02 (7-83) funznne motoria

77
La motilità volontaria e non volontaria (au- tomatica e riflessa) si attua attraverso un’orga- nizzazione nervosa complessa. Esistono due li- velli di controllo della funzione motoria: controllo segmentale del movimento o dell’unità motoria; controllo encefalico del movimento. 1. Controllo segmentale del movimento: l’unità motoria I corpi cellulari dei neuroni motori che con- trollano direttamente le fibre del muscolo sche- letrico (alfa-motoneuroni) sono localizzati nelle corna anteriori del midollo spinale o nei nuclei motori somatici dei nervi cranici. L’assone di questi neuroni raggiunge la fibra muscolare co- stituendo con essa un particolare rapporto si- naptico noto come giunzione neuro-muscolare. Ogni fibra muscolare è innervata da un solo alfa-motoneurone, il quale però innerva più fibre muscolari. L’insieme costituito dall’alfa-moto- neurone e dalle fibre muscolari da esso innervate è denominato unità motoria. Il rapporto di inner- vazione esprime il numero di fibre muscolari che compongono l’unità motoria. Tale numero di- pende dal muscolo considerato, variando dalle poche unità presenti nei muscoli oculari estrin- seci fino alle migliaia presenti nel gastrocnemio. Esso è approssimativamente proporzionale alle dimensioni del muscolo, nel senso che muscoli piccoli sono costituiti da unità motorie formate da poche fibre muscolari, mentre muscoli gran- di sono costituiti da unità motorie con rapporto di innervazione elevato. L’attività dell’unità motoria è controllata sia da strutture superiori (la corteccia cerebrale motoria, attraverso la via cortico-spinale e i nuclei del tronco encefalico, attraverso le vie discendenti del sistema ventro-mediale) sia da afferenze periferiche. L’unità motoria è con- siderata pertanto la via finale comune della motilità, poichè rappresenta l’ultimo livello comune attraverso cui strutture superiori e periferiche diverse esplicano la loro influen- za sul movimento. I diversi tipi di unità motoria Le fibre muscolari non sono tutte uguali. Alcune appaiono pallide, mentre altre sono di colore rosso scuro, donde la distinzione in fi- bre bianche e fibre rosse. Le fibre rosse conten- gono elevate quantità di mitocondri e di mio- globina, una proteina dotata della capacità di fissare l’ossigeno. Queste fibre hanno un meta- bolismo prevalentemente aerobio, come è testi- moniato dall’elevata concentrazione di enzimi ossidativi. Le fibre bianche possiedono meno mitocondri delle fibre rosse ed hanno un meta- bolismo di tipo anaerobico, che utilizza la scis- sione del glicogeno in piruvato e lattato a sco- po energetico. Le fibre bianche sono molto più grandi delle fibre rosse, si contraggono più ve- locemente, sviluppando tensioni maggiori. Durante la contrazione esse esauriscono rapida- mente i loro substrati energetici, andando facil- mente incontro a fatica. Le fibre rosse si con- traggono più lentamente sviluppando tensioni minori, ma, in virtù del loro metabolismo di tipo ossidativo, sono più resistenti alla fatica. 2. Funzione motoria G. Abbruzzese

description

neurologia per i fisioterapia

Transcript of 02 (7-83) funznne motoria

7Funzione motoria

La motilità volontaria e non volontaria (au-tomatica e riflessa) si attua attraverso un’orga-nizzazione nervosa complessa. Esistono due li-velli di controllo della funzione motoria:

– controllo segmentale del movimento odell’unità motoria;

– controllo encefalico del movimento.

1. Controllo segmentaledel movimento: l’unità motoria

I corpi cellulari dei neuroni motori che con-trollano direttamente le fibre del muscolo sche-letrico (alfa-motoneuroni) sono localizzati nellecorna anteriori del midollo spinale o nei nucleimotori somatici dei nervi cranici. L’assone diquesti neuroni raggiunge la fibra muscolare co-stituendo con essa un particolare rapporto si-naptico noto come giunzione neuro-muscolare.

Ogni fibra muscolare è innervata da un soloalfa-motoneurone, il quale però innerva più fibremuscolari. L’insieme costituito dall’alfa-moto-neurone e dalle fibre muscolari da esso innervateè denominato unità motoria. Il rapporto di inner-vazione esprime il numero di fibre muscolari checompongono l’unità motoria. Tale numero di-pende dal muscolo considerato, variando dallepoche unità presenti nei muscoli oculari estrin-seci fino alle migliaia presenti nel gastrocnemio.Esso è approssimativamente proporzionale alledimensioni del muscolo, nel senso che muscolipiccoli sono costituiti da unità motorie formateda poche fibre muscolari, mentre muscoli gran-di sono costituiti da unità motorie con rapportodi innervazione elevato.

L’attività dell’unità motoria è controllata siada strutture superiori (la corteccia cerebralemotoria, attraverso la via cortico-spinale e inuclei del tronco encefalico, attraverso le viediscendenti del sistema ventro-mediale) sia daafferenze periferiche. L’unità motoria è con-siderata pertanto la via finale comune dellamotilità, poichè rappresenta l’ultimo livellocomune attraverso cui strutture superiori eperiferiche diverse esplicano la loro influen-za sul movimento.

I diversi tipi di unità motoria

Le fibre muscolari non sono tutte uguali.Alcune appaiono pallide, mentre altre sono dicolore rosso scuro, donde la distinzione in fi-bre bianche e fibre rosse. Le fibre rosse conten-gono elevate quantità di mitocondri e di mio-globina, una proteina dotata della capacità difissare l’ossigeno. Queste fibre hanno un meta-bolismo prevalentemente aerobio, come è testi-moniato dall’elevata concentrazione di enzimiossidativi. Le fibre bianche possiedono menomitocondri delle fibre rosse ed hanno un meta-bolismo di tipo anaerobico, che utilizza la scis-sione del glicogeno in piruvato e lattato a sco-po energetico. Le fibre bianche sono molto piùgrandi delle fibre rosse, si contraggono più ve-locemente, sviluppando tensioni maggiori.Durante la contrazione esse esauriscono rapida-mente i loro substrati energetici, andando facil-mente incontro a fatica. Le fibre rosse si con-traggono più lentamente sviluppando tensioniminori, ma, in virtù del loro metabolismo ditipo ossidativo, sono più resistenti alla fatica.

2. Funzione motoria

G. Abbruzzese

8 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

Sulla base di queste caratteristiche metaboli-che e funzionali, le fibre muscolari vengono di-stinte in tre classi: classe I fibre lente ossidative(SO = Slow Oxidative), sono le fibre rosse; clas-se IIA fibre rapide, ossidative e glicolitiche (FOG= Fast Oxidative Glycolytic), sono fibre con ca-ratteristiche intermedie tra le fibre bianche equelle rosse; classe IIB fibre rapide glicolitiche(FG = Fast Glycolytic), sono le fibre bianche.

Tutte le fibre muscolari di una unità motoriahanno proprietà fisiologiche e biochimiche simi-li, appartengono cioè alla stessa classe. Esisto-no pertanto tre gruppi di unità motorie, con ca-ratteristiche funzionali diverse, che riflettono ildiverso tipo di fibre muscolari che le compon-gono. Le unità rapide suscettibili alla fatica (unitàFF = Fast Fatiguing) sono costituite da fibremuscolari di classe IIB. Queste unità si rilascia-no e si contraggono velocemente, ma si affatica-no rapidamente quando vengono stimolate inmodo ripetitivo. Generano la maggior parte dellaforza sviluppata nel corso di una contrazionemuscolare. Esistono poi le unità lente resistentialla fatica (unità S = Slow), costituite da fibremuscolari di classe I. Esse presentano una velo-cità di contrazione minore e sono estremamenteresistenti alla fatica; sviluppano però forze del-l’ordine dell’1-10% rispetto a quelle sviluppatedalle unità rapide suscettibili alla fatica. Il terzotipo è rappresentato dalle unità rapide resistentialla fatica (unità FR = Fast Resistant), costituiteda fibre muscolari di classe IIA, caratterizzate daproprietà intermedie tra quelle degli altri duegruppi. Queste sono resistenti alla fatica quasicome le unità lente, sviluppando però forze paricirca il doppio.

I tre tipi di unità motorie, pertanto, differiscono per ladiversa suscettibilità alla fatica (che dipende dalla capa-cità o meno di utilizzare l’ossigeno a scopo energetico)e per la quantità di forza che sono in grado di sviluppare.A questo proposito vale la pena di ricordare che le unitàFF sviluppano forze che possono essere 100 volte mag-giori rispetto a quelle originate dalle unità S. Ciò dipen-de dai seguenti fattori: 1) maggiore efficacia, nelle fibrebianche, dei processi di secrezione e riassorbimento de-gli ioni calcio nel reticolo sarcoplasmatico e maggiore

attività dell’ATPasi, che si traducono in una contrazionepiù efficace del sarcomero; 2) rapporto di innervazionemaggiore nelle fibre bianche; 3) la dimensione della sin-gole fibre muscolari, massima per le fibre rapide suscet-tibili alla fatica e minima per le fibre lente. Riassumen-do, le unità motorie FF sono più grosse delle unità S per-ché hanno un rapporto di innervazione maggiore e per-ché sono formate da fibre muscolari più grandi. Le unitàFR hanno caratteristiche intermedie.

Le unità motorie dei tre gruppi (S-FR-FF) dif-feriscono tra loro non solo per le fibre muscola-ri, ma anche per le caratteristiche anatomiche efunzionali dei rispettivi motoneuroni alfa. Leunità motorie grandi sono caratterizzate da unmotoneurone grande; le unità motorie piccolesono costituite da un motoneurone piccolo. Neconsegue che i motoneuroni delle unità velocisono più grandi di quelli delle unità lente. Comevedremo in seguito, questa caratteristica anato-mica sta alla base del reclutamento progressivodelle unità motorie nel corso di contrazioni mu-scolari di intensità crescente. Esistono differen-ze anche nelle modalità di scarica. I motoneuronidelle unità veloci tendono a generare scaricheoccasionali di potenziali d’azione ad alta fre-quenza (30-60 impulsi al secondo), mentre imotoneuroni lenti si caratterizzano per una atti-vità a bassa frequenza relativamente regolare(10-20 impulsi al secondo).

Ogni muscolo possiede unità motorie dei tretipi, in proporzione variabile a seconda dellasua specializzazione funzionale. Ad esempio, ilmuscolo soleo, che ha una funzione essenzial-mente posturale, è formato in prevalenza daunità lente. I muscoli oculari estrinseci invece,responsabili dei movimenti rapidi e improvvi-si dei globi oculari (saccadi), sono formati inprevalenza da unità rapide.

Gradazione della forza muscolare:modulazione di frequenza e modula-zione di reclutamento

Quando un motoneurone genera un potenzia-le d’azione, tutte le fibre muscolari da esso in-

9Funzione motoriaFunzione motoria

nervate vengono depolarizzate e successiva-mente si contraggono. L’unità motoria seguequindi il principio del tutto o nulla: o è attivatao non lo è affatto. Non sono possibili situazio-ni intermedie.

Per graduare la forza della contrazione mu-scolare due meccanismi vengono messi in atto:il reclutamento delle unità motorie, cioè l’au-mento o la diminuzione del numero di unità mo-torie attivate (modulazione di reclutamento) e lavariazione della frequenza di scarica delle singo-le unità motorie (modulazione di frequenza).

Il reclutamento delle unità motorie segue unordine preciso, dato dalle dimensioni del cor-po cellulare del motoneurone alfa. Nel corso dicontrazioni muscolari di intensità crescente,inizialmente vengono reclutati i motoneuronipiccoli. Successivamente, aumentando l’inten-sità della contrazione, vengono attivati anche ineuroni più grandi. Ciò significa, per la relazio-ne esistente tra dimensione del motoneurone edimensione dell’unità motoria, che le unitàmotorie più piccole, che sviluppano forze lievima sono resistenti alla fatica, vengono attivateprima delle unità più grandi. Questo recluta-mento in base alle dimensioni prende il nomedi principio dimensionale di Henneman, dalneurofisiologo che lo descrisse. Esso è validosia per l’attivazione volontaria dei motoneuroniche per quella riflessa.

Questa modalità di reclutamento delle unitàmotorie semplifica molto il compito dei centri

superiori nella regolazione della forza musco-lare. Per produrre un particolare livello di for-za i centri superiori devono solo determinarel’entità dell’eccitamento sinaptico complessivodiretto al pool motoneuronale, senza preoccu-parsi di specificare quali motoneuroni, e quin-di quali unità motorie, debbano essere attivate.

La base biofisica del principio di Hennemanrisiederebbe nel fatto che i neuroni piccoli pre-sentano una maggiore resistenza d’ingresso allecorrenti elettriche sinaptiche. L’ampiezza di unpotenziale sinaptico dipende dal prodotto del-la corrente sinaptica per la resistenza d’ingres-so del neurone (legge di Ohm, E = IR). Pertan-to, una corrente sinaptica di una data entità de-termina un potenziale sinaptico più grosso in unneurone piccolo rispetto a quello che induce inun neurone grande.

La frequenza di scarica del motoneuronemodula la forza di contrazione dell’unità moto-ria in virtù della sommazione temporale delletensioni prodotte dalle singole contrazioni. Ladurata del potenziale d’azione (1-3 ms) è beninferiore alla durata della scossa muscolare, checomprende il tempo di contrazione e decontra-zione muscolare (10-100 ms). Tuttavia, sicco-me i motoneuroni attivati durante il movimen-to generano raffiche di potenziali d’azione, se-parati tra loro da poche decine di ms o anchemeno, la fibra muscolare può essere riattivataprima che il suo rilasciamento si sia completa-to. Se i potenziali d’azione sono sufficiente-

Tabella 2.1 - Correlazione tra tipo di fibra, tipo di unità motrice e dimensione del motoneurone

Tipo di fibra I IIA IIB

muscolare SO (Slow Oxidative) FOG (Fast Oxidative Glycolytic) FG (Fast Glycolytic)

Lente, ossidative Rapide, ossidative e glicolitiche Rapide, glicolitiche

Tipo di unità S (Slow) FR (Fast Resistant) FF (Fast Fatiguing)

motoria Lenta Rapida, resistente alla fatica Rapida, suscettibile alla fatica

Dimensione alfa- piccola intermedia grande

motoneurone

10 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

mente ravvicinati, le forze generate da ognicontrazione muscolare hanno il tempo di som-marsi, raggiungendo valori superiori a quellideterminati da una singola contrazione. Mag-giore è la frequenza dei potenziali d’azione,maggiore è la tensione che ne risulta. Se la fre-quenza è sufficientemente elevata, le tensionisviluppate da ogni contrazione si fondono finoa formare un plateau, che prende il nome di te-tano e rappresenta lo sforzo massimale possi-bile. Ne consegue che un ulteriore aumento difrequenza non produce alcun incremento di ten-sione.

Esistono importanti differenze nei fenome-ni di regolazione della forza tra i muscoli distalie prossimali dell’arto superiore. La modulazio-ne di frequenza è più importante nei muscolidistali, laddove la frequenza di scarica deimotoneuroni varia da un minimo di 9Hz (con-trazione lieve) ad un massimo di 40Hz (contra-zione massimale). Nei muscoli prossimali laforza della contrazione muscolare dipende inmassima parte dalla modulazione del recluta-mento. La frequenza dei motoneuroni cheinnervano questi muscoli varia entro limiti piùristretti, partendo da 10 Hz e non superando, percontrazioni massimali, il valore di 25 Hz. Siritiene che il motivo delle differenti proporzio-ni con cui entrano in gioco la modulazione difrequenza e di reclutamento nei muscoli pros-simali e distali dipenda dalla specificità del lororuolo funzionale. Nei muscoli della mano unaregolazione della forza basata solo sul recluta-mento delle unità motorie non sarebbe suffi-cientemente accurata per garantire la correttaesecuzione dei compiti motori più fini e com-plessi, come ad esempio quelli connessi con lascrittura. Bisogna infatti considerare che laregolazione della forza sulla base del recluta-mento delle unità motorie non è uniforme, maprocede invece a scalini. L’incremento minimodi forza è rappresentato dal reclutamento di unasingola unità motoria e quindi dall’entrata incampo di un numero di fibre muscolari corri-spondente al rapporto di innervazione. Ne con-

segue che l’altezza dello scalino dipende dalnumero di fibre muscolari che compongonol’unità motoria reclutata. Nei muscoli distali sirende spesso necessario regolare la forza inposizioni intermedie (a metà scalino) e questoè possibile solo modulando la frequenza di sca-rica delle unità già attivate.

Il controllo riflesso delle unità motorie:la propriocezione muscolare

La maggior parte dei muscoli scheletrici èdotata di strutture specializzate denominate fusineuromuscolari, che hanno il compito di forni-re al sistema nervoso centrale informazioni ri-guardanti la lunghezza del muscolo.

I fusi neuromuscolari, così denominati per laloro forma fusale, sono costituiti da 8-12 fibremuscolari contenute in una guaina fibrosa. Talifibre sono denominate fibre muscolari intrafu-sali (Fig. 2.1), per distinguerle dalle più nume-rose fibre extrafusali, che si trovano all’ester-no della capsula connettivale che delimita ilfuso. Le fibre extrafusali formano la maggiorparte del muscolo e sono interamente respon-sabili della sua forza contrattile. Sia le fibreintrafusali che quelle extrafusali sono situate inparallelo, vale a dire le une a fianco delle altre.

La struttura dei fusi è piuttosto complessa(Fig. 2.1). Si distinguono intanto due tipi di fi-bre intrafusali: fibre a sacco nucleare, con nu-clei raggruppati nella porzione centrale e fibrea catena nucleare con nuclei disposti a catenanella porzione centrale, che si presenta in que-sto caso allungata.

Ciascuna fibra intrafusale comprende unaporzione centrale o equatoriale, non contratti-le, e due porzioni periferiche o polari, contrat-tili e striate. La parte centrale di ogni fibraintrafusale è avvolta a spirale da una termina-zione detta appunto anulospirale o primaria, dacui originano le fibre afferenti primarie delfuso, dette fibre Ia. In posizione paraequatorialesi trovano le terminazioni arborescenti o secon-

11Funzione motoriaFunzione motoria

darie, da cui partono le fibre afferenti seconda-rie, dette fibre II. Tali fibre (Ia e II) rappresen-tano i prolungamenti periferici di neuroni sensi-tivi, i pirenofori dei quali sono localizzati neigangli sensitivi, mentre i prolungamenti centraliraggiungono il nevrasse decorrendo attraversole radici posteriori dei nervi spinali o nei nervicranici.

In virtù della sistemazione in parallelo dellefibre intra ed extra-fusali, quando le fibreextrafusali vengono stirate, e quindi il musco-lo si allunga, anche le fibre intrafusali si allun-gano. L’allungamento delle fibre intrafusalidetermina la depolarizzazione delle fibre ner-vose avvolte intorno ad esse (Ia e II). Questofenomeno è dovuto alla presenza, nelle fibrenervose, di canali ionici ad accesso variabilesensibili allo stiramento, che si aprono cioè in

risposta alla deformazione meccanica dellamembrana sulla quale sono indovati, determi-nando la depolarizzazione della membranacellulare. Pertanto l’allungamento del musco-lo, e quindi l’allungamento delle fibre intrafu-sali, determina l’aumento della frequenza discarica dei neuroni sensitivi che innervano ifusi. L’accorciamento del muscolo produce alcontrario la riduzione della tensione delle fibreintrafusali, con inibizione della frequenza discarica del fuso. I fusi neuromuscolari sonopertanto gli organi addetti alla rilevazione del-le variazioni della lunghezza delle fibre extra-fusali (recettori di lunghezza).

Le fibre Ia dei fusi neuromuscolari di unmuscolo stabiliscono sinapsi eccitatorie con glialfa-motoneuroni omonimi (che innervano cioèlo stesso muscolo). È questa la base anatomica

Fig. 2.1 - Struttura del fuso neuro-muscolare: fibre a sacco nucleare e a catena nucleare. Dalle terminazioni primarie anu-lospirali originano le fibre Ia, che raggiungono gli alfa motoneuroni; dalle terminazioni secondarie, ad arborizzazione floreale,originano le fibre II, che, dal pari, raggiungono gli alfa motoneuroni. Dai motoneuroni gamma partono fibre efferenti versoi poli del fuso (modificata, da J. W. Lance, Neurologia e neurofisiologia clinica, Il Pensiero Scientifico, Roma, 1973).

Afferenti II

Afferenti Ia

Terminazionia STRISCIA

Terminazionia PLACCA

Terminazioni PRIMARIE(ANULOSPIRALI)C. d. Recettori PrimariSensibili a stiramentisia statici (TONICI) chedinamici (FASICI)

Terminazioni SECONDARIE(ad ARBORIZZAZIONEFLOREALE)C. d. Recettori Secondarisensibili solo a stiramenti sta-tici (TONICI)

Fibre NERVOSE AFFERENTI(dal fuso neuromuscolare)Fibre a

CATENANUCLEARE

Fibre aSACCONUCLEARE

FIBRE NERVOSEFUSI MOTRICI(FIBRE GAMMA)

12 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

del riflesso monosinaptico da stiramento, carat-terizzato per l’appunto da un’unica sinapsi,quella delle fibre Ia sui motoneuroni omonimi.

Quando il muscolo viene allungato, i fusineuromuscolari vengono stirati e quindi gene-rano impulsi che raggiungono i motoneuronialfa, i quali, a loro volta, inviano impulsi allefibre muscolari striate che si contraggono. Lacontrazione delle fibre extrafusali determinal’accorciamento del fuso riducendo l’afflusso diimpulsi agli alfa motoneuroni.

Analogamente, se il tendine muscolare vie-ne percosso, come si fa per produrre un rifles-so osteotendineo, il muscolo viene stirato. An-che in questo caso si provoca una distensionedel fuso neuromuscolare, che a sua volta met-terà in funzione il meccanismo precedentemen-te descritto, realizzando un arco diastaltico mo-nosinaptico, costituito da: recettore sensitivo(porzione centrale del fuso); via afferente sen-sitiva (prolungamento periferico e centrale delneurone gangliare); centro riflesso (corna ante-riori del midollo spinale o nuclei motori deinervi cranici); via efferente motoria (assone delneurone motore) ed infine organo effettore (fi-bre muscolari extrafusali). Il riflesso da stira-mento costituisce un meccanismo finalizzato amantenere costante la lunghezza muscolare erisulta fondamentale nel mantenimento del tonoposturale della muscolatura di sostegno. Se ilcorpo, durante la stazione eretta, si piega inavanti, i recettori da stiramento dei muscolidella loggia posteriore della gamba vengonostimolati determinando la contrazione di que-sti stessi muscoli e riportando il corpo nellaposizione di equilibrio. Se il corpo si spostaall’indietro, sono i recettori da stiramento deimuscoli della loggia antero-laterale della gam-ba ad essere stimolati, con conseguente contra-zione di questi muscoli e spostamento del cor-po in avanti.

Le fibre Ia non stabiliscono solamente con-tatti monosinaptici eccitatori con i motoneuroniomonimi (circuito del riflesso da stiramento,detto anche arco diastaltico del riflesso da sti-

ramento), ma anche contatti disinaptici inibitoricon i motoneuroni del muscolo antagonista. Inparticolare, i messaggi provenienti dai fusineuromuscolari (input Ia) di un muscolo attiva-no neuroni inibitori, localizzati nella zona gri-gia intermedia del midollo spinale, che a lorovolta inibiscono gli alfa motoneuroni del mu-scolo antagonista. Tale meccanismo, grazie alquale durante la contrazione muscolare rifles-sa (indotta cioè dall’attivazione dei fusi neuro-muscolari) i muscoli antagonisti vengono ini-biti, prende il nome di inibizione reciproca (Fig.2.2). L’inibizione reciproca viene utilizzata an-che dalle vie nervose discendenti, provenientidalla corteccia motoria e dai nuclei del troncoencefalico, che controllano i motoneuroni alfa.

Fig. 2.2 - Rappresentazione del circuito per l’inibizione re-ciproca. Le fibre Ia provenienti dal fuso hanno effettoeccitatorio sugli alfa motoneuroni per i muscoli agonisti edeffetto inibitorio sugli alfa motoneuroni per i muscoli anta-gonisti.

13Funzione motoria

Nel corso della flessione volontaria dell’avam-braccio sul braccio, ad esempio, le vie motoriediscendenti non attivano soltanto i motoneuronialfa che controllano i muscoli flessori, ma an-che gli interneuroni che inibiscono i motoneu-roni alfa dei muscoli estensori. Il significatodell’inibizione reciproca è palese. Basti pensarequanto sarebbe difficoltoso flettere l’articola-zione del gomito se i muscoli estensori non sidecontraessero.

Le connessioni centrali delle afferenze fusali delgruppo II sono meno note e così, di conseguenza, il lorosignificato funzionale. Classicamente si ritiene che rap-presentino una delle afferenze del riflesso flessore. Esseinoltre contribuirebbero all’attivazione degli alfa-motoneuroni del muscolo omonimo.

Il fuso neuromuscolare costituisce una for-mazione del tutto particolare poichè nella stes-sa struttura sono comprese, oltre alle funzionidi recettore, anche quelle di effettore. Infatti lefibre muscolari intrafusali possiedono unainnervazione motoria da parte di neuroni di pic-cole dimensioni, i pirenofori dei quali sono lo-calizzati nel nevrasse (corna anteriori del mi-dollo spinale e nuclei motori somatici dei ner-vi cranici) insieme ai corpi cellulari degli alfa-motoneuroni. Tali cellule sono denominatemotoneuroni gamma, che insieme ai motoneu-roni alfa rappresentano i motoneuroni inferio-ri. Gli assoni dei motoneuroni gamma stabili-scono connessioni sinaptiche con le porzionipolari, contrattili, delle fibre intrafusali. La con-trazione delle porzioni polari della fibra intra-fusale stira la regione equatoriale non contrat-tile, inducendo l’eccitazione delle terminazionisensoriali primarie. Pertanto l’organizzazionemotoria centrale (area motoria corticale e strut-ture del tronco encefalico) può teoricamenterealizzare il movimento attraverso due mecca-nismi: a) agendo direttamente sui motoneuronialfa; b) agendo sui motoneuroni gamma, i quali,a loro volta, attraverso i fusi neuromuscolari,attivano i motoneuroni alfa (circuito gamma).Sembra però che il movimento volontario, nel-

l’uomo, sia generalmente ottenuto medianteuna attivazione combinata dei motoneuroni alfae gamma.

L’attivazione pura degli alfa motoneuroni sarebberesponsabile delle contrazioni riflesse prodotte da stimo-li cutanei e delle contrazioni indotte da stimoli vibratoriprolungati in grado di attivare le fibre Ia (riflesso toni-co di vibrazione). L’attivazione indipendente dei moto-neuroni gamma sarebbe responsabile dell’incrementodel riflesso miotattico di un muscolo indotto dalla con-trazione di altri gruppi muscolari, fenomeno utilizzatoanche nella pratica clinica e denominato manovra diJendrassik.

Se la contrazione muscolare fosse ottenutaattraverso l’attivazione pura dei motoneuronialfa, l’accorciamento del muscolo determine-rebbe la riduzione della tensione delle fibreintrafusali, rendendole incapaci di rispondere aminimi allungamenti muscolari e conseguente-mente il loro ruolo funzionale sarebbe nullo.Invece, la coattivazione dei motoneuroni alfa egamma fa sì che l’effetto della contrazioneextrafusale sia compensato dalla contrazionedelle fibre intrafusali, in modo tale che i fusineuromuscolari possano mantenere la loro fun-zione di rilevatori delle variazioni di lunghez-za anche quando il muscolo si accorcia.

Oltre ai fusi muscolari esistono altri tipi direcettori coinvolti nella funzione motoria: recet-tori tendinei o organi muscolotendinei di Golgi(Fig. 2.3). Si tratta di arborizzazioni nervose si-tuate entro i fasci di fibre collagene del tendine,in prossimità della sua giunzione col muscolo, ecircondate da una delicata capsula. Gli organimuscolotendinei sono disposti in serie rispettoalle fibre muscolari extrafusali e sono quindisensibili ad un aumento di tensione del tendine.Dagli organi tendinei di Golgi partono le fibreafferenti (Ib) che, attraverso un neurone inter-nuciale, producono un effetto inibitorio sugli alfamotoneuroni del muscolo agonista (inibizioneautogenetica) e una azione facilitatoria sugli alfamotoneuroni del muscolo antagonista. Questicircuiti hanno il compito di prevenire una ecces-siva tensione del muscolo.

14 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

Esiste anche un sistema di autoregolazione,costituito dalle cellule di Renshaw (Fig. 2.4), si-tuate nelle corna anteriori del midollo in pros-simità degli alfa motoneuroni. Le cellule diRenshaw ricevono un ramo collaterale dell’as-sone di un motoneurone alfa e proiettano a lorovolta un breve assone sul corpo cellulare dellostesso alfa motoneurone. Questo breve circui-to ha funzione inibitoria, denominata inibizio-ne ricorrente, ed entra in attività quando la fre-quenza di scarica dei motoneuroni alfa raggiun-ge livelli troppo elevati.

Come abbiamo visto, il riflesso da stiramentoè monosinaptico. Infatti una sola sinapsi sepa-ra la branca afferente dalla branca efferente del-l’arco riflesso, senza l’interposizione di alcunacellula. I riflessi che mediano l’inibizione reci-

Fig. 2.4 - Rappresentazione del circuito delle cellule diRenshaw (R): l’assone del motoneurone alfa invia una col-laterale alla cellula di Renshaw, la quale, a sua volta, invial’assone allo stesso motoneurone alfa, con funzione inibi-toria: inibizione ricorrente.

Fig. 2.3 - Raffigurazione schematica del circuito gamma; le afferenze provenienti dalle terminazioni anulo-spinali raggiun-gono, attraverso le fibre Ia, decorrenti nelle radici posteriori,gli alfa motoneuroni; dagli alfa motoneuroni partono gli assoniper l’innervazione delle fibre muscolari extrafusali; dai gamma motoneuroni partono le fibre per l’innervazione motoriadei poli del fuso (fibre gamma). È raffigurato anche l’organo tendineo di Golgi che attraverso le fibre Ib raggiunge un neuroneintercalare, il quale esercita una funzione inibitoria sull’alfa motoneurone: inibizione autogenetica.

15Funzione motoria

proca e quella autogenetica sono invece disi-naptici. Due sono le sinapsi che separano labranca afferente da quella efferente dell’arco,mediante l’interposizione di una singola cellu-la. La maggior parte dei riflessi motori, peral-tro, coinvolge più sinapsi, collegate in serie, alivello del nevrasse per cui il riflesso viene de-nominato polisinaptico.

Tipico esempio di riflesso polisinaptico è ilriflesso flessorio, caratterizzato dalla retrazionedell’arto in seguito ad uno stimolo doloroso ap-plicato sulla pianta del piede. Il riflesso fles-sorio è accompagnato da una estensione dell’ar-to controlaterale, che prende il nome di rifles-so estensorio crociato, che ha la funzione dicompensare la perdita del sostegno antigravi-tazionale provocata dall’arto in flessione. Que-sti riflessi sono facilmente elicitabili nell’ani-male spinale, dimostrando in tal modo che essisi estrinsecano attraverso archi diastaltici spi-nali.

Tono muscolare

Per tono muscolare si intende la sensazionedi resistenza che viene apprezzata dall’esami-natore, quando mobilizza passivamente gli artio il capo. Tale resistenza all’allungamento pas-sivo del muscolo riconosce una duplice origi-ne: a) in parte deriva dall’elasticità intrinsecadei muscoli, che si comportano come molle; b)in parte è un fenomeno di natura riflessa e di-pende dal riflesso di stiramento, descritto nelparagrafo precedente.

Funzione trofica

La lesione di una qualunque parte del moto-neurone alfa determina una riduzione di volu-me o atrofia delle fibre muscolari corrisponden-ti. Ciò dipende non tanto dal non uso (l’atrofiada non uso, infatti, non supera il 25-30%),quanto dalla perdita dell’influenza trofica nor-

malmente esercitata dall’innervazione motoriada cui dipende il mantenimento del metaboli-smo e dell’eccitabilità elettrica del muscolo.

2. Controllo encefalico delmovimento

Le aree motorie della cortecciacerebrale

È noto che la stimolazione elettrica di quasitutte le aree corticali cerebrali è in grado di pro-durre movimenti. Alcune aree sono caratteriz-zate però da una soglia elettrica più bassa chenelle altre, per cui intensità di stimolazioneminori sono sufficienti per evocare il movimen-to. Si ritiene che tali aree siano direttamenteresponsabili del controllo motorio e vengonodenominate aree motorie corticali. Esse sonorappresentate dalle aree 4 e 6 di Brodmann (Fig.2.5). Con intensità di stimolazione più elevate,possono essere evocati effetti motori anche dal-le aree postcentrali 1, 2, 3 e 5, che appartengo-no alla corteccia sensoriale. Il movimento pro-vocato dalla stimolazione elettrica di questearee è probabilmente mediato da connessionicortico-corticali dirette alle aree motorie.

L’area motoria caratterizzata dalla soglia mo-toria più bassa è l’area 4, nota come area mo-toria primaria (M1). Essa corrisponde alla cir-convoluzione frontale ascendente localizzatasulla superficie laterale e mediale (lobulo para-centrale) del lobo frontale al davanti della scis-sura di Rolando, che separa il lobo frontale dallobo parietale (Fig 2.6 A).

Nell’area motoria i gruppi muscolari dellediverse parti del corpo sono rappresentati (rap-presentazione somatotopica) in modo che laporzione superiore del giro e quella localizza-ta nella superficie mediale corrisponde all’artoinferiore, la parte media al tronco ed agli artisuperiori e la parte inferiore del giro al capo e

16 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

alla faccia (Fig 2.7). Un’importante caratteristi-ca della rappresentazione somatotopica nel-l’area motoria primaria risiede nel fatto che leparti del corpo deputate all’esecuzione di mo-

Fig. 2.5 - Faccia laterale (A), mediale (B), ventrale (C), dell’emisfero sinistro con indicazione delle aree corticali secondoBrodmann.

A

B C

vimenti fini e complessi, come le mani, ricopro-no un’area molto più grande di parti deputatea compiti motori più grossolani, come ad esem-pio le spalle.

17Funzione motoria

circonv. frontale ascendente

circonv. parietale ascendente

circonv. parietale sup.

circonv. parietale inf.

circonv. temporale inf.circonv. temporale media

circonv. temporale sup.

circonv. frontale sup.

circonv. frontalemedia

circonv. frontaleinf.

parte triangolare

parte opercolareparte orbitaria

scissura di Silvio

giro sopramarginalegiro angolare

scissura di Rolando

circonv. occipitale lat.

scissura diRolando

circonvoluzionefrontale sup.

circonvoluzionedel cingolo

ginocchio delcorpo calloso

lobulolinguale

lobuloparacentrale

precuneoscissuraparieto-occipitale

cuneo

scissuracalcarina

corpo mammillare

giroretto

areaparaolfattoria

ipofisi

chiasmaotticosetto

pellucido

A

Fig. 2.6 - (segue didascalia)

B

18 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

Fig. 2.6 - A) Faccia laterale dell’emisfero sinistro, con indicazione delle circonvoluzioni e delle scissure; B) Faccia media-le dell’emisfero sinistro, con indicazione delle circonvoluzioni e delle scissure; C) Faccia ventrale dell’encefalo, con indi-cazione di scissure, solchi e circonvoluzioni (giri) (c = circonvoluzione; p = polo; s = scissura; g = giro); D) Rappresenta-zione dell’origine apparente dei nervi cranici a livello del tronco encefalico.

Recenti dati sperimentali sembrano dimostrare cheuna singola cellula piramidale contrae rapporti sinapticicon motoneuroni che innervano muscoli diversi. La fun-zione della cellula corticospinale sarebbe quella di gui-dare l’attività di unità motorie appartenenti a muscoli afunzione sinergica, al fine di compiere un movimentoin una determinata direzione. A livello corticale, quin-di, non sarebbero rappresentati i singoli muscoli bensìi vari movimenti possibili.

La stimolazione dell’area motoria primarianon evoca mai movimenti complessi, ma soloscosse muscolari semplici. Generalmente i mo-vimenti degli arti vengono evocati controlateral-mente rispetto alla corteccia stimolata, mentre imuscoli assiali del tronco, così come i muscolimasticatori e laringei, vengono attivati anchedalla stimolazione della corteccia ipsilaterale.

L’area 6 di Brodmann, denominata area pre-motoria, è localizzata anteriormente alla cor-teccia motoria primaria e comprende due regio-

ni funzionalmente distinte: l’area supplementa-re motoria, che giace nella faccia mediale de-gli emisferi, immediatamente al davanti del-l’area primaria per la gamba, al di sopra del girocingolato (Fig. 2.8), e la corteccia premotoria,localizzata sulla faccia laterale degli emisferi.

In generale la stimolazione dell’area 6 evo-ca movimenti più complessi di quelli evocatidalla stimolazione dell’area motoria primaria,bilaterali per stimolazione dell’area supplemen-tare motoria e comunque caratterizzati da unasoglia elettrica nettamente più elevata.

L’area supplementare motoria e la cortecciapremotoria ricevono segnali afferenti dai nucleitalamici VA e VL, dalle aree visive, dalle regio-ni somatosensoriali parietali. Le fibre efferentisono invece dirette ai centri motori inferiori(troncali e midollari) e alla corteccia motoriaprimaria.

C D

19Funzione motoria

Fig. 2.7 - Rappresentazione somatotopica della cortecciamotoria.

Fig. 2.8 - Localizzazione dell’area rolandica primaria e del-l’area supplementare motoria (faccia mediale, superiormen-te alla circonvoluzione del cingolo e anteriormente all’areamotoria rolandica).

Si ritiene che tali aree siano utilizzate perpianificare sequenze motorie e per integrare leinformazioni sensoriali, in modo da otteneremovimenti finalizzati ad uno scopo. L’area

supplementare motoria sarebbe attivasoprattutto nella pianificazione di se-quenze motorie iniziate spontanea-mente, indipendentemente cioè daqualunque stimolazione esterna. Lacorteccia premotoria svolgerebbe in-vece il suo ruolo nella programmazio-ne di movimenti provocati da stimolisensoriali.

La registrazione dell’attività neuronale inanimali svegli, precedentemente addestrati acompiere dei movimenti volontari, ha consen-tito di documentare un aumento dell’attività discarica delle cellule dell’area supplementaremotoria, circa un secondo prima dell’esecu-zione del movimento volontario (Evarts,1966). È stato inoltre dimostrato, studiandonell’uomo le modificazioni del flusso ematicocerebrale, che l’aumento del flusso nell’areasupplementare motoria, nel corso dell’esecu-zione di movimenti volontari, è proporziona-

le alla complessità del movimento eseguito (Roland,1980). È stato altresì evidenziato che quando il movi-mento è solamente immaginato l’aumento di flusso ri-guarda solo l’area supplementare motoria, mentre quan-do il movimento è realmente eseguito le modificazionidel flusso riguardano anche l’area motoria primaria.Questi dati attestano il coinvolgimento dell’area supple-mentare motoria nella pianificazione di sequenze mo-torie complesse e nell’elaborazione del segnale di “via”per il movimento volontario.

L’area supplementare motoria, infine, sarebbe coinvol-ta nel controllo delle modificazioni posturali che si veri-ficano durante il movimento volontario (Massion, 1989).

I neuroni delle aree corticali motorie rice-vono informazioni sensitive. Le informazioniprovenienti dall’area somestesica primariasono dirette all’area motoria primaria, mentrequelle provenienti dalla corteccia parietale po-steriore giungono principalmente all’areapremotoria. Le proiezioni originate dalla cor-teccia sensitiva primaria sono organizzatetopograficamente, in modo che la zona corti-cale motoria in cui è rappresentata una deter-minata regione del corpo riceve fibre da quel-la parte della corteccia sensitiva in cui è rap-presentata la stessa regione.

Dito del piede

Ginocchio

Collo del piede

Anca

Spalla

Tronco

Gom

ito

Polso

Man

o

Mig

nolo

Anular

e

Medio

Indice

Pollice

Collo

Fronte

Palpebre e globi oculari

Faccia

Labbra

Fonazione

Mandibola

LinguaDeglutizione

SalivazioneMasticazione

20 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

Le interazioni tra le informazioni sensitive ei sistemi motori sono fondamentali per la pia-nificazione del movimento. È intuitivo che perprogrammare la sequenza motoria che consen-te, ad esempio, di afferrare un oggetto, i centrimotori devono ricevere informazioni concer-nenti la posizione dell’arto e dell’oggetto nel-lo spazio. La corteccia parietale posteriore svol-gerebbe in tal senso un ruolo integrativo di pri-maria importanza, ricevendo diversi input sen-sitivi (provenienti dalla corteccia sensitiva pri-maria, dalle aree corticali visive ed uditive) edinviando fibre all’area premotoria.

Le cellule della corteccia parietale posteriore aumen-tano la loro frequenza di scarica durante l’esecuzione deimovimenti volontari. Sono stati identificati, nelle scim-mie, neuroni che si attivano solo quando l’animale ma-nipola oggetti per apprezzarne le qualità fisiche e sonopertanto denominati neuroni di manipolazione. Altrineuroni scaricano quando l’animale muove l’arto supe-riore per raggiungere un oggetto che attira il suo inte-resse, per cui sono denominati neuroni di proiezione delbraccio. Queste cellule avrebbero la funzione di integra-re le informazioni sensitive riguardanti le parti corpo-ree dell’animale coinvolte nel movimento con le infor-mazioni spaziali inerenti il bersaglio del movimentostesso.

Le vie motorie discendenti (organizza-zione generale)

I motoneuroni spinali sono localizzati nel-la sostanza grigia in due nuclei distinti: media-le e laterale. ll nucleo mediale è costituito daimotoneuroni che innervano i muscoli assialidel collo e del dorso. Il nucleo laterale è co-stituito dai motoneuroni che innervano lamuscolatura degli arti. All’interno del nucleolaterale, i motoneuroni collocati più medial-mente innervano i muscoli prossimali degliarti, mentre quelli posti lateralmente innervanoi muscoli distali. Questa disposizione medio-laterale dei motoneuroni è fondamentale percomprendere l’organizzazione delle vie moto-rie discendenti.

Esistono infatti due sistemi di fibre discen-denti, che collegano i centri motori superiori(corticali e troncoencefalici) ai motoneuroniinferiori (Lawrence e Kuypers, 1968).

Il primo sistema è formato da fibre che de-corrono nel cordone laterale del midollo spinalee controllano i motoneuroni situati lateralmentenel grigio midollare, addetti alla innervazionedei muscoli distali. Tale sistema prende il nomedi via laterale e comprende il tratto cortico-spinale laterale e il tratto rubrospinale. Esso èdeputato al controllo volontario della musco-latura distale degli arti e dipende strettamentedalla corteccia cerebrale.

Il secondo sistema è formato da fibre chedecorrono nel cordone ventro-mediale del mi-dollo spinale, destinate ai motoneuroni situatinel nucleo mediale del grigio midollare e nellaporzione mediale di quello laterale, che inner-vano rispettivamente i muscoli assiali e quelliprossimali degli arti. Tale sistema, denomina-to ventro-mediale, dipende fondamentalmentedal tronco encefalico ed è addetto al controllodella postura e della deambulazione. Il sistemaventro-mediale comprende il tratto cortico-spi-nale ventrale, il tratto vestibolo-spinale, i trattireticolo-spinali pontino e bulbare e il tratto tet-to-spinale. La corteccia motoria controlla talisistemi discendenti attraverso fibre cortico-vestibolari, cortico-reticolari e fibre destinate alcollicolo superiore.

Il sistema laterale

Comprende il fascio piramidale e il fasciorubrospinale.

Il fascio piramidale è costituito da fibre cheattraversano le piramidi bulbari (dalle quali ilfascio trae il proprio nome), riconoscibili comedue ampi rigonfiamenti sulla superficie ventraledel bulbo a livello della giunzione bulbo-midol-lare. Le fibre del fascio piramidale prendonoorigine dalla corteccia cerebrale e la maggiorparte di esse termina nel midollo spinale. Per

21Funzione motoria

tale motivo il fascio piramidale è detto anchefascio cortico-spinale.

Vengono comprese nel fascio piramidale an-che le fibre destinate ai nuclei motori dei nervicranici. Tali fibre non sono piramidali, perchénon passano attraverso le piramidi bulbari, enon sono neppure corticospinali, perché termi-nano nel tronco dell’encefalo. Tuttavia si con-siderano parte del fascio piramidale sulla basedi un duplice criterio anatomico (decorrono instretto contatto con le fibre cortico-spinali, pri-ma di staccarsi da esse per raggiungere i nucleidi destinazione) e funzionale (mettono in con-tatto diretto i centri motori corticali con i nu-clei contenenti i motoneuroni inferiori).

Il fascio piramidale è costituito da circa unmilione di fibre, due terzi delle quali prendonoorigine dalle aree motorie corticali (un terzodall’area 4 e un terzo dall’area 6); il terzo re-stante origina dalla corteccia somatosensorialeprimaria (aree 1, 2, 3) e dalle aree parietali po-steriori (aree 5 e 7). Le fibre provenienti dallearee sensitive afferiscono ai nuclei gracile ecuneato e alle corna posteriori del midollo spi-nale; esse sono verosimilmente responsabilidella modulazione corticifuga della trasmissio-ne sensoriale.

Tutte le fibre del fascio piramidale hanno ilcorpo cellulare nel V strato della corteccia ce-rebrale. Tali cellule rappresentano il neuronesuperiore della motilità volontaria, detto anche1° neurone di moto.

Le cellule corticali del V strato, che danno luogo aproiezioni corticofugali, sono denominate, in tutte le a-ree corticali nelle quali sono presenti, cellule piramidali,per la particolare conformazione del loro pirenoforo. Èsolo per caso che le fibre delle cellule piramidali, chedanno luogo alle proiezioni corticospinali, siano an-ch’esse denominate piramidali, in virtù del loro decor-so attraverso le piramidi bulbari. Riassumendo, il fascioè detto piramidale perché decorre nelle piramidi bulbari(Turk, 1851) e non perché rappresenta le proiezioni deineuroni piramidali della corteccia cerebrale.

Circa il 90% delle fibre del fascio piramidaleha un diametro che va da 1 a 4 µm e pertanto

conduce l’impulso nervoso a bassa velocità.Solo il 2% delle fibre ha un diametro assai mag-giore, compreso tra 10 e 20 µm. Tali fibre, ca-ratterizzate da una velocità di conduzione cheoltrepassa i 60 m/sec, originano probabilmen-te da cellule piramidali giganti, localizzate nel-l’area motoria primaria, denominate cellule diBetz. Il 6% delle fibre del fascio piramidale nonè mielinizzato; sconosciuta è la loro origine cosìcome la loro funzione.

Le fibre del fascio piramidale discendono at-traverso la corona radiata e convergono nei 2/3anteriori del braccio posteriore della capsula in-terna (Figg. 2.9, 2.10) raggiungendo i 3/5 medidel peduncolo cerebrale, la porzione basale delponte e le piramidi bulbari. A livello della par-te caudale del bulbo, la maggior parte delle fi-bre si incrocia e raggiunge il lato opposto delmidollo spinale decorrendo nel cordone laterale(fascio piramidale crociato o laterale).

Le vie piramidali includono, come abbiamogià detto, il «fascio cortico-bulbare» o «fasciogenicolato» destinato ai nuclei motori dei ner-vi cranici (Fig. 2.11). Tali fibre decorrono nel-la corona radiata, passano attraverso il ginoc-chio della capsula interna (donde la denomina-zione di fascio genicolato), la parte più media-le dei 3/5 medi del peduncolo cerebrale per ter-minare, direttamente o indirettamente, a mez-zo di neuroni intercalari, sulle cellule di origi-ne dei nervi cranici del tronco encefalico. Lamaggioranza delle fibre incrocia il piano media-no, ma una modesta percentuale di fibre rag-giunge il nucleo motore dello stesso lato.

Molti nuclei dei nervi cranici motori e pre-cisamente i nuclei dei nervi oculomotori (III,IV, VI), i nuclei del V, del VII superiore, il nu-cleo ambiguo (IX, X, XI), ricevono fibre dal-l’area motoria di ambedue gli emisferi e usu-fruiscono pertanto di una innervazione bilate-rale. Ne consegue che una lesione unilateraledelle vie corticali discendenti dirette a questinuclei non produce paralisi, poiché le fibre con-trolaterali mantengono adeguatamente l’attivitàmotoria.

22 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

Fig. 2.9 - Rappresentazione schematica del decorso della via motoria cortico-spinale. 1: fibre per l’arto inferiore; 2: fibreper il tronco; 3: fibre per l’arto superiore; 4: fibre per i muscoli della faccia; 5: fibre cortico-bulbari; 6: fascio cortico-spinale;7: decussazione motoria; 8: fascio cortico-spinale diretto.

midollo lombare

midollo cervicale

bulbo

ponte

mesencefalo

capsulainterna

nuclei dell’oculomotore

nuclei del trigemino

nuclei dell’ipoglossonucleo ambiguo

piramide

23Funzione motoria

Gli assoni del fascio piramidale crociato ter-minano nella regione dorsolaterale delle cornaventrali del midollo spinale, ove sono situati imotoneuroni che controllano i muscoli distalidegli arti, in particolare i flessori. Nel midollospinale la via piramidale si articola con un nu-

Fig. 2.10 - Rappresentazione schematica del decorso dellavia cortico-spinale e cortico-bulbare nella capsula interna.

Braccio anteriore

Talamo

Braccio posteriore

F. genicolatoo corticobulbare

F. piramidale

N. caudato

F. fronto-pontinoRadiaz. talami-che anteriori

Putamen

Globo pallidoVie corticorubre ecorticotegmentali

Radiaz.uditive

Radiaz.ottiche

mero di motoneuroni spinali che, per ciascunlato, ammonta a circa 200.000-250.000. Alcu-ne fibre corticospinali entrano in contatto si-naptico diretto con i motoneuroni alfa, mentrealtre li raggiungono indirettamente attraversointerneuroni spinali. Sono i motoneuroni cheinnervano i muscoli flessori a ricevere il mag-gior contingente di connessioni monosinapti-che. Le fibre corticospinali, oltre ad eccitare imotoneuroni alfa, hanno proiezioni eccitatoriesugli interneuroni spinali (compresi quelli chemediano l’inibizione reciproca, detti interneu-roni Ia), sulle cellule di Renshaw e sui moto-neuroni gamma.

Nell’uomo e negli altri primati la lesione delfascio piramidale crociato comporta la perditadella capacità di muovere indipendentemente ledita, con conseguente difficoltà nell’esecuzio-ne di compiti motori fini.

Il fascio corticospinale è un sistema di fibre filoge-neticamente recente. Nell’uomo è formato da circa unmilione di fibre, mentre nello scimpanzé è costituito da800000 fibre, nel macaco da 400000 e nel gatto da186000. Nel gatto non esistono fibre corticospinali cheproiettano direttamente sui motoneuroni alfa. Tali com-ponenti monosinaptiche compaiono solo nelle scimmiee diventano molto più numerose nell’uomo.

Il fascio rubro-spinale è invece più sviluppa-to nelle scimmie e negli altri mammiferi (adesempio il gatto) che nell’uomo. Le fibre trag-gono origine dal nucleo rosso, situato nel me-sencefalo, si incrociano poco dopo la loro ori-gine sulla linea mediana, e discendono poi nelcordone laterale del midollo spinale. Tali fibresono collegate attraverso sinapsi eccitatorie coninterneuroni che, a loro volta, eccitano i moto-neuroni flessori degli arti. Le cellule d’originedel fascio rubro-spinale ricevono afferenze ec-citatorie dalla corteccia motoria e dal cervel-letto.

Si ritiene che il sistema rubro-spinale o me-glio cortico-rubro-spinale duplichi molte dellefunzioni del tratto cortico-spinale. A questo pro-posito appare suggestivo che nell’uomo il con-

Fig. 2.11 - Rappresentazione schematica delle modalità concui il fascio cortico-bulbare termina nei nuclei dei nervicranici.

Fascio cortico-bulbare

Nucleo del IV

Nucleo del III

Nucleo del V

Nucleo del VINucleo del VIINucleo ambiguo

Nucleo del XII

24 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

siderevole sviluppo, rispetto agli altri primati,del sistema piramidale coincida con l’ involu-zione della via cortico-rubro-spinale.

Il sistema ventro-mediale

Il fascio piramidale diretto o fascio cortico-spinale ventrale è formato dalle fibre del fasciopiramidale, che non si decussano a livello del-le piramidi bulbari e decorrono nel cordoneanteriore del midollo spinale (10-20% delle fi-bre piramidali). Contrariamente alle fibre delfascio cortico-spinale laterale, le fibre del fasciodiretto innervano i motoneuroni dei muscoliassiali di ambo i lati (parte delle fibre si decus-sa infatti a livello della commessura bianca an-teriore del midollo spinale).

La via vestibolo-spinale deriva principal-mente dal nucleo vestibolare laterale (nucleo diDeiters). È una via pressoché interamente ipsi-laterale, che porta le cellule motorie del midollospinale sotto il controllo del sistema vestibola-re. Decorre nel cordone ventrale del midollospinale e termina nella porzione ventro-medialedella zona intermedia del grigio midollare (lo-calizzata tra la base del corno anteriore e quel-la del corno posteriore). I nuclei vestibolari ri-cevono fibre dal labirinto ipsilaterale, attraver-so il ramo vestibolare dell’VIII nervo cranico,e dal cervelletto. In particolare la via cerebello-vestibolare (che origina direttamente dalle cel-lule di Purkinje della corteccia del lobo anterio-re) esplica una azione inibitoria sul nucleovestibolare di Deiters. La via vestibolo-spinaleproduce eccitazione disinaptica dei motoneuro-ni estensori ed inibizione di quelli flessori.

Il fascio reticolo-spinale mediale prende ori-gine dalla formazione reticolare mediale delponte e decorre ipsilateralmente nel cordoneventrale del midollo spinale. Termina nella por-zione ventro-mediale della zona intermedia edha una funzione facilitante sul tono muscolare,fornendo input eccitatori ai motoneuroni deimuscoli estensori.

Il fascio reticolo-spinale laterale è formato daassoni che provengono dalla formazione retico-lare bulbare (nucleo reticolare gigantocellularee cellule adiacenti di calibro minore), incrociala linea mediana e termina sulle porzioni lateralidella zona intermedia. Ha un’azione inibitoriasul tono muscolare.

Il fascio tetto-spinale origina negli strati pro-fondi del collicolo superiore, è crociato e ter-mina nella porzione ventro-mediale della zonaintermedia (prevalentemente nei segmenti cer-vicali del midollo spinale). Controlla gli sposta-menti del capo e degli occhi rispetto a bersaglivisivi e uditivi.

I gangli della base

I gangli della base sono costituiti dalle se-guenti strutture:

– il nucleo caudato;– il putamen;– il globo pallido;– il nucleo subtalamico;– la sostanza nera.

Tali strutture venivano un tempo considerate facentiparte del sistema extrapiramidale. Tale sistema venivadefinito come l’insieme delle vie motorie discendentiescluso il fascio piramidale. Attualmente l’aggettivoextrapiramidale è utilizzato pressoché esclusivamente inambito clinico, per indicare le malattie dovute all’alte-rato funzionamento dei gangli della base.

Il nucleo caudato, il putamen e il globo pal-lido sono situati nella parte centrale del telen-cefalo, al di sotto degli strati corticali degliemisferi cerebrali, lateralmente al talamo. Nelloro insieme tali nuclei vengono denominaticorpo striato, ad indicare che tale struttura ècostituita da formazioni grigie intersecate dafasci di fibre nervose. Molti testi, tuttavia, usa-no il termine nucleo striato per indicare il cau-dato ed il putamen, filogeneticamente più re-centi del pallido.

Il braccio anteriore della capsula internasepara il nucleo caudato dal putamen, men-

25Funzione motoriaFunzione motoria

tre il braccio posteriore è posto tra globo pal-lido e talamo. Il nucleo caudato ed il puta-men, vengono denominati neo-striato. Il glo-bo pallido, noto come paleo-striato essendofilogeneticamente più antico del caudato e delputamen, è anche denominato pallidum ecomprende un segmento laterale (globo pal-

lido laterale) e uno mediale (globo pallidomediale) separati ad opera di un sistema difibre denominato lamina midollare mediana(Fig. 2.12 e 2.13).

Il nucleo caudato ed il putamen, di derivazio-ne telencefalica, sono identici dal punto di vi-sta citoarchitettonico. Sono caratterizzati da una

Fig. 2.13 - Sezione orizzontale dell’encefalo per dimostrare le formazioni basali.

girus cingulicavità del setto pellucido

circonvoluzione frontale sup.

polo frontale

testa del nucelo caudatocirconvoluzione frontale media

setto pellucido

circonvoluzione triangolare

opercolo frontale

capsula esterna

ginocchio del corpo calloso

corno ant. del ventricolo laterale

opercolo frontaleinsula

scissura di Silvio

pallido

putamen

pulvinarstria terminale

fimbria

ippocampocorno d’Ammone

scissura dell’ippocamposcissura calcarina

tubercolo quadrigemello sup.

epifisi o corpo pinealeabenula

terzo ventricolocoda del nucleo caudato

massa intermedia

claustrocapsula estrema

talamo dorsale

polo occipitalesolco fimbriodentato

fascia dentata

parte talamolenticolare del braccioposteriore della capsula internaparte retrolenticolare del braccioposteriore della capsula interna

Fig. 2.12 - Sezione frontale dell’encefalo per dimostrare il corpo striato, il nucleo subtalamico, la sostanza nera.

fossa interpeduncolareIII n. cranico

ventricolo laterale

putamenglobo pallido

capsula interna

massa intermedia

nucleo caudatoplesso corioideo

corno inferiore delventricolo laterale

claustrocapsula esterna

n. lenticolare {

corpo mammillare

piede del peduncolo

nucleo subtalamico

forniceterzo ventricolo

fascio mammillo talamico

fascio lenticolare

talamo

sostanza nera

corpo calloso

ippocampo

26 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

struttura omogenea, all’osservazione con ilmicroscopio ottico, e contengono numerosi pic-coli neuroni tra cui sono sparse in modo unifor-me cellule di grossa taglia. Tali nuclei presen-tano inoltre connessioni nervose e funzioni si-mili. Per tale motivo sono probabilmente daconsiderare come un’unica struttura, separata indue porzioni dalle fibre della capsula interna.

Il globo pallido, che deriva dal diencefalo,presenta una citoarchitettonica completamentedifferente, essendo formato da neuroni fusifor-mi di grossa taglia, scarsamente addensati.

Il nucleo subtalamico è una formazione gri-gia localizzata nella porzione più caudale deldiencefalo, medialmente alla capsula interna,nella zona in cui le fibre si riuniscono a forma-re il peduncolo cerebrale.

La sostanza nera, situata nel mesencefalo, ècompresa tra il tegmento ed il peduncolo cere-brale. Essa è divisibile in due zone: la parteventrale, pallida e citologicamente simile al glo-bo pallido, denominata parte reticolata, ed unaparte dorsale, caratterizzata da una pigmenta-zione scura, nota come parte compatta, costitui-ta da neuroni dopaminergici (la neuromelanina,pigmento nero che conferisce il colore scuro allasostanza nera, è un polimero della dopamina).

Il segmento interno del globo pallido e laparte reticolata della sostanza nera, simili perle loro caratteristiche citologiche e per le loroconnessioni, sono da considerare, così come ilnucleo caudato ed il putamen, un’unica strutturafunzionale.

Talvolta il putamen ed il globo pallido vengono de-nominati globalmente, per il loro aspetto macroscopico,nucleo lenticolare, di cui il putamen occupa il terzo la-terale e il globo pallido i due terzi mediali. Tale asso-ciazione ha un valore puramente morfologico, essendopriva di alcun significato funzionale.

I gangli della base costituiscono una unità fun-zionale, nell’ambito della quale è presente unanetta compartimentazione dei compiti. Infatti,quasi tutte le fibre destinate ai gangli della baseterminano a livello del neostriato (caudato e

Elementi di fisiopatologia e semeiologia

putamen), che possiamo pertanto definire il cen-tro di ricezione del sistema. Invece, le principalivie che originano dai gangli della base, raggiun-gendo altre strutture nervose, prendono originedal segmento interno del globo pallido e dallaparte reticolata della sostanza nera, che costitu-iscono così il centro di proiezione del sistema.

I principali sistemi di fibre destinate al neostria-to provengono dalla corteccia cerebrale, dalla par-te compatta della sostanza nera e dal talamo.

L’intera corteccia cerebrale (aree motorie,sensitive, associative e limbiche) contribuiscealle proiezioni cortico-striatali. Queste ultimesono arrangiate topograficamente, nel senso chearee specifiche della corteccia cerebrale proiet-tano ad aree specifiche del neostriato. Le fibrecortico-striatali sono eccitatorie ed utilizzanol’acido glutammico come mediatore chimicodell’impulso nervoso.

Le fibre nigro-striatali hanno origine dallaparte compatta della sostanza nera ed utilizza-no come neurotrasmettitore la dopamina. Nelneo-striato sono stati identificati tre gruppi dineuroni: a) interneuroni colinergici; b) neuroniinibitori GABAergici, che contengono anche,come co-trasmettitore, la sostanza P (neuroniGABA P); c) neuroni inibitori GABAergici,contenenti, come co-trasmettitore, encefalina(neuroni GABA Enc). I neuroni GABA P pre-sentano, nella loro membrana, recettori per ladopamina di tipo 1 (D1); la stimolazione di talirecettori ha un’azione eccitatoria sulla funzio-ne cellulare. I neuroni GABA Enc e gli inter-neuroni colinergici esprimono invece recettoridi tipo 2 (D2), la cui attivazione determina ini-bizione cellulare. L’azione delle fibre dopami-nergiche sui neuroni striatali dipende pertantodal tipo di recettore per la dopamina presentesulla membrana postsinaptica.

Le fibre talamo-striatali originano prevalen-temente dai nuclei intralaminari del talamo esono anch’esse organizzate topograficamente.Una notevole percentuale di queste fibre provie-ne dal nucleo centro-mediano, che a sua voltariceve afferenze dalla corteccia motoria.

27Funzione motoriaFunzione motoria

GABAergici localizzati nel globo pallido latera-le. Questi ultimi esercitano un controllo inibi-torio sul nucleo subtalamico, i cui neuroni glu-tammatergici determinano l’eccitazione deineuroni del globo pallido mediale e della partereticolata della sostanza nera. Pertanto l’attiva-zione della “via indiretta”, svincolando il nucleosubtalamico dal controllo inibitorio del globopallido laterale, induce eccitazione dei neuronidel centro di proiezione, inibendo così le proie-zioni eccitatorie talamo-corticali.

È opportuno sottolineare che le fibre dopa-minergiche nigro-striatali eccitano i neuroniGABA P, mentre inibiscono i neuroni GABAEnc. In tal modo eccitano la “via diretta” edinibiscono la “via indiretta”, attivando le proie-zioni eccitatorie talamo-corticali.

Le connessioni nervose dei gangli della basesopra descritte, permettono di speculare sullaloro funzione.

I gangli della base ricevono afferenze da tuttele aree della corteccia cerebrale e le ritrasmet-tono, attraverso il talamo, principalmente al-l’area premotoria. In tal modo, costituisconouna sorta d’imbuto, che concentra in una zonacircoscritta della corteccia cerebrale le afferen-ze provenienti da tutta la corteccia.

La volontà di compiere un movimento è unconcetto intimamente connesso a quello di co-scienza e pertanto presuppone l’attivazionesinergica di vaste aree della corteccia cerebra-le. La pianificazione del movimento e l’elabo-razione del segnale di avvio sono affidate prin-cipalmente all’area premotoria.

I gangli della base, concentrando l’attivitàdiffusa della corteccia nelle aree corticali pre-motorie, consentirebbero di tradurre la volontàdi compiere un movimento nella programma-zione e nell’avvio del movimento stesso.

Il cervelletto

Per l'anatomia e le funzioni del cervelletto v.pag. 497.

La principale via efferente che prende origi-ne dal globo pallido mediale e dalla parte reti-colata della sostanza nera è destinata al talamoe termina nei nuclei ventrale-anteriore (VA) eventrale-laterale (VL). Questa via utilizza cometrasmettitore l’acido gamma amino-butirrico(GABA) ed è pertanto inibitoria. I nuclei VA eVL, a loro volta, proiettano fibre eccitatorie(glutammatergiche) alla corteccia prefrontale e,soprattutto, alle aree corticali premotorie emotorie (6 e 4 di Brodmann).

I gangli della base sono connessi anche ainuclei troncali mediante fibre pallido-tegmen-tali, nigro-tettali e nigro-reticolari (Fig. 2.14,2.15 e 2.16).

Le fibre pallido-tegmentali discendono nel tegmen-to mesencefalico, dove entrano in sinapsi con i neuronidel nucleo tegmentale peduncolo-pontino; quest’ulti-mo proietterebbe ai nuclei vestibolari e reticolari. Lefibre nigro-tettali terminano nel collicolo superiore, dadove originano i fasci tetto-reticolare e tetto-spinale.Le fibre nigro-reticolari proiettano direttamente allaformazione reticolare, da cui originano le fibre retico-lo-spinali.

La compartimentazione funzionale all’inter-no dei gangli della base implica che il centro diricezione del sistema (nucleo caudato e puta-men) sia collegato al centro di proiezione (glo-bo pallido mediale e parte reticolata della so-stanza nera).

Recenti ricerche hanno permesso di individua-re due vie di collegamento tra i suddetti compar-timenti: una “via diretta” e una “via indiretta”.

La “via diretta” è formata dai neuroni neo-striatali GABA P, che proiettano direttamentealla parte reticolata della sostanza nera e al glo-bo pallido mediale, che vengono inibiti. L’atti-vazione di tali fibre svincola pertanto i nucleitalamici VA e VL dal controllo inibitorio eser-citato dai gangli della base, inducendo così l’at-tivazione delle proiezioni eccitatorie talamo-corticali.

La “via indiretta” prende origine dai neuronineo-striatali GABA Enc, che inibiscono i neuroni

28 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

Fig. 2.14 - Schema delle connessioni del sistema extrapiramidale. 1: connessioni intrinseche tra i diversi nuclei del corpostriato. 2: Connessioni cortico-striate. Le fibre provengono dall’area frontale (aree 4-6-8 e corteccia orbitale); parietale(aree 2-5-7); insulare; temporale; cingolata. 3: Connessioni talamo-striate (a sinistra), striato-talamiche (a destra) e talamo-corticali (VA e VL proiettano all’area 4 e 6) (CM = nucleo centro-mediano; DM = nucleo dorso-mediale; VL = nucleo ventrale-laterale; VA = nucleo ventrale anteriore). 4: Connessioni nigro-striate e cortico-nigriche (a sinistra); e connessioni striato-nigriche e nigro-tegmentali (a destra).

29Funzione motoriaFunzione motoria

Fig. 2.15 - 5: Connessioni striato-subtalamiche e subtalamo-tegmentali (a sinistra); subtalamo-striate (a destra). 6: Con-nessioni striato rubriche. 7: Vie efferenti del corpo striato: 1: fascicolo pallido-ipotalamico; 2: fascicolo subtalamico e viesubtalamo-tegmentali; 3: ansa lenticolare.

30 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

Esame della funzione motoria

Tono muscolare

Per esaminare il tono muscolare si osservapreliminarmente l’atteggiamento generale delpaziente: la postura del tronco in posizione diriposo, quindi quella del capo, del collo e lapostura degli arti, ciascuno in confronto con illato opposto e con il tronco. Queste osservazio-ni saranno ripetute con il paziente seduto, inpiedi e durante la marcia. In questo modo ven-gono osservate le risposte dei vari muscoli allagravità e le variazioni dovute al peso della te-sta e degli arti.

In seguito viene saggiata la resistenza passi-va alla mobilizzazione degli arti a livello di cia-scuna articolazione. È indispensabile che il pa-ziente sia completamente rilassato e non solocon l’invito a collaborare mantenendo un atteg-giamento di abbandono, ma distraendone l’at-tenzione, ad esempio, interrogandolo su fattifamiliari o sulla sua malattia.

Ogni articolazione viene mobilizzata passi-vamente lungo tutti i suoi assi e ogni movimen-to (al collo ed ai quattro arti) deve essere ripe-tuto varie volte, poiché determinati aspetti se-meiologici (ad esempio il fenomeno della tro-clea dentata) non sono immediatamente apprez-zabili.

La sensazione che si rileva in caso di normo-tonia è una resistenza molto modesta. Nell’iper-tonia, ovviamente, la resistenza aumenta note-volmente, a volte tanto da impedire la mobiliz-zazione. L’ipertono può essere distribuito pre-ferenzialmente a determinati muscoli, estensorio flessori, oppure a gruppi di muscoli dotati diuna specializzazione particolare, ad esempio imuscoli antigravitari.

Nell’ipotonia, che semeioticamente risulta dipiù difficile apprezzamento dell’ipertonia, vi èuna maggiore facilità e cedevolezza alla mobi-lizzazione passiva, le articolazioni possono es-sere maggiormente iperestese (fenomeno della«iperestensibilità» degli Autori francesi, indicealtresì di deficit motorio). Quando gli arti sono

Fig. 2.16 - Schema delle principali connessioni anatomo-funzionali dei gangli della base.

CORTECCIA

MOTORIA

CEREBRALE

ESENSITIVA

(Prefrontale, Premotoria, Motoria,

Parietale

Glu

GABA P?

Ach

GABA enc

STRIATUM

NST

Fasciocortico-spinale

31Funzione motoriaFunzione motoria

lasciati cadere sul piano del letto, quelli dal latoove esiste ipotonia cadono più pesantemente,oppure quando gli arti sono passivamente agi-tati (manovra del ballottamento), si osservanoescursioni più ampie ed intense dal lato leso.

La maggiore o minore ampiezza, la durata,il numero di queste escursioni sono in funzio-ne dell’entità del tono esistente nei muscoli in-teressati.

Per ricercare questo segno è essenziale, comeabbiamo detto, che il paziente sia decontrattoma, quando si debbano studiare le oscillazioniagli arti inferiori, è utile fare eseguire anche lamanovra di Jendrassik (l’ammalato seduto sullettino a gambe penzoloni fuori dal letto vieneinvitato a mantenere il capo esteso, occhi fissial soffitto, e ad agganciarsi le mani l’una all’al-tra espletando il massimo della forza). Si impri-me alla gamba un movimento di flesso-esten-sione e questa passivamente continua ad oscil-lare pendolarmente per un certo tempo.

Gli arti superiori sono esaminati a pazientein piedi, imprimendo alle spalle o ai fianchimovimenti dall’indietro all’avanti (o viceversa)alternativamente.

Quando esiste una ipotonia il movimento èaumentato in ampiezza, durata e frequenza dioscillazione e la traiettoria non è più rettilinea;nella rigidità di tipo extrapiramidale il movi-mento è poco ampio e le oscillazioni sono spes-so ridotte o addirittura abolite.

Alterazioni del tono muscolare

IPERTONIE

Si distinguono classicamente, contrapponen-done le caratteristiche, la rigidità o ipertoniaextrapiramidale, osservabile ad esempio nellamalattia di Parkinson, e la spasticità o ipertoniapiramidale, osservabile ad esempio nell’emiple-gia capsulare.

La distinzione fra ipertonia piramidale edextrapiramidale è fondata su dati anatomo-cli-

nici. Mentre i caratteri semeiologici di questidue tipi di ipertonie sono netti e precisi, glischemi e le interpretazioni fisiopatologichesono più incerti. Infatti, come è già stato detto,gli schemi anatomo-funzionali del sistemapiramidale e del sistema extrapiramidale nonpossono essere ritenuti, al momento attuale,completamente chiariti. Circa l’esistenza diipertonie di origine muscolare i pareri sono di-scordi.

IPERTONIA PIRAMIDALE

L’ipertonia piramidale o spasticità (da nonconfondere con «spasmo», v. pag. 71) è rappre-sentata dalla resistenza che si apprezza nellamobilizzazione passiva di arti o segmenti di arti(cioè nello stiramento passivo di un muscolo)e che aumenta proporzionalmente alla veloci-tà di stiramento; tale resistenza, ad un certo li-vello di stiramento, può cessare all’improvviso(fenomeno del temperino o del coltello a serra-manico).

L’ipertonia piramidale interessa i muscoliantigravitari e cioè all’arto superiore i muscoliflessori ed i pronatori dell’avambraccio, i fles-sori del polso e delle dita; all’arto inferiore imuscoli adduttori ed estensori della coscia edella gamba, i flessori plantari del piede e del-le dita.

L’atteggiamento è pertanto tipico: arto supe-riore flesso ed intraruotato, arto inferiore este-so con piede equino-varo (Fig. 2.17). L’anda-tura, considerato l’atteggiamento dell’arto infe-riore, è particolare e definita «falciante» poichénel camminare l’emiparetico effettua con l’ar-to inferiore un movimento di circonduzione eabduzione a livello dell’articolazione dell’ancaper ovviare alla abolizione o riduzione dellaflessione a livello dell’articolazione del ginoc-chio. Considerato inoltre che il piede è inflessione plantare, le dita tendono a strisciarecontro il suolo.

Normalmente l’ipertonia piramidale tende adinstaurarsi 7-15 giorni dopo l’esordio dell’emi-

32 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

plegia, ma esistono, d’altra parte, casi che pre-sentano anche permanentemente una nettaipotonia.

Altri casi, al contrario, dimostrano fin daiprimi momenti un aumento del tono muscola-re (ipertonia precoce).L’ipertonia precoce di-mostra una intensità molto variabile nel corsodello stesso esame o a distanza di poche orenello stesso paziente (Fazio, 1942, 1945).

L’ipotesi che la spasticità dipenda da una iperattivitàdei motoneuroni gamma è contraddetta da studi micro-neurografici che dimostrano la normalità funzionale dei

fusi neuromuscolari in caso di spasticità (Burke, 1983e 1988). Esiste attualmente un generale consenso nel ri-tenere che una ridotta soglia o un’aumentata rispostaallo stiramento stiano alla base dell’ipertonia e dell’au-mento dei riflessi osteotendinei. Tale fenomeno è prin-cipalmente determinato da un’alterata elaborazione deisegnali afferenti al midollo spinale che, unitamente al-l’alterato controllo sovraspinale può condurre ad unacondizione d’ipereccitabilità motoneuronale. La riduzio-ne o la perdita del controllo sopraspinale può interve-nire attraverso la variabile compromissione di alcunimeccanismi inibitori: a) inibizione pre-sinaptica Ia, b)inibizione reciproca Ia, c) inibizione non-reciproca Ib,d) inibizione ricorrente. Accanto alle modificazionineurali dell’eccitabilità del pool motoneuronale, nume-rosi fattori biomeccanici contribuiscono al fenomenospasticità: retrazione dei tessuti molli, accorciamentomuscolare, modificazioni delle proprietà visco-elastichemuscolari (‘stiffness’). L’ipertonia spastica, inoltre, siassocia comunemente ad altri fenomeni (spasmi flessoriod estensori, co-contrazione, reazioni associate) che ri-conoscono meccanismi fisiopatologici diversi.

L’interruzione della via piramidale non sembra es-sere un elemento particolarmente rilevante nella genesidell’ipertonia spastica (lesioni isolate del fascio pira-midale producono esclusivamente una perdita dell’agi-lità motoria ed una risposta plantare estensoria). Avreb-be, invece, maggiore valore il disequilibrio di due si-stemi discendenti, uno inibitorio (via reticolo-spinaledorsale) ed uno eccitatorio (via reticolo-spinale media-le e via vestibolo-spinale) che originano nel troncoencefalico e contraggono sinapsi con il pool interneu-ronale spinale.

IPERTONIA EXTRAPIRAMIDALE

Le caratteristiche semeiotiche dell’ipertoniaextrapiramidale o rigidità, sono nettamentedifferenziabili da quelle della spasticità pirami-dale.

La rigidità extrapiramidale interessa in egualmisura sia i muscoli agonisti che antagonisti,talora con saltuaria prevalenza degli uni o de-gli altri, per cui la resistenza opposta alla mo-bilizzazione passiva è sempre eguale dall’inizioalla fine del movimento passivo. Il muscolopassivamente disteso conserva la posizione as-sunta, rendendo ragione dei termini di «rigidi-tà plastica», flexibilitas cerea, «rigidità a tubodi piombo», impiegati per indicare queste ca-ratteristiche della rigidità extrapiramidale.

Fig. 2.17 - Atteggiamento di soggetto con emiparesi sini-stra da lesione delle vie corticospinali a livello capsulare,sottoposta a rieducazione motoria (da C. Loeb e A. Brusa,in: Diagnostica Differenziale, A. Wassermann ed., 1959).

33Funzione motoriaFunzione motoria

Durante la mobilizzazione passiva si puòosservare un altro particolare fenomeno, tipiconei soggetti affetti da malattia di Parkinson,detto «fenomeno della ruota o troclea dentata»per cui, durante la mobilizzazione passiva sisuccedono variazioni del tono, dando all’esami-natore la sensazione che a livello dell’articola-zione esista una sorta di ruota dentata, che fasubire al movimento passivo arresti corrispon-denti alle singole dentellature (fenomeno dellaruota dentata di C. Negro, 1901).

La rigidità extrapiramidale è associata adaumento dei riflessi di postura elementari (v.pag. 56); cessa durante il sonno e la narcosi.

I meccanismi fisiopatologici che sottendono la rigi-dità extrapiramidale non sono ancora del tutto noti. Larigidità non è apparentemente causata da un’iperattivitàdei gamma motoneuroni, ma dipende da una combina-zione della difficoltà al rilasciamento dei pazienti conun’abnorme attivazione del riflesso da stiramento. Siipotizza, secondariamente alla compromissione dei gan-gli della base, l’esistenza di un alterato controllo corti-cale dei circuiti segmentali spinali (pool interneuronaleIb), con modificazione dell’attivazione legata allo stira-mento muscolare. Il fenomeno della ruota dentata, ori-ginariamente attribuito ad una serie di reazioni di allun-gamento-accorciamento eccessive, si ritiene esprima lasovrapposizione di scariche di attività di un tremored’azione subclinico (6-8 Hz) sul tono muscolare aumen-tato.

NEGATIVISMO MOTORIO - PARATONIA

Con il termine di negativismo motorio (Ge-genhalten di Kleist, 1927) si intende (Fazio,1945) una modificazione del tono che inter-viene quando si tenta di mutare, con movimentipassivi, la posizione di segmenti corporei, e cheviene avvertita dall’esaminatore come una re-sistenza che consolida la posizione di partenzae cresce proporzionalmente alla forza impiegataper vincerla.

Il negativismo motorio si rileva in una discre-ta percentuale di casi di apoplessie cerebralinell’emilato opposto a quello plegico.

La paratonia (Dupré, 1925) è l’impossibili-tà al rilassamento volontario dei muscoli su

comando. I muscoli sono in uno stato di aumen-tata tensione muscolare; ai tentativi di muove-re passivamente l’arto si incontra una notevoleresistenza che tende a mantenere l’arto nellaposizione primitiva. L’influenza dell’attenzio-ne sul fenomeno sembra notevole.

Alla «prova del braccio morto» (Dupré) l’ar-to non solo non si rilascia, malgrado l’invitodell’esaminatore, ma si blocca man mano cheil soggetto tenta di eseguire l’ordine, mentre inquella del «lancio del braccio» (nell’eseguire iltentativo di lancio) l’arto si blocca in posizionisimilcatatoniche. La paratonia si riscontra spes-so negli alcoolisti acuti e negli oligofrenici.

Anche Kleist, successivamente (1934), ave-va individuato questa condizione, denominan-dola negativismo motorio spontaneo (insorge inassenza di stimoli esterni), in contrapposizioneal precedente, o negativismo motorio puro (in-sorge in rapporto con stimoli esterni).

RIGIDITÀ DA DECEREBRAZIONE

Nell’animale la sezione del tronco cerebralea livello intercollicolare, e cioè tra i tubercoliquadrigemini anteriori e posteriori, provoca lacomparsa di una rigidità tonica distribuita aimuscoli antigravitari (rigidità da decerebrazio-ne) (Sherrington, 1898). Nell’uomo l’ipertoniaestensoria dei 4 arti si accompagna a pronazio-ne e rotazione interna degli arti superiori, adabduzione e rotazione interna degli arti infe-riori. Le dita della mano sono estese in corri-spondenza delle articolazioni metacarpo-fa-langee e flesse in corrispondenza delle artico-lazioni interfalangee; esiste flessione plantaredei metatarsi e delle falangi ai piedi (Fig. 2.18A). Molto evidenti sono i riflessi tonici delcollo.

Una riproduzione parziale degli atteggiamen-ti tipo rigidità decerebrata si può osservare neitraumatizzati cranici con associati segni di le-sione del tronco encefalico, o in traumatizzaticon alterazioni osteostrutturali delle prime ver-tebre cervicali.

34 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

Una riproduzione parziale dell’atteggiamen-to tipo rigidità decerebrata, con andamentoaccessuale, si osserva nei cosiddetti accessi to-nici cerebellari (cerebellar tonic fits degli Au-tori anglosassoni), in rapporto con un improv-viso aumento della tensione intracranica a livel-lo della fossa cranica posteriore. L’episodio, chedura pochi secondi, si manifesta con lieveopistotono, cianosi, disturbi del respiro e talo-ra della coscienza. Talvolta l’episodio è unila-terale e in questo caso omolaterale alla lesionecerebellare.

La rigidità decerebrata sembra dovuta all’au-mento di attività del nucleo vestibolare latera-le, che esercita una spiccata azione facilitatoriasui motoneuroni alfa e gamma ipsilaterali a fun-zione estensoria, non bilanciata dalla normaleopposta azione delle vie rubro-spinali, che fa-cilitano i motoneuroni flessori.

L’ablazione del paleocerebello (parte ver-miana del lobo anteriore, piramide, uvula e pa-raflocculo), che esercita una azione inibitoriasul n. vestibolare laterale di Deiters, produce unaumento della rigidità da decerebrazione conopistotono. Al contrario la stimolazione delpaleocerebello riduce la rigidità decerebrata.

Ma nel mantenimento della rigidità dece-rebrata hanno anche notevole importanza im-pulsi afferenti: la rigidità infatti sparisce se sono

state sezionate le radici posteriori. Ciò dimostrache le afferenze fusoriali sono di grande impor-tanza, tanto che spesso si parla, per la rigiditàdecerebrata, di rigidità gamma, intendendo chel’aumento di eccitabilità dei neuroni gammaproduce l’eccitamento degli alfa motoneuroni.

D’altra parte la rigidità da decerebrazione ot-tenuta per legatura delle due arterie carotidi edella basilare (rigidità decerebrata anemica, cheproduce lesioni di metà cervelletto e di granparte del ponte) si mantiene anche dopo sezio-ne delle vie radicolari afferenti. Ciò dimostrache gli alfa motoneuroni possono provocare unaumento del tono anche senza il concorso delcircuito gamma.

Questo rilievo è di notevole importanza cli-nica poiché dimostra che esistono due vie dif-ferenti per aumentare l’eccitabilità degli alfamotoneuroni: una attraverso il circuito gammaed una indipendente da questa.

Le crisi toniche cerebellari devono essereinterpretate come episodi transitori di decere-brazione e si manifestano, in genere, in casi ditumore cerebellare.

IPERTONIA DA DECORTICAZIONE

(RIGIDITÀ DECORTICATA)

La rigidità decorticata è rappresentata dalseguente atteggiamento: flessione degli arti su-periori che sono addotti; estensione e rotazioneinterna degli arti inferiori, flessione plantare deipiedi (Fig. 2.18 B).

Sperimentalmente questo atteggiamento se-gue l’ablazione dei lobi frontali o la decerebra-zione talamica.

Nell’uomo si osserva nelle vaste lesioni cheinteressano la capsula interna o un emisfero ce-rebrale, talora con lesioni dei gangli basali e deltalamo. Si può ottenere la risposta tipo rigiditàdecorticata nelle prime ore dopo una lesionecerebrale acuta con l’impiego di stimolazioninocicettive: compressione della parete superio-re dell’orbita, suzione tracheale, o stimolazionidolorose intense.

Fig. 2.18 - (A) Atteggiamento in rigidità decerebrata. (B) At-teggiamento in rigidità decorticata.

35Funzione motoriaFunzione motoria

Negli animali decorticati (animale o prepa-razione talamica) si possono elicitare partico-larmente bene i riflessi posturali (riflessi delcollo, riflessi tonici del labirinto, riflessi di rad-drizzamento).

Crampi muscolari

Il crampo è una contrazione muscolare improvvisa,visibile, palpabile, spesso associata a dolore, localizza-ta in un muscolo o in un gruppo di muscoli per lo piùdell’arto inferiore, che può intervenire a riposo o, piùfrequentemente durante l’attività fisica prolungata od inrisposta ad un’intensa contrazione volontaria; si risol-ve usualmente con il massaggio e lo stiramento delmuscolo.

Crampi intervengono frequentemente durante la gra-vidanza, nel raffreddamento, specie in acqua di mare,ma anche in soggetti normali, senza stimolazione alcu-na. Del resto l’occasionale esperienza di un crampo èevenienza piuttosto comune.

In ambito medico si possono osservare crampi nell’am-bito di condizioni cliniche che modificano l’equilibrio idro-elettrolitico (ipocalcemia, ipomagnesemia), quali: in segui-to a terapia diuretica, per disidratazione, dopo vomito ediarrea, nel mixedema, nell’uremia, dopo dialisi.

In neurologia, i crampi possono riscontrarsi in rela-zione ad un’alterazione funzionale del secondo moto-neurone (motoneuroni spinali, nervi periferici), ma an-che degli interneuroni spinali o delle fibre muscolari.

L’EMG, durante il crampo, dimostra scariche di po-tenziali di unità motoria ad alta frequenza, spesso conpotenziali di fascicolazione all’inizio e alla fine dellasequenza elettrica.

La genesi del crampo è oscura, ma l’associazionefrequente con le malattie del secondo motoneurone e deinervi periferici è considerata rilevante ai fini dell’inter-pretazione del fenomeno.

La tendenza a manifestare crampi può essere ridottao prevenuti dall’utilizzo di farmaci stabilizzanti la mem-brana quali il chinino, la dintoina e specialmente lacarbamazepina.

Contrattura tetanica

La tossina tetanica blocca l’attività di interneuroniinibitori (cellule di Renshaw ed altri) con conseguenteiperattività dei motoneuroni spinali. Nel tetano, quindil’attività motoria (volontaria o riflessa) evoca contrat-tura muscolari involontarie, più evidenti a livello dellamuscolatura masticatoria (trisma) e dei muscoli periorali(riso sardonico) fino ad osservare una rigidità quasi ge-neralizzata, spesso associata ad iperreflessia.

Sindrome dell’uomo rigido

Si tratta di un quadro clinico infrequente, originaria-mente descritto da Moersch e Woltmann (1956), carat-terizzato da una rigidità plastica d’intensità progressi-va, localizzata prevalentemente alla muscolatura assiale(dorsale e cervicale) e prossimale degli arti ed, infine,generalizzata. Su questa rigidità s’instaurano crampi espasmi dolorosi talora d’intensità tale da provocaredeformazioni ossee e fratture. Esistono varianti localiz-zate ad un solo arto o con segni neurologici addizionali(atassia, mioclono, segno di Babinski).

Questa sindrome viene attualmente interpretata comeun encefalomielite cronica su base autoimmune, in re-lazione alla presenza di anticorpi diretti contro la glu-tammico decarbossilasi acida (GAD) nel 60 % circa deicasi e più raramente contro il pancreas (associazione condiabete mellito insulino-dipendente). Il trattamento,quindi, è basato sull’impiego di steroidi, plasmaferesi,e farmaci miorilassanti (benzodiazepine, baclofen).

IPOTONIE

L’ipotonia è una riduzione del tono musco-lare che può essere osservata a riposo, nel cor-so del mantenimento di alcune attitudini e du-rante la contrazione volontaria.

In condizioni di riposo si apprezza con lapalpazione la consistenza del muscolo e, con lamobilizzazione passiva, l’articolarità, cioè ilmassimo grado di estensione o flessione rag-giungibile da quel determinato segmento d’ar-to, in altre parole il grado di estremo stiramentopossibile (ovviamente ad integrità articolareassoluta).

I meccanismi fisiopatologici alla base dell’i-potonia sono quelli già enunciati a proposito deltono muscolare. Appare quindi chiaro chel’ipotonia può essere determinata per lo piùdalla lesione dell’arco riflesso elementare (alivello dei motoneuroni o delle radici motorieo a livello delle afferenze sensitive), più rara-mente dalla lesione di alcune strutture sopra-segmentali (midollari od encefaliche) che con-trollano i motoneuroni alfa e il circuito gamma.

L’ipotonia deve essere esplorata a livellosegmentario, eventualmente in modo compa-rativo tra i due lati, nel soggetto a riposo.

36 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

Sul piano semeiotico è utile impiegare la pro-va del ballottamento che consiste nel provoca-re movimenti passivi, alternati e molto rapidi(l’esplorazione a livello dell’articolazione del-la mano è la più facile). Si osserverà la facilitàe l’ampiezza con cui si ottiene lo spostamentodi segmenti corporei.

Clinicamente, quindi, l’ipotonia si riscontra:– nelle lesioni dei nervi periferici (polineu-

ropatie), delle radici e dei tronchi nervosi;– nelle lesioni midollari, sia per lesioni del

motoneurone (come nella poliomielite anterioreacuta) sia per lesione dei cordoni posteriori(come nella tabe dorsale). Nei casi di lesionemidollare trasversa acuta completa si osservanello stadio iniziale flaccidità (stadio delloshock spinale). Si ritiene comunemente che loshock sia dovuto alla scomparsa delle influen-ze discendenti sui motoneuroni spinali. In par-ticolare è ipotizzato (Illis, 1967) che nei primidue giorni si osservi a livello dei neuroni spi-nali una disorganizzazione della «zona sinapti-ca» che riduce il livello di eccitabililità;

– nelle lesioni cerebellari (v. pag. 508);– nelle lesioni cerebrali, dove l’ipotonia si

può manifestare immediatamente dopo la lesio-ne delle fibre corticofugali. Questo stadio ini-ziale o stadio dello shock è destinato a durarealcune ore ed eccezionalmente 2-3 giorni. Lecause dell’ipotonia che segue immediatamenteuna lesione cerebrale improvvisa non sono almomento conosciute; una classica spiegazionesi riferisce al concetto di diaschisi di VonMonakow: si tratterebbe di un fenomeno tran-sitorio, che si avvera per perdita della funzio-ne dei centri più elevati, cosicché la loro in-fluenza viene acutamente e improvvisamente amancare.

Fra le cause di ipotonia vanno abitualmenteincluse anche le malattie muscolari ancorché,in tal caso, l’ipotonia non dipende da una di-sfunzione dell’arco riflesso, ma da una ridottacontrattilità delle fibre muscolari ad originecongenita o acquisita.

ALTERAZIONI DEL TONO NELLE SINDROMI MENINGEE

Tra i sintomi, espressione di una sofferenzao irritazione delle meningi, devono essere indi-cati: la cefalea, il vomito, e soprattutto le alte-razioni del tono muscolare e dell’atteggiamen-to. La cefalea ed il vomito possono essere rite-nuti generica espressione di un aumento dellapressione endocranica (v. pag. 608), mentre leturbe del tono possono essere considerate unelemento specifico dell’irritazione meningea.Appaiono, semeioticamente, come ipertonia origidità, maggiormente evidenti ai muscoli nu-cali o paravertebrali, spesso già evidenti alla os-servazione: il capo in iperestensione forzata, iltronco in opistotono ed il decubito tipico, defi-nito «a cane di fucile» (decubito laterale, gam-be flesse sulle cosce, cosce flesse sul bacino).

Ma non sempre l’atteggiamento del malato èsufficientemente caratteristico e devono alloraessere ricercati alcuni segni tipici, definiti «segnimeningei»: a) la rigidità nucale, per cui la fles-sione del capo sul tronco è abolita o ridotta e ri-sveglia acuto dolore; b) il segno di Kernig, chepuò essere ricercato sia in posizione seduta chesdraiata: in posizione seduta ogni tentativo diestendere le gambe provoca un intenso dolore;in posizione sdraiata il sollevamento della gam-ba estesa provoca, ad un certo punto, la flessionedell’articolazione del ginocchio che diventerà in-vincibile e talvolta dolorosa; oppure il sollevamen-to del tronco eseguito dall’esaminatore, nel ten-tativo di mettere il paziente seduto, provoca unaflessione dell’articolazione del ginocchio e vivodolore; c) i segni di Brudzinski, che possono es-sere ricercati in diversi modi: a malato sdraiato suldorso, flettendo passivamente e completamente lagamba sulla coscia e questa sul bacino, si osser-va dal lato opposto un’analoga flessione sponta-nea dell’arto (Brudzinski controlaterale); oppureflettendo passivamente il capo sul tronco, si ot-tiene una flessione degli arti inferiori al ginoc-chio e all’anca (Brudzinski del capo); analoga ri-sposta si ottiene premendo intensamente sulpube del paziente (Brudzinski del pube).

37Funzione motoriaFunzione motoria

Il cervello e il midollo spinale sono avvolti da tremembrane: la più esterna è la dura madre, l’intermediaè l’aracnoide, la più interna e sottile e provvista di vasiè la pia madre (Fig. 2.19).

La dura madre è formata da tessuto connettivofibroso. Nel cranio consta di una porzione periostea edi una meningea, mentre nel midollo solo della porzio-ne meningea.

La dura spinale forma un sacco che circonda il mi-dollo dal forame magno alla seconda vertebra sacrale.È attaccata ai margini del forame magno e alla superfi-cie interna della 2ª e 3ª vertebra sacrale e diventa conti-nua col periostio della superficie dorsale del coccigecome legamento coccigeo.

Nel cranio la dura forma la membrana periostea dellasuperficie interna delle ossa craniche. La dura forma an-che una membrana per separare gli emisferi (falce ce-rebrale), il cervello dal cervelletto (tentorio cerebellare)e gli emisferi cerebellari (falce cerebellare).

La falce cerebrale va dalla crista galli alla protube-ranza occipitale interna dove si continua col tentorio.Contiene, al margine superiore, il seno sagittale supe-riore e al margine libero il seno sagittale inferiore.

Il tentorio origina anteriormente dal margine supe-riore dell’osso temporale e del processo clinoideo po-steriore, lasciando ai margini laterali lo spazio per il senopetroso superiore, e ai margini posteriori lo spazio peril seno trasverso. Nella linea mediana si continua con lafalce e forma il seno retto. Nella parte centrale liberaesiste un’apertura ovoidale, il forame tentoriale dovepassa il tronco encefalico.

La falce cerebellare parte dalla cresta occipitale in-terna e raggiunge il tentorio.

La pia madre encefalica ricopre tutta la superficieesterna del cervello e del cervelletto penetrando nei sol-chi e nelle fessure, contribuisce a formare inoltre il tet-to del III e IV ventricolo (tela corioidea). I vasi che ri-forniscono il cervello ed il midollo attraversano l’a-racnoide, e sono ricoperti da fibre collagene e da cellu-

le mesoteliali piatte. Queste cellule mesoteliali forma-no, raggiungendo la pia, un cul di sacco, denominatospazio di Virchow-Robin, che è continuo con lo spaziosubaracnoideo.

La pia è provvista di fori: a livello del IV ventricoloesistono due fori laterali o fori di Magendie e un forosul tetto o forame di Luschka che permettono il passag-gio del liquido cerebrospinale negli spazi subaracnoidei.I legamenti dentati della pia ancorano il midollo alladura spinale.

Lo spazio tra l’aracnoide e la pia è mantenuto datrabecole di tessuto connettivo fibroelastico che vanno dalfoglietto interno dell’aracnoide alla pia. Questo spaziodefinito subaracnoideo contiene il liquido cerebrospinale.In certi punti dove il cervello non segue strettamente ilcontorno osseo lo spazio subaracnoideo è largo, contie-ne una notevole quantità di liquor, e viene denominatocisterna. La più vasta cisterna, o cisterna magna, è la ci-sterna cerebello-midollare, che occupa lo spazio tra la su-perficie inferiore del cervelletto e la faccia dorsale delbulbo. Altre cisterne sono: la cisterna pontina (ventrale alponte), la cisterna interpeduncolare (nella fossa interpe-duncolare tra i peduncoli cerebrali e il chiasma), la cister-na chiasmatica (anteriormente al chiasma), la cisternaambiens, che si trova tra i collicoli superiori, lo spleniodel corpo calloso e il cervelletto (Fig. 2.20).

Lesioni endocraniche della fossa posteriore(tumori, aracnoiditi, ecc.) e lesioni cerebrali cheprovocano l’erniazione del cervelletto nel fora-me tentoriale, sono in grado di realizzare unasindrome di rigidità nucale e segni meningei.

Fig. 2.19 - Rappresentazione schematica delle meningi edello spazio subaracnoideo.

Trabecolearacnoidee

Cortecciacerebrale Spazio di

Virchow-Robin

Dura madre

Aracnoide

Vena cerebrale

Pia madre

Fig. 2.20 - Rappresentazione delle cisterne e dei ventricoli.1: Cisterna ambiens; 2: cisterna magna; 3: cisterna pontina;4: cisterna interpeduncolare; 5: cisterna chiasmatica; 6: ci-sterna pericallosa; III: 3° ventricolo; IV: 4° ventricolo.

Lobofrontale

Corpo calloso

Loboparietale

Lobooccipitale

Cervelletto

Ponte

Mesencefalo

AcquedottoBulbo

38 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

Appare semplicistico interpretare questi segnicome atteggiamenti antalgici. La rigidità nucaleè una risposta estensoria, ma negli altri segnisopra indicati la risposta flessoria è tipica edominante. Le risposte flessorie agli arti, osser-vate nell’irritazione meningea, rappresentereb-bero una parte del riflesso flessorio da stimolinocicettivi o riflesso di allontanamento, rispo-sta primitiva dei vertebrati ad uno stimolonocicettivo, che può essere provocato dallestimolazioni di diverse strutture (cavità cranicae grandi cavità sierose, ecc.).

La rigidità nucale sarebbe dovuta, secondoFulton (1951), alla stimolazione delle termina-zioni trigeminali a livello della dura madre dellabase del cervelletto.

MOVIMENTI SINCINETICI (SINCINESIE)

Le sincinesie sono movimenti che si mani-festano in una parte del corpo nel momento incui appaiono movimenti riflessi o si eseguonomovimenti in altre parti del corpo. Si distinguo-no classicamente: sincinesie di coordinazione,sincinesie globali, sincinesie di imitazione.

Le sincinesie di coordinazione si distinguo-no in sincinesie omolaterali e controlaterali.

Le sincinesie di coordinazione omolateralisono rappresentate da contrazioni involontariedi gruppi muscolari sinergici omolaterali duran-te la contrazione volontaria di muscoli paretici.Ad esempio: un paziente non è in grado di ef-fettuare volontariamente la flessione dorsale delpiede paretico. Tale movimento si effettuainvolontariamente durante il tentativo di flessio-ne della coscia sul bacino e della gamba sullacoscia (fenomeno di Strumpell o sincinesia diraccorciamento). Se l’arto paretico è messo inflessione, l’estensione volontaria della cosciaprovoca un’estensione sincinetica della gambae del piede e una flessione dorsale delle dita delpiede (sincinesia di allungamento).

Le sincinesie di coordinazione controlateraliconsistono in movimenti che avvengono dal

lato paretico per movimenti che vengono ese-guiti dal lato sano. Se ad esempio il pazienteviene invitato a flettere dorsalmente il piedesano contro resistenza, il piede del lato malatoesegue una flessione dorsale (sincinesia diraccorciamento crociata). Risposta in flessioneplantare del piede paretico si otterrà per invitoa flettere plantarmente il piede sano (sincinesiadi allungamento crociata).

Le sincinesie di coordinazione possono an-che essere riflesse quando si manifestano peruna risposta muscolare ottenuta in via riflessa(la ricerca del riflesso radioflessore induce ol-tre alla risposta riflessa una risposta sinergicadi flessione delle dita). L’attività motoria invo-lontaria sincinetica è strettamente correlata allaipertonia piramidale.

Le sincinesie globali sono costituite dall’esa-gerazione della ipertonia piramidale e si mani-festano sia nei gruppi muscolari agonisti cheantagonisti in malati con lesione della via pi-ramidale, in seguito ad un movimento volonta-rio o automatico (come la tosse, lo starnuto,ecc.) o a uno stimolo doloroso, e consistono inun’accentuata flessione all’arto superiore e inun’accentuata estensione all’arto inferiore, rin-forzando, quindi, il grado di ipertonia pirami-dale. La spiegazione per questi fenomeni ècomplessa: è probabile che si possa trattare diun aumento globale dell’eccitabilità dei moto-neuroni spinali, in rapporto all’ipertonia pira-midale.

Le sincinesie di imitazione: sono rappresen-tate da movimenti involontari del lato sano chesi producono in occasione di un analogo movi-mento eseguito dal lato paretico.

Le sincinesie che comunemente si ricercanosono le sincinesie di coordinazione omo- econtrolaterali e le sincinesie globali che - comeè stato detto - si ritrovano nelle lesioni pirami-dali e rappresentano una modificazione del-l’ipertonia piramidale.

39Funzione motoriaFunzione motoria

Esame muscolare intrinseco e relativealterazioni

TROFISMO MUSCOLARE

La valutazione del trofismo muscolare devetenere conto di tutte quelle condizioni che pos-sono essere causa di variazioni individuali nel-le dimensioni del muscolo. Il sesso, l’età, la co-stituzione, il tipo di lavoro comunemente ese-guito, l’abitudine a determinate pratiche spor-tive, lo stato generale di nutrizione, possono es-sere causa di variazioni, anche molto importan-ti, del trofismo da soggetto a soggetto.

È quindi necessaria molta prudenza, associa-ta a notevole esperienza, per poter valutare cor-rettamente o meno la presenza di un disturbodel trofismo muscolare di natura neurogena omuscolare.

IPOTROFIA O ATROFIA: definisce una riduzionepiù o meno intensa della massa muscolare pre-cedentemente esistente. È quindi necessariopreventivamente accertarsi che la massa musco-lare sia esistita (non è eccezionale, in determi-nate sedi, una assenza congenita del muscolo o,meno frequentemente, un arresto dello svilup-po muscolare per cause patologiche, ad es. po-liomielite sofferta nell’infanzia). È indispensa-bile, successivamente, sia un confronto con imuscoli vicini e con i muscoli simmetrici dellato opposto, sia un’accurata palpazione delmuscolo in stato di riposo e durante contrazio-ne, che permetterà di apprezzare se la riduzio-ne di volume sia in realtà presente e se la con-sistenza indichi la presenza di eventuale tessu-to fibroso nel contesto muscolare.

Talora è sufficiente la valutazione derivatadall’ispezione, che potrà evidenziare una varia-zione del contorno e del volume, ma sarà sem-pre la misurazione dei perimetri muscolari aconvalidare il dato.

Benché la misurazione rappresenti l’unicapossibilità quantitativa di valutare il grado el’evoluzione dell’atrofia, non bisogna dimenti-

care che modeste differenze della circonferen-za di determinati muscoli, ad esempio a livellodei gastrocnemi o gruppi muscolari omologhi(destrimani e mancini), possono esistere senzaassumere valore patologico.

L’atrofia o ipotrofia muscolare è espressio-ne di una malattia muscolare primitiva o di unamalattia del neurone periferico (cellule radico-lari anteriori, radici anteriori e nervi periferici)ed è sempre associata ad un significativo defi-cit di forza.

Talora la riduzione della forza non è sempreproporzionale al grado di atrofia: in certe affe-zioni nervose sistemiche la presenza di un no-tevole grado di atrofia non è associata ad unadiminuzione proporzionale della forza.

Esiste anche la possibilità che una lesione alivello centrale produca una compromissionedel trofismo muscolare. In questo caso l’ipo-atrofia muscolare predilige l’arto superiore nel-la sua estremità distale e talora l’arto inferiore.In genere l’atrofia colpisce i piccoli muscolidella mano (eminenza tenar e ipotenar) e talo-ra i muscoli del cingolo scapolare. Questa a-trofia si riscontra nelle lesioni del lobo parie-tale. Diverse ipotesi sono state emesse per spie-gare questo dato di fatto clinico, ma nessunaappare al momento attuale convincente (v. pag.532).

Particolare valore, per la frequenza con cuisi riscontra in clinica, assume l’atrofia dei mu-scoli della mano. Si distingue:

– mano a scimmia, quando l’atrofia è loca-lizzata ai muscoli dell’eminenza tenar. L’emi-nenza tenar racchiude i muscoli breve abdut-tore, breve flessore, opponente del pollice(innervati perifericamente dal n. mediano e di-pendenti dai segmenti midollari C

6- C

8). Per

azione del lungo estensore del pollice, il primometacarpo si allinea sul piano degli altri meta-carpi e mima l’aspetto della mano della scim-mia, che come è noto, non ha la possibilità diopporre il pollice alle altre dita. La mano ascimmia può esser dovuta a lesione midollare(segmenti C

6 - C

8, specie sclerosi laterale amio-

40 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

trofica) o a lesione periferica distale del media-no (specie nei casi di sindrome da compressio-ne a livello del tunnel carpale);

– mano ad artiglio cubitale (Fig. 2.21, A).Il nervo ulnare proviene dai segmenti midollariC

7 - C

8 - T

1 ed innerva nell’eminenza ipotenar:

l’abduttore, l’opponente, il breve flessore del Vdito; tutti gli interossei, il III e IV lombricale,ed inoltre nell’eminenza tenar l’adduttore delpollice (e il capo profondo del breve flessore delpollice). Nella mano ad artiglio esiste ipotrofiadell’eminenza ipotenar e degli interossei, de-nunciata da 4 solchi profondi tra i metacarpi(Fig. 2.21, B). Per atrofia degli interossei cheflettono la prima falange ed estendono le ulti-me due, si avrà appunto l’atteggiamento inver-so (per prevalenza dell’estensore comune), det-to ad artiglio: estensione della prima falange eflessione delle ultime due. In un primo stadio,la paresi degli interossei sarà caratterizzata dal-la difficoltà di ravvicinare le dita della manoallargata. Le lesioni che possono determinare lamano ad artiglio cubitale sono lesioni midollari(C

8 - T

1) e lesioni del n. cubitale;

– l’associazione di atrofia dei muscoli delleeminenze tenar e ipotenar e degli interosseidetermina la mano a scimmia con artiglio omano tipo Aran-Duchenne. Questo tipo di manosi ritrova negli stati avanzati di sclerosi latera-le amiotrofica (Fig. 2.21, C);

– se l’atrofia della mano Aran-Duchenne èmolto avanzata e sono colpiti anche gli esten-sori e i flessori dell’avambraccio, si parla dimano cadaverica.

IPERTROFIA E PSEUDOIPERTROFIA: definisce unaumento di volume della massa muscolare. Latecnica di valutazione è del tutto simile alla pre-cedente. È necessario essere estremamente cir-cospetti poiché, per determinati tipi di attivitàsportiva e lavorativa, alcuni gruppi muscolaripossono risultare apparentemente ipertrofici.Usualmente l’ipertrofia muscolare di un sogget-to sano risulterà armonicamente distribuita atutte le masse muscolari, ma è anche possibile

che soggetti adusi a lavori particolari o eserci-zi atletici o sportivi speciali dimostrino unaipertrofia localizzata a determinati distretti mu-scolari. In tutti questi casi all’aumento di volu-me del muscolo sarà associata una forza note-vole.

Fig. 2.21 - (A) Mano ad artiglio cubitale. (B) Ipotrofia degliinterossei, specie del 1°. (C) Mano tipo Aran-Duchenne.

C

B

A

41Funzione motoriaFunzione motoria

Al contrario, nella pseudoipertrofia, presen-te in alcune malattie muscolari, si osserverà unaumento di volume particolarmente in alcunimuscoli, gastrocnemi principalmente, ma anchedeltoidi, glutei, bicipiti, tanto da simulare gros-solanamente, all’ispezione, un aspetto atletico,mentre la forza è ridotta.

CONSISTENZA MUSCOLARE

Nel normale varia molto da soggetto a sog-getto, soprattutto in funzione dell’esercizio cuisono state sottoposte le masse muscolari.

Il muscolo denervato offre alla palpazioneuna sensazione di flaccidità, mentre i muscolidi pazienti affetti da distrofia muscolare, para-lisi spastica di Volkmann, ecc., possono presen-tare una consistenza aumentata, paragonabilea volte alla sensazione di palpare gomma o le-gno. Il muscolo può essere colpito in tutta la suaestensione, o in maniera parcellare e, in questocaso, è possibile palpare delle strie fibrose lon-gitudinali. La cedevolezza del muscolo può es-sere saggiata comprimendolo. Poiché compri-mendo la massa muscolare viene compressaanche la cute ed il tessuto adiposo sovrastan-te, è necessario assicurarsi innanzitutto dellostato di queste strutture, perché l’impressionedi cedevolezza muscolare che si riceve potreb-be essere falsata. (Se, ad esempio, esiste unedema della cute si può ricevere l’impressionedi una maggiore cedevolezza muscolare, men-tre il muscolo in realtà è completamente norma-le). Per evitare errori si apprezzerà prima lo sta-to della cute e sottocute, prendendo fra due ditauna piega della pelle o premendo con un dito lacute su di una superficie ossea (cresta tibiale,ad esempio) e quindi si ripete la manovra sulventre muscolare.

RISPOSTE MUSCOLARI SPECIALI

RISPOSTA MIOTONICA: la persistenza di unacontrazione muscolare, oltre la norma e comun-que diversi secondi dopo la fine della stimola-

zione che l’ha scatenata, è definita reazionemiotonica.

Se un soggetto affetto da miotonia stringe ilpugno con forza per qualche secondo, non po-trà, per quanti sforzi faccia, obbedire immedia-tamente all’ordine di aprire il pugno. Solo dopoqualche decina di secondi, lentamente, quasi alrallentatore, otterrà il movimento desiderato.

La reazione miotonica si osserva usualmen-te nelle miotonie: può essere tuttavia presenteanche in altri quadri, ad es. nelle polineuriti,nella sclerosi laterale amiotrofica, nel mixede-ma.

L’aspetto elettromiografico e i meccanismifisiopatogenetici responsabili di questo fenome-no sono descritti a pag. 347.

MIOTONIA DA PERCUSSIONE (miotonia meccani-ca): se con un martelletto si percuote brevemen-te e rapidamente un muscolo si può ottenere unaprolungata contrazione. Usualmente si preferi-sce percuotere l’eminenza tenar, per cui si ot-tiene una rapida contrazione di opposizione delpollice, che persiste per qualche tempo. La rea-zione miotonica può essere ottenuta anche daaltri muscoli quali il deltoide e i muscoli dellalingua.

MIOEDEMA: saltuariamente sia in soggetti nor-mali, ma più frequentemente in soggetti affettida mixedema o da malattie debilitanti, la por-zione del muscolo che è stata percossa formauna protrusione, che persiste per alcuni secon-di, definita «mioedema».

Si differenzia dalla miotonia da percussioneper assenza di attivazione elettrica del muscolo.

MOVIMENTI MUSCOLARI INTRINSECI

I movimenti muscolari intrinseci, cioè pic-cole contrazioni muscolari spontanee, limita-te a parte della massa muscolare, che non cau-sano spostamenti dei segmenti corporei, sonorappresentati dalle fibrillazioni e dalle fascico-lazioni.

42 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

FIBRILLAZIONI: questo termine designa classi-camente contrazioni muscolari parcellari, che simanifestano come contrazione di poche fibremuscolari (v. fascicolazioni).

Attualmente sulla base delle conoscenzedesunte dall’analisi elettromiografica, il termi-ne «fibrillazione» dovrebbe riferirsi alla contra-zione spontanea e indipendente di una singolafibra muscolare, contrazione che non potrà maiessere osservata a cute integra (è discutibile senon siano visibili, ad esempio, attraverso lemucose che ricoprono i muscoli linguali).

Il termine fibrillazione nella pratica clinicadovrebbe pertanto essere sostituito dal terminefascicolazione. Le fibrillazioni si manifestano neimuscoli denervati, da 8 a 21 giorni dopo che ilmuscolo è stato privato della sua innervazione epossono persistere a lungo, anche un anno e più.Come abbiamo detto, le fibrillazioni non posso-no essere osservate dall’esaminatore, ma soloregistrate all’esame elettromiografico. Le fibril-lazioni (Denny-Brown e Pennybacker, 1936) sa-rebbero dovute o ad una più elevata ec-citabilitàdel sarcolemma o ad una più rapida contrazionedi una porzione della fibra muscolare.

FASCICOLAZIONI: le fascicolazioni sono contra-zioni spontanee, rapide, ripetentesi a intervalliirregolari, parcellari (interessano una piccolaparte di muscolo e non comportano spostamentidi segmenti corporei), dovute all’attività di unasola unità motoria o di gruppi di unità motorie:sono avvertite dal soggetto come rapidi ed im-provvisi guizzi di una parte del muscolo.

Solo nel caso di soggetti pingui e per deter-minati muscoli l’osservazione delle fascicola-zioni può risultare difficile. Il loro rilievo ri-chiede talora alcuni semplici accorgimenti: l’il-luminazione deve cadere trasversalmente suisegmenti corporei, ma soprattutto l’ambientedeve essere sufficientemente riscaldato per evi-tare contrazioni muscolari da freddo.

Sono descritte manovre facilitanti, quali ten-dere oppure inumidire la pelle sopra il musco-lo, percuotere il muscolo leggermente con le

dita o con un piccolo martello. Anche un’inie-zione di prostigmina, soprattutto nei soggettisensibili, può avere azione facilitante.

Le fascicolazioni possono variare sia in lun-ghezza che in estensione; nel primo caso la va-riazione dipenderà soltanto dalla lunghezzadella fibra muscolare interessata, nel secondodal maggior o minor numero di unità motorieeccitate simultaneamente.

Le fascicolazioni e le fibrillazioni sono e-spressione di una scarica di un alfa motoneu-rone anormale, quando la lesione evolve gra-dualmente con un decorso prolungato nel tem-po. Si ritrova perciò nelle malattie degenerativeche ledono l’alfa motoneurone, come la sclerosilaterale amiotrofica, la poliomielite anteriorecronica, talora in casi particolari di tumori alenta e lunga evoluzione; eccezionalmente nellemalattie delle radici e dei nervi periferici.

Le fascicolazioni non hanno invariabilmen-te un significato patologico: sono state descrit-te fascicolazioni di genesi non conosciuta edefinite «benigne», che si osservano nei musco-li di soggetti affaticati, dopo deprivazione disonno, o in relazione ad eccessivo consumo dialcool, caffè, nicotina, specie in età giovanile.Naturalmente in questi casi le fascicolazionisono l’unico segno obiettivo presente.

MIOCHIMIE: è un termine con cui oggi si de-signano almeno tre distinte forme di contrazionimuscolari patologiche:

1) contrazioni di tipo fascicolare, localiz-zate, ripetitive, piuttosto lente (durata da 2 a 15secondi). Ne risulta un’ondulazione continua eirregolare. All’elettromiogramma si osservaprolungata e continua attività spontanea di po-tenziali simili ai potenziali di unità motoria;

2) contrazioni continue e ondulatorie neimuscoli di tutto il corpo che comportano mo-vimenti specie alle dita; all’elettromiografia siosservano potenziali a tipo di multipletta;

3) brevi serie di contrazioni dei muscolipalpebrali (esperienza comune a tutti) e taloradei gastrocnemi, spesso in rapporto con la fa-

43Funzione motoriaFunzione motoria

tica (e spesso denominate mioclonie) che elet-tromiograficamente, sebbene poco studiate,corrispondono a multiplette, molto localizzate.

In sostanza si dovrebbe usare il termine dimiochimia per indicare un’attività muscolare ditipo fascicolare ma continua, dovuta, forse, auna abnorme secrezione di acetilcolina a livel-lo della placca motoria.

Fra le ipotesi che tentano di spiegare questotipo di «false fibrillazioni» vengono considerate(Denny-Brown e Pennybacker, 1936): una pos-sibile genesi da spasmo vascolare, un’alterazio-ne della irrorazione vascolare del fascio musco-lare, la fatica, la sudorazione eccessiva, altera-zioni del metabolismo del sodio.

Forza muscolare

Comprende l’esame della forza muscolareglobale, quando si esplora la forza di più grup-pi muscolari degli arti superiori o inferiori, el’esame della forza di ogni singolo muscolo.Per un corretto esame semeiotico è bene primaesaminare la forza muscolare globale e solo inseguito la forza di ogni singolo muscolo.

ESAME GLOBALE DELLA FORZA MUSCOLARE

Un disturbo della forza muscolare globalepuò essere messo in luce con le manovre se-guenti, specialmente utili nei deficit della for-za di genesi piramidale:

Segno di Mingazzini agli arti superiori: ilmalato seduto ad occhi chiusi, viene invitato aprotendere le braccia con le palme rivolte ver-so il pavimento e a mantenere questa posizio-ne per 3-4 minuti (Fig. 2.22). In questa posizio-ne l’arto paretico lentamente inizia ad abbassar-si per il deficit degli estensori. Ovviamente ildeficit può anche avere una distribuzione bila-terale. Qualora il deficit motorio sia estrema-mente modesto, soltanto le dita della mano o lamano tenderanno ad abbassarsi, o l’arto lieve-

mente abbassato viene richiamato alla posizio-ne di partenza, cosicché si possono osservare,continue, lente oscillazioni.

Segno della pronazione: il malato è postonella posizione precedente, ma le palme dellemani sono rivolte verso l’alto. Nelle lesionipiramidali, lentamente la mano paretica, ed inseguito il braccio, si portano in pronazione,perché i muscoli supinatori all’arto superioresono, insieme con altri gruppi muscolari, primi-tivamente colpiti, e pertanto si evidenzia l’azio-ne prevalente dei pronatori (Fig. 2.23).

Segno della mano cava: segno molto precocedi lesione piramidale, per alcuni Autori (Garcin,1955); viene ricercato nel seguente modo: il ma-lato, seduto, tiene gli avambracci flessi a circa 90gradi, la faccia palmare delle mani in avanti, ledita divaricate con forza. In caso patologico, siosserva che, a causa della adduzione del pollice,il palmo della mano si incava perché il pollice el’eminenza tenar sono portati in avanti e in den-tro. Il deficit di forza degli estensori del pollice(che provocano abduzione ed estensione) presen-te in questi casi, evidenzia l’azione non contra-stata dell’adduttore breve del pollice (Fig. 2.24).

Fig. 2.22 - Esame della forza muscolare agli arti superiori:prova di Mingazzini.

44 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

Segno di Mingazzini agli arti inferiori: il ma-lato è posto in posizione supina, le cosce sonoflesse a 90 gradi sul tronco e le gambe forma-no un angolo retto con le cosce. Dal lato dellalesione (nel caso di una lesione unilaterale) sipotrà osservare sia un lento e progressivo abbas-samento dell’arto, sia una serie di oscillazioniche, aumentando progressivamente di ampiez-za, esitano in una caduta dell’arto sul piano delletto. Questa prova esplora i muscoli ileo-psoase gli estensori della gamba sulla coscia (Fig.2.25).

Segno di Barré: il malato è posto bocconi sulletto, le cosce lievemente divaricate e le gam-be flesse ad angolo retto sulle cosce. L’arto lesoinizierà lentamente a cadere, nonostante che, avolte, si osservi la contrazione dei muscoli dellazampa d’oca (semitendinoso, gracile, sartorio)che tentano di opporsi alla caduta. Esplora laforza del bicipite femorale, del semitendinosoe del semimembranoso (Fig. 2.26).

ESAME SEGMENTALE DELLA FORZA MUSCOLARE

La forza impiegata in una contrazione mu-scolare volontaria o attiva può essere esami-

Fig. 2.25 - Prova di Mingazzini agli arti inferiori.Fig. 2.23 - Segno della pronazione.

Fig. 2.24 - Segno della mano cava sinistra.

Fig. 2.26 - Prova di Barré.

45Funzione motoriaFunzione motoria

nata facendo compiere un movimento controresistenza imposta dall’esaminatore. Quandoperò la forza del soggetto appare di grado giàmolto modesto sarà utile esaminare il movi-mento contro gravità o addirittura a gravitàeliminata.

Il movimento contro gravità è quello spon-taneo senza l’imposizione di una resistenza at-tiva, quello a gravità eliminata si avvera quan-do lo spostamento del segmento corporeo av-viene in un piano in cui la gravità è eliminata(il malato viene posto, ad esempio, in decubitolaterale ed il movimento eseguito su un pianoorizzontale).

Per poter eseguire un corretto esame segmentaledella forza è ovviamente necessaria una buona cono-scenza della disposizione anatomica dei singoli musco-li e del tipo di movimento che essi consentono: cono-scere cioè quali gruppi muscolari concorrono all’ese-cuzione del movimento, quale nervo sia responsabiledell’innervazione di quel muscolo, ed infine quali ra-dici o segmenti midollari concorrano alla formazionedi quel nervo periferico. Solo con questo bagaglio diconoscenze sarà possibile correttamente diagnosticarele lesioni di un nervo periferico, dei plessi, delle radi-ci o del midollo.

L’esaminatore dovrà decidere se la forza è conser-vata, se vi è paralisi o paresi, se vi sono movimentimuscolari percettibili, se esistono movimenti controgravità o contro resistenza. Mentre si esegue l’esame,la parte del corpo da esplorare deve essere posta inposizione tale da permettere un’azione diretta del mu-scolo ed impedire l’azione di gruppi muscolari siner-gici: così se si vuole esaminare la parte distale di unsegmento corporeo, bisognerà impedire che la contra-zione di gruppi muscolari prossimali compensi in partela deficienza di forza del movimento dei gruppi mu-scolari distali.

L’intensità della contrazione del muscolo in esameviene accertata con la palpazione del ventre muscola-re.

Con questi metodi, osservazione e palpazione, è pos-sibile valutare correttamente la forza muscolare senzal’aiuto di particolari strumenti. Solo in casi speciali, so-prattutto quando si desiderano dati quantitativi, è pos-sibile usare il dinamometro, peraltro di utilità limitata apochi gruppi di muscoli.

È quindi necessario possedere determinati criteri perdesignare vari gradi di forza muscolare, riconoscibilianche da altri esaminatori in controlli successivi.

La seguente quantificazione ad uso clinico della forzamuscolare (Medical Research Council, 1962) apparetutt’oggi molto utile:

0: nessuna contrazione muscolare;1: accenno a contrazione o apprezzamento di contra-

zione alla palpazione senza spostamento di segmentiossei;

2: il muscolo riesce a spostare i segmenti ossei a gra-vità eliminata;

3: il muscolo riesce a spostare i segmenti ossei con-tro gravità, ma non contro resistenza;

4: il muscolo riesce a spostare i segmenti ossei an-che contro un certo grado di resistenza;

5: il muscolo riesce a spostare i segmenti ossei con-tro il massimo della resistenza.

In un esame neurologico non è necessario esamina-re la forza di tutti i muscoli, ma piuttosto di un limitatonumero di gruppi muscolari di particolare importanza.

Per l’esecuzione dell’esame è necessaria una buonacollaborazione, che può mancare in caso di disturbi dellacoscienza o di disturbi psichici, per cui l’esame non po-trà essere eseguito. In questo caso si potrà ottenere solouna grossolana informazione dalla osservazione globa-le dell’atteggiamento o dei movimenti eseguiti: se l’ar-to o gli arti sono mossi spontaneamente, se a stimoliintensi o modesti l’arto viene allontanato, se entrambigli arti sollevati cadono sul piano del letto nello stessomodo, se offrono resistenza alla caduta, ecc.

Benché un esame dettagliato della forza segmentalevenga eseguito soltanto se esiste un quesito specifico,ad esempio una lesione periferica, esistono alcuni mu-scoli, od alcuni gruppi muscolari ad azione sinergica,che vengono costantemente esaminati nel corso di un e-same neurologico, poiché permettono una sufficientevalutazione della forza muscolare distrettuale. Riferire-mo pertanto brevemente sulla tecnica adatta per esami-nare questi muscoli o gruppi muscolari.

a) Arti inferiori

M. estensore lungo dell’alluce (L5-S

1, n. sciatico) si

invita il paziente a dorsiflettere l’alluce contro resisten-za; il tendine può essere apprezzato con la palpazione.

M. estensore breve delle dita (L5-S

1, n. sciatico) si

invita il paziente a dorsiflettere l’alluce contro resisten-za; il muscolo può essere apprezzato palpatoriamenteanteriormente al malleolo esterno.

M. estensore lungo delle dita (L5-S1, n. sciatico) siinvita il paziente a dorsiflettere le dita contro resisten-za; il tendine può essere apprezzato con la palpazione.

M. tibiale anteriore (L4-L5, n. sciatico) si invita il pa-ziente a dorsiflettere il piede contro resistenza; la con-trazione del muscolo può essere apprezzata palpatoria-mente.

46 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

M. gastrocnemio (S1-S2, n. sciatico) si invita il pa-ziente a flettere plantarmente il piede contro resistenza:il muscolo può essere apprezzato palpatoriamente.

Mm. flessori della gamba sulla coscia (muscolibicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso,L

4-L

5-S

1-S

2, n. sciatico) il paziente è in decubito prono

e cerca di flettere la gamba sulla coscia contro resisten-za.

Mm. estensori della gamba sulla coscia (quadricipitefemorale: L2-L3-L4, n femorale), il paziente in decubitosupino cerca di estendere la gamba sulla coscia.

M. ileo-psoas (L1-L

2-L

3, n. femorale), il paziente è in

decubito supino. La coscia è flessa a 90 gradi sul baci-no e sostenuta dall’esaminatore; il paziente cerca di flet-tere la coscia sul bacino contro resistenza.

Mm. adduttori (L2-L3-L4, n. otturatorio), il pazienteè in decubito supino, a ginocchio esteso e cerca di ad-durre gli arti contro resistenza.

b) Arti superiori

M. trapezio (C3-C4, n. accessorio spinale) per esami-nare la parte superiore del muscolo il paziente è sedutoe cerca di elevare la spalla contro resistenza: per esami-nare la parte inferiore del muscolo cerca di portare laspalla posteriormente contro resistenza.

M. dentato (C5-C6-C7, n. toracico lungo) il pazienteè in piedi e spinge con gli arti superiori estesi contro ilmuro. Le scapole non devono allontanarsi con il loromargine mediale dalla parete toracica; il muscolo puòessere palpato sulla faccia esterna delle coste.

M. sopraspinoso (C5, n. soprascapolare) e sottospi-

noso (C5-C6, n. soprascapolare) il paziente è in piedi eper l’esame del muscolo sopraspinoso cerca di abdurrel’arto esteso contro resistenza; per l’esame del musco-lo sottospinoso il paziente cerca di extraruotare controresistenza l’arto superiore flesso a 90 gradi.

M. deltoide (C5-C

6, n. circonflesso), il paziente abdu-

ce l’arto esteso e cerca di mantenerlo a 45 gradi controresistenza.

M. bicipite (C5-C

6, n. muscolo cutaneo), il paziente

cerca di flettere l’avambraccio supinato contro resi-stenza.

M. tricipite (C7-C

8, n. radiale), il paziente cerca di

estendere l’avambraccio sul braccio contro resisten-za.

M. brachioradiale (C5-C

6, n. radiale), il paziente cer-

ca di flettere l’avambraccio, in posizione media trapronazione e supinazione, contro resistenza.

Mm. estensori delle dita (m. estensore radiale delcarpo C6-C7, n. radiale, m. estensore delle dita, m. e-stensore ulnare del carpo; C7-C8, n. radiale), il pazien-te cerca di estendere il polso o le dita contro resisten-za.

M. flessore radiale del carpo (C6-C7-C8, n mediano)m. flessore superficiale delle dita (C7-C8-T1, n. media-no), m. flessore profondo I-II dito (C

8-T

1, n. mediano)

III-IV dito (C8-T1, n. ulnare) il paziente cerca di flettereil polso o le dita contro resistenza.

Mm. interossei (dorsali e palmari; C8-T

1, n. ulnare),

il paziente cerca di addurre e/o abdurre le dita controresistenza tenendo il palmo della mano e le dita appog-giate a piatto sopra una superficie.

M. opponente del pollice (C8-T1, n. mediano), il pa-ziente cerca di portare, contro resistenza, la punta delpollice a contatto con quella del mignolo.

M. abduttore lungo del pollice (C7-C8, n. radiale), ilpaziente cerca di abdurre il pollice in direzione radiale.

M. abduttore breve del pollice (C8-T

1, n. mediano),

il paziente cerca di abdurre in direzione palmare il pol-lice contro resistenza.

M. abduttore del mignolo (C8-T

1, n. ulnare) il pazien-

te cerca di abdurre il mignolo contro resistenza tenen-do il dorso della mano e le dita appoggiate a piatto so-pra una superficie.

M. opponente del mignolo (C8-T1, n. ulnare), a ditaestese il paziente cerca di atteggiare il palmo della manoa coppa e di portare il mignolo davanti alle altre dita.

I riflessi

I riflessi, che comunemente vengono ricerca-ti nella pratica clinica, sono rappresentati da unacontrazione muscolare involontaria ottenuta perappropriata stimolazione di una determinatastruttura sensitiva. La base anatomica della at-tività riflessa è - come abbiamo visto (v. pag.10) - l’arco diastaltico che elementarmente ècomposto dal recettore sensitivo, dalla viaafferente sensitiva, dal neurone motore, dallavia efferente motoria ed infine dall’organoeffettore (cioè il muscolo) (Fig. 2.3).

Lo studio dei riflessi è di estremo valore nellapratica neurologica poiché fornisce informazio-ni obbiettive e, in una certa misura, anche quan-tificabili: può permettere di stabilire l’integri-tà o l’alterazione in un determinato segmentomidollare (quello a cui appartiene l’arco diastal-tico) e può fornire utili elementi per un giudi-zio sull’evoluzione di un quadro morboso (adesempio, ripristino di un riflesso prima assen-te nelle lesioni periferiche, ecc.).

47Funzione motoriaFunzione motoria

CLASSIFICAZIONE

I riflessi si possono suddividere in due gruppi:

Riflessi fisiologici: presenti in ogni soggettonormale e che, nelle diverse lesioni del sistemanervoso, sono suscettibili di modificazioniquantitative: iperreflessia, iporeflessia o arefles-sia.

Riflessi patologici: non presenti nel sogget-to normale, ed espressione di lesioni del siste-ma nervoso.

RIFLESSI FISIOLOGICI

Si suddividono in riflessi profondi o proprio-cettivi e riflessi superficiali o esterocettivi.

Riflessi profondi. – Rappresentano la rispo-sta motoria ottenuta per stimolazione dei fusineuromuscolari. Sinonimi devono intendersi itermini di riflessi propriocettivi o riflessi ten-dinei e osteoperiostei, riflessi miotattici, riflessidi stiramento.

Le tecniche neurofisiologiche cliniche permettono lastimolazione elettrica selettiva delle fibre afferenti equindi consentono di ottenere la contrazione riflessa delmuscolo senza aver provocato una stimolazione degliorgani fusali. Questo riflesso miotattico artificiale fu de-scritto per la prima volta da P. Hoffmann e denominatocomunemente riflesso H.

Il riflesso, provocato dalla percussione delmartelletto sul tendine dei diversi muscoli è unriflesso propriocettivo di allungamento fasico.

Con la percussione del tendine, cioè, si provoca unbrusco allungamento del muscolo; per stiramento dellegrosse fibre intrafusali a «sacco nucleare», ne risulta unaeccitazione delle terminazioni primarie anulo-spirali, dacui parte una scarica afferente che, con le fibre Ia, rag-giunge direttamente gli alfa-moto-neuroni, i cui impul-si attraverso la via efferente delle radici anteriori, met-tono in azione le fibre muscolari extrafusali dello stes-so muscolo agonista determinandone una contrazionerapida (contrazione fasica). Questa cessa bruscamente

in quanto la stessa contrazione muscolo-tendinea ecci-ta i recettori tendinei di Golgi che, attraverso le fibreafferenti Ib, inibiscono l’agonista con conseguente rila-sciamento del muscolo stesso.

I riflessi profondi od osteo-tendinei sonoperciò dei riflessi monosinaptici e unisegmen-tali e ognuno di essi ha un centro proprio situatoin un determinato segmento midollare.

Riflessi superficiali o esterocettivi. – Le af-ferenze da recettori esterocettivi (in particolarmodo quelle attivate da stimoli cutanei), cheagiscono sui motoneuroni, sono messe in gio-co soprattutto dagli stimoli che risultano «no-civi» per l’organismo (riflessi nocicettivi). Ri-flesso esterocettivo o riflesso F (di Foerster)sono sinonimi. La stimolazione eccita in primoluogo i motoneuroni dei muscoli flessori, ciòche determina, da un punto di vista finalistico,la retrazione dell’arto e l’allontanamento dallostimolo nocivo.

Un riflesso esterocettivo può essere scatenatoda una eccitazione che proviene dalle più diver-se regioni sensitive. A differenza dei riflessiprofondi che sono monosinaptici i riflessi su-perficiali sono polisinaptici e plurisegmentali.

L’attivazione dell’arco riflesso, infatti, prima di rag-giungere i motoneuroni, utilizzerebbe numerosi inter-neuroni specie ascendenti che sposterebbero il centro ri-flesso a monte del segmento midollare interessato, cioèa livelli sopraspinali ed anche, per taluno, corticali. Inquesto modo sarebbe spiegata l’assenza dei riflessi ad-dominali nelle lesioni emisferiche della via cortico-spinale. Ma l’articolazione sinaptica dei riflessi addomi-nali a livello corticale non sembra accettabile sulla basedi ricerche più recenti, le quali dimostrerebbero che iriflessi addominali sono riflessi polisinaptici spinali. Lascomparsa del riflesso per lesione piramidale sarebbequindi dovuta alla diminuita eccitabilità del centro spi-nale.

RIFLESSI PROFONDI (TAB. 2.2)

Il necessario completo rilasciamento musco-lare non è facile da ottenere soprattutto in sog-getti emotivi. Più che il generico invito a «es-

48 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

ser rilassato», a «non contrarre i muscoli» èutile distrarre l’attenzione del soggetto. Moltospesso non si ottiene la risposta riflessa poichéil muscolo non è posto nel grado ottimale ditensione muscolare, cioè in modo che risulti nepoco né troppo stirato. Qualora non si ottengail riflesso, si varierà la posizione degli arti sinoa trovare la posizione ottimale. Lo stimolo saràapplicato a mezzo del martello con un colpobreve e secco.

Quando il riflesso è presente e vivace, è suf-ficiente un martello piccolo, ma quando il ri-flesso è torpido è meglio usare un martello conla testa grossa e pesante ed un manico lungo eflessibile per ottenere uno stimolo più intenso.

A volte pur avendo correttamente eseguito lamanovra, il riflesso non risulta elicitabile: pri-ma di affermarne l’assenza, è necessario, tutta-via, ricorrere ai vari metodi di rinforzo che at-tuano la contrazione di muscoli non interessatinel riflesso.

Ad esempio, quando si debbano esaminare iriflessi degli arti inferiori si invita il paziente adeseguire la manovra di Jendrassik1 (il soggettotenta con forza di divaricare le mani avvinghia-te), oppure a stringere i denti con forza, ed aspingere violentemente gli arti superiori l’unocontro l’altro. Esaminando i riflessi degli artisuperiori si inviterà il paziente a stringere for-te il pugno controlaterale e addurre con forzale gambe, ecc. Ciononostante, il miglior me-todo di rinforzo sembra essere una modestacontrazione del muscolo esaminato.

Dopo aver ottenuto i riflessi, eventualmentericorrendo a questi accorgimenti, è necessariovalutarne l’intensità. Alcuni AA. preferisconoadottare un termine descrittivo: normali, dimi-

Tabella 2.2. - Riflessi profondi e superficiali.

Riflessi Centro Nervo afferente Nervo efferente

Riflessi profondi

Masseterino Ponte V sensitivo V motorio

Bicipitale C5-C6 Muscolo-cutaneo Muscolo-cutaneo

Tricipitale C6-C7 Radiale Radiale

Radio-flessore C5-C6 Radiale Radiale

Cubito-pronatore C8-T1 Mediano Mediano

Patellare o Rotuleo L2-L3-L4 Femorale Femorale

Achilleo L5-S1-S2 Tibiale Tibiale

Medio-plantare L5-S1-S2 Tibiale Tibiale

Riflessi superficiali

Corneale Ponte V VII

Faringeo Bulbo IX IX-X

Addominale superiore T7-T9 Intercostali Intercostali

Addominale medio T9-T11 Intercostali Intercostali

Addominale inferiore T11-T12 Intercostali Intercostali

Cremasterico L1-L2 Femorale Genito-femorale

Cutaneo plantare L5-S1-S2 Tibiale Tibiale

Anale S4-S5 Pudendo Pudendo

1 Il meccanismo della manovra di Jendrassik è stato oggetto direcenti studi. La manovra produrrebbe un aumento dell'attivitàdel sistema gamma efferente per cui la soglia dell'arco riflessosarebbe diminuita.

49Funzione motoriaFunzione motoria

nuiti, assenti, aumentati, molto vivaci (o poli-cinetici). Altri preferiscono un termine grafico,un numero con il segno positivo o negativo, uno0 o vari segni di +. Questa quantificazione nonè ovviamente obiettiva, e può avere valore sol-tanto se i dati sono ottenuti dallo stesso esami-natore.

Elenchiamo adesso i principali riflessi, quellicioè che è utile ricercare nel corso di un esameneurologico (Tab. 2.2).

Riflesso masseterino (sinonimo r. mandibo-lare). Arco afferente: n. trigemino; arco efferen-te: n. trigemino. Si applica un leggero colpo dimartelletto o sul dito, posto sul mento del pa-ziente, o su un abbassalingua posto sull’arcatadentaria inferiore. La contrazione del masseterecausa la chiusura della bocca, mantenuta inposizione di leggera apertura.

Riflesso bicipitale (C5-C

6; n. muscolo-cuta-

neo). Si può eseguire sia a paziente seduto chesupino: nel primo caso gli arti superiori saran-no appoggiati sulle cosce del paziente, nel se-condo sul ventre. Lo stimolo viene applicato sulpollice dell’esaminatore, posto sul tendine delbicipite al gomito. Si ottiene una flessione del-l’avambraccio sul braccio.

Riflesso tricipitale (C6-C

7; n. radiale). La

sede di percussione è sull’inserzione omeraledel tricipite, circa 3-4 centimetri al di sopra delgomito, per evitare di provocare il riflessoolecranico (che provoca flessione dell’avam-braccio sul braccio).

L’arto del paziente può essere posto nellastessa posizione in cui si ottiene il r. bicipitale,oppure l’esaminatore sostiene il braccio delpaziente, che è flesso al gomito, lo eleva e loabduce. In questo modo è più facile osservareil movimento di estensione dell’avambracciosul braccio.

Riflesso radio-flessore (sinonimo r. radialeperiosteo; C

5-C

6; n. radiale). Gli arti superiori

del paziente vengono posti come per l’esamedel r. bicipitale, lo stimolo viene portato sulmargine laterale della parte distale del radio. Siottiene la flessione dell’avambraccio sul brac-cio.

Riflesso cubito-pronatore (sinonimo r. prona-tore; C

8-T

1; n. mediano). L’arto superiore del

paziente è posto nella stessa posizione nellaquale si elicita il riflesso radio-flessore. Lo sti-molo viene applicato sulla superficie dorsaledell’apofisi distale dell’ulna. Si ottiene un mo-vimento di pronazione dell’avambraccio.

Riflesso flessore comune delle dita (C7-C

8-T

1;

n. mediano ed ulnare). Per evocarlo si pone lamano in semisupinazione appoggiata sul ginoc-chio del paziente seduto; il dito medio e l’indi-ce dell’esaminatore, posti trasversalmente sul-le dita del paziente, vengono percossi dal mar-telletto. Si ottiene una flessione di tutte le ditadella mano.

Riflessi addominali profondi (T1-T

2; n. inter-

costali medio e inferiore). Si percuote il mar-gine inferiore dell’ultima costa e si avverte, conla mano posta sulla parete addominale, la con-trazione dei muscoli retti dell’addome.

Riflesso rotuleo (sinonimo r. del quadricipitefemorale, r. patellare; L

2-L

3-L

4; n. femorale). La

tecnica per la provocazione varia a seconda cheil paziente sia seduto o sdraiato: quando il pa-ziente è seduto sul bordo del letto con le gam-be penzolanti, lo stimolo viene applicato sultendine sottorotuleo; quando il soggetto è sdra-iato, l’esaminatore pone un braccio sotto le gi-nocchia del paziente e le solleva leggermentecausando così una modesta flessione e, appli-cando lo stimolo come nel caso precedente, siottiene l’estensione della gamba sulla coscia. Sipuò ottenere il riflesso (cosiddetto riflessosoprarotuleo) percuotendo direttamente sopra larotula del paziente seduto, o, nel paziente sdra-iato, stirando verso il basso, con un dito dispo-

50 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

sto trasversalmente, la rotula e quindi percuo-tendo il dito dall’alto verso il basso. Si ottieneuna contrazione del quadricipite che provoca unrapido spostamento della rotula verso l’alto.

Riflesso achilleo e r. medio-plantare (sinoni-mo r. del gastrocnemio e r. del soleo; L

5-S

1-S

2;

n. tibiale). Per la esecuzione del r. achilleo ilpunto di percussione è il tendine di Achille,mentre per l’esecuzione del r. medio-plantaredeve essere percossa la pianta del piede sulmargine laterale, alla sua metà circa. Il pazien-te può essere posto seduto con le gambe pen-zoloni, inginocchiato, sdraiato. Si ottiene unaflessione plantare del piede.

Riflesso degli adduttori (L2-L

3-L

4; n. cuta-

neo-mediale, n. otturatore). Il paziente in decu-bito supino mantiene gli arti inferiori semiflessied abdotti: viene percosso il condilo medialedel femore. Si ottiene una risposta di adduzionedell’arto.

Sempre nell’ambito dei riflessi profondi ac-cenniamo a due riflessi che da vari Autori sonoritenuti patologici, mentre in realtà non assumo-no significato patologico se riscontrati isola-mente.

Riflesso flessore delle dita: si provoca comu-nemente seguendo la tecnica di Hoffmann: l’e-saminatore stringe con due dita della mano si-nistra la seconda falange del dito medio delpaziente: con il pollice dell’altra mano pizzica,a mo’ di chitarra, la terza falange dello stessodito medio del soggetto in esame. A tale ma-novra fa seguito normalmente la flessione del-le altre dita, pollice compreso; quando questarisposta è vivace ed associata ad iperreflessiageneralizzata o monolaterale esprime una com-promissione del sistema piramidale.

Segno di Rossolimo: è un riflesso patologi-co provocabile con diverse manovre, usualmen-te con l’improvvisa percussione delle dita delpiede del paziente da parte delle dita dell’esa-

minatore, consistente nella flessione plantaredelle dita del piede.

RIFLESSI SUPERFICIALI (TAB. 2.2).

Lo stimolo portato a contatto della cute edelle mucose, può essere quanto mai vario:toccare con cotone, con un piccolo pezzo dicarta, oppure strisciare, pungere, ecc.

Riflesso corneale (afferenza V, efferenza VII;centro: ponte). Stimolando leggermente la corneacon un batuffolo di cotone, portato in direzionelateromediale dall’esterno del campo visivo men-tre il paziente viene invitato a guardare dalla par-te opposta, si ottiene una contrazione dell’orbico-lare delle palpebre con ammiccamento.

Riflesso faringeo (afferenza, efferenza: IX-X; centro: bulbo). Stimolando la parete poste-riore del faringe con un abbassalingua o conqualsiasi altro oggetto, si ottiene la contrazio-ne dei mm. faringei.

Riflessi addominali (sup. T7-T

9, medio T

9-

T11

, inferiore T11

-T12

). Lo stato dell’addome(condizioni della cute, adipe, muscoli) condi-ziona l’estrinsecazione del riflesso in soggettiricchi di adipe o in donne che abbiano partori-to più volte, casi in cui difficilmente potrannoessere ottenuti i riflessi addominali.

A soggetto completamente rilasciato, con imuscoli addominali completamente detesi,l’esaminatore striscia, con una punta smussa,obliquamente dall’esterno all’interno o dall’in-terno all’esterno sulla cute dell’addome. Si di-stinguono i riflessi addominali superiore, me-dio ed inferiore. I riflessi addominali rivestonouna certa importanza poiché sono spesso assen-ti negli stadi iniziali della sclerosi multipla e di-minuiti o assenti unilateralmente nel caso dilesioni piramidali a livello encefalico.

Riflesso cremasterico (L1-L

2). Viene stimola-

ta la cute della faccia mediale della coscia, alla

51Funzione motoriaFunzione motoria

radice dell’arto, strisciando con una punta smus-sa per ottenere una contrazione del m. cremasteree quindi un sollevamento del testicolo.

Riflesso anale (dello sfintere esterno o volon-tario: S

4-S

5). Si stimola con una punta smussa

la cute perianale e si ottiene come risposta lacontrazione dello sfintere esterno.

Riflesso bulbo-cavernoso (S3-S

4). Si ottiene

stimolando la cute della parte anteriore del peneo pungendo lievemente il glande. Si apprezze-rà la contrazione del m. bulbo-cavernoso allabase del pene.

Riflesso cutaneo-plantare (L5-S

1-S

2). Per

stimolazione, con una punta smussa, della cutedella porzione centrale della pianta del piedeascendendo dal calcagno alle dita, si ottiene laflessione plantare delle dita.

MODIFICAZIONI QUANTITATIVE DEI RIFLESSI

PROFONDI

– IPOREFLESSIA O AREFLESSIA: la riduzione oabolizione dei riflessi profondi può essere do-vuta a:

a) alterazione o abolizione della conduzio-ne dell’impulso attraverso l’arco riflesso e quin-di per lesione della via afferente, del neuroneintercalare, della via efferente;

b) lesioni midollari e cerebrali quando simanifestino improvvisamente. L’areflessia inquesti casi è transitoria e attribuita allo stato dishock spinale o al fenomeno di diaschisi.

– RIFLESSI PENDOLARI: è una modalità partico-lare di risposta dei riflessi profondi, che simette in evidenza per il riflesso rotuleo e trici-pitale. La risposta che si ottiene per un singolostimolo è costituita da una serie di oscillazionipendolari del segmento di arto.

I riflessi pendolari si riscontrano soprattuttonei malati cerebellari e la loro estrinsecazioneè in rapporto con l’ipotonia.

– IPERREFLESSIA: l’esagerazione dei riflessiprofondi si dimostra con la velocità e l’inten-sità della contrazione e l’ampiezza del movi-mento riflesso. I riflessi sono detti trepidanti opolicinetici o polifasici, quando un singolo sti-molo dà luogo ad un accenno di risposta mul-tipla, che si può poi concretare in una rispostaripetitiva vera e propria, cioè nel clono.

Clono: con questo termine si intende una se-rie ritmica di contrazioni muscolari scatenate dauna brusca e protratta tensione del tendine. Talefenomeno, osservabile in condizioni fisiologi-che solo in stato di fatica muscolare o di vizia-ta tensione di un muscolo, si provoca facilmentequando i riflessi tendinei sono accentuati inconseguenza di una lesione piramidale. Il clonodel piede è provocabile con una brusca flessio-ne dorsale del piede; quello della rotula con unbrusco spostamento verso il basso della rotula;quello del polso con una brusca estensione delpolso. In relazione alla sua durata il clono puòessere definito come ‘esauribile’ od ‘inesauri-bile’.

L’iperreflessia profonda è dovuta a:a) lesione della via piramidale;b) condizioni come la tetania, il tetano, l’av-

velenamento da stricnina.

RIFLESSI PATOLOGICI

Compaiono soltanto in concomitanza conmalattie del sistema nervoso.

Segno di Babinski: si ottiene strisciandocon una punta smussa lungo il bordo ester-no del piede e quindi verso l’alluce traccian-do una linea trasversale alla base delle dita.In caso di positività si ottiene l’estensionedorsale dell’alluce e l’abduzione delle dita(cosiddetto segno del ventaglio di Dupré)(Fig. 2.27 B).

Esistono numerosissime modalità per provo-care l’estensione delle dita del piede e quindi

52 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

moltissimi segni con relativa eponimia. Nellapratica clinica è utile conoscerne alcuni:

Segno di Oppenheim: strisciamento con for-za della cute della parte anteriore della gambatra il ginocchio e la caviglia, facendo scorreretra il pollice e la nocca dell’indice la crestatibiale.

Segno di Chaddock: strisciamento con unapunta smussa intorno al malleolo esterno, ini-ziando posteriormente e proseguendo lungo ilmargine esterno del piede (Fig. 2.27 A).

Segno di Gonda: rapida e forzata flessionedelle ultime due dita.

Segno di Gordon: compressione violenta del-le masse muscolari del polpaccio.

Segno di Schaefer: violenta compressionedigitale del tendine di Achille.

Il segno di Babinski è considerato classica-mente come il segno più attendibile di lesionedelle vie piramidali.

La risposta plantare patologica, cioè l’inver-sione del riflesso cutaneo-plantare o segno diBabinski, rappresenterebbe una parte del cosid-detto riflesso in flessione [flessione della cosciasul bacino, della gamba sulla coscia, del piedesulla gamba e delle dita (nello scimpanzé enell’uomo si aggiunge l’estensione dell’allu-ce2)] che rappresenta la risposta riflessa in rap-porto a stimoli nocicettivi con finalità di evita-re o allontanare lo stimolo dannoso. La cortec-cia motoria e la via piramidale manterrebberoun’azione soppressoria sul riflesso in flessioneper cui, in caso di lesione piramidale, la rispo-sta patologica verrebbe a manifestarsi. La nor-male risposta in flessione si manifesta tra il I eil II anno di vita; nei primi mesi quindi, la rispo-sta alla stimolazione cutanea della pianta delpiede è in estensione.

La variazione della risposta, in altri termini,correla bene con il periodo di mielinizzazionedel tratto piramidale e con il concomitante svi-luppo dei movimenti fini delle dita.

La risposta plantare estensoria (segno di Babinski) èindicativa, quindi, di una lesione del sistema piramidalein grado di svincolare gli alfa-motoneuroni del muscoloestensore dell’alluce dal controllo esercitato dalla cortec-cia motoria. La presenza di questo segno non dipendedalla gravità della lesione del sistema piramidale: lesionicerte delle fibre cortico-spinali possono non accompa-gnarsi alla presenza del segno di Babinski, come spessoaccade nella sclerosi laterale amiotrofica, mentre il segnopuò essere talvolta presente in pazienti che non presen-tano una franca ipostenia dell’arto inferiore. In generale,il segno di Babinski viene posto in relazione alla compro-missione del contingente neo-cortico-spinale, cioè la viache dalle cellule di Betz dell’area 4 arriva ai motoneuroni

2 In realtà la dorsiflessione dell’alluce rappresenta fisiologica-mente un movimento flessorio, anche se i muscoli in azione sonoindicati come estensori. Al contrario la flessione plantare delledita del piede è in realtà un’estensione (Brain e Wilkinson, 1959).Secondo Sherrington (1910) infatti, i muscoli dell’arto inferiorepossono essere classificati in funzione della loro partecipazioneal riflesso in flessione e alle differenti fasi della marcia: in questicasi il flessore dell’alluce che produce una flessione plantare, faparte funzionalmente del gruppo degli estensori, l’estensore del-l’alluce che produce una flessione dorsale fa parte funzionalmentedel gruppo dei flessori.

Fig. 2.27 - Indicazione della sede di stimolazione per otte-nere il segno di Chaddock (A) e il segno di Babinski (B).La freccia verticale indica la sede di stimolazione per il ri-flesso cutaneo-plantare.

53Funzione motoriaFunzione motoria

spinali. Il segno clinico che più frequentemente si asso-cia alla risposta plantare estensoria è la perdita della ca-pacità di eseguire movimenti fini del piede, presente nel92 % dei pazienti con segno di Babinski (Van Gijn, 1978).Inoltre, il segno di Babinski può essere presente anche inassenza di lesioni anatomiche delle fibre piramidali, espri-mendo una compromissione funzionale del sistema cor-tico-spinale (ipoglicemia, anestesia generale, sommini-strazione di sostanze ipnotiche, periodo postcritico di unacrisi epilettica, ecc.).

RIFLESSI PRIMITIVI

I riflessi primitivi, normalmente presenti nelneonato o nella primissima infanzia, possonopresentarsi nell’adulto in caso di patologia ce-rebrale diffusa.

I principali riflessi primitivi utilizzati nellapratica clinica sono:

– Riflesso del muso: protrusione delle lab-bra (per contrazione del m. orbicolare dellabocca) in seguito a percussione con il martellodelle labbra stesse.

– Riflesso glabellare: contrazione bilatera-le dell’orbicolare delle palpebre per percussio-ne sulla glabella; ha valore patologico quandopersiste in seguito a stimolazioni ripetute («gla-bellare inestinguibile»).

– Riflesso di suzione: stimoli tattili sullelabbra determinano una risposta di succhia-mento.

– Riflesso corneo-mandibolare: contrazio-ne dei muscoli pterigoidei per stimolazionedella cornea con un batuffolo di cotone.

– Riflesso di prensione forzata: stimolitattili sul palmo della mano con le dita (o conoggetti) determinano chiusura della mano.

– Riflesso palmomentoniero (di Marine-sco-Radovici): contrazione dei muscoli men-tonieri ipsilaterali per stimolazione (striscia-mento con una punta smussa) dell’eminenzatenar di una mano. Si ritrova in una percentua-le variabile di soggetti normali, ma si deve ri-tenere patologico in base alla soglia di compar-sa, alla sua riproducibilità, alla diffusione del-la zona reflessogena. Alcuni clinici lo conside-rano patologico solo se unilaterale.

Esprime l’esistenza di una lesione sopra-segmentale del sistema motorio e rappresente-rebbe la componente precoce di un riflessonocicettivo generale (Dehen e coll., 1974).

– Riflesso di inseguimento: il paziente se-gue con le mani, o con il capo, gli oggetti chegli vengono avvicinati.

RIFLESSI DI AUTOMATISMO SPINALE (sinonimo:riflessi di difesa, riflessi massivi, riflessi noci-cettivi).

Si tratta della risposta in flessione dell’artoinferiore (flessione della coscia sul bacino, dellagamba sulla coscia, del piede sulla gamba) perstimoli in genere dolorosi portati all’estremitàdistale dell’arto, espressione della completa emassiva risposta in flessione ad uno stimolonocicettivo.

Si possono riscontrare per lesioni encefalichecon disturbi piramidali, ma sono particolarmen-te evidenti nelle lesioni midollari trasverse incui l’area reflessogena è enormemente estesa edove lo stimolo che li provoca può anche esse-re un semplice stimolo tattile.

In soggetti paraplegici è possibile stabilire illivello inferiore della lesione midollare (Babin-ski e Jervoski, 1909) perchè questa concordacon il limite superiore della zona cutanea in cuila stimolazione causa ancora il riflesso di dife-sa, mentre il limite superiore della lesione èfornito dal livello di anestesia.

Nei paraplegici il riflesso di accorciamento odi triplice retrazione dell’arto con risposta inflessione si può accompagnare alla contrazionedelle pareti addominali, evacuazione della vesci-ca e del retto, sudorazione e orripilazione («Massreflex o di flessione massiva» di Riddoch).

Il riflesso di allungamento è molto più rarodel precedente. Si ottiene per stimolazione dellaparte alta della coscia o della parte bassa delventre con una risposta in estensione dell’arto.

Riflesso di allungamento crociato: rarissimo.Si pone un arto in estensione e l’altro in semi-

54 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

flessione: provocando nell’arto in estensione latriplice retrazione, si osserva l’estensione del-l’arto controlaterale. Si ritrova nelle paraplegie,specialmente nelle forme cutaneo-riflesse.

INVERSIONE DEI RIFLESSI

Un riflesso si dice invertito quando in luogodella risposta muscolare riflessa che si ottienenormalmente, la percussione tendinea provocala contrazione di un muscolo antagonista. Peresempio, la percussione del tendine del musco-lo tricipite, anziché provocare come di normail riflesso tricipitale con estensione dell’avam-braccio, può essere seguita da una risposta para-dossa di flessione dell’avambraccio. Perchéquesto avvenga sono necessarie due condizio-ni: che manchi del tutto la normale contrazio-ne riflessa del muscolo tricipite, e che questa siasostituita da una contrazione del bicipite (inver-sione del riflesso tricipitale).

Analogo è il fenomeno di «inversione del ri-flesso radiale» descritto da Babinski: la percus-sione dell’apofisi stiloide del radio, invece dideterminare flessione dell’avambraccio sulbraccio per contrazione riflessa del muscolobrachioradiale, provoca solo una flessione del-le dita. Anche il riflesso rotuleo può essere in-vertito e in questo caso si ottiene una flessioneanziché un’estensione della gamba.

Classicamente si ritiene che il fenomeno siadovuto ad una lesione intramidollare e alla dif-fusione dell’eccitamento reflessogeno ai meta-meri superiori o inferiori. Clinicamente l’inver-sione dei riflessi si può osservare in lesioni del-l’arco diastaltico, senza interessamento del mi-dollo.

Secondo alcuni Autori, l’inversione ha lostesso significato clinico dell’abolizione del ri-flesso: l’elicitazione del riflesso desiderato èimpossibile, ma lo stimolo può essere in gra-do, seppure applicato in sede non usuale, diprovocare un altro riflesso osteotendineo, lacui area di elicitazione è, nel caso particolare,allargata.

Iniziativa motoria, motilità automaticae associata

È possibile osservare in alcuni pazienti un in-debolimento ed impoverimento dell’iniziativamotoria e dell’attività automatica e associata,senza che esistano disturbi motori di tipo pira-midale.

L’iniziativa motoria, substrato indispensabileper l’effettuazione del movimento volontario,rappresenta la capacità di iniziare il movimen-to e di correttamente orientare reazioni motorieistintive e riflesse.

La motilità automatica e associata è rappre-sentata da un gran numero di movimenti che sicompiono in maniera automatica (e quindi nonvolontariamente) spesso in associazione conmovimenti volontari: movimenti del tronco edegli arti durante la marcia; movimenti del capoe degli occhi verso la sorgente di un rumore;movimenti della muscolatura mimica faccialeche tendono ad esprimere stati d’animo e a sot-tolineare atteggiamenti motori; gesticolazioneche accompagna la conversazione. Le alterazio-ni di questo tipo di attività motoria sono tipichedei quadri morbosi da lesioni del sistema extra-piramidale.

Le turbe dell’iniziativa motoria e della moti-lità automatica e associata possono essere cosìindicate: 1) catalessia e catatonia; 2) acinesia,ipocinesia, bradicinesia; 3) disturbi del linguag-gio; 4) disturbi della mimica.

CATALESSIA E CATATONIA. – Per catatonia s’in-tende la protratta conservazione di posizioni edi atteggiamenti spontaneamente assunti dal pa-ziente, per catalessia la conservazione nel tem-po di posizioni impresse ed imposte dall’esa-minatore (De Lisi, 1935).

Quindi, mentre un atteggiamento catatonicoè apprezzato passivamente dall’esaminatore, unatteggiamento catalettico viene ricercato, alzan-do ad esempio un arto del paziente e osservan-do come questa posizione venga mantenuta perun certo tempo. Quando la catalessia è molto

55Funzione motoriaFunzione motoria

intensa, possono essere imposte all’arto delpaziente posizioni abnormi, bizzarre, scomodee tali da giustificare il termine di flexibilitascerea alla possibilità di imporre al paziente i piùdiversi atteggiamenti, quasi si trattasse di ope-rare con cera da modellare.

La catatonia si ritrova con modalità para-digmatiche nel «sintomo del guanciale psichi-co» dei parkinsoniani: il paziente sdraiato, conil capo semiflesso sul tronco, come se fossesostenuto da un guanciale, lasciato a sè mantie-ne questa posizione per lungo tempo.

Gli stessi termini (catatonia e catalessia)sono anche impiegati in psichiatria, con signi-ficato parzialmente analogo. Tuttavia, invecedi «catatonia», si preferisce, in psicopatologia,il termine più globale di «sindrome catatoni-ca», caratterizzata da aspetti estremi di nega-tivismo e passività (catatonia, ecoprassia,ecolalia ed ecomimia), e da stereotipie mimi-che, gestuali, fasiche. Questi quadri si riscon-trano principalmente in stati tossici acuti enella schizofrenia.

ACINESIA, IPOCINESIA, BRADICINESIA. – Acinesiasignifica l’assenza o l’estrema povertà di mo-vimenti spontanei (ad esempio, nella gestico-lazione o nella mimica) o associati (ad esem-pio, movimenti pendolari degli arti nella mar-cia). Tale condizione si accompagna, spesso, adifficoltà dell’inizio del movimento («dellamessa in moto») ed è associata ad una riduzio-ne nell’ampiezza del movimento (ipocinesia)quale si manifesta nell’andatura a piccoli passio nella micrografia. La bradicinesia ,infine, in-dica una particolare lentezza nell’esecuzionedel movimento volontario (De Lisi, 1935) e sicaratterizza per la particolare estrema difficol-tà nel passaggio rapido da una sequenza moto-ria ad un’altra (movimenti sequenziali) e perla perdita o riduzione del ritmo di esecuzionedi tali sequenze (perdita della «melodia cineti-ca»).

Per molto tempo si è ritenuto che l’acinesiae la bradicinesia fossero strettamente correlate

alla rigidità; attualmente (anche in relazioneagli effetti delle terapie farmacologiche e chi-rurgiche) si ipotizza che tali fenomeni abbianouna genesi indipendente ed esprimano la defi-citaria facilitazione talamo-corticale delle areecorticali deputate alla programmazione (in par-ticolare, l’area supplementare motoria) ed al-l’esecuzione del movimento (aree motorieprimarie)(v. pag. 526)

L’acatisia è invece l’impossibilità di conser-vare a lungo una determinata posizione e lanecessità di muovere anche frequentementesegmenti di arto o tutto il corpo.

Un elemento singolare che si riscontra nellesindromi parkinsoniane è dato dal fatto chementre l’atto motorio risulta generalmente len-to, impacciato, estremamente povero, alcuneattività complesse possono essere eseguite cor-rettamente o meglio sono eseguite più rapida-mente: tipica è la possibilità di correre con no-tevole celerità (cinesia paradossa).

DISTURBI DELLA PAROLA. – I disturbi dell’inizia-tiva motoria si possono esprimere anche nell’am-bito dell’articolazione della parola (disartria).

Ci riferiamo a ciò che si osserva in alcunemalattie extrapiramidali, fra cui il morbo diWilson. Questi malati, pur non presentandoturbe fasiche (comprensione, lettura e scrittu-ra, linguaggio interno conservati), dimostranouna progressiva limitazione del linguaggio par-lato fino alla totale abolizione.

Altre turbe del linguaggio in rapporto conl’ipocinesia consistono in: monotonia del lin-guaggio, mancanza della cadenza con cui vie-ne data enfasi al discorso e, talora, palilalia, cioèripetizione, anche per 15 o 20 volte, dell’ulti-ma parola o sillaba pronunciata. Anche per laparola può essere dimostrata una cinesia para-dossa (tachifemia).

DISTURBI DELLA MIMICA. – I movimenti mimiciespressione di un particolare stato d’animo o di

56 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

un’emozione, possono dimostrare alterazionidefinite come: amimia, ipermimia, paramimia,riso e pianto spastico.

– Amimia o ipomimia: con questi terminis’intende la perdita o la riduzione dell’espres-sione del viso, con povertà o assenza dei mo-vimenti emozionali ed espressivi della faccia,in assenza, come è ovvio, di lesioni del nervofacciale, unilaterali o bilaterali.

La dissociazione tra innervazione faccialevolontaria e emozionale è infatti molto chiaraanche se non facile ne è la spiegazione. Il risoo il sorriso spontaneo, determinato da un’emo-zione, è ovviamente ben differente dal riso o dalsorriso di circostanza. Quest’ultimo necessital’integrità del facciale mentre il primo utilizze-rebbe vie efferenti pallido-ipotalamiche (v. pag.??).

L’amimia appare tipicamente e precocemen-te nella sindrome parkinsoniana, ed è da con-siderare espressione dell’acinesia.

– Ipermimia: con questo termine possonoessere definiti quei movimenti rapidi e grotte-schi a tipo di smorfia (grimaces degli AA. fran-cesi) che compaiono in vari quadri morbosi (le-sione del pallido, sclerosi a placche, ecc.).

– Paramimia o mimica discordante: sonoespressioni mimiche inadeguate o addiritturadiscordanti con la situazione emotiva che le hasuscitate. Questi disturbi sono tipici di amma-lati psichici, ma osservabili anche in ammalatineurologici con lesioni del sistema extrapirami-dale.

– Riso e pianto spastico: le modalità di comparsa ecessazione, solitamente improvvisa o spastica, le carat-teristiche del riso e del pianto disordinato ed irrefrena-bile, a volte lamentoso, l’assenza di un’adeguata moti-vazione ne costituiscono la caratteristica. Si tratta quindidi pazienti nei quali, improvvisamente e con caratteri-stiche esplosive, si scatena il riso o il pianto, senza unostimolo emozionale adeguato talora anzi in rapporto conuno stimolo che dovrebbe suscitare una manifestazio-ne mimica opposta (riso o pianto paradosso). Facilmente

il paziente può passare dal pianto al riso, iniziando conuno e finendo con l’altro.

Il riso e il pianto spastico si ritrovano soprattutto nellasindrome pseudobulbare, nella sclerosi in placche edovrebbero essere interpretati come perdita del controllocorticale che normalmente inibisce impulsi emozionaliinvolontari.

Alterazioni della regolazionedelle posizioni corporee

La regolazione delle posizioni e degli atteg-giamenti di parti corporee o del corpo in toto(De Lisi, 1935) è controllata da riflessi di na-tura propriocettiva o riflessi posturali che si in-tegrano a differenti livelli del nevrasse e in cuiil sistema extrapiramidale gioca un ruolo fon-damentale.

Clinicamente sono di interesse relativo, maè fondamentale il loro rilievo per l’interpreta-zione del meccanismo impiegato dal sistemanervoso nel mantenimento della postura.

I riflessi posturali si distinguono in riflessi posturalilocali, segmentali e generali.

I riflessi posturali locali sono rappresentati dai riflessidi stiramento o riflessi miotattici che nascono dal mu-scolo stesso. La contrazione del quadricipite femorale,ad esempio, per stimolazione della pianta del piede (re-azione positiva di sostegno) contribuisce a mantenerel’arto rigido e quindi, in via riflessa, la stazione eretta.Ma per poter compiere un movimento volontario, ad es.nella marcia, deve intervenire una reazione di sostegnonegativa, che ugualmente origina dagli organi proprio-cettivi muscolari quando si verifica la flessione plantaredel piede con l’arto sollevato dal terreno. Si ha cioèl’inibizione del riflesso miotattico per poter effettuareil movimento volontario.

I riflessi posturali segmentali si manifestano negli articontrolaterali, sempre per stimoli di origine muscolarepropriocettiva. Il riflesso di estensione crociata apparein un arto inferiore se uno stimolo doloroso è applicatoall’altro arto inferiore che si retrae (riflesso nocicettivoin flessione). La reazione estensoria permette quindi lastazione eretta su un solo arto.

Le reazioni statiche generali (riflessi tonici del colloe riflessi tonici labirintici) riguardano alcuni riflessi chesi articolano a livello del tronco encefalico.

I riflessi tonici del collo sono reazioni posturali chesi manifestano in seguito a modificazioni della posizione

57Funzione motoriaFunzione motoria

del capo rispetto al tronco. Le afferenze partono dairecettori delle articolazioni delle prime vertebre cervicalie dai propriocettori dei muscoli del collo e raggiungonoattraverso le prime tre radici cervicali posteriori, i neu-roni intercalari situati a livello del I e II segmento cer-vicale.

La rotazione laterale della testa verso sinistra, adesempio, provoca un aumento del tono estensorio del-l’arto superiore verso cui è rivolto il mento e aumentodel tono flessorio dell’arto cui è rivolto l’occipite, facen-do assumere la cosiddetta posizione da schermitore (Fig.2.28). La flessione dorsale del capo provoca un aumentodel tono estensorio agli arti superiori e del tono flessorioagli arti inferiori, raffigurando l’atteggiamento dell’uo-mo che guarda verso l’alto, mentre la flessione ventraledel capo fa assumere l’atteggiamento opposto, tipico diun uomo che da posizioni sopraelevate guarda verso ilbasso (Fig. 2.29).

I riflessi tonici labirintici dipendono dalla stimolazio-ne delle strutture otolitiche dell’utriculo (e forse delsacculo) in rapporto col movimento nello spazio, e nondevono essere confusi con i riflessi vestibolari. I rifles-si tonici labirintici si dimostrano quando la posizionedella testa e del corpo è modificata sul piano orizzonta-le, senza che esista modificazione della posizione delcapo rispetto al corpo. Si studiano negli animali: se l’ani-male è in posizione prona gli arti si flettono.

In termini generali, lo studio dei riflessi posturali èdifficile quando il sistema motorio funziona normalmen-te; le diverse sezioni trasverse (ed in particolare quellaal di sopra del nucleo rosso, o preparazione mesence-falica) consentono la liberazione dei riflessi posturali,che risultano esagerati. I riflessi tonici labirintici ed i ri-flessi tonici del collo si integrano reciprocamente. Infattii riflessi labirintici agiscono in base al presupposto cheil capo abbia una posizione costante rispetto al corpo, eciò è garantito dai riflessi tonici del collo. Va infine sot-tolineato che esiste un contributo importante degli im-pulsi visivi nel mantenimento dell’equilibrio.

Semeioticamente i riflessi di postura sonocontrazioni toniche più o meno durature che sideterminano, in condizioni fisiologiche, in al-cuni muscoli quando si porta passivamente unsegmento di arto in una determinata posizione,causando quindi un accorciamento o stiramentodel corpo muscolare.

I riflessi di postura che si ricercano in clini-ca sono due: il riflesso di postura del piede(Foix) o contrazione paradossa del tibiale(Westphal) e il riflesso di postura del bicipite.

Il primo si ricerca nel paziente supino, im-ponendo al piede movimenti passivi di flessionedorsale che provocano la contrazione del tibialeanteriore.

Il riflesso di postura del bicipite si ricerca asoggetto seduto con il braccio sostenuto a livel-lo dell’articolazione del gomito: con i movi-menti di flessione dell’avambraccio si ottieneuna contrazione del bicipite.

I riflessi di postura aumentano di intensitàsoprattutto nelle sindromi extrapiramidali.

I riflessi tonici del collo (riflessi di Magnus eDe Klejn), chiaramente osservabili nell’anima-le, sono fisiologici nell’uomo fino a 6 mesid’età: a paziente supino la deviazione lateraledel capo provoca un aumento del tono estenso-rio agli arti del lato verso cui è rivolto il men-to, e aumento del tono flessorio agli arti del latoverso cui è rivolto l’occipite. In questo modo ilsoggetto assume la cosiddetta «posizione daschermitore», infatti l’arto verso cui guarda ilviso è esteso, come se avesse nella mano un fio-retto, mentre il controlaterale è flesso (Fig. 2.28).

Fig. 2.28 - Riflessi tonici del collo: la rotazione del capo versosinistra provoca aumento del tono estensorio dell’arto supe-riore, verso cui è rivolto il mento, e aumento del tono flessoriodell’arto verso cui è rivolto l’occipite: posizione da schermitore.

Fig. 2.29 - Riflessi tonici del collo: la flessione ventrale delcapo provoca aumento del tono flessorio agli arti superioried estensorio agli arti inferiori.

58 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

Anche il semplice piegamento del capo puòscatenare questi riflessi e in questo caso si ot-tiene un aumento del tono flessorio negli artiverso cui è piegato il capo.

La dorsiflessione del capo provoca un au-mento del tono estensorio agli arti superiori edi quello flessorio agli inferiori, raffigurandol’atteggiamento di un animale che guarda ver-so l’alto; al contrario la ventroflessione provo-ca un aumento del tono flessorio agli arti supe-riori ed estensorio agli inferiori, posizione di unanimale che da una posizione sopraelevataguarda verso il basso (Fulton, 1949) (Fig. 2.29).

La persistenza dei riflessi tonici del collo neibambini al di sopra dei 6 mesi indica che il con-trollo sui riflessi del tronco encefalico non ècompiuto e che probabilmente il bambino mo-strerà deficit permanenti motori.

I riflessi di raddrizzamento nell’uomo pos-sono essere ricercati imprimendo ad un sogget-to in piedi, a gambe unite, una leggera spintadall’avanti all’indietro, al fine di esplorare lereazioni sincinetiche e automatiche che si op-pongono ad una spinta. Alterazioni nella mano-vra della spinta sono state riscontrate in sindro-mi extrapiramidali.

A proposito dei riflessi di raddrizzamento, è neces-sario ricordare brevemente il fenomeno di prensioneforzata. Infatti fra gli atti motori che i primati usano perraddrizzarsi, «la prensione» risulta di notevole impor-tanza. Il fenomeno di prensione forzata si presenta quan-do stimolando la regione palmare, specie fra pollice eindice, per mezzo di un oggetto a punta smussa o conun dito, si ottiene la forzata prensione per involontariachiusura della mano, tanto che il soggetto non è più ca-pace di abbandonare volontariamente la presa.

Il fenomeno è fisiologico nei primati e nell’uomodurante i primi anni di vita e rappresenterebbe una rea-zione di raddrizzamento, scatenata da stimoli a parten-za dal corpo e che agiscono sul corpo stesso. Sembra cheanche le strutture extrapiramidali basali possano essereimplicate nel determinismo del fenomeno.

Sul piano finalistico sembrerebbe lecito interpretareil fenomeno come tentativo di assicurare un completo eduraturo afferramento dell’infante alla madre, afferra-mento che è di importanza vitale nella scimmia ed as-sai minore nell’uomo.

Il fenomeno, patologico nell’uomo adulto e partico-larmente evidente se si ricerca in decubito laterale, (conil lato affetto libero dal piano del letto), sarebbe da im-putare alla lesione dell’area supplementare motoria.Analogo significato semeiologico e funzionale ha i1 ri-flesso di prensione forzata delle dita del piede (flessioneed adduzione delle dita del piede per stimolazione del-la parte distale della pianta).

Tra gli atteggiamenti anomali segnaliamo la mano a«posizione interossea» dei parkinsoniani (flessione leg-gera del polso, dita iperestese, addotte e flesse in corri-spondenza dell’ultima falange, pollice addotto) e la ma-no en patte de canard («flessa a zampa di anitra»: flessaal polso e con dita iperestese e abdotte) di certi atetosici.

Tra gli atteggiamenti anomali generali del corpo de-scriviamo: l’atteggiamento flessorio dei parkinsoniani(capo flesso, dorso curvo, arti inferiori un po’ flessi) ealcuni atteggiamenti particolari di ammalati di morbo diWilson e definite da De Lisi «pose ginniche» (Figg.2.30; 2.31).

Movimenti involontari patologici(ipercinesie)

G. Abbruzzese

Con questo termine generale si definisce ungruppo eterogeneo di disturbi del movimento,caratterizzati da contrazioni muscolari invo-lontarie (cioè non sopprimibili dalla volontà)con distribuzione topografica variabile, chegenerano movimenti semplici o complessi,inadeguati e apparentemente afinalistici.

I «movimenti involontari patologici» sono dasempre considerati espressione di una sofferen-za anatomica o funzionale dei gangli della base,nonostante le loro basi fisiopatologiche restinoin larga parte speculative e le correlazioni ana-tomo-cliniche risultino soltanto parziali (DeLong, 1990). Tuttavia, le recenti acquisizionibiochimico-farmacologiche (inclusi i modellisperimentali e l’osservazione di forme iatroge-ne) ed i dati derivati dagli studi fisiopatologicicon l’utilizzazione della tomografia ad emissio-ne di positroni (PET), hanno avvalorato questaattribuzione.

59Funzione motoriaFunzione motoria

L’eziologia può risultare spesso sconosciuta(forme essenziali o idiopatiche) o dipendere dacause note (forme secondarie o sintomatiche).

Spesso bizzarri e polimorfi, i movimenti in-volontari patologici risultano, talora, difficili daclassificare e l’inaccuratezza nella categoriz-

Fig. 2.31 - Atteggiamenti assunti da malati di Morbo diWilson: fissità di alcune posizioni corporee (disegno dall’ori-ginale di De Lisi, in: A. Ceconi e F. Micheli “Medicina Inter-na”, Torino, Minerva Medica, 1943).

zazione diagnostica può comportare erronee in-terpretazioni. Nonostante l’ausilio delle valuta-zioni neurofisiologiche o delle modificazionifarmacologicamente indotte, l’osservazione cli-nica resta tuttora il principale approccio diagno-stico a questi disturbi.

I criteri descrittivi semeiologici tengono inconsiderazione: a) i parametri spazio-temporalidel movimento (ampiezza, durata, velocità, rit-mo), b) la distribuzione topografica (prossima-le-distale, focale-diffusa), c) i muscoli coinvolti(agonisti, antagonisti, sinergisti), d) l’influen-za di fattori esterni (riposo, sonno, emozioni,motilità volontaria, atteggiamento posturale).

I principali tipi di movimenti involontari pa-tologici sono rappresentati da: corea, atetosi,ballismo, tremori, mioclonie, reazioni di so-prassalto, distonie, discinesie, tic.

MOVIMENTI COREICI. – Si tratta di movimentirapidi, di breve durata ed ampiezza variabile,improvvisi ed imprevedibili, irregolari ed asim-metrici, che si presentano isolatamente od insequenze casuali in qualsiasi parte del corpo,pur prediligendo le sedi più distali, il collo e lamuscolatura mimica. In alcune condizioni ap-

Fig. 2.30 - Atteggiamenti del corpo e degli arti in un gruppo di soggetti affetti da Morbo di Parkinson (da C. Loeb e A.Brusa, in: Diagnostica Differenziale, A. Wassermann ed., 1959).

60 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

paiono più scattanti (Corea di Sydenham), inaltre assumono un aspetto più lento e fluente(Corea di Huntington).

Lo spettro dei movimenti coreici è estrema-mente ampio: corrugamento del sopracciglio,ammiccamento palpebrale, protrusione dellalingua, increspamento delle labbra; flesso-e-stensione, rotazione, reclinazione o rovescia-mento del capo; innalzamento ed adduzionedelle spalle; inarcamento del tronco; dondola-mento del bacino; flesso-estensione delle ditadella mano o del piede; flesso-estensione, pro-no-supinazione del polso e della caviglia. Quan-do il quadro clinico è conclamato, il pazientepresenta movimenti continui, fluttuanti da unaparte all’altra del corpo (quasi una danza, daltermine greco «coreia»), che gli fanno assu-mere espressioni grottesche o un atteggiamen-to «clownesco».

I movimenti coreici, che inizialmente posso-no essere inseriti in una sequenza motoria fina-lizzata (paracinesie), finiscono con l’interferi-re con la motilità volontaria compromettendo,ad esempio, l’uso corretto delle mani, la deam-bulazione ed anche la fonazione e la degluti-zione. Sono usualmente associati ad ipotonia,accentuati dalle emozioni e scompaiono duran-te il sonno; possono essere attenuati, anche dra-sticamente, dai farmaci antagonisti della dopa-mina che causano una deplezione presinapticadi dopamina (tetrabenazina: 75-150 mg/die) obloccano i recettori dopaminergici postsinaptici(cloropromazina: 75-300 mg/die; aloperidolo:2-10 mg/die) ed in minor misura anche dai co-siddetti neurolettici ‘atipici’ (clozapina, olanza-pina, quetiapina).

Dal punto di vista EMG, i movimenti sonocaratterizzati da un quadro variabile sia per l’or-dine di attivazione che per la durata delle sca-riche EMG, più frequentemente con conserva-zione dell’innervazione reciproca.

I movimenti coreici sono il segno dominan-te di a) diverse condizioni cliniche a decorsoacuto, la principale delle quali è rappresentatadalla Corea di Sydenham, e b) della corea cro-

nica degenerativa o malattia di Huntington(Tab. 2.3). La lesione anatomica responsabiledei movimenti coreici interessa il corpo stria-to, in particolare il nucleo caudato (segmentocefalico) ove si rileva perdita neuronale e gliosireattiva.

MOVIMENTI ATETOSICI. – Sono movimenti in-volontari lenti, aritmici, continui e protratti neltempo, di modesta ampiezza. Predominano alleestremità e sono particolarmente pronunciatiagli arti superiori (flesso-estensione e adduzio-ne-abduzione delle dita e della mano), ove re-alizzano posture bizzarre che ricordano i mo-vimenti striscianti dei tentacoli del polipo o imovimenti delle dita delle danzatrici giavane-si. Possono, tuttavia, localizzarsi anche al set-tore cranico (faccia, lingua).

I movimenti atetosici si osservano sia a ripo-so che nel mantenimento di specifiche attitudinio nel corso del movimento volontario; si accen-tuano con le emozioni, scompaiono nel sonno.Rispetto ai movimenti coreici appaiono più len-ti, ma meno variabili: la distinzione tra questidue tipi di movimenti patologici, tuttavia, nonè sempre agevole, anche perchè possono coe-sistere nelle forme di «coreo-atetosi» (Tab. 2.3).

L’analisi elettrofisiologica dimostra caratte-ristiche simili a quelle delle distonie con la pre-senza di una contemporanea attivazione EMGdei muscoli agonisti ed antagonisti, seppur con-tinuamente variabile nel tempo.

L’identificazione del ruolo dei gangli basalinella patogenesi dell’atetosi risale alle osserva-zioni di C. Vogt e O. Vogt (1920) che ne descris-sero l’associazione con lo status marmoratus econ lo status dismielinisatus dello striato. Lelesioni responsabili sono localizzate prevalen-temente nel neostriato (putamen) e, meno fre-quentemente, nel pallido e possono far seguitoad encefalopatie neo-perinatali (atetosi doppiacongenita), malattie eredo-degenerative (tra cuil’atrofia pallidale progressiva di van Bogaert)o essere secondarie a cause tossiche-metaboli-che e, soprattutto, vascolari (atetosi post-emi-

61Funzione motoriaFunzione motoria

plegiche). I movimenti atetosici possono esse-re attenuati dall’impiego di farmaci neurolettici:perfenazina (8-12 mg/die), pimozide (4-12 mg/die), aloperidolo (8-12 mg/die).

Occorre ricordare che quadri simil-atetosici (pseudo-atetosi o atetosi sensoriale) possono riscontrarsi in pa-zienti con disturbi della sensibilità profonda (in partico-lare del senso di posizione) di diversa origine (malattiedemielinizzanti, ecc.).

MOVIMENTI BALLICI. – Sono movimenti im-provvisi, rapidi, aritmici, relativamente stereo-tipati, caratterizzati da una notevole ampiezzae da una cospicua energia potenziale. General-mente si localizzano ad un emilato (emiballi-

smo), coinvolgendo prevalentemente la musco-latura prossimale, e sono evidenti soprattuttoall’arto superiore ove determinano peculiariatteggiamenti posturali, per cui il paziente dàl’impressione di lanciare un oggetto con forza,quasi fosse un discobolo o un lanciatore di peso.

Talora il movimento è localizzato ad un soloarto (monoballismo) ed è stato descritto, seppurestremamente raro, un ballismo bilaterale (bi-ballismo o paraballismo).

Il movimento è aumentato dalle emozioni edallo sforzo fisico, ed abolito durante il sonno.

La registrazione EMG dimostra la presenzadi scariche di attivazione muscolare sincronenei muscoli agonisti ed antagonisti, analoga-

Tabella 2.3.- Classificazione eziologica delle coree (modificata da Shoulson, 1986).

Ereditarie:

– Malattia di Huntington

– Corea benigna ereditaria

– Neuroacantocitosi

– Coreo-atetosi parossistiche (chinesigeniche e non)

– Degenerazioni SNC (atrofia olivo-ponto-cerebellare, atassia teleangectasica, calcificazione dei gangli della

base)

– Disturbi neurometabolici (malattia di Wilson, malattia di Leigh, malattie lisosomiali)

Infettive o immunologiche:

– Corea di Sydenham

– Encefalite letargica

– Post-infettive e post-encefalitiche

– Immunomediate (LES, porpora di Schönlein-Henoch, sindrome di Beçhet)

Da farmaci e tossici:

– Neurolettici, antiparkinsoniani, fenitoina, anfetamine, triciclici, contraccettivi orali

– Alcool, monossido di carbonio, manganese, mercurio

Endocrine e metaboliche:

– Ipertiroidismo, iper-ipoparatiroidismo, corea delle gravide

– Ipo-ipernatriemia, ipo-iperglicemia, encefalopatie epatiche e renali

Vascolari (emicorea o coreo-atetosi) :

– Lesioni ischemiche o emorragiche dei gangli della base, malformazioni artero-venose

– Policitemia vera

– Emicrania

– Ematomi subdurali ed epidurali (post-traumatici)

62 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

mente a quanto si osserva nelle distonie edatetosi.

La lesione responsabile dei movimenti balliciè usualmente situata nel nucleo subtalamico diLuys controlaterale: in genere si tratta di lesio-ni vascolari di tipo ischemico o emorragico, piùraramente focali di altra natura (tumori, asces-si, malformazioni arterovenose, placche didemielinizzazione). Quadri clinici caratterizzatida movimenti ballici sono stati descritti, tutta-via, in rapporto a lesioni iuxta-Luysiane, tali dainterrompere le connessioni associative con ilpallido, ed anche a livello dello striato e deltalamo.

L’evoluzione clinica delle forme vascolari è,di solito, spontaneamente migliorativa nell’arcodi 3-6 mesi; nelle fasi acute, i movimenti posso-no essere attenuati con l’impiego di farmaci neu-rolettici (perfenazina 8-12 mg/die; aloperidolo 8-12 mg/die). Occasionalmente, tuttavia, nei casicontraddistinti da una particolare intensità deimovimenti involontari e dalla scarsa risposta alleterapie farmacologiche è stata utilizzata la lesio-ne, per via stereotassica, del nucleo talamicoventralis intermedius (Grossman, 1988).

TREMORI. – Rappresentano il più comune deimovimenti involontari patologici e consistonoin oscillazioni ritmiche (più o meno continue eregolari) di un segmento corporeo attorno alproprio piano di equilibrio, prodotte dalla con-trazione di tipo alternante o sincrono di muscoliantagonisti ad innervazione reciproca. Il tremo-re si manifesta in conseguenza della sincroniz-zazione di più unità motorie che deriva dallecomplesse interazioni tra l’attività autonoma di«oscillatori» situati nel sistema nervoso centrale(talamo, cervelletto) e l’influenza dei fenome-ni di risonanza che si sviluppano nei circuitiperiferici a feedback (Marsden, 1984).

I tremori possono essere descritti in terminidi frequenza, ampiezza, morfologia. La loroclassificazione è sempre stata oggetto di acce-se controversie. Il criterio cui solitamente si fariferimento prende in considerazione la condi-

zione posturale o l’attività motoria che ne de-termina più frequentemente la comparsa. Inbase a tale criterio, i tremori sono stati recen-temente (Deuschl et al., 1998) suddivisi in a)tremore a riposo, e b) tremore d’azione, que-st’ultimo comprendente le seguenti forme: 1.tremore posturale (posizione-specifico e posi-zione-indipendente), 2. tremore cinetico (sem-plice, intenzionale, compito-specifico, isome-trico). Le principali cause di tremore sono in-dicate nella Tab. 2.4.

Il tremore a riposo si manifesta in assenzadi attività motoria, quando il relativo segmen-to corporeo è a totale riposo, mentre si attenua(o scompare) durante l’esecuzione di un movi-mento volontario o il mantenimento di unapostura; la sua ampiezza è accentuata dalleemozioni e dallo stress, scompare durante ilsonno. Si tratta di un tremore ritmico, regola-re, a bassa frequenza (4-6 Hz. o scosse al secon-do). Si localizza prevalentemente ai settoridistali degli arti, in particolare alla mano (fles-so-estensione, prono-supinazione) ove determi-na aspetti particolari (movimenti tipo «contarmonete» o «confezionare pillole»). Può interes-sare anche il capo (labbra, mandibola) e, nelleforme più gravi, diffondersi a tutto il corpo.

Questo tipo di tremore è classicamente e-spressione della malattia idiopatica di Parkin-son, di cui rappresenta il sintomo di esordio (perlo più unilaterale) nel 60-70 % circa dei casi,per poi associarsi agli altri segni tipici dellamalattia.

La registrazione EMG dimostra una contra-zione alternante, ritmica dei muscoli agonisti-antagonisti con frequenza compresa tra 4-6 Hz.(Fig. 2.32, A).

I tremori d’azione compaiono durante la con-trazione volontaria di uno o più muscoli, mentresono assenti in condizioni di riposo. Possonoquindi manifestarsi durante il mantenimento vo-lontario di una specifica posizione o atteggiamen-to (posturale), talora con esacerbazione in posi-zioni specifiche, o durante l’esecuzione di movi-

63Funzione motoriaFunzione motoria

Tabella 2.4 – Classificazione eziologica dei tremori (modificata da Deuschl et al., 1998)

Malattia Tipo di tremore

1. Malattie idiopatiche, degenerative ed ereditarie

– Malattia di Parkinson R - P

– Parkinsonismo giovanile R - P

– Atrofia multisistemica R - P - C

– Malattia di Wilson R - P - C

– Atrofia pallidale progressiva R

– Malattia di Huntington R - P - C

– Malattia di Fahr R - C

– Coreo-atetosi parossistiche C

– Sindrome di Ramsay-Hunt P - C

– Atassia teleangectasia P

– Distonia generalizzata P

– Distonia levodopa-responsiva R - P

– Distonie focali (torcicollo spasmodico, sindrome di Meige) P

– Tremore essenziale R - P - C

– Sindrome di Klinefelter P - C

2. Malattie infiammatorie, neoplastiche e vascolari

– Sclerosi multipla R - P - C

– Neurolue R - P - C

– Neuroborreliosi R - P -C

– HIV P

– Tumori, cisti R - P - C

– Ematomi, Malformazioni vascolari R - P - C

– Lesioni cerebrovascolari R - P - C

– Traumi R - P - C

3. Malattie metaboliche

– Ipertiroidismo P

– Iperparatiroidismo R - P

– Ipomagnesemia R - P

– Ipocalcemia R - C

– Ipoglicemia P

– Encefalopatia epatica, degenerazione epato-cerebrale P - C

– Insufficienza renale P - C

– Carenza vitamina B12 R - P - C

4. Neuropatie periferiche

– Charcot-Marie-Tooth P - C

– Neuropatie demielinizzanti P - C

– Sindrome di Guillain-Barrè P - C

– Gammopatie monoclonali (IgM, IgG) P

– Distrofia simpatico-riflessa P

– Malassorbimento P

– Polineuropatie metaboliche P

(continua tabella 2.4)

64 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

menti volontari (cinetico), indirizzati o no ad unbersaglio preciso o parte di un compito specifico.

Il tremore ‘posturale’ è spesso responsabiledi una importante disabilità, oltre che dell’im-barazzo sociale che caratterizza anche il tremo-re a riposo. Si tratta di movimenti oscillatorirapidi, spesso irregolari, di ampiezza variabile,con un’ampia banda di frequenze (5-20 Hz.) piùelevata rispetto a quella del tremore a riposo,che possono localizzarsi agli arti (sia nei setto-ri distali che prossimali), ma anche al capo edal tronco. A differenza del tremore a riposoparkinsoniano, la registrazione EMG dimostrasolitamente la presenza di scariche sincrone neimuscoli agonisti ed antagonisti (Fig. 2.32, B).

Questo tipo di tremore può riscontrarsi inmolte condizioni differenti sia dal punto di vi-sta eziopatogenetico che clinico (Tab. 2.4).

Il tremore fisiologico è generalmente presen-te in tutti gli individui normali a livello di cia-scuna articolazione o muscolo che è libero dioscillare, ma a causa della sua ampiezza assairidotta è molto difficile da apprezzare ad occhionudo. Può essere evidenziato strumentalmente(quadro EMG di tipo alternante) e la sua fre-quenza dominante, maggiore nei settori distalirispetto a quelli prossimali è compresa tra 5-15Hz. e varia in funzione dell’età (tra 6-10 Hz.prima dei 9 anni e dopo i 50 anni, superiore ai10 Hz. tra 15-45 anni).

Il tremore fisiologico è espressione dell’influenzadi diversi fattori che concorrono a generare un’atti-vità oscillatoria ritmica, quali: a) le oscillazioni legateal battito cardiaco, b) la frequenza iniziale di scaricadelle unità motorie di circa 8 Hz., c) la frequenza na-turale di risonanza meccanica degli arti protesi, tra 8-12 Hz., d) le oscillazioni intorno a 10 Hz., legate al-

Malattia Tipo di tremore

5. Tossici e farmaci

– Nicotina P

– Alcool P - C

– Cianuro P

– Mercurio, piombo, manganese, arsenico, ossido di carbonio R - P - C

– Neurolettici, Reserpina, Tetrabenazina, Metoclopramide R - P

– Litio R - P - C

– Triciclici P

– Cocaina P

– Simpaticomimetici, beta2-agonisti P - C

– Teofillina, Caffeina, Dopamina P

– Steroidi R - P

– Valproato P

– Amiodarone, Mexiletina, Procainamide P

– Citostatici, Ciclosporina P - C

– Ormoni tiroidei P

6. Altri

– Emozione, Fatica, Raffreddamento P

– Sindromi da astinenza P - C

– Psicogeno R - P - C

R = Riposo, P = Posturale, C = Cinetico

(Segue tabella 2.4)

65Funzione motoriaFunzione motoria

l’instabilità dei servomeccanismi del circuito rifles-so miotattico.

In diverse condizioni è possibile osservareun’accentuazione del tremore fisiologico, carat-terizzata da un incremento della sua ampiezza(senza variazioni della frequenza tipica): ciò siverifica negli stati ansioso-emotivi, nell’affati-camento e in condizioni caratterizzate da un’au-mentata attività beta-adrenergica periferica(tireotossicosi, ipoglicemia, feocromocitoma,farmaci beta-stimolanti). In questi casi, quindi,il tremore può essere controllato dalla sommi-nistrazione di farmaci beta-bloccanti (proprano-lolo).

Il tremore essenziale presenta per lo più ca-ratteristiche di tipo posturale, anche se menofrequentemente può essere osservato in condi-zioni cinetiche o di riposo.

Diversi tipi di tremore sono stati descritti inassociazione con neuropatie periferiche eredi-tarie o acquisite (c.d. tremore neuropatico). Iltremore, prevalentemente posturale, irregolare,può essere localizzato nei settori prossimali odistali con frequenza 3-10 Hz. L’origine di taletremore è tuttora oggetto di discussione. Tra leforme di neuropatia in cui più frequentementeè riscontrabile tremore vanno ricordate: HMSNtipo I (v.pag. …), polineuropatie demieliniz-zanti croniche (v.pag. …), neuropatie parapro-teinemiche (v.pag. …), neuropatie dismetabo-liche (diabetica, uremica, porfirica) (v.pag. …),neuropatie da farmaci (amiodarone, citostatici).Il trattamento sintomatico (propranololo, gaba-pentin) può talora risultare utile.

Nelle lesioni paleo-cerebellari può manife-starsi un tremore posturale, assente a riposo,caratterizzato da oscillazioni a bassa cadenza(4-5 Hz.) degli arti superiori indotte da una con-trazione di tipo alternante (c.d. «tremore stati-co» di Holmes, 1922). Questo tipo di tremorepuò localizzarsi anche al capo («tremore di af-fermazione») ed al tronco.

Tremori con caratteristiche di tipo posturalepossono osservarsi, inoltre, nel morbo di Wil-son ed in corso di encefalopatie epatiche acqui-site (spesso in associazione ad aspetti di tipocinetico): la localizzazione è prevalentementedistale agli arti superiori, ove si manifestanomovimenti di flesso-estensione del polso, de-scritti come «a battito d’ala» (flapping tremor),che possono estendersi all’intero arto. Attual-mente si ritiene che questo tipo di movimentosia prodotto, in larga parte, da brevi cadute deltono posturale (con transitoria cessazione del-l’attività EMG), per cui viene considerato e-spressione di una forma di mioclonia negativa(v. «asterixis», pag. 66).

Fig. 2.32 - Registrazione elettromiografica di superficie daimuscoli flessori (1) ed estensori (2) del polso in un pazien-te con tremore «a riposo» parkinsoniano (A) ed in un pa-ziente con tremore essenziale (B). Si noti: in A la presen-za di scariche EMG alternanti nei due muscoli (con frequen-za pari a circa 6 cicli per secondo), in B la presenza di sca-riche EMG sincrone nei due muscoli (con frequenza pari a8 cicli per secondo).

66 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

Il tremore cinetico può essere osservato du-rante l’esecuzione di compiti motori semplici(ad esempio, movimenti rapidi alternati) ocomplessi, in particolare, durante l’esecuzio-ne di movimenti ampi, ma diretti con precisio-ne ad un «bersaglio» (ad esempio: nel portareun bicchiere alla bocca; durante la prova indi-ce-naso, v. pag. 81). Assente a riposo e, spes-so, nelle fasi iniziali del movimento, compa-re e si accentua progressivamente mano amano che il movimento richiede aggiustamen-ti progressivi ed il «bersaglio» sta per essereraggiunto, interessando sia la muscolatura di-stale che prossimale. In conseguenza del tre-more il movimento volontario appare come di-scontinuo, interrotto da scatti e riprese che av-vengono bruscamente ed irregolarmente, conun’ampiezza variabile. Questa condizione vadistinta dalle mioclonie d’azione e dall’a-tassia. Il quadro EMG è caratterizzato da sca-riche alternanti nei muscoli antagonisti, irre-golari, con frequenza 4-5 Hz.

Questo tipo di tremore si osserva tipicamentenei disturbi neo-cerebellari (lesione dei nucleidentato ed interposito o dei peduncoli cerebel-lari superiori), la cui eziopatogenesi è frequen-temente legata alla patologia demielinizzante(sclerosi multipla). Tremori analoghi si posso-no riscontrare nelle sindromi troncali (anchepost-traumatiche).

Non esiste alcuna terapia farmacologica sicuramen-te documentata per il tremore cinetico, anche se sonostati segnalati singoli casi rispondenti ai farmaci.

Alcune forme di tremore risultano non facil-mente classificabili, in considerazione del fat-to che possono manifestarsi e persistere in tut-te le condizioni.

Lesioni mesencefaliche con interessamentodel nucleo rosso o delle connessioni dentato-talamiche possono dare origine ad un tremore(«rubrale» o mesencefalico) (4 Hz.) che acco-muna caratteristiche semeiotiche dei tre tipi

principali (presente a riposo, si accentua in con-dizioni posturali e cinetiche).

Anche i tremori indotti da farmaci o che com-paiono in seguito all’ingestione o inalazione disostanze tossiche (mercurio, piombo, arsenico,manganese, fosforo, ossido di carbonio) presen-tano solitamente caratteristiche variabili.

MIOCLONIE. – Le mioclonie sono una mani-festazione comune a numerose condizioni mor-bose neurologiche e fra tutti i disturbi del mo-vimento risultano certamente uno dei più dif-ficili da classificare: esistono, infatti, molti tipidi mioclonie e spesso non si riscontrano fattorieziologici, fisiopatologici o clinico-terapeuticiche le accomunino.

La mioclonia può essere definita come unmovimento involontario, rapido ed improvviso,espressione di una breve contrazione muscola-re analoga a quella ottenibile mediante stimo-lazione elettrica di un tronco nervoso periferi-co (Marsden et al., 1981). Questa definizioneva, in realtà, allargata per comprendere ancheil fenomeno della «asterixis» che consiste inuna breve inibizione della contrazione musco-lare (potenzialmente responsabile di una cadu-ta del tono posturale) e può essere consideratauna forma di mioclonia negativa.

Le mioclonie possono assumere aspetti mol-to variabili, tali da porre problemi di diagnosidifferenziale rispetto ad altri movimenti invo-lontari patologici (tics, corea, distonia, tremo-re posturale). Dal punto di vista semeiologicopossono essere descritte in base alla:

– distribuzione spaziale: a) focali (interes-sano una sola regione corporea, anche in modoparcellare, con o senza spostamento di segmen-to); b) segmentali (interessano due o più regionicontigue); c) multifocali; d) generalizzate omassive;

– distribuzione temporale: a) intermittentio permanenti; b) ritmiche o aritmiche; c) sin-crone o asincrone;

– modalità di comparsa: a) spontanee; b)riflesse stimolo-dipendenti, indotte da improv-

67Funzione motoriaFunzione motoria

vise stimolazioni visive, uditive, esterocettive opropriocettive; c) d’azione o intenzione, che simanifestano durante una contrazione muscolare(movimento volontario o mantenimento di unapostura) o, perfino, in rapporto all’intenzione dimuovere.

Le mioclonie possono essere espressione diun’ampia varietà di condizioni patologiche in-teressanti l’encefalo, ma anche il midollo ed ilsistema nervoso periferico, di cui possono rap-presentare uno degli aspetti più caratteristici,ma non necessariamente quello prevalente (c.d.«sindromi miocloniche»), o costituire, invece,l’elemento clinico dominante («mioclono»p.d.). Tale eterogeneità clinica si riflette nelleclassificazioni eziologiche proposte (Tab. 2.5)che distinguono le mioclonie in: a. Fisiologiche,che si osservano in individui del tutto normali,tipiche quelle dell’addormentamento (De Lisi,1932); b. Essenziali, ad eziologia ignota, privedi un preciso substrato neuropatologico e senzaaltri segni neurologici associati; c. Epilettiche(in cui le manifestazioni comiziali sono l’aspet-to dominante del quadro clinico, in assenza diuna sicura encefalopatia); d. Sintomatiche(espressione di una encefalopatia diffusa ofocale, a carattere progressivo o stazionario).

La distribuzione neuropatologica delle lesioni re-sponsabili dei fenomeni mioclonici può non coinciderecon la sede della scarica nervosa che determina la con-trazione muscolare involontaria. L’analisi elettrofisiolo-gica può, tuttavia, contribuire all’identificazione deimeccanismi fisiopatologici responsabili delle mioclonietramite: la registrazione dell’attività EMG dei muscolicoinvolti al fine di definire la durata e l’ordine di attiva-zione EMG ed i rapporti tra muscoli agonisti-antagoni-sti; la registrazione dell’attività EEG temporizzata conla scarica EMG al fine di definire i rapporti temporalitra eventi EMG ed EEG; lo studio dei fenomeni asso-ciati alle mioclonie indotte in via riflessa (potenziali evo-cati somestesici, riflesso C).

Sulla base dei dati clinici ed elettrofisiologici, Obe-so et al. (1988) hanno proposto una classificazione fi-siopatologica delle mioclonie:

1. Mioclonie corticali (a distribuzione prevalente-mente focale, distale) espressione dell’attività anomala

di un focolaio, sito nella corteccia sensitivo-motoria,trasmessa al midollo spinale attraverso la via piramidale.Le scariche EMG di breve durata, 10-50 millisecondi,presentano un ordine di attivazione discendente e sonoprecedute, a breve latenza, da un correlato EEG focale.L’ampiezza dei potenziali evocati somestesici è solita-mente aumentata («potenziali giganti»).

2. Mioclonie sottocorticali (a distribuzione preva-lentemente generalizzata, prossimale) in cui l’attivitàpatologica origina da strutture poste tra la corteccia ce-rebrale ed il midollo spinale (in particolare, dal nucleogiganto-cellulare della formazione reticolare del tronco).Le scariche EMG di durata superiore ai 100 millisecondiindicano un ordine di attivazione ascendente lungo iltronco e discendente lungo il midollo, in assenza dicorrelati EEG.

3. Mioclonie cortico-sottocorticali (a distribuzio-ne multifocale o generalizzata), espressione di una sca-rica corticale diffusa tramite vie cortico-reticolo-spina-li o dell’attività di focolai sottocorticali a proiezione cor-ticale. Le scariche EMG, tipicamente sincrone e di dura-ta variabile tra 10-100 millisecondi, possono essere pre-cedute da potenziali EEG bilaterali.

4. Mioclonie spinali e periferiche (a distribuzio-ne focale o segmentale), caratterizzate da scariche EMGsincrone e ritmiche, di durata superiore a 100 millise-condi, ovviamente senza alcun correlato EEG. Esprimo-no l’iperfunzione di sistemi neuronali spinali o proprio-spinali, anche secondaria a lesioni radicolari o plessuali.

Dati farmacologici clinici e sperimentali depongonoper il coinvolgimento di diversi neurotrasmettitori (se-rotonina, GABA, aminoacidi eccitatori, dopamina, ace-tilcolina, neuropeptidi) (Pranzatelli e Snodgrass, 1985)nella genesi delle mioclonie. Tra i farmaci più efficacinel controllo delle mioclonie vanno considerati: a. gliagonisti serotoninergici, precursori (5-idrossitriptofano:150-1000 mg/die in associazione con carbidopa) edinibitori selettivi della ricaptazione della serotonina(fluoxetina: 20-40 mg/die), attivi in particolare nelleforme di mioclono d’azione post-anossico, b. gli ago-nisti GABAergici (clonazepam: 4-10 mg/die; sodio val-proato: 150-3000 mg/die; primidone: 500-750 mg/die),indicati nelle epilessie miocloniche. Risultati clinici fa-vorevoli sono stati occasionalmente descritti con il pi-racetam (10-24 g/die) e gli agonisti dopaminergici (li-suride: 1-6 mg/die).

REAZIONI DI SOPRASSALTO. – La reazione di so-prassalto (startle response) consiste in una ri-sposta motoria generalizzata, di natura riflessapolisinaptica, evocabile in tutte le specie dimammiferi. Si manifesta in seguito a stimoli

68 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

Tabella 2.5 - Classificazione eziologica delle mioclonie (modificata da Fahn e coll., 1986).

1. Mioclonie Fisiologiche

– ipniche e/o notturne

– singhiozzo

– da stress, ansia, fatica

2. Mioclonie Essenziali

– familiari (ereditarietà autosomica dominante)

– sporadiche

3. Mioclonie Epilettiche

A. Forme frammentarie:

– mioclonie epilettiche isolate

– epilessia parziale continua

– mioclono idiopatico stimolo-dipendente

– mioclono fotosensibile

– assenze miocloniche del “piccolo male”

B. Epilessie miocloniche infantili:

– spasmi infantili

– epilessia astatica mioclonica (Lennox-Gastaut)

– epilessia mioclonica criptogenetica (Aicardi)

– epilessia mioclonica del risveglio (Janz)

C. Epilessia familiare mioclonica benigna (Rabot)

D. Epilessia mioclonica progressiva (Unverricht-Lundborg)

4. Mioclonie Sintomatiche

A. Malattie da accumulo: malattia con corpi di Lafora, lipidosi, ceroidolipofuscinosi, sialidosi

B. Degenerazioni spino-cerebellari: sindrome di Ramsay-Hunt, atassia di Friedreich, atassia-teleangectasia

C. Malattie degenerative dei gangli basali: morbo di Wilson, distonia, malattia di Hallervorden-Spatz, sindrome

di Steele-Richardson-Olszewski, malattia di Huntington, morbo di Parkinson, degenerazioni cortico-ba-

sali, degenerazioni pallidali, atrofie multisistemiche

D. Encefalopatie mitocondriali

E. Demenze: malattia di Alzheimer, malattia di Creutzfeldt-Jacob

F. Encefalopatie virali: encefalite letargica, encefalite herpetica, encefaliti postinfettive, encefaliti da arbovirus,

panencefalite sclerosante subacuta

G. Encefalopatie metaboliche: insufficienza epatica, insufficienza renale, sindrome dialitica, iponatriemia,

ipoglicemia, iperglicemia non chetogena, carenze carbossilasi, encefalopatia mioclonica infantile

H. Encefalopatie tossiche: da bismuto, da metalli pesanti, da DDT, da metil-bromuro, da farmaci (inclusi tricicli-

ci e levodopa)

I. Encefalopatie da agenti fisici: post-ipossica, post-traumatica, da calore, da folgorazione, da trauma

decompressivo

L. Danno cerebrale focale: esiti ictus, traumi, tumori, talamotomia, lesioni spinali, lesioni olivo-dentate

(mioclono palatale)

69Funzione motoria

(per lo più acustici) inattesi e nell’uomo è rap-presentata da un rapido ammiccamento, cui fan-no seguito (con latenza crescente) una smorfiadel viso, la flessione del capo, l’abduzione dellespalle, la flessione dei gomiti, la pronazionedegli avambracci e, talora, la flessione del tron-co (in avanti), delle anche e delle ginocchia.Possono essere presenti, inoltre, manifestazio-ni vegetative (tachicardia, apnea) e reazioniemozionali.

È stato dimostrato nell’animale che la componentepiù precoce della reazione di soprassalto a stimoli acu-stici è generata a livello del tronco encefalico e trasmessaattraverso vie reticolo-spinali (Davis et al., 1982). Larisposta, inoltre, è tipicamente caratterizzata da fenome-ni di abitudine (precoce o tardiva), sensibilizzazione epotenziamento.

La normale reazione di soprassalto è suffi-cientemente rapida da poter essere consideratauna forma di «mioclono fisiologico». In alcuniindividui, tuttavia, può verificarsi un’esagera-zione patologica della reazione di soprassalto,sospettabile ogniqualvolta la risposta motoriaassuma caratteristiche di particolare violenza ecomplessità o si manifesti in seguito a stimolidi scarsa intensità.

Le sindromi cliniche caratterizzate da una accentua-zione patologica della reazione di soprassalto appaionodi difficile classificazione in rapporto all’incertezza circai meccanismi fisiopatologici ed il substrato anatomicoe vengono, solitamente, accomunate sotto la definizio-ne di «iperecplessia». Questa condizione comprende,quindi, sia forme ereditarie che sintomatiche.

L’iperecplessia ereditaria (autosomica dominante)può esordire nell’infanzia con ipertonia flessoria diffu-sa e mioclonie notturne ad andamento spontaneamentemigliorativo. Persistono, invece, reazioni di soprassal-to di intensità variabile, ma talora tale da comprometterela deambulazione e causare improvvise cadute a terra.La sintomatologia risponde positivamente al trattamentocon clonazepam.

Sindromi iperecplessiche possono manifestarsi comeespressione sintomatica di: lesioni troncali (infiamma-torie, emorragiche), encefalopatia ipossica-ischemica,cause psicogene, intossicazione farmacologica (cocai-na, anfetamine), sindrome di Gilles de la Tourette(Matsumoto e Hallett, 1994).

Una condizione nosografica autonoma è costituitadalla c.d. «epilessia da soprassalto» consistente in crisicomiziali, scatenate da stimolazioni improvvise e pre-cedute da una reazione di soprassalto, che si manifestanoin soggetti con encefalopatia diffusa.

DISTONIE. Con questo termine si definisce undisturbo caratterizzato da contrazioni muscolariinvolontarie toniche, protratte nel tempo, chepossono interessare diverse parti del corpo (fac-cia, capo, tronco, arti), responsabili di movi-menti ripetitivi, per lo più a carattere torsionale,o di posture anomale.

Va sottolineato, tuttavia, che il termine «distonia», ol-tre che in senso semeiologico, viene oggi abitualmenteutilizzato per indicare una specifica condizione morbo-sa (inizialmente descritta da Oppenheim nel 1911 comedystonia muscolorum deformans) che costituisce un’en-tità sindromica attribuibile a numerose cause (Tab. 2.6).

Le posture distoniche, spesso accompagna-te da una sensazione soggettiva di irrigidimen-to muscolare, si localizzano prevalentementeagli arti, sia prossimalmente che distalmente, edal tronco; sono scatenate o aggravate dai mo-vimenti volontari e presentano una durata va-riabile da pochi minuti a molte ore.

I movimenti distonici, usualmente lenti, pos-sono talora assumere una particolare rapidità(del tutto simile alle mioclonie) od associarsi amovimenti ritmici («tremore distonico»), ren-dendo difficile l’identificazione semeiologica.Sono aggravati dall’affaticamento o dalle emo-zioni e ridotti dal rilassamento, l’ipnosi, il son-no. Possono essere indotti dai movimenti volon-tari e manifestarsi in rapporto ad attività moto-rie specifiche («distonia di azione») ed essereattenuati, o temporaneamente aboliti da speci-fiche manovre tattili o propriocettive («gesti an-tagonisti»). Inizialmente limitati a pochi grup-pi muscolari, i movimenti distonici tendono adaumentare di intensità e ad interessare la mu-scolatura adiacente, determinando la comparsadegli specifici aspetti torsionali.

Dal punto di vista topografico le distoniepossono essere distinte in: a. focali, che interes-

70 Elementi di fisiopatologia e semeiologiaElementi di fisiopatologia e semeiologia

Tabella 2.6 - Distonie: classificazione eziologica (modificata da Jankovic e Fahn, 1987).

1. Forme Primarie o IdiopaticheA. Familiari

– Distonia generalizzata ereditaria(autosomica dominante, autosomica recessiva, eterosomica X recessiva)

B. Familiari o Sporadiche– Distonia con fluttuazioni diurne (sensibile alla levodopa)– Distonia parossistica (cinesigenica e non cinesigenica)– Parkinsonismo distonico

C. Sporadiche– Generalizzate, Segmentali, Focali, Multifocali (distonia cervicale o torcicollo spasmodico, distonie o crampi

occupazionali, distonia oromandibolare, blefarospasmo, distonia laringea o disfonia spasmodica, distoniafaringea, distonia linguale)

2. Forme Secondarie o SintomaticheA. In corso di malattie neurologiche degenerative:

– Morbo di Wilson– Malattia di Huntington– Malattia di Steele-Richardson-Olszewski– Atrofia pallidale progressiva– Malattia di Hallervorden-Spatz– Malattia di Joseph– Atassia-teleangectasia– Neuroacantocitosi– Sindrome di Rett– Malattia da inclusioni intraneurali– Necrosi striatale bilaterale infantile– Calcificazioni familiari dei gangli basali

B. In corso di malattie metaboliche:– Alterazioni del metabolismo proteico (acidemia glutarica, aciduria metilmalonica, omocistinuria, malat-

tia di Hartnup, tirosinosi)– Alterazioni del metabolismo lipidico (leucodistrofia metacromatica, ceroido-lipofuscinosi, gangliosidosi

GM1-GM2, lipidosi distonica giovanile)– Alterazioni metaboliche diverse (sindrome di Leigh, malattia di Leber ed encefalopatie mitocondriali, sin-

drome di Lesh-Nyhan, carenza di vitamina E)

C. Da cause specifiche– Danno cerebrale perinatale (ipossia, ittero nucleare)– Infezioni (encefaliti virali, encefalite letargica, tubercolosi, sindrome di Reye, malattia di Jakob-Creutz-

feldt, sifilide, AIDS)– Traumi cranici e periferici– Dislocazione atlanto-epistrofea, sublussazione– Ischemie cerebrali focali– Tumori cerebrali– Malformazioni arterovenose– Mielinolisi pontina centrale– Sostanze tossiche (manganese, ossido di carbonio, disolfuro di carbonio, metanolo)– Farmaci (neurolettici, metoclopramide, levodopa, bromocriptina, ergotaminici, anticomiziali)

D. Forme Psicogene

71Funzione motoriaFunzione motoria

sano una sola parte del corpo; b. segmentali(cranio-cervicali, assiali, brachiali, crurali) (Fig.2.33); c. generalizzate, che consistono nellacombinazione di una distonia segmentale cru-rale con segni distonici di qualunque altro seg-mento; d. multifocali, in cui sono coinvolte dueparti non contigue del corpo; e. emidistonia, incui sono colpiti i due arti ipsilaterali.

Movimenti involontari o posture anomale dinatura distonica possono essere osservati inmolte condizioni morbose neurologiche (Tab.2.6), di cui le forme «idiopatiche» rappresen-tano solo una parte.

Gli studi neuropatologici in soggetti con for-me distoniche idiopatiche non hanno evidenzia-to alterazioni specifiche, mentre nella maggio-ranza delle forme secondarie è stata individua-ta una lesione del nucleo lenticolare con inte-ressamento prevalente del putamen.

I fenomeni distonici possono essere carat-terizzati da quadri EMG diversi: a) attivitàcontinua della durata di 2-30 secondi, interrot-ta da brevi periodi di inattività; b) attività piùbreve, fino a 2 secondi, spesso ripetitiva e rit-mica («mioritmia»); c) attività di breve dura-ta, 100-300 millisecondi, simile a quella del-le mioclonie. I movimenti distonici sono ca-ratterizzati da una coattivazione simultanea deimuscoli agonisti-antagonisti e dalla diffusio-ne dell’attivazione EMG a muscoli lontani nonimpegnati direttamente nel movimento (over-flow).

Il trattamento farmacologico delle distonie risultascarsamente efficace (fa eccezione la distonia levodopa-sensibile). Tra le molte sostanze farmacologiche utiliz-zate (benzodiazepine, neurolettici, dopaminergici) i ri-sultati migliori sono stati ottenuti con l’impiego di far-maci anticolinergici a dosi elevate (triesifenidile, 20-50mg/die) tali, tuttavia, da rendere spesso precaria latollerabilità. Il trattamento di scelta delle principali for-me di distonia focale viene attualmente individuato nel-l’infiltrazione locale con la tossina botulinica A (v.pag….).

Il termine «spasmo», un tempo ampiamente utilizza-to per indicare anche manifestazioni di tipo distonico (adesempio, «spasmo di torsione»), è oggi ritenuto gene-rico ed ambiguo. Il suo impiego è limitato, attualmen-te, ad alcune specifiche condizioni morbose, quali: spa-smo faciale, spasmo tetanico, spasmo nella tetania, spa-smi nella ‘sindrome dell’uomo rigido’ (v. pag. 35), spa-smi infantili nella sindrome di West.

Spasmo faciale. Si tratta di una condizione caratte-rizzata da contrazioni involontarie (toniche o cloniche)che interessano unilateralmente (‘emispasmo’) la mu-scolature innervata dal nervo faciale, sia superiore (mu-scoli orbicolare dell’occhio, frontale, corrugatore delsopracciglio) sia inferiore ( muscoli zigomatico, bucci-natore, elevatore dell’angolo della bocca, quadrato delmento, platisma). Solo eccezionalmente sono stati de-scritti casi bilaterali. Tale condizione deve essere distintadai movimenti sincinetici che possono fare seguito aduna paresi del VII nervo cranico (v. pag. 275). Si ritie-ne che, nella maggioranza dei casi, la causa sia costitu-ita da un ‘conflitto nervo-vascolare’ (talora, evidenzia-bile tramite studio di angio-risonanza), per cui sono statiproposti interventi chirurgici di micro-decompressione.Tuttavia, lo spasmo del faciale può essere efficacemen-

Fig. 2.33 - Atteggiamento assunto per distonia di torsione(torcicollo spasmodico) (da C. Loeb e A. Brusa, in: Diagno-stica Differenziale, A. Wassermann ed., 1959).

72 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

te controllato tramite l’infiltrazione locale di tossinabotulinica (Berardelli et al., 1997).

Spasmo tetanico. Può essere generalizzato o localiz-zato, continuo o discontinuo. Generalmente inizia aimuscoli masticatori (trisma), quindi interessa i muscolifacciali (risus sardonicus), il collo (rotazione del capo),il tronco (opistotono), ecc. L’interpretazione neurofisio-logica di questa contrattura è già stata accennata nelcapitolo delle alterazioni del tono muscolare (v. pag. 35).

Spasmo nella tetania. È causato dalla ipocalcemia edalla alcalosi e si manifesta essenzialmente alla musco-latura delle estremità (da cui la dizione di «spasmocarpo-pedale»). Quando si manifesta all’arto superiore,si osserva classicamente la «mano da ostetrico» conpolso in flessione, pollice addotto, dita unite e flesseall’articolazione metacarpo-falangea. Caratteristica è laipereccitabilità dei nervi periferici alla stimolazionemeccanica, a cui conseguono contratture. Su questo fe-nomeno si basano i segni clinici da ricercare per svela-re una tetania latente: segno di Chvostek, percuotendoa livello dell’apofisi zigomatica (3 cm al davanti delcondotto uditivo esterno) si ottiene la contrazione deimuscoli facciali; segno di Lust, percuotendo il nervosciatico-popliteo esterno a livello della testa del peronesi ottiene la contrazione dei muscoli peronei; segno diTrousseau, applicando al braccio del paziente con unmanicotto di sfingomanometro una pressione di pocosuperiore a quella arteriosa massima si ottiene uno spa-smo della mano. Caratteristica è, nei periodi intercriticidella tetania, la registrazione elettromiografica di parti-colari potenziali («doppiette», «triplette», «multiplette»,le cui singole componenti sono più brevi della durata delpotenziale di unità motoria ma più lunghe di quello difibrillazione), presenti occasionalmente a riposo ed ingenere indotti dalla iperventilazione o dall’ischemia.

Sindrome dell’uomo rigido (v. pag. 35). In questoquadro clinico, la sintomatologia è caratterizzata dacrampi muscolari dolorosi e spasmi della muscolatutraparaspinale che possono causare una lordosi seconda-ria. Gli spasmi dolorosi possono essere provocati dal-l’attività motoria o dallo stress. Gli studi neurofisiologicihanno documentato un’iperattività delle unità motorieche si ritiene dipenda dalla disinibizione delle vie di-scendenti desinate alle cellule di Renshaw.

DISCINESIA. Questo termine viene utilizzato,non senza qualche ambiguità, nella letteraturaanglosassone come sinonimo di «movimentiinvolontari patologici» (Marsden, 1986), oppu-

re ad indicare alcuni tipi di disturbi del movi-mento indotti farmacologicamente.

In senso restrittivo il termine va riferito a mo-vimenti involontari, rapidi, aritmici, di aspettosimile ai movimenti coreici ma da questi di-stinguibili per l’andamento ripetitivo e stereo-tipato, che colpiscono la muscolatura del voltoe in particolare la regione bucco-linguale: mo-vimenti di protrusione della lingua, masticazio-ne, suzione, schiocco delle labbra e smorfie ta-lora grottesche. Scompaiono nel sonno, sono in-fluenzati dalle emozioni e dal grado di attenzio-ne del soggetto (che può esercitarne un parzia-le controllo volontario).

Le discinesie possono essere distinte in pri-marie (assai rare che insorgono, senza causaapparente, in soggetti spesso edentuli, specie disesso femminile, dopo i 50 anni di età) e secon-darie, usualmente indicate come «discinesietardive», che si osservano in circa il 20 % deipazienti affetti da malattie mentali e sottopostia trattamento cronico con farmaci neurolettici.

Le discinesie tardive sono spesso caratteriz-zate, oltre che dalla usuale localizzazione allaregione bucco-linguale, anche da movimentistereotipati di altre parti corporee (oscillazionedel tronco, tamburellamento delle dita dellemani o dei piedi) e, talora, ad altri segni dell’im-pregnazione da neurolettici (fenomeni distonici,segni parkinsoniani).

La denominazione «tardive» si riferisce alfatto che queste complicanze si manifestanodopo un prolungato periodo di trattamento conneurolettici (in genere molti mesi), talora, an-che dopo un intervallo libero dalla sospensio-ne del trattamento.

I rapporti cronologici con il trattamento hanno sol-levato qualche dubbio circa l’ipotesi che le discinesietardive siano causate da una iperattività funzionalenigrostriatale, successiva all’ipersensibilità dei recettoridopaminergici indotta dal trattamento con neurolettici(Klawans, 1973).

Il trattamento delle discinesie tardive si basa, quan-do possibile, sulla sospensione dell’agente causale neu-rolettico; tale misura, tuttavia, può rivelarsi inefficace in

73Funzione motoria

un’elevata percentuale di casi. Strategie alternative in-cludono: la deplezione presinaptica di dopamina (reser-pina: 6 mg/die); l’impiego di neurolettici con minor affi-nità per i recettori striatali D2 (clozapina, olanzapina,quetiapina); l’utilizzazione di farmaci dopaminomime-tici (apomorfina, bromocriptina). Sconsigliabile l’usodegli anticolinergici o l’incremento del dosaggio dei far-maci neurolettici responsabili (nonostante l’iniziale ef-fetto benefico).

Il termine «discinesie» viene utilizzato, infi-ne, ad indicare i movimenti involontari patolo-gici che compaiono nei pazienti affetti da ma-lattia di Parkinson (o sindromi parkinsoniane)in rapporto al trattamento con levodopa. Talidiscinesie rappresentano uno degli aspetti carat-teristici della «sindrome da trattamento prolun-gato con levodopa» (v. pag. ???).

TIC. Si tratta di movimenti improvvisi, rapi-di e stereotipati, che si ripetono ad intervalli ir-regolari ed imitano movimenti coordinati, deter-minando azioni gestuali o posture forzate conmodalità compulsive.

I pazienti avvertono spesso un impulso irre-sistibile ad eseguire il movimento «ticcoso», lacui esecuzione è seguita da una sensazione disollievo (riduzione dell’ansia e della tensioneinterna). I tic possono, quindi, essere soppressivolontariamente per un breve e variabile perio-do di tempo, ma ciò si verifica a spese di un au-mento della tensione interna. Fortemente in-fluenzati dallo stato emozionale del soggetto, itic possono persistere nel sonno.

Il riscontro di un parziale controllo volonta-rio dei tic ha condotto a formulare l’ipotesi diun’origine psicogena di questo disturbo. At-tualmente numerose evidenze cliniche e speri-mentali suggeriscono una genesi organica deitic (che sarebbero generati da strutture sottocor-ticali tramite meccanismi che coinvolgono ilsistema dopaminergico), anche se questa teorianon è universalmente accettata.

Dal punto di vista semeiologico possono es-sere distinti in 1) motori e fonici (vocali), 2)semplici e complessi.

I tic motori semplici sono costituiti da brevied irregolari contrazioni muscolari di isolati seg-menti corporei (in particolare: le palpebre, lamuscolatura facciale, il collo, le spalle), mentrei tic motori complessi sono rappresentati damovimenti coordinati che coinvolgono in modosinergistico numerosi gruppi muscolari.

I tic fonici, semplici e complessi, comprendo-no un’ampia varietà di suoni, rumori inarticolatie fonemi. Il più noto, ma non sempre il più fre-quente, dei tic vocali complessi è il fenomenodella «coprolalia», per cui il paziente pronunziaparole oscene, spesso gergali o abbreviate.

Una grande varietà di altre manifestazionimotorie si possono associare ai tic: comporta-menti ossessivi e compulsivi, coproprassia(eseguire gesti osceni), ecoprassia ed ecolalia(imitare gesti o suoni), iperattività motoria condeficit attenzionali, auto-mutilazioni.

Le cause dei tic sono molteplici (Tab. 2.7);per lo più si tratta di condizioni idiopatiche, inlarga maggioranza infantili, in cui i maschisono colpiti più frequentemente delle donne ele manifestazioni cliniche presentano un ampiospettro di gravità e complessità.

La sindrome di Gilles de la Tourette esordisce nel-l’infanzia o adolescenza con tic motori che interessanoil settore cranico. Successivamente si sviluppa un’ete-rogenea produzione di tic vocali e gestuali, semplici ocomplessi, che possono imitare pressochè qualsiasi mo-vimento o espressione umana. Il decorso cronico è ca-ratterizzato dalla variabilità delle manifestazioni ticcosee dalla tendenza ciclica a periodiche remissioni e riacer-bazioni; la malattia raggiunge la sua massima espres-sione durante l’adolescenza ed una limitata percentualedi pazienti presenta una remissione completa durante lapubertà. I tic si associano ad alterazioni comportamen-tali (difficoltà attenzionali con basso rendimento scola-stico, comportamenti ossessivo-compulsivi) che spes-so rappresentano il principale problema sociale.

La causa della sindrome di Gilles de la Tourette èsconosciuta: il riscontro di un’elevata incidenza di fa-miliari affetti ha fatto ipotizzare una possibile eredita-rietà autosomico dominante con penetranza legata alsesso, ma fattori non genetici (stress materno, iperter-mia, infezioni) svolgono verosimilmente un ruolo rile-vante. Anche il substrato anatomico risulta incerto e

74 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

sembra costituito da un’alterazione di circuiti frontalisottocorticali (è stata descritta, inoltre, una riduzionevolumetrica del putamen e del nucleo lenticolare).

Il trattamento farmacologico è basato sullautilizzazione di antagonisti della dopamina(aloperidolo, fenotiazine, pimozide); il loro im-piego non è privo di possibili complicanze(parkinsonizzazione, discinesie tardive), per cuiin considerazione dell’età dei pazienti e deldecorso cronico vengono preferiti, nelle formeiniziali o lievi, approcci farmacologici diversi(clonidina, clonazepam, tossina botulinica).

Considerazioni conclusive suidisturbi della motilità

I. – Alterazioni del livello spino-mu-scolare e piramidale

A – Paralisi centrale e paralisi periferica

La via motoria, che dalla corteccia raggiun-ge i nuclei motori spinali o i nuclei dei nervicranici motori, è indicata complessivamentecome via motoria centrale («neurone motore

centrale», «primo motoneurone» e «neuronemotore superiore»). La via motoria che dai nu-clei motori spinali o dai nuclei motori dei ner-vi cranici raggiunge il muscolo è indicata comevia motoria periferica («neurone motore peri-ferico», «secondo motoneurone» o «neuronemotore inferiore»).

Gli elementi semeiotici descritti sinora per-mettono di distinguere, quando si osserva unariduzione o un’abolizione della motilità volon-taria (denominata rispettivamente paresi o ple-gia), se si tratta di una lesione del neurone mo-tore centrale o del neurone periferico, propo-nendo già all’inizio una diagnosi di sede di le-sione a livello delle strutture nervose deputatealla motilità volontaria.

Le caratteristiche semeiotiche della paralisio paresi da lesione del neurone motore centra-le o periferico sono le seguenti:

PARALISI DA LESIONE DEL NEURONE MOTORE

CENTRALE (PARALISI CENTRALE)

1) la paralisi o paresi interessa molti grup-pi muscolari e mai un muscolo isolato;

2) il tono muscolare è aumentato e presen-ta le tipiche caratteristiche piramidali (spasticitào ipertonia spastica);

Tabella 2.7. - Classificazione eziologica dei tic.

Idiopatici:Tic semplici transitori dell’infanzia (durata < 1 anno)Tic semplici o complessi persistenti dell’infanziaTic semplici o complessi croniciTic seniliSindrome di Gilles de la Tourette

Secondari o acquisiti:Post-infettivi (post-encefalitici, encefalite letargica, corea di Sydenham, malattia di Jacob-Creutzfeldt)Post-traumaticiPost-lesioni vascolariDa farmaci: stimolanti (anfetamine, metilfenidato), levodopa, neurolettici, antiepilettici (carbamazepina, dintoina,

fenobarbitale)Da intossicazione con monossido di carbonioDa alterazioni cromosomicheIn corso di malattie degenerative (malattia di Huntington, neuroacantocitosi, distonie)

75Funzione motoria

3) i riflessi profondi sono aumentati, taloracon risposta multipla (trepidanti o policinetici)fino all’eventuale comparsa di cloni; i riflessisuperficiali sono assenti o diminuiti dal latodella lesione; sono presenti riflessi patologici(segno di Babinski, ecc.);

4) l’atrofia è assente o molto modesta (daascrivere al non uso, salvo talora per le lesioniparietali, come descritto precedentemente);

5) movimenti sincinetici o sincinesie posso-no esistere nei muscoli paralizzati.

PARALISI DA LESIONE DEL NEURONE MOTORE

PERIFERICO (PARALISI PERIFERICA)

1) la paralisi può interessare muscoli isola-ti o gruppi di muscoli;

2) il tono muscolare è ridotto;3) i riflessi profondi sono diminuiti o assen-

ti; quelli superficiali possono pure essere assen-ti o diminuiti. Non sono presenti riflessi pato-logici;

4) l’atrofia è marcata e localizzata ai grup-pi muscolari paralizzati;

5) le fascicolazioni sono spesso presenti;6) fenomeni vasomotori sono presenti in

maniera molto netta;7) i movimenti sincinetici (sincinesie) sono

assenti;8) l’elettromiografia dimostra una completa

o parziale denervazione.

PARALISI DA LESIONE MUSCOLARE

1) il deficit di forza di norma interessa, inmaniera simmetrica, gruppi muscolari conmaggior compromissione di quelli prossimali;è, tuttavia possibile una distribuzione distale(anche asimmetrica) ed un interessamentoselettivo ‘focale’;

2) i riflessi profondi possono essere diminu-iti o assenti, sempre in proporzione al deficit diforza;

3) il tono muscolare ha un comportamentoconsensuale a quello dei riflessi;

4) l’atrofia muscolare è sempre presente edin alcune forme può prevalere sull’ipostenia; uningrossamento muscolare (“pseudoipertrofia”)è presente in alcune miopatie;

5) le sensibilità non sono compromesse;6) le fascicolazioni sono di norma assenti;

è possibile la presenza di miotonia;7) l’elettromiografia dimostra alterazioni

‘miogene’.

B – Aspetti semeiotico-clinici dei disturbidella motilità volontaria

Emiplegia o emiparesi: questo termine defi-nisce un’abolizione o diminuzione della moti-lità volontaria che interessa una metà del cor-po, determinata da una lesione delle vie pirami-dali a livello dell’emisfero cerebrale controla-terale o del tronco encefalico o a livello dei pri-mi segmenti cervicali. Una lesione corticale checomprenda tutta la superficie motoria dell’area4, compreso il lobulo paracentrale, è pratica-mente impossibile.

La tipica emiparesi capsulare presenta alcu-ne caratteristiche particolari: a) i muscoli del-le due metà del corpo, che usualmente agisconoinsieme (ad esempio orbicolare delle palpebre,muscoli laringei, muscoli intercostali, ecc.) nonsono paralizzati poiché i nuclei motori del tron-co possiedono un’innervazione cerebrale bila-terale; b) i muscoli del facciale inferiore risul-tano ipostenici all’emilato paretico durante lacontrazione volontaria, ma non per quella mi-mica, presente ad esempio in stati emozionali;c) alcuni gruppi muscolari risultano particolar-mente colpiti: i peronei, i flessori del ginocchioe della coscia, i rotatori esterni e gli adduttoridel braccio, gli estensori delle dita, polso, go-mito ed i supinatori dell’avambraccio.

L’azione dei muscoli antagonisti e la distri-buzione dell’ipertonia piramidale causano la ti-pica postura dell’emiplegico: l’arto inferiore èesteso alla coscia e alla gamba, il piede è equi-no-varo, il braccio è addotto e intraruotato, le

76 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

dita, il polso ed il gomito sono flessi, l’avam-braccio e la mano sono pronati (Fig. 2.17).

La somma delle attitudini ora descritte è cau-sa dell’atteggiamento assunto dal paziente emi-paretico e dell’andatura, detta “falciante”. Infat-ti la mancata flessione della coscia sul bacinoe della gamba sulla coscia obbliga il pazientea fare perno sull’articolazione dell’anca e a farcompiere un movimento di semicerchio all’ar-to paretico. Possono tuttavia esistere emiparesicon caratteristiche diverse, in rapporto con lasede della lesione.

Una lesione a livello del tronco dell’encefaloè causa di una sindrome alterna, cioè emiparesibrachio-crurale e controlateralmente paresi diuno o più nervi cranici.

Quando la lesione sia presente al di sottodell’incrocio delle piramidi si verifica la cosid-detta emiplegia o emiparesi spinale, cioè unaemiplegia o emiparesi brachio-crurale omola-terale alla lesione.

Monoplegia o monoparesi: il deficit motorioè localizzato ad un solo arto (superiore o infe-riore) e può dimostrare caratteristiche centralio periferiche.

Una monoplegia di natura centrale è dovutaad una lesione circoscritta corticale (assai rara-mente, midollare).

Nelle monoparesi o monoplegie da lesionecorticale è caratteristico l’interessamento preva-lente delle parti distali degli arti, e talora para-lisi o paresi solo di alcuni gruppi muscolari, chemimano una distribuzione radicolare. Si parlaallora di paralisi centrale di tipo pseudoradico-lare, poiché possono essere interessati i muscoliinnervati dal nervo ulnare (mm. interossei, emi-nenza ipotenar, adduttore del pollice) e più rara-mente quelli innervati dal radiale e dal mediano.All’arto inferiore è più frequente la sindromepseudoradicolare lombo-sacrale.

Le monoplegie di natura periferica possonoessere dovute a lesioni midollari, delle radici,dei plessi o, più raramente, di un gruppo di ner-vi periferici.

Tetraplegia e tetraparesi: esprime l’abolizio-ne o riduzione della motilità volontaria localiz-zata ai quattro arti (è anche definita quadri-plegia e quadriparesi).

La lesione responsabile di una tetraparesipuò essere localizzata a livello encefalico, mi-dollare o periferico. In pratica la tetraparesi otetraplegia si ritrova comunemente per lesionimidollari. Se la lesione è localizzata a livello delmidollo cervicale alto (C

2-C

4, al di sopra del

rigonfiamento cervicale) la quadriparesi o qua-driplegia presenta tutti i caratteri della paresipiramidale con ipertonia, iperreflessia profon-da e segno di Babinski. Se la lesione è localiz-zata a livello del midollo cervicale inferiore (C

5-

C8) i segni piramidali sono presenti agli arti in-

feriori, mentre agli arti superiori coesistono,con prevalenza diversa a seconda dei casi, se-gni piramidali e segni di compromissione delneurone periferico (atrofia, specie distale, a li-vello della mano, iporeflessia) per lesione del-le cellule radicolari anteriori. In questi casi,comunque, si associano spesso alterazioni del-la sensibilità e segni di sofferenza del n. frenico(C

4-C

5) con singhiozzo, paresi del diaframma e

turbe del respiro. La lesione midollare può es-sere dovuta a trauma, compressione midollareda tumore o da malattie vertebrali, ma anche amalattie degenerative quali, ad esempio, la scle-rosi laterale amiotrofica.

Le lesioni encefaliche capaci di dar luogo auna quadriparesi sono state ritrovate eccezio-nalmente, a livello del piede del ponte, in ge-nere per cause vascolari (trombosi dell’arteriabasilare). Più spesso, forse, la lesione pontinaè limitata e dà luogo solo ad una paraparesi.

Nella sindrome pseudobulbare, dovuta a le-sioni vascolari lacunari diffuse ai due emisfe-ri, si può osservare una compromissione pira-midale ai quattro arti, anche se nettamente piùmarcata agli arti inferiori. Si associano turbedella deglutizione, disartria e crisi di riso e pian-to spastico. Disturbi piramidali ai quattro arti siritrovano anche nelle paralisi cerebrali infanti-li (emiplegia doppia congenita).

77Funzione motoria

Le lesioni periferiche capaci di dar luogo auna tetraparesi sono rappresentate dalle poli-neuropatie e dalle poliradiculoneuropatie. Lecaratteristiche cliniche, sono quelle di una le-sione del motoneurone periferico con ipotoniae ipo o areflessia. Bisogna tuttavia rilevare chein questi casi, il deficit motorio, in genere, pre-vale alle estremità distali degli arti con tendenzaa risalire verso le porzioni prossimali; talora ildisturbo prevale agli arti inferiori.

Il disturbo motorio è spesso associato a turbesensitive soggettive e obiettive e, talora, a turbevasomotorie.

Paraplegia e paraparesi: definisce l’abolizio-ne o riduzione della motilità volontaria localiz-zata ai due arti superiori o ai due arti inferiori(paraplegia o paraparesi superiore o inferiore).Per consuetudine tuttavia con il termine paraple-gia o paraparesi si intende l’abolizione o riduzio-ne della motilità volontaria ai due arti inferiori.

La lesione responsabile di una paraplegia puòessere localizzata a livello encefalico, midollareo periferico.

Nelle paraplegie encefaliche la lesione occu-pa la regione del lobulo paracentrale bilateral-mente.

La paraplegia midollare, inizialmente ipoto-nica, gradualmente diventa ipertonica e si di-stingue in: paraplegia in estensione e paraplegiain flessione.

La paraplegia in estensione è caratterizza-ta da un ipertono che colpisce tutti i muscoli,sia flessori che estensori, per cui gli arti sonoestesi, addotti, con il piede in equinismo o va-rismo. I riflessi profondi sono nettamente au-mentati, mentre quelli di automatismo mi-dollare sono poco evidenti (paraplegia tendi-neo-riflessa).

La paraplegia in flessione è caratterizzatadalla ipertonia dei muscoli flessori, per cui gliarti inferiori sono flessi, le cosce sul bacino, legambe sulle cosce, il piede sulla gamba. I rifles-si profondi, al contrario del quadro preceden-

te, sono diminuiti, mentre quelli di automati-smo midollare sono nettamente aumentati (pa-raplegia cutaneo-riflessa). Secondo Fulton(1951), la paraplegia in flessione esprime unatransezione spinale completa, mentre la para-plegia in estensione indica che il midollo nonè stato completamente interrotto.

Osservazioni effettuate su paraplegici trau-matici dell’ultimo conflitto mondiale e soprav-vissuti grazie alle moderne terapie permettonodi affermare che il tipo di paraplegia dipendedal numero dei segmenti midollari esistenti neltratto di midollo spinale isolato da influenze su-periori. Maggiore è il numero dei segmentimidollari nel tratto di midollo isolato, più fre-quente è la paraplegia in flessione (Pollock ecoll., 1951).

Le paraplegie periferiche possono esseredovute a una lesione del motoneurone midol-lare, (in questo caso la distribuzione del defi-cit motorio e della amiotrofia è ineguale e in-completa, come, ad esempio, nella poliomie-lite acuta), o delle radici e dei nervi (come, adesempio, nelle poliradicoliti o poliradicolo-neuropatie).

Diplegia: con questo termine si intende unaparalisi di due parti simmetriche del corpo.

La diplegia può essere causata da lesionibilaterali e simmetriche degli emisferi cerebralio del tronco encefalico.

Da sottolineare la diplegia scapolo-crurale,forma piuttosto rara, costituita da paralisi bila-terale e simmetrica degli arti inferiori, del to-race e della parte prossimale degli arti superiori,causata da una insufficienza circolatoria nel ter-ritorio cerebrale irrorato dalle due arterie cere-brali anteriori.

II. – Alterazioni del livelloextrapiramidale

I diversi segni o sintomi espressione clinicadi una lesione del sistema extrapiramidale sono

78 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

rappresentati da: ipertonia extrapiramidale o ri-gidità, disturbi dell’iniziativa motoria, dellamotilità automatica e associata, alterazioni delleposizioni corporee, movimenti involontari pa-tologici.

Dalla varia associazione di questi segni indeterminati quadri clinici, sono state, specie nelrecente passato, tratteggiate differenti sindromiextrapiramidali.

Si può distinguere, infatti, la sindromeacinetico-ipertonica, caratterizzata appuntoda acinesia e rigidità, dalle sindromi iperci-netiche, caratterizzate da movimenti involon-tari patologici. È chiaro che queste denomi-nazioni hanno un valore puramente descritti-vo, senza nessuna implicazione anatomocli-nica e servono pertanto a riassumere sottouna etichetta, non sempre valida a dire ilvero, gli aspetti caratteristici di un multifor-me quadro clinico; la sindrome acinetico-ipertonica, infatti, sta ad indicare gli aspettiprevalenti della malattia di Parkinson, ma ladefinizione diventa insufficiente se sono pre-senti anche tremori.

Esiste, inoltre, anche una distinzione sindro-mica con supposti riferimenti anatomo-clinicie funzionali. La sindrome paleostriata o sindro-me strionigrica sarebbe caratterizzata da sinto-mi del m. di Parkinson, mentre la sindromeneostriata sarebbe caratterizzata da movimentiinvolontari patologici. Questa distinzione appa-re troppo schematica per essere accettata. Allostato attuale delle conoscenze non sembra quin-di possibile stabilire un raggruppamento sindro-mico con motivazioni anatomo-cliniche. Si po-trà, molto più semplicemente, procedere ad unaelencazione descrittiva di quadri clinici e pre-cisamente:

a) sindromi acinetico-ipertoniche (parkin-soniane) (v. pag. ???);

b) sindromi con movimenti involontari pa-tologici o ipercinetiche (coreiche, distoniche,ecc.) (v. pag. 59, 69);

c) sindrome wilsoniana (v. pag. ???).

4. Organizzazione per il control-lo e la regolazione del movimen-to: la coordinazione motoria (li-vello cerebellare)

Col termine coordinazione motoria si inten-de la capacità di compiere, con armonia e ade-guata misura, movimenti complessi che impli-cano la contrazione simultanea e sincrona didiversi gruppi muscolari ad azione agonista,antagonista e sinergica.

I disturbi della coordinazione possono esseredistinti in statici e dinamici: la coordinazionestatica si esamina nella stazione eretta; la coor-dinazione dinamica si esamina nel movimentodegli arti o di segmenti di arti e nella marcia.

Il termine atassia è praticamente sinonimo diincoordinazione motoria e si riferisce special-mente alla statica e alla dinamica nella marcia(atassia statica e atassia dinamica); le prove peresplorare l’armonica esecuzione di movimentisegmentali agli arti sono invece usualmenteindicate come prove per la coordinazione seg-mentale.

La coordinazione motoria si esprime, in ge-nere, come attività non cosciente. Il movimen-to è certamente dovuto alla messa in moto dimeccanismi motori volontari, ma la ripetizio-ne sorvegliata e corretta crea un movimento cheseppure strettamente collegato con un’attivitàvolontaria diventa stereotipato. Comunque, siache l’azione motoria sia volontaria o automa-tica, la coordinazione interviene, in gran parte,indipendentemente dalla volontà 3.

La coordinazione dei movimenti è regolatada tre sistemi:

– il cervelletto, la cui lesione determinauna incoordinazione che possiamo definire pri-maria, poiché dipende esclusivamente dallafunzione cerebellare;

3 Per certe attività sportive, ad es., anche la funzione dicoordinazione motoria di base o «automatica» può essere con-venientemente e sapientemente indirizzata e corretta.

79Funzione motoria

– il sistema sensitivo, che trasporta le in-formazioni afferenti attraverso le vie della sen-sibilità profonda. Oltre agli impulsi sensitivi co-scienti, anche le afferenze propriocettive inco-scienti, trasportate dai fasci spinocerebellaridiretti e crociati convogliano adatte informa-zioni al cervelletto. Le alterazioni di questi fa-sci, come ad esempio nel morbo di Friedreicho in altre lesioni spinali, comportano la compar-sa di atassia;

– l’apparato vestibolare e visivo regolanol’equilibrio e comportano, se alterati, instabilitànella stazione eretta e deviazioni vettoriali cheinterferiscono nella coordinazione dei movi-menti. Anche l’organo della vista ha un ruolodi controllo, spesso inconscio. Ma questi duefattori (vestibolo e vista) hanno importanza re-lativa poiché soggetti con distruzione dei labi-rinti o soggetti ciechi possono mantenere la sta-zione eretta e deambulare. A dire il vero i sog-getti con lesioni vestibolari non presentano ge-nuini disturbi della coordinazione.

Un disturbo della coordinazione quindi sipuò manifestare per alterazioni cerebellari, del-le vie afferenti sensitive coscienti e incoscienti,ma anche per alterazioni cerebrali, in partico-lare, per alterazioni frontali, temporali, callosee parietali. Le turbe atassiche per lesioni fron-tali e callose si dovrebbero ascrivere a lesionedelle vie fronto-ponto-cerebellari, mentre quel-le da lesioni temporali riscontrate in casi di tu-mori sarebbero forse dovute agli effetti dell’i-pertensione endocranica sul cervelletto. L’a-tassia parietale dovrebbe, invece, essere ascrittaai concomitanti disturbi della sensibilità profon-da, trattandosi quindi di una atassia sensitiva.

Le premesse anatomiche e le informazionifisiopatologiche utili per approfondire il pro-blema della coordinazione del movimento, de-vono riferirsi, dopo quanto è stato ora accen-nato, primariamente alla funzione cerebellare,ma anche alla funzione sensitiva e alla funzio-ne cerebrale corticale. Pertanto rimandiamo illettore a pag. 497 per il cervelletto e le sindro-

mi cerebellari; a pag. 85 per la funzione sen-sitiva; a pag. 511 per le funzioni cerebrali emi-sferiche.

Esame della coordinazione motoria

Già la semplice osservazione del comporta-mento del malato può fornire elementi utili astabilire se esistono turbe atassiche. Si annotiquindi come il paziente esegue gli atti della vitaquotidiana e, in particolare, come si siede o sialza da una sedia, quale postura mantiene men-tre è seduto ed è in piedi, com’è la sua andatu-ra; come esegue movimenti quali portare unbicchiere alla bocca, abbottonarsi la camicia ola giacca, annodarsi il laccio delle scarpe. Inparticolare si osservi se esiste armonia nell’ese-cuzione del movimento, se l’atto sia quantita-tivamente e qualitativamente adatto allo scopo(troppo o poco ampio, troppo o poco veloce),se esistano titubanze o incertezze, ecc.

Le prove semeiotiche atte ad evidenziare undisturbo della coordinazione dei movimentivengono suddivise in: A) prove per la coordi-nazione del corpo in toto (equilibrio e marcia);B) prove per la coordinazione segmentaria odegli arti.

A) COORDINAZIONE DEL CORPO IN TOTO (EQUILI-BRIO E MARCIA)

Gli eventuali disturbi vengono osservati nelmantenimento di specifiche posture, nella sta-zione eretta (atassia statica) e nella marcia(atassia dinamica).

Per il mantenimento della postura si esami-na il paziente sdraiato e seduto, per evidenziarele eventuali oscillazioni del capo e del corpo,l’impossibilità a stare seduto, la mancata fissa-zione di gruppi muscolari del dorso e dei cin-goli scapolari o pelvici, presenti in casi con gra-vi turbe della coordinazione.

Nella stazione eretta è possibile cogliere al-terazioni anche in casi con modeste turbe atas-

80 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

siche. La prova di Romberg è particolarmenteutile a questo scopo: il paziente viene postosull’attenti, con le punte dei piedi unite; succes-sivamente lo si invita a chiudere gli occhi. Seil corpo del paziente tende ad oscillare, giun-gendo talora, alla chiusura degli occhi, sino allacaduta, il fenomeno di Romberg è positivo. Nelmalato cerebellare il fenomeno di Romberg ènegativo, poiché il paziente oscilla già ad occhiaperti e l’equilibrio non viene significativamen-te peggiorato dalla chiusura degli occhi.

Si deve inoltre esplorare la funzione siner-gica cioè la sinergia muscolare o capacità dicorrettamente aggiustare il livello di contra-zione nei vari muscoli che partecipano al mo-vimento. Come abbiamo visto un determinatomovimento complesso comporta la contrazionesincrona e armonica di differenti gruppi musco-lari: l’esecuzione di un movimento in stadi iso-lati e successivi caratterizza l’asinergia (scom-posizione dei movimenti).

L’asinergia della stazione eretta esprime l’al-terata ripartizione e adattamento del tono postu-rale e si dimostra invitando il paziente ad incli-nare il tronco all’indietro: nel soggetto normaleciò è possibile poiché il movimento si associaalla flessione degli arti inferiori, cioè alla contra-zione sinergica dei flessori degli arti inferiori,mentre il paziente cerebellare cade all’indietro ela prova è quindi positiva per mancanza appun-to della flessione agli arti inferiori.

Per quanto riguarda la marcia si distinguono:

– Atassia cerebellare: l’andatura è a base al-largata, le braccia a bilanciere, l’ammalato avan-za con incertezza e con pulsioni laterali bruscheche lo fanno proseguire a zig zag e mima, comesi suol dire, l’andatura dell’ubriaco, rischiandodi cadere. Il fenomeno di Romberg è negativo.Nelle lesioni cerebellari unilaterali la deviazio-ne si manifesta sempre verso il lato cerebellareaffetto, con brusche lateropulsioni.

La grande asinergia di Babinski o asinergiadella marcia si evidenzia con la prova seguen-

te: il paziente, posto col dorso al muro e invi-tato ad iniziare la marcia, solleva l’arto inferiorema non associa questo movimento allo sposta-mento del tronco in avanti per cui, essendo ilbaricentro del corpo spostato all’indietro eglitende a cadere. L’asinergia della marcia comun-que è di osservazione piuttosto rara.

– Atassia per turbe della sensibilità profon-da: si designa in genere col termine di atassiatabetica ma è presente anche in altre condizio-ni cliniche.

L’atassia tabetica, per lesioni dei cordoniposteriori è caratterizzata dal brusco lancio del-le gambe in avanti, dalla pesante ricaduta deltallone sul suolo e dall’assiduo controllo dellavista sui movimenti degli arti. In sostanza e neicasi osservabili oggi, di certo meno gravi diquelli del passato, il disturbo è rappresentato datallonamento, dalla mancanza di misura nel lan-ciare gli arti in avanti e dalla positività del fe-nomeno di Romberg. Nelle lesioni midollaril’atassia spesso non è pura, ma associata a turbepiramidali. Nelle lesioni radicolari e dei nerviperiferici si può manifestare un’atassia analo-ga a quella della tabe dorsale (pseudotabe pe-riferica: nelle polineuropatie, e nella poliradi-culoneurite di Guillain Barré). Il fenomeno diRomberg è positivo.

Nelle lesioni cerebrali e nelle lesioni talami-che riscontriamo atassia della marcia per turbedella sensibilità profonda. In questo caso la tur-ba atassica è unilaterale (crociata rispetto allasede della lesione) e di entità modesta.

– Atassia per turbe labirintiche: le turbe del-l’equilibrio di origine labirintica, spesso indi-cate come atassia labirintica, sono alterazionipuramente statiche dell’equilibrio e della mar-cia, e mancano sempre segni di incoordinazionesegmentale. Il labirintico presenta un equilibrioinstabile, divarica i piedi per aumentare la basedi appoggio ma, segno distintivo capitale, ha unfenomeno di Romberg positivo. La perdita diequilibrio per chiusura degli occhi non è imme-

81Funzione motoria

diata ma avviene dopo circa una dozzina di se-condi e sempre verso un determinato lato (late-ropulsione). Il labirintico non può, come il ce-rebellare, seguire una linea retta, devia lateral-mente, ma sempre nello stesso senso, dalla par-te del labirinto malato. La marcia eseguita ver-so l’avanti e verso l’indietro per 8-10 passi, adocchi chiusi, disegna i raggi di una stella (mar-cia a stella).

– Atassia cerebrale (frontale, callosa, tempo-rale): mentre l’atassia parietale è una veraatassia per turbe della sensibilità profonda, iltermine atassia frontale, callosa e temporale èda alcuni ritenuto improprio, e a maggior ragio-ne quello di atassia cerebrale, anche se entratonell’uso comune.

Nel caso dell’atassia frontale e callosa si os-serva un difetto di equilibrio nella marcia e nel-la stazione eretta con tendenza alla retro- elateropulsione. La atassia temporale sarebbeanch’essa del tipo ora descritto.

B) COORDINAZIONE SEGMENTARIA O DEGLI ARTI

Viene esaminata con prove codificate chepermettono di mettere in evidenza: la dismetria,l’asinergia, l’adiadococinesia.

1) La dismetria, che traduce l’incapacità diregolare l’intensità e la durata dell’attività mo-toria in rapporto allo scopo da raggiungere, puòessere evidenziata da diverse prove.

Per gli arti superiori:– Prova indice-naso: si invita il paziente ad

occhi aperti e ad occhi chiusi ad abdurre com-pletamente il braccio e quindi a toccare legger-mente e con precisione la punta del naso; que-sta manovra deve essere eseguita più volte, ra-pidamente, sia con un braccio che con l’altro.

– Prova indice-fronte-naso-mento: il sogget-to dovrà toccare tre parti del viso (fronte, nasoe mento) invece del solo naso.

– Prova indice-orecchio: ha le stesse carat-teristiche di esecuzione della precedente.

– Prova dito-paziente – dito-esaminatore: siinvita il paziente a toccare il dito dell’esamina-tore che viene spostato di volta in volta.

– Prova della prensione (o prova del bicchie-re): se si invita un paziente a prendere un bic-chiere pieno d’acqua a metà e a portarlo allelabbra per bere.

Per gli arti inferiori:– Prova calcagno-ginocchio: il paziente deve

toccare con il calcagno il ginocchio dell’artoopposto, ad occhi aperti e ad occhi chiusi. Unavariante di questa prova consiste nell’ordinareal paziente di colpire ripetutamente con unaserie di piccoli colpi il ginocchio, dopo averloraggiunto.

– Prova calcagno-tibia strisciata: il pazien-te è invitato a strisciare leggermente il tallonelungo la cresta della tibia fino al dorso del pie-de.

– Prova dito-paziente – dito-esaminatore: a-naloga a quella eseguita agli arti superiori, ilpaziente cercherà di toccare con il suo alluce ildito dell’esaminatore che viene spostato di vol-ta in volta.

Se esiste un disturbo della coordinazione, ilmovimento, in tutte queste prove, è eseguito inmaniera scorretta: la mira non è raggiunta (di-smetria), o è raggiunta con troppa forza e quindisuperata (ipermetria), oppure in vicinanza del-la meta il dito o il calcagno si arrestano o ral-lentano l’atto motorio (braditeleocinesia). Sipotrà anche notare che il movimento viene ese-guito con minore rapidità, particolarmente al-l’inizio del movimento (ritardo dell’inizio delmovimento), e con una serie successiva di irre-golari contrazioni (discontinuità del movimen-to).

2) L’asinergia, che abbiamo già studiato aproposito della stazione eretta e della marcia,può anche manifestarsi a livello di movimentisegmentali degli arti. Il movimento globale puòessere scomposto in movimenti parziali, in tempi

82 Elementi di fisiopatologia e semeiologia

diversi, per difetto di sinergia tra i diversi mo-vimenti che compongono l’atto nel suo insieme.

L’asinergia segmentale o piccola asinergia diBabinski si mette in evidenza con diverse pro-ve:

– il soggetto seduto è invitato a toccare conla punta del piede un oggetto posto a circa 50cm dal suolo, pochi centimetri distante dal gi-nocchio. L’asinergico, invece di compiere si-multaneamente la flessione della coscia e del-la gamba, prima flette la coscia e poi estendela gamba, oltrepassando spesso l’oggetto;

– il soggetto asinergico dimostra la scom-posizione del movimento nell’esecuzione del-le prove di coordinazione segmentale preceden-temente descritte.

Tutte queste prove possono essere positive daun solo lato realizzando una emiasinergia cheesprime una lesione cerebellare omolaterale.

L’asinergia globale o grande asinergia puòessere evidenziata invitando il soggetto, diste-so sul letto a braccia conserte, a mettersi sedu-to senza aiutarsi con gli arti superiori. Il sogget-to normale esegue la prova contraendo i musco-li che fissano gli arti inferiori al letto; l’asiner-gico solleva, anche smodatamente, gli arti in-feriori mentre non riesce a sollevare il dorso. Sinoti tuttavia che soggetti normali, specie anzia-ni, hanno difficoltà ad assumere la posizioneseduta senza aiutarsi con gli arti superiori.

3) La diadococinesia esplora la capacità dieseguire movimenti volontari rapidi e alterna-tivi. La perdita di questa possibilità, denominataadiadococinesia, si esplora con le seguenti pro-ve:

– prova di pronazione-supinazione delle ma-ni: il soggetto è seduto e, poste sulle ginocchiale mani, esegue rapidi movimenti alternativi diprono-supinazione. Se esiste adiadococinesia siosserverà che il malato non riesce, già dopo al-cuni movimenti, a mantenere il ritmo e l’alter-nanza della successione;

– prova delle marionette: il soggetto sedutodi fronte all’esaminatore, con le braccia addot-

te, gli avambracci flessi sul braccio e palmedelle mani in avanti, esegue, al comando, rapi-di movimenti alternati di prono-supinazione.Quando il malato non può abbandonare il let-to, lo si invita a estendere le braccia e a compie-re gli stessi rapidi movimenti alternati di prono-supinazione. La prova si considera positivaquando il paziente non è in grado di mantenereil ritmo e l’alternanza delle successioni motorie.

L’adiadococinesia può essere anche eviden-ziata facendo eseguire movimenti quali: batterele mani, scrivere a macchina, segnare il passo.

Le prove per l’adiadococinesia saranno par-ticolarmente dimostrative se la lesione è unila-terale.

Appare ovvio che molte delle prove soprae-lencate sono in grado di mettere in evidenzaglobalmente turbe dismetriche, asinergiche eadiadococinetiche. Un esempio particolare èdato dalle turbe della scrittura. La scrittura, cheutilizza una successione di movimenti alterna-tivi particolarmente precisi e regolari, dimostramolto bene l’esistenza di turbe della coordina-zione. Se il malato è invitato a tracciare lineeorizzontali in successione sovrapposta tra duelimiti verticali, segnati dall’esaminatore, mol-te linee oltrepasseranno o non raggiungerannoil limite verticale e la linea sarà intercisa (iper-ipometria, dismetria, asinergia, adiadococine-sia, braditeleocinesia).

Altri segni, che si possono riscontrare in unmalato con turbe della coordinazione, fannoparte delle sindromi cerebellari e saranno per-tanto descritti a pag. 497. Ci riferiamo ai se-guenti segni:

– disturbi del tono: ipotonia e passività (pro-va del ballottamento, prova di Holmes, riflessipendolari); ipertonia nella reazione di sostegno;turbe dell’atteggiamento (asimmetrie di posi-zione);

– ipostenia;– tremori;– disartria, con parola scandita ed esplosiva

(v. pag. 126).

83Funzione motoria

Riferimenti bibliografici

GUYTON A.C: Basic neuroscience. Anatomy and Phy-siology. W.B. Saunders Company, Philadelphia, 1991.

KANDEL E.R., SCHWARTZ J.H., JESSEL T.M.: Priciples ofneural science. McGraw-Hill, New York, 2000.

LAWRENCE D.G., KUYPERS H.G.: The functional organi-zation of the motor system in the monkey. I. The effectsof bilateral pyramidal lesions. Brain 91, 1-14, 1968.

LAWRENCE D.G., KUYPERS H.G.: The functional organi-zation of the motor system in the monkey. II. The effects

of lesions of the descending brain-stem pathways. Brain91, 15-36, 1968.

MARCHETTI M., PILLASTRINI P.: Neurofisiologia del mo-vimento. Piccin, Padova, 1997.

MATTHEWS G.G.: Neurobiologia. Piccin, Padova,1999.

NICHOLLS J.G, MARTIN R.A., WALLACE B.G.: Dai neuronial cervello. Zanichelli, Bologna, 1997.

SCHMIDT R.F., THEWS G.: Human Physiology. Second,Completely revised Edition. Springer-Verlag, New York,1989.