04 –IL CALCOLO LETTERALE: MONOMI E POLINOMI · 2014. 2. 24. · 04 –IL CALCOLO LETTERALE:...

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04 –IL CALCOLO LETTERALE: MONOMI E POLINOMI PREREQUISITI - M.C.D. e M.C.M. fra naturali (Capitolo 1). - Operazioni con i numeri razionali (Capitolo 3). - Strutture algebriche (Capitolo 2). OBIETTIVI DIDATTICI - Saper determinare il valore di un’espressione letterale per assegnati valori delle lettere che in essa compaiono. - Saper operare con i monomi. - Saper operare con i polinomi. - Saper applicare le regole sui prodotti notevoli. - Saper distinguere fra costanti e variabili. - Saper determinare il dominio di una espressione letterale. - Saper stabilire quando due polinomi sono uguali. PARAGRAFI ED ESERCIZI 1 NUOVE ESPRESSIONI 2 OPERARE CON LE LETTERE : I MONOMI 3 OPERARE CON LE LETTERE : I POLINOMI 4 COSTANTI E VARIABILI 5 LA STRUTTURA DEI POLINOMI A COEFFICIENTI IN Q Scheda di controllo dei prerequisiti Schede di controllo degli obiettivi didattici

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04 –IL CALCOLO LETTERALE: MONOMI E POLINOMI PREREQUISITI - M.C.D. e M.C.M. fra naturali (Capitolo 1). - Operazioni con i numeri razionali (Capitolo 3). - Strutture algebriche (Capitolo 2). OBIETTIVI DIDATTICI - Saper determinare il valore di un’espressione letterale per assegnati valori delle lettere che in essa compaiono. - Saper operare con i monomi. - Saper operare con i polinomi. - Saper applicare le regole sui prodotti notevoli. - Saper distinguere fra costanti e variabili. - Saper determinare il dominio di una espressione letterale. - Saper stabilire quando due polinomi sono uguali. PARAGRAFI ED ESERCIZI 1 NUOVE ESPRESSIONI 2 OPERARE CON LE LETTERE : I MONOMI 3 OPERARE CON LE LETTERE : I POLINOMI 4 COSTANTI E VARIABILI 5 LA STRUTTURA DEI POLINOMI A COEFFICIENTI IN Q Scheda di controllo dei prerequisiti Schede di controllo degli obiettivi didattici

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Antonio Caputi – Roberto Manni – Sergio Spirito

1 NUOVE ESPRESSIONI Nel precedente capitolo abbiamo imparato ad operare con i numeri razionali e siamo adesso in grado di calcolare il valore numerico di espressioni in Q. Consideriamo, ora, la seguente scrittura 3 2a b+ − , che si legge “a più tre b meno due” ®a più tre b meno due”. Stando al “suono” delle parole, siamo portati a riguardare 3 2a b+ − come un’espressione, anche se in essa, oltre ai numeri 3 e 2, compaiono le lettere a e b. Ebbene, chiameremo espressioni letterali tutte quelle espressioni in cui sono presenti delle lettere. ESEMPI Le seguenti scritture rappresentano espressioni letterali 1. a 2. 2a − 3. 2 3 1a b+ − 4. 2 2 1a b− + 5. ( )2a b+

6. 3x y y

x+

Il significato che le lettere assumono in una data espressione letterale è assimilabile a quello di una “scatola vuota” al cui interno si potranno “riporre”, ad esempio, numeri razionali qualunque, a patto che non perda di significato qualcuna delle operazioni presenti nell’espressione (ad esempio si potrebbero ottenere divisioni per 0 o potenze aventi base ed esponente contemporaneamente nulli).

2 a

Sostituendo dei numeri alle lettere presenti in un’espressione letterale, otteniamo un’espressione numerica della quale possiamo determinare il valore finale. Quanto detto permette di dare la seguente DEFINIZIONE (valore di un’espressione letterale) Chiamiamo valore di un’espressione letterale quello assunto dalla corrispondente espressione numerica quando sostituiamo a tutte le lettere dei numeri razionali. ESEMPIO Data l’espressione letterale 1a b+ − , sostituendo a con il numero 2 e b con il numero 3, si ottiene l’espressione numerica 2 3 1+ − il cui valore, eseguendo i calcoli, è 4.

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OSSERVAZIONE Il valore assunto da una espressione letterale in generale varia al variare dei numeri che sostituiamo alle lettere in essa presenti. Infatti, se consideriamo 1a b+ − e ne determiniamo il valore per 5a = e 1b = otteniamo 5 1 1 5+ − = . Se invece sostituiamo 0a b= = si ricava 0 0 1 1+ − = − . Per definizione poniamo

1 1a a a a+ = + ⋅ = ⋅ = e 1 1a a a− = − ⋅ = − . Per quanto detto, se ad a sostituiamo un numero razionale positivo, allora a− individua un numero razionale negativo, mentre se in a poniamo un numero razionale negativo, allora a− rappresenta un numero razionale positivo. ESEMPI

1. Se 23

a = , allora si ha 2 21 13 3

a a− = − ⋅ = − ⋅ = −

2. Se 45

a = − , allora si ha 4 41 15 5

a a − = − ⋅ = − ⋅ − =

OSSERVAZIONE In una data espressione letterale le lettere che in essa compaiono rappresentano numeri relativi, ossia numeri comprensivi del proprio segno, mentre i segni fra le lettere individuano le operazioni fra le lettere stesse. ESEMPIO Dall’espressione letterale 5 3 2a b− + per 2a = − , 3b = + otteniamo ( ) ( )5 2 3 3 2 10 9 2 17⋅ − − ⋅ + + = − − + = − .

Sussistono le successive DEFINIZIONI (espressione letterale intera, espressione letterale fratta) Un’espressione letterale si dice intera se tra le operazioni che compaiono fra le lettere non è presente la divisione e se tutte le lettere hanno esponente intero non negativo, altrimenti essa si dice fratta. ESEMPI 1. L’espressione letterale 2 32 a ab+ + è intera.

2. L’espressione letterale 2 2

3abx a− − è intera.

3. L’espressione letterale 2 3 2a b

b− è fratta.

4. L’espressione letterale 1 1a+ è fratta.

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5. L’espressione letterale 2

3

113

ztx x yz

x

+ −+

+

è fratta.

Esaminiamo alcuni esempi di calcolo del valore di espressioni letterali per assegnati valori delle lettere. ESEMPI Calcoliamo insieme il valore delle seguenti espressioni letterali per i valori delle lettere a fianco indicati :

1. 123

a b− + per 2, 3a b= = − .

Sostituendo alle lettere i numeri, avremo:

( ) 1 1 6 18 1 112 2 3 2 63 3 3 3

− +− + = − + = = − .

2. ( )( )2 23

a ab a b a b+ − + − per 3, 2a b= = − .

Sostituendo alle lettere i numeri, avremo:

( ) ( )( )2 23 3 2 3 2 3 2 9 4 5 03

+ ⋅ ⋅ − − − + = − − = .

3. ( )2 23 12

a b a ba b+

+ − +−

per 1 1,2 2

a b= = − .

Sostituendo alle lettere i numeri, avremo 1 1

3 1 1 0 32 2 1 0 1 0 1 11 1 2 4 4 1 22 2

− + − + = + ⋅ + = + = +

.

4. 1 12

a b ca b a c

− +− +

− + per 1 , 1, 1

2a b c= = − = .

Sostituendo alle lettere i numeri, avremo

1 51 11 1 1 1 2 5 1 4 10 3 3 12 21 1 3 32 2 3 3 2 6 6 21 12 2 2 2

+ + − +− + = − + == − + = = − = −

+ +

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2 OPERARE CON LE LETTERE: I MONOMI 2.1 I MONOMI In questo paragrafo ed in quelli che seguiranno impareremo ad operare con termini letterali. A tal fine introdurremmo nuovi concetti primo fra tutti quello di monomio. DEFINIZIONE (monomio) Definiamo monomio un prodotto indicato di fattori numerici o letterali, questi ultimi aventi esponente intero non negativo. OSSERVAZIONE D’ora in avanti conveniamo di non scrivere i fattori letterali di un monomio se essi presentano esponente nullo. ESEMPI Sono monomi le seguenti espressioni letterali:

3a , 3 212

x yz− , 2 3123

a bxt z +

, 2 2 33 a t z−

Non sono monomi le seguenti espressioni letterali:

22bc−− , a b− , 3xx y+

, 2ab

.

DEFINIZIONE (monomio ridotto a forma normale) Un monomio si dice ridotto a forma normale se esso è il prodotto indicato di un solo fattore numerico e di potenze letterali a basi distinte. In caso contrario diremo che il monomio non è ridotto a forma normale. Per ridurre a forma normale un monomio basta moltiplicare fra loro i fattori numerici ed i fattori letterali, tenendo conto delle regole dei segni e di quelle potenze già studiate nei precedenti capitoli. ESEMPI 1. ( )2 3 2 2 1 3 2 3 55 2 10 10a ab cb a b c a b c+ +− = − = −

2. ( ) ( )2 2 4 3 3 2 2 4 5 4 529 9 63

ab acb c a aaa b b cc a b c− = − = −

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In un monomio ridotto a forma normale il fattore numerico si dice coefficiente, mentre i fattori letterali ne costituiscono la parte letterale. Per ora ci occuperemo solo di monomi a coefficienti razionali. Conveniamo di sottintendere il coefficiente se esso è 1 e se il monomio è dotato di parte letterale. Analogamente, se il coefficiente del monomio è 1− ed esso ha parte letterale, scriveremo la sola parte letterale preceduta dal segno − . Nel caso in cui le lettere abbiano esponente uguale a zero, come già detto, esse si tralasciano con tutto l’esponente. Infine se ogni lettera ha esponente nullo il monomio sarà individuato dal solo coefficiente numerico. ESEMPI 1. 2 3 2 31a b a b= 2. 5 2 5 21x yz x yz− = −

3. 2 0 3 2 32 23 3

a b c a c=

4. 0 0 02 25 5

x z t− = −

L’ultimo esempio mette in evidenza il fatto che i numeri possono essere riguardati come monomi. In particolare 0 e 1 prendono rispettivamente il nome di monomio nullo e monomio unità. DEFINIZIONE (monomio nullo, monomio unità) Definiamo monomio nullo un qualsiasi monomio avente come coefficiente 0. Diciamo monomio unità un monomio avente come coefficiente 1 e parte letterale costituita da lettere aventi tutte esponente uguale a zero. ESEMPI 1. 5 2 3 30 0a b xy zt = 2. 0 0 01 1a b c = 2.2 GRADO DI UN MONOMIO Diamo le seguenti DEFINIZIONI (grado complessivo, grado rispetto ad una lettera) Definiamo grado complessivo o semplicemente grado di un monomio non nullo la somma degli esponenti delle lettere. Diciamo, invece, grado di un monomio non nullo rispetto ad una sua lettera la somma degli esponenti con cui quella particolare lettera compare. OSSERVAZIONI 1. È bene notare che il grado di un monomio rispetto ad una lettera che non compare nella sua parte

letterale è zero. 2. In particolare un monomio non nullo individuato dal solo coefficiente numerico ha grado zero.

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3. Al monomio nullo non viene attribuito alcun grado, poiché, come detto nella sua definizione, esso ha parte letterale qualunque.

4. Se il coefficiente compare scritto sotto forma di potenza, allora il suo esponente, in base alla definizione data, non deve essere preso in considerazione per determinare il grado del monomio.

5. Se il monomio è ridotto a forma normale, il grado rispetto ad una lettera coincide con l’esponente di quella lettera.

ESEMPI 1. Il monomio 5 2 6 32 a b c d ha grado complessivo pari a 2 + 6 + 3 +1 = 12, mentre il grado rispetto

ad a è 2, quello rispetto a b è 6 e quello rispetto a c è 3, rispetto a d è 1, rispetto a x, che non compare nella parte letterale, è 0. Osservate come l’esponente del coefficiente non viene preso in considerazione per determinare il grado del monomio.

2. Il monomio 37 ha grado complessivo pari a 0, poiché può pensarsi con parte letterale in cui ogni lettera ha esponente nullo.

3. Un monomio avente come grado complessivo 5 e che sia di terzo grado rispetto alla lettera a e di secondo grado rispetto alla lettera b può essere dato dall’espressione 3 2a b .

2.3 MONOMI SIMILI, UGUALI, OPPOSTI. Vale la seguente DEFINIZIONE (monomi simili) Due o più monomi non nulli si dicono simili se, ridotti a forma normale, hanno la stessa parte letterale, ossia le stesse lettere con gli stessi esponenti. ESEMPI

1. Sono simili i monomi 22ab c , 213

ab c , abbc− in quanto, ridotti a forma normale, hanno tutti

come parte letterale 2ab c .

2. Non sono simili i monomi 23a bc , 2abc, 325

abc− .

OSSERVAZIONE Il monomio nullo si considera simile ad un qualsiasi altro monomio. La definizione di monomi simili consente di introdurre altri due concetti, che sono quelli di monomi uguali e di monomi opposti. DEFINIZIONI (monomi uguali, monomi opposti) Due o più monomi non nulli, che siano simili, si dicono uguali se hanno lo stesso coefficiente numerico, si dicono opposti se hanno coefficiente numerico opposto.

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ESEMPI

1. I monomi 3 22a b e 2142

a ab a sono uguali. Infatti, riducendo il secondo monomio a forma

normale, si ha 3 22a b che, quindi, coincide con il primo.

2. Sono opposti i monomi 2 227

a bx e 2 227

a bx− .

2.4 ADDIZIONE ALGEBRICA DI MONOMI Pensa, per un attimo, di essere in una cartoleria per acquistare cinque penne e quattro matite. Qui incontri un amico con il quale cominci a chiacchierare del più e del meno. Così facendo ti distrai e compri soltanto due delle cinque penne e le quattro matite. Rientrato a casa, ti accorgi della tua dimenticanza e torni indietro comperando le altre tre penne. Hai, ora, le cinque penne e le quattro matite. Cerchiamo, insieme, di dare al problema un aspetto “matematico”. Se sostituisci le parole “penne” e “matite” con le loro rispettive iniziali p ed m, dopo il primo acquisto ci ritroviamo con

“due penne e quattro matite” ossia, in base a quanto detto, con

2 4p m+ . Dopo il secondo acquisto avremo

“due penne, quattro matite ed altre tre penne” cioè, in totale

“cinque penne e quattro matite” vale a dire

( )2 4 3 2 3 4 5 4p m p p m p m+ + = + + = + .

L’addizione 5 4p m+ non può essere eseguita, in quanto il primo addendo individua il numero delle penne mentre il secondo quello delle matite; essa perciò rimane indicata. Allora possiamo notare che, per schematizzare il problema, altro non abbiamo fatto che introdurre i monomi 2p, 4m e 3p. Successivamente abbiamo scritto l’espressione che permette di calcolare il numero totale di oggetti comperati e quindi abbiamo eseguito l’addizione, così come suggerito dalla descrizione discorsiva, fra i monomi simili, sottolineati nell’espressione finale, sommandone i coefficienti numerici e lasciando inalterata la loro parte letterale. Possiamo, allora, dare la seguente

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DEFINIZIONE (addizione fra monomi) L’addizione fra due o più monomi si può eseguire solo se sono simili, ottenendo come somma un monomio simile ai monomi addendi e che ha come coefficiente la somma dei loro coefficienti. L’addizione fra monomi che non siano simili invece resta indicata. OSSERVAZIONE Ricordando che il monomio nullo è simile ad un qualsiasi altro monomio, esso si può assumere come elemento neutro rispetto all’addizione fra monomi. Chiariamo quanto detto con alcuni ESEMPI Eseguiamo insieme, se possibile, le seguenti addizioni : 1. ( )2 0 2 0 2 0 2a a a a a+ = + = + =

2. ( )2 2 2 2 20 5 0 5 0 5 5x y x y x y x y x y+ = + = + =

3. ( )2 3 2 3 5a a a a+ = + =

4. ( )2 4 7 2 4 7ab ab ab ab ab+ − = + − = −

5. 2 2 2 2 21 2 7 1 2 7 3 4 7 02 3 6 2 3 6 6

x y x y x y x y x y− − + − − + = − − + = =

6. 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 51 2 3 6 3 12 4 9 20 1022 3 2 6 6 3

a b c a b c a b c a b c a b c a b c a b c a b c− + − +− + − + = = =

7.

2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2

2 2 2 2 2 2 2 2

2 1 1 2 3 12 2 2 23 2 3 3 2 3

2 12 9 2 2 5 4 5 12 112 23 6 3 6 6 6

ab ab ab ab ab ab ab ab ab ab ab

ab ab ab ab ab ab ab ab

− − + + + = − − + + = − + − +

= − + = − + = =

Verificate da soli le successive OSSERVAZIONI 1. addizionando due monomi opposti si ottiene il monomio nullo 2. l’addizione fra monomi È associativa e commutativa. 2.5 COME MOLTIPLICARE MONOMI Vale la seguente DEFINIZIONE (moltiplicazione fra monomi) Per moltiplicare due o più monomi basta moltiplicare fra loro tutti i fattori numerici ed i fattori letterali tenendo conto delle regole dei segni e di quelle dell’elevamento a potenza.

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OSSERVAZIONI 1. In base alla definizione di monomio unità 1, esso è l’ elemento neutro rispetto alla

moltiplicazione fra monomi 2. Il prodotto di un qualsiasi monomio con il monomio nullo è uguale al monomio nullo 3. La moltiplicazione fra monomi gode della proprietà associativa e di quella commutativa. Chiariamo quanto detto con opportuni ESEMPI Eseguiamo insieme le moltiplicazioni proposte : 1. 2 2 22 1 2 1 2ab ab ab⋅ = ⋅ = 2. ( ) ( )3 5 3 5 3 51 3 1 3 3x y x y x y⋅ − = ⋅ − = −

3. ( ) ( )2 2 20 3 0 3 0 0ab ab ab⋅ = ⋅ = =

4. 6 30 2 0m n⋅ = 5. ( )( )2 3 3 42 5 10ab a b c a b c− = −

6. ( ) ( )3 2 3 3 5 3 5 5 5 9 5 5 5 93 25 3 25 52 25 18 5 18 3

x y z t xy zt xzt x y z t x y z t − − = − − =

OSSERVAZIONE È immediato verificare che il grado del prodotto di due o più monomi è uguale alla somma dei gradi dei monomi che compaiono come fattori. 2.6 POTENZA CON ESPONENTE INTERO NON NEGATIVO DI UN MONOMIO Vale la seguente DEFINIZIONE (potenza di un monomio) La potenza ad esponente intero positivo di un monomio è ancora un monomio il cui coefficiente si ottiene elevando al dato esponente il coefficiente del monomio assegnato e la cui parte letterale si ricava moltiplicando gli esponenti delle lettere che compaiono nel monomio dato per l’esponente della potenza. Se l’esponente della potenza è uguale ad 1, allora si pone la potenza uguale al monomio stesso; se invece è uguale a 0, allora, supposto la base della potenza non nulla, si pone la potenza uguale a 1. Con alcuni esempi, verificate la seguente OSSERVAZIONE Continuano a valere tutte le proprietà dell’elevamento a potenza studiate.

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ESEMPI Calcola le potenze di seguito indicate : 1. ( )32 3 3 2 3 3 3 6 92 2 8a b a b a b⋅ ⋅= =

2. ( ) ( )2 25 2 1 2 5 2 2 2 2 10 42 2 4ab c a b c a b c⋅ ⋅ ⋅− = − =

3. ( )35 7 2 15 21 6x y z x y z− = −

4. 1

3 2 3 21 12 2

x y x y =

5. ( )023 1a b− =

6. ( )030ab è priva di significato

7. 2

4 2 2 82 43 9

abc a b c − =

8. 32 6

2 3 2 3 12 6 181 1 12 2 64

x yt x yt x y t = =

9. ( ) ( )531 153 2 3 2 45 30 15a b c a b c a b c − = − = −

10. ( ) ( ) ( ) ( )3 2 3 2 52 2 2 2 5 10ab ab ab ab a b+

= = =

11. ( ) ( ) ( ) ( )3 3 3 32 4 2 2 4 2 5 4 15 12 3ab a b c ab a b c a b c a b c= ⋅ = =

12. ( ) ( ) ( ) ( )5 2 5 2 33 2 3 2 3 2 3 2 9 6:a b a b a b a b a b−

= = = 2.7 DIVISIONE FRA DUE MONOMI Diamo questa DEFINIZIONE (divisione fra monomi) Considerati due monomi di cui il secondo non nullo, dividerli nell’ordine dato significa dividere in quell’ordine i rispettivi coefficienti e le rispettive parti letterali, sfruttando per queste ultime le proprietà dell’elevamento a potenza. Il primo monomio è detto monomio dividendo o semplicemente dividendo, il secondo prende il nome di monomio divisore o semplicemente divisore. ESEMPI

1. ( )2 3 2 3 2 31 55 : 2 52 2

a b a b a b = ⋅ =

2. ( ) ( ) ( )3 2 3 2 3 213 : 3 33

a b c a b c a b c − − = − − =

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3. 5 2 3 2 5 2 2 1 3 0 3 32 4 2 21 7:3 21 3 4 2

x y z x y x y z x yz− − − − = − ⋅ = −

4. ( )2 2 2 2 1 1 0 012 : 2 2 4 42

a b a b a b a b− − − = − ⋅ = − = −

5. ( )5 2 4 2 2 2 3 21 1:2 2

a b c a b c a c − = −

OSSERVAZIONE Non sempre la divisione fra due monomi fornisce come risultato un monomio, cosicché la divisione non è ovunque definita nell’insieme dei monomi. Per meglio comprendere quanto detto, esaminiamo il successivo ESEMPIO Consideriamo la divisione ( ) ( )2 32 : 3a b a . Se applichiamo la definizione, otteniamo

( ) ( )2 3 122 : 33

a b a a b−= che non è un monomio, in quanto la lettera a compare con esponente

negativo. Questo consente di introdurre una nuova DEFINIZIONE (monomi divisibili) Dati due monomi di cui il secondo non nullo, diremo che il primo è divisibile per il secondo o che il secondo divide il primo, se è possibile determinare un terzo monomio che, moltiplicato per il secondo, dia come risultato il primo. Il terzo monomio si assume come risultato della divisione fra i monomi dati ed è detto monomio quoziente o semplicemente quoziente. Dati due monomi, stabiliamo quali sono le condizioni che devono essere soddisfatte, affinché il primo monomio sia divisibile per il secondo, che supponiamo non nullo. Abbiamo il seguente Criterio di Divisibilità fra Monomi Dati due monomi ridotti a forma normale, di cui il secondo non nullo, nell’ordine il primo è divisibile per il secondo se quest’ultimo è un numero (ossia un monomio di grado zero) oppure se tutte le sue lettere compaiono anche nel primo con esponente maggiore uguale di quello che hanno nel secondo. Se cade la condizione appena descritta il risultato della divisione tra monomi non è un monomio. ESEMPI Date le seguenti coppie di monomi, stabiliamo insieme se il primo è divisibile per il secondo. In caso affermativo eseguiamo la divisione.

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1. 3 5 6a b c e 2a b Il primo monomio è divisibile per il secondo, in quanto tutte le lettere di quest’ultimo compaiono nel primo con esponente maggiore. Pertanto, eseguiamo la divisione ( ) ( )3 5 6 2 4 6:a b c a b ab c= 2. 5 3 4a b c e 3 2 42a b c− Il primo monomio è divisibile per il secondo, in quanto tutte le lettere di quest’ultimo compaiono

nel primo con esponente maggiore o uguale. Pertanto ( ) ( )5 3 4 3 2 4 21: 22

a b c a b c a b− = −

3. 3 62x y z e 2 332

x y t

Il primo monomio non è divisibile per il secondo, perché nella parte letterale del divisore compare la lettera t che non compare nel dividendo.

4. 3 535

xy z e 232

x y

Il primo monomio non è divisibile per il secondo, perché nella parte letterale del divisore compare la lettera x con esponente maggiore rispetto a quello con cui compare nel dividendo. Verifica, con opportuni esempi, le seguenti OSSERVAZIONI 1. Due monomi simili sono divisibili ed il quoziente è dato dal rapporto dei loro coefficienti; in particolare il quoziente della divisione di due monomi uguali è 1, mentre quello di due monomi opposti è 1− ; 2. il grado del monomio quoziente è uguale alla differenza dei gradi dei monomi dividendo e divisore. 2.8 MASSIMO COMUNE DIVISORE E MINIMO COMUNE MULTIPLO FRA MONOMI Possiamo dare le seguenti DEFINIZIONI (massimo comune divisore, minimo comune multiplo fra monomi) Chiamiamo monomio massimo comune divisore di due o più monomi, tutti non nulli, un monomio che, fra quelli che li dividono, ha grado massimo. Chiamiamo monomio minimo comune multiplo di due o più monomi tutti non nulli, un monomio che, fra quelli che da questi sono divisibili, ha grado minimo. In pratica, osservato che i monomi altro non sono che dei prodotti indicati di fattori numerici e letterali, per la ricerca di un monomio che sia loro massimo comune divisore o loro minimo comune multiplo si può procedere adottando regole analoghe a quelle viste per i numeri naturali.

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Più precisamente, dati due o più monomi, tutti non nulli e ridotti a forma normale, un monomio che sia massimo comune divisore avrà parte letterale formata dalle lettere comuni ai monomi dati, scelte con il minimo esponente, prese una sola volta e coefficiente dato da un numero arbitrario diverso da zero. Osserviamo che nulla di specifico si può dire a proposito del coefficiente in quanto, operando nell’insieme dei numeri razionali, non ha senso parlare di massimo comune divisore. Infatti in Q ogni numero diverso da zero divide tutti gli altri. Per questo motivo si è soliti affermare che il monomio massimo comune divisore è determinato a meno del coefficiente. Per trovare il massimo comune divisore fra due o più monomi, conviene ridurli a forma normale e procedere in uno dei modi seguenti: 1. se i monomi dati hanno coefficiente intero, si assume come monomio massimo comune divisore quello che ha come coefficiente il massimo comune divisore dei coefficienti dei monomi assegnati, considerati in valore assoluto (il massimo comune divisore è definito solo fra numeri interi positivi) e come parte letterale quella formata dalle lettere comuni ai monomi dati, prese con il minimo esponente una sola volta; 2. se almeno uno dei monomi dati ha coefficiente non intero, si assume come monomio massimo comune divisore quello che ha coefficiente unitario e parte letterale formata dalle lettere comuni ai monomi dati, prese una sola volta, con il minimo esponente. Analogamente, dati due o più monomi, tutti non nulli e ridotti a forma normale, un monomio che sia minimo comune multiplo avrà parte letterale formata dalle lettere comuni e non comuni ai monomi dati, prese una sola volta, con il massimo esponente e per coefficiente un numero arbitrario diverso da zero. Osserviamo che nulla di specifico si può dire a proposito del coefficiente in quanto, operando nell’insieme dei numeri razionali, non ha senso parlare di minimo comune multiplo, infatti in Q ogni numero è divisibile da tutti gli altri, purché diversi da zero. Per questo motivo, anche in questo caso, si è soliti affermare che il monomio minimo comune multiplo è determinato a meno del coefficiente. In pratica, per trovare il minimo comune multiplo fra due o più monomi non nulli, conviene ridurli a forma normale e procedere in uno dei modi seguenti: 1. se i monomi dati hanno coefficiente intero, si assume come monomio minimo comune multiplo quel monomio che ha come coefficiente il minimo comune multiplo dei coefficienti dei monomi assegnati, considerati in valore assoluto (il minimo comune multiplo è definito solo fra numeri interi positivi) e come parte letterale quella formata dalle lettere comuni e non comuni ai monomi dati, prese una sola volta, con il massimo esponente; 2. se almeno uno dei monomi dati ha coefficiente non intero, si assume come monomio minimo comune multiplo quello che ha coefficiente unitario e parte letterale formata dalle lettere comuni e non comuni ai monomi dati, prese una sola volta, con il massimo esponente. ESEMPI Dei seguenti gruppi di monomi determiniamo insieme la parte letterale e il coefficiente del M.C.D. e del M.C.M.

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1. 2 3 3 43a b c d− , 3 2 5 35a b c d− , 5 22a b c Si ha 2 2MCD a b c= e 5 3 5 430MCM a b c d= 2. 5 6 24a b c , 4 310a bx− , 5 56ab x Si ha 2MCD ab= e 5 6 2 560MCM a b c x=

3. 7 3 223

x y z t , 2 3 3x y zt− , 5 8xyz t

Si ha MCD xyzt= e 7 3 5 8MCM x y z t= 4. 2 32a b , 23x y− , 4z Si ha 1MCD = e 2 3 212MCM a b x yz= 2.9 ESPRESSIONI CONTENENTI MONOMI SIMILI A questo punto dovreste essere in grado di operare in modo più o meno corretto, noi speriamo “più”, con i monomi. Allora, dopo aver esaminato alcuni esempi svolti, provate a semplificare le espressioni proposte tenendo presente che per il loro svolgimento valgono le stesse regole viste per le espressioni numeriche. ESEMPI Semplifichiamo insieme le seguenti espressioni :

2 2 2 2

2 2 3

1 4 1 12 3 8 3 11. 22 3 3 6 3

7 2 76 3 9

ab c ab c ab c ab ab ab c ab

ab c ab a b c

+ − − + + − − + = =

− = = −

( ) ( ) ( )

( )

2 3 2 3 2 3 2 3 2

2 3 2 2 2 2

2 1 4 6 32. : 2 3 4 :3 2 6

1 1 5:6 6 6

a b a b a b ab ab ab ab b a b ab ab

a b ab ab ab ab ab

− + − + − + − = − = = − = − = −

3

2 2 2 2 2 2

3 3 3 2 2 2

2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2

1 1 1 13. : 32 2 2 3

1 1 3 2: 38 2 2 31 3 1 6 8 1524 2 4 4

abx abx a b x a b x abx abx abx

a b x abx a b x abx abx

a b x a b x a b x a b x a b x

− − + + − = = − − + − =

− − −= − − − = = −

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( ) ( ) ( ) ( )

( )

22 3 5 6 5 2 2 2 3 3 3

2 4 2 4 2 3 2 3 2 4

14. : 2 2 72

2 4 1 16 6 32 2

ab x a b x abx a b a b a b b x b x b x

a b x a b x a b b x a b b x a b x

− − − + − + =

− + = − − = ⋅ =

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

23 52 22 3 4 4 4 4 4 10

12 18 10 10 4 4 4 10 2 2

2 8 2 8 2 8 2 8 2 8 2 8

2 15. : 2 5 :3 3

2 1: 2 :3 9

22 9 3 6 33

a b ab ab ab ab ab a b ab

a b a b ab ab a b a b

a b a b a b a b a b a b

− + − − = = − − − =

= + − ⋅ = − = −

3 OPERARE CON LE LETTERE: I POLINOMI 3.1 I POLINOMI Abbiamo visto nel precede paragrafo che non sempre l’addizione di due o più monomi dà come risultato un monomio. Questo fatto consente di dare la seguente DEFINIZIONE (polinomi a coefficienti razionali, termini di un polinomio) Un polinomio a coefficienti razionali è o un monomio avente coefficiente razionale oppure la somma algebrica di più monomi aventi coefficienti razionali. I monomi che formano un polinomio a loro volta si dicono termini del polinomio. OSSERVAZIONE In accordo con quanto già detto per i monomi, conveniamo di non scrivere le lettere di quei termini di un polinomio che hanno esponente uguale a 0. Un polinomio può essere formato da termini tutti nulli o dal solo monomio 1. Ciò giustifica le seguenti DEFINIZIONI (polinomio nullo, polinomio unità) Il polinomio formato da monomi nulli e quello formato dal solo termine 1 si dicono, rispettivamente, polinomio nullo e polinomio unità. Nell’ordine essi sono indicati con i simboli 0 ed 1. D’ora in poi, con la parola “polinomio” intenderemo riferirci a polinomi aventi coefficienti razionali. ESEMPIO

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Sono polinomi le seguenti espressioni letterali: 2a b , 1a + , 2 12

x y z+ , 2 3 1ax y− + .

Non sono polinomi le espressioni xy

, 2 12a ba b

−+

, 1x

.

Vale la seguente DEFINIZIONE (polinomio ridotto a forma normale) Un polinomio si dice ridotto a forma normale se è formato da termini che non sono simili. In caso contrario si dice non ridotto a forma normale. Un polinomio che non sia ridotto a forma normale può, ovviamente, essere ridotto a tale forma semplicemente addizionando i termini simili. Tale procedimento prende il nome di riduzione dei termini simili di un polinomio. ESEMPI

3 3 31. 1 2 3 2 2 3 5 1x xy x xy x x xy x+ − + − + − = − + −

2 2 2 2 2 22. 7 2 2 5 1 3 2 2 2 1x y abx x y abx abx x y abx− + − + − + − = + −

5 5 5 53. 3 3 2 1 4 1 1a bx a bx ab a bx a bx ab− + − + − + − = − + +

3 3 3 31 1 1 1 1 1 5 24. 3 3 1

2 3 3 2 3 3 6 3a b abx a b abx a b abx a b abx + − + − + = + + − = −

2 2 3 2 2 3 2 2 3 2 2 3

2 2 3

2 1 7 2 1 75. 3 2 2 1 5 13 2 6 3 2 64 3 7 5 1 5 1

6

a b t xyz a b t xyz a b t a b t xyz

a b t xyz xyz

+ − + + + − = + − + − =

+ −= + − = −

2 2 2 2 2

2 2 2 2

2 16. 3 2 2 3 3 3 43 3

2 1 47 1 2 2 7 2 23 3 3

uvw a b uvw a b uvw abx x yz a b uvw abx x yz

uvw a b abx x yz uvw a b abx x yz

− + + − − + + − + − − + =

= − + − + − + + = − + − + +

Un polinomio ridotto a forma normale prende nomi diversi a seconda del numero dei termini non nulli che lo compongono. In particolare se è formato da • due termini si dice binomio • tre termini si dice trinomio • quattro termini si dice quadrinomio • cinque, sei, ... termini, si dice polinomio con cinque, sei, ... termini.

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Ricordiamo ancora una volta che, per la definizione data, i monomi sono essi stessi dei polinomi. OSSERVAZIONE Ribadiamo che le precedenti considerazioni valgono soltanto se il polinomio è ridotto a forma normale. Infatti, considerato il polinomio 2 22 3ab ax ab ax− + + saremmo portati a dire, erroneamente, che esso è un quadrinomio; in realtà, sommando i termini simili si ottiene 23 2ab ax+ , che è un binomio. Sussistono le successive DEFINIZIONI (grado di un polinomio, grado rispetto ad una sua lettera, polinomio omogeneo) Si dice grado complessivo o semplicemente grado di un polinomio ridotto a forma normale e non nullo il massimo dei gradi dei suoi termini. Invece si dice grado rispetto ad una sua lettera il massimo grado con cui quella lettera compare. Un polinomio non nullo in cui tutti i termini hanno lo stesso grado si dice omogeneo. OSSERVAZIONE Al polinomio nullo non viene attribuito alcun grado. ESEMPIO 1. Il polinomio 3 3 2 62 3 2a b x y a b− + − • ha grado complessivo 7 • è di sesto grado rispetto alla lettera a • è di primo grado rispetto alla lettera b • è di terzo grado rispetto alla lettera x • è di secondo grado rispetto alla lettera y • ha un termine di grado zero, vale a dire il termine 2− , detto anche termine noto • non è omogeneo, perché, ad esempio, 2− ha grado diverso da 32a b . 2. Il polinomio 5 5 2 4 2 4 8 3 2 22 2 2a b ab c a b c− − è • omogeneo di grado 7 ; • di quinto grado rispetto alla lettera a • di secondo grado rispetto alla lettera b • di quarto grado rispetto alla lettera c. OSSERVAZIONE Prima di affermare che un dato polinomio ha un certo grado, è bene accertarsi che esso sia ridotto a forma normale. Sapreste spiegare il motivo di questa affermazione? Se i coefficienti dei termini compaiono scritti sotto forma di potenza, allora il loro esponente, in base alla definizione data, non deve essere preso in considerazione per determinare il grado del polinomio.

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Diamo ancora due DEFINIZIONI (polinomio ordinato, polinomio completo) Un polinomio ridotto a forma normale si dice ordinato secondo le potenze decrescenti [crescenti] di una sua lettera se i termini del polinomio sono scritti in modo tale che quella lettera compaia con esponenti che decrescono [crescono] dal valore massimo [minimo] al valore minimo [massimo]. Altrimenti il polinomio si dice non ordinato rispetto a quella lettera. Se la lettera rispetto a cui si ordina compare con lo stesso grado in termini diversi del polinomio, l’ordine in cui verranno scritti quei termini non è rilevante. Inoltre, un polinomio ridotto a forma normale si dice completo rispetto ad una sua lettera se le potenze di quella lettera compaiono nei termini del polinomio con tutti gli esponenti a partire dal più grande fino ad arrivare a quello nullo. Ordinare un polinomio secondo le potenze decrescenti [crescenti] di una sua lettera significa riscrivere i suoi termini in modo che quella lettera compaia con esponenti che decrescono [crescono], secondo la definizione. ESEMPIO Dopo aver ordinato il polinomio 5 3 4 2 2 3 52 3 7 5 1a b a b ab a b a b− − + − + − secondo le potenze decrescenti prima rispetto alla lettera a e poi rispetto alla lettera b, stabiliamo se esso è completo rispetto ad a e rispetto a b. Nel primo caso il polinomio ordinato è 5 3 4 2 3 2 52 3 5 7 1a b a b a a b ab b− − + − + − e, siccome le potenze della lettera a compaiono con tutti gli esponenti, da 5 fino a 0, esso è anche completo rispetto a tale lettera. Nel secondo caso ordinando il polinomio si ottiene 5 5 3 4 2 2 32 3 7 5 1b a b a b a b ab a+ − + − − − che non è completo rispetto a b in quanto non compare alcun termine che contenga 4b . Vogliamo, ora, stabilire quando due o più polinomi sono uguali. Vale la seguente DEFINIZIONE (polinomi uguali) Due o più polinomi non nulli e ridotti a forma normale si dicono uguali se sono formati dagli stessi termini, indipendentemente dall’ordine in cui essi compaiono. ESEMPI 1. I polinomi 22 3abc abx bxy− − e 22 3bxy abc abx− + − sono uguali, in quanto, a parte l’ordine, sono formati dagli stessi termini. 2. I polinomi 3 3 2ab az− + e 3 3 1ab az− + sono diversi, perché tale è il termine noto. 3. I polinomi 5 2 3a b ab ax− − e 5 2 5 22 3 2 5 2a b ab abx a b abx ab abx ax− + − + + − + − sono uguali. Infatti, sommando i termini simili del secondo polinomio si ottiene proprio 5 2 3a b ab ax− − . 3.2 ADDIZIONE ALGEBRICA DI POLINOMI Diamo le seguenti

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DEFINIZIONI (addizione fra polinomi, polinomio somma) Addizionare due o più polinomi, detti addendi, significa scrivere un polinomio, detto polinomio somma, i cui termini sono la somma algebrica dei termini dei polinomi dati. Chiariamo quanto appena detto con alcuni ESEMPI Eseguiamo insieme le addizioni indicate:

( ) ( ) ( )2 2 2 2

2

1. 2 3 2 5 2 1 2 3 2

5 2 1 2 3 6

ab a x ab a x by abx by ab a x ab a x by

abx by ab a x by abx

− + + − + − + + − − = − + − + − +

+ − − = − − + +

2 2 2 2 2 2 2

2 2 2 2 2

1 1 2 1 1 12. 2 1 2 12 3 3 2 2 3

2 1 8 1 1 1 8 1 11 13 2 3 2 3 2 3 6 2

ax y am bx am ax y bx ax y am bx am

ax y bx ax y am bx ax y am bx

− + + − + + + = − + − + +

+ + = + − + − + = − − +

6 7 2 6 7 2 6 7 2 6 7 2 6 7 2

6 7 2 6 7

1 1 1 1 13. 2 2 3 22 4 4 2 41 32 3 34 2

m n mp m n mp m n mp m n mp m n mp

m n mp m n

− + + − + − + = − + + +

− − + = −

Verificate con opportuni esempi le successive OSSERVAZIONI 1. Il polinomio nullo si può assumere come elemento neutro rispetto all’addizione fra polinomi 2. l’addizione fra polinomi è associativa e commutativa. Vogliamo, ora, definire la sottrazione fra polinomi. A tal fine conviene premettere la seguente DEFINIZIONE (opposto di un polinomio) L’opposto di un polinomio è ancora un polinomio i cui termini sono gli opposti di quelli che formano il polinomio dato. In pratica, per ottenere l’opposto di un polinomio dato, è sufficiente cambiare i segni di tutti i suoi termini. ESEMPI 1. 2 3 1ab xy− + ha per opposto 2 3 1ab xy− + − 2. 5 6 3 22 5a b c x y− − + ha per opposto 5 6 3 22 5a b c x y+ − OSSERVAZIONI 1. L’opposto del polinomio nullo coincide con il polinomio nullo

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2. addizionando un polinomio con il suo opposto si ottiene il polinomio nullo 3. l’opposto dell’opposto di un assegnato polinomio coincide con il polinomio dato. Definiamo la sottrazione fra polinomi: DEFINIZIONI (sottrazione fra polinomi, polinomio differenza) Sottrarre due polinomi, nell’ordine detti minuendo e sottraendo, significa addizionare al primo polinomio l’opposto del secondo. Il risultato di questa operazione è un polinomio chiamato polinomio differenza. ESEMPI Eseguiamo insieme le sottrazioni proposte:

( ) ( )2 2 3 2 2 3 2 2 3 2 2 3

2 2 3

1. 3 1 2 2 3 1 2 2

2 1

a b abc a b abc a b abc a b abc

a b abc

+ − − + − = + − − − + =

= − + +

( ) ( )5 3 2 3 5 3 2

5 3 2 3 5 3 2 5 3 2

22. 2 1 2 2 1 23

2 82 1 2 2 1 2 3 3 23 3

a b ab abx abc a b ab abx

a b ab abx abc a b ab abx a b ab abx

− + − − + + − − − + − =

= − + − − − − + + − + = − + − +

7 3 2 3 2 3 7 3 2 3 7 3

7 3 2 3 2 3 7 3 2 3 7 3

7 3 2 3

2 1 3 1 23. 3 2 15 2 5 2 3

2 1 3 1 23 2 15 2 5 2 312 13

x y a x xy a x x y xy a x x y

x y a x xy a x x y xy a x x y

x y a x

− − + − − − − − + − =

= − + − + + + − − + =

= − + +

( )3 2 2 2 3 2 2 2

3 2 2 2 3 2 2 2 2

1 2 14. 2 2 12 3 2

1 2 1 22 2 1 12 3 2 3

a bx x y a x y a a bx x y x y

a bx x y a x y a a bx x y x y x y

+ − − − − − + − − =

= + − − + − + − − + = − −

( )2 1 1 15. 1 2 13 2 3 2

2 1 1 1 21 2 1 23 2 3 2 3

ab xy ab xy ab xy

ab xy ab xy ab xy ab

+ + − + + − − + =

= + + − − − − + − = − −

3.3 MOLTIPLICAZIONE FRA POLINOMI Dopo aver visto le operazioni di addizione e sottrazione fra polinomi, passiamo a definire quella di moltiplicazione.

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Cominciamo ad esaminare il caso più semplice, quello della moltiplicazione di un monomio per un binomio, ad esempio ( )a b c+ . Per eseguire tale operazione è naturale ricorrere alla proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all’addizione. Pertanto avremo

a b c ab ac( + ) = +

Facciamo un altro esempio

a b a b ab a b a b a b2 3 3 4 5 4 3 7 2 3( 2) = 2+ − + −

dove è evidente l’applicazione della proprietà in questione. Facciamo alcune OSSERVAZIONI 1. La proprietà distributiva nelle espressioni letterali vale in quanto, sostituendo alle lettere dei numeri razionali che non facciano perdere di significato alle operazioni indicate, si ottengono espressioni numeriche per le quali vale la distributività. 2. L’aver applicato la proprietà distributiva ha permesso di ricondurre la moltiplicazione di un monomio per un polinomio a più moltiplicazioni fra monomi. Osservate, infatti, che il risultato della moltiplicazione altro non è che il polinomio avente per termini i monomi ottenuti moltiplicando il monomio che compare come fattore nella moltiplicazione data per ciascun termine del polinomio fattore della stessa moltiplicazione. In definiva, possiamo dare le seguenti DEFINIZIONI (moltiplicazione di un monomio per un polinomio, polinomio prodotto di un monomio per un polinomio) Moltiplicare un monomio per un polinomio significa scrivere un polinomio, detto polinomio prodotto, i cui termini si ottengono moltiplicando il monomio per ciascun termine del polinomio che compare come fattore. Verificate con alcuni esempi le successive OSSERVAZIONI 1. Il grado del polinomio prodotto è uguale alla somma di quelli del monomio e del polinomio fattori della moltiplicazione 2. la moltiplicazione fra un monomio e un polinomio è associativa e commutativa 3. il prodotto di un qualsiasi monomio con il polinomio unità è uguale al monomio stesso 4. il prodotto del monomio unità con un qualsiasi polinomio è uguale al polinomio stesso 5. il prodotto di un qualsiasi monomio con il polinomio nullo è il polinomio nullo 6. il prodotto del monomio nullo per un qualsiasi polinomio il polinomio nullo.

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Vogliamo ora eseguire la moltiplicazione ( )( )2 3 22 3a b a b ab− + − che ha per fattori due polinomi. Per eseguirla moltiplichiamo tutti i termini del primo polinomio per ciascun termine del secondo o viceversa. Il tutto può riassumersi nel seguente schema:

( )( )2 3 2 5 2 3 3 2 3 22 3 3 2 2 6a b a b ab a b a b a b a b ab− + − = + − − − + che consente di dare la seguente DEFINIZIONE (moltiplicazione fra polinomi, polinomio prodotto di due polinomi) Moltiplicare due polinomi significa scrivere un polinomio, detto polinomio prodotto, i cui termini si ottengono moltiplicando ogni termine del polinomio primo fattore con ciascun termine del polinomio secondo fattore, o viceversa. Verificate con degli esempi le successive OSSERVAZIONI 1. Non è detto che il polinomio prodotto si presenti ridotto a forma normale; in tal caso, per ridurlo, si sommano gli eventuali termini simili che dovessero presentarsi 2. il grado del prodotto di due polinomi non nulli è uguale alla somma dei gradi dei polinomi che compaiono come fattori della moltiplicazione 3. la moltiplicazione fra polinomi gode della proprietà commutativa 4. il polinomio unità è l’elemento neutro rispetto alla moltiplicazione di polinomi 5. il prodotto di due polinomi è il polinomio nullo se e solo se almeno uno dei due fattori è il polinomio nullo (legge di annullamento del prodotto) ; 6. per moltiplicare fra loro più di due polinomi, conviene moltiplicare dapprima due polinomi e quindi, dopo aver sommato gli eventuali termini simili, il risultato per il terzo e così via (proprietà associativa della moltiplicazione fra polinomi). 3.4 PRODOTTI NOTEVOLI E POTENZA DI UN BINOMIO Fra i prodotti di polinomi ve ne sono alcuni che rivestono un’importanza particolare e che, per questo, vengono detti prodotti notevoli. È conveniente imparare a riconoscerli e svilupparli correttamente, poiché il loro utilizzo fa risparmiare tempo nello svolgimento delle espressioni letterali in cui essi compaiono. Cominciamo dal prodotto notevole noto come • quadrato di un binomio Consideriamo il binomio 2 3a b+ ed eleviamolo al quadrato, svolgendo i calcoli in base alla definizione di potenza

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( ) ( )( )2 2 2 2 22 3 2 3 2 3 4 6 6 9 4 12 9a b a b a b a ab ab b a ab b+ = + + = + + + = + + Pertanto ( )2 2 22 3 4 12 9a b a ab b+ = + + che si interpreta dicendo che il quadrato di un binomio È uguale al quadrato del primo termine, più il doppio prodotto del primo termine per il secondo, più il quadrato del secondo termine. In simboli: ( )2 2 22A B A AB B+ = + + dove ad A e B si devono sostituire i termini che formano il binomio, o altre espressioni, come vedremo in seguito. Giustifichiamo in modo geometrico l’uguaglianza trovata. Consideriamo due segmenti di lunghezza a e b e costruiamo il quadrato di lato a b+ :

a b

ab

aba2

b2

Come possiamo facilmente notare, l’area del quadrato di lato lungo a b+ è data proprio da ( )2 .a b+ D’altra parte la nostra figura è formata da due quadrati più piccoli di lati che misurano a e

b, aventi rispettivamente aree 2a e 2b e da due rettangoli uguali, che hanno come dimensioni proprio i segmenti di lunghezze a e b ed area complessiva pari a 2ab. Siccome l’area totale si ottiene sommando le singole misure delle superfici, avremo ( )2 2 22a b a ab b+ = + + che coincide con la formula prima trovata. Per evitare errori nello svolgimento degli esercizi, conviene che tenere presente la successiva OSSERVAZIONE Nella regola per sviluppare il quadrato di un binomio, quando si parla di “doppio prodotto del primo termine per il secondo”, il “primo termine” ed il “secondo termine” sono quelli che costituiscono il binomio di cui si esegue il quadrato e non i loro quadrati. Facciamo, ora, alcuni

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ESEMPI Svolgiamo insieme i seguenti quadrati di binomi : 1. ( ) ( ) ( ) ( )22 22 2 22 2a b a b a a b b a ab b− = + − = + − + − = − +

2. ( ) ( ) ( )2 2 2 2 22 2a b a a b b a ab b− + = − + − + = − +

3. ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )22 2 2 2 22 2a b a b a a b b a ab b− − = − + − = − + − − + − = + +

4. ( ) ( ) ( )( ) ( )2 2 2 2 22 1 2 2 2 1 1 4 4 1xy xy xy x y xy− = + − + − = − +

5. ( ) ( )2 2

22 2 2 4 2 3 2 23 3 3 92 2 2 2 6 42 2 2 4

a b ac a b a b ac ac a b a bc a c + = + + = + +

6. 2

3 3 2 61 13 3 92 4

xy xy x y − + = − +

7. ( )23 2 5 6 4 3 2 5 103 9 6a b x a b a b x x− − = + +

8. 2

2 3 4 2 6 2 33 1 9 3 12 4 4 4 16

a bc a b c a bc − = − +

• quadrato di un trinomio Altro prodotto notevole è quello che si ottiene elevando al quadrato un trinomio. Operando in base alla definizione di potenza abbiamo ( ) ( )( )2

2 2 2 2 2 2 2 2 2A AB AC AB B BC AC BC C A B C AB AC B

A B C A B C

C

C A B= =

= + + + + + + + + = + + + +

+ + +

+

+ + +

pertanto ( )2 2 2 2 2 2 2A B C ABA B C AC BC= + + + ++ ++ che permette di affermare che il quadrato di un trinomio è uguale al quadrato del primo termine, più il quadrato del secondo, più il quadrato del terzo, più il doppio prodotto del primo per il secondo termine, più il doppio prodotto del primo per il terzo, più il doppio prodotto del secondo per il terzo termine. Chiariamo tutto con alcuni ESEMPI Svolgiamo insieme i seguenti quadrati di trinomio

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1. ( ) ( ) ( ) ( )2 22 2 2 2 22 2 2 2 2 2a b c a b c ab a c b c a b c ab ac bc+ − = + + − + + − + − = + + + − −

2. ( ) ( ) ( ) ( )2 22 2 2 2 22 2 2 2 2 2a b c a b c a b ac b c a b c ab ac bc− + = + − + + − + + − = + + − + −

3. ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( )2 2 22 2 2 22 2 2 2 2 2a b c a b c a b a c b c a b c ab ac bc− − = + − + − + − + − + − − = + + − − +

4. ( ) ( ) ( ) ( )2 2 2 2 2 2 22 2 2 2 2 2a b c a b c a b a c bc a b c ab ac bc− + + = − + + + − + − + = + + − − +

( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )2 2 22 2 2 25. 2 2 2 2 2 2a b c a b c a b a c b c a b c ab ac bc− + − = − + + − + − + − − + − = + + − + −

( ) ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )2 2 2 2 2 2 26. 2 2 2 2 2 2a b c a b c a b a c b c a b c ab ac bc− − + = − + − + + − − + − + − = + + + − −

( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )( ) ( )( )2 2 2 2

2 2 2

7. 2 2 2

2 2 2

a b c a b c a b a c b c

a b c ab ac bc

− − − = − + − + − + − − + − − + − − =

= + + + + +

8. ( )22 4 2 2 2 3 2 22 4 4 4 2x y x y x y x y x y x y xy− + = + + − + −

9. ( )2 2 2 2 2 2 2 22 2 2mn np p m n n p p mn p mnp np+ − = + + + − − ESERCIZIO GUIDATO Applicando le regole del quadrato di binomio e trinomio, sviluppare ( )42 3x y− . Risulta

( ) ( ) ( )2 24 2 2 2 4 4 2 22 3 2 3 4 ...... 9 16 ...... 81 ...... 72 ...... ......x y x y x y x y x y − = − = − + = + + − + − =

Sapreste trovare il quadrato di un polinomio avente più di tre termini? Provate da soli a ricavare il quadrato di un quadrinomio e, in generale, di un qualsiasi polinomio sulla falsariga di quanto già visto nei precedenti paragrafi. Arriverete alla seguente regola • il quadrato di un polinomio è uguale alla somma dei quadrati di ciascun termine, più i doppi

prodotti di ogni termine per il successivo. ESEMPIO

Sviluppiamo 2

2 3122

a b cx y + − −

. Applicando la regola precedente, si ha

2

2 3 2 4 2 2 6 2 3 2 2 3 31 12 4 4 4 2 22 4

a b cx y a b c x y ab acx ay b cx b y cxy + − − = + + + + − − − − +

Esaminiamo ora il • cubo di un binomio Poiché il cubo si può pensare come prodotto della base per il suo quadrato, risulta :

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( ) ( )( ) ( )( )3 2 2 2 3 2 2 2 2 3

3 2 2 3

2 2 2

3 3

A B A B A B A B A AB B A A B AB A B AB B

A A B AB B

+ = + + = + + + = + + + + + =

= + + +

ossia il cubo di un binomio è uguale al cubo del primo termine, più il triplo prodotto del quadrato del primo per il secondo, più il triplo prodotto del primo per il quadrato del secondo, più il cubo del secondo termine. Anche in questo caso è opportuno tenere presente quanto affermato dalla successiva OSSERVAZIONE Nella regola per svolgere il cubo di un binomio si parla di un “primo termine”, di un “secondo termine” e di due particolari “tripli prodotti”. Ebbene il “primo termine” ed il “secondo termine” a cui ci riferiamo sono quelli che costituiscono il binomio di cui si esegue il cubo e non loro potenze. Facciamo, ora, alcuni ESEMPI Svolgiamo insieme i seguenti cubi di binomi : 1. ( ) ( ) ( ) ( )3 2 33 2 3 2 2 33 3 3 3a b a a b a b b a a b ab b− = + − + − + − = − + −

2. ( ) ( ) ( ) ( )3 3 2 2 3 3 2 2 33 3 3 3a b a a b a b b a a b ab b− + = − + − + − + = − + − +

3. ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )3 3 2 2 3 3 2 2 33 3 3 3a b a a b a b b a a b ab b− − = − + − − + − − + − = − − − −

4. ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )3 3 2 2 32 2 2 2 6 4 2 2 32 3 2 3 2 3 3 2 3 3 8 36 54 27a b a a b a b b a a b a b b+ = + + + = + + +

5. ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )3 3 2 2 3 3 3 2 22 1 2 3 2 1 3 2 1 1 8 12 6 1ab ab ab ab a b a b ab− = + − + − + − = − + −

6. ( ) ( ) ( ) ( )3 2 33 2 3 2 2 32 3 2 3 2 2 6 12 8a b a a b a b b a a b ab b− = + − + − + − = − + −

7. ( ) ( ) ( )3 3 2

2 3 3 2 2 31 1 1 1 1 32 3 2 3 2 2 6 82 2 2 2 8 2

a b a a b a b b a a b ab b − = + − + − + − = − + −

3 3 2 2 3

3 3 2 2 3 3 2 2

2 1 2 2 1 2 1 18. 3 33 2 3 3 2 3 2 2

8 4 1 2 1 1 8 2 1 13 327 9 2 3 4 8 27 3 2 8

ab ab ab ab

a b a b ab a b a b ab

+ = + + + =

= + + + = + + +

ESERCIZIO GUIDATO Applicando le regole del cubo di binomio e del quadrato di quadrinomio, sviluppare ( )62x y− . Risulta

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( ) ( ) ( )2 26 3 3 3

6 6 3 3

2 2 8 ...... ......

64 ...... ...... ...... ...... 16 ...... ...... ...... ......

x y x y x y

x y x y

− = − = − + − = = + + + − + − − + − =

Un altro importante prodotto è quello noto come • prodotto della somma di due termini per la loro differenza Risulta ( )( ) 2 2 2 2A B A B A AB AB B A B+ − = − + − = − Pertanto ( )( ) 2 2A B A B A B+ − = − ossia : il prodotto della somma di due termini per la loro differenza è uguale al quadrato del termine che non cambia di segno meno il quadrato di quello che cambia di segno. ESEMPI Mettiamo in pratica insieme la regola appena vista 1. ( )( ) ( )2 2 2 2a b a b a b a b− + − − = − − = −

2. ( )( ) 2 22 3 2 3 4 9a b a b a b+ − = −

3. ( )( )3 2 3 2 4 2 2 62 7 2 7 49 4bc a b bc a b a b b c− + + = −

4. 2 3 2 3 4 62 2 41 1 13 3 9

x y x y x y − + = −

5. 2 2 21 1 1 1 1 12 3 3 2 4 9

xy z z xy x y z + − + = −

6. ( )( ) ( ) ( ) ( )2 2 2 2 22a b c a b c a b c a b c a b c a ab b c+ + + − = + + + − = + − = + + −

7. ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )2 2a b c d a b c d a b c d+ + − + − − = + − − Consideriamo infine • prodotti che si riconducono alla differenza o alla somma di due cubi Risulta • ( )( )2 2 3 2 2 2 2 3 3 3A B A AB B A A B AB A B AB B A B− + + = + + − − − = −

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• ( )( )2 2 3 2 2 2 2 3 3 3A B A AB B A A B AB A B AB B A B+ − + = − + + − + = + Pertanto ( )( )2 2 3 3A B A AB B A B− + + = − e ( )( )2 2 3 3A B A AB B A B+ − + = + . Facciamo alcuni ESEMPI 1. ( )( ) ( )32 2 3 3 32 4 2 2 8a b a ab b a b a b− + + = − = −

2. ( )( ) ( )32 4 2 2 61 1 1 1a a a a a− + + = − = −

3. ( )( ) ( )32 2 3 3 32 2 4 2 8a b a ab b a b a b+ − + = + = +

4. ( )3

32 2 3 31 1 1 12 4 2 82 4 2 8

a b a ab b a b a b − + + = − = −

5. ( )( )2 2 2 3 3 3mp n m p mnp n m p n+ − + = + 3.5 UN FAMOSO TRIANGOLO Nel precedente paragrafo abbiamo imparato ad eseguire alcune potenze di binomio. Se supponiamo

0a b+ ≠

( + ) = 1a b 0

( + ) = + a b a b1

( + ) = + 2 + a b a ab b2 2 2

( + ) = + 3 + 3 + a b a a b ab b3 3 2 2 3

( + ) = ( + )( + ) = + 4 + 6 + 4 + a b a b a b a a b a b ab b4 3 4 3 2 2 3 4

( + ) = ( + )( + ) = + 5 + 10 + 10 + 5 + a b a b a b a a b a b a b ab b5 4 5 4 3 2 2 3 4 5

( + ) = ( + )( + ) = + 6 + 15 + 20 + 15 + 6 + a b a b a b a a b a b a b a b ab b6 5 6 5 4 2 3 3 2 4 5 6

................................................................................................... .......................

Se consideriamo soltanto i coefficienti degli sviluppi delle varie potenze, avremo

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n = 0 1

= 1 1 1n

= 2 1 2 1n

= 3 1 3 3 1n

= 4 1 4 6 4 1n

= 5 1 5 10 10 5 1n

= 6 1 6 15 20 15 6 1n................................................................................................... .....................................

La tabella ha l’aspetto di un triangolo ed in effetti è nota come triangolo di Tartaglia, dal nome del matematico italiano Nicolò Fontana (1500 - 1557), detto Tartaglia per un difetto di pronuncia causato da una ferita alla bocca dovuta ad una sciabolata che lo colpì, quando aveva soltanto dodici anni, durante la guerra che fece cadere la città di Brescia nelle mani dei soldati francesi. Ritorniamo al nostro triangolo; per ottenere la riga successiva all’ultima scritta in figura, osserviamo che : • ogni riga comincia e termina con 1 • ogni numero diverso da 1 è la somma dei due numeri che si trovano sopra ad esso nella riga

precedente, come illustrato dalla figura. Cosicché la settima riga si ricava dalla sesta come segue:

n = 6 1 6 15 20 15 6 1

n = 7 1 1 7 21 35 35 21 7 Vediamo in che modo si utilizza il triangolo di Tartaglia. Consideriamo le potenze ( )2 2 22a b a ab b+ = + + e ( )3 3 2 2 33 3a b a a b ab b+ = + + + Possiamo osservare che i polinomi sono omogenei e le potenze della lettera a, primo termine del binomio, decrescono a partire dal grado 2, nel caso del quadrato, e dal grado 3, nel caso del cubo, fino a raggiungere il grado 0. Quelle di b, ossia del secondo termine del binomio, invece, crescono, partendo dal grado 0, fino ad arrivare al grado 2, nel caso del quadrato, e al grado 3, nel caso del cubo. I coefficienti dei termini dello sviluppo del quadrato e del cubo, come già si è avuto modo di dire, coincidono caso con i numeri scritti nelle righe relative ad n = 2 ed n = 3 del triangolo di Tartaglia. Pertanto, volendo sviluppare ( )5a b+ , calcoliamo per prima cosa le parti letterali dei termini dello sviluppo del binomio:

5a , 4a b , 3 2a b , 2 3a b , 4ab , 5b

1

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successivamente riportiamo i coefficienti scritti nella riga relativa ad n = 5, che sono

1 , 5 , 10 , 10 , 5 , 1.

Il risultato, quindi, sarà :

( )5 5 4 3 2 2 3 4 55 10 10 5a b a a b a b a b ab b+ = + + + + +

Quando i termini del binomio non si riducono ad una lettera, ricaviamo di volta in volta la formula da utilizzare in base al procedimento visto, per poi sostituire in essa i termini del binomio assegnato, come nei successivi

ESEMPI

Sviluppiamo insieme le seguenti potenze di binomio :

1. ( )42a b+

Consideriamo la potenza quarta di un generico binomio ( )4A B+ ; i termini del suo sviluppo hanno parte letterale:

4 3 2 2 3 4, , , , A A B A B AB B .

Scriviamo, ora, i coefficienti riportati sulla riga relativa ad n = 4

1, 4, 6, 4, 1.

Otteniamo pertanto

( )4 4 3 2 2 3 44 6 4A B A A B A B AB B+ = + + + +

Sostituendo ad A il termine 2a e a B il termine b, otteniamo

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )4 4 3 2 2 3 4 4 3 2 2 3 42 2 4 2 6 2 4 2 16 32 24 8a b a a b a b a b b a a b a b ab b+ = + + + + = + + + + .

2. ( )52a b− <$>

Utilizzando lo sviluppo della quinta potenza di un binomio, abbiamo

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( )5 5 4 3 2 2 3 4 5

5 4 3 2 2 3 4 5

2 2 5 2 10 2 10 2 5 2

32 80 80 40 10

a b a a b a b a b a b b

a a b a b a b ab b

− = + − + − + − + − + − =

= − + − + −

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Antonio Caputi – Roberto Manni – Sergio Spirito

4 COSTANTI E VARIABILI

4.1 CONSIDERAZIONI SULLE ESPRESSIONI LETTERALI

All’inizio di questo capitolo, dopo aver introdotto il concetto di espressione letterale, abbiamo spiegato il significato che le lettere assumono all’interno della stessa. Ricordiamo, ora, che in un’espressione contenente lettere, queste ultime sono paragonabili a delle “scatole vuote” al cui interno si potranno “riporre” numeri razionali qualunque, a patto che non perda di significato qualcuna delle operazioni presenti nell’espressione (ad esempio si potrebbero ottenere divisioni per 0 o potenze aventi base ed esponente contemporaneamente nulli). Per contro, in un’espressione letterale, possono esistere delle lettere alle quali viene assegnato sempre lo stesso valore. Convenendo, allora, di indicare con A, B, C, D, E, ... generiche espressioni letterali, possiamo dare le seguenti

DEFINIZIONI (variabile, dipendenza da una o più variabili, costante, dominio)

Sia E un’espressione letterale. Ogni lettera di E libera di assumere un qualsiasi valore numerico in Q si chiama variabile razionale o, qualora non ci sia possibilità di confusione sulla natura dell’insieme in cui si scelgono i valori da sostituire alla lettera, semplicemente variabile. Conseguentemente diremo che E dipende dalle variabili in essa presenti, nel senso che il valore che E può assumere varia al variare dei numeri sostituiti alle lettere variabili. Chiamiamo, invece, costante ogni lettera di E alla quale è attribuito sempre lo stesso valore all’interno di quell’espressione. L’insieme dei valori numerici che possono essere sostituiti ad ogni variabile, senza che l’espressione perda di significato, si dice dominio di E e si indica con la scrittura dom(E).

Data un’espressione letterale E, per indicare che in essa è presente una variabile denotata con x, oppure sono presenti due variabili indicate con x e y, tre variabili x, y e z o più variabili x, y, z, ... , scriviamo

E(x) E(x,y) E(x,y,z) E(x,y,z,...)

che si leggono, nell’ordine : “E di x”, “E di x, y”, “E di x, y, z”, “E di x, y, z, ...”. Salvo esplicita indicazione, intenderemo tali variabili razionali. Tutte le altre eventuali lettere che compaiono in E, distinte da quelle racchiuse fra le parentesi tonde che seguono la lettera maiuscola con la quale si indica l’espressione, sono da considerarsi come costanti. Nel caso in cui la lettera maiuscola con la quale viene indicata l’espressione letterale non è seguita dalle parentesi tonde, intendiamo che essa dipende da tutte le lettere che vi compaiono.

ESEMPI

1. Con la scrittura 2 1( ) 11

xE xx+

= +−

intendiamo riferirci all’espressione E dipendente dalla sola

variabile razionale x. Ad essa possiamo attribuire qualsiasi valore razionale, fatta eccezione del valore x = 1, che trasforma l’espressione letterale in un’espressione numerica in cui è presente una divisione per 0. In base alla definizione, avremo che l’insieme dei valori numerici che possono essere attribuiti alla variabile x è { }( ) : 1dom E x Q x= ∈ ≠ .

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2. Con la scrittura 2

2 1( ) 11

xE x xx+

= − +−

intendiamo riferirci all’espressione E dipendente dalla sola

variabile razionale x. Ad essa possiamo attribuire qualsiasi valore razionale, fatta eccezione di x = 1 e di 1x = − , che trasformano l’espressione letterale in un’espressione numerica in cui è presente una frazione che perde di significato. In base alla definizione, avremo che l’insieme dei valori numerici che possono essere attribuiti alla variabile x è { }( ) : 1 1dom E x Q x x= ∈ ≠ ∧ ≠ − .

3. Con la scrittura 3 2( ) 2 1P x x x= + − intendiamo riferirci all’espressione P dipendente dalla solavariabile razionale x. Ad essa possiamo attribuire qualsiasi valore razionale, pertanto ( )dom P Q= .

4. Con la scrittura ( )3( , ) 2 3A x y x y x xy= + − + intendiamo riferirci all’espressione A dipendente dalle variabili razionali x e y. Ad esse possiamo attribuire qualsiasi valore razionale, pertanto risulta

( ){ }( ) , :dom A x y x Q y Q= ∈ ∧ ∈ .

5. Con la scrittura 3 2( ) 2B x ax x a= + + intendiamo dire che l’espressione B dipende dalla solavariabile razionale x e che a è una costante. Alla lettera x possiamo attribuire qualsiasi valore razionale, pertanto è ( )dom B Q= .

OSSERVAZIONE

Se ( , , ,...)E x y z è un’espressione letterale dipendente da x, y, z, ... e sostituiamo al posto delle variabili dei numeri razionali che non le facciano perdere di significato, il valore numerico che essa assume viene generalmente indicato scrivendo in ( , , ,...)E x y z al posto delle lettere x, y, z, ... i numeri che ad esse si sono sostituiti.

Chiariamo il precedente concetto con degli

ESEMPI

1. Determinare il valore di 2 1( ) 11

xE xx+

= +−

per 2x = .

Si ha 2 2 1(2) 1 5 1 62 1

E ⋅ += + = + =

−.

La scrittura E(2) si legge “E di 2”.

2. Determinare il valore di 3 2( ) 2 1P x x x= + − per 0x = .

Si ha 3 2(0) 2 0 0 1 1P = ⋅ + − = − .

3. Determinare il valore di ( )3( , ) 2 3A x y x y x xy= + − + per 1x = e 0y = .

Si ha ( )3(1,0) 1 0 2 1 3 1 0 1 2 1A = + − ⋅ + ⋅ ⋅ = − = − .

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4. Determinare il valore di 3 2( ) 2B x ax x a= + + per 1x = − .

Si ha ( ) ( )3 2( 1) 2 1 1 2 1 1B a a a a a− = ⋅ − + − + = − + + = − + .

4.2 CONSEGUENZE

Quanto affermato nel precedente paragrafo vale per i polinomi, che sono particolari espressioni letterali. In questo caso l’introduzione del concetto di costante e variabile permette di fare delle importanti considerazioni. Chiariamole facendo direttamente degli

ESEMPI

1. Consideriamo il polinomio 3 2 3( ) 2 3 1P x a x x bx cx= + + + − . Stabiliamo se esso è ridotto a formanormale o no. Da una prima analisi, siamo portati ad affermare che P è effettivamente ridotto a forma normale, non presentando apparentemente termini simili. Abbiamo detto “apparentemente”, perché in realtà bisogna tenere in considerazione il fatto che P dipende dalla sola variabile x e che quindi ogni altra lettera che in esso compare è da considerarsi costante, ossia un numero razionale fissato. Fatta questa precisazione, dobbiamo ritenere simili i termini 3bx e cx in quanto essi dipendono entrambi dalla sola variabile x, che ne rappresenta, quindi, la parte letterale ed hanno per coefficienti rispettivamente 3b e c, che sono, lo ripetiamo ancora una volta, costanti e che pertanto vanno considerati come dei numeri razionali fissati. Riduciamo a forma normale P ricordando che per addizionare i termini simili basta sommarne i coefficienti. Abbiamo:

( )3 2 3 2 3( ) 2 3 1 2 3 1P x a x x bx cx a x b c x= + + + − = + + −

2. Facciamo, ora, delle osservazioni riguardanti il grado di 3 2 3( ) 2 3 1P x a x x bx cx= + + + − .Dobbiamo procedere con cautela ; infatti, non è vero che il grado di ( )P x è 5, ottenuto sommando gli esponenti delle lettere di 3 22a x . Anche in questo caso, infatti, il termine 3 22a x dipende esclusivamente dalla sola variabile x, che ne rappresenta, pertanto, la parte letterale ed ha come coefficiente 32a , essendo a costante. Ne segue che il grado di 3 22a x è dato dal solo esponente della variabile x, ossia è 2. Considerazioni analoghe sono valide per 3bx e per cx. Conseguentemente, ricordato che il grado di un polinomio ridotto a forma normale è il massimo dei gradi dei suoi termini, abbiamo che quello di ( )P x è 3 e non 5.

3. Vediamo cosa possiamo dire sul confronto di due polinomi.A tal fine, consideriamo 3 2 3( ) 2 3 1P x a x x bx cx= + + + − e 3 2 3( , , , ) 2 3 1Q a b c x a x x bx cx= + + + − e domandiamoci se essi sono uguali oppure no. Anche qui è necessario porre estrema attenzione alle variabili da cui dipendono i polinomi in questione; infatti, se a prima vista essi sembrano uguali, un esame più attento conduce a differenti risultati. I coefficienti dei termini del primo polinomio, che dipende dalla sola variabile x, sono 32a , 1, 3b, c,

1− , mentre quelli del secondo, che dipende dalle variabili a, b, c, x, sono 2, 1, 3, 1, 1− . Deduciamo, allora, che i due polinomi non sono uguali, perché formati da termini aventi coefficienti diversi.

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Quest’ultimo esempio dà l’occasione per osservare che la precedente trattazione dei polinomi è stata condotta considerando tutte le lettere come variabili. Avendo ora distinto tra variabili e costanti, puntualizziamo quanto detto a proposito dei polinomi uguali nel paragrafo 3.1 introducendo il principio noto come

PRINCIPIO DI IDENTITÀ DEI POLINOMI

Due o più polinomi non nulli e ridotti a forma normale, dipendenti dalle stesse variabili, sono uguali nel senso della definizione del paragrafo 3.1 (ossia sono formati dagli stessi termini) se e solo se assumono gli stessi valori per ogni valore sostituito alle variabili, se cioè, come si suole dire, essi sono identicamente uguali.

Possiamo fare, ora, un’importante

OSSERVAZIONE

Senza la convenzione di non scrivere le lettere di quei termini di un polinomio che hanno esponente uguale a 0, in base al principio ora enunciato i polinomi

3( ) 2 2A x x x= + + e 3 0( ) 2 2B x x x x= + +

non sono uguali, poiché non risultano identicamente uguali.

Infatti, mentre per il primo si ha ( )dom A Q= , per il secondo è { }( ) 0dom B Q= − in quanto, sostituendo ad x il numero 0, si ottiene un’espressione numerica priva di significato, essendo presente in essa la scrittura 00 .

Facciamo ancora alcuni

ESEMPI

Determiniamo per quali valori delle costanti i seguenti polinomi sono uguali.

1. ( )2( ) 2 2A x x a x b= + − + e 2( ) 2 1B x x x= − +

I due polinomi sono uguali, ossia sono formati dagli stessi termini, se i coefficienti dei termini aventi lo stesso grado rispetto alla variabile da cui dipendono, x nel nostro caso, risultano uguali. Devono, quindi, essere soddisfatte le seguenti condizioni:

2 2a − = − e 2 1b =

da cui 0a = e 12

b = .

2. ( )3 2( ) 1 2A x ax b x cx d= − + − + e 2( ) 3 2 6B x x x= − − −

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I due polinomi sono uguali, ossia sono formati dagli stessi termini, se i coefficienti dei termini aventi lo stesso grado rispetto alla variabile da cui dipendono, x nel nostro caso, risultano uguali. Devono, quindi, essere soddisfatte le seguenti condizioni:

0a = , ( )1 3b− + = − , 2c− = − e 2 6d = −

da cui 0a = , 2b = , 2c = 3d = −

5 LA STRUTTURA DEI POLINOMI A COEFFICIENTI IN Q

In questo paragrafo limitiamoci, per brevità, a considerare polinomi a coefficienti razionali dipendenti da una sola variabile, che indicheremo con la lettera x. Una generalizzazione riguardante il numero delle variabili potrà essere fatta in modo naturale sulla falsariga di quello che diremo. Indichiamo con [ ]Q x l’insieme dei polinomi a coefficienti razionali dipendenti dalla sola variabile x. Tenendo conto di quanto detto nei paragrafi 3.1 e seguenti, in [ ]Q x sono definite un’operazione di addizione “+” ed una di moltiplicazione “ ⋅ ” che conferiscono ad esso la struttura di anello commutativo unitario.

Per giustificare tale affermazione è necessario provare che ( )[ ],Q x + è un gruppo commutativo, che

( )[ ],Q x ⋅ è un monoide commutativo e che vale la proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all’addizione.

Verificate, allora, con degli esempi opportuni che ( )[ ],Q x + è un gruppo commutativo, ossia che:

1. vale la proprietà associativa, ossia comunque si scelgono in [ ]Q x tre polinomi A, B e C:

( ) ( )A B C A B C+ + = + +

2. esiste l’elemento neutro rispetto all’addizione, ossia esiste il polinomio 0 appartenente a [ ]Q xtale che, per ogni polinomio A di [ ]Q x , si ha :

0 0A A A+ = = +

3. esiste l’opposto di un polinomio, ossia per ogni polinomio A di [ ]Q x esiste un polinomio A−di [ ]Q x tale che

( ) 0A A A A+ − = = − +

4. vale la proprietà commutativa, ossia comunque si scelgono in [ ]Q x due polinomi A e B:

A B B A+ = +

Verificate, inoltre, che ( )[ ],Q x ⋅ è un monoide commutativo, ossia che :

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5. vale la proprietà associativa, ossia comunque si scelgono in [ ]Q x tre polinomi A, B e C:

( ) ( )A B C A B C⋅ ⋅ = ⋅ ⋅

6. esiste l’elemento neutro rispetto alla moltiplicazione, ossia esiste il polinomio 1 appartenente a[ ]Q x tale che, per ogni polinomio A di [ ]Q x , si ha:

1 1A A A⋅ = = ⋅ .

Verificate, infine, che la moltiplicazione è legata all’addizione dalla proprietà distributiva, ossia che:

7. comunque si scelgono in [ ]Q x tre polinomi A, B e C si ha:

( )A B C A B A C⋅ + = ⋅ + ⋅ .

Resta, pertanto, verificato che ( )[ ], ,Q x + ⋅ è un anello commutativo unitario.

Considerazioni analoghe valgono per ( )[ , ], ,Q x y + ⋅ , ( )[ , , ], ,Q x y z + ⋅ , ( )[ , , ,...], ,Q x y z + ⋅ , intendendo con Q[x,y] l’insieme dei polinomi a coefficienti razionali dipendenti da due variabili x ed y, con Q[x,y,z] l’insieme dei polinomi a coefficienti razionali dipendenti da due variabili x, y e z e con Q[x,y,z,...] l’insieme dei polinomi a coefficienti razionali dipendenti oltre che da x, y e z anche da altre variabili.

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