

bile su uno smartphone top di gamma. Sappiamo per

certo che Xiaomi sta lavorando su questo punto, tanto

che a metà Gennaio il supporto a Widevine L1 su Poco

F1 (che è gemello del Mi 8) si diceva imminente, tuttavia

siamo ancora in attesa.

L’altro problema è la ricarica wireless. Non un difetto, ma

una caratteristica che ormai molti smartphone di que-

sto livello supportano. Non conosciamo le motivazioni

tecniche per cui non è stata integrata su questo dispo-

sitivo, ma la presenza della wireless charge avrebbe

aggiunto qualcosa di molto apprezzabile e reso Mi 8

uno smartphone davvero completo sotto ogni aspetto.

In definitiva Xiaomi Mi 8 è un terminale ottimo, davvero

da consigliare soprattutto per la fascia di prezzo a cui

viene proposto. Le conclusioni le lasciamo all’apposito

box, ma sono due le cose da sottolineare: la prima è

che questo smartphone ha resistito alla prova del tem-

po. Dopo 4 mesi è praticamente come nuovo. Anzi,

meglio, vista la quantità di aggiornamenti rilasciati. Al-

tro dettaglio da tenere in seria considerazione quando

si valuta l’acquisto di un nuovo terminale.

clicca sull’immagine per l’ingrandimento

torna al sommario 41

MAGAZINEn.194 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Roberto PEZZALI

Segnarsi questo nome: nitruro di gallio. Il nitruro di

gallio, o GaN, è alla base dei nuovi semiconduttori

che nei prossimi anni dovrebbero sostituire il sili-

cio in moltissime applicazioni. Una di queste, e la cosa

ci riguarda molto da vicino, è quella del trasferimento di

corrente, o della ricarica delle batterie. La maggior parte

dei caricabatterie che vengono usati oggi per i prodotti

elettronici utilizza infatti al transistor al silicio, da anni la

miglior soluzione per efficienza e dimensioni.

Tutto sta però per cambiare: negli ultimi anni i semicon-

duttori al nitruro di gallio si sono imposti in molti segmen-

ti e dai test sul campo è stato dimostrato come possano

trasferire elettroni con una efficienza 1000 volte superio-

re a quella degli attuali transistor.

Utilizzando semiconduttori GaN si possono realizzare

caricabatterie che sono non solo più efficienti, ma che

riescono ad erogare la stessa potenza con un ingombro

decisamente ridotto rispetto a quelli tradizionali. Questi

alimentatori restano più freddi, c’è molta meno dissipa-

zione, richiedono meno componenti e sono anche più

economici. Il PowerPort Atom PD1 della Anker è uno dei

primissimi caricatori al mondo basati sulla tecnologia

GaN ed è un cubetto di un qualche centimetro per lato

(4.1 x 3.5 x 3.8 cm) che riesce ad erogare 30 watt.

Giusto per fare un confronto, ha le stesse dimensioni del

caricatore da 18 watt che viene venduto in dotazione con

l’iPad Pro, dispositivo che però supporta una ricarica fino

a 30 watt: usando l’Anker PD1 con l’iPad Pro al posto del

caricatore originale il tablet Apple si ricarica molto più

velocemente, circa il 30% in più. Una vera rivoluzione nel

mondo dei caricabatterie, anche se sarà una rivoluzione

decisamente lenta: i batterie basati su tecnologia GaN

saranno venduti inizialmente da produttori di terze par-

ti. Il PowerPort Atom PD1 della Anker ad esempio potrà

essere acquistato a breve su Amazon a 34.99 euro, ed

è un caricabatterie perfetto da mettere nella borsa per

ricaricare dispositivi come smartphone (anche con rica-

rica rapida), tablet e computer. Ricordiamo sempre che

non bisogna considerare la potenza del caricabatterie

ma quella assorbita dal dispositivo che si carica: il PD1,

TEST Si chiama Anker Atom PD1 ed è uno dei primissimi caricabatteria che usa il nitruro di gallio al posto del silicio

Stessa potenza, ma ingombro dimezzato Abbiamo provato il caricabatteria del futuroUtilizzando semiconduttori GaN si possono realizzare caricabatterie più efficienti e potenti con un ingombro ridotto

che è compatibile con lo standard di ricarica rapida USB

Power Delivery, dispone dei seguenti profili: 5 volt e 3

ampere, 9 volt e 3 ampere, 15 volt e 2 ampere e 20 volt

a 1.5 ampere. Il massimo che può erogare è quindi 30

watt, sovra abbondanti per uno smartphone e perfetti

per dispositivi di dimensioni medio grandi, anche le con-

sole come la Nintendo Switch. Per i notebook bisogna

valutare caso per caso: nel caso di un MacBook Air con

Retina Display o di un MacBook da 12” è perfetto, stessa

potenza del caricatore originale ma dimensioni decisa-

mente più compatte, ma si può usare anche per ricarica-

re un prodotto come il MacBook Pro 13” mentre questo

è spento: non sarà velocissimo ma lo carica. Nel nostro

caso abbiamo provato a caricare un MacBook Pro al 12%

di carica residua, e abbiamo raggiunto la carica comple-

ta in 2 ore e 21 minuti. Lo abbiamo provato con portatili

Windows, HP e altri brand, e in tutti in casi l’Anker PD1 ha

fatto il suo dovere, ovviamente con tutti i limiti del caso:

in alcune situazioni la potenza erogata è sufficiente a

mantenere la carica costante, in altri casi per caricare si

deve lasciare il computer in stand by.

Se guardiamo però alle dimensioni, e al prezzo che sarà

appunto di 34.99 euro, ci troviamo davanti ad un prodot-

to a dir poco eccezionale, e difficilmente verrebbe voglia

di acquistare un caricatore di tipo tradizionale: l’utilizzo

del nitruro di gallio è un vero game changer.

Sul mercato stanno arrivando anche prodotti altrettanto

compatti ma più potenti, 45 watt, 60 watt e 100 watt, e

con più porte di ricarica usabili contemporaneamente:

con pochi grammi di peso si può mettere in valigia o

nella borsa un caricatore davvero universale e sicuro.

Come abbiamo scritto prima questa sarà una rivolu-

zione abbastanza lenta, perché i produttori, almeno su

smartphone e tablet, tendono sempre a dare caricatori

economici sempre che questi non siano dedicati a siste-

mi di ricarica particolari, come i fast charge proprietari di

Oppo e Huawei. L’UE ha chiesto da tempo un caricatore

unico, e nei caricatori con questa tecnologia per la prima

volta vediamo davvero un caricatore unico. Meno peso

da trasportare, più efficienza e l’universale USB Type C

con Power Delivery: un caricatore per caricarli tutti.

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MAGAZINEn.27 / 1825 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

V i avevamo già elencato alcune auto ibride plug-in che grazie agli incentivi riceveranno un

bonus fino a 2.500 euro, e cinque elettriche che con il contributo di 6.000 euro diventerebbero

più appetibili.

Ma le norme che dovrebbero essere definite da un

apposito decreto entro marzo, non introdurranno solo

bonus, ma anche i tanto temuti malus.

Le auto con emissioni inquinanti incluse tra 161 e 175

grammi di CO2 per km subiranno una ecotassa di

1.100 euro. Tassa che sale a 1.600 euro per valori tra

176 e 200 grammi, e 2.000 euro da 201 a 250 gram-

mi. Infine oltre i 250 grammi la spesa in più sarà di

2.500 euro. Vediamo quindi dieci modelli di auto dif-

fuse ed amate dagli italiani che subiranno la batosta.

Fiat Tipo SWProprio l’ultima arrivata di casa Fiat, nata come mo-

dello abbordabile, in alcune configurazioni rientrerà

nel primo scaglione dell’ecotassa. Come nella ver-

sione Lounge, che può montare il motore 1.4 T-Jet,

potente ma poco virtuoso, e nemmeno aiutato dalle

ruote dal diametro generoso, e per questo impattanti

sui consumi. Sempre per la Lounge, con 163 g/km di

CO2 si passerebbe da un prezzo di listino di 21.300

euro a 22.400 euro.

Fiat 500XRestiamo sempre in casa Fiat, dove anche il SUV

compatto 500X in alcune versioni potrà ricadere in

zona malus. Il colpevole è in particolare il motore 2.0

Multijet da 140 cv di potenza. In tutti gli allestimenti

dove è possibile sceglierlo, ha emissioni pari a 164

g/km, passando quindi da 29.000 euro a 30.100 euro

(City Cross)

Ford MondeoNonostante l’introduzione del nuovo modello con

motore ibrido, l’ammiraglia della casa americana ha

ancora a listino delle configurazioni con motori più

inquinanti. In particolare per i modelli dove è possi-

bile scegliere il motore 2.0 TDCi da 180 cv, si sfora

proprio a 161 g/km, come nel caso della ST-Line Busi-

ness, che passa così da 33.000 euro a 34.100 euro.

Alfa Romeo GiuliettaL’amata compatta di Alfa Romeo monta in tutti gli al-

lestimenti a benzina il motore 1.4 turbo da 120 cv,

che purtroppo per la casa di Arese emette 164 g/km.

Questo fa sì che hanno nella versione più economica

rientri nella ecotassa: si passerebbe da 24.500 euro

a 25.600 euro. Paradossalmente i motori diesel di

pari potenza hanno emissioni più basse.

AUTO ELETTRICA Con il decreto di marzo arriverà anche la temuta ecotassa. Alcuni modelli apprezzati subiranno un rincaro

Ecotassa, arriva la stangata: ecco 10 auto molto amate e diffuse che costeranno di piùLe norme non introdurranno solo bonus, ma anche i tanto temuti malus. L’ecotassa varia dai 1.100 euro ai 2500 euro

Land Rover Discovery SportLe auto Jaguar Land Rover sono spesso sportive e

potenti, ma questo in ottica bonus/malus si traduce

in una spesa maggiore per il cliente. Nel caso del-

la Land Rover Discovery Sport, molti allestimenti si

salvano (in realtà rientrerebbero nello scaglione da

1.100 euro) ma in un caso in particolare, ovvero con

trazione integrale e motore Ingenium da 240 cv, le

emissioni salgono a 190 g/km, ricevendo un malus

di 1.600 euro. Si passa così da 53.500 euro a 55.100

euro.

BMW X5Non è certo tra le auto più a buon mercato, ma la

BMW X5 è molto apprezzata da un certo tipo di clien-

tela. I motori sono proporzionati al tipo di vettura, per

questo esosi in fatto di consumi. Si può tuttavia stare

nella fascia intermedia dell’ecotassa, ad esempio con

la M50d, che emette tra 179 e 190 g/km, a seconda

che si scelga il cambio manuale o automatico. Si pas-

serebbe quindi da 76.580 euro a 78.180 euro.

Alfa Romeo StelvioConsiderate le dimensioni e la massa del veicolo, la

Alfa Romeo Stelvio non se la cava male, con molti

modelli esclusi dalla tassa aggiuntiva. Tuttavia alcu-

ne varianti, con motorizzazione a benzina, eccedono

i livelli persino del primo scaglione. Come nel caso

della versione Super con motore da 200 cv 2.0 tur-

bo, che ha emissioni di 176 g/km, proprio nel secon-

do scaglione per un solo grammo. Passerebbe così

da 50.450 euro a 52.050 euro.

Volkswagen TiguanAnche la Volkswagen Tiguan, nonostante il peso im-

portante del veicolo, ha diverse configurazioni che

schivano l’ecotassa. Attenzione però, nel caso la

vostra preferenza fosse la Tiguan Sport con motore

2.0 TDI 4Motion: con cambio DSG è più inquinante,

emettendo 184 g/km, passando così da 40.550 euro

a 42.150 euro.

Mercedes Classe CNormale aspettarsi consumi elevati da una vettura

performante come la Mercedes Classe C, che tutta-

via non va poi così male. Ad esempio nella versione

coupe C43 AMG 4Matic, pur avendo 390 cv di po-

tenza, ha emissioni di 212 g/km, finendo nel penul-

timo scaglione del malus, evitando quindi il peggio.

Da marzo quindi dovrebbe passare da 77.306 euro

a 79.306 euro.

Ford MustangQuando Ford ha introdotto la nuova Mustang anche

nel mercato nostrano, aveva già il timore che le deci-

sioni del Governo potessero colpirla negativamente,

e così è stato. L’iconica vettura del marchio america-

no, nella sua versione più classica, quella col V8 5.0

da 421 cv, è potentissima ma anche anche generosa

nei consumi. Arriva ad emettere 299 g/km, piazzan-

dosi quindi nel “girone dei peggiori”. Passerà quindi

da un minimo di 45.000 euro a 47.500 euro.

Come reagiranno le case?Le case costruttrici in realtà non hanno atteso l’arrivo

del decreto attuativo, ma sono già diverse quelle che

hanno iniziato campagne sconto consistenti per far sì

che l’ecotassa non impatti sui clienti, o il suo effetto

sia in parte mitigato. Il tanto temuto effetto negativo

sul mercato quindi non dovrebbe esserci, in quanto il

cliente finale non avrebbe percezione di spendere di

più, a scapito di una piccola percentuale di guadagno

per le case. In definitiva l’ecotassa verrà, secondo noi,

quasi interamente assorbita dai costruttori, generan-

do un gettito che servirà a copertura degli incentivi

erogati contestualmente. Chi sceglierà una vettura

più inquinante quindi finanzierà lo sconto per chi ne

acquisterà una più ecologica.

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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019

di M. ZOCCHI

P oco tempo la notizia di un interes-samento di Amazon e General Mo-

tors nei confronti di Rivian, azienda

appena comparsa sulla scena con un

pickup e un SUV elettrici impressionanti,

arriva la conferma che Amazon guida un

gruppo di investitori per un totale di 700

milioni di dollari, mentre pare che non vi

sia più traccia di General Motors. Con la

conferma della partecipazione di Amazon

in Rivian arrivano anche le dichiarazioni

delle due aziende, come quelle di RJ Sca-

ringe, CEO e fondatore di Rivian:

“Questo investimento è un traguardo

importante per Rivian e il passaggio a

una mobilità sostenibile. Oltre a elimi-

nare semplicemente i compromessi che

esistono in termini di prestazioni, capa-

cità ed efficienza, stiamo lavorando per

AUTO ELETTRICA Arrivano le conferme di un forte investimenti di Amazon nella startup Rivian

Si chiude l’accordo Rivian-Amazon Sul piatto 700 milioni di dollariL’ingresso di Amazon nelle attività societaria darà una grossa spinta a Rivian

guidare l’innovazione

attraverso l’intera custo-

mer experience. Offrire

questa visione richiede

i partner giusti e sia-

mo entusiasti di avere

Amazon con noi nel no-

stro viaggio per creare

prodotti, tecnologie ed

esperienze che resetta-

no le aspettative su ciò

che è possibile”.

Parole alle quali hanno fatto eco quelle

di Jeff Wilke, Amazon CEO Worldwide

Consumer:

“Siamo ispirati dalla visione di Rivian per

il futuro del trasporto elettrico. RJ ha co-

struito un’impressionante organizzazione,

con un portfolio di prodotti e la relativa

tecnologia. Siamo entusiasti di investire

in un’azienda così innovativa”.

L’ingresso di Amazon nelle attività socie-

taria darà sicuramente una grossa spinta

a Rivian, che avrà più possibilità di portare

su strada il suo futuristico prodotto. Ricor-

diamo qualche specifica, come i quattro

motori elettrici, uno per ruota con poten-

za di 147 kW ciascuno, differenti tagli di

batteria, da 105 fino a 180 kWh, potenza

di ricarica fino a 160 kW e prezzo base

di 69.000 dollari”.

di F. AQUINI

F inalmente è stato tolto il velo sul

primo modello progettato da NXT

Motors, startup olandese che pro-

getta e realizza motociclette totalmente

elettriche di alta gamma.

Quello mostrato è soltanto il primo dei

due modelli annunciati, NXT Rage e

NXT Raw. A togliere il velo durante lo

show MotorBeurs di Ultrecht, è stata la

prima delle due, la Rage, che dal nome

trae l’aspetto aggressivo. Un aspetto ac-

centuato ancora di più dalle finiture, dai

materiali e dal colore. Si tratta di un mo-

dello naked con monoscocca in fibra di

carbonio, che l’azienda dichiara essere

due volte più resistente e un quarto più

leggera di altre moto della stessa classe.

Bella, aggressiva, ma il prezzo? Sappiamo

che non è la prima moto di questo tipo a

montare una monoscocca in carbonio.

Parliamo ad esempio della Arc Vector,

il cui prezzo la rende però inarrivabile

MOTORSPORT NXT svela finalmente il primo dei due modelli in programma per quest’anno

NXT presenta Rage, la moto elettrica con monoscocca in carbonio e anima “rabbiosa”Rage è un modello aggressivo con caratteristiche premium e dalla monoscocca in carbonio

alla maggior parte

degli utenti (si parla di

circa 117.000 dollari). Il

prezzo della NXT Rage

dovrebbe invece oscil-

lare attorno ai 25.000

euro, prezzo che la

metterebbe in com-

petizione con un altro

modello elettrico molto

atteso, la Harley-Davi-dson LiveWire. Poche invece le informa-

zioni sulle specifiche e sulle prestazioni.

Stando a quanto dichiarato dall’azienda,

“Le specifiche sono promettenti, ma non

possono essere rilasciate oggi. Saranno

confermate e certificate nella primavera

del 2019, dopo di che le prenotazioni

potranno essere finalizzate e potremo

andare in produzione”. Nonostante le

informazioni sulle specifiche siano quasi

inesistenti, molte cose si possono dedur-

re dalle immagini. I doppi freni anteriori,

la batteria generosa e le sospensioni

Öhlins danno un’idea precisa del seg-

mento a cui punta questa elettrica “rab-

biosa”. Un dettaglio poi che non passa

inosservato è il grande display da 7 polli-

ci che di fatto lascia il resto del manubrio

estremamente pulito. La prenotazione

consiste nell’impegno di 950€, si può ef-

fettuare direttamente dal sito del produt-tore e garantirà di ricevere uno dei primi

modelli prodotti, il cui arrivo sul mercato

è previsto per il periodo estivo.

L’incredibile autonomia di Rivian? Il segreto è una batteria rimovibile aggiuntivaRivian continua lo sviluppo del suo pick-up elettrico. Da una richiesta di brevetto scopriamo anche una batteria rimovibile per aumentare l’autonomia di M. ZOCCHI

Rivian ha già stupito tutto il settore della mobilità elettrica con i suoi veicoli dalla massa imponente, in particolare il pick-up R1T. Secondo quanto dichiarato il veicolo verrà proposto con tre diversi tagli di batteria, da 105, 135 o 180 kWh, sfruttando l’immenso pianale completamente piatto. Oggi sco-priamo che per i più avventurosi Rivian pensa di offrire ancora di più. Presso l’ufficio statunitense competente è stata depositata una richiesta di brevetto per una batteria aggiuntiva, rimovibile, che troverebbe posto proprio sul cassone del pick-up. Dai disegni preliminari presenti nella doman-da (tutt’ora in fase di valutazione) sembra avere la forma dei classici tool box da pick-up, non andando quindi ad intaccare altri vani di ca-rico come quello frontale o dietro i sedili. È previsto il collegamento ai lati del cassone, con circuiti di collegamento e di raffreddamento già nascosti nella carrozzeria. Non è dato sapere per il momento che capacità potrebbe avere questo accumulatore aggiuntivo, ma date le dimensioni e il fatto che arriverà tra alcuni anni (quindi sfruttando la migliore densità energetica possi-bile) è ragionevole pensare che possa offrire tra 50 e 80 kWh in più. Questo è uno dei tanti aspetti che Rivian potrà sviluppar ulterior-mente grazie ai 700 milioni che Amazon ha deciso di investire nei suoi veicoli elettrici.

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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

Opel Ampera-e era la promessa di

una mobilità elettrica sempre più

accessibile e con grande autono-

mia, ma come ormai noto è un progetto

che in Europa non avrà futuro a causa del

passaggio di proprietà del gruppo Opel/

Vauxhall. Ma proprio da quando Opel è

passata nelle mani di PSA, ha potuto ri-

prendere a progettare un futuro sempre

più elettrico, tanto che entro il 2024 ogni

modello della casa avrà una versione in

qualche modo elettrificata.

La prima di questo nuovo inizio sarà la

Opel Corsa, auto popolarissima ormai

arrivata alla sua sesta generazione, che

durante il 2019 arriverà per la prima volta

in versione completamente elettrica, se-

guita poi dalla Grandland X PHEV e da

altri due modelli.

Opel ha quindi diffuso una prima imma-

gine, che mostra solo un fare anteriore,

per focalizzare l’attenzione sul sistema

full LED adattativo introdotto con la re-

AUTO ELETTRICA Opel continua la transizione verso l’elettrico con la sua popolare Corsa

Anche Opel Corsa passa all’elettrico “Sarà la vera auto elettrica del popolo”Entro il 2024 ogni modello della casa avrà una versione in qualche modo elettrificata

cente Opel Astra, che sarà quindi pre-

sente anche nella compatta city car.

Ancora non sappiamo nulla a livello

tecnico sulla vettura, ma il CEO Michael

Lohscheller ha già offerto quella che for-

se è l’informazione più importante: Opel

Corsa EV avrà un prezzo accessibile:

“Opel passa all’elettrico, è quello che abbiamo annunciato durante la presentazione del nostro piano

strategico PACE! nel novembre 2017, e ora lo stiamo portando a termine. La Corsa in particolare darà una grossa spinta ad Opel quest’anno. Sarà disponibile per la prima volta in variante elettrica. Con la nuova Corsa renderemo la mobilità elettrica accessibile a mol-ti clienti, sarà la vera auto elettrica per la gente” (Michael Lohscheller)

Porsche, ancora test per la Taycan, questa volta in versione wagon turismoContinuano serratissimi i test invernali per la prima elettrica di Porsche. Questa volta scopriamo la versione wagon della Taycan di M. ZOCCHI

Vi avevamo mostrato delle im-magini in esclusiva di un proto-tipo di Porsche Taycan scovato in ricarica nei pressi di Milano. In quell’occasione abbiamo po-tuto osservare da vicino alcuni particolari come lo sportellino di ricarica motorizzato o il “frunk”. Il lavoro della casa tedesca in que-ste ultime settimane di inverno però pare non avere sosta, e da Carscoops ci arrivano altre foto di test eseguiti in Svezia.In questa occasione è stata mes-sa sotto torchio anche una inedi-ta versione wagon turismo, che pare non essere proprio identica a quella vista in prototipo a Gi-nevra lo scorso anno, ma con un vano di carico da wagon vera.Questa mossa da parte di Por-sche è molto interessante in quanto le permetterebbe di ag-gredire il settore in due segmen-ti diversi con lo stesso progetto. Infatti, se la Taycan classica è più una vettura sportiva, questa wa-gon turismo potrebbe acconten-tare anche le famiglie più facolto-se in cerca di un’auto con molta capacità di carico, quasi al pari di un SUV. Porsche avrà qualche sorpresa anche per il Salone di Ginevra di quest’anno?

di M. ZOCCHI

L a trazione elettrica non è destinata

a cambiare solo il mondo dell’au-

tomotive, ma sta lentamente con-

tagiando sempre più settori. Abbiamo

visto in passato l’arrivo di mezzi dedicati

all’agricoltura, ai trasporti pubblici o, re-

centemente, all’edilizia, con la scavatrice

di Caterpillar.Anche le Forze dell’Ordine e di servizio

pubblico stanno testando diversi veicoli

(come le Tesla della Polizia Svizzera) e

oggi scopriamo il primo camion dei Vigili

TRASPORTI Dalla partnership tra Volvo Penta e Rosenbauer arriva il Concept Fire Truck

Il camion dei Vigili del Fuoco diventa elettricoLa tecnologia a bordo sarà la stessa che Volvo dei primi prototipi di bus e camion elettrici

del Fuoco completamente elettrico. Si

tratta di un progetto realizzato da Volvo

Penta, divisione che si occupa di mezzi

marini e industriali, e Rosenbauer. Il vei-

colo è noto come CFT, che sta per Con-

cept Fire Truck. Al momento non sono

state diffuse le specifiche del veicolo,

che dovrebbe entrare in produzione nel

2021. Secondo il CEO di Rosenbauer,

Dieter Siegel, la tecnologia che ci sarà

a bordo sarà la stessa che Volvo sta im-

plementando nei primi prototipi di bus e

camion elettrici. Come è possibile vede-

re nelle immagini e nel video, il CFT non

sarà semplicemente una conversione di

un camion esistente, ma un vero e pro-

prio mezzo costruito da zero, con design

futuristico, soluzioni dedicate, come le

sirene integrate nella linea della carroz-

zeria, e linea aerodinamica.

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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

M anca ormai davvero poco all’ar-

rivo della prima moto elettrica

di Harley-Davidson, la LiveWire.

Con le prime consegne prevista per la

prossima estate, la storica casa ameri-

cana annuncia oggi una collaborazione

con un altro colosso, ovvero IBM, per

portare sulla moto elettrica l’esperienza

cloud, Internet of Things e AI.

Grazie a questa partnership il servizio

H-D Connect di LiveWire sarà basato

su IBM Cloud e garantirà tutta una se-

rie di servizi che vanno a toccare diver-

si aspetti dell’esperienza di guida. Si

parte dai dati e dalle condizioni della

moto, che potranno essere controllati

tramite app per smartphone in qualsiasi

momento e in qualsiasi luogo. Niente

più sorprese su autonomia, stato della

batteria e livello di carica. Si passa poi

alla geolocalizzazione, che non serve

MOBILITÀ SOSTENIBILE Harley-Davidson e IBM insieme per integrare cloud e IoT nella LiveWire

Harley-Davidson e IBM uniscono le forzeLiveWire sarà la moto elettrica più tecnologicaLa volontà è rendere più moderna l’esperienza di possesso della moto e attrarre clienti più giovani

solo a sapere dove si ha parcheggiato

la moto, ma anche a scoprire se la moto

è stata urtata o spostata, e nel caso di

veicolo rubato si può procedere al trac-

ciamento, con l’intervento delle Forze

dell’Ordine. Infine vengono potenziati

anche i servizi con promemoria della

manutenzione o eventuali messaggi

di sicurezza. La volontà è chiaramente

BMW e North Face presentano la mini roulotte definitivaLe due case uniscono forze e competenze per realizzare il mini alloggio perfetto per i più avventurosi

di M. ZOCCHI

BMW Motorrad ci ha messo la capacità costruttiva e il suo stu-dio di design, North Face invece un suo tessuto tecnico rivolu-zionario. È così che è nato quin-di il concept di una mini roulotte dedicata agli appassionati di escursioni “avventurose”.Le virgolette sono d’obbligo in quanto, come potete vedere dalle immagini, non si tratta cer-to di un alloggio con il massimo del confort, ma studiato piutto-sto per essere piccolo, leggero, e facilmente trainabile.Futurelight, questo il nome del prototipo, è costituito da una cupola del tessuto speciale di North Face, impermeabile ma anche traspirante. L’interno è studiato per avere dei piccoli vani e un comodo appoggio, sotto il quale si srotola un cal-do sacco a pelo. Al momento non ci sono piani per avanzare il progetto alla fase produttiva, ma farebbe probabilmente la felicità di tanti appassionati, unendo la funzione di carrello porta bagagli a quello di allog-gio temporaneo.

quella di rendere più moderna l’espe-

rienza di possesso della moto, come

già da tempo accade per le auto, e al

tempo stesso attrarre clienti più giova-

ni. La tecnologia integrata, insieme al

design classico ma al tempo stesso

innovativo, renderebbero infatti la Li-

veWire un oggetto del desiderio anche

per le nuove leve.

di M. ZOCCHI

C itroën ha una storia ricca di proget-

ti innovativi, fatti per stupire, che a

volte hanno fatto storcere il naso

a qualcuno, ma in più di un’occasione

si sono rivelati vincenti e precursori

dei tempi. È con questo stesso spirito

che oggi svela Ami One, un concept

di veicolo elettrico urbano pensato per

cambiare e modificare la mobilità del

presente e del futuro. Ami One è elet-

trica, due posti, ha una velocità massima

di 45 km/h e una autonomia di 100 km,

AUTO ELETTRICA La casa francese svela il concept di Ami One, Lo vedremo a Ginevra

Citroën Ami One, la mobilità elettrica personaleUn veicolo due posti che unisce trazione elettrica, facilità di uno smartphone e libertà di movimento

più che abbondanti per la città. È pen-

sata per essere agile e scattante nel

traffico, come mezzo privato, car shar-

ing o noleggio a tempo variabile. Ecco

un video introduttivo: Come si vede nel

video, oltre a un nuovo concetto di mo-

bilità, Citroën ha cercato anche nuovi

modelli produttivi, con diversi com-

ponenti che si adattano a più parti del

veicolo, non importa se destra o sinistra,

davanti o dietro, così da facilitare la cat-

ena di montaggio e la fornitura di pezzi

di ricambio. Come succede spesso al

giorno d’oggi, lo smartphone è il cuore

di tutto, in primis per accedere all’auto,

tramite i QR code sulle portiere, poi per

“animare” il veicolo, con il device che vi-

ene inserito nella plancia e diventa una

vera e propria chiave digitale. Non sono

stati forniti dati tecnici nel dettaglio se

non che la batteria può essere ricaricata

in due ore. Il veicolo sarà esposto per la

prima volta al Salone di Ginevra, dove

cercheremo di conoscerlo meglio, e di

capire se la casa francese pensa di por-

tarlo realmente su strada.

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MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019

Nissan Leaf e+ 3.ZERO: 3.000 pre-ordini in un meseLa nuova versione della Nissan Leaf, con maggiore autonomia, ha già raccolto in Europa oltre 3.000 pre-ordini. Prime consegne tra pochi mesi

di M. ZOCCHI

Ad un mese dalla presentazione avvenuta al CES di Las Vegas, la Nissan Leaf e+ 3.ZERO Limited Edition ha già raggiunto, in Euro-pa, oltre 3.000 pre-ordini. Circa la metà di queste richieste arri-vano dalla solita Norvegia, ma anche in Italia i risultati sono stati buoni, con gli ordini che sono tri-plicati rispetto allo stesso perio-do ed alla versione precedente, arrivando a quota 150.La novità più importante di Leaf e+ 3.ZERO è ovviamente la bat-teria, che passa da 40 kWh a 62 kWh, garantendo così un’au-tonomia in linea con le vetture più attuali, circa 385 km. Mi-gliora anche il motore, con una potenza di 160 kW. Anche sulla nuova vettura ritroveremo tutte le tecnologie inaugurate con la versione ora definita 2.ZERO: Nissan Intelligent Drive, e-Pedal e ProPilot.Sarà comunque sempre ordi-nabile anche la versione base, denominata semplicemente 3.ZERO, con batteria da 40 kWh, con sistema di infotainment con display da 8”, con nuovi colori di carrozzeria e diverse combina-zioni bicolore. Consegne previ-ste entro l’estate.

di Franco AQUINI

B oeing ha effettuato il primo volo

di prova con una nuova tipologia

di velivolo che chiama PAV, Pas-

senger Air Vehicle. Si tratta di un pic-

colo aeroplano lungo 9,14 metri e largo

8,53, capace di portare una persona e

soprattutto di decollare e atterrare ver-

ticalmente. Ovvero, per usare il termine

tecnico, di un VTOL, un acronimo che

sta proprio per vertical takeoff and lan-

ding (decollo verticale e atterraggio).

Boeing ha fatto sapere di aver comple-

tato il primo test a Manassas, in Virgi-

nia. Ora rimangono da affrontare le fasi

più delicate, che sono il volo “alato” e

la fase di transizione dal decollo verti-

cale al volo in avanti. Una transizione

in cui si passa dalla spinta del rotore al

volo ottenuto sfruttando il vento, vera

sfida tecnologica che ha come obietti-

vo la massima autonomia. Attualmente

il PAV, secondo le dichiarazioni di Boe-

TRASPORTI Boeing ha effettuato il primo test completo di volo con il suo Passenger Air Vehicle

Il taxi volante di Boeing ha concluso il primo test, ecco come sarà la mobilità del futuroÈ un velivolo VTOL capace di trasportare una persona e dotato di 80 km di autonomia

ing, garantisce circa 80 Km di autono-

mia. “Ecco come nasce una rivoluzione,

per via dell’autonomia. Un’autonomia

certificabile renderà chiaro come una

mobilità aerea urbana sia possibile e

sicura”, ha commentato John Langford,

CEO dell’Aurora Flight Sciences, prece-

dentemente impegnata nello sviluppo

di un taxi volante e ora, dopo l’acqui-

sizione di Boeing, impegnata nello

sviluppo di questo VTOL. Aurora, tra le

altre cose, è una delle aziende ad aver

stretto una partnership con Uber per

sviluppare una rete di taxi volanti, nel

contesto del progetto Uber Elevate che

dovrebbe prendere il via nel 2023.

Boeing, oltre a questo PAV, ha in pro-

getto anche un CAV, che sta per Cargo

Air Vehicle, ovvero un aereo totalmen-

te elettrico capace di trasportare cargo

fino a 225 chilogrammi di peso senza

necessità di equipaggio. Un prototipo

che ha già concluso l’anno passato un

primo volo di test al chiuso e che effet-

tuerà i primi test all’aperto nel corso di

questo 2019.

di S. DONATO

All’interno dell’evento Industry

Days 2019, l’Europa ha dato i

natali alla Piattaforma Europea

sulla Tecnologia e l’Innovazione delle

Batterie: un nome altisonante che però

ben spiega l’intento dell’Unione di

spingere l’acceleratore sullo sviluppo

degli accumulatori all’interno del vec-

chio continente.

Il Direttore Generale della Commis-

sione per l’Energia, Dominique Ristori,

ha detto in modo chiaro che nel merca-

to delle batterie l’Unione Europea non

vuole essere inquadrata solo come

consumatrice, ma vuole diventare

leader di un settore che crescerà fino

a toccare i 250 miliardi di euro di fat-

turato nel 2025.

La nuova piattaforma si occuperà di

BATTERIE Il vecchio continente sente che il mercato delle batterie gli sta sfuggendo e corre ai ripari

L’Europa vuole essere leader nel mercato delle batterie: nasce la piattaforma comune anti CinaLa piattaforma si occuperà di fare incontrare società pubbliche e private, industrie e ricerca

fare incontrare società

pubbliche e private,

industrie e soggetti in-

teressati alla ricerca, al

fine di consolidare una

base industriale del

settore e creare nuove

opportunità di crescita

e di lavoro.

Il termine “batterie”

indica il mercato nella sua interezza,

dato che Ristori scandisce che il la-

voro della piattaforma includerà “tutti

i tipi di tecnologie delle batterie”. È

facile però immaginare che gran parte

dell’interesse sarà calamitato dagli

accumulatori dedicati al settore della

mobilità come dimostra un documento

che già nel 2018 si proponeva di ricer-

care e sviluppare le batterie a stato so-

lido per i veicoli elettrici in un orizzonte

che si spinge al 2020, quindi dietro

l’angolo; e in cui si legge che “l’Europa

deve riguadagnare la propria competi-

tività in mercati che oggi sono domi-

nati da Paesi extra-europei”, e che ciò

“potrebbe verificarsi sviluppando una

nuova tecnologia di batteria di propri-

età europea”.

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133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1

torna al sommario 48

MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

I l Governo attuale ha sempre voluto

fortemente una ampia riforma del

codice della strada e pare che ora la

cosa inizi a concretizzarsi. È arrivato in

Commissione Trasporti della Camera il

primo testo della nuova legge che in-

trodurrebbe molte novità. Ovviamente

al momento si tratta solo di una bozza

che sicuramente verrà emendata in più

punti, ma dove sono già presenti tanti

argomenti toccati nei mesi scorsi.

Si parte dall’introduzione nei veicoli

normati degli hoverboard, monopattini

elettrici, monoruota e tutti i dispositi-

vi simili. Sarà finalmente legale il loro

utilizzo sulle strade anche se si sta di-

scutendo sulla possibilità che vengano

consentiti solo sulle piste ciclabili.

Sono invece diverse le proposte che

riguardano le bici. Controversa e molto

chiacchierata è la proposta di consenti-

re la marcia contromano per i velocipe-

di che attraversano zone con limite di

velocità fissato a 30 km/h. Si trattereb-

be quindi di centri storici e urbani dove i

rischi sono minori. Sempre per i mezzi a

pedali potrebbe arrivare la novità della

doppia linea di arresto: in corrisponden-

URBAN MOBILITY È arrivato il disegno di legge per la modifica del codice della strada

Codice della strada: arrivano monopattini e hoverboard, bici in contromano e molto altroNella bozza presentata alla Camera si parla di nuovi mezzi autorizzati e fumo alla guida bandito

za dei semafori e degli stop ci sarà una

linea più avanzata rispetto a quella dei

veicoli a motore, dove le bici potranno

piazzarsi. Potranno così scavalcare tutta

la fila di veicoli ed avere la precedenza

agli incroci, una norma che esiste già in

diversi Paesi. Un’altra novità riguarda la

possibilità di utilizzare ove presenti le

corsie preferenziali per bus e taxi. Infine

pare ci siano diversi emendamenti che

propongono l’obbligatorietà del casco.

Novità anche per le moto, con quelle

elettriche che finalmente potrebbero

circolare in autostrada legalmente, e

non sfruttando un vuoto normativo. Si

Honda fa un salto in avanti: gli interni della Urban EV sono da vera auto modernaHonda mostrerà al Salone di Ginevra la versione definitiva della Urban EV e nel frattempo ha diffuso la prima foto del cruscotto di M. ZOCCHI

Tra poche settimane Honda mo-strerà per la prima volta, al Sa-lone dell’Auto di Ginevra che si svolgerà dal 7 al 17 marzo 2019, la Urban EV, auto elettrica com-patta della quale finora abbiamo visto solo i primi rendering. La vettura riprende il design vin-tage di alcuni prototipi visti già lo scorso anno a Ginevra e a al Tokyo Auto Salon (qui la nostra gallery), ma dovrebbe essere già nella versione definitiva che verrà commercializzata entro quest’anno.La casa giapponese ha pubbli-cato anche una prima foto degli interni, che mostra in particola-re il cruscotto. Il design minimal anche qui la fa da padrone, ma lo stile sembra da vera auto mo-derna, e come da ultimi trend, basato sul massiccio utilizzo di display. Il classico tachimetro è infatti sostituito da uno schermo che può cambiare aspetto in base alle configurazioni, mentre su tutta la lunghezza ci sono al-tri due display touchscreen che pare integrino anche controlli del vivavoce telefonico.

vocifera anche l’eventualità di inserire

l’obbligo di abbigliamento tecnico per

la sicurezza individuale.

Ovviamente anche per le automobili ci

sono tante novità in arrivo. Ha fatto di-

scutere la possibilità che in alcuni tratti

autostradali il limite di velocità possa

essere innalzato a 150 km/h. In città

potrebbero essere dedicati dei posti

auto ai parcheggi rosa, ovvero riservati

alle donne in gravidanza. Ma la norma

che vede milioni di automobilisti già

preoccupati è quella che imporrebbe il

divieto di fumo alla guida, con relative

sanzioni più salate.

di M. ZOCCHI

R ecentemente il management FCA

si è dimostrato polemico nei con-

fronti degli incentivi statali per le

auto ecologiche, dichiarando di dover

rivedere gli investimenti nel nostro Paese

dopo i provvedimenti di Governo.

C’è quindi timore che la nuova Panda,

in particolare quella con motore ibrido,

possa ritardare. Nonostante ciò, si sus-

seguono le indiscrezioni su come potrà

essere la nuova incarnazione di una delle

auto più amate dagli italiani. Sembra or-

mai assodato che l’utilitaria arriverà quasi

da subito anche in variante ibrida, ma

AUTO IBRIDA Si susseguono le indiscrezioni su come sarà la nuova incarnazione della Panda ibrida

Panda ibrida, ecco come potrebbe essere Possibili Motori FireFly e Mild Hybrid da 48 VDopo la volontà di FCA di rivedere gli investimenti in Italia, si teme un ritardo di consegne

non classica e ovviamente

nemmeno PHEV. La tecno-

logia scelta sarebbe invece

la Mild Hybrid, come ave-vamo già preannunciato,

ed ora pare ci siano nuove

indicazioni sulle caratteristi-

che tecniche. La soluzione

Mild Hybrid, ovvero con un

piccolo motore elettrico a

muovere l’alternatore, potrebbe utiliz-

zare la versione più potente, quella a 48

V, in grado di far risparmiare circa 0.7 litri

di carburante ogni 100 km. Meno pre-

cise le voci sul motore endotermico, che

potrebbe essere il più piccolo dei FireFly,

1.0 turbocompresso, oppure mantenere

un aspirato da 1.0 litri. La vettura dovreb-

be restare intorno ai 70 cv di potenza. La

nuova Panda in ogni caso non è attesa

prima del 2020.

torna al sommario 49

MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019

WiTricity acquisisce Qualcomm Halo: un passo avanti verso la ricarica wireless standardWiTricity, azienda leader nel settore della ricarica wireless per veicoli elettrici, ha acquisito la divisione Halo di Qualcomm e i relativi brevetti di M. ZOCCHI

Da tempo si parla della ricarica wireless applicata anche ai vei-coli elettrici, soluzione ottima anche per le auto a guida auto-noma, che così sarebbero in gra-do di ricaricarsi senza intervento umano. Le società che stanno lavorando a questa idea sono diverse, con il rischio però di non riuscire a standardizzare un sistema che deve essere uguale per tutti i brand. WiTricity, uno dei maggiori player in questo settore, ha acquisito la divisione Halo di Qualcomm. La mossa va nella direzione dell’uniformità tra i sistemi, in quanto WiTricity rice-verà anche i brevetti delle tecno-logie sviluppate da Qualcomm, potendo così integrarle nei pro-pri progetti e avvicinarsi a un sistema standard. La tecnologia non è dissimile da quella utilizza-ta ad esempio negli smartphone. Dei coil magnetici sono presenti nella strada (o nei pad rimovibili) e nella parte basse della vettura, trasferendo così l’energia per in-duzione. Il limite di questo siste-ma, per ora, è l’efficienza ancora non ottimale, il che farebbe spre-care parecchia energia elettrica nella fase di ricarica.

di M. ZOCCHI

L exux, marchio di pregio controllato

da Toyota, presenta il nuovo UX

Hybrid, un SUV compatto o meglio,

un crossover, proposto in Italia esclu-

sivamente in versione Full Hybrid. La

casa dedicherà al nuovo prodotto un

doppio appuntamento con i conces-

sionari aperti nei weekend 9-10 e 16.17

marzo. UX Hybrid è spinto dalla moto-

rizzazione ibrida di quarta generazione,

composta da un motore benzina 2.0 L a

ciclo Atkinson, e da un motore elettrico

da 80 kW, per un totale di 184 cv di po-

tenza. Questo abbinamento gli permet-

te di avere solo 97 g/km di emissioni di

CO2, un buon valore ma non sufficiente

per ottenere gli incentivi statali.

Tuttavia Lexus mette in campo una

suo proposta economica, offrendo uno

sconto di 4.000 euro in caso di rottama-

AUTO IBRIDA Lexus presenta UX Hybrid un crossover con tecnologia ibrida di ultima generazione

Lexus presenta UX Hybrid, il SUV compatto con tecnologia Full HybridMotore benzina 2.0 L a ciclo Atkinson e motore elettrico da 80 kW, per 184 cv di potenza

zione o permuta di un vecchio veicolo. Il

prezzo della versione Executive e Busi-

ness scenderebbe così da 37.900 euro

a 33.900 euro, con garanzia estendibile

fino a 10 anni sia per le parti meccani-

che sia per quelle elettriche.

UX Hybrid è realizzato sulla piattaforma

GA-C, che permette di ottenere i massi-

mi livelli in termini di sicurezza e stabilità

del veicolo, grazie anche al baricentro

più basso. Sempre sul fronte sicurezza,

a bordo troviamo il Lexus Safety System,

un pacchetto di sistemi di sicurezza e

assistenza alla guida che comprende

il Pre-Crash System (PCS), rilevamento

pedoni e ciclisti (anche di notte), man-

tenimento di corsia con allarme supera-

mento (LTA), fari abbaglianti automatici,

riconoscimento segnali stradali e cruise

control adattivo.

di M. ZOCCHI

I l mondo delle eBike è rivoluzion-

ario non solo per un nuovo modo

di utilizzare la bici ma anche per

la possibilità di esplorare nuovi de-

sign e nuove soluzioni per migliorare

e perfezionare i prodotti. Dev’essere

soprattutto quest’ultimo aspetto che

ha colpito un giovane artista franc-

ese, Benjamin Pal, che a soli 22 anni e

fresco di studi ha deciso che le eBike

devono essere il suo lavoro.

Così si è messo all’opera, sia con i cari

vecchi metodi analogici, sia in digitale,

creando design basati su tecniche già

BICI ELETTRICA Un giovane artista francese adora le eBike ed ha deciso di farne il suo lavoro

Una vita da designer di eBike? Un ragazzo ci provaBenjamin Pal, 22 anni, per farsi notare alle case produttrici mostra le sue capacità sui social

utilizzate, ma anche cercando nuove

soluzioni. E per farsi notare ha deciso

un metodo più diretto

del solito curriculum

vitae, utilizzando i

social per proporre

alle case le sue rea-

lizzazioni. Così ab-

biamo ad esempio

la Giant che vedete

qui, immaginata con

motore Shimano STEPS 8000, oppure

una Canyon colore nero e oro molto

impattante, o ancora la YT (foto sopra),

con un telaio dalle soluzioni partico-

lari. In mezzo a queste c’è anche una

eBike senza brand, con un telaio dalle

geometrie mai viste, studiato non solo

dal punto di vista del design, ma an-

che da quello dei carichi di peso, che

Pal spera possa davvero interessare a

qualcuno.

torna al sommario 50

MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019

di Massimiliano ZOCCHI

I l mondo delle auto è sempre stato

semplice, con pochi dati diffusi su

motorizzazioni e prestazioni. Fino a

poco tempo fa le cose più importanti da

sapere erano i cavalli, espressione della

potenza nell’immaginario comune, e la

cilindrata, che dava più o meno un’idea

generica sui consumi. Con l’arrivo delle

auto elettriche queste poche certezze

sono state scosse da nuove unità di

misura, nuove caratteristiche da cono-

scere, nuovi dettagli da valutare per la

scelta di una vettura. Con queste nuove

necessità però sono arrivati anche erro-

ri nelle unità di misura, alcuni tali da indi-

care valori errati, altri più lievi riguardan-

ti solo le corrette modalità di scrittura. A

volte questi errori - un caso frequente è

la capacità delle batterie - sono fatti da

semplici appassionati, ma cosa ben più

grave, a volte sono le case stesse e le

loro agenzie marketing a compierli. Cer-

chiamo quindi di indicare semplicemen-

te il modo corretto per scrivere le unità di

misura che saranno da ora in poi sempre

più popolari.

Regole generaliPartiamo da alcune considerazioni che

sono alla base della questione. Le unità

di misura, quando non accompagnate

da una cifra, vanno sempre scritte per

esteso e completamente in minusco-

lo, anche quando sono derivate da un

nome proprio. Ecco alcuni esempi:

•metro

•volt

•watt

•ampere

•wattora

Al contrario, se l’unità è indicata con la

cifra relativa, è necessario utilizzare l’ab-

breviazione, con le regole che vedremo

più avanti, ad esempio è scorretto indi-

care 12 volt, che andrebbe scritto 12 V.

Altro errore abbastanza diffuso è indica-

re l’unità di misura direttamente adiacen-

te alla cifra, mentre in realtà è buona nor-

ma lasciare uno spazio dopo i numeri,

ad esempio scrivere 300W è sbagliato,

mentre 300 W è la forma più corretta.

Infine nelle unità di misura composte da

AUTO ELETTRICA Con le auto elettriche ci troviamo di fronte a valori fino a ieri inconsueti

Auto elettriche e unità di misura, che caos Ecco come si scrivono correttamenteOra è d’obbligo conoscere le nuove unità di misura da valutare per la scelta di una vettura

più simboli, non si inserisce mai uno spa-

zio, ovvero kWh e non kW h.

I grandi studiosi del passato vanno onoratiUno dei problemi riscontrati con più fre-

quenza è la confusione tra maiuscole e

minuscole. Esistono regole precise per

regolare la scrittura che possono essere

efficacemente così sintetizzate. Le lette-

re che compongono una data unità di

misura, vanno scritte maiuscole quando

derivano da nomi propri, quasi sempre

presi da scienziati e studiosi del passato.

Saranno invece scritte in minuscolo negli

altri casi (a meno che non siano da dieci

alla sesta in su, per cui vanno maiuscolo,

come mega, giga e tera). Riprendiamo

gli stessi esempi:

•m (metro non è un nome proprio)

•V (deriva da Alessandro Volta)

•W (deriva da James Watt)

•A (deriva da André-Marie Ampère)

•Wh (combinazione derivante dal co-

gnome di James Watt e l’unità di tem-

po)

Importante ricordare che sebbene in

molti casi siano abbreviazioni del nome

per esteso, non va mai il punto dopo

l’unità di misura, a meno che non corri-

sponda con il termine di una frase in un

testo scritto.

Come si applicano le regole nel mondo delle autoTorniamo quindi al punto iniziale, ovve-

ro le unità di misura nei cambiamenti

che sta attraversando il mondo automo-

tive. La potenza dei motori viene ormai

espressa più spesso in chilowatt anzi-

ché in cavalli. È giusto quindi indicare

La Maserati Alfieri diventa elettrica, arriva la confermaIl concept Maserati che debuttò al salone di Ginevra nel 2014 andrà in produzione nel 2020, negli stabilimenti di Modena di S. DONATO

Quando fu presentato, quel gior-no di marzo del 2014 a Ginevra, il concept della Maserati Alfieri aveva sotto il cofano un V8 aspi-rato da 4.7 litri che si faceva for-te di 460 cavalli e una coppia di 520 Nm, e avrebbe dovuto fare il debutto in società nel 2018.Ora invece sappiamo che la ve-dremo nel 2020, costruita nel-l’impianto produttivo di Modena che rafforza la sua importanza nel piano industriale, e che sarà elettrica, in due versioni: ibrida plug-in e completamente elettri-ca, con potenze di 410, 450 e 520 cavalli. Le linee al di sopra della piattaforma modulare in allumi-nio saranno quella di una Coupé e di una Cabriolet, che andranno a rimpiazzare rispettivamente la GranTurismo e la GranCabrio.Un grande sforzo è stato fatto per ridurre il peso totale, che pare sarà di soli 175 kg in più di una versione con motore termico, il che dovrebbe consentire, insie-me alle caratteristiche intrinse-che della prima sportiva elettrica del Tridente, di toccare i 100 Km/h in due secondi e una velocità massima di 300 Km/h.L’Alfieri attrarrà nella sua scia di rinnovamento anche la Quattro-porte, la Levante e la Ghibli e ci sarà spazio anche per un SUV, che dovrebbero mostrarsi tutte ai nostri occhi entro il 2022.

ad esempio che un motore ha 70 kW

di potenza, con maiuscole e minuscole

come abbiamo visto in precedenza.

Spesso viene sbagliata l’unità di misura

delle batterie, indicandole in chilowatt,

cosa formalmente errata in quanto in-

dica una potenza istantanea e non una

quantità di energia. Per gli accumulato-

ri si usa il chilowattora, che aggiunge

l’unità di tempo. È corretto quindi indi-

care che una data batteria ha una ca-

pacità di 100 kWh, sempre rispettando

l’ordine di eventuali maiuscole. A volte

è possibile imbattersi nella descrizione

delle singole celle che compongono

una batteria con i valori di tensione e

durata di erogazione della corrente,

come ad esempio 48 V, 12 Ah. Le auto

elettriche hanno il noto vantaggio di

avere coppia massima a zero giri moto-

re, valore che va indicato, ad esempio,

come 200 Nm (newtonmetro, dal nome

di Isaac Newton, e metro).

Allo stesso modo del motore, le colonni-

ne di ricarica hanno una potenza istan-

tanea di erogazione, per cui il valore è

espresso in chilowatt. Si dice quindi che

un punto di ricarica ha 22 kW di poten-

za, e ipotizzando di ricaricare a quella

potenza per un’ora, si immagazzinano

22 kWh (e non kW come spesso erro-

neamente indicato).

Infine citiamo una particolarità delle

unità di misura riguardanti la temper-

atura. Quando riportata in gradi celsius

si indica come °C, poiché sono appunto

gradi e derivano dal nome di Anders

Celsius. Quando invece la temperatura

è riportata in kelvin si indica semplice-

mente K, perché non sono gradi ma

l’unità di misura termodinamica, dal

nome di William Thomson, barone di

Kelvin.

torna al sommario 51

MAGAZINEn.27 / 1925 FEBBRAIO 2019

di M. ZOCCHI

N ella manovra finanziaria il Governo

non ha incluso solo incentivi per

auto elettriche ed ibride plug-in,

ma anche delle agevolazioni fiscali per

tutti i cittadini che intendono acquistare

ed installare una cosiddetta wallbox, ov-

vero una versione ridotta della colonnina

di ricarica, adatta a spazi privati e box.

Sempre con decorrenza dall’1 marzo

2019 e fino al 31 dicembre 2021 (il de-

creto attuativo dovrebbe arrivare in tem-

po), sarà possibile avere una detrazione

fiscale del 50% in 10 anni per le spese

sostenute per approntare un punto di

ricarica privato. La wallbox può essere

dedicato sia a una vettura elettrica sia ad

una ibrida plug-in, ma non deve assolu-

tamente essere accessibile al pubblico.

Nel dettaglio la detrazione è applicabile

AUTO ELETTRICA Agevolazioni fiscali per chi intende acquistare ed installare una wallbox

Incentivi: lo Stato offre 1.500 euro per l’installazione di un punto di ricarica privatoLa wallbox può essere per una vettura elettrica o una ibrida plug-in, ma non accessibile al pubblico

per il costo di acquisto

della wallbox, per le spese

sostenute per la sua instal-

lazione ed eventualmente

per il costo per l’aumento

della potenza al contatore

fino a 7 kW. Nel caso sia

necessario, per spese di

installazione si intendono

anche eventuali lavori ne-

cessari in parti comuni di

un condominio. Somman-

do tutte queste voci, la detrazione sarà

pari al 50% dell’importo, per una spesa

massima di 3.000 euro, quindi 1.500

euro di detrazione. Se la spesa fosse su-

periore, la cifra massima detraibile resta

1.500 euro. Il meccanismo per usufruire

dell’agevolazione è lo stesso visto già in

casi simili, ovvero con detrazione annuali

in dieci quote di pari importo. Le wallbox

ammesse sono quelle dette Modo 3, non

saranno pertanto valide semplici prese

elettriche industriali, e pare non saranno

ammessi nemmeno i caricatori portatili

Modo 2. Si attende il decreto per even-

tuali ulteriori specifiche. Vi rimandiamo

anche alla nostra Guida alla Ricarica,

nello specifico alla pagina sulla ricarica

casalinga.

di F. AQUINI

I l gruppo Volkswagen ha pubblicato

una presentazione dove illustra, dati

alla mano, come l’intero ciclo di vita

del nuovo modello totalmente elettrico

ID sia di gran lunga più pulito di qualsiasi

veicolo diesel. Ciclo di vita più pulito,

non c’è dubbio, a patto che l’utente ca-

richi poi l’auto con energia prodotta in

modo pulito, è ovvio. Per quanto riguar-

da il resto, ovvero la fase di produzione

dell’auto e la produzione dell’energia,

Volkswagen sostiene di produrre un

quantitativo di CO2 enormemente infe-

riore agli altri veicoli, tanto che il quan-

AUTO ELETTRICA La tesi è chiara: l’auto elettrica emette meno CO2 durante l’intero ciclo di vita

Le elettriche inquinano più del diesel? Ecco un grafico Volkswagen che dice il contrarioVolkswagen ha lanciato una nuova unità di ricarica per ricaricare i veicoli con energia pulita

titativo totale risul-

tante farebbe della

ID un veicolo defini-

tivamente più pulito.

Il che mette a tacere

per sempre le pole-

miche sull’effettiva

natura “green” dei

veicoli elettrici. I cal-

coli fatti da Volkswa-

gen sono questi:

la nuova ID produrrebbe, grazie a un

miglioramento drastico nelle fasi di

produzione nell’ordine del milione e

mezzo di tonnellate di CO2 all’anno, 57

grammi di CO2 per chilometro in fase

di produzione dell’auto e 62 grammi di

CO2 per chilometro nella produzione

dell’energia necessaria ad alimentare

l’auto. Il totale si ferma a 119 grammi

di CO2/Km. Nel caso del diesel invece

abbiamo 29 grammi per chilometro nel-

la fase di produzione, 11 grammi per la

produzione di carburante e 100 gram-

mi per chilometro nell’utilizzo dell’auto,

per un totale di 140 grammi di CO2/Km.

All’inizio di quest’anno, Volkswagen ha

lanciato una nuova unità di ricarica che

aiuterà in futuro i proprietari di veicoli

elettrici a ricaricare i propri veicoli con

energia pulita.

La tesi, stando ai dati pubblicati, è chiara

e definitiva: tutti i veicoli elettrici emet-

tono oggi meno CO2 degli altri veicoli

durante l’intero ciclo di vita.

Peugeot cambia la sua firma in “e-Motion”: arriva la 208 elettricaStorico passaggio per Peugeot che cambia il suo slogan da “Motion & Emotion” a “Motion & e-Motion”. A Ginevra svelerà la 208 elettrica di M. ZOCCHI

Da tempo si vocifera della volontà del gruppo PSA di entrare con più decisione nel mercato dell’elettri-co, ed ora questo momento sem-bra arrivato. Una dei marchi del gruppo, Peugeot, ha presentato la nuova versione dello slogan che da tempo accompagna il suo logo. Il gioco di parole resta simile, ma si passa dal vecchio “Motion & Emotion” al nuovo “Motion & e-Motion”, giocando sulla pronuncia ma andando chiaramente ad indi-care un futuro più elettrico.La casa francese, in occasione del Salone di Ginevra, svelerà anche una nuova variante dello stori-co logo a forma di leone. Nella stessa occasione è ormai certo che svelerà la 208 con motoriz-zazione 100% elettrica, già vista in fase di test invernali con desi-gn nascosto. Al momento sulla 208 elettrica non sappiamo an-cora nulla, ma Peugeot prevede già di avere, entro il 2023, tutti i modelli in qualche modo con una versione elettrificata. Ciò signifi-ca che alcuni verranno scelti per essere completamente elettrici, altri invece avranno una versione ibrida plug-in affiancata a quella a motore endotermico. Le prime PHEV dovrebbero essere la 3008 e la 508, sia sedan sia wagon, in arrivo nel 2019.