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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. CONFIMI 05 luglio 2018

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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogniriproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiutasotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso impropriodello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.

CONFIMI05 luglio 2018

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INDICE

CONFIMI

05/07/2018 Il Fatto Quotidiano AEROPORTO RECORD TERZO IN ITALIA Bergamo vola Rinascere con una pistae 12 milioni di passeggeri

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05/07/2018 Il Fatto Quotidiano Ubi, che scandalo. Il processo fa tremare gli dei della finanza

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05/07/2018 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale Decreto dignità, la rabbia del nord Le imprese: «Ideologia dannosa»

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05/07/2018 QN - Il Resto del Carlino - Ravenna 'Industria a tavola' a Casa Spadoni

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05/07/2018 QN - Il Giorno - Nazionale Decreto dignità, la rabbia del nord Le imprese: «Ideologia dannosa»

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05/07/2018 QN - La Nazione - Nazionale Decreto dignità, la rabbia del nord Le imprese: «Ideologia dannosa»

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05/07/2018 Corriere del Veneto - Vicenza Etra, le categorie «Ridurre le tariffe usando gli utili»

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05/07/2018 Eco di Bergamo Il decreto Di Maio fa discutere l'industria «Sui contratti a termine la stretta cista»

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05/07/2018 Il Giornale di Vicenza «Il decreto dignità non risolve la precarietà»

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05/07/2018 Il Giornale di Vicenza Etra, la Cogo per il dopo Montagner

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CONFIMI WEB

04/07/2018 ilsole24ore.com Anc: bene l'addio dello split payment per i professionisti

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04/07/2018 Corriere di Siena.it Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3)

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04/07/2018 Corriere di Siena.it Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 Il Dubbio.news Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3)

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04/07/2018 Il Dubbio.news Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 lastampa.it 15:32Confimi: "Chi è precario non può garantire la stabilità"

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04/07/2018 Tribuna Politica Web.it Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 affaritaliani.it 16:18Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 affaritaliani.it 16:18Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3)

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04/07/2018 liberoquotidiano.it 16:18Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 arezzoweb.it Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 padovanews.it 16:36Lavoro: apindustria vicenza, non si combatte cosi la precarieta

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04/07/2018 faenzanotizie.it 16:46Festa de l'Unità. A Faenza arriva Matteo Richetti, portavoce della Segreterianazionale del Pd

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04/07/2018 ravennatoday.it 16:43Pd, alla Festa dell'Unità di Faenza un confronto con il senatore Matteo Richetti

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04/07/2018 sardegnaoggi.it 16:00Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 sassarinotizie.com 16:40Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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03/07/2018 vicenzapiu.com Fatturazione elettronica, Apindustria: "c'è da rimanere attoniti"

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04/07/2018 impresamia.com 08:55PMI-Confimi: Agnelli su Dl Dignità, 'Chi è precario non può garantire lastabilità'

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04/07/2018 piunotizie.it 17:18Festa de l'Unità, domani arriva Matteo Richetti

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04/07/2018 olbianotizie.it 16:15Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 cataniaoggi.it 17:00Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 corrieredellumbria.corr.it Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 corrieredirieti.corr.it Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 corrierediviterbo.corr.it Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 Qui Brianza News 19:03Confimi Industria Monza e Brianza: il "place" del rappresentare

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04/07/2018 CalcioWeb 17:39Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 SportFair 16:31Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 Informazione Professionale 09:55Fatturazione elettronica. Anc e Confimi, ritardi minimi a regime il no ... -eDotto

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04/07/2018 Basilicata24 Potenza, presentato il progetto per nuova area artigianale

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04/07/2018 ilfoglio.it 16:30Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 lavocedinovara.com Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 makemefeed.com 02:00Riserve di ANC e Confimi sui tempi di trasmissione della fattura elettronica

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05/07/2018 mbnews.it 04:11Il "Decreto Dignità" scontenta le imprese di Monza e Brianza

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04/07/2018 mbnews.it 09:46Contratto unico della manifattura e Ministero delle Pmi: Confimi rilancia daMonza

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04/07/2018 meteoweb.eu Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà

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04/07/2018 regione.basilicata.it 10:17Confapi Potenza su area artigianale Tiera di Vaglio

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04/07/2018 sestonotizie.it 16:18LAVORO: APINDUSTRIA VICENZA, NON SI COMBATTE COSì LA PRECARIETà

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04/07/2018 tviweb.it 15:35ECONOMIA - Lorenzin su DL Dignità: 'Non si combatte così la precarietà'

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04/07/2018 tviweb.it 10:08ECONOMIA - Apindustria: no alla fatturazione elettronica asincrona

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04/07/2018 vicenzareport.it 16:18Decreto Dignità, "Non si combatte così la precarietà"

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SCENARIO ECONOMIA

05/07/2018 Il Sole 24 Ore la confusione sulla flat tax

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05/07/2018 Il Sole 24 Ore politicizzazione e leggi ingiuste

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05/07/2018 Il Sole 24 Ore Tremonti: delocalizzazioni a rischio ricorsi

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05/07/2018 Il Sole 24 Ore Quota 100 costa 8 miliardi Lite Boeri-Salvini

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05/07/2018 Il Sole 24 Ore Le imprese del Nord: a rischio lavoro, crescita e investimenti

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05/07/2018 Il Sole 24 Ore Gli emergenti prime vittime del caos-dazi

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05/07/2018 Il Sole 24 Ore PERCHE' LA FINE DEL QE PUO' FAR GIOCO ALL'ITALIA

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05/07/2018 La Repubblica - Nazionale Brambilla "Ma il ritorno alle pensioni di anzianità costerà meno di 5 miliardi"

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05/07/2018 Panorama Ogni promessa è debito

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05/07/2018 Panorama Flat tax, tanti ne parlano, nessuno ha capito come funziona

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05/07/2018 Panorama È sull'economia (non sui migranti) che avverrà il duello tra Lega e 5 Stelle

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SCENARIO PMI

05/07/2018 Il Sole 24 Ore Cdp e le imprese, al via fondo Ue per la banda larga

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05/07/2018 Il Sole 24 Ore Le 56 Pmi nella «zona d'ombra» del listino

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05/07/2018 Il Sole 24 Ore Appalti, con più direzioni operative la Pa non può evitare le rotazioni

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05/07/2018 MF - Sicilia Efficienza energetica, bando a burocrazia zero

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05/07/2018 ItaliaOggi Accanto a Europa Park un grande parco acquatico

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05/07/2018 Avvenire - Nazionale Italiaonline porta le pmi sul digitale

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CONFIMI 10 articoli

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AEROPORTO RECORD TERZO IN ITALIA AEROPORTO RECORD TERZO IN ITALIA Bergamo vola Rinascere conuna pista e 12 milioni di passeggeri ANDREA GIAMBARTOLOMEI Rendi un volo low cost per Milano e, dopo aver sorvolato campi e capannoni, atterri a duepassi da Bergamo Alta, città antica racchiusa nelle mura venete diventate patrimonio Unescoun anno fa. Sei chilometri separano la città d al l ' aeroporto " il Caravaggio " di Orio al Serio,terzo scalo milanese che ha superato Linate e incalza Malpensa senza neanche avere avuto ilsostegno politico della Lega di Umberto Bossi e Roberto Maroni. Nel 2017 sono atterrati12.336.137 passeggeri (+10,54%), sedicesimo anno di crescita consecutivo. Cifrestraordinarie per una città di 120 mila abitanti. Così, da terzo scalo milanese, Orio al Serio èdiventato il terzo aeroporto italiano per passeggeri dietro Fiumicino (40 milioni) e Malpensa(22) e davanti a Venezia (10). E DIRE CHE A BERGAMO l ' ae roporto, voluto negli anni 70 daalcuni imprenditori locali, serviva soprattutto per i corrieri. La svolta è arrivata nel 2002 conRyanair che ha scelto Orio come hub dell ' Europa del Sud. Il fiuto degli affari dei bergamaschiha fatto il resto: appena fuori dall ' aeroporto sorge l ' Oriocenter, enorme centro commercialerealizzato nel 1998 da Antonio Percassi, imprenditore e presidente della " Dea " , cioè l ' A t ala n t a . Nei paraggi, alcuni proprietari di capannoni hanno trasformato le strutture inparcheggi in cui lasciare l ' auto prima di partire. In città, dove si fermano almeno per unanotte 400 mila dei passeggeri atterrati a Orio, sono aumentate le strutture ricettive,soprattutto a Bergamo Alta, dove proliferano i venditori di cibo d ' aspor to: dalle pizze altrancio alla polenta take away del Polentone, un franchising che rilancia il piatto locale. MOLTIPENSANO che qualcosa stia cambiando dentro le mura della cittadella antica. L ' i mpressioneè di un borgo per ricchi (abitano da queste parti Tomaso Trussardi e Michelle Hunziker, l ' exvicepresidente di Confindustria e presidente della Brembo Alberto Bombassei e il sindacoGiorgio Gori con la moglie Cristina Parodi) assaltato dai visitatori e dove il ceto medio rimanecon difficoltà. Da alcuni anni l ' Associa zione per Città Alta e i colli denuncia " il preoccupanteprocesso di trasformazione in atto in Città Alta a tutto vantaggio di un turismo sempre piùinvasivo " . Conferma l ' i m p r e ssione Aldo Ghilardi, presidente della Cooperativa Città Altache dal 1981 gestisce il " Circo lino " , ritrovo per anziani e studenti: " È in atto un processo dispopolamento perché i privati, anziché affittare, creano bed and breakfast " . Dal 1971, lapopolazione è dimezzata, ora si aggira sui 2.700 abitanti, ma le percentuali degli abitanti perfasce d ' età è affine a quella di altri quartieri, con una grande presenza di anziani. Una dellesoluzioni su cui punta l ' amministrazione Gori per tenere in vita Città Alta è la creazione dialloggi per studenti dell ' Università di Bergamo. Nell ' anno accademico 2015-16 l ' ateneoaveva 17 mila iscritti dei quali il 39% proveniente da altre province e il 5,7 d al l ' estero. " L 'università intende arrivare ad avere 20 mila studenti entro il 2020. Sta assumendo un ruoloimportante " , evidenzia l ' a s s e ss o r e all ' Urbanistica, Francesco Valesini. COSÌ ILCOMUNE e la Cassa Depositi e Prestiti hanno destinato parte della ex caserma " Mont elungo ", a Bergamo Bassa, a residenza: " Ci saranno 300 appartamenti e anche alcune attività delCus " . È soltanto una delle tante opere di riqualificazione avviate. Un altro grande progettopubblico trasformerà gli ex Ospedali uniti, sempre di Cdp, nella sede unica della scuola allieviufficiali della Guardia di Finanza. Molte altre aree abbandonate dalla chiusura di aziende

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manifatturiere saranno riconvertite dai costruttori privati, la forza trainante di questa stagionedopo la crisi manifatturiera. " Una volta eravamo famosi per la laboriosità e la cocciutaggine ", ricorda Paolo Agnelli, imprenditore nel settore dell ' alluminio e fondatore di ConfimiIndustria, organizzazione alternativa a Confindustria. Operosa Bergamo lo è rimasta, è unodei principali poli produttivi del Nord, con un tasso di disoccupazione molto basso, anche tra igiovani. Tuttavia la manifattura ha perso terreno, mentre resiste lo stereotipo del bergamascoin canottiera, cappellino di carta e cazzuola in mano. A Bergamo i muratori avranno ancoramolto da lavorare con centinaia di milioni che verranno investiti. Nella zona della stazione,dove si concentra lo spaccio e il consumo di eroina, sono previsti molti interventi diriqualificazione. Il più grande è quello di " Porta Sud " , 450 mila metri quadrati nell ' ex scalomerci dismesso dalla Ferrovie, dove la Vitali Spa prevede opere con costi stimati intorno almiliardo di euro. È già avviato uno dei progetti più ambiziosi e costosi (120 milioni), ilprogetto " Chorus Life " sull ' area dell ' ex Officine Trasformatori Elettrici. Lo costruirà l 'Immobiliare Percassi (fino ad alcuni anni fa guidata da Antonio Percassi e ora dal nipoteFrancesco) per conto della Grupedil del cavaliere Domenico Bosatelli, proprietario dellaGewiss. Su un ' area di 150 mila metri quadrati, in gran parte da bonificare, sorgerannoresidenze, un albergo e il nuovo palazzetto dello Sport. Il vecchio palasport diventerà lanuova sede della Galleria d ' arte moderna e contemporanea, la quale a sua volta lascerà glispazi alla Pinacoteca Carrara. A poche centinaia di metri c ' è uno dei progetti più attesi: ilrestauro dello stadio " Atleti azzurri d ' Italia " , che il patron dell ' Atalanta Percassi harilevato dal Comune per 8,6 milioni (ma ne recupererà 2,26 per i lavori di manutenzione giàsvolti). " L ' Atalanta voleva costruire lo stadio nuovo in un parco agricolo - spie ga l 'assessore Valesini - . Doveva estendersi su un ' area di 250 mila metri quadri e avere 180mila metri di superficie co mmer cia le " . Un ' eno rmit à. Poi le cose sono cambiate: " Lanostra amministrazione ha deciso di alienare lo stadio, che aveva bisogno di manutenzioni eadeguamenti continui " , continua. Il Comune fa un bando e arrivano due buste: una è quelladi Percassi, l ' altra è quella di Gianfranco Andreoletti, presidente dell ' Albinoleffe, che vieneesclusa. Così l ' 8 agosto 2017 lo stadio è passato all ' A talan ta, che però anche nellaprossima stagione dovrà disputare le partite di Europa League in trasferta al Mapei Stadium diReggio Emilia perché l ' i mpianto orobico non risponde ai requisiti della Uefa. I lavori (per 35milioni) dovrebbero cominciare al termine della prossima stagione e potrebbero durare treanni. NON È L ' UNICO PROGETTO di riqualificazione portato avanti da Percassi. Nel 2014,dopo un investimento di 25 milioni, ha riportato le terme di San Pellegrino, dove progetta diaprire outlet. Nel 2013, invece, aveva rilevato a Crespi d ' Adda (frazione di Capriate SanGervasio) il villaggio operaio patrimonio Unesco dove trasferire gli uffici delle sue tanteattività, un progetto rallentato dall ' ex amministrazione locale. Chissà che prima o poi nonrecuperi Zingonia, dove l ' A talanta ha il suo centro sportivo: sorto negli anni 60 comeprogetto di " edilizia totale " de ll ' imprenditore Renato Zingone, il quartiere utopistico èdiventato un ghetto da incubo e centrale di spaccio.B E RGA MOP » A CURA DI FERRUCCIO SANSA RICERCA DATI DI PATRIZIA DE RUBERTIS I simboli Quisopra, il Duomo di Bergamo. A sinistra, l ' aeroporto di Orio al Serio, che ha ridato slancio allac it t à La Presse LA PA ROL A Pot a L ' esclamazione simbolo in b e rga m a s co (ma anche aBrescia). Un te r m i n e volgare che sta a indicare l ' o rga n o s e ss u a l e femminile, ma èdiventato una semplice esclamazione dai mille significati

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TEMPO LIBEROFonte: Istat, Comune di Bergamo, Camera di Commercio di Bergamo, Direzione centraleservizi Antidroga, ministero della Salute, Open Polis, Comuni RicicloniL ' utop i a Zingonia , quartiere pilota diventato un ghettoPaese operaio Crespi d ' Adda, il paese-fabbrica voluto da Cristoforo Crespi nel 1877. Oggi èsito UnescoLE VOCI DALLA CITTÀQuotidiani e periodici L ' Eco di Bergamo, di proprietà della Sesaab (società della Curia diBergamo) è il principale quotidiano della città. È stato fondato nel 1880. Il Corriere della Seraha un ' edizione dedicata a Bergamo. Esiste poi un settimanale, BergamoPost, versionecartacea del sito di informazione. Nel settore economico c ' è il mensile Bergamo Economia,della famiglia bergamasca Agnelli. Siti e blog Oltre a BergamoPost, va segnalatoBergamonews. Esiste poi un sito di informazione indipendente e critica, BgRepor t. Tv e radioTra le tv e le radio, spiccano BergamoTv e Radio Alta, sempre della Sesaab come l ' Eco diBergamo.

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B E RGA MO IL CASO In aula In passato le inchieste hanno interessato questori e forze dell 'ordine. Ma ora tocca ai big della banca e a Bazoli Ubi, che scandalo. Il processo fa tremare gli dei della finanza Trenta imputati tra cui l ' ad dell ' istituto Victor Massiah, il presidente Andrea Moltrasio e duevice GIANNI BARBACETTO Ittà di soldi, banche e chiese, Bergamo. Gli scandali, quando emergono, sono ovattati, i circolidei potenti difendono bene la loro reputazione. Ogni tanto scoppia il caso, come quello della "Panda nera " : un gruppo di carabinieri e vigili urbani giravano per la Bassa bergamasca, nelfine settimana, picchiando e derubando spacciatori extracomunitari. Qualche volta a restareimpigliato nelle reti della giustizia è un pesce grosso. Tipo il questore della città, Dino Finolli,condannato in primo grado per storie di corruzione: accompagnava un imprenditore, GiovanniCottone, ex marito di Valeria Marini e in passato in affari con la famiglia Berlusconi, a chiederefavori che non si devono chiedere. Anche il predecessore di Finolli, il questore VincenzoRicciardi, è stato indagato, ma per storie che vengono da lontano: la Procura di Caltanissettalo ha tirato dentro l ' i nchiesta sul depistaggio della strage di via D ' Amelio (ma senza alcunrisultato). C ' ERANO un vescovo e tre magistrati di Bergamo, invece, a tavola, in una bellafesta organizzata in provincia, a Bonate. Peccato che i padroni di casa, secondo quegliimpiccioni degli investigatori, fossero i figli del boss Pasquale Locatelli, n a rc o s allabergamasca, per anni latitante in Costa Azzurra e in Spagna, ricercato per i suoi fiorenticommerci di cocaina con i cartelli colombiani. Storie vecchie, dimenticate in fretta. Oggi peròun processo sta per portare alla sbarra la crema della città, i più eccellenti banchieribergamaschi, convocati in aula insieme con i loro colleghi-alleati-avversari di Brescia. Primaudienza, 25 luglio. Trenta imputati, tra cui l ' amministratore delegato di Ubi Banca VictorMassiah, il presidente Andrea Moltrasio, i vicepresidenti Mario Cera, Flavio Pizzini e ArmandoSantus, oltre al presidente emerito di Intesa Giovanni Bazoli e a sua figlia Francesca. Sonostati quei guastafeste di Fabio Pelosi, pubblico ministero a Bergamo, e del suo capo, ilprocuratore Walter Mapelli, a guastare il clima sereno che si respira in città. Hanno mandato aprocesso i vertici della banca, accusati di ostacolo agli organismi di vigilanza e di indebiteinfluenze sulla formazione dell ' assemblea. Sarà il primo processo che si celebra in Italia nona ex banchieri ormai caduti in disgrazia, ma all ' intero gruppo dirigente in carica della terzabanca italiana. Tutto iniziò proprio qui, a Bergamo, nel 2007, quando si celebrano le nozze tral ' istitu to di credito locale, la Banca Popolare di Bergamo, e la bresciana Banca Lombarda. Ècosì che nasce Ubi Banca, sotto lo sguardo attento dei due gruppi fondatori: i bergamaschi diEmilio Zanetti e i bresciani di Bazoli. Il matrimonio s ' aveva da fare, per non cadere predadegli stranieri. Ma s ' avevano da conservare anche gli equilibri tra le due " famiglie " , gelosedei loro campanili, ma soprattutto del loro potere. Ecco allora che Zanetti e Bazolicostruiscono una macchina perfetta per controllare nel tempo la banca, stipulano un pattoraffinatissimo che permette ai due gruppi fondatori di decidere tutte le cariche sociali e dispartirsele, alternandosi al comando e tenendo fuori gli altri azionisti. A decidere i vertici,secondo l ' accusa, non sono gli organi sociali dell ' istituto e il comitato nomine, ma lageometrica e simmetrica potenza delle due associazioni di azionisti che riuniscono i socifondatori: i bergamaschi " Ami ci di Ubi " guidati da Zanetti; e i bresciani dell '" As soc iaz ione Banca lombarda e piemontese " presieduta da Bazoli. " Abbiamo fatto tutto per il benedella banca " , ripetono gli imputati. E il patto funziona senza intoppi fino al 2013, quando all 'assemblea dei soci si presentano due liste alternative, quella di Andrea Resti e quella di

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Giorgio Jannone, ex parlamentare di Forza Italia. Di fronte al pericolo, il patto stretto daBazoli e Zanetti mette il turbo e fa scattare un piano d ' emergenza per vincere a tutti i costi l' assemblea - sostiene l ' accusa - con presentazione di firme false, deleghe in bianco, votiraccolti impiegando militarmente i dipendenti e le agenzie, oltre alla potentissima Compagniadelle Opere di Bergamo e all ' a s so c i az i on e degli artigiani Confiab. GLI " E ST R A N E I "sono respinti, ma scattano le proteste dell ' Adusbef, le denunce di Jannone. Alla fine, Pelosiritiene di aver trovato le prove del patto occulto, nascosto al mercato, a Bankitalia e allaConsob, per mantenere il controllo di Ubi ed escludere " dalla gestione della banca soggettiestranei alle due associazioni " . I giudici decideranno se gli eccellentissimi imputati sonocolpevoli. Certo che un processo così a Bergamo non si era mai visto.CHI CONTA IN CITTÀ GIORGIO GORI SINDACO (PD) Un passato nelle tv (Magnolia eMediaset). Sindaco dal 2014, ha perso alle Regionali (2018) ANTONIO PERCASSI I M P R E ND I TO R E Ex calciatore, oggi guida l ' Odissea Srl a cui fanno capo diverse società tra cui l 'At a l a n t a PAOLO AGNELLI I M P R E N D I TO R E Re dell ' alluminio e delle pentole. Hafondato Confimi Industria, alternativa a Confindustria Te rz a in Italia La sede di Ubi aBergamo. A sinistra, Giovanni Bazoli L ' ac cusa dei pm Si parla di ostacolo agli organismi divigilanza e indebite influenze sulla formazione dell ' assemblea S candali ova t t a t i I potentidifendono bene la loro reputazione Ma ogni tanto scoppia un caso che non si può tacere

05/07/2018Pag. 18A CASA VOSTRA

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Decreto dignità, la rabbia del nord Le imprese: «Ideologia dannosa» LA BRIANZA delle piccole imprese che creano ricchezza e chiedono un ministero tutto perloro, manda un messaggio chiaro al governo sul decreto dignità: roba vecchia. Lo pensaPaolo Agnelli, presidente nazionale di Confimi - confederazione dell'industria manifatturieraitaliana -, 30mila aziende e 72 miliardi di fatturato. Gli umori sono usciti allo scoperto inun'assemblea a Monza. Dura l'analisi dell'industriale bergamasco, che ha definito «unacambiale da pagare all'ideologia elettorale» ridurre a 24 mesi i contratti a tempo determinatoe aumentare dello 0,5% il contributo per ogni rinnovo. Nicola Caloni, presidente di ConfimiBrianza - imprenditore con 250 dipendenti divisi in due aziende -, smonta il decreto con tonipacati. «Non mi piace questo clima di tiro alla fune - premette -. Non è più il tempo delle lottesociali, siamo tutti sulla stessa barca. Le persone che lavorano con te sono un valore, non uncosto. Nessuno ha interesse a tenerle in bilico. Anzi, noi spesso abbiamo la difficoltà opposta.Ma qui si chiedono garanzie ad esclusivo carico dell'azienda». Il governo, è il suggerimento,«dovrebbe concentrarsi su altro. Ridurre il costo dell'energia e del lavoro, intervenire sulcuneo fiscale. Noi piccole e medie imprese siamo così tante che se una su tre assumesse unragazzo, non avremmo più disoccupazione giovanile. E perché le aziende non lo fanno? Perchénon hanno voglia? Perché non ci credono? No, perché non vedono le condizioni per quellacrescita che permetta di avere una persona in più. Possibilmente anche giovane. Se il volanogira, i problemi si risolvono da soli». E MENTRE Di Maio annuncia «la Waterloo delprecariato», Assolavoro twitta: «#DecretoDignità mette a rischio 700mila persone con uncontratto di somministrazione e oltre 10mila assunti direttamente dalle agenzie per il lavoro».«Un disastro», la sintesi di Alberto Baban, vicepresidente di Confindustria anzi «imprenditoreseriale. Europeo, Italiano, Veneto», come si descrive sui social. Parlandoci poi capisci ilperché: «Ho investito in 15 imprese, le ho create, dalle macchine agricole alle schedeelettroniche, la più grande ha 100 dipendenti. Delocalizzazioni? Zero». Però anche sulle multepreviste dal decreto per chi lascia l'Italia è scettico: «Come si fa a pensare che un paeseimportante possa imporre le proprie regole del gioco...». L'analisi sul testo del governo ricalcail mantra di Confindustria: «Si fa ideologia. Invece la categoria è una sola, si chiama lavoro.Gli interessi sono identici, uguali per tutti». Ma da oggi in 'casa' sua, che conseguenze cisaranno sui contratti a tempo? Prudente: «Devo ancora fare i conti. Il problema non riguardasolo l'impresa. Bisogna considerare anche le ambizioni del dipendente». Per essere chiari: «Illavoro a tempo determinato non è precariato. È un periodo di formazione, un percorso percapire se si hanno le caratteristiche richieste e se si è interessati. Ricordiamoci che in certezone d'Italia non si trova un certo tipo di manodopera». Luca Vignaga, direttore del personalea Marzotto group - storico marchio della moda, 4mila dipendenti dal Veneto al mondo - salvadel decreto la riduzione a 24 mesi, «per le necessità delle aziende bastano», e anche «lariduzione delle proroghe da 5 a 4». Ma sulla causale è deciso: «Una grande sciocchezza.Aumenterà il contenzioso. E poi bisogna dare fiducia agli imprenditori. Così torniamo indietrodi cinque anni». ANCHE sui social è battaglia. «Mio marito ha deciso di non assumere uncollaboratore in più a tempo determinato visto l'incremento del costo», twitta FedericaBonafaccia, avvocato romano. In poche ore viene subissata da cinquecento commenti e insultiirripetibili. Così qualche ora più tardi è costretta a chiarire: vi sto provocando. Al telefonospiega: «Mio marito ha uno studio legale, alla fine assumerà comunque quel collaboratore mail decreto lo ha inibito. Avrà lo stesso effetto su tanti altri. Dannoso per piccoli imprenditori e

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professionisti. Il contratto costerà di più e darà origine a contenziosi. E poi tutta questa tuteladov'è?». © RIPRODUZIONE RISERVATA Se una piccola azienda su tre assumesse un ragazzo, non avremmo più disoccupazionegiovanile. Ma oggi mancano le condizioni SCHEDA Assolavoro Assolavoro - associazione agenzie lavoro - chiede un confronto per evitare «unarecrudescenza del lavoro irregolare e sottopagato, già troppo diffuso» Confimi La Confederazione dell'industria manifatturiera e dell'impresa privata in un'assemblea inBrianza ha criticato il decreto: serve un ministero ad hoc Tutti precari Agnelli, presidente Confimi: «Quattro milioni e 300mila piccole e medie imprese dànno lavoroa 16 milioni di persone, e sono sul mercato con difficoltà incredibili»

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ALIMENTAZIONE 'Industria a tavola' a Casa Spadoni IL SENATORE Matteo Richetti alla Festa de l'Unità. Si rinnova l'appuntamento con irappresentanti dem eletti. Alle 18.45, akl'area Piano bar della Festa de l'Unità di Faenza -Parco di via Calameli, sarà la volta del senatore modenese e portavoce della Segreterianazionale del Pd. L'incontro è intitolato 'Le sfide del Paese, come costruire l'alternativa algoverno delle destre, il futuro del Partito democratico' e sarà moderato della Consiglieraregionale Manuela Rontini. Autore di due libri - 'Harambee! Per fare politica ci vuole passione'e 'Piccole per modo di dire' scritto a quattro mani con il presidente nazionale di Confimiindustria - Matteo Richetti ha recentemente dichiarato che «Il Partito democratico può tornaread essere vincente se saprà essere più vicino alle persone e ai suoi bisogni, a partiredall'atteggiamento».

05/07/2018Pag. 10 Ed. Ravenna

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Decreto dignità, la rabbia del nord Le imprese: «Ideologia dannosa» LA BRIANZA delle piccole imprese che creano ricchezza e chiedono un ministero tutto perloro, manda un messaggio chiaro al governo sul decreto dignità: roba vecchia. Lo pensaPaolo Agnelli, presidente nazionale di Confimi - confederazione dell'industria manifatturieraitaliana -, 30mila aziende e 72 miliardi di fatturato. Gli umori sono usciti allo scoperto inun'assemblea a Monza. Dura l'analisi dell'industriale bergamasco, che ha definito «unacambiale da pagare all'ideologia elettorale» ridurre a 24 mesi i contratti a tempo determinatoe aumentare dello 0,5% il contributo per ogni rinnovo. Nicola Caloni, presidente di ConfimiBrianza - imprenditore con 250 dipendenti divisi in due aziende -, smonta il decreto con tonipacati. «Non mi piace questo clima di tiro alla fune - premette -. Non è più il tempo delle lottesociali, siamo tutti sulla stessa barca. Le persone che lavorano con te sono un valore, non uncosto. Nessuno ha interesse a tenerle in bilico. Anzi, noi spesso abbiamo la difficoltà opposta.Ma qui si chiedono garanzie ad esclusivo carico dell'azienda». Il governo, è il suggerimento,«dovrebbe concentrarsi su altro. Ridurre il costo dell'energia e del lavoro, intervenire sulcuneo fiscale. Noi piccole e medie imprese siamo così tante che se una su tre assumesse unragazzo, non avremmo più disoccupazione giovanile. E perché le aziende non lo fanno? Perchénon hanno voglia? Perché non ci credono? No, perché non vedono le condizioni per quellacrescita che permetta di avere una persona in più. Possibilmente anche giovane. Se il volanogira, i problemi si risolvono da soli». E MENTRE Di Maio annuncia «la Waterloo delprecariato», Assolavoro twitta: «#DecretoDignità mette a rischio 700mila persone con uncontratto di somministrazione e oltre 10mila assunti direttamente dalle agenzie per il lavoro».«Un disastro», la sintesi di Alberto Baban, vicepresidente di Confindustria anzi «imprenditoreseriale. Europeo, Italiano, Veneto», come si descrive sui social. Parlandoci poi capisci ilperché: «Ho investito in 15 imprese, le ho create, dalle macchine agricole alle schedeelettroniche, la più grande ha 100 dipendenti. Delocalizzazioni? Zero». Però anche sulle multepreviste dal decreto per chi lascia l'Italia è scettico: «Come si fa a pensare che un paeseimportante possa imporre le proprie regole del gioco...». L'analisi sul testo del governo ricalcail mantra di Confindustria: «Si fa ideologia. Invece la categoria è una sola, si chiama lavoro.Gli interessi sono identici, uguali per tutti». Ma da oggi in 'casa' sua, che conseguenze cisaranno sui contratti a tempo? Prudente: «Devo ancora fare i conti. Il problema non riguardasolo l'impresa. Bisogna considerare anche le ambizioni del dipendente». Per essere chiari: «Illavoro a tempo determinato non è precariato. È un periodo di formazione, un percorso percapire se si hanno le caratteristiche richieste e se si è interessati. Ricordiamoci che in certezone d'Italia non si trova un certo tipo di manodopera». Luca Vignaga, direttore del personalea Marzotto group - storico marchio della moda, 4mila dipendenti dal Veneto al mondo - salvadel decreto la riduzione a 24 mesi, «per le necessità delle aziende bastano», e anche «lariduzione delle proroghe da 5 a 4». Ma sulla causale è deciso: «Una grande sciocchezza.Aumenterà il contenzioso. E poi bisogna dare fiducia agli imprenditori. Così torniamo indietrodi cinque anni». ANCHE sui social è battaglia. «Mio marito ha deciso di non assumere uncollaboratore in più a tempo determinato visto l'incremento del costo», twitta FedericaBonafaccia, avvocato romano. In poche ore viene subissata da cinquecento commenti e insultiirripetibili. Così qualche ora più tardi è costretta a chiarire: vi sto provocando. Al telefonospiega: «Mio marito ha uno studio legale, alla fine assumerà comunque quel collaboratore mail decreto lo ha inibito. Avrà lo stesso effetto su tanti altri. Dannoso per piccoli imprenditori e

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Decreto dignità, la rabbia del nord Le imprese: «Ideologia dannosa» LA BRIANZA delle piccole imprese che creano ricchezza e chiedono un ministero tutto perloro, manda un messaggio chiaro al governo sul decreto dignità: roba vecchia. Lo pensaPaolo Agnelli, presidente nazionale di Confimi - confederazione dell'industria manifatturieraitaliana -, 30mila aziende e 72 miliardi di fatturato. Gli umori sono usciti allo scoperto inun'assemblea a Monza. Dura l'analisi dell'industriale bergamasco, che ha definito «unacambiale da pagare all'ideologia elettorale» ridurre a 24 mesi i contratti a tempo determinatoe aumentare dello 0,5% il contributo per ogni rinnovo. Nicola Caloni, presidente di ConfimiBrianza - imprenditore con 250 dipendenti divisi in due aziende -, smonta il decreto con tonipacati. «Non mi piace questo clima di tiro alla fune - premette -. Non è più il tempo delle lottesociali, siamo tutti sulla stessa barca. Le persone che lavorano con te sono un valore, non uncosto. Nessuno ha interesse a tenerle in bilico. Anzi, noi spesso abbiamo la difficoltà opposta.Ma qui si chiedono garanzie ad esclusivo carico dell'azienda». Il governo, è il suggerimento,«dovrebbe concentrarsi su altro. Ridurre il costo dell'energia e del lavoro, intervenire sulcuneo fiscale. Noi piccole e medie imprese siamo così tante che se una su tre assumesse unragazzo, non avremmo più disoccupazione giovanile. E perché le aziende non lo fanno? Perchénon hanno voglia? Perché non ci credono? No, perché non vedono le condizioni per quellacrescita che permetta di avere una persona in più. Possibilmente anche giovane. Se il volanogira, i problemi si risolvono da soli». E MENTRE Di Maio annuncia «la Waterloo delprecariato», Assolavoro twitta: «#DecretoDignità mette a rischio 700mila persone con uncontratto di somministrazione e oltre 10mila assunti direttamente dalle agenzie per il lavoro».«Un disastro», la sintesi di Alberto Baban, vicepresidente di Confindustria anzi «imprenditoreseriale. Europeo, Italiano, Veneto», come si descrive sui social. Parlandoci poi capisci ilperché: «Ho investito in 15 imprese, le ho create, dalle macchine agricole alle schedeelettroniche, la più grande ha 100 dipendenti. Delocalizzazioni? Zero». Però anche sulle multepreviste dal decreto per chi lascia l'Italia è scettico: «Come si fa a pensare che un paeseimportante possa imporre le proprie regole del gioco...». L'analisi sul testo del governo ricalcail mantra di Confindustria: «Si fa ideologia. Invece la categoria è una sola, si chiama lavoro.Gli interessi sono identici, uguali per tutti». Ma da oggi in 'casa' sua, che conseguenze cisaranno sui contratti a tempo? Prudente: «Devo ancora fare i conti. Il problema non riguardasolo l'impresa. Bisogna considerare anche le ambizioni del dipendente». Per essere chiari: «Illavoro a tempo determinato non è precariato. È un periodo di formazione, un percorso percapire se si hanno le caratteristiche richieste e se si è interessati. Ricordiamoci che in certezone d'Italia non si trova un certo tipo di manodopera». Luca Vignaga, direttore del personalea Marzotto group - storico marchio della moda, 4mila dipendenti dal Veneto al mondo - salvadel decreto la riduzione a 24 mesi, «per le necessità delle aziende bastano», e anche «lariduzione delle proroghe da 5 a 4». Ma sulla causale è deciso: «Una grande sciocchezza.Aumenterà il contenzioso. E poi bisogna dare fiducia agli imprenditori. Così torniamo indietrodi cinque anni». ANCHE sui social è battaglia. «Mio marito ha deciso di non assumere uncollaboratore in più a tempo determinato visto l'incremento del costo», twitta FedericaBonafaccia, avvocato romano. In poche ore viene subissata da cinquecento commenti e insultiirripetibili. Così qualche ora più tardi è costretta a chiarire: vi sto provocando. Al telefonospiega: «Mio marito ha uno studio legale, alla fine assumerà comunque quel collaboratore mail decreto lo ha inibito. Avrà lo stesso effetto su tanti altri. Dannoso per piccoli imprenditori e

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Montagner si è dimesso Etra, le categorie «Ridurre le tariffe usando gli utili» Sull'utilizzo degli utili di Etra, che ha rotto il fronte dei sindaci dei 74 Comuni soci dellamultiutility e spinto il presidente del Consiglio di sorveglianza Cristiano Montagner arassegnare le dimissioni, intervengono le categorie economiche bassanesi che propongono di«investire i 7 milioni 600mila per ridurre le tariffe ai contribuenti». In una nota, Confindustria,Apindustria, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti esprimono «sconforto epreoccupazione sul braccio di ferro tra i sindaci per la destinazione dei dividendi e li invitano asuperare il contrasto e le tensioni scaturite».«Sarebbe opportuno utilizzare i soldi in cassa pertagliare i costi del servizio agli utenti, cittadini e attività economiche - sostengono - : inquesto modo si supererebbero le differenti linee di indirizzo dei Comuni e si darebbe un fortesegnale di vicinanza alla comunità». I primi cittadini vengono infine invitati a «superare lelogiche di correnti interne e gli individualismi, prendendo esempio dalle categorie bassanesiche da anni dimostrano spirito di squadra e un confronto aperto, trasparente e costruttivo».Laprofonda spaccatura, culminata con le dimissioni di Montagner, vede da un lato i sindaci delBassanese e alcuni del Padovano favorevoli a destinare i fondi in investimenti per migliorare ilservizio idrico di Etra, dall'altro - la maggior parte del Padovano con Asiago - il fronte di quelliche hanno chiesto la distribuzione degli utili tra i Comuni, linea che alla fine ha prevalso.«Nonostante la settimana scorsa le intenzioni manifestate fossero diverse - commentaMontagner - Così si va ad indebolire Etra, che rischia di perdere credibilità, anche in vistadelle prossime fusioni. La società non va vista come un bancomat». R.F. BASSANO

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Il decreto Di Maio fa discutere l'industria «Sui contratti a termine lastretta ci sta» Il dibattito C'è chi dice sì alla durata del tempo determinato fino a un massimo di 24 mesiAliberti (Confindustria): «È una gara tra M5S e Lega». Agnelli ( Confimi ): «Pmi precarie» Francesca belotti Una stretta su contratti a termine e somministrazione ci sta. Non lo dice un sindacalista, maun imprenditore. E di primo piano. Ambrogio Caccia Dominioni, presidente e amministratoredelegato del gruppo Tesmec, quartier generale a Grassobbio e circa 500 dipendenti solo inItalia, afferma: «Con il Jobs act tante imprese hanno usato in maniera eccessiva questistrumenti. C'è stato un certo abuso di questa tipologia di contratti, per cui un qualcheintervento andava fatto». Ma subito precisa che «il vero problema non è la questione delcontratto a termine, perché se non c'è sviluppo, questi interventi sono solo un palliativo». Non è la sola voce fuori dal coro, ma la posizione di Confindustria sul Decreto Dignità by LuigiDi Maio è chiara: «È un segnale molto negativo per il mondo delle imprese» e «il risultatosarà di avere meno lavoro, non meno precarietà». Di fatti Aniello Aliberti, nella doppia vestedi presidente della Piccola industria di Confindustria Bergamo e di presidente della Technix diGrassobbio (apparecchi elettromedicali; 142 i dipendenti del gruppo) sottolinea che «questo èun provvedimento che danneggia le Pmi». I conti sono presto fatti: «Un'azienda di 20dipendenti, assumendone due a tempo determinato, aumenta i costi fissi del 10%, che peruna piccola realtà è un rischio notevole». Per Aliberti la questione è tutta qui: «Questa è unagara a chi segna per primo tra Cinque Stelle e Lega, fatta però sulla pelle di imprese elavoratori».Non c'è ottimismo nemmeno nel medio periodo: «Io scommetto che tra meno di 90 giornivedremo un calo notevole dell'occupazione rispetto ai contratti a termine. Tenendo conto chequando c'è una riduzione di personale, la prima sconfitta è dell'imprenditore». «Ma - continuaAliberti - mi chiedo: è meglio avere pochi posti di lavoro sicuri, e come dice Di Maio dignitosi,e un aumento della disoccupazione o viceversa?». Diciamo che il sostegno che si aspettano leimprese riguarda «la sburocratizzazione e la detassazione, che consentono di essere piùcompetitivi sul mercato e che possono far crescere le aziende e automaticamentel'occupazione». Per Benito Guerra, presidente della Robur (impianti di riscaldamento e condizionamento; circa200 dipendenti) di Verdellino, «il principio è nobile» e «se si recuperano soldi dagli sprechidella pubblica amministrazione e dall'evasione, l'idea è doppiamente bella». Ma «se invece siprendono da chi paga le tasse è un danno ulteriore in un periodo che non è brillantissimo». Eancora: «Le aziende non hanno più flessibilità, quindi cosa faranno quando non avrannocommesse sul lungo periodo?».Dal canto suo, il presidente di Confimi Industria, Paolo Agnelli, sottolinea: «Chi è già precario,come lo sono le nostre Pmi, non può garantire stabilità di lavoro». «Chi dà lavoro oggi, chirappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi - continua Agnelli -. Le aziende in questocontesto sono le prime ad essere precarie perché non hanno certezza delle commesse e degliinvestimenti fatti. Come fanno a dare stabilità assumendo?».Secondo Gian Paolo Negrisoli, presidente della Flamma (prodotti chimici per l'industriafarmaceutica) di Chignolo d'Isola «il Jobs act va bene così com'è, ma se per motivi elettoraliuna modifica va fatta, la stretta sulla durata dei contratti a tempo determinato ci può stare,

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perché questa tipologia di contratto ha il grande vantaggio di consentire all'imprenditore divalutare il dipendente nel lungo periodo. Mentre portare da due a tre anni l'indennità dilicenziamento mi sembra francamente un po' punitivo nei confronti dell'impresa». Il punto che fatica a passare nell'opinione pubblica è che «le imprese sane vogliono averedipendenti formati per il lavoro che svolgono: la formazione costa e le aziende non hannoalcun interesse a privarsi dei lavoratori formati per risparmiare qualcosa sul salario»,aggiunge Negrisoli. Per chiudere con una nota - positiva - sul Jobs act: «Ha aiutatol'occupazione e sull'articolo 18 mi piacerebbe avere i numeri, se è vero, come dice qualcuno,che la sua abolizione ha sconvolto il panorama lavorativo italiano».

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LAVORO E REGOLE. Ancora posizioni critiche delle categorie nei confronti del provvedimentovarato dal nuovo Governo «Il decreto dignità non risolve la precarietà» Bastianello (Consulenti): «Così più irrigidimento» Lorenzin ( Apindustria ): «Un problema leindennità» Prosegue il coro di posizioni critiche nei confronti del decreto dignità da parte delle categorieeconomiche vicentine, soprattutto sul versante della revisione dei contratti a termine. «Non sicombatte così la precarietà -, commenta Flavio Lorenzin, presidente di Apindustria ConfimiVicenza -: in un periodo in cui la ripresa è messa alla prova da fattori congiunturali esterni,come la guerra dei dazi, introdurre pesanti indennità in caso di licenziamenti è un colpo inprimis al lavoro. Era nota la volontà di limitare a 24 mesi la durata dei tempi determinati ereintrodurre le famigerate causali, per legittimare l'apposizione del termine al contratto dopo iprimi 12 mesi; ma quello che sorprende è che sopravvive il contingente massimo del 20%rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato. Quindi doppia penalizzazione: causali piùcontingente uguale un ritorno al passato che scoraggerà le imprese dal fare assunzioni visto ilrischio più che probabile di contenziosi. Anche la somministrazione di lavoro tramite agenzieviene devastata. E la beffa è che tutto questo vale solo per i datori di lavoro privati, mentre ilpubblico potrà continuare a usare l'elasticità che si è tolta alle imprese».«Come tutti -commenta Franco Bastianello, presidente dell'Ordine dei Consulenti di lavoro di Vicenza -siamo in attesa di verificare il testo in Gazzetta, ma non c'è dubbio che le novità in materia dilavoro di cui si parla sono di gran lunga migliorabili, perché così come sono, finirebbero perirrigidire il mercato del lavoro. Per di più all'inizio del periodo estivo, quando ci sarebbe, alcontrario, bisogno di maggiore flessibilità, in particolare nel settore turistico, per incentivarel'occupazione. La riduzione della durata e del numero di proroghe dei contratti a termineinduce al turn over e, quindi, non assicura stabilità. Inoltre l'equiparazione integrale delladisciplina del contratto a tempo determinato alla somministrazione paralizzerebbe un interosettore che occupa lavoratori in possesso di ogni garanzia di natura contrattuale eprevidenziale. L'introduzione della causale per le proroghe dei contratti a termine è fuori luogoe sarà foriera di contenzioso». Più positivo il commento sugli interventi annunciati in materiafiscale e sul gioco d'azzardo.

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TERREMOTO MULTIUTILITY. La sindaca di Schiavon favorita per la presidenza del Consiglio disorveglianza. L'alternativa sarebbe Bontorin Etra, la Cogo per il dopo Montagner L'uscente: «Fusioni in pericolo» Appello categorie economiche: «Superare le divisioni einvestire gli utili per ridurre le tariffe» Scattano in Etra le manovre per il dopo Montagner e spunta il nome del sindaco di SchiavonMirella Cogo come nuovo presidente del Consiglio di sorveglianza. Le dimissioni di CristianoMontagner, a seguito della profonda spaccatura tra i Comuni del Bassanese e quelli delPadovano con Asiago, pongono sul piatto il tema degli equilibri tra territori. Si fanno sentire lecategorie economiche del Bassanese, che invitano i sindaci a fare squadra e lanciano laproposta di usare gli utili per ridurre le tariffe.IL FUTURO. Consiglio di sorveglianza e Consigliodi gestione sono di fatto scaduti il 30 giugno. Hanno ora una proroga di 45 giorni, al terminedella quale bisognerà nominare i nuovi organismi societari. I patti prevedono che il presidentedel Consiglio di sorveglianza sia espressione del Bassanese, mentre il presidente del Consigliodi gestione del Padovano. E qui c'è un primo problema. Mentre nel Padovano tutto tace, Ibassanesi, assieme ad Asiago, hanno già individuato il loro potenziale candidato: Mirella Cogo,già consigliera con Montagner. Altro papabile è il sindaco di Romano Simone Bontorin. Moltodipenderà da chi proporranno i Comuni padovani a capo del Consiglio di gestione. Se resteràAndrea Levorato, in quota Pd, per logiche politiche la scelta bassanese dovrebbe ricadere suCogo, in quota centrodestra. Se invece i padovani decideranno di sostituire Levorato, allora lecarte in tavola cambieranno radicalmente e Bontorin potrebbe tornare in pista.LE CATEGORIE.Le categorie economiche del Bassanese esprimono sconforto e preoccupazione per il bracciodi ferro sorto tra i sindaci. «Confindustria, Apindustria, Confartigianato, Confcommercio,Confesercenti e Cna invitano i primi cittadini a superare il contrasto sui dividendi», scrivono inuna nota congiunta, e propongono: «Per tendere la mano ai cittadini e alle attivitàeconomiche, la soluzione è investire gli utili per ridurre le tariffe a tutti i contribuenti chehanno permesso di raggiungere questi risultati. Sarebbe così lanciato un forte segnale divicinanza in primis alla società civile, oltre che alle realtà economiche e produttive». I sindacivengono altresì invitati a superare le logiche di correnti interne e di individualismi «prendendoesempio dalle stesse categorie, che da anni dimostrano spirito di squadra e capacità disuperare ogni difficoltà attraverso un confronto aperto». I NODI. Dimettendosi, Montagner hatratteggiato i rischi per il futuro di Etra. «L'asse tra Asiago e il Padovano sta depauperando laqualità dell'azienda - afferma - Con la distribuzione degli utili si vuole mettere a rischiol'identità e la crescita della società, in un periodo di importanti sfide. Le ipotesi aggregativesaranno rallentate da questa profonda spaccatura tra sindaci». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Anc: bene l'addio dello split payment per i professionisti Anc: bene l'addio dello split payment per i professionisti -di Federica Micardi Decreto dignità,fattura elettronica, semplificazione fiscale, ruolo dei commercialisti e microcredito sono stati itemi affrontati ieri dall'Associazione nazionale commercialisti guidata da Marco Cuchel con ilpresidente della Commissione finanze alla Camera Carla Ruocco (M5S). Decreto «dignità», icinque punti chiave e i prossimi passi Un dialogo che proseguirà a settembre quando Ancfornirà all'onorevole Ruocco un aggiornamento del documento elaborato a febbraio conConfimi con proposte su fisco, lavoro, imprese e professioni. Anc in merito al decreto dignitàha apprezzato l'eliminazione dello split payment per i professionisti, mentre si è detta delusaper il mantenimento dello spesometro semestrale. Cuchel ha poi ribadito la necessità dieliminare l'obbligo della fattura elettronica dal 1° gennaio 2019, «La partenza deve esserevolontaria - afferma -magari agevolata con degli incentivi, e graduale secondo requisiti chetengano in considerazione le diverse categorie di contribuenti». Conti, pensioni, tasse, lavoro:tutti i conflitti del «governo a tre teste» Sul microcredito si è convenuto sulla difficoltà diaccesso a questa forma di finanziamento per i professionisti e sulla necessità di modifichenormative; anche su questo tema Anc si è impegnata a fare delle proposte nell'incontro disettembre. © Riproduzione riservata

04/07/2018Sito Web

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3) Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3) 04.07.2018 - 16:45 0(AdnKronos) - (Adnkronos) - "Ci si dimentica - prosegue Lorenzin - che perdurando in questiultimi decenni un clima e normative non favorevole all'industria assisteremo sempre di piùnon a delocalizzazioni di aziende ma di "singoli prodotti" che verranno riportati in Italia concosti nettamente inferiori e questo a danno dell'occupazione. "Soltanto se si torna a parlare diprosperità - chiude Lorenzin - e si garantiscono condizioni di sviluppo e di stabilità nellacrescita si può parlare di creazione di nuovi posti di lavoro". Sul decreto in oggetto ApindustriaConfimi Vicenza si augura poi che "lo Split Payment venga rivisto e tolto per tutti non soltantoper i professionisti, visto che le imprese maturano nei confronti dello Stato crediti Iva nonagevolmente recuperabili facendo nascere problemi finanziari e di liquidità. Per quantoriguarda lo spesometro, positiva l'unificazione a una sola scadenza annuale di quello relativoal 2018: è una nostra richiesta da almeno due anni, almeno su questo è prevalso il buonsenso".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 04.07.2018 - 16:45 0 Vicenza,4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi -esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil". "Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente", sottolinea. "In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3) Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3) (AdnKronos) -(Adnkronos) - "Ci si dimentica - prosegue Lorenzin - che perdurando in questi ultimi decenniun clima e normative non favorevole all'industria assisteremo sempre di più non adelocalizzazioni di aziende ma di "singoli prodotti" che verranno riportati in Italia con [ ](AdnKronos) - (Adnkronos) - "Ci si dimentica - prosegue Lorenzin - che perdurando in questiultimi decenni un clima e normative non favorevole all'industria assisteremo sempre di piùnon a delocalizzazioni di aziende ma di "singoli prodotti" che verranno riportati in Italia concosti nettamente inferiori e questo a danno dell'occupazione. "Soltanto se si torna a parlare diprosperità - chiude Lorenzin - e si garantiscono condizioni di sviluppo e di stabilità nellacrescita si può parlare di creazione di nuovi posti di lavoro". Sul decreto in oggetto ApindustriaConfimi Vicenza si augura poi che "lo Split Payment venga rivisto e tolto per tutti non soltantoper i professionisti, visto che le imprese maturano nei confronti dello Stato crediti Iva nonagevolmente recuperabili facendo nascere problemi finanziari e di liquidità. Per quantoriguarda lo spesometro, positiva l'unificazione a una sola scadenza annuale di quello relativoal 2018: è una nostra richiesta da almeno due anni, almeno su questo è prevalso il buonsenso".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) -"Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi - esordisce Lorenzin,Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 mila piccole e medieimprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano [ ] Vicenza, 4lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi -esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil". "Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente", sottolinea. "In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Confimi : "Chi è precario non può garantire la stabilità" Confimi: "Chi è precario non può garantire la stabilità" Così Paolo Agnelli, Presidente diConfimi Industria, sul delicato momento storico delle Pmi rispetto alle nuove normative varatedal governo Leggi anche Pubblicato il 04/07/2018 Ultima modifica il 04/07/2018 alle ore16:44 "Chi è già precario, come lo sono le nostre Pmi, non può garantire stabilità di lavoro".Così Paolo Agnelli Presidente di Confimi Industria che commenta il decreto dignità. "Chi da'lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi - continua Agnelli - Ci sono 4milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di personee rappresentano il 73,8 % del Pil". "Queste imprese, che già non hanno chiuso come hannofatto purtroppo 700 mila aziende in Italia negli ultimi 10 anni, stanno sul mercato condifficoltà incredibili. Le aziende in questo contesto sono le prime ad essere precarie perchénon hanno certezza delle commesse e degli investimenti fatti. Come fanno a dare stabilità'assumendo? Siamo di fronte al fallimento della globalizzazione, ad un Europa frantumata, allapolitica frastagliata dei dazi, a incidenze sul costo del lavoro, dell'energia e del pesoburocratico senza paragoni". "In un periodo in cui si vede forse una leggerissima ripresa -prosegue Agnelli - introdurre pesanti indennità in caso di licenziamenti ritenuti illegittimi in unquadro economico del genere, in cui non sai che scenario lavorativo e competitivo troverai, èun colpo in primis al lavoro. C'è il rischio che gli imprenditori seri, quelli che hanno a cuorel'azienda, i collaboratori, che non assumono in nero, se non hanno ben chiare le prospettivenon assumeranno più ed inoltre rischieranno anche di non rinnovare i contratti a tempodeterminato visto il rischio del ritorno di alcune rigidità e dell'aumento dei costi". "Ben vengapenalizzare chi delocalizza - continua Agnelli - anche se giova ricordare che sono soprattuttole grandi imprese a farlo e che in Italia rappresentano lo 0,1% del tessuto economico. E cosasuccede se sono già passati i cinque anni dalla ricezione dei contributi, chi delocalizza va beneugualmente?" "Ci si dimentica - prosegue Agnelli - che perdurando in questi ultimi decenni unclima e un humus non favorevole all'industria assisteremo sempre di più non adelocalizzazioni di aziende ma di "singoli prodotti" che verranno riportati in Italia con costinettamente inferiori e danni per la manodopera. "Soltanto se si torna a parlare di ricchezza -chiude Agnelli - e si garantiscono condizioni di sviluppo e di stabilità nella crescita si puòparlare di creazione di nuovi posti di lavoro". Sul decreto in oggetto Confimi Industria siaugura poi che lo Split Payment venga rivisto e tolto per tutti non soltanto per i professionisti,visto che le imprese maturano nei confronti dello Stato crediti Iva non agevolmenterecuperabili facendo nascere problemi finanziari e di liquidità. Per quanto riguarda lospesometro, viene giudicata positivamente l'unificazione a una sola scadenza annuale diquello relativo al 2018 (Confimi lo chiede da 2 anni) ma il vero problema riguarderà il 2019dove a fronte dell'abrogazione dello spesometro "ordinario" - già disposto - verrannointrodotti 12 spesometri (uno al mese) per monitorare le operazioni da/per l'estero che nonpotranno passare per la fatturazione elettronica. Questo creerebbe ulteriori disagi per ilsistema delle Pmi.

04/07/2018 15:32Sito Web

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 3 ore fa Condividi su FacebookTweet su Twitter Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il verowelfare in Italia sono le Pmi - esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza.Ci sono 4 milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milionidi persone e rappresentano il 73,8 % del Pil". Fonte AdnKronos

04/07/2018Sito Web Tribuna Politica Web.it

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 4 luglio 2018- 16:18 Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Vicenza,4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi -esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil"."Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente", sottolinea."In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3) 4 luglio 2018- 16:18 Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà (3)(AdnKronos) - (Adnkronos) - "Ci si dimentica - prosegue Lorenzin - che perdurando in questiultimi decenni un clima e normative non favorevole all'industria assisteremo sempre di piùnon a delocalizzazioni di aziende ma di "singoli prodotti" che verranno riportati in Italia concosti nettamente inferiori e questo a danno dell'occupazione. "Soltanto se si torna a parlare diprosperità - chiude Lorenzin - e si garantiscono condizioni di sviluppo e di stabilità nellacrescita si può parlare di creazione di nuovi posti di lavoro".Sul decreto in oggetto ApindustriaConfimi Vicenza si augura poi che "lo Split Payment venga rivisto e tolto per tutti non soltantoper i professionisti, visto che le imprese maturano nei confronti dello Stato crediti Iva nonagevolmente recuperabili facendo nascere problemi finanziari e di liquidità. Per quantoriguarda lo spesometro, positiva l'unificazione a una sola scadenza annuale di quello relativoal 2018: è una nostra richiesta da almeno due anni, almeno su questo è prevalso il buonsenso".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 4 Luglio 2018 0 Vicenza, 4lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi -esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil". "Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente", sottolinea. "In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata". Condividi le tue opinioni suLibero Quotidiano Testo

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Di Adnkronos - 4 luglio 201815 Share Facebook Twitter Google+ Linkedin Pinterest WhatsApp Telegram Email PrintVicenza, 4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italiasono le Pmi - esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milionie 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone erappresentano il 73,8 % del Pil". "Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nellastragrande maggioranza dei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" delprecariato dei propri collaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "diprova" di una nuova figura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge,ma nell'interesse dell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorseda investire, mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un pesoburocratico senza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato dellavoro e non risolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato difar morire il paziente", sottolinea. "In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messaalla prova da numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o allaconflittualità interna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurrepesanti indennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà dilimitare a 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, perlegittimare l'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello chesorprende veramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori atempo indeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Lavoro: apindustria vicenza, non si combatte cosi la precarieta Lavoro: apindustria vicenza, non si combatte cosi la precarieta Posted By: Redazione Web 4luglio 2018 Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) - 'Chi da lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfarein Italia sono le Pmi - esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di personee rappresentano il 73,8 % del Pil '. 'Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nellastragrande maggioranza dei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" delprecariato dei propri collaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto e quasi sempre quello 'diprova ' di una nuova figura, che se e adeguata verra stabilizzata non per un obbligo di legge,ma nell'interesse dell'impresa stessa. Per fornire occupazione pero bisogna avere delle risorseda investire, mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un pesoburocratico senza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilita irrigidendo il mercato dellavoro e non risolvendo queste criticita e curare il sintomo e non la malattia, col risultato difar morire il paziente ', sottolinea. 'In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi e messaalla prova da numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o allaconflittualita interna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurrepesanti indennita in caso di licenziamenti e un colpo in primis al lavoro. Era nota la volonta dilimitare a 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, perlegittimare l'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello chesorprende veramente e che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori atempo indeterminato, perche la norma specifica non viene toccata". (Adnkronos)

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Festa de l'Unità. A Faenza arriva Matteo Richetti, portavoce dellaSegreteria nazionale del Pd Festa de l'Unità. A Faenza arriva Matteo Richetti, portavoce della Segreteria nazionale del PdMercoledì 4 Luglio 2018 Matteo Richetti Giovedì 5 luglio, alle ore 18:45, presso l'area Pianobar della Festa de l'Unità di Faenza - Parco di via Calameli, sarà la volta di Matteo Richetti.Senatore modenese e portavoce della Segreteria nazionale del Pd, Richetti sarà protagonistadi un momento di confronto aperto a tutti i cittadini dal titolo "Le sfide del Paese, comecostruire l'alternativa al governo delle destre, il futuro del Partito democratico", moderatodella Consigliera regionale Manuela Rontini. Autore di due libri - "Harambee! Per fare politicaci vuole passione" e "Piccole per modo di dire" scritto a quattro mani con il presidentenazionale di Confimi industria - Matteo Richetti ha recentemente dichiarato che "il Partitodemocratico può tornare ad essere vincente se saprà essere più vicino alle persone e ai suoibisogni, a partire dall'atteggiamento". In una fase molto delicata per il centrosinistra, aridosso di una tornata elettorale che a partire dalla vicina Imola ha riservato non pochesorprese, "l'incontro di domani sarà l'occasione - come scrive il Pd Faenza - per ripensarsicome forza popolare, radicata nel territorio, che ha come priorità il lavoro, lo sviluppo e leopportunità per i più giovani, anche in vista dell''Assemblea nazionale convocata sabato aRoma". "L'incontro di giovedì sera con il senatore Richetti - sottolinea il segretario comunaledel Pd Maurizio Randi - vuole essere un momento vero di ascolto e partecipazione: ciconfronteremo liberamente con tutti i presenti sulla situazione politica attuale e sul ruolo delPd come unica alternativa valida per la crescita e il futuro del nostro Paese".

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Pd, alla Festa dell'Unità di Faenza un confronto con il senatoreMatteo Richetti Pd, alla Festa dell'Unità di Faenza un confronto con il senatore Matteo Richetti Si rinnoval'appuntamento con i rappresentanti del Partito democratico eletti in Parlamento Redazione 04luglio 2018 16:43 I più letti di oggi 1 "Via Gulli come il far west, serve un'azione decisa":l'appello del deputato a Salvini 2 A Solarolo nasce il Coordinamento antifascista: "Nientespazio a razzismo e violenza" 3 Pd, alla Festa dell'Unità di Faenza un confronto con il senatoreMatteo Richetti Si rinnova l'appuntamento con i rappresentanti del Partito democratico elettiin Parlamento. Giovedì 5 luglio alle 18:45, presso l'area Piano bar della Festa de l'Unità diFaenza - Parco di via Calameli, sarà la volta di Matteo Richetti. Senatore modenese eportavoce della Segreteria nazionale del Pd, Richetti sarà protagonista di un momento diconfronto aperto a tutti i cittadini dal titolo "Le sfide del Paese, come costruire l'alternativa algoverno delle destre, il futuro del Partito democratico", moderato della Consigliera regionaleManuela Rontini. Autore di due libri - "Harambee! Per fare politica ci vuole passione" e"Piccole per modo di dire" scritto a quattro mani con il presidente nazionale di Confimiindustria - Matteo Richetti ha recentemente dichiarato che "Il Partito democratico può tornaread essere vincente se saprà essere più vicino alle persone e ai suoi bisogni, a partiredall'atteggiamento". "In una fase molto delicata per il centrosinistra, a ridosso di una tornataelettorale che a partire dalla vicina Imola ha riservato non poche sorprese - sottolinea ilsegretario comunale del Pd Maurizio Randi - l'incontro di giovedì sarà l'occasione perripensarsi come forza popolare, radicata nel territorio, che ha come priorità il lavoro, losviluppo e le opportunità per i più giovani, anche in vista dell''Assemblea nazionale convocatasabato a Roma. L'incontro di giovedì sera con il senatore Richetti vuole essere un momentovero di ascolto e partecipazione: ci confronteremo liberamente con tutti i presenti sullasituazione politica attuale e sul ruolo del Pd come unica alternativa valida per la crescita e ilfuturo del nostro Paese".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) -?Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi ? esordisce Lorenzin,Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 mila piccole e medieimprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il 73,8 % delPil?. ?Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranza dei casi, inquesta classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propri collaboratori,anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello ?di prova? di una nuova figura, che se èadeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interesse dell'impresa stessa.Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire, mentre le PMI sonotartassate da un costo del lavoro, dell?energia e da un peso burocratico senza paragoni inEuropa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e non risolvendo questecriticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire il paziente?, sottolinea.?In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla prova da numerosi fattoricongiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualità interna alla UE sumolti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesanti indennità in caso dilicenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitare a 24 mesi la duratadei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimare l?apposizione deltermine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprende veramente è chesopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato,perché la norma specifica non viene toccata". Ultimo aggiornamento: 04-07-2018 16:18

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Condividi | Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfarein Italia sono le Pmi - esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di personee rappresentano il 73,8 % del Pil"."Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nellastragrande maggioranza dei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" delprecariato dei propri collaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "diprova" di una nuova figura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge,ma nell'interesse dell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorseda investire, mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un pesoburocratico senza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato dellavoro e non risolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato difar morire il paziente", sottolinea."In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messaalla prova da numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o allaconflittualità interna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurrepesanti indennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà dilimitare a 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, perlegittimare l'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello chesorprende veramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori atempo indeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Fatturazione elettronica, Apindustria: "c'è da rimanere attoniti" Fatturazione elettronica, Apindustria: "c'è da rimanere attoniti" Di Comunicati Stampa | oggialle 12:20 | 0 commenti Fisco amico? - esordisce in una nota Flavio Lorenzin Presidente diApindustria Confimi Vicenza e Vicepresidente Confimi Industria - Prevalenza della sostanzasulla forma? Certezza del diritto? Non c'è che rimanere attoniti nel leggere un passaggio dellanuova circolare n. 13/E dell'Agenzia delle Entrate (AdE) con cui, il 2 luglio, sono stati fornitiulteriori chiarimenti in materia di fatturazione elettronica. Il nodo riguarda la principale dellepossibili (alquanto probabili e diffuse) asincronie che si verificheranno fra emissione (dataindicata nella fattura) e trasmissione (quella verso il SdI da parte del fornitore) della fatturaelettronica delineata dal Provvedimento del 30 aprile ultimo scorso. La nuova circolaresembra, infatti, circoscrivere la "tolleranza" nei riguardi di ritardi minimi (nella trasmissione),e comunque tali da non pregiudicare la corretta liquidazione dell'imposta, alla sola"fase diprima applicazione delle nuove disposizioni, considerando anche il necessario adeguamentotecnologico richiesto alla platea dei soggetti coinvolti". Non solo: pare si voglia sostenerecome l'iter di emissione lecitamente concluso oltre le ore 24 del medesimo giorno delleoperazioni sia solo quello che dipende dai tecnicismi di recapito dello SdI. Viene precisato,infatti, che "i tempi di elaborazione (ossia consegna/messa a disposizione delcessionario/committente)" diventano marginali per il documento "inviato tempestivamente alSdI". Via libera in sostanza all'asincronica di cui è causa il SdI in fase di recapito, ma cheintenzioni ci sono sulle asincronie che più interessano agli operatori? Cosa accade a chi nonriesce a fare la trasmissione contestuale? Cosa accade quindi per le asincronie fra il giorno dieffettuazione (ad esempio il 31 del mese) e la trasmissione asincrona (ad esempio 2 o il 3 delmese successivo), le cui ragioni possono essere diverse: festività, impedimenti di saluteoppure perché semplicemente non si hanno tutti i dati a disposizione? Il passaggio, con cui lacircolare 13 fa salva la (non meglio definita) "fase di prima applicazione", a nostro giudizionon convince non solo per questioni di opportunità ma anche per una serie di motiviinterpretativi fra i quali: il Provvedimento del 30 aprile, § 4.1, sempre a firma della medesimadirezione generale dell'Agenzia, non fa distinzioni fra "prima applicazione" e "applicazione aregime" (cosa prevale quindi ?); il Provvedimento dice che la data di emissione (in viaconvenzionale se vogliamo, nda) "è la data riportata nel campo " altrimenti avrebbe dovutoribadire (con tutti i problemi che ne sarebbero scaturiti) che la fattura non può dirsi emessafino a quando rimane nel cassetto (rectius, nel pc) ossia fino a quando non è ".... trasmessa omessa a disposizione del cessionario o committente" come direbbe l'articolo 21 comma 1 delDPR 633/72; anche volendo convenire che - ai sensi del citato articolo 21 - la fatturaandrebbe trasmessa nel rispetto dei canoni dell'articolo 6 (momento di effettuazione), sisarebbe invece dovuto ribadire, come peraltro fu sostenuto in una risposta ufficiosa dell'AdEdello scorso 24 maggio in occasione di un evento formativo, che "qualora la fattura elettronicasuperi i controlli e venga consegnata o messa a disposizione dal SdI, il documento si intendeemesso con la data riportata nella fattura stessa" e che "pertanto, sarà rispettato il dettatonormativo dell'articolo 6 del Dpr 633/72". detta risposta (ancorché foriera di interpretazioninon omogenee) lasciava chiaramente intendere due cose: l'asincronia fra data di emissione edata di trasmissione dovrebbe avere il compito, in altri termini, da una parte, di garantireall'Erario la riscossione tempestiva dell'imposta e, dall'altra, di non "infierire" (altrimentil'asincronia non sarebbe stata regolamenta con il provvedimento) su violazioni solo

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potenzialmente sostanziali ma di fatto formali; sarebbero tali (e non sanzionabili) quellericonducibili a "una fattura afferente un'operazione imponibile emessa o annotata con unritardo talmente esiguo da consentire ugualmente la computazione della relativa imposta nellaliquidazione periodica di competenza" (C.M. 180/E/98) oppure, in termini più attuali,(ricordati anche nella circolare 13 ma inspiegabilmente solo per la non meglio nota "primafase di applicazione") non è sanzionabile, ai sensi dell'articolo 6, comma 5-bis, del D.Lgs472/97, la violazione meramente formale che non arreca pregiudizio alle attività di controllo enon incide sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento deltributo. La fattura immediata trasmessa in via asincrona non avrebbe quindi dovutopreoccupare per i ritardi esigui, che non compromettono il tempestivo versamento dell'Ivaentro i termini di liquidazione. Ora pare che questa impostazione valga solo in una prima fase,creando sconcerto e preoccupazione in un contesto in cui la proroga parziale, disposta dalD.L. 79 dello scorso 28 giugno, avrebbe dovuto consentire agli operatori di capire, valutare escegliere. Ci si chiede ora quale sia il punto di partenza per "provare a capire" se, a distanzadi pochi mesi, in seno alla medesima Amministrazione finanziaria, vengono rilasciate posizionidi senso sostanzialmente opposto. La rivoluzione alle porte è "copernicana", ma le regoleinterpretative già vacillano. Infine, nel tentativo di ridimensionare la problematica inquestione (lo precisa fra le righe anche la circolare), non ci resta che evidenziare come leproblematiche di cui sopra riguardano la fatturazione immediata (quella cioè da emettereentro le ore 24 del giorno di effettuazione dell'operazione) mentre la criticità "sfuma", invece,per la casistica della differita (entro il 15 del mese successivo) ai sensi dell'articolo 21 comma4 (ad esempio per le cessioni documentate da d.d.t. oppure, se vogliamo, anche per servizisupportati da idonea documentazione commerciale come precisato nella C.M. 18/E/2014).Tutto ciò premesso, auspichiamo un cambio di orientamento (meglio a questo punto sestabilito per legge) che sancisca inequivocabilmente che, anche a regime, la fatturaimmediata trasmessa in tempo asincrono rappresenta pur sempre una violazione meramenteformale in tutti i casi in cui il ritardo non determina, a sua volta, ritardi negli altriadempimenti indotti (a partire dal versamento dell'Iva). E' bene ricordare che: oltre il 99,4%delle imprese sono PMI; di queste oltre il 95 è pure micro impresa con meno di 10 addetti (lamaggior parte dei quali si occupa di produrre beni e/o servizi e non di fatturazione); il 92%(dato 2016) dei file inviati all'Agenzia delle Entrate avviene tramite intermediari; non solonella prima fase ma per sempre il problema della trasmissione asincrona interesserà glioperatori, tanto nelle aziende quanto negli studi.

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PMI- Confimi : Agnelli su Dl Dignità, 'Chi è precario non puògarantire la stabilità' 4 luglio 2018 Comments Off on PMI-Confimi: Agnelli su Dl Dignità, 'Chi è precario non puògarantire la stabilità' Dalla home page PMI-Confimi: Agnelli su Dl Dignità, 'Chi è precario nonpuò garantire la stabilità' Così il Presidente di Confimi Industria sul delicato momento storicodelle Pmi rispetto alle nuove normative.  'Chi è già precario, come lo sono le nostre Pmi, nonpuò garantire stabilità di lavoro'. Così Paolo Agnelli Presidente di Confimi Industria checommenta il decreto dignità. 'Chi da' lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sonole Pmi - continua Agnelli - Ci sono 4 milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paese chedanno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il 73,8 % del Pil'. 'Queste imprese, chegià non hanno chiuso come hanno fatto purtroppo 700 mila aziende in Italia negli ultimi 10anni, stanno sul mercato con difficoltà incredibili. Le aziende in questo contesto sono le primead essere precarie perché non hanno certezza delle commesse e degli investimenti fatti.Come fanno a dare stabilità' assumendo? Siamo di fronte al fallimento della globalizzazione,ad un Europa frantumata, alla politica frastagliata dei dazi, a incidenze sul costo del lavoro,dell'energia e del peso burocratico  senza paragoni'. 'In un periodo in cui si vede forse unaleggerissima ripresa - prosegue Agnelli - introdurre pesanti indennità in caso di licenziamentiritenuti illegittimi in un quadro economico del genere, in cui non sai che scenario lavorativo ecompetitivo troverai,  è un colpo in primis al lavoro. C'è il rischio che gli imprenditori seri,quelli che hanno a cuore l'azienda, i collaboratori, che non assumono in nero, se non hannoben chiare le prospettive non assumeranno più ed inoltre rischieranno anche di non rinnovarei contratti a tempo determinato visto il rischio del ritorno di alcune rigidità  e dell'aumento deicosti'. 'Ben venga penalizzare chi delocalizza - continua Agnelli - anche se giova ricordare chesono soprattutto le grandi imprese a farlo e che in Italia rappresentano lo 0,1% del tessutoeconomico. E cosa succede se sono già passati i cinque anni dalla ricezione dei contributi, chidelocalizza va bene ugualmente?' 'Ci si dimentica - prosegue Agnelli -  che perdurando inquesti ultimi decenni un clima e un humus non favorevole all'industria assisteremo sempre dipiù non a delocalizzazioni di aziende ma di 'singoli prodotti' che verranno riportati in Italia concosti nettamente inferiori e danni per la manodopera. 'Soltanto se si torna a parlare diricchezza - chiude Agnelli - e si garantiscono condizioni di sviluppo e di stabilità nella crescitasi può parlare di creazione di nuovi posti di lavoro'. Sul decreto in oggetto Confimi Industria siaugura poi che lo Split Payment venga rivisto e tolto per tutti non soltanto per i professionisti,visto che le imprese maturano nei confronti dello Stato crediti Iva non agevolmenterecuperabili facendo nascere problemi finanziari e di liquidità. Per quanto riguarda lospesometro, viene giudicata positivamente  l'unificazione a una sola scadenza annuale diquello relativo al 2018 (Confimi lo chiede da 2 anni) ma il vero problema riguarderà il 2019dove a fronte dell'abrogazione dello spesometro 'ordinario' - già disposto - verranno introdotti12 spesometri (uno al mese) per monitorare le operazioni da/per l'estero che non potrannopassare per la fatturazione elettronica. Questo creerebbe ulteriori disagi per il sistema dellePmi. <

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Festa de l'Unità, domani arriva Matteo Richetti » Faenza - 04/07/2018 Festa de l'Unità, domani arriva Matteo Richetti Si rinnoval'appuntamento con i rappresentanti del Partito democratico eletti in Parlamento. Giovedì 5luglio alle ore 18:45, presso l'area Piano bar della Festa de l'Unità di Faenza - Parco di viaCalameli, sarà la volta di Matteo Richetti.  Senatore modenese e portavoce della Segreterianazionale del Pd, Richetti sarà protagonista di un momento di confronto aperto a tutti icittadini dal titolo "Le sfide del Paese, come costruire l'alternativa al governo delle destre, ilfuturo del Partito democratico", moderato della Consigliera regionale Manuela Rontini.  Autoredi due libri - "Harambee! Per fare politica ci vuole passione" e "Piccole per modo di dire"scritto a quattro mani con il presidente nazionale di Confimi industria - Matteo Richetti harecentemente dichiarato che "Il Partito democratico può tornare ad essere vincente se sapràessere più vicino alle persone e ai suoi bisogni, a partire dall'atteggiamento".  In una fasemolto delicata per il centrosinistra, a ridosso di una tornata elettorale che a partire dallavicina Imola ha riservato non poche sorprese, l'incontro di domani sarà l'occasione perripensarsi come forza popolare, radicata nel territorio, che ha come priorità il lavoro, losviluppo e le opportunità per i più giovani, anche in vista dell''Assemblea nazionale convocatasabato a Roma.  "L'incontro di giovedì sera con il senatore Richetti - sottolinea il segretariocomunale del Pd Maurizio Randi - vuole essere un momento vero di ascolto e partecipazione:ci confronteremo liberamente con tutti i presenti sulla situazione politica attuale e sul ruolodel Pd come unica alternativa valida per la crescita e il futuro del nostro Paese".  

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 04/07/2018 16:18 AdnKronos@Adnkronos Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfarein Italia sono le Pmi - esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di personee rappresentano il 73,8 % del Pil"."Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nellastragrande maggioranza dei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" delprecariato dei propri collaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "diprova" di una nuova figura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge,ma nell'interesse dell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorseda investire, mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un pesoburocratico senza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato dellavoro e non risolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato difar morire il paziente", sottolinea."In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messaalla prova da numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o allaconflittualità interna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurrepesanti indennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà dilimitare a 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, perlegittimare l'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello chesorprende veramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori atempo indeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà di Adnkronos - 4 luglio 2018 -18:01 Share Facebook Twitter Google+ WhatsApp Linkedin Email Print Viber Vicenza, 4 lug.(AdnKronos) - ?Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi ?esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil?. ?Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello ?di prova? di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente?, sottolinea. ?In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 04.07.2018 - 16:45 0 Vicenza,4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi -esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil". "Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente", sottolinea. "In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 04.07.2018 - 16:45 0 Vicenza,4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi -esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil". "Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente", sottolinea. "In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 04.07.2018 - 16:45 0 Vicenza,4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi -esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil". "Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente", sottolinea. "In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

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Confimi Industria Monza e Brianza: il "place" del rappresentare Confimi Industria Monza e Brianza: il "place" del rappresentare 4 luglio 2018 tweet ConfimiMonza e Brianza: il "place" del rappresentare Confimi Industria Monza e Brianza: si è svoltanelle sale del Saint Georges Premier la Assemblea Pubblica di Confimi Industria Monza eBrianza.  Un incontro che è stato occasione per misurare  non solo la vita associativa di unaConfederazione agile e in crescita, ma anche per esplorare significati, bisogni, prospettive escenari delle Pmi in Italia, oggi. Ha partecipato alla riflessione il Presidente di Confimi PaoloAgnelli affiancato da altre anime della Confederazione fra cui Simona Ronchi, RiccardoChini, Francesco Purificato, Gabriella Meroni e Rosalba Colombo. Le ombre del presente Perpoter consolidare e tornare ad investire con convinzione, il tutt'ora fragile sistema economicoavrebbe bisogno di certezze e continuità, non scenari mutevoli. Le sensazioni sono invecenegative, anche di fronte alle ultime scelte del governo che reintroduce rigidità nel campo dellavoro e che non ha ancora sciolto le riserve su coperture di Industria 4.0 e innovazione.Dubbi a cui bisogna sommare le politiche dei dazi del Presidente Trump e una Europa debole ein apparente disgregazione. Confimi oggi Se è di fresca composizione la sezione briantea, alivello nazionale la Confederazione ha ormai consolidato numeri significativi, con un networkche conta 28 mila imprese con 410 mila addetti e un fatturato aggregato di oltre 71 miliardi dieuro.  Partendo da questa fetta di produzione nazionale, e considerato che il dna dei soci diConfimi è essere Pmi, la realtà associativa può oggi dirsi, a pieno titolo, rappresentativa alivello nazionale delle piccole e medie imprese, sia nelle istanze, che nei bisogni. Il trend èpositivo. In una realtà  globalizzata, complessa, liofilizzata dalla crisi, dotata delle possibilitàdi interazione del digitale, si aprono nuove prospettive per chi fa della agilità operativa unascelta fondante. Oggi, la leggerezza nelle strutture può rappresentare un vantaggio nei costi,ma anche e  soprattutto, nella capacità di ragionare, reagire e prevedere le dinamiche in cuila piccola e media azienda si muove e si muoverà. Ascoltare e intervenire  prontamente sonole premesse di un affiancamento efficace, cose che organizzazioni più elefantiache oggisempre meno riescono a fare. Una rete di competenze precise, ma allo stesso tempodialoganti e agili è quello su cui si basa Confimi ed è il modo più adatto per stare vicino alleaziende, seguendone evoluzione, esigenze e sviluppo. Confimi domani La crescita costante èla prospettiva, sia a livello nazionale, che a livello territoriale in Monza Brianza. Proprio questapossibilità di innestarsi in un territorio nuovo come la Brianza per Confimi è luna verifica dellefuture prospettive. Nella Provincia di Monza il quadro è rassicurante. Confimi Industria Monzae Brianza ha potuto offrire fin da subito agli associati la piena operatività grazie all'interazionecon le sedi territoriali confinanti, non sovrapponendo funzioni, ma integrando e potenziando leesistenti, coniugandole alle esigenze della Brianza. Una sensibilità al territorio, una attenzioneal particolare che vogliono ancor più essere caratteristiche fondanti di Confimi IndustriaMonza e Brianza, per rappresentare compiutamente quelle che finora sono state considerate"particolarità territoriali" ma che in realtà, da sempre, costituiscono il tessuto economico piùsolido del paese. Realtà di prima linea, che hanno subito l'impatto drammatico della crisi, manon hanno quasi mai ottenuto tavoli, aiuti, attenzioni. 700.000 Pmi chiuse, oltre 1.500.000posti di lavoro persi sono le cicatrici lasciate dalla recessione. E' in questa lacerazione subitache si pone oggi, lo studio, la proposta ma anche la forte rivendicazione di una serie diinterventi proposti da Confimi, contratti e norme dedicate alle Pmi. Le proposte Confimi non èsolo affiancamento e sostegno, ma vuole essere anche attore propositivo. Il contratto unico

04/07/2018 19:03Sito Web Qui Brianza News

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per la manifattura è un esempio di questa prospettiva. Un documento di accordo che possafinalmente tenere conto delle grandi  esigenze della produzione nel terzo milllennio. E' lavarietà la forza del tessuto delle Pmi, e da qui è sul tavolo una proposta contrattuale fraazienda e lavoratori che cercherà di partire dalla singola realtà, con accordi a livello locale ocon piccoli sindacati, per una politica dell'esempio e non della burocratizzazione. Sancire unaelasticità nel lavoro e nelle mansioni sarebbe fare una fotografia di quello che da sempre sonole Pmi, non certo un arretramento nei diritti, anzi una maggiore garanzia. ll sistema dellarappresentanza Per riassumere, la parola chiave scaturita dalle riflessioni messe in campo neldibattito, è rappresentanza delle PMI. In pratica la  capacità di ascolto e di lettura delleesigenze datoriali, spesso particolari, parcellizzate, che il quotidiano delle piccole aziendemette in luce. La parola rappresentanza però, da sola non ha senso se slegata dall'agire. C'èda coprire il carico di mutamento che è la dote del nuovo millennio, opportunità ma ancheesigenza. "Un'azienda può anche dotarsi dei migliori  professionisti, commercialisti,consulenti, ma ci saranno sempre problemi nuovi, quotidiani, che nella vita aziendale possonosfuggire come sabbia fra le dita, e amplificarsi. Solo una associazione agile, elastica, efficientepuò avere  la capacità di interagire con questi intoppi. garantire questa assistenza è una fontedi risparmio per l'azienda, Basta un verbale, un accertamento evitato, per superare la nostraquota-" Prospettiva e futuro Confimi è la dimostrazione di una agilità operativa che diventavantaggio competitivo. E' ormai conclamato che solo una innovazione completa dei processiessitenti potrà rilanciare l'Italia. Ed è un dato altrettanto evidente che solo i piccoli sistemihanno la forza competitiva di creare il nuovo. E' vero però che se ci si misura con il sistemaPaese, sarà necessario che queste piccole realtà facciano rete, per ricostruire un tessutosociale completo, coeso sui nuovi principi. La crescente visibilità di Confimi è un auspicio maancor più paradigmatico è il potere attrattivo che sta dimostrando, ad esempio l'adesione diConfcultura. Queste le parole della Presidente Patrizia Asproni, che sono assai d'auspicio: "Lascelta di associarsi a Confimi va nella direzione di unirsi con chi ha più contatto con il territorioe con le altre imprese  italiane dinamiche e innovative; abbiamo bisogno di fare rete, disemplificazione, di futuro. Le sovrastrutture costose e burocratiche non fanno per noi".Costruire il futuro Aziende e cultura (in essa mettiamoci, dalla nostra parte, anche unaeditoria di innovazione ). Da una saldatura di questo tipo rinacque l'Italia del boom e forsequesta ricomposizione è la vera opportunità del dopo crisi che non dovrebbe essere persa.Servono sensibilità e capacità di agire e rappresentare. Una sfida sociale reale, ma anche unanecessità. L'impressione è che Confimi su questo ci sia. Anzi, Confimi Industria Monza eBrianza c'è. cc

04/07/2018 19:03Sito Web Qui Brianza News

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Invia foto, video e segnalazioni a [email protected] segui CALCIOWEB Di Adnkronos16:18 04.07.18 Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) - 'Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il verowelfare in Italia sono le Pmi ' esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Cisono 4 milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni dipersone e rappresentano il 73,8 % del Pil" . 'Le imprese manifatturiere vicentine ricadono,nella stragrande maggioranza dei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che"vivono" del precariato dei propri collaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi semprequello 'di prova" di una nuova figura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligodi legge, ma nell'interesse dell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna averedelle risorse da investire, mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia eda un peso burocratico senza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo ilmercato del lavoro e non risolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, colrisultato di far morire il paziente" , sottolinea. 'In un periodo in cui la ripresa vista nei mesiscorsi è messa alla prova da numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerradei dazi o alla conflittualità interna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin -introdurre pesanti indennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota lavolontà di limitare a 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigeratecausali, per legittimare l'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quelloche sorprende veramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ailavoratori a tempo indeterminato, perché la norma specifica non viene toccata".

04/07/2018 17:39Sito Web CalcioWeb

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Video Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Vicenza, 4 lug.(AdnKronos) - 'Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi 'esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil" . 'Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranzadei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propricollaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello 'di prova" di una nuovafigura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interessedell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire,mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocraticosenza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e nonrisolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire ilpaziente" , sottolinea. 'In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla provada numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualitàinterna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesantiindennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitarea 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimarel'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprendeveramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata". 16:18 | 04/07/18 | di Adnkronos

04/07/2018 16:31Sito Web SportFair

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Fatturazione elettronica. Anc e Confimi , ritardi minimi a regime il no... - eDotto 04 luglio 2018 Fatturazione elettronica. Anc e Confimi, ritardi minimi a regime il no allesanzioni Via libera in sostanza all'asincronia di cui è causa il SdI in fase di recapito, ma cheintenzioni ci sono sulle asincronie che più interessano agli operatori? È quanto si chiedono Ance Confimi Industria in un comunicato congiunto del 3 luglio 2018. Cosa accade a chi nonriesce a fare la... Contenuto riservato! Accedi o registrati gratuitamente . Condividi l'articolo:

04/07/2018 09:55Sito Web Informazione Professionale

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Potenza, presentato il progetto per nuova area artigianale Potenza, presentato il progetto per nuova area artigianale La proposta insediativa è stataillustrata da Confapi e Comune di Redazione - 04 luglio 2018 - 12:00 Potenza È statopresentato ieri, nel corso di un incontro nella sede della Confapi di Potenza, il progetto per larealizzazione di un'area artigianale nel capoluogo di regione, nato da un lavoro sinergico tra laConfapi e l'amministrazione comunale. All'incontro erano presenti il Presidente della ConfapiPotenza, Pierluigi Volta, il direttore Vincenzo Albano, il presidente del Collegio Imprenditoriedili dell'Associazione e membro della Giunta Nazionale di Confapi Aniem, Rocco Di Giuseppe,l'assessore all'Edilizia - Pianificazione - Condono - Ricostruzione del comune di Potenza, RoccoPergola, il consigliere comunale, Giampiero Iudicello, il presidente del network Professionistid'Impresa, Giancarlo Fusco e una numerosa delegazione di imprenditori. Il presidente diConfapi Aniem Potenza, Rocco Di Giuseppe, ha sottolineato l'importanza dell'iniziativa affinchéi segnali di ripresa del tessuto produttivo possano trasformarsi in fattori di crescita, sostenutidalla necessaria sinergia tra P.A. e imprese su obiettivi comuni e da investimenti puntuali dirisorse regionali e comunitarie in uno a misure di fiscalità di vantaggio destinateall'insediamento. La proposta insediativa presentata- spiega Confapi in una nota- è progettatasulla base di criteri che prevedono l'impiego di materiali e componenti innovativi: questo peraderire alle direttive comunitarie in materia di efficientamento energetico, sostenibilitàambientale ed, in generale, di sviluppo sostenibile finalizzato all'implementazione dei processidell'economia circolare. Il Comune di Potenza, con atto di indirizzo di Giunta, ha approvato lalocalizzazione dell'area destinata all'insediamento in località Tiera di Potenza. I vantaggi diuna simile collocazione, tenendo conto che l'area è una delle poche realmente fruibili con unavocazione artigianale, sia per la viabilità esistente, sia per la vicinanza al depuratoreconsortile, sono molteplici soprattutto in termini di costi, con un conseguente notevoleabbattimento. L'assenza di un'area artigianale finora ha impedito alle piccole e medie impresee alle attività artigiane, che rappresentano la quasi totalità del tessuto produttivo lucano, dilanciarsi nella sfida delle innovazioni e a cimentarsi nel duro mondo del mercatointernazionale e delle esportazioni. L'amministrazione comunale ha condotto,preliminarmente, un'analisi tecnico-amministrativa, per definire la domanda insediativa diimprese artigianali produttive sul territorio comunale della città di Potenza, analizzandocaratteristiche, tipologia degli insediamenti, dimensioni, infrastrutture materiali e immateriali,dimensioni degli spazi necessari. L'obiettivo del progetto -aggiunge Confapi- è la realizzazionedi un'area artigianale che possa dal un lato rappresentare un'opportunità per sanare lecarenze di spazi idonei in cui svolgere la propria attività e dall'altro consentire l'avvio diattività artigianali innovative, non presenti sul territorio comunale, nonché un'occasione perampliare e rafforzare le attività esistenti. Potrebbe, inoltre, essere un'opportunità per ilmiglioramento e l'ottimizzazione dei processi produttivi, e un'occasione per nuove realtàaziendali di ritagliarsi la propria fetta di mercato in settori specialistici generando ricadutepositive in termini occupazionali, soprattutto giovanile. Un aspetto fondamentale nellarealizzazione della proposta avanzata dall'associazione è, infatti, la volontà di creareun'officina dell'innovazione intesa come luogo funzionale ad un ambiente produttivo chepermetta finalmente di innescare delle sinergie tra mondo imprenditoriale e i giovani cheintendono sviluppare delle startup innovative. Pertanto, dovranno essere individuati i criteriper la costruzione degli insediamenti produttivi che, valorizzando risparmio energetico, utilizzo

04/07/2018Sito Web Basilicata24

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di materiali eco-compatibili e tecniche innovative, potranno rappresentare una leva per lacrescita e lo sviluppo della nostra comunità".  

04/07/2018Sito Web Basilicata24

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Page 58: CONFIMI€¦ · 05/07/2018 Il Giornale di Vicenza «Il decreto dignità non risolve la precarietà» 23 05/07/2018 Il Giornale di Vicenza Etra, la Cogo per il dopo Montagner 24 CONFIMI

Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 4 Luglio 2018 alle 16:30Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italiasono le Pmi - esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milionie 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone erappresentano il 73,8 % del Pil". "Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nellastragrande maggioranza dei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che "vivono" delprecariato dei propri collaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "diprova" di una nuova figura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge,ma nell'interesse dell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorseda investire, mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un pesoburocratico senza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato dellavoro e non risolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato difar morire il paziente", sottolinea. "In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messaalla prova da numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o allaconflittualità interna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurrepesanti indennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà dilimitare a 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, perlegittimare l'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello chesorprende veramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori atempo indeterminato, perché la norma specifica non viene toccata". Condividi le tue opinionisu Il Foglio Testo

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà 4 luglio 2018 Condividi: Faiclic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra) Fai clic per condividere suFacebook (Si apre in una nuova finestra) Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre inuna nuova finestra) Fai clic qui per condividere su Google+ (Si apre in una nuova finestra) Faiclic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra) Fai clic per condividere suWhatsApp (Si apre in una nuova finestra) Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi,chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi - esordisce Lorenzin, Presidente diApindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paeseche danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il 73,8 % del Pil". "Le impresemanifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranza dei casi, in questaclassificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propri collaboratori, anzil'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuova figura, che se èadeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interesse dell'impresa stessa.Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire, mentre le PMI sonotartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocratico senza paragoni inEuropa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e non risolvendo questecriticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire il paziente", sottolinea."In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla prova da numerosi fattoricongiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualità interna alla UE sumolti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesanti indennità in caso dilicenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitare a 24 mesi la duratadei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimare l'apposizione deltermine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprende veramente è chesopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato,perché la norma specifica non viene toccata". Navigazione articoli

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Riserve di ANC e Confimi sui tempi di trasmissione della fatturaelettronica Riserve di ANC e Confimi sui tempi di trasmissione della fattura elettronica Pubblicata il:4/07/2018 Fonte: WWW.EUTEKNE.INFO Per le associazioni, l'asincronia tra momento in cui èeffettuata l'operazione e trasmissione della fattura al SdI andrebbe ammessa anche 'aregime'.

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Il "Decreto Dignità" scontenta le imprese di Monza e Brianza Il "Decreto Dignità" scontenta le imprese di Monza e Brianza 5 luglio 2018 Matteo RiccardoSpeziali Meno lavoro e più precarietà. Si potrebbe riassumere con questo binomio il giudizioche danno le associazioni che rappresentano l'impresa a Monza e Brianza sul Decreto Dignità.Eppure il Ministro del Lavoro Di Maio lo ha apostrofato la Waterloo del lavoro precario.Tuttavia le associazioni d'impresa, da Assolombarda ad Apa Confartigianato, passando perConfimi Industria e per A.P.I., in sol coro si dicono scontente. In sintesi temono che il decretoporti ad un aumento del contenzioso derivante dalla reintroduzione delle causali, adun incremento del costo del lavoro per effetto dell'aumento dei contributi a carico delleimprese e a un irrigidimento delle nuove posizioni lavorative con la riduzione della durata deicontratti a termine. Ma non solo: altra questione preoccupante è l'aumento del valoredell'indennità per i lavoratori licenziati "ingiustamente" che passano da massimo 24 mesi amassimo 36 mesi. "Come abbiamo sempre sostenuto - afferma Confindustria - sono leimprese che creano il lavoro. Le regole possono favorire o scoraggiare i processi di sviluppo ehanno la funzione di accompagnare i cambiamenti in atto, anche nel mercato del lavoro. Sidovrebbe perciò intervenire sulle regole quando è necessario per tener conto di questicambiamenti e, soprattutto, degli effetti prodotti da quelle precedenti. Il contrario di ciò che èavvenuto col decreto "dignità". Il Governo innesta la retromarcia rispetto ad alcuneinnovazioni che hanno contribuito a quella crescita. Peraltro, le nuove regole saranno pocoutili rispetto all'obiettivo dichiarato - contrastare la precarietà - perché l'incidenza dei contrattia termine sul totale degli occupati è, in Italia, in linea con la media europea". Anche dalmondo Artigiano, particolare il presidente Giaovanni Barzaghi  parla di una spirale che porteràad avere meno lavoro, non meno precarietà. "Chi è già precario, come lo sono le nostre Pmi,non può garantire stabilità di lavoro" - afferma Paolo Agnelli Presidente di Confimi Industriacommentando il decreto dignità. "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italiasono le Pmi. Queste imprese, che già non hanno chiuso come hanno fatto purtroppo 700 milaaziende in Italia negli ultimi 10 anni, stanno sul mercato con difficoltà incredibili. Le aziende inquesto contesto sono le prime ad essere precarie perché non hanno certezza delle commessee degli investimenti fatti. Come fanno a dare stabilità assumendo?" "Rigidità, maggiorburocrazia, rischio di contenziosi, scarsa flessibilità in ingresso e in uscita, sono di nuovo costia carico delle imprese che disincentiveranno progetti di sviluppo e assunzioni. Dobbiamoavere il coraggio di guardare oltre - afferma Galassi di A.P.I. che aggiunge - Il coraggio didefinire la Politica Industriale italiana e guardare al futuro, questa la chiave per il rilancio".Questo il commento espresso dal presidente di A.P.I. Paolo Galassi all'indomanidell'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del cosiddetto "Decreto Dignità". Giudiziocontrastante invece sulla stretta per chi delocalizza. Mossa positiva per gli artigiani, per i qualisi tratta un segnale importante per difendere il valore della produzione e del lavoro realizzatiin Italia, segnale tardivo per Confimi, e addirittura negativi per Confindustria che parla di undisincentivo per chi volesse investire nel nostro Bel Paese.  Galassi chiude lanciando unmessaggio chiaro: "Ci vogliono politiche coordinate con l'Europa, le stesse regole economichee del mercato del lavoro, la delocalizzazione non si controlla, infatti, solo in Italia". Cliccandosulla Pagina Facebook Ufficiale di MBNews e mettendo "MI PIACE" sarai aggiornato in manieraesclusiva ed automatica su tutte le NEWS. Se vuoi beneficiare delle nostre promozioni e deglisconti che i nostri clienti riservano a te, iscriviti subito alla Newsletter . Matteo Riccardo

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Speziali Chi sono? Matteo Riccardo Speziali, una vita nel cercare di scoprirlo (chi sono) e nelfrattempo il raccontare fatti, il ricercare notizie mi tengono molto occupato. Scrivo da sempree nel 2008 sono tra i soci fondatori di MB News che dirigo. Quando non scrivo (e nondirigo),mi piace leggere, soprattutto gialli, mi piace cucinare (e mangiare) e mi piace correre.Se avete qualche bella storia da raccontarmi o se volete denunciare un fatto chiamatemi039361411 Articoli più letti di oggi

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Contratto unico della manifattura e Ministero delle Pmi: Confimirilancia da Monza Contratto unico della manifattura e Ministero delle Pmi: Confimi rilancia da Monza 4 luglio2018 Filippo Panza Punta alto Confimi e durante l'assemblea pubblica di ieri attacca ilGoverno. Quel che sulla carta può apparire positivo e quasi foriero di un grandecambiamento, a volte può cambiare volto quando viene calato nelle problematiche reali.Sembra questo il caso del "Decreto Dignità", approvato all'inizio di questa settimana dalConsiglio dei Ministri. Che su alcuni punti, legati al mercato del lavoro e alla precarietà, trovala netta contrarietà di Confimi, la Confederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana edell'Impresa Privata. L'allarme arriva direttamente dal Presidente nazionale, Paolo Agnelli, nelcorso dell'Assemblea pubblica "Confimi, un'associazione al servizio delle imprese", che si èsvolto al "Saint George Premier" di Monza. "Il Decreto Dignità ci riporta indietro e rivede,ancora una volta, il concetto dei precari - spiega Agnelli, imprenditore bergamasco alla guidadell'azienda di famiglia, leader nel settore dell'estrusione dell'alluminio e delle pentoleprofessionali - non si può pensare di spingere, in questo momento e in Italia, sull'assunzionea tempo indeterminato quando le imprese sono le prime a vivere in una situazione diinstabilità. Ridurre a 24 mesi la durata massima dei contratti a tempo determinato eaumentare dello 0,5% il contributo addizionale a carico del datore di lavoro per ogni rinnovomi sembrano una cambiale da pagare ad un'ideologia elettorale - continua - inoltre è tardivosanzionare adesso in maniera pesante le aziende che hanno ricevuto contributi statali evogliono delocalizzare all'estero prima che siano trascorsi 5 anni (e ciò vale tra l'altro solo peri trasferimento extra Europa, ndr)". Da Monza, al di là delle perplessità su un provvedimentonazionale che deve ancora seguire l'iter legislativo per arrivare alla sua attuazione,  ConfimiIndustria lancia al governo targato Lega-Movimento 5 Stelle diversi appelli. Molti dei qualifanno parte dei 10 punti del Manifesto della manifattura, il documento presentato nei giorniscorsi a Roma dall'associazione imprenditoriale alle forze politiche e al Sottosegretario alloSviluppo Economico, Dario Galli. Tra i più importanti, nel corso dell'appuntamento nelcapoluogo della Brianza, sono stati affrontati la riduzione del costo dell'energia, che per le Pmiin Italia è l'87% in più rispetto alla stessa fascia media dell'Unione Europea. Ma anche lariduzione del cuneo fiscale, che grava sulle piccole e medie imprese del nostro Paese perl'11% in più rispetto alla media europea. O, ancora, l'istituzione di un Contratto unico dellaManifattura ( qui l'approfondimento ), secondo il principio di un modello capace di valorizzarela contrattazione di secondo livello, soprattutto territoriale. "Oggi in Italia ci sono 868Contratti collettivi nazionali di lavoro, decisamente troppi - afferma Nicola Caloni,amministratore delegato dell'omonima azienda di trasporti e, da un anno, presidente diConfimi Monza e Brianza - vogliamo eliminare questa eccessiva burocrazia che rallental'economia e la possibilità di lavorare". Sul fronte del Contratto unico della Manifattura,Confimi è pronta a dar battaglia. "Non lo faremo con i sindacati confederali perchéservirebbero troppi tavoli di contrattazione - afferma il presidente Agnelli - troveremol'accordo con qualche piccolo sindacato di base, dopo di che chi vorrà, potrà adottarlo". Unriferimento per l'approdo ad una riforma del sistema negoziale contrattuale è costituito dalCcnl Confimi Meccanica ( ecco l'articolo ). Che, giunto al suo secondo rinnovo, dallacontrattazione territoriale alla flessibilità, dall'assistenza sanitaria integrativa alla previdenzacomplementare fino alle diverse tipologie contrattuali, presenta diversi vantaggi ed

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opportunità. "Abbiamo cercato di favorire la flessibilità e di mettere in rete le aziende conconcretezza e in tempi brevi" - afferma Riccardo Chini, alla guida di Confimi impresameccanica nazionale ed ex presidente della sede brianzola di Confimi Industria. E gli effettipositivi si sono visti anche nel nostro territorio. "Insieme alle organizzazioni sindacali stiamointroducendo la possibilità di variare gli orari e le mansioni di lavoro in maniera snella - spiegaSimona Ronchi, titolare della Silap srl di Vimercate e al vertice del gruppo locale di Confimiimpresa meccanica - tra le altre misure, che vengono incontro alle esigenze di noiimprenditori e sono oggetto di contrattazione, ci può essere anche la detassazione del premiodi produttività". Altra proposta della giovane associazione imprenditoriale, nata alla fine del2012 e oggi costituita da 30mila aziende iscritte, che impiegano circa 420 mila addetti egenerano un fatturato aggregato di circa 72 miliardi di euro annui, è l'istituzione di unMinistero della Piccola e Media Industria. Qualcosa in più di una provocazione. Una questionedi rappresentatività. "Negli ultimi anni in Italia abbiamo perso 700mila Pmi e 1 milione e400mila posti di lavoro - sostiene Agnelli - eppure non c'è stato alcun tavolo di crisi delGoverno". Il comparto, insomma, chiede di poter far sentire la propria voce. Anche perché lePmi costituiscono la quasi totalità delle imprese italiane. Con numeri davvero importanti. Chela politica, come dice ad MBNews il presidente nazionale di Confimi Industria, non puòignorare. Qualche segnale di cambiamento, dal punto di vista della visibilità dellaConfederazione dell'Industria Manifatturiera Italiana e dell'Impresa Privata, sembra si comincia vedere. "Siamo partiti, quasi 6 anni fa, tra lo scetticismo generale - afferma Agnelli - poiman mano ci siamo fatti riconoscere dai sindacati, quindi siamo stati convocati ai vari tavoliministeriali e negli ultimi 2 anni siamo andati ben 76 volte sulle tv nazionali". E anche aMonza e in Brianza, Confimi cresce. "Stiamo aumentando il confronto e il dialogo con leamministrazioni locali, le altre associazioni e i cittadini - sostiene Caloni - vogliamo far capireche siamo presenti e possiamo, con la nostra struttura dinamica e coesa, dare il migliorsupporto possibile alle imprese con servizi selezionati e aggiornamenti sulle novitàlegislative". Un lavoro, anche di consulenza, sempre più necessario nella complessità deglistrumenti di finanza agevolata oggi a disposizione delle aziende ( leggi l'articolo ). "Ci sonoalcune preoccupazioni sul fronte dell'Industria 4.0, quella determinata da automazione edinterconnessione tra tecnologie abilitanti che, grazie ad Internet, si aggregano in modosistemico in nuovi paradigmi produttivi - spiega Francesco Purificato, Area Credito e FinanzaConfimi Industria Monza e Brianza - ad esempio il Credito d'imposta per la formazione 4.0,previsto dalla Legge di bilancio 2018, per il momento non trova conferme e il decretoCalenda, che puntava su questo pilastro, è fermo alla Corte dei Conti perché non c'è lacopertura finanziaria". Anche per superare queste difficoltà, la Confederazione dell'IndustriaManifatturiera Italiana e dell'Impresa Privata ha avviato collaborazioni con istituti finanziari ebancari, capaci di proporre prodotti e servizi integrati e specifici per le singole aziende. E' ilcaso, nel nostro territorio, di Finanza & Futuro, che è da poco entrata a far parte delladivisione Advisory Clients di Deutsche Bank. Il percorso di crescita, anche di Confimi IndustriaMonza e Brianza, è ancora in atto. E l'Assemblea pubblica al "Saint George Premier", che hav is to la presenza, t ra g l i a l t r i , d i Edoardo Ranz in i  e Gabr ie l la Meron i ,  rispettivamente Direttore e Vicepresidente delle sede territoriale dell'associazione, edi Rosalba Colombo, sindaco di Arcore, ha segnato una tappa in avanti lungo questa strada.Come ci spiega, con soddisfazione, il Presidente Nicola Caloni. Le aspettative per il futurosembrano essere positive. Lo dimostra anche il fatto che proprio a Monza, il prossimo ottobre,si svolgerà l'assemblea nazionale di Confimi Industria. Un onore, ma anche un onere. Che gli

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imprenditori locali, iscritti e non alla Confederazione manifatturiera, dovranno dimostrare disaper cogliere in pieno. Foto di Marco Brioschi Cliccando sulla Pagina Facebook Ufficiale diMBNews e mettendo "MI PIACE" sarai aggiornato in maniera esclusiva ed automatica su tuttele NEWS. Se vuoi beneficiare delle nostre promozioni e degli sconti che i nostri clientiriservano a te, iscriviti subito alla Newsletter . assemblea pubblica confimi monza e brianzacontrattazione territoriale contratto a tempo determinato contratto a tempo indeterminatoContratto unico manifattura Decreto dignità Edoardo Ranzini Industria 4.0 Manifestomanifattura Ministero Pmi Nicola Caloni paolo agnelli servizio alle imprese Filippo Panza Sononato nel 1980, anno di grandi eventi sportivi (Olimpiadi di Mosca, Europei di calcio), attentatiterroristici (strage di Bologna), terremoti (Irpinia) e misteri ancora irrisolti (Ustica). Ma anchedi libri (Il nome della Rosa) e film (Shining), che hanno fatto epoca. Con tanta carne acuocere, forse era scritto nel mio destino che la curiosità sarebbe stato il motore della miavita. E così da Benevento, la città che mi ha dato i natali, la passione per la conoscenza e laverità, declinate nel giornalismo, mi ha portato in giro per l'Italia. Da Salerno a Roma, daNapoli a Bologna, fino a Monza. Nel capoluogo della Brianza penso di aver trovato il luogodove mettere la mia base (più o meno) definitiva e soddisfare la mia sete di scrittura, lettura,sport e tempo libero. Almeno fino a quando il richiamo di qualche Sirena, forse, non mi faràapprodare ad altri lidi. Articoli più letti di oggi

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Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà Lavoro: Apindustria Vicenza, non si combatte così la precarietà A cura di AdnKronos 4 luglio2018 - 16:18 Vicenza, 4 lug. (AdnKronos) - 'Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il verowelfare in Italia sono le Pmi ' esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Cisono 4 milioni e 300 mila piccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni dipersone e rappresentano il 73,8 % del Pil" . 'Le imprese manifatturiere vicentine ricadono,nella stragrande maggioranza dei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che"vivono" del precariato dei propri collaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi semprequello 'di prova" di una nuova figura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligodi legge, ma nell'interesse dell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna averedelle risorse da investire, mentre le PMI sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia eda un peso burocratico senza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità irrigidendo ilmercato del lavoro e non risolvendo queste criticità è curare il sintomo e non la malattia, colrisultato di far morire il paziente" , sottolinea. 'In un periodo in cui la ripresa vista nei mesiscorsi è messa alla prova da numerosi fattori congiunturali esterni (si pensi solo alla guerradei dazi o alla conflittualità interna alla UE su molti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin -introdurre pesanti indennità in caso di licenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota lavolontà di limitare a 24 mesi la durata dei tempi determinati e reintrodurre le famigeratecausali, per legittimare l'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quelloche sorprende veramente è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ailavoratori a tempo indeterminato, perché la norma specifica non viene toccata". A cura diAdnKronos 16:18 04.07.18 CONDIVIDI Adnkronos

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Confapi Potenza su area artigianale Tiera di Vaglio BAS "È stato presentato ieri, nel corso di un incontro presso la Confapi di Potenza, il progettoper la realizzazione di un'area artigianale nel capoluogo di regione, nato da un lavorosinergico tra la Confapi e l'amministrazione comunale. All'incontro erano presenti il presidentedella Confapi Potenza, Pierluigi Volta, il direttore Vincenzo Albano, il presidente del Collegioimprenditori edili dell'associazione e membro della giunta nazionale di Confapi Aniem, RoccoDi Giuseppe, l'assessore all'Edilizia, pianificazione, condono e ricostruzione del Comune diPotenza, Rocco Pergola, il consigliere comunale, Giampiero Iudicello, il presidente del networkProfessionisti d'impresa, Giancarlo Fusco e una numerosa delegazione di imprenditori". Lo fasapere in una nota Confapi Potenza. "Il presidente di Confapi Aniem Potenza, Rocco DiGiuseppe, ha sottolineato l'importanza dell'iniziativa affinché i segnali di ripresa del tessutoproduttivo possano trasformarsi in fattori di crescita, sostenuti dalla necessaria sinergia tra Pae imprese su obiettivi comuni e da investimenti puntuali di risorse regionali e comunitarie inuno a misure di fiscalità di vantaggio destinate all'insediamento. La proposta insediativapresentata dalla Confapi - prosegue - è progettata sulla base di criteri che prevedonol'impiego di materiali e componenti innovativi: questo per aderire alle direttive comunitarie inmateria di efficientamento energetico, sostenibilità ambientale e, in generale, di svilupposostenibile finalizzato all'implementazione dei processi dell'economia circolare. Il Comune diPotenza, con atto di indirizzo di giunta, ha approvato la localizzazione dell'area destinataall'insediamento in località Tiera di Potenza. I vantaggi di una simile collocazione, tenendoconto che l'area è una delle poche realmente fruibili con una vocazione artigianale, sia per laviabilità esistente, sia per la vicinanza al depuratore consortile, sono molteplici soprattutto intermini di costi, con un conseguente notevole abbattimento. L'assenza di un'area artigianalefinora ha impedito alle piccole e medie imprese e alle attività artigiane, che rappresentano laquasi totalità del tessuto produttivo lucano, di lanciarsi nella sfida delle innovazioni e acimentarsi nel duro mondo del mercato internazionale e delle esportazioni. L'amministrazionecomunale ha condotto, preliminarmente, un'analisi tecnico-amministrativa, per definire ladomanda insediativa di imprese artigianali produttive sul territorio comunale della città diPotenza, analizzando caratteristiche, tipologia degli insediamenti, dimensioni, infrastrutturemateriali e immateriali, dimensioni degli spazi necessari. L'obiettivo del progetto è larealizzazione di un'area artigianale che possa dal un lato rappresentare un'opportunità persanare le carenze di spazi idonei in cui svolgere la propria attività e dall'altro consentirel'avvio di attività artigianali innovative, non presenti sul territorio comunale, nonchéun'occasione per ampliare e rafforzare le attività esistenti. Potrebbe, inoltre, essereun'opportunità per il miglioramento e l'ottimizzazione dei processi produttivi, e un'occasioneper nuove realtà aziendali di ritagliarsi la propria fetta di mercato in settori specialisticigenerando ricadute positive in termini occupazionali, soprattutto giovanile. Un aspettofondamentale nella realizzazione della proposta avanzata dall'associazione è, infatti, lavolontà di creare un'officina dell'innovazione intesa come luogo funzionale ad un ambienteproduttivo che permetta finalmente di innescare delle sinergie tra mondo imprenditoriale e igiovani che intendono sviluppare delle startup innovative. Pertanto, dovranno essereindividuati - conclude Confapi - i criteri per la costruzione degli insediamenti produttivi che,valorizzando risparmio energetico, utilizzo di materiali eco-compatibili e tecniche innovative,potranno rappresentare una leva per la crescita e lo sviluppo della nostra comunità".

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LAVORO: APINDUSTRIA VICENZA, NON SI COMBATTE COSì LAPRECARIETà LAVORO: APINDUSTRIA VICENZA, NON SI COMBATTE COSì LA PRECARIETà Vicenza, 4 lug.(AdnKronos) - "Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi ?esordisce Lorenzin, Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 milapiccole e medie imprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il73,8 % del Pil"."Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranza dei casi, inquesta classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propri collaboratori,anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello "di prova" di una nuova figura, che se èadeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interesse dell'impresa stessa.Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire, mentre le PMI sonotartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocratico senza paragoni inEuropa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e non risolvendo questecriticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire il paziente", sottolinea."In un periodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla prova da numerosi fattoricongiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualità interna alla UE sumolti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesanti indennità in caso dilicenziamenti è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitare a 24 mesi la duratadei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimare l'apposizione deltermine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprende veramente è chesopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato,perché la norma specifica non viene toccata". Autore: Adnkronos

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ECONOMIA - Lorenzin su DL Dignità: 'Non si combatte così laprecarietà' ECONOMIA - Lorenzin su DL Dignità: 'Non si combatte così la precarietà' REDAZIONE 'Chi dàlavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le Pmi - esordisce Lorenzin,Presidente di Apindustria Confimi Vicenza. Ci sono 4 milioni e 300 mila piccole e medieimprese nel Paese che danno lavoro a 16 milioni di persone e rappresentano il 73,8 % del Pil'.'Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nella stragrande maggioranza dei casi, inquesta classificazione. Non sono imprese che "vivono" del precariato dei propri collaboratori,anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello 'di prova' di una nuova figura, che se èadeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, ma nell'interesse dell'impresa stessa.Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse da investire, mentre le PMI sonotartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da un peso burocratico senza paragoni inEuropa. Pensare di dare stabilità irrigidendo il mercato del lavoro e non risolvendo questecriticità è curare il sintomo e non la malattia, col risultato di far morire il paziente'. 'In unperiodo in cui la ripresa vista nei mesi scorsi è messa alla prova da numerosi fattoricongiunturali esterni (si pensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualità interna alla UE sumolti temi sovranazionali) - prosegue Lorenzin - introdurre pesanti indennità in caso dilicenziamenti  è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitare a 24 mesi la duratadei tempi determinati e reintrodurre le famigerate causali, per legittimare l'apposizione deltermine al contratto dopo i primi 12 mesi; ma quello che sorprende veramente è chesopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato,perché la norma specifica non viene toccata. Quindi doppia penalizzazione: causali +contingente = un ritorno al passato che scoraggerà le imprese dal fare assunzioni visto ilrischio più che probabile di contenziosi. Si pensi che, per giustificare il termine di un tempodeterminato oltre i primi 12 mesi, dovranno essere indicate 'esigenze temporanee e oggettiveestranee all'ordinaria attività' dell'azienda; quindi posso assumere a termine solo se mi èandato a fuoco lo stabilimento? Anche la Somministrazione di lavoro tramite agenzie vienedevastata: causali giustificatrici anche in questo caso e obbligo di osservare lo 'stop and go',ossia i 10 o 20 giorni di stacco tra una missione e l'altra del lavoratore somministrato.Naturalmente la beffa è che tutto questo vale solo per i datori di lavoro privati, mentre ilpubblico potrà continuare a usare l'elasticità che si è tolta alle imprese. 'Ben venga poipenalizzare chi delocalizza - continua Lorenzin - anche se giova ricordare che sono soprattuttole grandi imprese a farlo e che in Italia rappresentano lo 0,1% del tessuto economico. 'Ci sidimentica - prosegue Lorenzin -  che perdurando in questi ultimi decenni un clima enormative non favorevole all'industria assisteremo sempre di più non a delocalizzazioni diaziende ma di 'singoli prodotti' che verranno riportati in Italia con costi nettamente inferiori equesto a danno dell'occupazione. 'Soltanto se si torna a parlare di prosperità - chiude Lorenzin- e si garantiscono condizioni di sviluppo e di stabilità nella crescita si può parlare di creazionedi nuovi posti di lavoro'. Sul decreto in oggetto Apindustria Confimi Vicenza si augura poiche lo Split Payment venga rivisto e tolto per tutti non soltanto per i professionisti, visto chele imprese maturano nei confronti dello Stato crediti Iva non agevolmente recuperabilifacendo nascere problemi finanziari e di liquidità. Per quanto riguarda lo spesometro, positiva l'unificazione a una sola scadenza annuale di quello relativo al 2018: 'è una nostra richiestada almeno due anni, almeno su questo è prevalso il buon senso'.

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ECONOMIA - Apindustria: no alla fatturazione elettronica asincrona ECONOMIA - Apindustria: no alla fatturazione elettronica asincrona REDAZIONE In una notacongiunta a firma di Flavio Lorenzin Presidente di Apindustria Confimi Vicenza eVicepresidente Confimi Industria e Marco Cuchel Presidente dell'Associazione nazionalecommercialisti (ANC)  le due associazioni criticano una passaggio della circolare n. 13/E del 2luglio dell'Agenzia delle Entrate che mette in discussione uno dei capisaldi del funzionamentodella nuova fatturazione elettronica. Secondo quando delineato dal provvedimento attuativodello scorso 30 aprile la fatturazione elettronica (per espressa previsione) funziona in modoasincrono. Significa, in sostanza, che quando il fornitore trasmette la fattura con qualchegiorno di ritardo rispetto alla data del documento è quest'ultima e non la prima a considerarsicome data di emissione. Nessun problema di tardività sanzionabile dovrebbe quindi verificarsiper le trasmissioni che avvengono con qualche giorno di ritardo rispetto alla data formale deldocumento purché l'Iva sia versata tempestivamente. Questo il principio chiaramentericavabile dal citato provvedimento e ribadito ufficiosamente dall'Agenzia delle entrate anchein occasione di una risposta fornita lo scorso 24 maggio ad un evento formativo in materia. Lasorpresa che spiazza e crea preoccupazione è contenuta nella circolare n. 13/E nella qualesono stati forniti chiarimenti in merito alla nuova fatturazione elettronica 2019 e ai nuoviadempimenti in parte già in vigore dal 1 luglio 2018. La sorpresa, inspiegabile e discutibile adetta di ANC e Confimi, è che eventuali ritardi (quanto probabili e diffusi), ancorché non talida compromettere il tempestivo versamento dell'Iva, sarebbero non sanzionabili solo in fasedi prima applicazione delle nuove disposizioni.  La nuova posizione contraddice, nei fatti,l'impianto del provvedimento attuativo della nuova fatturazione elettronica creando sconcertoe preoccupazione  in un contesto in cui la proroga parziale disposta dal D.L. 79 dello scorso 28giugno per i carburanti avrebbe dovuto consentire agli operatori di capire, valutare escegliere.  Ci si chiede ora quale sia il punto di partenza per 'provare a capire' se, a distanzadi pochi mesi, in seno alla medesima Amministrazione finanziaria, vengono rilasciate posizionidi senso sostanzialmente opposto. La rivoluzione alle porte è 'copernicana', ma le regoleinterpretative già vacillano. Tutto ciò premesso, nell'auspicare un cambio di orientamento(meglio a questo punto se stabilito per legge) che sancisca inequivocabilmente che anche aregime la fattura immediata trasmessa in tempo asincrono rappresenta pur sempre unaviolazione meramente formale in tutti i casi in cui il ritardo non determina ritardi negli altriadempimenti indotti (a partire dal versamento dell'Iva). E' bene ricordare come: oltre il99,4% delle imprese sono PMI; di queste oltre il 95 è pure micro impresa con meno di 10addetti (la maggior parte dei quali si occupa di produrre beni e/o servizi e non difatturazione); il 92% (dato 2016) dei file inviati all'Agenzia delle Entrate avviene tramiteintermediari; non solo nella prima fase ma per sempre il problema della trasmissioneasincrona interesserà gli operatori tanto nelle aziende quanto negli studi.

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Decreto Dignità, "Non si combatte così la precarietà" Decreto Dignità, "Non si combatte così la precarietà" Redazione 4 luglio 2018 EconomiaVicenza - 'Chi dà lavoro oggi, chi rappresenta il vero welfare in Italia sono le piccole e medieimprese, che in Italia sono 4,3 milioni milioni, danno lavoro a 16 milioni di persone erappresentano il 73,8 % del Pil. Le imprese manifatturiere vicentine ricadono, nellastragrande maggioranza dei casi, in questa classificazione. Non sono imprese che vivono delprecariato dei propri collaboratori, anzi l'uso che ne viene fatto è quasi sempre quello di provadi una nuova figura, che se è adeguata verrà stabilizzata non per un obbligo di legge, manell'interesse dell'impresa stessa. Per fornire occupazione però bisogna avere delle risorse dainvestire'. Flavio Lorenzin Così il presidente di Apindustria Confimi Vicenza, Flavio Lorenzin,commenta oggi il così detto decreto dignità, approvato dal Consiglio dei ministri, e lo faaggiungendo che le Pmi, in Italia, "sono tartassate da un costo del lavoro, dell'energia e da unpeso burocratico senza paragoni in Europa. Pensare di dare stabilità - sottolinea - irrigidendoil mercato del lavoro e non risolvendo queste criticità vuol dire curare il sintomo e non lamalattia, con il risultato di far morire il paziente'. 'In un periodo - prosegue Lorenzin - in cui laripresa vista nei mesi scorsi è messa alla prova da numerosi fattori congiunturali esterni (sipensi solo alla guerra dei dazi o alla conflittualità interna alla Ue) introdurre pesanti indennitàin caso di licenziamenti  è un colpo in primis al lavoro. Era nota la volontà di limitare a 24mesi la durata dei contratti a tempo determinato e reintrodurre le famigerate causali, perlegittimare l'apposizione del termine al contratto dopo i primi 12 mesi. Ma quello chesorprende è che sopravvive il contingente massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempoindeterminato, perché la norma specifica non viene toccata". "Quindi doppia penalizzazione,per un ritorno al passato che scoraggerà le imprese dal fare assunzioni visto il rischio più cheprobabile di contenziosi. Si pensi che, per giustificare il termine di un tempo determinato oltrei primi 12 mesi, dovranno essere indicate esigenze temporanee e oggettive estraneeall'ordinaria attività dell'azienda; quindi posso assumere a termine solo se mi è andato afuoco lo stabilimento? Anche la somministrazione di lavoro tramite agenzie viene devastata:causali giustificatrici anche in questo caso e obbligo di osservare lo stop and go, ossia i 10 o20 giorni di stacco tra una missione e l'altra del lavoratore somministrato. Naturalmente labeffa è che tutto questo vale solo per i datori di lavoro privati, mentre il pubblico potràcontinuare a usare l'elasticità che si è tolta alle imprese". 'Ben venga poi penalizzare chidelocalizza - continua Lorenzin - anche se giova ricordare che sono soprattutto le grandiimprese a farlo e che in Italia rappresentano lo 0,1% del tessuto economico. Ci si dimenticache perdurando in questi ultimi decenni un clima e normative non favorevole all'industriaassisteremo sempre di più non a delocalizzazioni di aziende ma di singoli prodotti, cheverranno riportati in Italia con costi nettamente inferiori e questo a danno dell'occupazione.Soltanto se si torna a parlare di prosperità e si garantiscono condizioni di sviluppo e distabilità nella crescita si può parlare di creazione di nuovi posti di lavoro'. Sul decreto inoggetto Apindustria Confimi Vicenza si augura poi che lo Split payment venga rivisto e toltoper tutti non soltanto per i professionisti, visto che le imprese maturano nei confronti delloStato crediti Iva non agevolmente recuperabili facendo nascere problemi finanziari e diliquidità. Per quanto riguarda lo spesometro, è giudicata positiva l'unificazione a una solascadenza annuale di quello relativo al 2018.

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SCENARIO ECONOMIA 11 articoli

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la confusione sulla flat tax Paolo Liberati Ciò che tiene banco nell'attuale dibattito di finanza pubblica è una buona dose di confusione.La flat tax ne è un esempio. Se il problema è che essa non si può realizzare per insufficienzadi risorse, non ci sarà molto da discutere. Ma questo è un vincolo, che le istituzioni preposte alcontrollo delle coperture finanziarie valuteranno attentamente. Continua a pagina 18 Continua da pagina 1 Un vincolo delle risorse certamente stringente, che non ha comunque impedito, nel tempo, diridurre l'aliquota Ires di 9 punti percentuali in 10 anni (dal 33% fino al 24%); o di finanziarela decontribuzione sul fattore lavoro in favore delle imprese; o di finanziare il bonus "80euro"; o di ridurre la base imponibile dell'Irap, eliminando progressivamente da essa il costodel lavoro a tempo indeterminato; o di prevedere regimi forfetari o agevolativi di vario tipo; odi consentire che i redditi di impresa percepiti da persone fisiche possano essere assoggettatia tassazione proporzionale, anziché progressiva, attraverso l'Iri; o di abolire la tassazionepatrimoniale sull'abitazione principale; che non ha neanche impedito, lo scorso anno, ilfinanziamento in disavanzo di una quota della sterilizzazione delle clausole di salvaguardiarelative all'aumento dell'Iva.È opportuno far chiarezza, dunque, sul fatto che l'allocazione delle risorse è sempre un puntopolitico, non finanziario. Su questo specifico aspetto, la flat tax non è certamente esente dacritiche, ma quelle avanzate più comunemente non appaiono convincenti. Non è convincente,anzi è sbagliata, l'affermazione che la flat tax violerebbe l'articolo 53 della Costituzione inquanto non progressiva, così ignorando che essa è un'imposta ad aliquota unica resaprogressiva da un sistema di detrazioni o deduzioni di base, che non violerebbe nessunprincipio costituzionale nell'essere meno progressiva dell'attuale. Quindi, la flat tax, semmai,solleva una questione di grado della progressività, non di progressività in quanto tale.Non è convincente neanche una seconda critica, rivolta a sostenere che la flat tax favorisca iredditi più elevati. Non perché la critica non sia giusta; ma perché essa non tiene conto dialmeno due elementi. Il primo: critiche di questo tipo sono applicabili a qualsiasi riduzionedelle aliquote marginali più elevate. È questa una conseguenza di come l'attuale imposta èdistribuita. Per cogliere il punto, si consideri che, nell'anno di imposta 2016, circa il 60% deicontribuenti si addensa al di sotto dei 20mila euro di reddito complessivo, dichiara il 27,5%del reddito imponibile e paga il 12,3% dell'imposta netta. Tra questi, circa 10 milioni dicontribuenti non pagano affatto l'imposta. C'è quindi un numero significativo di contribuenti lacui situazione tributaria, anche se le risorse fossero a loro destinate, non potrebbe esseremigliorata, dato che la loro imposta netta è già zero. Invece, tra i 20mila e i 75mila euro direddito complessivo (sono i ricchi?) si addensa il 38,4% dei contribuenti, che dichiara il 58,4%del reddito imponibile e paga circa il 62% dell'imposta netta. Infine, al di sopra dei 75milaeuro di reddito complessivo, si addensa il 2,2% dei contribuenti che dichiara il 14,1% delreddito imponibile e paga circa il 26% dell'imposta. Bloccare quindi qualsiasi riduzione dellaprogressività per evitare che quel 2,2% abbia dei vantaggi e dimenticarsi di circa il 40% deicontribuenti che costituiscono la classe media è piuttosto discutibile. Se si fosse ragionato allostesso modo rispetto alla struttura con cui l'Irpef è uscita dalla riforma tributaria degli anniSettanta, l'aliquota marginale massima del 72% e i 32 scaglioni allora previsti dovrebbero

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essere ancora in vigore.Questo tipo di obiezioni sembra suggerire, inoltre, che l'attuale progressività dell'Irpef siaottimale, come se fosse applicata a un sistema privo di distorsioni. Il che spinge a considerareil secondo elemento. Quando si ragiona sulla progressività, bisogna capire su quali redditiessa insiste. Più dell'80% della base imponibile dell'Irpef è costituita da redditi da lavorodipendente e da pensione; persino tra i redditi complessivi superiori a 300mila euro circa lametà è costituita da reddito di lavoro dipendente. È anche noto che l'Irpef non tassa i redditida capitale come dividendi e plusvalenze; che l'aliquota effettiva sui redditi fondiari è moltobassa; che i redditi di impresa e di lavoro autonomo godono molto spesso di regimi forfetari oagevolativi che rendono inapplicabile la progressività; che molte categorie professionali e diimpresa dichiarano redditi medi al di sotto dei 25mila euro, indizi di un'evasione piuttostodiffusa. Come anche sostenuto da autorevoli studiosi di finanza pubblica, una progressivitàche si applica solo ad alcuni redditi costituisce non solo una palese violazione del principio diequità orizzontale, ma rende anche discutibile qualsiasi graduazione delle aliquote ai fini delrispetto del principio di equità verticale.Si può certamente far finta di nulla, ma è un errore. Non si scorge più nulla di equo in questosistema di tassazione dei redditi personali, divenuto nel tempo un sistema cedolare,frammentato, denso di eccezioni alla progressività, di trattamenti tributari differenziati,sostanzialmente proporzionale per gran parte dei redditi, tranne quelli da lavoro. Un punto sucui si dovrebbe finalmente riflettere senza pregiudizi.Università di Roma Tre© RIPRODUZIONE RISERVATACiò che tiene banco nell'attuale dibattito di finanza pubblica è una buona dose di confusione.La flat tax ne è un esempio. Se il problema è che essa non si può realizzare per insufficienzadi risorse, non ci sarà molto da discutere. Ma questo è un vincolo, che le istituzioni preposte alcontrollo delle coperture finanziarie valuteranno attentamente. Continua a pagina 18 Paolo Liberati Continua da pagina 1 Un vincolo delle risorse certamente stringente, che non ha comunque impedito, nel tempo, diridurre l'aliquota Ires di 9 punti percentuali in 10 anni (dal 33% fino al 24%); o di finanziarela decontribuzione sul fattore lavoro in favore delle imprese; o di finanziare il bonus "80euro"; o di ridurre la base imponibile dell'Irap, eliminando progressivamente da essa il costodel lavoro a tempo indeterminato; o di prevedere regimi forfetari o agevolativi di vario tipo; odi consentire che i redditi di impresa percepiti da persone fisiche possano essere assoggettatia tassazione proporzionale, anziché progressiva, attraverso l'Iri; o di abolire la tassazionepatrimoniale sull'abitazione principale; che non ha neanche impedito, lo scorso anno, ilfinanziamento in disavanzo di una quota della sterilizzazione delle clausole di salvaguardiarelative all'aumento dell'Iva.È opportuno far chiarezza, dunque, sul fatto che l'allocazione delle risorse è sempre un puntopolitico, non finanziario. Su questo specifico aspetto, la flat tax non è certamente esente dacritiche, ma quelle avanzate più comunemente non appaiono convincenti. Non è convincente,anzi è sbagliata, l'affermazione che la flat tax violerebbe l'articolo 53 della Costituzione inquanto non progressiva, così ignorando che essa è un'imposta ad aliquota unica resaprogressiva da un sistema di detrazioni o deduzioni di base, che non violerebbe nessunprincipio costituzionale nell'essere meno progressiva dell'attuale. Quindi, la flat tax, semmai,solleva una questione di grado della progressività, non di progressività in quanto tale.

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Non è convincente neanche una seconda critica, rivolta a sostenere che la flat tax favorisca iredditi più elevati. Non perché la critica non sia giusta; ma perché essa non tiene conto dialmeno due elementi. Il primo: critiche di questo tipo sono applicabili a qualsiasi riduzionedelle aliquote marginali più elevate. È questa una conseguenza di come l'attuale imposta èdistribuita. Per cogliere il punto, si consideri che, nell'anno di imposta 2016, circa il 60% deicontribuenti si addensa al di sotto dei 20mila euro di reddito complessivo, dichiara il 27,5%del reddito imponibile e paga il 12,3% dell'imposta netta. Tra questi, circa 10 milioni dicontribuenti non pagano affatto l'imposta. C'è quindi un numero significativo di contribuenti lacui situazione tributaria, anche se le risorse fossero a loro destinate, non potrebbe esseremigliorata, dato che la loro imposta netta è già zero. Invece, tra i 20mila e i 75mila euro direddito complessivo (sono i ricchi?) si addensa il 38,4% dei contribuenti, che dichiara il 58,4%del reddito imponibile e paga circa il 62% dell'imposta netta. Infine, al di sopra dei 75milaeuro di reddito complessivo, si addensa il 2,2% dei contribuenti che dichiara il 14,1% delreddito imponibile e paga circa il 26% dell'imposta. Bloccare quindi qualsiasi riduzione dellaprogressività per evitare che quel 2,2% abbia dei vantaggi e dimenticarsi di circa il 40% deicontribuenti che costituiscono la classe media è piuttosto discutibile. Se si fosse ragionato allostesso modo rispetto alla struttura con cui l'Irpef è uscita dalla riforma tributaria degli anniSettanta, l'aliquota marginale massima del 72% e i 32 scaglioni allora previsti dovrebberoessere ancora in vigore.Questo tipo di obiezioni sembra suggerire, inoltre, che l'attuale progressività dell'Irpef siaottimale, come se fosse applicata a un sistema privo di distorsioni. Il che spinge a considerareil secondo elemento. Quando si ragiona sulla progressività, bisogna capire su quali redditiessa insiste. Più dell'80% della base imponibile dell'Irpef è costituita da redditi da lavorodipendente e da pensione; persino tra i redditi complessivi superiori a 300mila euro circa lametà è costituita da reddito di lavoro dipendente. È anche noto che l'Irpef non tassa i redditida capitale come dividendi e plusvalenze; che l'aliquota effettiva sui redditi fondiari è moltobassa; che i redditi di impresa e di lavoro autonomo godono molto spesso di regimi forfetari oagevolativi che rendono inapplicabile la progressività; che molte categorie professionali e diimpresa dichiarano redditi medi al di sotto dei 25mila euro, indizi di un'evasione piuttostodiffusa. Come anche sostenuto da autorevoli studiosi di finanza pubblica, una progressivitàche si applica solo ad alcuni redditi costituisce non solo una palese violazione del principio diequità orizzontale, ma rende anche discutibile qualsiasi graduazione delle aliquote ai fini delrispetto del principio di equità verticale.Si può certamente far finta di nulla, ma è un errore. Non si scorge più nulla di equo in questosistema di tassazione dei redditi personali, divenuto nel tempo un sistema cedolare,frammentato, denso di eccezioni alla progressività, di trattamenti tributari differenziati,sostanzialmente proporzionale per gran parte dei redditi, tranne quelli da lavoro. Un punto sucui si dovrebbe finalmente riflettere senza pregiudizi.Università di Roma Tre© RIPRODUZIONE RISERVATAIl dibattito. --> --> Sul Sole 24 Ore del 25 giugno 2017 Nicola Rossi ha avviato il dibattitto attorno alla flattax. Per un fisco più equo, la proposta dell'Istituto Bruno Leoni è una tassa piatta al 25%. Neimesi successivi, docenti universitari, fiscalisti, esperti della materia sono intervenuti permettere in luce i pro e i contro di una eventuale flat tax in Italia.

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Tutti i contributi del dibattito sono raccolti nel dossier consultabile sul sito del Sole.

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IL FISCO CHE VERRÀ politicizzazione e leggi ingiuste Enrico De Mita La politica fiscale è un capitolo della politica economica. Prima di tutto perché la politica dellaspesa non può prescindere da quella delle entrate. Oggi questa connessione è cosa piùcomplessa della dimensione europea e mondiale dei rapporti economici. Non vi è possibilità diun ordinamento democratico senza un ordinamento tributario serio e ordinato. Continua apagina 18 Continua da pagina 1 Il tributo è «pietra angolare dello Stato democratico».In uno Stato democratico che voglia continuare a riposare sulla "proprietà privata", sullalibertà economica o sulla libertà politica, e che quindi non voglia ricorrere ad altri criteriincompatibili con quelle libertà il problema fiscale non è solo tecnico, ma è un problemapolitico morale, perché si tratta di dare a ciascuno quello che gli spetta e di creare le basi diuna società onesta, bene organizzata, nella quale la selezione avvenga secondo il merito enon secondo la maggiore o minore capacità di procurarsi una rendita fiscale. Il dovere fiscaleva quindi inteso come dovere di solidarietà, che costituisce il fondamento sul quale si reggel'organizzazione dello Stato moderno, libero e democratico. Giustamente la migliore dottrinatributaria ha ricondotto il dovere di concorrere alle spese pubbliche in base alla capacitàcontributiva, posto dall'articolo 53 Cost., fra i doveri di solidarietà politica, economica esociale sanciti dall'articolo 2 della Costituzione repubblicana. Il dovere di solidarietà costituisce il supporto di tutta la categoria dei doveri pubblici-costituzionali. C'è una stretta connessione fra diritti e doveri, in quanto i diritti dei singolipossono svolgersi nell'ambito di taluni doveri pubblici che si atteggiano come inderogabilinell'attuale ordinamento statale.Esistono delle condizioni precise, tuttora valide, perché il sistema tributario possa assolvere isuoi compiti:l'imposta deve essere "sopportabile", nel senso che non deve scoraggiare la produzione delreddito e non deve diventare causa tecnica di evasione, giacché tutti tendono a ridurrel'incidenza di una tassazione eccessiva. L'eccessiva elevatezza delle aliquote, che neutralizzal'interesse del contribuente al conseguimento di un maggior reddito, è il difetto più rilevantedel sistema tributario;il sistema tributario deve fondarsi su un rapporto di fiducia e di collaborazione tra cittadino efisco, che è solo un aspetto particolare di quel rapporto di fiducia che deve intercorrere in ogniregime democratico fra cittadini e Stato. Ogni riforma legislativa o amministrativa avrebbescarso effetto, qualora i cittadini non fossero intimamente convinti della necessità e dellaequità dell'imposizione fiscale.Ora la riforma è stata attuata e dei passi innanzi sono stati fatti. Ma molti problemi sonoancora aperti: per tornare alle tre condizioni poste da Ezio Vanoni (sopportabilità, fiducia,organizzazione dell'amministrazione), va detto che la tassazione dei redditi è al limite dellasopportabilità e quindi agisce come causa tecnica della evasione, che il rapporto fra cittadini efisco è ancora di sfiducia reciproca e che l'amministrazione è ben lungi dall'avere la capacità dirilevare i propri errori. Ma, indipendentemente dai singoli rilievi, vi è una valutazione di fondoche va fatta: ed è che anche nella materia tributaria si rileva lo scontro tra classi protette eclassi non protette, c'è confusione fra diritto e politica, fra sindacato e partiti, fra questi

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soggetti e il Parlamento, sempre più ridotto a ruolo di notaio di scelte fatte in altra sede.Il problema è l'imparzialità della legge tributaria che, pur essendo preordinata a colpiredeterminati presupposti economici e quindi determinanti settori sociali del Paese, deve esseresempre posta nell'interesse generale, deve essere cioè sempre strumento di giustizia. Lapoliticizzazione del fisco può produrre leggi ingiuste, come la flat tax, che viola tutti i princìpifinora esposti. L'improvvisazione di nuove leggi non serve a niente se non produrre danni. In questo quadro, brevemente delineato, l'obiettivo primario della politica fiscale legislativa èrecuperare le ragioni fondamentali che la giustificano nell'ordinamento repubblicano e lavalorizzazione dei princìpi costituzionali che ne rappresentano i limiti in funzione di garanziadei diritti e delle libertà dei cittadini. Ovviamente, la politica fiscale è prima di tutto insieme discelte politiche che competono alla discrezionalità del governante, che ognuno di noi puòapprovare o respingere in base alle proprie scelte politiche. Ma, come già detto, si vuolparlare qui di politica fiscale in altro senso, come esigenza del rispetto di certe regole chevanno comunque osservate, indipendentemente dalle scelte politiche contingenti che sipossono manifestare con questo o quel tributo particolare, con questa o quella aliquota odetrazione.Da questo punto di vista la prima esigenza da invocare è che il sistema tributario dovrebbeessere tendenzialmente stabile per quanto concerne i princìpi e le regole che furono delineatial momento della riforma:la semplificazione, data da pochi tributi e soprattutto dalla possibilità di individuareagevolmente la norma applicabile al caso concreto;la certezza, intesa come possibilità, conseguente alla semplicità, di poter valutare con qualcheapprossimazione l'incidenza fiscale in termini di costi dell'attività economica;la sopportabilità, intesa come permanenza dell'incentivo alla produzione di un maggiorreddito;la perequazione, la giustizia fiscale, sia come perequazione legale, che come perequazione difatto, assenza cioè di evasione; la celerità dei procedimenti di applicazione delle imposte e deiprocessi connessi;la progressività che richiede tributi dalla struttura omogenea in tutti i Paesi che è lacondizione della giustizia fiscale nei rapporti internazionali.© RIPRODUZIONE RISERVATALa politica fiscale è un capitolo della politica economica. Prima di tutto perché la politica dellaspesa non può prescindere da quella delle entrate. Oggi questa connessione è cosa piùcomplessa della dimensione europea e mondiale dei rapporti economici. Non vi è possibilità diun ordinamento democratico senza un ordinamento tributario serio e ordinato. Continua apagina 18 Enrico De Mita Continua da pagina 1 Il tributo è «pietra angolare dello Stato democratico».In uno Stato democratico che voglia continuare a riposare sulla "proprietà privata", sullalibertà economica o sulla libertà politica, e che quindi non voglia ricorrere ad altri criteriincompatibili con quelle libertà il problema fiscale non è solo tecnico, ma è un problemapolitico morale, perché si tratta di dare a ciascuno quello che gli spetta e di creare le basi diuna società onesta, bene organizzata, nella quale la selezione avvenga secondo il merito enon secondo la maggiore o minore capacità di procurarsi una rendita fiscale. Il dovere fiscaleva quindi inteso come dovere di solidarietà, che costituisce il fondamento sul quale si regge

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l'organizzazione dello Stato moderno, libero e democratico. Giustamente la migliore dottrinatributaria ha ricondotto il dovere di concorrere alle spese pubbliche in base alla capacitàcontributiva, posto dall'articolo 53 Cost., fra i doveri di solidarietà politica, economica esociale sanciti dall'articolo 2 della Costituzione repubblicana. Il dovere di solidarietà costituisce il supporto di tutta la categoria dei doveri pubblici-costituzionali. C'è una stretta connessione fra diritti e doveri, in quanto i diritti dei singolipossono svolgersi nell'ambito di taluni doveri pubblici che si atteggiano come inderogabilinell'attuale ordinamento statale.Esistono delle condizioni precise, tuttora valide, perché il sistema tributario possa assolvere isuoi compiti:l'imposta deve essere "sopportabile", nel senso che non deve scoraggiare la produzione delreddito e non deve diventare causa tecnica di evasione, giacché tutti tendono a ridurrel'incidenza di una tassazione eccessiva. L'eccessiva elevatezza delle aliquote, che neutralizzal'interesse del contribuente al conseguimento di un maggior reddito, è il difetto più rilevantedel sistema tributario;il sistema tributario deve fondarsi su un rapporto di fiducia e di collaborazione tra cittadino efisco, che è solo un aspetto particolare di quel rapporto di fiducia che deve intercorrere in ogniregime democratico fra cittadini e Stato. Ogni riforma legislativa o amministrativa avrebbescarso effetto, qualora i cittadini non fossero intimamente convinti della necessità e dellaequità dell'imposizione fiscale.Ora la riforma è stata attuata e dei passi innanzi sono stati fatti. Ma molti problemi sonoancora aperti: per tornare alle tre condizioni poste da Ezio Vanoni (sopportabilità, fiducia,organizzazione dell'amministrazione), va detto che la tassazione dei redditi è al limite dellasopportabilità e quindi agisce come causa tecnica della evasione, che il rapporto fra cittadini efisco è ancora di sfiducia reciproca e che l'amministrazione è ben lungi dall'avere la capacità dirilevare i propri errori. Ma, indipendentemente dai singoli rilievi, vi è una valutazione di fondoche va fatta: ed è che anche nella materia tributaria si rileva lo scontro tra classi protette eclassi non protette, c'è confusione fra diritto e politica, fra sindacato e partiti, fra questisoggetti e il Parlamento, sempre più ridotto a ruolo di notaio di scelte fatte in altra sede.Il problema è l'imparzialità della legge tributaria che, pur essendo preordinata a colpiredeterminati presupposti economici e quindi determinanti settori sociali del Paese, deve esseresempre posta nell'interesse generale, deve essere cioè sempre strumento di giustizia. Lapoliticizzazione del fisco può produrre leggi ingiuste, come la flat tax, che viola tutti i princìpifinora esposti. L'improvvisazione di nuove leggi non serve a niente se non produrre danni. In questo quadro, brevemente delineato, l'obiettivo primario della politica fiscale legislativa èrecuperare le ragioni fondamentali che la giustificano nell'ordinamento repubblicano e lavalorizzazione dei princìpi costituzionali che ne rappresentano i limiti in funzione di garanziadei diritti e delle libertà dei cittadini. Ovviamente, la politica fiscale è prima di tutto insieme discelte politiche che competono alla discrezionalità del governante, che ognuno di noi puòapprovare o respingere in base alle proprie scelte politiche. Ma, come già detto, si vuolparlare qui di politica fiscale in altro senso, come esigenza del rispetto di certe regole chevanno comunque osservate, indipendentemente dalle scelte politiche contingenti che sipossono manifestare con questo o quel tributo particolare, con questa o quella aliquota odetrazione.Da questo punto di vista la prima esigenza da invocare è che il sistema tributario dovrebbeessere tendenzialmente stabile per quanto concerne i princìpi e le regole che furono delineati

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al momento della riforma:la semplificazione, data da pochi tributi e soprattutto dalla possibilità di individuareagevolmente la norma applicabile al caso concreto;la certezza, intesa come possibilità, conseguente alla semplicità, di poter valutare con qualcheapprossimazione l'incidenza fiscale in termini di costi dell'attività economica;la sopportabilità, intesa come permanenza dell'incentivo alla produzione di un maggiorreddito;la perequazione, la giustizia fiscale, sia come perequazione legale, che come perequazione difatto, assenza cioè di evasione; la celerità dei procedimenti di applicazione delle imposte e deiprocessi connessi;la progressività che richiede tributi dalla struttura omogenea in tutti i Paesi che è lacondizione della giustizia fiscale nei rapporti internazionali.© RIPRODUZIONE RISERVATA

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LE INTERVISTE DEL SOLE Tremonti: delocalizzazioni a rischio ricorsi Alessandro Galimberti Le disposizioni contro le delocalizzazioni contenute nel decreto legge appena varato dalGoverno potrebbero determinare un forte incremento dei contenziosi che impatterebbe sullacredibilità anche internazionale del nostro ordinamento. L'indicazione arriva dall'ex ministrodell'Economia, Giulio Tremonti, che ritiene che il cosiddetto decreto legge dignità, per la partedelocalizzazioni, richieda un profondo lavoro di precisazione. Molti i punti critici, tanto nellaformulazione d'insieme, quanto nelle definizioni specifiche. a pagina 3 «Il decreto dignità? Non lo demonizzo, è un testo certamente migliorabile, diciamo che è unsemilavorato su cui si possono fare correzioni ed emendamenti. Per questo qui vorreisoprattutto parlare delle delocalizzazioni». Giulio Tremonti, ex ministro, padre di leggi proimpresa - a cominciare da quella che porta il suo nome - interviene nel dibattito sul decretodignità, il primo provvedimento del nuovo governo, «con lo spirito e la consapevolezza di chida molto tempo parla di fair trade in contrapposizione al free trade, religione incontrastatadegli ultimi venti anni».Appunto, qual è la relazione tra il fair trade e il decreto dignità? Per decenni è stata dominante l'idea del free trade, l'idea che l'economia consiste nelloscambio. Oggi riemerge l'idea che l'economia non è solo a valle il luogo dello scambio, ma amonte anche il luogo della produzione. Contano non solo i prezzi ed i cambi a valle, ma amonte come si produce: con quali regole sulla proprietà, sul lavoro, sull'ambiente. Ilpassaggio, la transizione tra questi opposti è il momento del ritorno della politica.In questo senso legge e contestualizza il decreto dignità?Vedo un tentativo di prima risposta. Adeguato?Certamente da affinare.Iniziando da?Per esempio ci sono aspetti tecnici, direi proprio di tecnica legislativa, su cui sarebbeopportuno concentrarsi.Iniziamo allora dal recupero del beneficio dell'iperammortamento per chi delocalizza.Bene, pensiamo ai beni immateriali, per esempio alla combinazione dei software con lemacchine. Questi non sono tangibili, non sono agganciati a un territorio né hanno un utilizzoterritoriale; si utilizzano anche da remoto. Non per caso, ma pour cause si usa appunto laparola cloud. Ecco, già su questo solo fronte è più che probabile l'emersione di una vastissimaincertezza applicativa e di un altrettanto vasto contenzioso. È un bene per gli avvocati, manon per le imprese. Tra l'altro il provvedimento è, di fatto, e di diritto retroattivo, e perciò vacontro il legittimo affidamento dell'impresa. E sono proprio questi gli elementi in apparenzaformali che in realtà erodono la credibilità del sistema. Ma non sono le uniche riserve.C'è il tema delocalizzazione.Esatto. Qui vedo molte criticità tanto nella formulazione d'insieme, quanto nelle definizionispecifiche.Quali?Che cos'è un investimento produttivo? Cos'è l'attività economica interessata ovvero l'attivitàanaloga? Cos'è una loro parte? Noti che si tratta dei presupposti per l'applicazione di sanzioni,tra l'altro. Ancora, cos'è la conclusione dell'iniziativa agevolata? È il collaudo del macchinario,

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la messa in funzione, il taglio del nastro, o il rinfresco per i festeggiamenti? Tra l'altro, che cos'è un aiuto di Stato?Gli aiuti di Stato derivano da un numero vastissimo di amministrazioni e hanno formeeterogenee. Le faccio un esempio. Molti hanno origine in leggi regionali. Che rapporto si ponetra il nuovo decreto dignità e le leggi regionali? Quale fonte legislativa prevale, dato il titolo Vdella Costituzione? Quali sono le altre autorità competenti che busseranno alla porta delleimprese per contestare l'illegittimità degli abusi ricevuti? Quindi preconizza un vasto grado di incertezza?Nella formulazione attuale, che auspico venga migliorata e corretta nei passaggi successivi, siprofila un forte incremento di contenziosi, che impatta sulla credibilità anche internazionaledel nostro ordinamento. E la tutela dell'occupazione nelle imprese beneficiarie di aiuti?È più o meno come sopra. Che cos'è l'impatto occupazionale? Come si conteggia, come sivaluta, appunto? Di quante unità deve scendere la base occupazionale? Rileva la riduzionedell'orario di lavoro, la cassa integrazione, il ricorso agli ammortizzatori? Veda, nellafinanziaria per il 2014 (governo Letta, ndr) ai commi 60e 61 a proposito della restituzione deicontributi percepiti - tra l'altro qui la penalità prevista era solo la restituzione - c'era già larevoca degli aiuti in caso di delocalizzazione, il numero era elevato,riduzione del 50%, elevatoma era comunque un numero certo. Forse le numerose autorità che diventeranno competentidiscrezionalmente per le revoche dovrebbero vedersi il film «7 minuti» di Michele Placidoprima di andare in una azienda. E dunque?Premesso quanto sopra, e cioè che parliamo delle delocalizzazioni, se il decreto non vieneprecisato e specificato si presenta più che come norma positiva tipica dell'età industriale comenorma di secondo grado, come norma manifesto, tipica della normativa preilluministica comeil sovrano che «avrà cura dei popoli della Carinzia». Un impegno un po' troppo indefinito, noncrede? © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Galimberti '' testo migliorabile Questo decreto è un semilavorato a cui necessitano correzioni edemendamenti

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PANORAMA / Pensioni e migranti Quota 100 costa 8 miliardi Lite Boeri-Salvini Davide Colombo Tornare alle pensioni di anzianità con la "quota " comporterebbe a regime costi aggiuntivi permiliardi l'anno. Lo ha spiegato il presidente dell'Inps, Tito Boeri, nella Relazione annuale. Ilministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha di nuovo bollato l'economista come un marzianoperché sostiene che «servono più migranti per pagare le pensioni». Lo difende invece, ilministro del Lavoro, Luigi Di Maio. -a pagina 5 romaTornare alle pensioni di anzianità significa ridurre il reddito netto dei lavoratori. Il presidentedell'Inps, Tito Boeri, lo ha spiegato con numeri fin troppo chiari nella Relazione annuale di ieri,l'ultima del suo mandato, accolta alla vigilia da un duro attacco del vicepremier e ministrodell'Interno, Matteo Salvini, che ieri ha nuovamente bollato l'economista come un marzianoperché sostiene che «servono più migranti per pagare le pensioni». Un'accusa non raccoltadal vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, che ha invece confermato la sua fiduciain Boeri fino al termine del mandato, il prossimo febbraio: «Sono sicuro che finché l'Inps faràl'Inps andremo tutti d'accordo». Boeri più che sui vincoli di bilancio ha insistito sulle dinamiche demografiche che, ha spiegato,possono mettere a rischio il nostro sistema previdenziale nonostante la lunga stagione diriforme. Oggi - ha detto alla Camera - abbiamo circa due pensionati ogni tre lavoratori, nel2045 potremmo arrivare, stando a scenari Fmi, a un rapporto di uno a uno. E poiché il redditopensionistico vale l'83% del salario medio, un solo lavoratore potrebbe trovarsi a doverdestinare 4 euro su 5 a chi si è ritirato dalla vita attiva. Per questo è servito il passaggio alcontributivo con regole meno generose. E per questo tornare dietro costa.Secondo le nuove stime presentate ieri, con il ritorno alle pensioni di anzianità con quota 100(o 41 anni di contributi) si avrebbero subito 750mila pensionati in più. Per reggere serve piùoccupazione che nei prossimi decenni solo maggiori immigrazioni regolari possono garantire,se è vero che nelle mansioni manuali a bassa qualifica oggi i lavoratori stranieri sono il 36%contro l'8% degli italiani. E più immigrazione regolare serve anche per frenare quella illegale,ha proseguito Boeri, indicando il precedente degli Stati Uniti degli anni Sessanta. Affrontando il tema della flessibilità in uscita dal mercato del lavoro, Boeri ieri ha spiegato cheil superamento della riforma Fornero con quota 100 (partendo da 64 anni di età) costerebbe 4miliardi il primo anno e 8 a regime, spesa che sale a 11 miliardi il primo anno e 18 miliardi aregime se si aggiunge la finestra di 41 anni di contributi senza limiti di età. Una spesa cui sidovrebbero aggiungere gli altri oneri previsti nel contratto di governo sulle pensioni e ribaditiieri da Di Maio: elevare le pensioni basse a 780 euro. Costi rilevanti che, pensioni minime aparte, si potrebbero evitare garantendo comunque una maggiore flessibilità rispetto alleregole attuali solamente accelerando con la transizione al metodo contributivo e garantendo lapiena "neutralità attuariale" dei nuovi pensionamenti. A ritiri anticipati devono corrisponderepensioni più basse e il ricalcolo potrebbe essere fatto «sia in avanti che all'indietro» hariproposto Boeri, come aveva fatto nel 2015, facendo riferimento alle pensioni vigenti (peroltre l'82% calcolate con il retributivo) al di sopra di una certa soglia di reddito. «Non esistonole pensioni d'oro - ha detto Boeri - ma le pensioni contributive, quelle assistenziali e iprivilegi». E su questi ultimi si può intervenire in via equitativa.

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Nella lunga relazione il presidente dell'Inps ha anche difeso l'attuale piano nazionale contro lapovertà: il Rei andrebbe potenziato, non cancellato, e con 6 miliardi in più potrebbe coprirel'80% delle famiglie povere (contro il 20% attuale). Le risorse si potrebbero trovare da unriordino dell'attuale spesa assistenziale, che destina 5 miliardi alle famiglie più ricche. Altrotema affrontato, e cui è dedicata un'ampia analisi nel rapporto Inps, è la Gig economy, con isuoi 750mila lavoratori coinvolti senza un contratto. Serve il cesello, non l'accetta - haammonito Boeri - proponendo al tavolo governativo appena avviato di riflettere suriadattamenti del lavoro a chiamata o delle prestazioni occasionali: «Quali che siano le sceltedel legislatore - ha concluso - l'Inps è disponibile a investire ulteriori risorse nel gestire lacopertura assicurativa di questi lavoratori, mettendo a frutto la tracciabilità consentita dallavoro organizzato on line, secondo le modalità già sperimentate con le prestazionioccasionali». © RIPRODUZIONE RISERVATA I COSTI DI «QUOTA 100» In miliardi di euro PRIMO ANNOQuota 100 o 41 anni di contributi tutte le età Quota 100 con 64 anni di età o 41 anni dicontributi tutte le età Quota 100 con 65 anni di età o 41 anni di contributi tutte le età Quota100 con 64 anni di età e requisiti attuali anzianità contributiva 15 11 10 4 20 18 15 8 AREGIME 1995 2000 2010 2016 0% 25% 50% 75% COMPOSIZIONE 100% DELLA SPESAPENSIONISTICA 1995-2016. In % Anzianità, vecchiaia e prepensionamenti InvaliditàSuperstiti 0% 25% 50% 75% 100% 1995 2000 2010 2016 PENSIONI VECCHIAIA EANZIANITÀ/ ANTICIPATA SU TOTALE 1995-2016. In % Anzianità/anticipata Vecchiaia Inumeri della previdenza V PENSIONATILAVORATORI Oggi abbiamo due pensionati ogni trelavoratori, nel 2045 potremmo arrivare ad un rapporto di uno a uno W LAVORATORI GIGECONOMY La Gig economy coinvolge circa 750mila lavoratori senza un contratto. Inpsdisponibile a investire risorse per la loro copertura assicurativa PENSIONATI-LAVORATORIOggi abbiamo due pensionati ogni tre lavoratori, nel 2045 potremmo arrivare ad un rapportodi uno a uno LAVORATORIGIG ECONOMYLa Gig economy coinvolge circa 750mila lavoratori senza un contratto. Inps disponibile ainvestire risorse per la loro copertura assicurativa I numeri della previdenzaDOMANDE D & R & RISPOSTE Si possono introdurre flessibilità in uscita maggiori di quelle della riforma Fornero e dallemisure dei governi Renzi e Gentiloni?Sì, solo a patto che i nuovi margini di flessibilità siano neutri sul piano attuariale. A unmontante contributivo dato, prima si va in pensione più basso è l'assegno Inps. Per rispettarequesta regola generale la correzione attuariale proposta da Inps si ottiene moltiplicando laquiescenza maturata con il metodo retributivo per il rapporto tra il coefficiente ditrasformazione proprio dell'età di decorrenza e quello dell'età del pensionamento di vecchiaia.Inps ha recentemente stimato i coefficienti di trasformazione per gli anni '70 e '80 e per età didecorrenza delle pensioni inferiori a 57 anni. Su questo ricalcolo non tutti i tecnici tuttaviaconcordano e va comunque ricordato che produrrebbe un taglio sull'assegno significativo.2.Come si può intervenire per ridurre le pensioni di privilegio? Nella proposta rilanciata ieri da Boeri e che risale al 2015 quando venne presentato il piano"Non per cassa ma per equità", si indica come soluzione una correzione attuariale sulle

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pensioni sopra una determinata soglia (5mila euro lordi; non più di 200mila pensionati). Ilriferimento era al reddito pensionistico, che può essere dato anche dalla somma di piùprestazioni, e successivamente si è fatto lo stesso riferimento per i vitalizi e le pensioni deisindacalisti. Solo il 4,1% delle pensioni vigenti è basata sul calcolo contributivo puro, il 17,7%su calcolo misto e il resto sono pensioni calcolate con il sistema retributivo, assai più generosoe che garantisce assegni più pesanti di oltre il 20% rispetto all'equilibrio attuariale, vantaggioche si riduce un po' quando sale l'assegno.Perché si vuole ancora più flessibilità? Tra una quindicina di anni l'età dominante in Italia sarà tra i 55 e i 65 anni. In questa fasciachi perde un lavoro ha poche chances di trovarne un altro, per questo è possibile che crescauna domanda di uscita flessibile che il sistema di ammortizzatori attuale, e il sistema Apesociale e Ape volontaria potrebbe non soddisfare in pieno.Come si può rafforzare il Reddito di inclusione? Rispetto all'attuale programma, che dal 2 luglio è universale, con accesso condizionato solo dauna valutazione di patrimonio e reddito dei richiedenti, con una dota aggiuntiva di 6 miliardi,secondo stime Inps, si potrebbe coprire l'80% di famiglie povere (contro il 20% attuale).E dove si trovano le risorse? Secondo Inps si possono recuperare fino a 5 miliardi da un riordino delle prestazioniassistenziali destinate ai pensionati: dalla maggiorazioni sociali all'integrazione al minimo.Sono 8 diverse basate su 21 criteri reddituali e una quota della spesa erogata (il 23%equivalente appunto a 5 miliardi) va al 30% delle famiglie più ricche.Si può fare di più per la non autosufficienza? Inps chiede un rafforzamento dei controlli sulla legge 104, sui permessi retribuiti ai lavoratoridisabili o per la cura di parenti in situazione di disabilità. Ma la dirigenza Inps ha anchepresentato un piano per migliorare l'allocazione di una spesa assistenziale appena al di sottodei 20 miliardi l'anno puntando di più su prestazioni in servizi e non in denaro con controlli piùaccentrati.Foto: ANSALa relazione annuale. --> Il presidente dell'Inps Tito Boeri ha presentato l'ultima relazione delsuo mandato

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Le imprese del Nord: a rischio lavoro, crescita e investimenti Le reazioni. «Non si crea occupazione per decreto, mettere al centro il confronto con leaziende» Ridotta la flessibilità necessaria per adattarsi ai mutamenti - Penalizzato chi usaincentivi Matteo Meneghello e Nicoletta Picchio Preoccupati innanzitutto per i contenuti del decreto, che riducono quella flessibilità cosìpreziosa per adattarsi ai mutamenti del mercato e penalizzano le aziende che utilizzano gliincentivi pubblici. Ma preoccupati anche perché il governo ha preso decisioni importanti che impattanosull'economia, come il mercato del lavoro, senza un confronto con le parti sociali. Unatteggiamento che viene sottolineato dal mondo delle imprese, dopo che il ministro delLavoro, Luigi Di Maio, nelle prime uscite pubbliche, aveva dichiarato che l'ascolto sarebbestato uno dei pilastri dell'azione di governo.È il filo rosso che lega lo stato d'animo degli imprenditori sul territorio che stanno lanciandol'allarme sui rischi che il decreto dignità potrebbe comportare sull'occupazione, sugliinvestimenti e quindi sulla crescita. Giorno dopo giorno aumentano le prese di posizione, conla richiesta al governo di un dialogo e di modificare il testo in Parlamento. Un atteggiamentocondiviso da tutte le categorie, dal manifatturiero ai servizi, all'artigianato. Non era certoquesto che si aspettava in particolare quel ceto produttivo del Nord dove la Lega ha raccoltograndi consensi alle ultime elezioni.Comune denominatore delle dichiarazioni è che l'impresarappresenta il motore della crescita e va messa al centro delle politiche. L'Italia ha bisognonon di più regole, ma di più competitività, sia nei luoghi di lavoro che come paese. Bisognaattrarre gli investimenti, piuttosto che spaventare gli investitori cambiando le regole del giocoad ogni cambio di governo. Specie se si tratta di modificare quelle riforme, come il Jobs act eIndustria 4.0, alle quali si deve la forte spinta alla crescita del pil di quest'ultimo periodo.© RIPRODUZIONE RISERVATA Confindustria Verona Manca una strategia di fondo«I nostri associati sono preoccupati: è una riforma fatta guardando avanti, ma nello specchioretrovisore, smontando quanto fatto in passato». Michele Bauli, presidente di ConfindustriaVerona, fa sua una battuta che molti imprenditori del territorio stanno ripetendo in questigiorni. «Noi abbiamo bisogno di più lavoro, aggravarne il costo non aiuta a creare nuovi posti,è una questione di fondamentali - prosegue -. Il Jobs act aveva una strategia di fondo digestione del mercato che questo decreto non ha». Il territorio veronese viene da 19 trimestridi crescita consecutiva, il tasso di disoccupazione è sceso al 6%. «Dispiace vedere che ora sirischia di tornare indietro» conclude Bauli.MICHELE BAULI«I nostri associati sono preoccupati. È una riforma fatta per smontare quanto fatto inpassato» Federmeccanica Immagine di paese non affidabile«C'è preoccupazione, il primo segnale è piuttosto negativo. È stato scelto di colpire laprecarietà con un limite forte alla flessibilità. Ma non è questa la soluzione. Per l'ennesimavolta si cambiano le regole del gioco strada facendo, sia sul mercato del lavoro che sugliincentivi. Si rischia di spaventare gli investitori e si dà l'immagine di un paese non affidabile».

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Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica, sottolinea anche il rischio di minare lafiducia:«È necessaria per investire e assumere. Non dimentichiamo inoltre che il Jobs act eIndustria 4.0 sono state le misure che hanno dato slancio alla crescita. Come Federmeccanicanon abbiamo mi incontrato il governo, auspichiamo un incontro a breve».ALBERTO DAL POZ«Si cambiano le regole del gioco strada facendo, sia sul lavoro che sugli incentivi» industriali di Varese Flessibilità serve per la congiuntura«In tutto il mondo esiste il lavoro a tempo determinato, solo in Italia lo si chiama precario,connotandolo negativamente - dice Riccardo Comerio, presidente dell'Unione degli industrialidella provincia di Varese -. Condividiamo la necessità di contrastare gli abusi, ma è sbagliatotoccare le norme che consentono di governare i flussi congiunturali». Il disorientamento dellePmi di questo territorio, dove l'elettorato leghista è preponderante, è palpabile. «Non honeppure capito perché si parli di dignità -prosegue Comerio - è un termine di cui non sidovrebbe abusare. Confido molto nella possibilità che il decreto possa essere corretto». RICCARDO COMERIO«Ovunque esiste il lavoro a tempo, solo in Italia lo si chiama precariato» Confindustria Lombardia Trascurate le piccole imprese«Con questo decreto il Governo mostra di non avere a cuore le sorti delle Pmi - spiega MarcoBonometti, presidente di Confindustria Lombardia -. Ci auguriamo che i parlamentari eletti inquesti territori, in molti casi con il consenso dei piccoli e medi industriali, ora facciano sentirela voce del Nord». Per Bonometti il nuovo quadro normativo proposto «complica invece disemplificare. Si frenano di fatto le assunzioni, si mina la fiducia delle imprese che stannoinvestendo. Un'azienda che assume a tempo determinato ha tutto l'interesse a trasformare ilcontratto se la persona dimostra di essere valida e capace».MARCO BONOMETTI«Chi assume a tempo ha l'interesse a stabilizzare chi è capace» Confindustria Venezia-Rovigo Il lavoro non si crea per decreto «Il lavoro non si crea per decreto. Per contrastare il precariato ci vogliono regole più flessibili,che consentano alle imprese di adattarsi al mercato e crescere», commenta VincenzoMarinese, presidente di Confindustria Venezia-Rovigo.Piuttosto bisogna investire nellaformazione. E rendere il paese più competitivo: «stiamo facendo una battaglia per avere aVenezia una Zes e intercettare gli investimenti cinesi della Via della seta». Dal governo siaspettava molto: «il M5S aveva promesso meno burocrazia, attenzione alle pmi, proclamatol'ascolto. La Lega aveva fatto la campagna elettorale sulla flat tax, ora si delinea una propostaben diversa. La realtà è che siamo ancora in campagna elettorale».VINCENZOMARINESE«Ci vogliono regole più flessibili, siamo ancora in campagna elettorale» Unindustria Reggio Emilia I vincoli sono troppo generici «Bisogna creare il consenso con la condivisione di tutti. È mancata un'analisi e un confrontoper costruire regole del gioco nuove». Fabio Storchi, neo presidente di Unindustria ReggioEmilia, annuncia: «premeremo per una modifica del testo. Il decreto dimostra che l'impresa

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non è centrale come dovrebbe, è grazie all'impresa che si crea occupazione e benesseresociale. Il paese non ha bisogno di conflitto permanente». Ai rapporti di lavoro, continua,bisogna dare stabilità, ma il decreto non raggiunge questo obiettivo, anzi. E le norme sulledelocalizzazione spaventano gli investitori: «i vincoli semmai vanno individuati al momentodell'investimento non con misure generiche come fa il decreto».FABIO STORCHI «L'impresa non è stata messa al centro, non serve un conflitto permanente» Foto: Sul sito del Sole24Ore tutte le misure previste dal testo varato lunedìIl decreto estivo --> Aziende unite nel sottolineare l'impatto delle misure del governo, su industria, servizi eartigiani Foto: Interporto di Verona --> --> All'incrocio delle autostrade del Brennero (direttrice nord-sud) e Serenissima (direttriceovest-est), l'Interporto Quadrante Europa si estende per 2,5 milioni di mq. All'anno transitanoqui oltre 7 milioni di tonnellate di merci su ferrovia e 20 milioni di tonnellate su gomma

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Gli emergenti prime vittime del caos-dazi Il tracollo. In caduta le valute: da metà aprile per l'Argentina il calo è del 27%, per Turchia,Sudafrica e Brasile è del 12% Le cause. L'incertezza sulla guerra commerciale e i rialzi Fedfanno uscire i capitali, pesando sui Paesi con grandi deficit commerciali Morya Longo Non si può toccare. Non si vede. È di fatto solo uno stato d'animo. Eppure l'incertezza(causata dai continui sbalzi politici di Donald Trump in America, dalla guerra dei dazi e dalcaos in Europa) sebbene sia impalpabile sta già facendo le prime vere vittime: i Paesiemergenti. Turchia e Argentina in prima fila, ma anche Sudafrica e Brasile. È da ormaiqualche mese che i capitali fuggono: tra maggio e giugno solo attraverso mercati azionari eobbligazionari i Paesi emergenti hanno perso quasi 15 miliardi di dollari. Ed è proprio questafuoriuscita di capitali a causare il tracollo delle valute, con punte dal 17 aprile di -27% perl'Argentina, -12% per la Turchia, Sudafrica e Brasile, -10% per la Polonia. Il problema è chequeste turbolenze valutarie, causate ovviamente anche da questioni interne, rischiano dicreare vere e proprie crisi economiche. E questo può in futuro mettere un serio punto didomanda anche sull'economia globale. Le cause della crisiOgni Paese ha le sue specificità e i suoi guai politici interni. Questo pesa sulle singole storie.Ovvio. Ma c'è un filo rosso comune che sta gravando su tutti i Paesi emergenti negli ultimimesi: l'incertezza. L'indice del «rischio percepito» elaborato da Natixis è infatti salitovelocemente negli ultimi mesi, passando da una situazione di calma a una di elevataagitazione. Tutto è nato con gli stimoli fiscali di Trump in America, che da un lato hanno fattoaumentare i dubbi sulla tenuta dei conti pubblici statunitensi e dall'altro hanno incrementatole aspettative di rialzi dei tassi da parte della Fed. «Questa politica americana si sta rivelando destabilizzante e fonte di incertezza - osservaPatrick Artus, capoeconomista della banca francese Natixis -. Più la Fed alza i tassi più gliStati Uniti attirano capitali, che escono dai Paesi più deboli». Cioè gli emergenti. «Il problemaè che nessuno riesce a prevedere quello che Trump farà - aggiunge Kishore Mahbubani, exdiplomatico e professore alla National University of Singapore -. Non era mai accaduto che unpresidente Usa diventasse fonte di instabilità così». Questo discorso è ancora più vero perquanto riguarda la guerra dei dazi. Per ora non sta causando vere conseguenze economiche(perché per ora i dazi sono molto limitati), ma sta creando grande incertezza. Nessuno sacome possa finire. «Il commercio globale sta ancora crescendo a un ritmo del 4,4% - osservaSimon Fraser, ex permanent secretary at the Foreign and Commonwealth Office -. Ilproblema è il cambio di aspettative del mercato: questo sta modificando i comportamentidegli investitori». Senza contare gli interrogativi suscitati dal calo dello yuan (-3,3% solo agiugno, il peggior mese di sempre), anche se Pechino ha indicato di non voler ricorrereall'arma della svalutazione. Le vittimeA farne le spese sono i Paesi emergenti. L'incertezza porta capitali fuori dai loro confini,facendo tracollare le valute. Questo pesa soprattutto sui Paesi con deficit commerciali elevatie con bassi tassi di risparmio: questi Paesi hanno infatti bisogno di finanziare i deficit, ma se icapitali fuggono non riescono e devono farlo a tassi d'interesse sempre più elevati. Non è uncaso che a soffrire i tracolli valutari maggiori siano i Paesi con i deficit maggiori come Turchia(-5,54% del Pil a fine 2017 e ora sfiora il 6%), Argentina (-4,83%) e Sudafrica (-2,47%).

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Non solo: il tracollo delle valute importa inflazione, perché le materie prime si pagano indollari. Tutto questo costringe le banche centrali ad alzare i tassi, con il rischio di strozzarel'economia interna. «Il pericolo - osserva Artus di Natixis - è di creare un circolo vizioso». C'èpoi un altro problema. Se la Fed alza i tassi americani e se il dollaro si rafforza sulle valuteemergenti, aumentano i problemi per le aziende di questi Paesi, in molti casi indebitate indollari. Un caso tra tutti spiega bene il problema: in Turchia il debito delle aziende è per il33% in valuta estera.© RIPRODUZIONE RISERVATA@MoryaLongo 0 100 80 60 40 20 Indice di Natixis sul rischio percepito. Dati in punti baseTORNA L'INCERTEZZA SUI MERCATI Flussi netti mensili su azioni e bond in miliardi di dollari ICAPITALI ESTERI ESCONO DAI MERCATI EMERGENTI Performance delle valute dal 17 aprile2018 ad oggi e saldo delle partite correnti in rapporto al Pil. Dati in percentuale VALUTE EDEFICIT COMMERCIALE Fonte: IIF Fonte: Natixis -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 -27,59 Argentina -12,35 Sud Africa -12,35 Brasile -12,27 Turchia -1,98 Perù PERFORMANCE DELLA VALUTA SULDOLLARO DAL 17 APRILE 2018 SALDO DELLE PARTITE CORRENTI IN % SUL PIL (FINE 2017)-6 -3 0 3 6 9 12 -10,55 Polonia -8,44 Cile -8,13 Messico -6,32 Colombia -5,89 Tailandia -5,83Romania -5,41 Cina -4,27 Corea Sud -4,23 India -3,95 Indonesia -2,72 Russia -2,34 Filippine-4,83 -2,47 -0,47 -5,54 -1,26 +0,29 -1,5 -1,68 -3,32 +10,56 -2,16 +1,75 +5,13 -1,52 -1,73+2,23 -0,8 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018 2017 2018 FEB MAR APR MAGGIU LUG AGO SET OTT NOV DIC GEN FEB MAR APR MAG GIU -20 0 20 40 60 Debito AzioniMedia mensile 2010-2014 Flussi totali: media mobile tre mesi Dall'incertezza globale alleturbolenze sui Paesi emergentiFoto: Dall'incertezza globale alle turbolenze sui Paesi emergentiFoto: Argentina. --> Il Paese, in crisi da tempo, dal 17 aprile scorso ha registrato un'ulteriorecaduta della valuta: -27,59% nei confronti del dollaro. L'Argentina soffre la fuga di capitalianche per un deficit delle partite correnti che sfiora il 5%Foto: Sudafrica. --> Il Paese sta sperimentando, come molti altri Emergenti, una fuga di capitaliche ha portato la valuta a cadere di oltre il 12% da metà aprile. Questa è la data da cui sono partite le cause "esterne", legate alla politicastatunitenseFoto: Brasile. --> Dal 17 aprile il real brasiliano è caduto del 12,35 per cento. Il Paese non ha ungrande deficit commerciale, ma comunque il saldo delle partite correnti è negativo per lo0,47% (dato alla fine del 2017). Poco comunque rispetto ad altri.

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LA FINESTRA SUL CORTILE PERCHE' LA FINE DEL QE PUO' FAR GIOCO ALL'ITALIA Ken Fisher Sono in pochi a riconoscere che il piano prospettato da Mario Draghi di concludere ilQuantitative Easing a dicembre sia un'ottima notizia per l'Italia e per il mercato azionarioitaliano. Contrariamente a quanto si pensi, il Qe non fa bene e la sua cessazione avrà risvoltipostivi. Vediamo perché. Secondo l'opinione comunemente accettata, il Qe ha un effetto stimolante perché riduce itassi d'interesse a lungo termine, incrementando la concessione di prestiti in quanto la Bce«inonda le banche con denaro a basso costo». Si suppone che questo processo producamagicamente sia crescita che inflazione. In realtà avviene sempre il contrario. Quando la Bceacquista obbligazioni, i tassi d'interesse a lungo termine diminuiscono. Quando ciò avvienementre i tassi d'interesse a breve termine rimangono fissi poco al di sotto dello zero, il divariotra tassi a breve e lungo termine si assottiglia appiattendo la curva dei rendimenti. Questoprovoca sempre un effetto di contrazione e deflazione. Oltre 100 anni di teoria economica e didati hanno dimostrato che curve dei rendimenti più ripide generano una maggiore crescitarispetto a curve più piatte.Per capirne le ragioni, immaginate di essere un banchiere. Prendete a prestito sulla base deitassi a breve il vostro costo del denaro. Concedete invece i prestiti a imprese e privati sullabase dei tassi a lungo termine. Il vostro margine è la differenza tra i due: maggiore è laforbice e più sostenuta sarà l'erogazione di prestiti. Quanto maggiore sarà l'erogazione diprestiti, tanto più velocemente crescerà la massa monetaria e pure l'Italia, dato che Pmi efamiglie avranno maggiori capitali da spendere.Gli Stati Uniti hanno vissuto una situazione analoga. Nel 2013 tutti temevano il "tapering",ovvero che la Federal Reserve riducesse l'acquisto di obbligazioni. Tale riduzione ha avutoavvio nel gennaio del 2014 e il Qe si è concluso ad ottobre dello stesso anno. Anche in taleoccasione l'M4 e i prestiti sono cresciuti. Il mercato azionario si era riposizionato su livelli piùelevati. L'indice S&P 500 denominato in euro , aveva più che raddoppiato da quando l'expresidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, aveva menzionato il "tapering" per la primavolta a fine maggio del 2013, consentendo ai mercati di iniziare a scontare la fine del Qe. IlQe non ha mai aumentato né la crescita né l'inflazione ovunque sia stato impiegato: StatiUniti, Regno Unito, Giappone. Certamente non nell'Eurozona, la cui ripresa è iniziata nelsecondo trimestre del 2013, due anni prima del Qe. Tuttavia ha generato pressionideflazionistiche. La ripresa in Italia è cominciata a metà 2014. Il mercato azionariodell'Eurozona si trovava quasi in un biennio di ciclo rialzista quando ebbe inizio il Qe. L'Italia ècresciuta nonostante il Qe e l'appiattimento della curva dei rendimenti. Man mano che il Qegiungerà al termine, l'aumento dei prestiti costituirà uno stimolo per l'Italia. Miglioreranno iprofitti delle banche e il mercato azionario. Crescerà l'accesso delle Pmi ai capitali. Più capitali,più spesa, più crescita - e più italiani felici e benestanti.© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Intervista Brambilla "Ma il ritorno alle pensioni di anzianità costerà meno di 5miliardi" m.ru. ROMA Potrebbe essere lui a succedere a Tito Boeri al vertice dell'Inps. Alberto Brambilla , ex sottosegretario al Welfare nei governi Berlusconi tra il 2001 e il 2005,e oggi presidente del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, va giù duro con chipotrebbe tra qualche tempo sostituire: «Da Boeri mi sarei aspettato ben altro». Che cosa, dottor Brambilla? «Che ci parlasse dell'Inps, dei suoi conti, della sua attività, che cidicesse quali sono i tempi delle prestazioni offerte, quale il grado di soddisfazione dei suoiiscritti, Invece niente di tutto questo». Ha ascoltato le stime che Boeri ha dato sui costi della riforma "quota 100" che lei hapreparato per il governo? «Innanzitutto, chiariamo una cosa: la nostra è solo una ipotesi dilavoro e non una proposta politica. Toccherà poi al governo farla eventualmente sua». Costerà 20 miliardi o 8? «Ma le sembra normale che si diano stime così diverse, che non siaspetti di capire quali sono i capisaldi di questa proposta?" Il presidente dell'Inps haquantificato i costi a seconda delle ipotesi sottostanti: 20 miliardi se tutti potranno uscire aquota 100 (tra età e contributi) o in alternativa dopo 41 anni di contributi. Otto miliardi se invece quota 100 è solo per chi ha un'età di 64 anni e se viene rinviata quota41. «Beh, allora le dirò che anche quegli otto miliardi sono sbagliati. La riforma vale cinquemiliardi, anche se non è affatto detto che questo sia il costo che poi dovremo sostenere. Evidentemente Boeri si è dimenticato di tener conto del ricalcolo della pensione sulla base deicontributi, e del limite di due anni al numero dei contributi figurativi». Misure, queste, che tuttavia rendono meno conveniente la vostra proposta. Perché potrebbecostare meno di 5 miliardi? «Perché con l'abolizione dell'Ape sociale che oggi pesa sui contipubblici e quindi sulla collettività per 1,5-2 miliardi, qualcosa si potrà risparmiare». Vuol dire che i disoccupati senza ammortizzatori, gli invalidi e coloro che fanno lavori gravosinon potranno più andare in pensione tre anni prima? «Voglio dire che per i 150 mila potenzialibeneficiari bisogna pensare a "fondi esuberi o di solidarietà" sul tipo di quelli che esistono giàper ogni categoria professionale, a cominciare dai bancari». E in attesa che si costruiscanoquesti fondi che fine faranno i potenziali beneficiari dell'Ape sociale? «Guardi, finché non sicostruiranno nel modo opportuno, resterà tutto come adesso. L'Ape sociale non morirà da ungiorno all'altro». - m.ru. ©RIPRODUZIONE RISERVATALa nostra è solo una proposta, poi dovrà decidere la politica Boeri? Mi sarei aspettato cheparlasse più delle prestazioni Inps Exsottosegretario Alberto Brambilla, ex sottosegretario alWelfare nei governi Berlusconi tra il 2001 e il 2005

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INTERVISTA CONTI IN DISORDINE Ogni promessa è debito Il governo gialloverde chiede più flessibilità, ma il vero problema dell'Italia rimane il macignodel deficit pubblico. Parola di Carlo Cottarelli. Che aspetta di vedere la politica economica delnuovo esecutivo (non i numeri di Salvini e Di Maio) dopo la pausa estiva. Guido Fontanelli Carlo Cottarelli i numeri di Matteo Salvini fanno scappare un sorriso. «Spero che siano solobattute» dice l'ex direttore degli Affari fiscali del Fondo monetario internazionale, «e pensoche anche lui lo sappia». Domenica 1° luglio a Pontida il leader della Lega aveva arringatocosì la sua folla: «Se per fare star meglio la nostra gente dovrò ignorare uno zero virgolaimposto da Bruxelles» aveva tuonato «per me quello zero virgola vale meno di zero». «Ilproblema non sono gli zero virgola ma il 132 per cento di rapporto debitoPil, i 2.300 miliardidi euro di debito in valore assoluto, i 35 miliardi di titoli di Stato che vanno in scadenza ognimese» ricorda Cottarelli, fondatore e direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici italianipresso l'Università Cattolica di Milano, ex commissario straordinario alla spending review e,per qualche ora, presidente del Consiglio in pectore prima dell'avvento dell'attuale governoLega-Movimento 5 Stelle. I vincoli dell'Europa non sono troppo stretti come fanno intendereSalvini e molti politici italiani? Ma no, Bruxelles ci ha dato tanta flessibilità e infatti da sei anninon raggiungiamo il pareggio di bilancio. Il problema vero è che con un debito così alto l'Italiaè schiava dei mercati finanziari: ogni mese dobbiamo collocare nuovi titoli e se gli investitorinon hanno fiducia in noi gli interessi, e quindi il costo del debito, aumentano. E attenzione,siamo ancora in una situazione di fragilità: se arriva un'altra crisi ci ritroviamo come nel 2012.Nei suoi libri (l'ultimo è I sette peccati capitali dell'economia italiana) lei spiega che si puòridurre il debito pur non tagliando la spesa pubblica: mi può riassumere il meccanismo? Laspesa non va tagliata se le cose vanno bene, se l'economia cresce come sta accadendo ora inItalia. Il Pil sta aumentando e così salgono le entrate dello Stato. Se la spesa pubblica si limitaa tenere il passo dell'inflazione, allora nel giro di tre anni potremmo raggiungere il pareggio dibilancio. Quindi senza alcun taglio alla spesa e ai servizi per i cittadini. E con il pareggio dibilancio come fa a scendere il debito pubblico? In termini nominali il debito non cresce più einizia a scendere in rapporto al Pil. Se quest'ultimo aumenta dell'1,5 per cento reale, ognianno il debito calerebbe del 3 per cento in rapporto al Pil. Sembra una piccola discesa, ma èquello che si aspetta l'Europa ed è quello che ci chiedono i mercati finanziari: dimostrare chele strada verso l'abbassamento del rapporto debito-Pil è stata davvero imboccata. Unariduzione del debito del 3 per cento all'anno, lo provano alcuni studi, riduce di parecchio ilrischio di una nuova crisi finanziaria. Non condivide la tesi secondo cui tagliando le tasse siliberano energie e quindi il Pil sale? Ora va di moda questa strana idea di far aumentare ildeficit per far crescere l'economia e così ridurre il debito pubblico. Ma nessun Paese c'èriuscito. Neppure Ronald Reagan, che infatti abbassando le tasse fece esplodere il debitopubblico americano. Da uomo che ha lavorato nelle istituzioni internazionali, come giudica lapolitica del pugno battuto sul tavolo a Bruxelles? Serve a poco, come ha dimostrato il casodella Grecia. E poi non è tanto importante ottenere un po' di flessibilità in più dall'Europa, mapiuttosto rassicurare le migliaia di investitori che hanno i nostri titoli in portafoglio. Dalla Legaè arrivata la proposta di emettere titoli di Stato riservati solo agli italiani, per ridurrel'influenza dei mercati sulla nostra politica economia. È un'idea che non condivido, siridurrebbe la platea degli acquirenti e quindi i tassi potrebbero salire. A meno che non siintenda obbligare gli italiani ad acquistare titoli di Stato, il che sarebbe una sorta di tassa. I

05/07/2018Pag. 42 N.29 - 5 luglio 2018

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partiti cosiddetti sovranisti stanno indebolendo l'Europa: secondo lei stanno facendo il gioco diqualcun altro? Non credo ai complotti, però certamente gli Stati Uniti e la Cina avrebberointeresse ad avere un'Europa più debole e divisa. Basti pensare ai dazi: come possono glieuropei affrontare il braccio di ferro con gli Usa di Donald Trump senza essere coesi? Comegiudica la politica economica del governo? Per ora ha fatto poco. Anche il decreto dignità misembra modesto. Tra l'altro gli interventi sui contratti a termine potrebbero avere degli effetticontroproducenti. Apprezzo invece lo stop alla pubblicità sulle scommesse, una decisioneeticamente corretta. Dobbiamo aspettare settembre, quando verranno indicati gli obiettivi dideficit e di debito: allora si vedrà per davvero quale sarà la politica economica di questogoverno, come anticipato dal ministro dell'Economia Tria. GettyImages Non credo ai complotti, però tante potenze avrebbero interesse a indebolire l'EuropaFoto: Carlo Cottarelli dirige l'Osservatorio sui conti pubblici italiani dell'Università Cattolica diMilano.

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CONTI IN DISORDINE Flat tax, tanti ne parlano, nessuno ha capito come funziona L'ala leghista del governo Conte continua ad annunciare che la flat tax Soprattutto gli esponenti del governo Conte che non sanno come trovare le coperture... ,oqualcosa di essa, si farà, primao poi. Il viceministro all'Economia Massimo Garavaglia pochigiorni fa ha anticipato la data d'avvio per le imprese entro l'estate. Esprimere un'opinioneponderata su questa flat tax è impossibile. A parte malferme date iniziali, instabili ambiti diriferimento (a partire dal dubbio di cosa si intenda flat tax per imprese, visto che esiste già),incerte aliquote, sono due le incognite principali. La prima riguarda le modalità difinanziamento della riforma. La flat tax ha un costo certo, perché oltre a voler semplificare ilsistema fiscale si propone di far pagare meno imposte ai contribuenti. Come si troveranno lecoperture, però, non è ancora certo né chiaro, e c'è da credere che non lo sia agli stessiconsiglieri della maggioranza di governo. Il sottosegretario alle Infrastrutture leghistaArmando Siri ha fieramente detto, a proposito del valore del condono fiscale con cui sipotrebbe in parte finanziarie la flat tax, che le loro sono le stime della strada e non di grigiconteggi d'ufficio. Un messaggio politico efficace per dire che non se ne ha idea. D'altra parte,la Lega non ha mai fatto mistero di ritenere che la copertura potesse arrivare un po'dall'effetto «moltiplicatore» della flat tax, un po' dall'emersione del sommerso. Due esitisperabili ma incerti, al punto da immaginare che il presidente della Repubblica SergioMattarella potrebbe rinviare la riforma alle Camere, se così fosse. La seconda incognitariguarda il rapporto tra una riforma fiscale di questo tipoe il resto delle azioni del governoLega-Cinque Stelle. Una flat tax che semplifica e alleggerisce il sistema fiscale come punto dipartenza fondamentale per la crescita e il benessere non è solo questione di aliquote ecoperture. Quello è il minimo sindacale che gli italiani dovrebbero pretendere, vessati comesono da un sistema riconosciuto pressoché unanimemente come iniquo. Per essere davverouna riforma strutturale utile all'economia deve consentire alle persone, specie a quelle più indifficoltà, una ritrovata fiducia verso il loro Paese. La flat tax proposta ormai un anno fadall'Istituto Bruno Leoni combina proprio per questo un'aliquota unica di immediatacomprensione, finanziata con una forte semplificazione e riduzione delle spese fiscali e contagli specificamente individuati di spesa pubblica, a un minimo vitale che faccia da sostegnonei momenti di difficoltà. L'obiettivo è appunto consentire al sistema fiscale di esserecomprensibile ed equo, e con ciò rappresentare un nuovo rapporto tra Stato e cittadino, in cuisia chiaro che il perimetro d'azione del primo è strettamente circoscritto ad aiutare chi èdavvero in difficoltà. Un punto, questo, che non sembra invece chiaro nella flat tax delgoverno Conte, proprio perché appare contraddittorio con lo spirito assistenzialista,paternalista e diffidente verso l'iniziativa privata, che emerge dagli altri punti del programmadi governo.Foto: di Serena Sileoni vice direttore generale Istituto Bruno Leoni

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RETROSCENA È sull'economia (non sui migranti) che avverrà il duello tra Lega e 5Stelle Augusto Minzolini A prima vista sono sfoghi di difficile interpretazione quelli che Matteo Salvini, solo dentro lemura più amiche, rivolge contro i pentastellati e la loro politica: «A volte proprio non lisopporto più». Ma la conferma di un aumento della diffidenza all'interno del governo si trovaanche nel campo grillino. «La verità» ragiona a voce alta Vito Petrocelli, presidente dellaCommissione Esteri del Senato «è che Salvini dà voce alla rabbia, mentre Luigi Di Maio allasperanza. Ma non è detto che, esagerando con la rabbia, Salvini alla fine non se l'attiriaddosso come l'altro Matteo, Renzi». Non si tratta di atteggiamenti umorali, ma di qualcosa dipiù serio e concreto: sono i primi segnali che nella maggioranza si prepara il vero duello,quello sull'economia. Si può fare la voce grossa sull'immigrazione, magari spendere qualcheparola sui vaccini e attardarsi in disquisizioni di politica estera sul populismo, ma il vero bancodi prova del governo gialloverde, si è sempre saputo, è sui temi che riguardano direttamentele tasche degli italiani. Non fosse altro per le promesse fatte in campagna elettorale. E qui noncontano le percezioni, ma i numeri. A cominciare da quelli della legge di stabilità. Ci sono,soprattutto, due filosofie, che uno può anche tirarle al massimo per avvicinarle, ma restanodiverse: quella leghista della flat tax che piace al Nord, presuppone un abbassamentoenergico delle aliquote fiscali (ridotte al massimo a due) e punta a rimettere in motoeconomia e occupazione aumentando i consumi; e l'altra, quella del reddito di cittadinanza diimpronta grillina, che fa sognare il Sud per la sua filosofia fortemente assistenzialista. Duericette che garantiscono interessi opposti e blocchi sociali diversi e difficilmente, inutilenasconderselo, possono convivere. Specie in un Paese in cui il debito pubblico è alto e lerisorse non abbondano. Non per nulla il ministro dell'Economia Giovanni Tria, che pure è unseguace di Paolo Savona, preferirebbe al momento soprassedere, non fare nessuna delle due,magari occuparsi della clausola di salvaguardia concordata con la Ue: quella manovra di 12miliardi di euro di cui nessuno parla ma che, se non sarà inserita nella prossima legge distabilità, porterà l'Iva al 24,2 per cento. Un calcio negli stinchi per i consumi del nostro Paese.È sull'economia, quindi, che rischiano di scoppiare nelle prossime settimane i veri dissidi nelgoverno. Anche perché le due linee vedono su sponde opposte gli elettorati di riferimento deidue partiti di maggioranza. I piccoli e medi industriali del Nord, vero serbatoio di voti per laLega, non digeriscono nessuna politica assistenzialista e non nascondono il loro malumore perle norme contenute nel «decreto dignità» di Di Maio; specie quelle che, echeggiando lepolitiche della sinistra più ortodossa, intervengono sulla flessibilità e la mobilità, paralizzandonei fatti il mercato del lavoro. Tant'è che quando il provvedimento è stato approvato, Salviniha disertato il consiglio dei ministri per scappare al Palio di Siena. «Bisogna pur concedergliqualcosa» ha poi spiegato ai suoi il leader leghista, per nascondere il disappunto. I 5 Stelle,invece, devono far i conti con i disoccupati del Sud che pretendono il reddito di cittadinanza,considerato alla stregua di un contratto elettorale da rispettare, pena la fine del sostegno. Isondaggi stanno lì a dimostrarlo. Messa così, è facile che la navigazione del governo da qui afine anno si faccia più perigliosa. E il quadro rende ancora più verosimili le previsioni di chi, atorto o a ragione, è convinto che dopo le elezioni europee del prossimo anno ci sarà la rotturadella maggioranza gialloverde. «Salvini vuole, da una parte, portare a compimento l'opera dierosione dei 5 Stelle; e, dall'altra, prosciugare Forza Italia. Poi si vede...», è il parere del

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vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. Ragionamenti che, con toni ancora più netti,tornano sulla bocca di Cinzia Bonfrisco, ex-Forza Italia approdata alla Lega. Racconta:«Matteo dice: mi sono preso l'onere di far fuori i 5 Stelle. E magari, aggiungo io, di rimettereinsieme il centrodestra. Ma questo avverrà solo dopo le elezioni: Salvini non farà certo l'erroredi Renzi, non andrà a Palazzo Chigi senza avere avuto un'investitura popolare». Appunto, lanavigazione procede. A vista. E nella Lega già sono pronti gli argomenti per motivare le dueopzioni: «Se le cose andranno bene» spiega il sottosegretario all'Interno, Stefano Candiani«noi ci prenderemo il merito. Se vanno male, diremo che i grillini non sono stati all'altezza».Elisabetta Villa/Getty Images Foto: Ricette incompatibili? La politica assistenzialista di Di Maio piace al Sud ma è maldigerita dagli imprenditori del Nord che hanno votato Salvini.

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Cdp e le imprese, al via fondo Ue per la banda larga Celestina Dominelli Cresce l'impegno per le Pmi della Cassa depositi e prestiti, che ha lanciato un fondo europeo,insieme a Commissione europea, Bei, KfW e Cdc, destinato a finanziare la banda larga nellearee sottoservite. Il fondo parte con una dote di milioni ( milioni in quota Cdp). -a pagina 16 Per fotografare l'impegno di Cassa depositi e prestiti per le piccole e medie aziende, bisognaforse muovere dall'ultima sfida. Con il lancio, nei giorni scorsi, insieme alla CommissioneEuropea, alla Banca europea per gli investimenti e alle omologhe tedesca (KfW) e francese(Cdc), del "Connecting Europe Broadband Fund", il fondo per finanziare la banda larga nellearee sottoservite in Europa, partito con una dote di 420 milioni (50 milioni in quota Cassa) econ l'obiettivo di sbloccare, coinvolgendo investitori privati, ulteriori investimenti tra 1 e 1,5miliardi. Praticamente la stessa filosofia con cui, a giugno, la sgr Vertis ha annunciato,mediante Vertis Venture 3 Technology Transfer, il primo fondo in Italia interamente dedicatoal "trasferimento tecnologico", il suo primo investimento in ToothPic, spin off del Politecnico diTorino, con il supporto di ITAtech, lo strumento ad hoc promosso da Cassa con il FondoEuropeo per gli investimenti (Fei). Due iniziative diverse, ma accomunate da un duplice filo rosso: l'impegno di Cdp come"volano" degli investimenti privati e l'attenzione forte all'innovazione considerata levastrategica per la competitività del paese. Non a caso, nei programmi futuri, figura anchel'apertura di un innovation center a San Francisco per supportare le eccellenze italianedell'imprenditoria e della ricerca sulla scia di altri paesi che hanno dato vita a veri e propri"hub" finanziati totalmente da risorse pubbliche. Un modello diverso da quello di Cassa che hascelto invece di essere affiancata da un privato, la bresciana Talent Garden, specializzata innetworking e formazione per l'innovazione digitale. Ai piani alti di Cdp, contano di essereoperativi per la prima metà del 2019, non appena sarà individuata la sede e saranno siglati icontratti con i futuri clienti (dalle start up al venture capital, alle istituzioni), che comprerannoi servizi offerti.Un altro tassello, dunque, che andrà ad arricchire la già robusta macchina di Cdp per leimprese. Per avere un'idea dello sforzo, messo in pista nel mandato dell'ad Fabio Gallia e delpresidente Claudio Costamagna e che ora finirà sul tavolo dei successori, può essere utilel'ultimo bilancio, da cui emerge che, dei quasi 34 miliardi di risorse mobilitate e gestite nel2017, una fetta consistente è giunta alle imprese attraverso il filone dell'internazionalizzazione(15,9 miliardi, 41 miliardi nel triennio 2015-2017), sotto la regia del polo per l'export Sace-Simest, e altri 11,2 miliardi (+29% sul 2016) sono arrivati direttamente, 32 miliardi negliultimi tre anni che, sfruttando l'effetto volano, sono diventati 78 miliardi con svariatistrumenti. Sul fronte del debito, si va dai fondi per innovazione e ricerca (2,3 miliardi, inclusol'equity, investiti finora, con Cdp che siede pure nella cabina di regia "Industria 4.0" del Mise),alle garanzie per l'accesso al credito delle Pmi (2,4 miliardi in tre anni), fino agli strumenti diliquidità (9,4 miliardi, considerando anche i 2,4 miliardi per la ricostruzione da terremoti). E poi c'è il capitolo dell'equity con la Cassa che punta ad accompagnare le aziende lungo tuttoil ciclo di vita, con un occhio particolare a segmenti come il venture capital. E, anche suquesto fronte, lo sforzo negli ultimi tre anni è stato notevole, come dimostrano gli oltre duemiliardi di commitment di Cdp in iniziative di venture capital e private equity. Che annoverano

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undici nuovi strumenti, dal già citato ITAtech, in cui Cdp ha investito 100 milioni, al FII TechGrowth - dove Cassa ha impegnato 75 milioni su una dimensione target di 150 milioni - chesupporta pmi dotate di capacità e patrimonio tecnologico, sotto il cappello del Fondo Italianod'investimento, una delle piattaforme, insieme al FSI Sgr, Fei, QuattroR Sgr e F2i Sgr, con cuiCdp promuove il settore privato. Seguendo un approccio di lungo periodo, ma con logiche dimercato, e con un ruolo, come detto, di "timoniere" e catalizzatore degli investimenti privatinelle iniziative in cui investe. Siano essi strumenti dedicati al venture capital e all'innovazione(cinque fondi con un commitment di Cassa pari a 344 milioni), al private equity (altri cinquefondi con un impegno in quota Cdp di 1,3 miliardi) o alle infrastrutture (678 milioni di doteper la Cassa su 7 diversi fondi ). Ecco perché, a fronte dell'intervento di Cdp, l'asticella finalesi colloca ben al di sopra con 7,7 miliardi commitment "terzo" in tutti i fondi del suoportafoglio.Come dire che la discesa in campo della Cassa ha impresso la giusta accelerazione. Un altroesempio? Cdp ha investito 140 milioni nei primi due fondi sul venture capital (FoF Vc e FIIVenture) attivati dal Fondo Italiano d'investimento. Riuscendo così a mobilitare 1,3 miliardi dicommitment "terzo" negli strumenti sottoinvestiti e con 140 aziende a beneficiarne. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fondi in gestione Size fondi attuali mld di euro CDP opera nel"private sector promotion" attraverso i suoi Investment Arms (*) Mandati gestiti Fonte: CdpQuota Cdp QuattroR SGR 1,5 40% 1 FEI 14,4 1,1% 121* F2i SGR 4,0 14% 2 FII SGR 1,243% 6 FSI SGR 1 2,0 39% Le piattaforme della CassaLe piattaforme della Cassa

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oltre i pir Le 56 Pmi nella «zona d'ombra» del listino Piccoli per lo «Star» e grandi per Aim Italia: ecco i titoli che i grandi fondi ignorano Maximilian Cellino Esiste una sorta di zona d'ombra a Piazza Affari: un'area di Pmi che ha tratto vantaggio delfenomeno Pir, ma in misura forse inferiore rispetto a quanto avrebbe potuto. Di sicuro menorispetto al segmento Star e anche alle stesse microimprese di Aim Italia, cioè le quotate chein termini di grandezza stanno immediatamente al di sopra e al di sotto del paniere«trascurato» dagli investitori. Non che a queste 56 società che capitalizzano fra 50 milioni e 5 miliardi di euro (32 delle qualiappartengono al Ftse Italia Mid Cap e 24 al Ftse Italia Small Cap) e che messe insiemevalgono 75 miliardi manchino i numeri per eccellere. Nel 2017 hanno registrato in media unacrescita dei ricavi del 6% (ben distribuita fra Italia e mercati esteri) e margini a due cifre(Ebitda del 10,2%), generando utili per 3 miliardi che sono stati distribuiti in modo generosoagli azionisti (1,7 miliardi di cedole per un payout superiore al 50% e un dividend yield vicinoal 2,5%).Negli ultimi 3 anni la loro performance di Borsa (+4%) è stata largamente inferiore a quelladelle «Star», che nello stesso periodo si sono apprezzate addirittura di quasi il 60 per cento. Erispetto ai titoli ad «alti requisiti» questo paniere - che comprende al suo interno anche realtàdi eccellenza a livello mondiale come Brunello Cucinelli, Cerved, De' Longhi, Diasorin, oTechnogym - è sottovalutato di oltre il 10% quando si guarda al prezzo/utili e di quasi il 20%se si considera un indicatore come l'Ev/Ebitda.Quando poi si restringe l'analisi agli ultimi 18 mesi, cioè da quando sono stati lanciati i Piani dirisparmio, si scopre che le Mid&Small Cap considerate non hanno dovuto inseguire soltanto leStar (+20% contro +33% da inizio 2017), ma addirittura anche le «micro» di Aim Italia(+22%). Un fenomeno quest'ultimo piuttosto difficile da spiegare, se non guardando allamaggior visibilità che quest'ultime hanno guadagnato negli ultimi tempi anche grazie alle«conference» appositamente organizzate per metterle in contatto con gli investitori. «Le aziende di media e piccola dimensione quotate a Piazza Affari faticano a entrare nei radardei grandi fondi specializzati» spiega Pietro Barbi, fondatore di Virgilio e con un passato inBorsa italiana, sottolineando come a una su sette di esse manchi addirittura la copertura deglianalisti finanziari. Di qui la necessità di creare eventi specifici, come «Mid & small in Milan»che la stessa Virgilio ha programmato a novembre con il sostegno di Borsa italiana e diBarabino & Partners, all'interno dei quali si favorisca il contatto fra i manager delle società egli operatori di mercato.L'obiettivo è ripercorrere la formula (e il successo) di un format quale Star Conference -creato da Borsa italiana nel lontano 2001 e recentemente replicato per Aim Italia - grazie alquale società accomunate da determinate caratteristiche vengono riunite e presentate agliinvestitori. L'aiuto per le small e mid cap sarebbe ancora più importante perché, come rilevaancora Barbi «molte di esse non sono attrezzate per compiere questo passo anche dal puntodi vista culturale, visto che in Italia sono ancora poche le aziende dotate di un budgetspecifico per le relazioni con gli investitori». L'auspicio sarebbe creare un circolo virtuoso all'interno del quale da una parte gli imprenditoriacquistino consapevolezza dell'importanza di aprirsi ai grandi capitali e dall'altra gli stessiinvestitori possano valutare le migliori opportunità, anche attraverso una sorta di passaparola.

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Ospitare nel capitale soci esteri per l'80% come avviene per le Star di Piazza Affari è unobiettivo molto ambizioso, ma da qualche pare bisogna pur cominciare.© RIPRODUZIONE RISERVATA

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LE INDICAZIONI ANAC Appalti, con più direzioni operative la Pa non può evitare le rotazioni Monitoraggio unificato per le amministrazioni dotate di più centri di costo Giuseppe Latour Non basta avere più direzioni operative per applicare in maniera «flessibile» il principio dirotazione degli appalti, pensato a tutela della concorrenza e delle Pmi. È la conclusione allaquale è arrivata l'Anac in un documento di risposte a quesiti frequenti appena pubblicato. Sitratta di un'analisi che approfondisce i contenuti delle linee guida n. 4 dell'Autorità guidata daRaffaele Cantone, in materia di contratti «di importo inferiore alla soglia comunitaria». La risposta più interessante riguarda il caso di stazioni appaltanti che, «a fronte di unasoggettività giuridica unitaria, sono dotate di articolazioni organizzative autonome». Si trattadella situazione, molto diffusa, nella quale una Pa abbia al suo interno centri di costodifferenziati, magari collegati a particolari uffici o direzioni. Il quesito è se il principio dirotazione, che impone appunto di far ruotare le imprese a cui vengono assegnati i contratti,vada applicato «tenendo conto di tutte le procedure avviate complessivamente dalla stazioneappaltante» oppure «considerando esclusivamente gli affidamenti gestiti dalla singolaarticolazione organizzativa». Quindi, all'Anac è stato chiesto se ogni centro di costo possaessere considerato una «monade» o se il comportamento vada valutato in manieracomplessiva. L'Autorità anticorruzione risponde così: «L'applicazione del principio di rotazione nelle stazioniappaltanti dotate di una pluralità di articolazioni organizzative deve tendenzialmente»procedere «in modo unitario». Quindi, si guarda agli «affidamenti complessivamente attivati eda attivare nell'ambito della stazione appaltante». Il codice appalti, infatti, «non distingue inrelazione alla presenza di articolazioni interne». È possibile derogare, in qualche caso, aquesto principio: si tratta delle ipotesi nelle quali la stazione appaltante abbia una particolare«complessità organizzativa», per effetto della quale sia dotata di articolazioni con autonomiain fase di gestione degli affidamenti «sotto soglia». Un caso è quello di una direzione cheabbia elenchi separati per la selezione degli operatori. In queste situazioni, la rotazione potràessere applicata in maniera parcellizzata. Qualche altro chiarimento riguarda il Documento di gara unico europeo (Dgue), che consentedi certificare i requisiti per l'accesso alle gare: dal 18 aprile scorso deve essere utilizzato informato esclusivamente elettronico. In caso di affidamenti diretti di piccolissimo importo(sotto i 5mila euro), però, esiste un'eccezione a questa regola: le stazioni «possono acquisireindifferentemente il Dgue oppure un'autocertificazione ordinaria». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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DISPONIBILI 37 MILIONI PER LE IMPRESE SICILIANE Efficienza energetica, bando a burocrazia zero Gianni Marotta L'efficienza energetica delle imprese siciliane sarà a burocrazia zero ma a controllicentuplicati. Il nuovo bando sull'efficienza energetica che la Regione siciliana tramite ildipartimento all'Energia sta per pubblicare sulla Gazzetta ufficiale mette sul piatto ben 37milioni di euro per incentivare le micro, piccole e medie e le grandi imprese dell'isola ainstallare e rinnovare impianti fotovoltaici per migliorare la produzione di energia elettrica daautoconsumo, risparmiare sui consumi, ridurre le emissioni di Co2. Non sarà consentito lo«scambio sul posto» cioè produzione di energia in parte destinata all'autoconsumo e per laparte eccedente venduta tramite immissione nella rete elettrica. La misura 4.2.1 del Po FesrSicilia è stata illustrata agli imprenditori iblei dal dirigente generale del dipartimento regionaleall'Energia, Tuccio D'Urso. Dei 37 milioni di dotazione ben 9,2 mln di euro sono destinati allegrandi imprese (energivore e non) mentre i rimanenti 27,7 mln di euro sono destinati a micro,piccole e medie aziende. La semplificazione burocratica riguarderà la possibilità per gliimprenditori di compilare la modulistica attraverso una dichiarazione giurata dinanzi ad untribunale. La conformità delle opere dichiarate e la successiva verifica da parte degli ispettoriregionali consentirà il rapido accreditamento di una tranche di finanziamento pari al 40%dell'importo richiesto. Il resoconto definitivo a seguito dell'ispezione finale consentirà diottenere l'altro 50% mentre il restante 10% verrà accreditato a chiusura del contratto. La nonconformità tra dichiarazione delle opere e quanto verificato dagli ispettori farà scattare ilsequestro da parte della Guardia di Finanza e il procedimento penale. «Partiamo con granderitardo», ha sottolineato il dirigente D'Urso, «ma vogliamo chiudere l'anno con la firma deidecreti di finanziamento». Sono 70 quelli previsti. Il cambio di passo della Regione nellagestione dei fondi europei e in particolare per quelli della riqualificazione energetica è statoapprezzato da Confindustria. «Si tratta di un aiuto selettivo al sistema produttivo e, pertanto,ha un grande valore di politica economica: indirizza le imprese in una direzione che garantiscequalità, tutela dell'ambiente e, al tempo stesso, risparmio e dunque anche benefici per ibilanci. È ormai chiaro che gli investimenti in efficienza energetica stanno gradualmenteassumendo un ruolo strategico per lo sviluppo delle imprese», ha evidenziato LeonardoLicitra, presidente di Sicindustria Ragusa. A testimoniare la valenza sempre più strategicadell'efficienza energetica è il rapporto del Politecnico di Milano, citato dal presidente diSicilEsco, la federazione delle Energy service company, Marco Anfuso: 6,13 mld di euro nel2016 in tutta Italia, in crescita dell'8% con il segmento residenziale a farla da padrone con il53% degli investimenti seguito da settore industriale (33%) e terziario con il 14%. Numerialla mano, per Giuseppe Firullo e Paolo Grande, ingegneri della Nuova Quadri (azienda diprogettazione di impianti elettrici, di quadri di controllo a media e bassa tensione, connettivitàAdsl e Voip) e della Regran (azienda operante nel settore delle rinnovabili), i risparmi inbolletta sono nell'ordine di centinaia di migliaia di kwh che si traducono in riduzione di costidai 2500 ai 3000 euro. Risparmi di costi che sommati a quelli di gestione e ammortamento, inaggiunta agli incentivi per l'installazione dei nuovi impianti, fanno ripagare gli investimentieffettuati in meno di 7 anni. (riproduzione riservata)

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AVRÀ 304 CAMERE, 1.300 POSTI LETT0, MOLTI RISTORANTI Accanto a Europa Park un grande parco acquatico MARTA OLIVIERI Europa Park, con 5,6 milioni di visitatori nel 2017, è il secondo parco divertimenti in Europa,dietro Disneyland Paris. È di proprietà della famiglia Mack che ha grandi piani. Entro la finedel 2019, un parco acquatico coperto, di 12 mila mq, con 25 attrazioni e una megapiscina perl'estate, aprirà accanto a Europa Park, a 45 minuti da Strasburgo. Il nuovo parco acquatico,satellite di Europa Park, si chiamerà Rulantica e si svilupperà su 45 ettari. Sullo sfondosorgerà anche il Krønasar di ispirazione scandinava, un hotel a tema con 304 camere, 1.300posti letto, ristoranti, sale conferenze. Un investimento di 150 milioni di euro, il piùimportante dal 1975 per un gruppo che fattura 400 milioni di euro, ha dichiarato a Le Figaro,Roland Mack. Suo padre, Franz Mack aveva creato Europa Park come vetrina delle attrazioniricreative ideato a Waldkirch dopo il XVIII secolo. Adesso entrerà nella relatà virtuale e neldigitale. Il parco si è ingrandito nel corso degli anni, senza nessun aiuto pubblico, ha precisatoRoland Mack. Rulantica è finanziato per la maggior parte con fondi propri grazie alla buonasalute del parco della sua casa madre Mack Rides. L'impresa è una tipica pmi tedesca e con lanuova iniziativa creerà 550 posti di lavoro che si aggiungeranno ai 3.700 attuali. A costruire ilnuovo parco è l'ottava generazione della famiglia Mack. Thomas, 36 anni, è incaricato deicinque altri hotel del parco con una capacità di 4.500 posti letto e di una cinquantina diristoranti. © Riproduzione riservataFoto: Il plastico del parco acquatico Rulantica

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Dopo l'intesa sindacale Italiaonline porta le pmi sul digitale Con "iOL Audience Custom" la ex Seat Pagine Gialle vuole ridurre la distanza tra i piccoliimprenditori e le nuove tecnologie CATERINA MACONI ll'indomani dell'accordo raggiunto al ministero del Lavoro tra azienda e sindacati per gestire i400 esuberi in programma, Italiaonline (ex Seat Pagine Gialle) lancia un nuovo prodotto. Ladigital company si sta muovendo in direzione delle piccole e medie imprese. Sono loro ildestinatario di "iOL Audience custom" che assicura in qualsiasi momento un bacino di utentisempre aggiornato per le imprese clienti che vogliono avviare campagne online. Lo fa dalmomento che è in grado di selezionare e profilare per intenzioni di acquisto i visitatori dellesue property , che vengono raggiunti, con lo stesso messaggio, anche sulle piattaforme diGoogle, Facebook e Bing. È quindi possibile arrivare a un gruppo di utenti che in rete ha giàdimostrato interesse almeno una volta per i prodotti e servizi dell'azienda cliente, che con uninvestimento di ingresso di circa 10mila euro è in grado di assicurarsi una campagna di questotipo. «Il 68% dell'economia italiana è fatto dalle piccole e medie imprese - ricorda AntonioConverti, amministratore delegato di Italiaonline - secondo dati Cerved nel 2018 crescono del4%». È per questo che lo stesso Converti spiega di essere intenzionato a sviluppare la culturadigitale nelle piccole e medie imprese italiane attraverso programmi di formazione. «Abbiamoavviato una serie di incontri con Unioncamere allo scopo di fare informazione di base e culturadigitale». Precisa inoltre ci saranno anche degli incontri sul tema con il ministro del Lavoro edello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, in continuità con il percorso partito con il precedenteministro, Carlo Calenda. Italiaonline farà workshop sul territorio, nella aree più dense diimprese e svilupperà un canale online dove questi workshop saranno disponibili sotto forma diwebinar. Previsto anche l'inserimento di 70 persone nella "digital factory", una divisione consede a Torino che si occupa della digitalizzazione delle pmi. La strategia punta a incrementarela "penetrazione" nel mercato del marketing digitale per le pmi, in cui «ora abbiamo unaquota del 7%. Quindi c'è spazio per crescere», spiega Converti.

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