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INDICE RASSEGNA STAMPA

Indice Rassegna Stampa

05settembre2017

Pagina I

Iniziative ed eventi

05/09/2017 p. VII Tre autori lucchesi per chiudere il cinema all'apertoTirreno Lucca 1

Segnalazioni

05/09/2017 p. 1 Addio all'ultimo degli «Amici Miei» Giulio Gori,EdoardoSemmola

Corriere Fiorentino 2

05/09/2017 p. 27 Addio amici miei, Gastone se ne va Il cinema perde l'arte diMoschin

Silvio DaneseQn 4

05/09/2017 p. 1 Addio all'ultimo di "Amici miei" gli eroi beffardi dellasupercazzola

StefanoBartezzaghi

Repubblica 6

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A VILLA BOTTINI

Cristina Picchi

11 LUCCA

Allea Cinematografica, cheper il terso anno consecutivoha gestito la programmazio-ne del cinema all'aperto divilla Bottini a Lucca, chiudela stagione estiva 2017 conuna serata dedicata a tre gio-vani autori lucchesi: CristinaPicchi , Emiliano Galigani eBartolomeo Pampaloni.

Questa sera alle 21, a villaBottini saranno proiettati i lo-ro lavori selezionati tra la pro-duzione recente. Due sonocorti, il terzo è un lungome-traggio.

Cristina Picchi presentaChamp des Possibles, giratonel 2015 in Canada, e presen-tato alla 72° Mostra del Cine-ma di Venezia, nella sezioneOrizzonti.

Emiliano Galigani presen-ta Le piccole cose, un corto-metraggio girato a Luccanell'estate 2017 realizzatograzie al contributo della Fon-dazione Banca del Monte. Ilprogetto fa parte della produ-

Emiliano Galigani Bartolomeo Pampaloni

Tre autori lucchesiper chiudereil cinema all'apertozione di un film che sarà rea-lizzato da Metropolis Produ-zioni nel 2018, dal titolo "Ilprimo giorno d'estate".

Bartolomeo Pampalonipresenta Roma Termini, undocu-film che ha ottenutouna menzione speciale dellagiuria al Festival del Cinemadi Roma 2014 ed è stato sele-zionato al Raindance FilmFestival 2015.

La serata è a ingresso libe-ro fino ad esaurimento posti."Abbiamo scelto questa for-mula - dice il presidente diAllea, Alberto Gabbrielli - perconcludere la stagione in mo-

do diverso e originale. Unomaggio alla città e una dedi-ca speciale agli appassionatidi cinema, che ci hanno se-guito con affetto e partecipa-zione contribuendo al cre-scente successo della rasse-gna del cinema all'aperto".

In questi tre anni di attivi-tà, cinema villa Bottini haproiettato quasi 200 film chehanno richiamato nellosplendido giardino di villaBottini quasi 40 mila spetta-tori nel segno del grande ci-nema italiano e internaziona-le.

CRI PRODUZIONE RISERVATA

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Cinema in lutto

Addio all'ultimo degli «Amici Miei»

Era rimasto solo lui, il resta a cuore aperto con «ho l'umiliazione delleMelandri, l'ultimo degli visto la Madonna», per poi «sottocoppe di peltro».Amici Miei. Il più romantico, naufragare con il suo amore continua a pagina 8l'ingenuo, che parte lancia in tra il patetico «cippa lippa» e Gori, Semmola

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CINEMA IN LUTTO

addio a Moschin-MelandriLo «zingaro» romanticoera l'ultimotdefili amici Miei

SEGUE DALLA PRIMA

Ce lo ricordiamo trainato perpiazza Oberdan dal gigante Bi-rillo al guinzaglio o a gigioneg-giare nella supercazzola collet-tiva al vigile di via dei Renai difronte al Bar Necchi con la suainimitabile risata trattenuta.Gastone Moschin si è spento ie-ri all'Ospedale Santa Maria diTemi, a 88 anni. Come attore diteatro negli anni Cinquanta hamilitato nelle compagnie delloStabile di Genova, al Piccolo diMilano e allo Stabile di Torino,poi apprezzato attore al cinemacon Anton Giulio Majano, Da-miano Damiani e Francis FordCoppola per cui interpretò l'ar-rogante gangster don Fanuccine Il Padrino - parte II. Ma perla storia della commedia all'ita-liana e soprattutto per Firenze èda sempre e solo «il Melandri»,l'architetto Rambaldo innamo-rato.

Che ci lascia così, come fosseun auto-epitaffio: «Come vorreiche venisse fuori un funeraloneda fargli prendere un colpo atutti e due quelli lì: e migliaia dipersone, tutte a piangere, e co-

Al bar NecchiGli «Amici» nelloro quartiergeneralein via dei Renai,a prepararela prossimazingarata

rone, telegrammi, bande, ban-diere, puttane, militari...». Nonuna ma due volte. La prima,l'inimitabile: il finale di AmiciMiei, l'atto primo. Quello sfogoper il funerale del Perozzi e percome avrebbe potuto essere. Euna seconda volta, sette anni fa,quando le telecamere del docu-mentarista fiorentino FedericoMicali andarono nella sua casaa Lodi per il corto L'ultima zin-garata a 35 anni dalla pellicoladi Monicelli. Doveva esserci an-che lui in Santo Spirito, per larievocazione. Ma stava già malee mandò un video-messaggiocommovente. Firenze con lesue migliaia di tributi affettuositra figuranti, passanti, amicidegli Amici che affollarono l'Ol-tramo quella sera, gli dimostròquanto gli voleva bene, in ungrande abbraccio collettivo.

A parte il siciliano ma mezzotoscano Adolfo Celi, tra il cre-monese Ugo Tognazzi, il fran-cese Philippe Noiret e il pie-montese Duilio Del Prete, fuproprio lui, veneto di nascita eumbro d'adozione, quello cheebbe più difficoltà a «sciacqua-re i panni in Arno» in quanto ad

accento e inflessione. Ma avevasciacquato ben più dei panniquando nel secondo capitolodella saga non esitò a gettarsi ditesta, tutto vestito, nelle acquefangose del 4 novembre'66 persalvare «un arazzo su cartonidel Mantegna».

Da anni si era ritirato in Um-bria e lì aveva aperto una scuoladi teatro con la figlia. «Si erachiuso a vita privata, restio afarsi coinvolgere in qualsiasicosa» ricorda Micali che andò atrovarlo per girare quelle ulti-me melanconiche scene. «Ègrazie a sua figlia se siamo riu-sciti a convincerlo a riprendereancora, dopo anni, il ruolo delMelandri» e dopo averlo fattonon riuscì nemmeno lui a trat-tenere lacrime e risate insieme.Il sindaco Dario Nardella lo haricordato con un tweet: «Caro#Moschin per noi sarai semprel'ineffabile architetto Melandri.Addio amico nostro! #amici-miei». In pochi minuti la suadipartita era già trend topic suTwitter.

«Oltre che un grandissimoattore, era un gran signore, gar-bato, spiritoso, anche un po' ti-

StregatoIl Melandriin ospedalecolto dal colpodi fulmineper Donatella,la sua«Madonna»

ij`

mido. Moschin non era troppodiverso dal suo Melandri». PerAlessandro Haber, che nel se-condo atto recitò la parte di Pa-olo il «bel vedovino», Moschinè stato una sorta di nume tute-lare: «Ero un ragazzino, lo in-contrai per caso al Bar Motta diVerona. Era il primo attore chevedevo in carne e ossa in vitamia. Lo fermai e gli raccontaiche anch'io volevo diventare at-tore. E lui ebbe la pazienza direstare ad ascoltarmi... Un gen-tiluomo». A teatro, chiunqueentrasse nel suo camerino, lotrovava completamente vuoto;giusto un asciugamano e unasaponetta, nient'altro. Non ave-va i vezzi di altri prim'attori,non era superstizioso, non por-tava monili; non aveva mai nep-pure una matita per gli occhi:«Era così bravo, così espressivo,che non aveva bisogno di truc-carsi per andare in scena», ri-corda Haber.

«Ma perché non siamo natitutti finocchi?», urlava felice ilMelandri dopo lo scherzo delloschiaffo ai pendolari in parten-za da Santa Maria Novella.Quella battuta del primo atto diAmici Miei forse gli era rimastaimpressa nella mente fino a tar-da età: «L'ultima volta che cisiamo incontrati, qualche annofa, fu per il casting di un filmche poi non s'è mai fatto - rac-conta ancora Haber- lui mi dis-se che non gli interessava piùrecitare, ma quel copione suuna storia di sette anziani omo-sessuali lo aveva trovato strabi-liante e gli era tornata la voglia.E più si parlava della sceneggia-tura più si rideva».

Giulio GoriEdoardo Semmola

Il RigolettoGli Amiciin macchinapartonoperla zingaratacantandoin coro l'aria«Bella figliadell'amore»

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Addio amici miei, Gastone se ne vaIl cinema perde l'arte di Moschin

L'indimenticabile architetto Melandri di Monicelli è morto a 88 anni

Una lungacarrier

IL successo con iL fLmSignore & signori"di Pietro Germi Lo rivelòaL grande pubblico

Silvio Danese

PER FARSI un'idea svelta dellapoliedrica dote artistica di Gasto-ne Moschin, scomparso ieri a 88anni a Terni, tra teatro, cinema etelevisione quando l'incrocio eraauspicabile e forse inevitabile, ba-sta richiamare il cast di un film incui è comprimario tra altrettantiassi di set, palcoscenico e sceneg-giati in bianco e nero sul canaleunico: "Signore & signori" (1965)di Pietro Germi, le tre storie dicorna nell'innominata Treviso do-ve il suo ragionier Osvaldo Bisiga-to, afflitto da moglie insopportabi-le e da separazione vietatadall'onore ai tempi del divorzioimpossibile, è stressato da tuttiperché rimetta a posto le cose,amante compresa.

CON LUI Nora Ricci, Alberto Lio-nello, Olga Villi, gli amici di unagenerazione di attori che avevastudiato Shakespeare o Goldoni(Moschin negli anni '80 fondòuna sua compagnia goldoniana)alla Scuola d'arte drammatica e siaffidava al cinema, la commedia,con professionismo evitando ilpensiero dominante: che fosse undiscredito. Per farsi inveceun'idea della popolarità fuori dalcerchio, grande a quel tempo, del-le sale cinematografiche, laddoveil successo della commedia thril-

LE "°ZINGARATE"Un attore versatilema La sua notorietà esplosecon iL ruolo nella saga

ler "I sette uomini d'oro" (1965)di Marco Vicario aveva fatto già lasua parte (lui era il severo Adolf iltedesco), be', lo sappiamo tutti, Siva a ricordare l'exploit dei vitello-ni cinquantenni dal cinico gustoburlone toscano di "Amici miei"(1975) di Monicelli.Nella saga, con "Atto II" (1982)ancora con Monicelli e "Atto III"(1985) di Nanni Loy, ognuno hala sua icona, ma il suo Melandri,

l'architetto sedotto dalla Donatel-la, in fondo lo zingaro più rispetto-so, diciamo cavaliere, resta il se-gno più realistico, borghese, nelsatirico mondo dei magnificiquattro, sociologicamente spessopoco attendibile quanto irresisti-bile.

NATO nel 1929 a San GiovanniLupatoto, provincia di Verona,esordiente in teatro nei primi an-

ni '50, quando passa dallo Stabiledi Genova al Piccolo Teatro e poiallo Stabile di Torino affrontandoCecov e Pirandello, e l'amatissi-mo Goldoni, Moschin esordisceal cinema nel 1955 con "La riva-le" di Anton Giulio Majano, fir-ma televisiva che annuncia un me-morabile passaggio di Moschinsul piccolo schermo come il rossoe insieme signorile Valjant di "Imiserabili" (1964) diretto da San-

dro Bolchi.Il volto insieme signorile e morbo-so di Moschin, con quello sguar-do incerto, a volte meschino,nell'attesa però di balzare sullapreda, è il marchio della sua foto-genia nella commedia, sociale o

AMATO DAI GRANDIHa lavorato con registicome Ferreri, LizzaniBertoLucci e Vancini

disimpegnata, e dunque da "Au-dace colpo dei soliti ignoti"(1960) a "Anni ruggenti" (1962)di Loy, dove si fa notare come ilcodardo Carmine Passante nelfilm "Gli anni ruggenti" del 1962,di qui fino agli anni `80 di "Com'èdura l'avventura" (1987), passan-do per "Fiorina la vacca" (1972)per stare ai titoli leggeri, mentreproprio quel tipo di faccia fa gio-co negli spaghetti western, con il

non proprizio "Gli specialisti"(1969), di Sergio Corbucci.

NOTO ai grandi registi italiani peril taglio netto del suo volto nell'ar-tigianato di un inteprete colto eprofessionale, Moschin ha lavora-to con Bernardo Bertolucci in "IlConformista" (1970) di BernardoBertolucci, con Florestano Vanci-ni in "Le stagioni del nostro amo-re" (1966) e "Il delitto Matteotti"(1973), con Marco Ferreri per"L'harem" (1967), con Carlo Liz-zani in "Roma bene" (1971).E' stato anche protagonista di uncurioso, raro esempio di fantasyitaliano, "L'inafferrabile invinci-bile Mr. Invisibile" (1970) di An-tonio Margheriti, dove si giocacon le sparizioni e le ricomparse aritmo lento. Moschin si porta inparadiso la responsabilità di aversostituito Fernandel in un episo-dio della serie Don Camillo("Don Camillo e i giovani d'og-gi",1972), diretto da Mario Came-rini, e naturalmente lo assolvia-mo e benediciamo.

NNINNOUNINNE

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A destraMoschin nellaparte delfamoso pretedella Bassapadana in'Don Camillo

e i giovanid'oggi " (1972),diretto daMarioCamerini

Qui nel ruolodel ragionierBisigato inSignore &signori" (1965)di Pietro Germi

Moschin -Melandri in "Amici miei": in alto il primo film , sotto l 'Atto III

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Addio all'ultimo di "Amici miei"gli eroi beffardi della supercazzolaSTEFANO BARTEZZAGHIC IPPA Lippa è rimasta vedova.

L'ultimo eroe delle «zingara-te» ha raggiunto gli «amici

suoi» nell'empireo allegro, ma an-che malinconico , dei commedianti.Era Gastone Moschin, nato nel1929, attore versatile di cinema,teatro e televisione , rimasto im-presso nella memoria nazionale so-prattutto per aver interpretato l'ar-chitetto Rambaldo Melandri inAmici miei.

SEGUEA PAGINA 49CON SERVIZI DI BANDETTINI E NEPOTI

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IL COMMENTO

Goliardicoe scorrettosedusseCippa Lippa

<SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

STEFANO BARTEZZAGHI

T RA il suo personag-gio che, grazie aun corteggiamen-to collettivo telefo-

nico, riusciva a sedurre labellissima Donatella (OlgaKarlatos), moglie del prima-rio Alfeo Sassaroli, interpre-tato da Adolfo Celi. Era luiche aveva appunto coniatoil vezzeggiativo, inverosimi-le, di «Cippa Lippa», susci-tando culmini di sadismonei suoi amici aguzzini; eralui che non riuscendo a sop-portare il ménage familiaresceglieva la fuga, si rinfran-cava tirando schiaffoni aipasseggeri in partenza e inun momento di entusiasmoper la riuscita della burlachiedeva allo stesso Celi, To-gnazzi (il Mascetti), Noiret(il Perozzi), Del Prete (ilNecchi): «ma perché nonsiamo nati tutti finocchi?».

Già, perché erano perl'appunto tutti maschi, can-tatori corali della "Bella fi-glia dell'amore" ma anchedella "Bucaiola". Del restonegli anni in cui Pietro Ger-mi ideò la sceneggiatura e

Erano gli anni in cuiil cinema se ne fregava delpoliticamente corretto ecolpiva il bacchettonismo

in cui Mario Monicelli girò ilfilm (uscito nel 1975) nonsi parlava di «politicamentecorretto» e in fatto di allusio-ni sessuali e coprolaliche latrasgressione colpiva unbacchettonismo anteriore,di radici assai profonde.

La scena della «supercaz-zola» con il vigile urbano ri-peteva i fastidi Totò e Peppi-no in piazza del Duomo a Mi-lano ma con l'aggravantedel dolo: il lemma «super-cazzola» è di recente entra-to nei vocabolari italiani.Ora, quarant'anni dopo, losi impiega più di allora, poi-ché il nonsenso doloso nonè più cosa da commedia: èsceso direttamente in politi-ca.

Con il grande Moschin,gli «amici miei» (diventatianche un po' nostri) se nesono andati proprio tutti edè appena il caso di ricordareche alla fine del primo, lumi-nosissimo episodio della se-rie, la trasgressione arriva-va a colpire il tabù più estre-mo: la morte. L'agonia, laconfessione, il funerale e,nel secondo episodio, la visi-ta al cimitero a salutare ilPerozzi e a far impazzire digelosia postuma il vedovointerpretato da AlessandroHaber.

Goliardica e maschilista,la sfida a cui Moschin hacontribuito con la sua artefu, innanzitutto, liberato-ria. E sedusse tutti, non lasola, derelitta e bellissimaCippa Lippa.

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