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Glocale. Rivista molisana di storia e scienze sociali (www.storiaglocale.it) Direttore: Gino Massullo ([email protected]) Comitato di redazione: Rossella Andreassi, Antonio Brusa, Oliviero Casacchia, Renato Cavallaro, Raffaele Colapietra, Gabriella Corona, Massimiliano Crisci, Marco De Nicolò, Norberto Lombardi, Sebastiano Martelli, Massimiliano Marzillo, Gino Massullo, Giorgio Palmieri, Roberto Parisi, Rossano Pazzagli, Edilio Petrocelli, Antonio Ruggieri, Saverio Russo, Ilaria Zilli Segreteria di redazione: Marinangela Bellomo, Maddalena Chimisso, Michele Colitti, Antonello Nardelli, Bice Tanno Direttore responsabile: Antonio Ruggieri Progetto grafico e impaginazione: Silvano Geremia Questa rivista è andata in stampa grazie al contributo di:

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MoliseUnioncamere

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Migrazioni

Novembre 2011

Argilli / Casacchia / Chieffo / Chiodi / Colucci / Costa / Crisci / De Clementi / De Luca / De Martino / Di Rocco / Di Stasi / Faonte /

Izzo / N. Lombardi / T. Lombardi / Marinaro / Martelli / Massa / Massullo / Melone / Palmieri / Pazzagli / Pesaresi / Piccoli / Pittau /

Presutti / Ruggieri / Scaroina / Spina / Tarozzi / Verazzo

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In copertina: Berga, Gli emigranti, tecnica mista, tela, 110 x 140 cm, 2012 © 2013 Glocale. Rivista molisana di storia e scienze sociali, Edizioni Il Bene Comune Tutti i diritti riservati Registrazione al Tribunale di Campobasso 5/2009 del 30 aprile 2009

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Indice 9 Migrazioni, dal secondo dopoguerra ad oggi

FACCIAMO IL PUNTO 17 L’emigrazione meridionale nel secondo dopoguerra

di Andreina De Clementi

1. I limiti della riforma agraria 2. Forme e tempi dell’esodo 3. Il sorpasso meridionale 4. I quartieri italiani 5. Il polo europeo 6. L’inarrestabile cataclisma 7. Ruoli e percorsi di genere 8. L’impiego dei risparmi e delle rimesse 9. Il futuro nel passato

37 Governi, partiti, sindacati: le politiche dell’emigrazione

di Michele Colucci

1. Le posizioni dei partiti e dei sindacati all’indomani della guerra 2. Le sinistre 3. La Democrazia cristiana

IN MOLISE

51 I molisani tra vocazioni transoceaniche e richiami continentali

di Norberto Lombardi

1. Cade lo steccato del Molise «ruralissimo» 2. Esodo e spopolamento 3. Vecchie traiettorie transoceaniche 4. Nuovi approdi transoceanici 5. La scoperta dell’Europa

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6. La svolta europea 7. Molisani nel mondo 8. Le reti associative 9. Le leggi e le Conferenze regionali 10. Studi e rappresentazioni dell’emigrazione dei molisani 11. Conclusioni: quasi un inizio

107 Appendice: Le associazioni di Molisani in Italia e nel mondo

a cura di Costanza Travaglini 117 L’esodo dal Molise tra il 1952 e il 1980. Nuove destinazioni e riflessi

socio-economici di Cristiano Pesaresi

1. Il quadro d’insieme 2. Le principali destinazioni nell’intervallo 1962-68 e le condizioni socio-

economiche del Molise 3. Le tendenze degli anni 1972-80 e le condizioni socio-economiche del Molise

131 La mobilità silente: i molisani nei percorsi globali

di Oliviero Casacchia e Massimiliano Crisci

1. La mobilità residenziale dagli anni novanta ad oggi 2. Concetto e fonti della mobilità temporanea di lavoro 3. I flussi temporanei per lavoro 4. Alcune conclusioni

151 L’immigrazione nel Molise: presenze, aspetti sociali e occupazionali

di Renato Marinaro e Franco Pittau

1. Il Molise nell’attuale quadro nazionale dell’immigrazione 2. I dati principali sulle presenze 3. Gli indicatori sociali 4. Le statistiche occupazionali 5. Immigrazione e integrazione 6. L’emergenza del 2011: l’accoglienza dei flussi in provenienza dal Nord Africa 7. Conclusioni: potenziare le politiche migratorie e la sensibilizzazione

165 Letteratura come autobiografia: la scrittura di Rimanelli tra le due

sponde dell’oceano di Sebastiano Martelli

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Indice

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INTERVISTE 185 Testimonianze d’altrove: domande per alcuni giovani diplomati e

laureati che hanno lasciato il Molise negli ultimi anni a cura di Norberto Lombardi

IERI, OGGI E DOMANI

205 Risorse umane

Tavola rotonda a cura di Antonio Ruggieri

RIFLESSIONI 247 Dal globale al locale. Riflessioni sul progetto territorialista

di Rossano Pazzagli

1. Ritorno al territorio 2. Il territorio come bene comune 3. Urbano e rurale 4. Nuovi sentieri nell’orizzonte della crisi

253 Territorialità, glocalità e storiografia

di Gino Massullo

1. Comparazione e contestualizzazione 2. Territorialità e glocalità

WORK IN PROGRESS

261 Identità, emigrazione e positivismo antropologico

di Paola Melone

1. Introduzione 2. Considerazioni concettuali 3. La corrente del positivismo antropologico 4. L’emigrazione italiana negli Stati Uniti: la classificazione etnica e gli

stereotipi culturali 5. Conclusioni

275 Donne e corporazioni nell’Italia medievale

di Jacopo Maria Argilli

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DIDATTICA 289 Tra “buona pratica” e teoria efficace. Quando la Storia aiuta la persona,

stimola il gruppo, sostiene un popolo di Clara Chiodi e Paola De Luca

1. Primi giorni di scuola 2. Cognizione e metacognizione 3. Dal bisogno educativo all’azione didattica

STORIOGRAFIA

297 Fra storiografia e bibliografia. Note sui “libri dei libri”

di Giorgio Palmieri

1. Un “libro dei libri” 2. Altri “libri dei libri” 3. I “libri dei libri”

MOLISANA

307 Almanacco del Molise 2011

Recensione di Antonella Presutti 313 Salvatore Mantegna, Giacinta Manzo, Bagnoli del Trigno. Ricerche

per la tutela di un centro molisano Recensione di Clara Verazzo

316 I di Capua in Molise e il controllo del territorio. Note a margine della

presentazione del volume curato da Daniele Ferrara, Il castello di Capua e Gambatesa. Mito, Storia e Paesaggio di Gabriella Di Rocco

321 Abstracts 327 Gli autori di questo numero

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Almanacco del Molise 2011, Habacus editore, Campobasso 2011

Recensione di Antonella Presutti MOLISANA

Il carattere paradigmatico dell’Almanacco del Molise, nell’edizione del 2011

dedicato a Renato Lalli, trae le sue ragioni più profonde proprio dall’intima convinzione del professore Lalli dell’importanza della storia locale e del man-tenimento di un patrimonio culturale e sociale che costituisce la cifra identitaria di una comunità, purché collegata ai macro-fenomeni di un intero paese. Ciò non esclude che lo stesso concetto di cifra identitaria vada riletta per superare una connotazione tanto vaga quanto strumentale, non di rado utilizzata per limi-tare o negare deficienze di carattere strutturale della nostra regione, trasformate nel dato caratterizzante della civiltà, della cultura, della storia del Molise.

La lettura dell’Almanacco è, infatti, l’occasione per approfondire periodi sto-rici e tematiche affrontate nella continuità della riflessione e nella strutturazio-ne di una linea di sviluppo rigorosa. Così l’edizione del 2011, che focalizza l’attenzione sugli anni del fascismo in Molise, offre a chi ha vissuto quelle vi-cende, la possibilità di recuperarle, ricomponendole in un tutto organico, e a chi le ha sentite narrare, di trovare conferma documentaria a ciò che, talvolta, aveva il carattere dell’aneddotica. La possibilità per le nuove generazioni di fissare e di conoscere avvenimenti e dinamiche che rischiano di cadere nell’oblio, di passare, cioè, da patrimonio condiviso a frammentazione della memoria e ad assenza della memoria stessa, è uno dei tratti più rilevanti del-l’Almanacco. Quando parlo di aneddotica, di frantumazione della memoria penso a quanto diceva Marc Ferro affermando che, mettere per iscritto la storia di un luogo con rigore documentario è l’unico modo perché chi sa fissi ed or-ganizzi quello che sa e chi non sa ed ha desiderio di apprendere, capisca. Co-me dire un ponte pazientemente costruito tra passato e futuro.

Seguire, per quanto in maniera assolutamente sommaria, i singoli contribu-ti, significa addipanare il filo di continuità che si struttura nel volume.

Nella sua bella ed importante introduzione Antonio Santoriello ricorda come le radici prime del fascismo costituiscano ancora oggi materia complessa, tan-to più se parliamo del Molise come di una regione “specialissima e speciosis-sima”, nella quale il mito del duce si accompagna ad un assetto sociale cristal-lizzato e ai continui rigurgiti, come ebbe a dire Benedetto Croce, di centrali-smo per la periferia e di provincialismo per le aree più decentrate del paese.

Se si tiene conto del fatto che, al di là della retorica fascista, l’Italia è peri-feria dell’Europa ed il nostro territorio periferia dell’Italia, la lettura di quelle vicende acquista un taglio particolarmente interessante.

Il bel saggio di Nicola Mignogna incentra la sua attenzione sui nazionali-sti molisani dal Congresso di Firenze alle convergenze con il fascismo e

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pone l’accento su un dato fondamentale: il passaggio da una destra liberal-notabiliare ad una populista ed antiliberale sullo sfondo della società di massa connotata dai partiti di massa, dal revanchismo, dalla nascita di nuove strategie di consenso e di comunicazione, che, per la capacità che ebbero nel percorrere strade fino ad allora inusuali, crearono proselitismo tra le generazione degli universitari.

Quanto sia essenziale il mutamento degli scenari sociali e il radicamento dei nuovi assetti lo testimoniano gli avvenimenti successivi, lì quando divenne fondamentale e fortemente aggregante il nazionalismo di pascoliana memoria, quello de La grande proletaria si è mossa, della riedizione in chiave nuova dei valori risorgimentali, che infiammarono la borghesia italiana anche nelle sue componenti meno reazionarie; non a cosa si parla di «volontà di potenza», pa-rafrasando Nietzsche, di affermazione dello stato-nazione.

È il momento in cui Corradini spinge perché si crei una trasversalità di in-tenti e perché il nazionalismo non sia patrimonio solo della borghesia, di una classe, cioè, privilegiata.

Nell’ambito dell’ANI un ruolo interessante è quello del molisano Spiridio-ne Caprice che non rinuncia a concentrare la propria attenzione sulla specifi-cità della questione meridionale, dirà, infatti, il 3 dicembre 1910, interve-nendo al Congresso di Firenze:

La questione meridionale si impone oggi come uno stato di necessità alla na-zione italiana poiché importa risolvere la questione meridionale per risolvere la questione industriale della nazione stessa. Non è possibile una politica uni-forme e costante se permane un conflitto d’interessi tra il Nord ed il Sud.

Ma ciò che appare determinante è il rapporto tra ANI e PNF, anime diverse

con strategie diverse, che saldano i loro interessi solo in momenti topici, mantenendo l’uno un volto più demagogico e radicale rispetto all’altro.

Questa è, per così dire, la premessa di una serie di avvenimenti successivi; si è “imboccata”, cioè, la strada ideologica dalla quale deriveranno i provve-dimenti volti al riordino amministrativo ed alla strutturazione di una società omologata, propagandisticamente efficace, efficiente, attenta ad una “politi-ca sociale”, come l’ha definita Marchesi, che crea una commistione perico-losissima e, forse mai risolta nel nostro paese, tra demagogia-populismo-controllo-conservazione.

È questo il tema affrontato dall’intervento di Edilio Petrocelli, che ricorda i provvedimenti presi dal duce nel 1927 in tema di riordino dell’assetto politi-co ed amministrativo, con l’istituzione della figura del podestà ed il raffor-zamento dei ruoli prefettizi, ovvero il controllo nella sua forma più chiara, legata ad una razionalizzazione amministrativa, con l’accorpamento dei co-muni più piccoli e le prurigini campanilistiche che ne derivarono.

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Recensioni

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Nella linea indicata si inscrivono gli interventi di Alberto Barausse sulla scuola e quello di Marinangela Bellomo sulla promozione turistica del Moli-se, ambiti diversi, ma legati da ciò che si diceva prima, propaganda e “politi-ca sociale”: dalla diminuzione del numero degli analfabeti, al controllo sugli insegnanti, all’incidenza della Riforma Gentile con l’intento di creare un col-legamento più stringente con il mondo lavorativo e produttivo attraverso la nascita di una serie di scuole professionalizzanti. Il dato fondamentale è che tali scuole nascono per mantenere e cristallizzare il mondo rurale, così da non modificare i caratteri antropologici della popolazione, esattamente il contrario di quello che la scuola dovrebbe introdurre per la lievitazione di una effettiva dinamica sociale. Scrive infatti Barausse:

L’ottica che mosse i vertici ministeriali fu quella di promuovere la nascita di isti-tuzioni scolastiche in sedi decentrate per frenare il fenomeno dell’urbanizza-zione, anche se, propagandisticamente, l’operazione venne presentata come un decentramento dei servizi scolastici e culturali verso i bisogni della popolazione.

Lungo questo percorso si arriva alla scuola come milizia ed occasione di

formazione di generazioni disposte ad obbedire e a sottoporsi ad una rigida disciplina di tipo militare.

Si crearono asili e si crearono colonie dove mandare i ragazzi seguendo lo spirito di una politica del tempo libero, sostenuta dalla nuova consuetudine delle “ferie pagate”.

Marinangela Bellomo, partendo dalle lettura in chiave ideologica offerta dal fascismo al fenomeno dell’emigrazione, declina la capillare organizza-zione della promozione turistica in quegli anni, finalizzata alla conoscenza delle bellezze attrattive della regione, anche attraverso una rete più comples-sa di organismi che collocassero i singoli territori nell’articolazione del pae-se intero. Ciò che colpisce è già allora l’individuazione delle aree a vocazio-ne turistica, da Capracotta a Termoli, passando per realtà potenzialmente si-gnificative; alla precisazione dei luoghi si accompagna la sollecitazione a creare infrastrutture in grado di accogliere i turisti e la lucida consapevolezza che non è dato turismo dove non ci sia anche risposta a problematiche più complesse, dalla infrastrutture, appunto, all’approvvigionamento idrico, alla selezione delle iniziative culturali.

A dimostrazione di un interesse complessivo per il turismo, il bell’intervento di Giovanni Mascia rammenta l’organizzazione delle Piedigrotte molisane, della Sagra del Matese del 1929 e della prima Estate molisana del 1938, rico-struendo anche, in maniera puntuale quel clima di veti incrociati, sospetti, arti-coli al vetriolo, corrosivi o seriamente drammatici che accompagnarono le di-verse iniziative artistico-folkloriche. Neppure il rigidismo fascista e il control-lo capillare del territorio fu in grado di scardinare le basse beghe, le ataviche

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inimicizie, il protagonismo dirompente che accompagnarono le vicende del-l’epoca, clima che si rintraccia nelle tre vivaci monografie conclusive nella quali Alessio Papa, Michele Colabella e Giovanni De Fanis focalizzano l’at-tenzione sulle realtà specifiche di Bojano, Bonefro e Termoli. Le pagine su Bonefro, in una vivacità malinconica di vita del borgo, proiettano luci ed om-bre su un mondo di brigate e feste con le quali si interseca il dramma della fa-me, di condizioni di miseria assoluta, di una vita di stenti in un contesto rurale nel quale le guerre, da quella di Spagna all’impresa coloniale, diventano so-pravvivenza e strumento di sostentamento delle famiglie lontane.

L’emigrazione come risposta al dramma della povertà e della mancanza di prospettive, o come ebbe a dire Giustino Fortunato, corrispettivo di quello che al nord fu il processo industriale, è l’elemento che indaga Norberto Lombardi, punto fermo e storico dell’emigrazione, in bilico tra valvola di sfogo per una realtà deprivata e dispersione di energie utili e vitali. Norberto Lombardi coglie anche i passaggi drammatici del processo migratorio deli-neando il cambio progressivo degli sbocchi di chi partiva dal sud e, in parti-colare dalla nostra regione. Scrive infatti:

Le relazioni che ben presto si manifestarono nelle realtà verso le quali gli euro-pei, e gli italiani in particolare, cercavano nuovi sbocchi fecero ben presto capi-re che non solo erano cambiate in modo irreversibile le condizioni della mobili-tà interna, ma che anche in Paesi che disponevano di ampi spazi di inserimento la reattività dell’opinione pubblica si era notevolmente riacutizzata […].

Un’indagine condotta nel 1923 a livello globale tramite gli ambasciatori dava un responso allarmante: molte delle vecchie strade erano precluse da divieti di ingresso e da condizioni di diffusa disoccupazione, mentre la disponibilità residua nelle economie periferiche non era differenziata, ma spesso legata a figure qualificate e a disponibilità di capitale d’investimento. Si incominciava a capire che non si trattava di una crisi congiunturale, come in molti avevano sperato, compreso Mussolini, ma del consolidamento di disarmonie strutturali e permanenti che si lasciavano alle spalle quella “armonia atlantica” che ave-va regolato i rapporti tra Europa e America nei primi decenni del secolo.

Il saggio sottolinea cosa rappresentarono le rimesse degli emigranti, alme-

no fino al 1929, quando la stagnazione economica, l’inquietudine dei ri-sparmiatori, la politica di restrizione monetaria portarono a quella crisi che si riverberò in Molise con il fallimento della Banca Popolare di Campobasso e del Credito Meridionale.

Pagine estremamente interessanti sono quelle di Rita Frattolillo, legate alla condizione della donna nel fascismo, intessute di vicende e volti cha hanno de-finito la storia di quegli anni e del periodo immediatamente successivo. La donna-madre, fattrice, impegnata per il bene della patria, incarnazione degli

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Recensioni

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ideali nazionalistici, emblema della sanezza rurale; a sostegno e affermazione dell’ideale femminile del fascismo si fa ricorso ad una tradizione ctonia che riconduceva alle grandi culture matronali e matriarcali mediterranee. La Frat-tolillo, giustamente, evidenzia la contraddittorietà dei modelli e, se vogliamo, la complementarietà di principi tra la donna-fattrice silenziosa, passiva e ras-segnata e la donna-cittadina, combattiva ed impegnata. Il fascismo seppe infat-ti sollecitare quella componente missionaristica e patriottica che creò “la don-na fascista per l’Italia fascista” e, contemporaneamente esaltare la dimensione rurale, fulcrale in una regione come il Molise che vedeva sempre di più l’agri-coltura nella mani delle donne, insostituibili nei lavori dei campi dopo il ri-chiamo al fronte, già durante la Grande Guerra, degli uomini.

Nell’articolata e complessa ricchezza presente nell’Almanacco, un posto a parte occupano due micro saggi incentrati su figure esemplari e paradigmati-che, la prima è quella di Maria Ciarravamo, l’anarchica di Salcito, conquista-ta all’anarchia dalla vita e dalle idee del marito, personalità enigmatica ed affascinante, che vive anni di confino con il figlio avuto da Sergio Di Modu-gno processato a Parigi per l’omicidio del vice console. Nell’intreccio tra dramma della lontananza e profondi convincimenti politici, emerge la figura di una donna il cui destino è segnato dall’emigrazione. Nella sua biografia si mescolano gli ingredienti di un’esistenza romanzesca tra partenze, distacchi, miserie, disperazione, lontananza dalla propria terra, ma anche i tratti di una donna dalla volontà ferrea, dalla determinazione incrollabile e dall’indomito spirito combattivo in un corpo minuto. Maria Ciarravamo, negazione della figura femminile sottomessa e remissiva, è un esempio di donna cha ha lotta-to contro il fascismo con animo incorrotto e tetragono, come fa emergere la lucida testimonianza di Barbara Bertolini e Anna Maria Cenname.

L’altro personaggio ricordato da Miche Testa è Enrico Presutti, che rifiutò di aderire al fascismo. Il suo nome si lega a quello di Matteotti e Labriola; è lui che insieme a Nitti viene rimosso nel 1925 dal ruolo di docente universi-tario per comportamenti “non ortodossi”, è lui che, nella drammatica seduta parlamentare del 30 maggio 1924, prima dell’ultimo discorso di Matteotti, tenta di dimostrare quanto assurda fosse la decisione del Presidente della Camera di mettere ai voti la convalida di tutti gli eletti della maggioranza, è lui con Labriola e Matteotti a firmare la proposta, poi respinta, di rinvio, è lui che nel 1944, su proposta della facoltà di giurisprudenza di Napoli e del se-nato accademico ottiene il titolo di “professore emerito”. E se Helmut Goetz, scrivendone la biografia, ne ricorda anche la statura morale, la sua figura in realtà è una di quelle che, avvolte dall’oblio ingiurioso, riemerge dalla di-menticanza nel diagramma dell’Almanacco.

La coerenza strutturale dell’opera, completata da significativi contributi sull’architettura di epoca fascista, diventa occasione di testimonianza e di ri-flessione, organizzazione documentaristica per ricostruire il rapporto di inter-

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connessione necessaria tra micro e macro storia, nella lucida consapevolezza che esiste “una genericità di clima” che si declina nella specificità della situa-zione della nostra regione, dove le coordinate complessive del fascismo si ca-lano in un struttura desituata. La storia di quel periodo è fatta di piccoli, me-diocri gerarchi, di uomini di apparato, di eminenti e complesse personalità, di una massa disperata di umanità sofferente che aderisce al fascismo come ad un vento di nuove possibilità e di sopravvivenza e figure di oppositori esemplari e limpide che scelsero, senza sottrarsi, di affrontare confino e dolore.

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Finito di stampare nel mese di gennaio 2013

da Arti Grafiche Solimene s.r.l. Via Indipendenza, 23 - Casoria

per conto delle Edizioni Il Bene Comune