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7 Mai nome poteva essere più indicato: «acqua di vite» o «acqua di vita», è questa la traduzione del termine aqua vi- tae coniato nel Medioevo dagli alchimisti per identificare lo straordinario elisir ricostituente per corpo e spirito, che in bocca aveva la forza del fuoco. A proposito delle sue pre- ziose virtù corroboranti, anche la parola “spirito”, ancora oggi utilizzata in riferimento al magico liquido, non è dun- que un caso. Alchimia, fisica e – perché no? – forse anche un pizzico di esoterismo: questi sono gli ingredienti dell’acquavite. Sono state proprio figure emblematiche come gli alchimisti a oc- cuparsene per prime. Dovrebbe far pensare che chi ha provato a tramutare me- tallo in oro, chi ha cercato la pietra filosofale e la ricetta di lunga vita abbia anche dato origine a una bevanda che scal- da e ritempra, capace di superare i secoli per arrivare fino a noi con immutato fascino. Pian piano quello che inizialmente era considerato un ri- medio contro i malanni, vera panacea per i vari acciacchi di stagione, iniziò a mietere consensi fra la gente anche al di là delle sue rinomate virtù medicamentose. Il suo sapore piaceva e l’effetto rinvigorente lo faceva apprezzare in tut- te le occasioni. Acquavite, un prezioso elisir Sapori antichi Gli alchimisti, ricercatori e trasformatori della materia per antonomasia, diedero un grande risalto alla distillazione. Un tempo medicamento, grazie al suo gradevole sapore l’acquavite ha cominciato a essere consumata anche per piacere. Una stampa antica mostra le fasi di distillazione dell’acquavite. un prezioso elisir imp_acquaviti e grappe 001-039 3-12-2007 10:03 Pagina 7 www.grappaitalianatosolini.it

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7Mai nome poteva essere più indicato: «acqua di vite» o«acqua di vita», è questa la traduzione del termine aqua vi-tae coniato nel Medioevo dagli alchimisti per identificare lostraordinario elisir ricostituente per corpo e spirito, che inbocca aveva la forza del fuoco. A proposito delle sue pre-ziose virtù corroboranti, anche la parola “spirito”, ancoraoggi utilizzata in riferimento al magico liquido, non è dun-que un caso.Alchimia, fisica e – perché no? – forse anche un pizzico diesoterismo: questi sono gli ingredienti dell’acquavite. Sonostate proprio figure emblematiche come gli alchimisti a oc-cuparsene per prime.Dovrebbe far pensare che chi ha provato a tramutare me-tallo in oro, chi ha cercato la pietra filosofale e la ricetta dilunga vita abbia anche dato origine a una bevanda che scal-da e ritempra, capace di superare i secoli per arrivare finoa noi con immutato fascino.Pian piano quello che inizialmente era considerato un ri-medio contro i malanni, vera panacea per i vari acciacchi distagione, iniziò a mietere consensi fra la gente anche al dilà delle sue rinomate virtù medicamentose. Il suo saporepiaceva e l’effetto rinvigorente lo faceva apprezzare in tut-te le occasioni.

Acquavite,un prezioso elisir

Sapori antichiGli alchimisti,

ricercatori e trasformatori della

materia per antonomasia, diedero un grande

risalto alla distillazione. Un tempo medicamento,

grazie al suo gradevolesapore l’acquavite

ha cominciato a essereconsumata anche

per piacere.

Una stampa antica mostra le fasi di distillazione dell’acquavite.

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La distillazione: origini e storiaL’arte della distillazione ha origini molto antiche: sembrache già gli Egizi, e forse anche i Cinesi, fossero a conoscen-za di particolari metodologie per ottenere bevande alcoli-che ricavandole da varie materie prime tramite l’evapora-zione e, in seguito, il raffreddamento.Vi sono testimonanianze di autori antichi, quali Plinio il Vec-chio, che nel 77 a.C. parlava delle tecniche di distillazione.Se è vero che la filosofia alla base del procedimento è ri-masta invariata, è altresì vero che gli strumenti sono cam-biati nel tempo. All’inizio si usavano pentole contenenti lamateria prima da trasformare, ricoperte da pelli sottilissimeche imprigionavano i vapori ottenuti dall’ebollizione delprodotto base, le quali venivano poi spremute per ottener-ne il derivante alcol concentrato.Per definire il recipiente in cui veniva posto l’oggetto delladistillazione, erano usati fin dal I sec. d.C. da Dioscoride,medico erborista greco, termini come ambicchi e ambix,vocaboli molto simili all’odierna parola alambicco, che iden-tifica attualmente la stessa cosa. Sono stati gli Arabi, cheperfezionarono la tecnica e gli strumenti della distillazione,ad aggiungere in un secondo momento ai suddetti vocabo-li il prefisso al. Ai tempi di Dioscoride, peraltro, la distillazio-ne aveva un ruolo fondamentale non solo come medica-mento, ma anche per l’estrazione di essenze da erbe aro-matiche, fiori e piante officinali.Molto si deve anche all’antica Scuola Salernitana (IX secolo),soprattutto dal punto di vista del miglioramento delle carat-teristiche gustative e olfattive della bevanda alcolica.Nell’XI secolo la pratica della distillazione ha iniziato a dif-fondersi nell’area mediterranea grazie ai monaci benedet-tini, che avevano appreso le tecniche orientali per produr-re i corroboranti distillati dalle apprezzate proprietà cura-tive e medicamentose, tanto da considerare le acquaviticome un vero toccasana per tutti i mali.

Tante acquavitiMentre nel Bel Paeseoggetto delladistillazione erano, e continuano tuttora a essere, uva, vino e vinacce, in altreparti del mondo per le acquaviti venivano utilizzati – e si utilizzano –prodotti diversi, tra i quali le mele, da cuisi ottiene il Calvados, i cereali, che dannoluogo a whisky, vodka e gin, la canna dazucchero per il rum,l’agave per la tequila,il riso per il saké.

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9A Raimondo Lullo (1232-1316), filosofo e mistico, va attri-buito il merito di aver aumentato la qualità dei profumi deidistillati di uva.Il primo macchinario per la produzione dell’acquavite è sta-to invece realizzato dal medico padovano Michele Savona-rola, prozio del celeberrimo frate fiorentino Girolamo, a cuisi deve un trattato sulla distillazione del prezioso liquido.Vengono menzionate tre categorie: l’acquavite semplice,quella comune e la quintessenza, ottima per guarire le ma-lattie causate dalle impurità.Nel Cinquecento Pietro Andrea Matthioli nel suo trattatoDe re medica riprende il testo di Dioscoride, celebrando levirtù curative dell’acquavite. Secondo l’autore, un cucchiaioal giorno era un ottimo antidoto contro disturbi di cuore,epilessia, insonnia, melanconia. Matthioli fornisce anche unaricetta a base di acquavite ed erbe officinali per combatte-re ogni tipo di malessere.In Italia la produzione di distillati si afferma in particolare trail XV e il XVI secolo, contribuendo alla diffusione dell’acqua-vite. Come nel caso del vino e dell’enologia, l’Italia ha assun-to poi un ruolo di primo piano anche per quanto riguardalo sviluppo e la diffusione delle acquaviti e dei procedimen-ti di distillazione.

Uno dei moderni macchinariutilizzati per la distillazione

di acquaviti e grappe.

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La composizione delle acquavitiI Greci ritenevano che l’acquavite avesse a che vedere conl’etereo, ovvero con ciò che trascendeva i quattro elemen-ti classici (terra, acqua, aria, fuoco). Per questa ragione le at-tribuivano una dimensione legata all’inconsistenza e all’im-palpabilità dell’essenza. In realtà, all’interno di un bicchieredi distillato si possono ritrovare davvero tanti elementi. In-nanzitutto acqua (dal 40% al 64%) e poi alcoli, acidi, esteri,aldeidi, chetoni, terpeni e pirazine.Tra gli alcoli, l’etanolo è quello presente in maggior percen-tuale (tra il 36% e il 60%); seguono poi metanolo e alcolisuperiori in minor misura. Queste sostanze sono impor-tanti, in quanto gli alcoli incidono sull’aspetto sensoriale de-gli spiriti, donando loro rotondità e, allo stesso tempo, spes-sore al palato.Gli acidi sono numerosi e principalmente presenti sottoforma di acido acetico. Si caratterizzano per il fatto di con-correre ad aumentare la percezione della nota pungentepropria dell’acquavite dovuta all’alcol.

Generalmente le aziende distillatricisono gestite dafamiglie, in cui ci si tramandanosegreti e tecniche di generazione ingenerazione, di padrein figlio. Non c’è da stupirsi, dunque,che in Italia le piùimportanti e storicheaziende di distillatisiano gestite da “figli d’arte”.

La fuoriuscita del distillato,con la separazione di teste,cuore e code.

Grandi famiglie

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Gli esteri si sviluppano dalla combinazione delle particel-le di alcol con quelle di acido. Da tale combinazione si for-mano delle molecole odorose. Si tratta, dunque, di ele-menti determinanti per le caratteristiche olfattive dei di-stillati, in quando hanno la proprietà di conferire sentorifloreali e fruttati.Le note erbacee sono generate dalle aldeidi, in particolaredall’acetaldeide e dall’aldeide valerianica. Durante la fasedell’invecchiamento in botte dell’acquavite si formano par-ticolari tipologie di aldeidi, che apportano ai distillati mor-bidezza e sontuosità.I chetoni sono presenti in minima parte; a loro si deve tal-volta la formazione di aromaticità che risultano non pro-prio piacevoli.Terpeni e pirazine sono invece responsabili del profilo aro-matico primario del distillato, ovvero quello derivante dalprodotto base oggetto della distillazione (per esempiol’uva nel caso dell’acquavite d’uva).

La distillazione: il procedimento Questa operazione si può considerare un’arte vera e pro-pria. La componente umana ancor oggi, in tempi in cui latecnologia è da tempo al servizio della produzione di spi-riti, continua a svolgere un ruolo fondamentale, assoluta-mente indispensabile.

Le fasiPropedeutica al processo di distillazione è la preparazionedel prodotto, o mosto base, che si intende distillare. In ca-so si parta dalla frutta l’operazione risulta facile, in quantoil prodotto base è già ricco di zuccheri semplici facilmentetrasformabili in alcol a opera dei lieviti. Basta spremere lapolpa della frutta in modo da agevolare il contatto tra zuc-cheri e lieviti per innescare il procedimento di trasforma-zione alcolica.

I fermentini, dove fermenta il mosto d’uva prima

della distillazione.

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Se si parte invece da materie prime amidacee, come ce-reali o patate, questa fase si complica, in quando gli zucche-ri complessi devono essere trasformati in semplici.Tale in-tervento è reso possibile da enzimi endogeni (presenti nelprodotto base) o esogeni (aggiunti appositamente). Que-sta operazione prende il nome di “maltaggio” ed è propriadei distillati di cereali quali gin, vodka, whisky; non interessainvece la produzione di acquaviti di uva, di vino e di vinac-ce, già dotate di zuccheri semplici in partenza.Segue la fase della fermentazione. Si tratta di un’operazio-ne fondamentale, in cui gli zuccheri vengono trasformati inalcol etilico a opera dei lieviti. È altresì importante perchédurante questa operazione si formano tutti quei compo-nenti che vanno a influire sul profilo olfattivo, gustativo e

Un particolare dell’alambicco:l’alcolometro, utilizzato per verificarela percentuale di alcol.

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sensoriale dell’acquavite. La temperatura ideale di fermen-tazione è compresa tra i 18 °C e i 25 °C; se è troppo altao troppo bassa, l’attività dei lieviti ne risulta inibita. Un’ade-guata quantità di ossigeno svolge un ruolo importante peruna corretta fermentazione, come anche la presenza di so-stanze nutritive per i lieviti quali azoto, potassio, fosforo evitamine.Terza fase è la distillazione, attraverso cui l’alcol viene con-centrato e le particelle odorose migliori vengono separateda quelle di bassa qualità. Alla base di questa operazionec’è la proprietà fisica degli elementi di evaporare a tempe-rature differenti. Il prodotto da distillare viene posto in unalambicco, riscaldato e portato a ebollizione.

Alambicchi e colonneEsistono due principali tipologie di alambicchi: quelli continuie quelli discontinui. Gli alambicchi continui sono alimentatiininterrottamente; l’attività di quelli discontinui, invece, vieneinterrotta tra una distillazione e quella successiva. Questi ul-timi, a seconda del sistema di riscaldamento, possono poifunzionare a fuoco diretto, a bagnomaria e a vapore.Le frazioni più volatili (come alcol e acqua) per effetto delcalore evaporano per prime e vengono così divise daquelle fisse (quali sali e altre sostanze); allo stesso modol’alcol, essendo diversamente volatile rispetto all’acqua,viene separato da quest’ultima. Infine, le componenti piùleggere della soluzione alcolica (dette “teste”) e quellepiù pesanti (chiamate “code”), che hanno caratteristicheorganolettiche meno pregiate, vengono separate dal“cuore” della miscela idroalcolica contenente alcol e so-stanze aromatiche qualitativamente interessanti. Alla finedella distillazione, tramite refrigerazione, il vapore si con-densa e assume forma liquida; è sotto tale veste che fuo-riesce dall’alambicco. Il taglio delle teste e delle code èuna fase particolarmente delicata; è qui che l’esperienza

La colonna in rame utilizzata per la separazione degli alcoli.

I lievitiPer la qualità

del prodotto finito è determinanteeffettuare una

selezione dei lieviti cheinnescano il processo

di fermentazione; soloalcuni, infatti, sono

in grado di produrredistillati di alto livello.

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del distillatore fa la differenza tra un’acquavite mediocree una eccellente.Di grande aiuto per isolare teste e code è uno strumentodetto alcolometro, in grado di leggere la percentuale di al-col presente nell’alambicco nei vari momenti.La testa è data dalle componenti alcoliche meno pregiate;il cuore presenta invece un’alta percentuale di alcol etilico.Quando tale percentuale, con il procedere della distillazio-ne, inizia a scendere siamo di fronte alla coda.Alcuni alambicchi sono dotati di colonna, ovvero di un tu-bo segmentato da piatti metallici che, attraverso un siste-ma di campanelle, presenta nelle varie sezioni vapore aven-te gradazione alcolica costante e una particolare composi-zione organolettica. Nella colonna confluisce il vapore; laserie di piatti agevola la sua condensazione e lo porta aevaporazione man mano che si procede verso la sommità.Il passaggio da piatto a piatto provoca la concentrazionedella gradazione alcolica del distillato. Dalla sommità dellacolonna, i vapori passano poi nel condensatore.

Dopo l’alambiccoPrima dell’imbottigliamento le acquaviti sono sottoposte aoperazioni dette di stabilizzazione, che tendono a renderleper l’appunto più “stabili” nel tempo, nonché a migliorarnele caratteristiche organolettiche. Si tratta della riduzione delgrado alcolico, ottenuta aggiungendo ai distillati dell’acquacon sapore e odore neutri; della refrigerazione e della filtra-zione, volte ad aumentare la limpidezza del prodotto.L’affinamento, infine, è quella fase in cui il distillato vieneposto in botti di legno. Durante il periodo di permanenzaa contatto con il legno, acquisisce particolari caratteristicheolfattive e gustative, tali da renderne il bouquet più com-plesso; anche corpo e struttura ne traggono giovamento.Se ben dosato, il legno sviluppa toni speziati dovuti all’azio-ne dell’ossigeno che passa attraverso i pori, ma anche all’ef-

Una delle fasidell’imbottigliamento del Most acquavite Tosolini.

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fetto del distillato sulle molecole del legno. Come avvieneper i vini, la dimensione, il tipo di legno, le tostature e i tem-pi di permanenza nelle botti svolgono un’azione diversa econtribuiscono a caratterizzare il prodotto finale.Durante l’invecchiamento il distillato, in un ambiente ridot-to come la bottiglia, continua a evolversi e a maturare, svi-luppando diverse sfumature organolettiche in grado di ren-dere il prodotto ancora più interessante.

Nelle fasi dell’affinamento e dell’invecchiamento nelle botti

l’acquavite si trasforma,arricchendosi di nuovi profumi

e sapori.

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