003 SAB 04-01-97

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La Giornata * * * * * * In Italia Nel mondo Roma. “Il congresso del Ppi sarà l’evento politico più innovativo di tutto il 1997”, af- ferma con sicurezza Bruno Tabacci, ex de- mocristiano di lungo corso uscito indenne dalle traversie giudiziarie di Tangentopoli e già tornato in trincea. E’ chiaro che la vera innovazione a cui Tabacci pensa è la nomi- na a segretario del Ppi di Franco Marini, e le conseguenze della sua intronizzazione sullo scenario politico. Sarà per questo che nei palazzi romani, da giorni, non si parla che dell’ex segretario della Cisl, delle sue in- tenzioni e dei suoi progetti, e ci si divide tra chi lo teme e chi ne attende l’ascesa. Lui, Marini, rispettando fino all’estremo il gioco formale secondo il quale le candida- ture si presentano solo al congresso, usa an- cora un lessico ecumenico e distensivo, ma chi lo conosce sa che è pronto a dare batta- glia. Giovedì 9 gennaio applaudirà con fer- vore la relazione del segretario uscente, Ge- rardo Bianco, venerdì porrà la sua candida- tura alla successione e sabato conta di tene- re il discorso d’investitura. Marini, che oggi è il responsabile dell’organizzazione eletto- rale del Ppi ma mili- ta nella Dc dagli an- ni ’50 (allora con lea- der come Giulio Pa- store e Carlo Donat Cattin) conosce bene il partito e conta di raccogliere un’ampia maggioranza di voti. Tanti da rendere non determinante l’“ap- poggio esterno” di Rosy Bindi e da con- tenere l’avversario, Pierluigi Castagnetti, attorno al 20-25 per cento. Alla poltrona di segretario del Ppi Marini guarda da tempo. Era nella rosa dei candi- dati già nell’ottobre del ’94, ma poi lo scon- tro si restrinse a Rocco Buttiglione e Nicola Mancino, e allora Marini si schierò con il fi- losofo sponsorizzato da Mino Martinazzoli. Se oggi il presidente del Senato è uno dei suoi più ostinati avversari lo si deve anche a quella scelta. Oltre al fatto che Mancino con- sidera Bianco molto più malleabile, e pro- babilmente più incline a sostenerlo nelle sue ambizioni quirinalizie. Marini ha di nuo- vo sfiorato la segreteria del partito nel Con- siglio nazionale dell’11 marzo del ’95, con- trapponendosi questa volta a Buttiglione e alla sua svolta a destra. Anche questa volta ha mancato l’obbiettivo, ma oggi ama ricor- dare che i suoi voti furono decisivi per sot- trarre a Buttiglione la maggioranza del par- tito e per portare Bianco alla segreteria del Ppi. Da qui la riconoscenza del segretario uscente, che pur non sostenendolo non ha fatto mai nulla che lo potesse ostacolare. Sulla marcia di Marini verso la guida del partito, gravano semmai i sospetti di Prodi e degli ambienti ulivisti. E’ lì infatti, specie per iniziativa di Beniamino Andreatta, che nasce la candidatura di Castagnetti, solido esponente della sinistra dc emiliana ed ex capo della segreteria di Martinazzoli. L’al- larme è dovuto al grande attivismo di Mari- ni e dei suoi emissari sul versante del Polo: la voce che corre è che Silvio Berlusconi ab- bia congelato il suo progetto di “federazione di centro” proprio in attesa del nuovo segre- tario e delle sue scelte. Nella maggioranza, con più autonomia In realtà Marini non medita il “ribaltone”, e lo ripete ossessivamente in tutte le inter- viste, ma prospetta scenari che non lasciano indifferenti gli uomini del centrodestra: pri- ma di tutto vuole convincerli a votare la Bi- camerale e a fare il possibile affinché a giu- gno di quest’anno venga fuori una proposta di riforma seria. A questo punto non sareb- be uno scandalo, dicono i mariniani, chie- dere che ad accompagnare questa fase sia un governo “costituente” allargato a nuove forze politiche. In tutto ciò il ruolo di Prodi viene lasciato nell’ombra, ma a Palazzo Chigi la prospetti- va è vista con preoccupazione. “Marini si muove secondo i metodi politici più tradi- zionali”, osserva Giancarlo Lombardi, ex mi- nistro della Pubblica Istruzione del governo Dini e uomo considerato vicino al presiden- te del Consiglio, “approfitta della sua posi- zione di segretario amministrativo e racco- glie consensi facendo promesse a destra e a manca. Il tutto nell’imminenza di un con- gresso che dovrebbe essere importantissimo ma che si apre con un drammatico vuoto di idee e di proposte”. “Castagnetti non è il massimo”, dice ancora Lombardi, “ma al- meno non è un mestierante della politica. La soluzione giusta sarebbe stata Prodi, ma ormai è tardi per i rimpianti”. Prodi in realtà si è abituato a vedere le cose dal pun- to di vista del governo e vorrebbe soprattut- to che il Ppi restasse quell’alleato fedele e obbediente che è stato finora, per questo “la continuità” di cui è portatore Castagnetti, dal punto di vista di uno che non è iscritto al Ppi e ne ha ripetutamente rifiutato la lea- dership, basta e avanza. FRANCO MARINI Milano. Il nazismo continua a suscitare polemiche. E non per quello che accadde mezzo secolo fa, ma per quello che succede oggi. La Germania, dopo le tragicomiche vi- cende giudiziarie italiane, ha chiesto l’e- stradizione di Erich Priebke, l’ex ufficiale delle Ss imputato di essere uno dei respon- sabili della strage delle Fosse Ardeatine. E verso la Germania sarà espulso Michael Kolnhofer, un ex Ss che, smascherato, ha accolto qualche giorno fa a pistolettate i giornalisti che lo attendevano fuori dalla sua casa di Kansas City, negli Usa. Era emi- grato nel 1952 affermando di essere un sol- dato della Wehrmacht. Invece era una guar- dia dei lager di Sachsenhausen prima e di Buchenwald poi. La legge statunitense sta- bilisce che gli ex nazisti scoperti negli Usa perdano la cittadinanza. Di norma vengono poi espulsi. E’ già successo in 52 casi e sono indagati altri 300 cittadini americani. Ma sia Priebke che Kolnhofer potrebbe- ro essere tra coloro che ogni mese ricevono un assegno dalla Germania. Si tratta della loro pensione di ex Ss. Il caso è stato solle- vato in Germania ed è poi rimbalzato sul- le colonne di un set- timanale britannico. Volker Beck, parla- mentare verde di Colonia, aveva inter- rogato in merito il governo di Bonn. La risposta è stata che ogni mese la Germa- nia paga segreta- mente 14.847 pensio- ni a ex Ss residenti all’estero. L’importo è di 600 mila lire, il che significa che mensilmente Bonn versa nelle tasche delle ex Ss poco meno di 9 miliardi di lire. Il go- verno tedesco ha reso pubblici i numeri, ma non ha rivelato i nomi dei beneficiari, af- fermando che continuano a essere rigoro- samente segreti. Si sa però che queste pen- sioni vengono elargite agli stranieri che si arruolarono nelle milizie comandate da Heinrich Himmler. Si tratta soprattutto di persone originarie dell’Est Europa. Tra lo- ro potrebbero esserci le Ss del battaglione lituano che nel 1941 massacrarono 8 mila ebrei vicino alla città di Kaunas. E potreb- bero anche esserci i due ucraini che, guar- die nella Risiera di San Sabba, ancora oggi, divenuti cittadini italiani, vivono a Trieste. In Italia 152 pensionati di Himmler Gli Stati Uniti sono il paese che ospita il maggior numero di queste ex Ss con pen- sione: 3.377 per l’esattezza (dieci volte tan- to i 300 che la magistratura sta indagando); gli Usa, evidentemente, sono stati la meta preferita per la fuga delle Ss dell’Europa centro-orientale. Ma al secondo posto una sorpresa: 2.380 ex Ss abitano in Slovenia. La piccola repubblica ex jugoslava ha un paio di milioni di abitanti, e quindi la percen- tuale delle ex Ss è davvero alta. La Slove- nia fu occupata in parte dagli italiani e in parte dai tedeschi, gli sloveni filofascisti e nazisti si arruolarono nei battaglioni dei “domobrani” che combatterono poi contro i partigiani titini. Per il terzo posto si varca di nuovo l’Atlantico: in Canada vengono pa- gate 1.882 pensioni. Poi si torna nell’Euro- pa centrale: 1.337 pensioni in Ungheria, 1.014 in Romania e 1.010 in Croazia. Tutti e tre i paesi erano alleati dei tedeschi e negli ultimi due c’erano delle feroci milizie filo- naziste: gli ustascia croati di Ante Pavelic e le guardie di ferro romene di Corneliu Co- dreanu. L’Italia figura al penultimo posto: 152 pensioni, alla pari con il Sud Africa e prima dell’Argentina che chiude con 128 (altro dato a sorpresa considerato l’alto nu- mero di nazisti scappati in Sud America). E’ probabile che buona parte di queste pen- sioni finiscano in Alto Adige, i cui abitanti erano cittadini del Reich a tutti gli effetti. Queste sono pensioni d’invalidità, per ot- tenerle è stato necessario dimostrare che il servizio nelle milizie hitleriane aveva com- promesso la salute. Cosa che ha fatto ancor più infuriare le organizzazioni ebraiche. “E’ una vergogna” ha tuonato Efraim Zuroff, di- rettore a Gerusalemme del Centro Simon Wiesenthal, “si dà la pensione di invalidità ai carnefici dei campi di sterminio”. Non è solo Bonn a trovarsi in qualche imbarazzo, ultimamente, con i fantasmi del Terzo Reich. Dopo mesi di rivelazioni e po- lemiche, il presidente uscente della Confe- derazione elvetica, Jean-Pascal Delamaruz, ha definito “un ricatto” chiedere l’istituzio- ne di un fondo per risarcire gli eredi degli ebrei scomparsi nell’Olocausto, i cui beni si trovano tutt’oggi nei forzieri delle banche svizzere. Significherebbe ammettere la col- pa della Svizzera che avrebbe collaborato con i nazisti incamerando i beni razziati agli ebrei in tutta Europa. Il Congresso mondiale ebraico sostiene che il valore complessivo di tali depositi, considerati i 50 anni di interessi, ammonterebbe a 10.500 miliardi di lire. SCALFARO FIRMA LA LEGGE SUL FINANZIAMENTO DEI PARTITI varata di recente dal Parlamento e giu- dicata da Marco Pannella in contrasto con il risultato del referendum del ’93. Il leader dei Riformatori aveva chiesto a Scalfaro di sospendere la firma alme- no fino alla decisione della Consulta presso la quale i promotori del refe- rendum hanno sollevato conflitto di at- tribuzione tra poteri dello Stato. “Scalfaro ha messo la sua firma su questa rapina contro la Costituzione. Come tutti i prepotenti, quando trova più potenti di lui, obbedisce e diventa vile. Dubito che avrebbe obbedito se i partiti non gli avessero garantito che anche la Consulta obbedirà. Mi chiedo, però, se questi partiti gli abbiano men- tito o no” ha commentato Pannella. *** Debito pubblico a 2.178.460 miliardi in settembre, secondo dati provvisori di Bankitalia. Rispetto allo stesso mese del ’95 è aumentato del 6% circa. “Un dato allarmante” dice Sergio Cofferati (Cgil). Secondo Antonio Mar- zano (FI), per allinearsi a Maastricht servono misure per 30-40 mila miliardi. *** Pronti due ddl per snellire i processi modificando i riti alternativi. Lo rende noto il ministero di Giustizia. *** Riforme, Cossiga rifiuta la presidenza della Bicamerale. Secondo Clemente Mastella (Ccd) “se dice no è perché sa di dinieghi di altri”. Per il vicepremier, Walter Veltroni, “prima dei nomi ciò che conta è che la Bicamerale parta”. Giovanni Alemanno (An) dice: “La proposta di ricorrere all’articolo 138 per riformare la Costituzione si sta impo- nendo come l’ipotesi più realistica. An deve chiedere un incontro col Pds per non lasciare l’iniziativa a Berlusconi”. *** Stralciata la posizione di Totò Riina al processo di Firenze per le autobombe del ’93. Il boss sarà giudicato a parte. Al processo per la strage di Capaci i pm hanno rinunciato a sentire 300 dei 700 testimoni, perché i pentiti avrebbe- ro fornito un quadro chiaro del delitto. *** Calogero Mannino libero per scaden- za dei termini di custodia cautelare. L’ex deputato dc, coinvolto in inchieste sulla mafia, era agli arresti domiciliari. *** Borsa di Milano. Indice Mibtel in rial- zo: 10.573 (+0,81%). La lira perde 5,30 punti sul dollaro (1.525,80) e 0,44 sul marco (983,63). LA SERBIA HA RICONOSCIUTO LA VITTORIA DELLE OPPOSIZIONI in alcuni distretti alle elezioni ammini- strative del 17 novembre. In una lettera all’Osce, il ministro degli Esteri, Milan Milutinovic, ha ammesso che “la coali- zione Zajedno ha conquistato la mag- gioranza in nove municipalità di Bel- grado”. Altro tempo è stato però richie- sto per chiarire il risultato in altre città. Il parziale riconoscimento non ha soddisfatto l’Osce né gli avversari di Mi- losevic. L’Organizzazione per la sicurez- za europea ha chiesto di rispettare inte- gralmente le conclusioni del rapporto Gonzalez, che riferivano di una sconfit- ta del governo in gran parte del paese. E il leader dell’opposizione, Zoran Djindjic, ha detto che la protesta conti- nuerà anche nei prossimi giorni. *** Cresce in Germania la produzione in- dustriale. A novembre si è registrato un aumento dell’1,6% rispetto a ottobre. Rimane negativo il dato su base annua- le con una contrazione dell’1,7%. *** Bloccate le trattative su Hebron. Benjamin Netanyahu ha respinto la ri- chiesta palestinese che mirava a otte- nere un impegno israeliano preciso sul- le tappe dell’ulteriore ritiro dalla Ci- sgiordania. E Yasser Arafat ha precisa- to che un incontro al vertice non av- verrà “prima di qualche giorno”. Soldati israeliani hanno aperto il fuoco a Hebron contro un palestinese che, secondo fonti dell’esercito di Geru- salemme, avrebbe attaccato una posta- zione militare. *** Israele ha respinto l’accusa siriana di aver organizzato l’attentato di Damasco in cui sono morte nove persone. “E’ una menzogna bella e buona”, si legge in una nota diffusa dal governo. *** Helmut Kohl incontra Boris Eltsin og- gi a Mosca. Al centro dei colloqui l’al- largamento a Est della Nato. *** Zaire, una “devastante controffensiva” è stata chiesta all’esercito dal governo per riconquistare i territori occupati dai ribelli tutsi. *** Pena capitale in Ruanda per due uo- mini di etnia hutu accusati di aver par- tecipato alle stragi del 1994 (800 mila vittime). Altri 90 mila ruandesi sono in carcere in attesa di giudizio. *** Kashmir, quattro morti per una bomba esplosa a Srinagar vicino al palazzo del capo del governo regionale. Le autorità attribuiscono l’attentato ai guerriglieri secessionisti. *** Bosnia, il Parlamento si è riunito ieri a Sarajevo per la prima volta e ha rati- ficato le nomine di Haris Silajdzic e Bo- ro Bosicdato alla guida del governo, co- me proposto dalla presidenza. Il segretario generale della Nato, Ja- vier Solana, e il comandante supremo della truppe dell’Alleanza, il generale George Joulwan, hanno incontrato a Sarajevo i tre presidenti della Repub- blica bosniaca esprimendogli il loro pie- no appoggio. *** Helms-Burton, Clinton ha sospeso per altri 6 mesi l’entrata in vigore del capi- tolo III della legge, che colpisce le aziende straniere che hanno rapporti economici con Cuba. *** Nomine alla Banque de France. Pier- re Gillen e Jean-René Bernard sostitui- ranno nel Consiglio della politica mo- netaria dell’istituto Jean Boissonnat e Bruno de Maulde. Guillen e Bernard sono considerati fautori di una politica monetaria acco- modante e di una riduzione dei tassi. “Ha abbracciato la moglie Flavia, ha brin- dato con un prosecco scadente”. E’ mezza- notte. Una mezzanotte molto speciale che manda in congedo l’anno vecchio e inaugura il nuovo 1997. Molto speciale anche per Ro- mano Prodi che su Repubblica trova un ae- do che crea la leggenda del premier sobrio e discreto, dimesso e sommesso, morigerato e misurato. Ecco il premier che brinda con un prosec- co naturalmente “scadente”, che pernotta a Passo di Campolongo in un modesto residen- ce come socio, assieme al ministro Franco Bassanini e famiglia, di una “cooperativa edi- lizia”, che il giorno di Capodanno fa la fila al- lo skilift tra torme di sciatori che ringraziano il presidente del Consiglio “per aver abbas- sato l’Iva zootecnica”, che festeggia il nuovo anno senza sfarzo, in una angusta “sala in le- gno in stile tirolese, con il sottofondo regi- strato di musica salsa, i festoni di Capodanno alle pareti e un albero di Natale argentato”. Un italiano normale tra gli italiani normali, descritto con ciglio asciutto da un giornalista normale, Riccardo Luna, che porta lo stesso cognome di Francesco Luna, il normale por- tavoce del presidente del Consiglio. Si festeggia il 1997, anno secondo dell’era dell’Ulivo. E lo stile Ulivo, penitenziale e pauperista, non contempla sciali e sprechi, consumi vistosi e sontuose ville caraibiche. Ne prende atto l’organo ulivista di Piazza In- dipendenza che constata con giubilo che Prodi “è andato due giorni sulle Dolomiti, ma non a Cortina o in altre località monda- ne, bensì a Passo di Campolongo, un posto che si fa fatica a trovarlo sulla carta, tra Cor- vara e Pordoi”, e per di più “non nella villa di un amico ricco o in un hotel di lusso, ma in un residence, un comodo piccolo residen- ce”, oltretutto “in una specie di multipro- prietà, vero simbolo del ceto medio in va- canza”. Poi, “giacca a vento gialla”, “panta- lone blu elasticizzato”, “pantofoline rosse bordeaux (poi sostituite da provvidi scarpo- ni)”, “cappellino celeste e viola calzato fino agli occhiali”, “zainetto nero in spalla con la cioccolata e altre vettovaglie”, il premier dell’Ulivo in vacanza sobria e cetomediale si getta per le nevi su un paio di sci sulla cui marca malauguratamente l’aedo di Repub- blica sorvola. Non sorvola invece sulla cir- costanza che il presidente del Consiglio so- brio e cetomediale, dopo aver smaltito il “prosecco scadente” festosamente trangu- giato alla vigilia, se ne sia andato a piedi “con gli sci in spalla nella neve fresca per trecento metri”, lungo tutto il tragitto che va dal residence alle piste imbiancate. Un esempio per tutti noi. Un esempio anche Oscar Luigi Scalfaro, il cui nulla concentrato nel messaggio di Ca- podanno viene nondimeno valutato da Liet- ta Tornabuoni sulla Stampa come una am- mirevole manifestazione di “una rinuncia, d’un ritiro, d’una restituzione delle respon- sabilità ai cittadini: io torno al mio ruolo, mi ricolloco al di sopra delle parti, adesso fate voi”. Per Gianfranco Pasquino, invece, che ne scrive sull’Unità, “dopo i turbolenti anni trascorsi”, Scalfaro ha voluto fare “un passo indietro oppure, meglio, ha segnato il passo. Si è limitato a un appello alla costruzione di una politica pacata, che abbia un’anima, che non mortifichi i valori dello spirito, che sap- pia sciogliersi da qualsiasi intreccio con gli affari”. Sarà. Buona Befana a tutti. GOH CHOK TONG SI RICONFERMA a Sin- gapore con 81 seggi su 83 L’opposizione può essere vietata, come accade nei regimi totalitari di ogni tempo, oppure può risultare solo simbolica, quan- do la gente è soddisfatta di come viene go- vernata, come avviene a Singapore da 38 an- ni. Nell’ex colonia britannica (3 milioni di abitanti con un reddito pro capite che è il sesto al mondo con circa 23 mila dollari an- nui) non si ammette il principio che “dove non c’è opposizione non c’è libertà”. Qui va- le l’assioma opposto, e cioè che anche la li- bertà può fare l’unanimità. Cinque anni fa il Partito d’azione del popolo aveva conqui- stato 77 seggi su 81; il 2 gennaio scorso ha fatto ancora meglio, ottenendo 81 seggi su 83. Il primo ministro, Goh Chok Tong, in ca- rica dal 27 novembre 1990, si è impegnato duramente nella campagna elettorale: se l’opposizione avesse aumentato i suoi quat- tro seggi il premier si sarebbe sentito molto confucianamente umiliato. Invece è stata dimezzata e Goh Chok Tong ha dichiarato, soddisfatto, che gli elettori hanno confer- mato il loro appoggio al suo “buon governo” e hanno “respinto la democrazia liberale di stile occidentale”. REGIME SOTTO ACCUSA IN BIRMANIA per la produzione e il traffico di eroina Secondo gli americani, che con i satelliti tengono sotto osservazione le coltivazioni birmane, la raccolta dell’oppio nel paese asiatico è aumentata dalle 2350 tonnellate del 1994-1995 a 2560 nel 1995-1996, pari al 56% della potenziale produzione mondiale di eroina. Dal 1988, cioè dal momento in cui la giunta militare ha preso il potere, la pro- duzione sarebbe addirittura raddoppiata, raggiungendo in valore il totale di tutte le esportazioni legali del paese. Il regime di Rangoon è allora finito sotto accusa per complicità nel traffico dell’oppio. Grazie ai proventi della droga, la Birmania avrebbe anche acquistato armi. A Bangkok, il mese scorso, lo stesso Bill Clinton ha denunciato: “In Birmania la produzione delle droghe e la mancanza di democrazia sono le due fac- ce della stessa medaglia, poiché entrambe rappresentano l’assenza del rispetto del di- ritto”. E sul piano della democrazia la giun- ta birmana non sembra voler cambiare stra- da. Per “proteggere” la signora Aung San, ha deciso che essa dovrà comunicare in an- ticipo quali visitatori intende ricevere nel- la sua residenza. Nel frattempo resteranno chiuse le scuole dove nel mese scorso si era- no svolti incidenti antigovernativi. ANCORA SCIOPERI IN COREA e il governo torna a puntare sulla politica estera Al primo grande sciopero illegale in Co- rea del Sud contro la nuova legge sul sinda- cato hanno partecipato, tra Natale e Capo- danno, circa 400 mila lavoratori e altre ma- nifestazioni sono in programma. Il governo ha deciso di ricorrere alla forza pubblica per stroncare la protesta, alimentata anche dalla prospettiva della liberalizzazione del- le rappresentanze sindacali che dovrà en- trare in vigore tra cinque anni. Per sviare l’attenzione da questo problema, il presi- dente Kim Young Sam ha dichiarato che il 1997 sarà un anno decisivo per la ripresa del dialogo tra le due Coree. Questa opera- zione è partita il 30 dicembre con la conse- gna alle autorità nordcoreane delle urne contenenti le ceneri dei ventiquattro mari- nai che il 18 settembre si erano infiltrati nel territorio della Corea del Sud. Poco prima il governo di Pyongyang aveva espresso le sue scuse, promettendo che tali episodi non si sarebbero ripetuti. Alle spalle del pro- cesso di distensione ci sono le pressioni de- gli Stati Uniti sulla Corea del Nord, biso- gnosa di aiuti alimentari e petrolio. E si fa sempre più strada la formula americana della pace “due più due”: le due Coree, gli Usa e la Cina. LE FIJI SCELGONO AEREI BOEING e l’U- nione europea si arrabbia Benché le isole Fiji usufruiscano degli aiuti dell’Unione europea (circa 400 miliar- di di lire all’anno, più l’acquisto del 45% della produzione di zucchero), la loro com- pagnia aerea nazionale, Air Pacific, ha de- ciso di acquistare tre nuovi velivoli dall’a- mericana Boeing invece che dai produttori europei. La Air Pacific è all’80% controllata dal governo e il suo presidente è Gerald Barrack, che è anche presidente della Cor- porazione figiana dello zucchero. Non sor- prende, quindi, la delusione manifestata con una nota ufficiale dall’ambasciata di Francia, a nome di tutta l’Unione europea. IL RITORNO DI HONG KONG alla Cina pia- ce più agli anziani che ai giovani In base a un recente sondaggio d’opinio- ne effettuato ad Hong Kong, il ritorno sotto la sovranità cinese previsto per il primo lu- glio di quest’anno piace di più rispetto a un anno fa. Gli ottimisti sono saliti dal 66% a quasi il 78%, ma sembra che la maggioran- za tra questi sia costituita da persone matu- re o anziane. Un altro sondaggio, infatti, ri- vela che tra i giovani, che sembrano inte- ressati soprattutto alla conservazione delle libertà civili e politiche, la percentuale dei preoccupati è passata dal 18% al 27%. In- tanto le autorità cinesi hanno precisato che il leader cinese Deng Xiaoping non presen- zierà la cerimonia del ritorno della colonia britannica sotto la sovranità della Cina. HEINRICH HIMMLER IL FOGLIO ANNO II NUMERO 3 DIRETTORE EDITORIALE GIULIANO FERRARA SABATO 4 GENNAIO 1997 - L.1500 DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO quotidiano TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. ABB. POST. C.26 ART. 2 LEGGE 549/95 - MILANO Questo numero è stato chiuso in redazione alle 19,45 NOVE COLONNE Mostri Si chiama Giancarlo Lotti. Prima di essere trasferito in località segreta, stipendiato e protetto come collaboratore di giustizia, vive- va a San Casciano Val di Pesa. Ha 57 anni, è soprannominato “Katanga” o “Canapone”. Per il procuratore Pierluigi Vigna è il testi- mone “Beta”. Gli amici del bar lo hanno sem- pre considerato lo “scemo” del paese, per il criminologo Francesco Bruno, esperto di se- rial killer, è il classico mitomane. Di profes- sione manovale, per hobby guardone, pappo- ne e magnaccia, con una spiccata tendenza al bere. E’ lui la “gallina dalle uova d’oro” - la definizione è del giudice Francesco Ferri, presidente della Corte d’appello che ha as- solto Pietro Pacciani, e successivamente ha dichiarato di ritenere del tutto inattendibile il nuovo supertestimone - che ha permesso ai magistrati fiorentini di non perdere la faccia dopo il processo di secondo grado, mante- nendo viva l’ormai famosa inchiesta-bis sui delitti del killer. Lotti è il nono presunto mo- stro a finire sotto inchiesta: prima come testi- mone (la sua Fiat 128 rossa è stata notata da altri testimoni la sera dell’ultimo delitto), poi come “palo” e infine, com’era prevedibile, co- me aiuto-assassino. Grazie alle sue dosate ri- velazioni, fatte filtrare dagli ambienti inve- stigativi, viene così confermata la tesi della cooperativa dei mostri, considerata improba- bile dall’Fbi e dai più noti esperti di crimi- nologia. Ma in grado di incastrare i “colpevo- li” Pietro Pacciani e Mario Vanni. La stabilità politica nel Far East fra plebisciti e droghe Seul si riavvicina a Pyongyang Asia e Pacifico Vacanze sulla neve di un premier cetomediale Sonata al chiaro di Luna per Romano, minimalista con la giacca a vento La settimana grigia Fantasmi del T erzo Reich La Germania rivuole Priebke, ma paga la pensione a 15 mila Ss I conti mai finiti con un tragico passato tra richieste di estradizione, assegni di invalidità e banche svizzere reticenti Caccia ai nazisti negli Usa Il congresso dei popolari Perché l’ascesa di Marini inquieta Prodi e cambia gli equilibri nell’Ulivo Il probabile candidato alla segreteria assicura che non farà ribaltoni, ma non chiude al “governo costituente” Le ambizioni di Mancino OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO LALEGGE DI CHI VUOLE LE RIFORME LA PROPOSTA REBUFFA aiuta i referendum elettorali e la democra- zia dell’alternanza. Ma forse il Pds non la voterà (editoriale pagina 3) GLI INDUSTRIALI FRANCESI fanno poca politica e inventano gli “stage diplomanti” per creare mi- gliaia di posti di lavoro (pagina 3) IL PRELIEVO PREVIDENZIALE del 10 per cento, una delle grandi bufale del ’96, rende poco e favorisce l’evasione contributiva (pagina 3)

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La Giornata* * * * * *

In Italia Nel mondo

Roma. “Il congresso del Ppi sarà l’eventopolitico più innovativo di tutto il 1997”, af-ferma con sicurezza Bruno Tabacci, ex de-mocristiano di lungo corso uscito indennedalle traversie giudiziarie di Tangentopoli egià tornato in trincea. E’ chiaro che la verainnovazione a cui Tabacci pensa è la nomi-na a segretario del Ppi di Franco Marini, ele conseguenze della sua intronizzazionesullo scenario politico. Sarà per questo chenei palazzi romani, da giorni, non si parlache dell’ex segretario della Cisl, delle sue in-tenzioni e dei suoi progetti, e ci si divide trachi lo teme e chi ne attende l’ascesa.

Lui, Marini, rispettando fino all’estremo ilgioco formale secondo il quale le candida-ture si presentano solo al congresso, usa an-cora un lessico ecumenico e distensivo, machi lo conosce sa che è pronto a dare batta-glia. Giovedì 9 gennaio applaudirà con fer-vore la relazione del segretario uscente, Ge-rardo Bianco, venerdì porrà la sua candida-tura alla successione e sabato conta di tene-re il discorso d’investitura. Marini, che oggiè il responsabile dell’organizzazione eletto-rale del Ppi ma mili-ta nella Dc dagli an-ni ’50 (allora con lea-der come Giulio Pa-store e Carlo DonatCattin) conosce beneil partito e conta diraccogliere un’ampiamaggioranza di voti.Tanti da rendere nondeterminante l’“ap-poggio esterno” diRosy Bindi e da con-tenere l’avversario,Pierluigi Castagnetti,attorno al 20-25 percento.

Alla poltrona di segretario del Ppi Mariniguarda da tempo. Era nella rosa dei candi-dati già nell’ottobre del ’94, ma poi lo scon-tro si restrinse a Rocco Buttiglione e NicolaMancino, e allora Marini si schierò con il fi-losofo sponsorizzato da Mino Martinazzoli.Se oggi il presidente del Senato è uno deisuoi più ostinati avversari lo si deve anche aquella scelta. Oltre al fatto che Mancino con-sidera Bianco molto più malleabile, e pro-babilmente più incline a sostenerlo nellesue ambizioni quirinalizie. Marini ha di nuo-vo sfiorato la segreteria del partito nel Con-siglio nazionale dell’11 marzo del ’95, con-trapponendosi questa volta a Buttiglione ealla sua svolta a destra. Anche questa voltaha mancato l’obbiettivo, ma oggi ama ricor-dare che i suoi voti furono decisivi per sot-trarre a Buttiglione la maggioranza del par-tito e per portare Bianco alla segreteria delPpi. Da qui la riconoscenza del segretariouscente, che pur non sostenendolo non hafatto mai nulla che lo potesse ostacolare.

Sulla marcia di Marini verso la guida delpartito, gravano semmai i sospetti di Prodi edegli ambienti ulivisti. E’ lì infatti, specieper iniziativa di Beniamino Andreatta, chenasce la candidatura di Castagnetti, solidoesponente della sinistra dc emiliana ed excapo della segreteria di Martinazzoli. L’al-larme è dovuto al grande attivismo di Mari-ni e dei suoi emissari sul versante del Polo:la voce che corre è che Silvio Berlusconi ab-bia congelato il suo progetto di “federazionedi centro” proprio in attesa del nuovo segre-tario e delle sue scelte.

Nella maggioranza, con più autonomiaIn realtà Marini non medita il “ribaltone”,

e lo ripete ossessivamente in tutte le inter-viste, ma prospetta scenari che non lascianoindifferenti gli uomini del centrodestra: pri-ma di tutto vuole convincerli a votare la Bi-camerale e a fare il possibile affinché a giu-gno di quest’anno venga fuori una propostadi riforma seria. A questo punto non sareb-be uno scandalo, dicono i mariniani, chie-dere che ad accompagnare questa fase siaun governo “costituente” allargato a nuoveforze politiche.

In tutto ciò il ruolo di Prodi viene lasciatonell’ombra, ma a Palazzo Chigi la prospetti-va è vista con preoccupazione. “Marini simuove secondo i metodi politici più tradi-zionali”, osserva Giancarlo Lombardi, ex mi-nistro della Pubblica Istruzione del governoDini e uomo considerato vicino al presiden-te del Consiglio, “approfitta della sua posi-zione di segretario amministrativo e racco-glie consensi facendo promesse a destra e amanca. Il tutto nell’imminenza di un con-gresso che dovrebbe essere importantissimoma che si apre con un drammatico vuoto diidee e di proposte”. “Castagnetti non è ilmassimo”, dice ancora Lombardi, “ma al-meno non è un mestierante della politica.La soluzione giusta sarebbe stata Prodi, maormai è tardi per i rimpianti”. Prodi inrealtà si è abituato a vedere le cose dal pun-to di vista del governo e vorrebbe soprattut-to che il Ppi restasse quell’alleato fedele eobbediente che è stato finora, per questo “lacontinuità” di cui è portatore Castagnetti,dal punto di vista di uno che non è iscritto alPpi e ne ha ripetutamente rifiutato la lea-dership, basta e avanza.

FRANCO MARINI

Milano. Il nazismo continua a suscitarepolemiche. E non per quello che accaddemezzo secolo fa, ma per quello che succedeoggi. La Germania, dopo le tragicomiche vi-cende giudiziarie italiane, ha chiesto l’e-stradizione di Erich Priebke, l’ex ufficialedelle Ss imputato di essere uno dei respon-sabili della strage delle Fosse Ardeatine. Everso la Germania sarà espulso MichaelKolnhofer, un ex Ss che, smascherato, haaccolto qualche giorno fa a pistolettate igiornalisti che lo attendevano fuori dallasua casa di Kansas City, negli Usa. Era emi-grato nel 1952 affermando di essere un sol-dato della Wehrmacht. Invece era una guar-dia dei lager di Sachsenhausen prima e diBuchenwald poi. La legge statunitense sta-bilisce che gli ex nazisti scoperti negli Usaperdano la cittadinanza. Di norma vengonopoi espulsi. E’ già successo in 52 casi e sonoindagati altri 300 cittadini americani.

Ma sia Priebke che Kolnhofer potrebbe-ro essere tra coloro che ogni mese ricevonoun assegno dalla Germania. Si tratta dellaloro pensione di ex Ss. Il caso è stato solle-

vato in Germania edè poi rimbalzato sul-le colonne di un set-timanale britannico.Volker Beck, parla-mentare verde diColonia, aveva inter-rogato in merito ilgoverno di Bonn. Larisposta è stata cheogni mese la Germa-nia paga segreta-mente 14.847 pensio-ni a ex Ss residentiall’estero. L’importoè di 600 mila lire, ilche significa che

mensilmente Bonn versa nelle tasche delleex Ss poco meno di 9 miliardi di lire. Il go-verno tedesco ha reso pubblici i numeri, manon ha rivelato i nomi dei beneficiari, af-fermando che continuano a essere rigoro-samente segreti. Si sa però che queste pen-sioni vengono elargite agli stranieri che siarruolarono nelle milizie comandate daHeinrich Himmler. Si tratta soprattutto dipersone originarie dell’Est Europa. Tra lo-ro potrebbero esserci le Ss del battaglionelituano che nel 1941 massacrarono 8 milaebrei vicino alla città di Kaunas. E potreb-bero anche esserci i due ucraini che, guar-die nella Risiera di San Sabba, ancora oggi,divenuti cittadini italiani, vivono a Trieste.

In Italia 152 pensionati di HimmlerGli Stati Uniti sono il paese che ospita il

maggior numero di queste ex Ss con pen-sione: 3.377 per l’esattezza (dieci volte tan-to i 300 che la magistratura sta indagando);gli Usa, evidentemente, sono stati la metapreferita per la fuga delle Ss dell’Europacentro-orientale. Ma al secondo posto unasorpresa: 2.380 ex Ss abitano in Slovenia. Lapiccola repubblica ex jugoslava ha un paiodi milioni di abitanti, e quindi la percen-tuale delle ex Ss è davvero alta. La Slove-nia fu occupata in parte dagli italiani e inparte dai tedeschi, gli sloveni filofascisti enazisti si arruolarono nei battaglioni dei“domobrani” che combatterono poi controi partigiani titini. Per il terzo posto si varcadi nuovo l’Atlantico: in Canada vengono pa-gate 1.882 pensioni. Poi si torna nell’Euro-pa centrale: 1.337 pensioni in Ungheria,1.014 in Romania e 1.010 in Croazia. Tutti etre i paesi erano alleati dei tedeschi e negliultimi due c’erano delle feroci milizie filo-naziste: gli ustascia croati di Ante Pavelic ele guardie di ferro romene di Corneliu Co-dreanu. L’Italia figura al penultimo posto:152 pensioni, alla pari con il Sud Africa eprima dell’Argentina che chiude con 128(altro dato a sorpresa considerato l’alto nu-mero di nazisti scappati in Sud America). E’probabile che buona parte di queste pen-sioni finiscano in Alto Adige, i cui abitantierano cittadini del Reich a tutti gli effetti.

Queste sono pensioni d’invalidità, per ot-tenerle è stato necessario dimostrare che ilservizio nelle milizie hitleriane aveva com-promesso la salute. Cosa che ha fatto ancorpiù infuriare le organizzazioni ebraiche. “E’una vergogna” ha tuonato Efraim Zuroff, di-rettore a Gerusalemme del Centro SimonWiesenthal, “si dà la pensione di invaliditàai carnefici dei campi di sterminio”.

Non è solo Bonn a trovarsi in qualcheimbarazzo, ultimamente, con i fantasmi delTerzo Reich. Dopo mesi di rivelazioni e po-lemiche, il presidente uscente della Confe-derazione elvetica, Jean-Pascal Delamaruz,ha definito “un ricatto” chiedere l’istituzio-ne di un fondo per risarcire gli eredi degliebrei scomparsi nell’Olocausto, i cui beni sitrovano tutt’oggi nei forzieri delle banchesvizzere. Significherebbe ammettere la col-pa della Svizzera che avrebbe collaboratocon i nazisti incamerando i beni razziatiagli ebrei in tutta Europa. Il Congressomondiale ebraico sostiene che il valorecomplessivo di tali depositi, considerati i 50anni di interessi, ammonterebbe a 10.500miliardi di lire.

SCALFARO FIRMA LA LEGGESUL FINANZIAMENTO DEI PARTITIvarata di recente dal Parlamento e giu-dicata da Marco Pannella in contrastocon il risultato del referendum del ’93.Il leader dei Riformatori aveva chiestoa Scalfaro di sospendere la firma alme-no fino alla decisione della Consultapresso la quale i promotori del refe-rendum hanno sollevato conflitto di at-tribuzione tra poteri dello Stato.

“Scalfaro ha messo la sua firma suquesta rapina contro la Costituzione.Come tutti i prepotenti, quando trovapiù potenti di lui, obbedisce e diventavile. Dubito che avrebbe obbedito se ipartiti non gli avessero garantito cheanche la Consulta obbedirà. Mi chiedo,però, se questi partiti gli abbiano men-tito o no” ha commentato Pannella.

* * *Debito pubblico a 2.178.460 miliardi in

settembre, secondo dati provvisori diBankitalia. Rispetto allo stesso mesedel ’95 è aumentato del 6% circa.

“Un dato allarmante” dice SergioCofferati (Cgil). Secondo Antonio Mar-zano (FI), per allinearsi a Maastrichtservono misure per 30-40 mila miliardi.

* * *Pronti due ddl per snellire i processi

modificando i riti alternativi. Lo rendenoto il ministero di Giustizia.

* * *Riforme, Cossiga rifiuta la presidenza

della Bicamerale. Secondo ClementeMastella (Ccd) “se dice no è perché sadi dinieghi di altri”. Per il vicepremier,Walter Veltroni, “prima dei nomi ciòche conta è che la Bicamerale parta”.

Giovanni Alemanno (An) dice: “Laproposta di ricorrere all’articolo 138 perriformare la Costituzione si sta impo-nendo come l’ipotesi più realistica. Andeve chiedere un incontro col Pds pernon lasciare l’iniziativa a Berlusconi”.

* * *Stralciata la posizione di Totò Riina al

processo di Firenze per le autobombedel ’93. Il boss sarà giudicato a parte.

Al processo per la strage di Capaci ipm hanno rinunciato a sentire 300 dei700 testimoni, perché i pentiti avrebbe-ro fornito un quadro chiaro del delitto.

* * *Calogero Mannino libero per scaden-

za dei termini di custodia cautelare.L’ex deputato dc, coinvolto in inchiestesulla mafia, era agli arresti domiciliari.

* * *Borsa di Milano. Indice Mibtel in rial-

zo: 10.573 (+0,81%). La lira perde 5,30punti sul dollaro (1.525,80) e 0,44 sulmarco (983,63).

LA SERBIA HA RICONOSCIUTO LAVITTORIA DELLE OPPOSIZIONI inalcuni distretti alle elezioni ammini-strative del 17 novembre. In una letteraall’Osce, il ministro degli Esteri, MilanMilutinovic, ha ammesso che “la coali-zione Zajedno ha conquistato la mag-gioranza in nove municipalità di Bel-grado”. Altro tempo è stato però richie-sto per chiarire il risultato in altre città.

Il parziale riconoscimento non hasoddisfatto l’Osce né gli avversari di Mi-losevic. L’Organizzazione per la sicurez-za europea ha chiesto di rispettare inte-gralmente le conclusioni del rapportoGonzalez, che riferivano di una sconfit-ta del governo in gran parte del paese.E il leader dell’opposizione, ZoranDjindjic, ha detto che la protesta conti-nuerà anche nei prossimi giorni.

* * * Cresce in Germania la produzione in-

dustriale. A novembre si è registrato unaumento dell’1,6% rispetto a ottobre.Rimane negativo il dato su base annua-le con una contrazione dell’1,7%.

* * * Bloccate le trattative su Hebron.

Benjamin Netanyahu ha respinto la ri-chiesta palestinese che mirava a otte-nere un impegno israeliano preciso sul-le tappe dell’ulteriore ritiro dalla Ci-sgiordania. E Yasser Arafat ha precisa-to che un incontro al vertice non av-verrà “prima di qualche giorno”.

Soldati israeliani hanno aperto ilfuoco a Hebron contro un palestineseche, secondo fonti dell’esercito di Geru-salemme, avrebbe attaccato una posta-zione militare.

* * *Israele ha respinto l’accusa siriana di

aver organizzato l’attentato di Damascoin cui sono morte nove persone. “E’ unamenzogna bella e buona”, si legge inuna nota diffusa dal governo.

* * * Helmut Kohl incontra Boris Eltsin og-

gi a Mosca. Al centro dei colloqui l’al-largamento a Est della Nato.

* * * Zaire, una “devastante controffensiva”

è stata chiesta all’esercito dal governoper riconquistare i territori occupatidai ribelli tutsi.

* * *Pena capitale in Ruanda per due uo-

mini di etnia hutu accusati di aver par-tecipato alle stragi del 1994 (800 milavittime). Altri 90 mila ruandesi sono incarcere in attesa di giudizio.

* * * Kashmir, quattro morti per una bomba

esplosa a Srinagar vicino al palazzo delcapo del governo regionale. Le autoritàattribuiscono l’attentato ai guerriglierisecessionisti.

* * *Bosnia, il Parlamento si è riunito ieri

a Sarajevo per la prima volta e ha rati-ficato le nomine di Haris Silajdzic e Bo-ro Bosicdato alla guida del governo, co-me proposto dalla presidenza.

Il segretario generale della Nato, Ja-vier Solana, e il comandante supremodella truppe dell’Alleanza, il generaleGeorge Joulwan, hanno incontrato aSarajevo i tre presidenti della Repub-blica bosniaca esprimendogli il loro pie-no appoggio.

* * *Helms-Burton, Clinton ha sospeso per

altri 6 mesi l’entrata in vigore del capi-tolo III della legge, che colpisce leaziende straniere che hanno rapportieconomici con Cuba.

* * *Nomine alla Banque de France. Pier-

re Gillen e Jean-René Bernard sostitui-ranno nel Consiglio della politica mo-netaria dell’istituto Jean Boissonnat eBruno de Maulde.

Guillen e Bernard sono consideratifautori di una politica monetaria acco-modante e di una riduzione dei tassi.

“Ha abbracciato la moglie Flavia, ha brin-dato con un prosecco scadente”. E’ mezza-notte. Una mezzanotte molto speciale chemanda in congedo l’anno vecchio e inaugura

il nuovo 1997. Molto speciale anche per Ro-mano Prodi che su Repubblica trova un ae-do che crea la leggenda del premier sobrio ediscreto, dimesso e sommesso, morigerato emisurato.

Ecco il premier che brinda con un prosec-co naturalmente “scadente”, che pernotta aPasso di Campolongo in un modesto residen-ce come socio, assieme al ministro FrancoBassanini e famiglia, di una “cooperativa edi-lizia”, che il giorno di Capodanno fa la fila al-lo skilift tra torme di sciatori che ringrazianoil presidente del Consiglio “per aver abbas-sato l’Iva zootecnica”, che festeggia il nuovoanno senza sfarzo, in una angusta “sala in le-gno in stile tirolese, con il sottofondo regi-strato di musica salsa, i festoni di Capodannoalle pareti e un albero di Natale argentato”.Un italiano normale tra gli italiani normali,descritto con ciglio asciutto da un giornalistanormale, Riccardo Luna, che porta lo stessocognome di Francesco Luna, il normale por-tavoce del presidente del Consiglio.

Si festeggia il 1997, anno secondo dell’eradell’Ulivo. E lo stile Ulivo, penitenziale epauperista, non contempla sciali e sprechi,consumi vistosi e sontuose ville caraibiche.Ne prende atto l’organo ulivista di Piazza In-dipendenza che constata con giubilo cheProdi “è andato due giorni sulle Dolomiti,ma non a Cortina o in altre località monda-ne, bensì a Passo di Campolongo, un postoche si fa fatica a trovarlo sulla carta, tra Cor-vara e Pordoi”, e per di più “non nella villadi un amico ricco o in un hotel di lusso, main un residence, un comodo piccolo residen-ce”, oltretutto “in una specie di multipro-prietà, vero simbolo del ceto medio in va-canza”. Poi, “giacca a vento gialla”, “panta-lone blu elasticizzato”, “pantofoline rossebordeaux (poi sostituite da provvidi scarpo-ni)”, “cappellino celeste e viola calzato finoagli occhiali”, “zainetto nero in spalla con lacioccolata e altre vettovaglie”, il premierdell’Ulivo in vacanza sobria e cetomediale sigetta per le nevi su un paio di sci sulla cuimarca malauguratamente l’aedo di Repub-blica sorvola. Non sorvola invece sulla cir-costanza che il presidente del Consiglio so-brio e cetomediale, dopo aver smaltito il“prosecco scadente” festosamente trangu-giato alla vigilia, se ne sia andato a piedi“con gli sci in spalla nella neve fresca pertrecento metri”, lungo tutto il tragitto che vadal residence alle piste imbiancate. Unesempio per tutti noi.

Un esempio anche Oscar Luigi Scalfaro, ilcui nulla concentrato nel messaggio di Ca-podanno viene nondimeno valutato da Liet-ta Tornabuoni sulla Stampa come una am-mirevole manifestazione di “una rinuncia,d’un ritiro, d’una restituzione delle respon-sabilità ai cittadini: io torno al mio ruolo, miricolloco al di sopra delle parti, adesso fatevoi”. Per Gianfranco Pasquino, invece, chene scrive sull’Unità, “dopo i turbolenti annitrascorsi”, Scalfaro ha voluto fare “un passoindietro oppure, meglio, ha segnato il passo.Si è limitato a un appello alla costruzione diuna politica pacata, che abbia un’anima, chenon mortifichi i valori dello spirito, che sap-pia sciogliersi da qualsiasi intreccio con gliaffari”. Sarà. Buona Befana a tutti.

GOHCHOK TONG SI RICONFERMA a Sin-gapore con 81 seggi su 83

L’opposizione può essere vietata, comeaccade nei regimi totalitari di ogni tempo,oppure può risultare solo simbolica, quan-do la gente è soddisfatta di come viene go-vernata, come avviene a Singapore da 38 an-ni. Nell’ex colonia britannica (3 milioni diabitanti con un reddito pro capite che è ilsesto al mondo con circa 23 mila dollari an-nui) non si ammette il principio che “dovenon c’è opposizione non c’è libertà”. Qui va-le l’assioma opposto, e cioè che anche la li-bertà può fare l’unanimità. Cinque anni fail Partito d’azione del popolo aveva conqui-stato 77 seggi su 81; il 2 gennaio scorso hafatto ancora meglio, ottenendo 81 seggi su83. Il primo ministro, Goh Chok Tong, in ca-rica dal 27 novembre 1990, si è impegnatoduramente nella campagna elettorale: sel’opposizione avesse aumentato i suoi quat-tro seggi il premier si sarebbe sentito moltoconfucianamente umiliato. Invece è statadimezzata e Goh Chok Tong ha dichiarato,soddisfatto, che gli elettori hanno confer-mato il loro appoggio al suo “buon governo”e hanno “respinto la democrazia liberale distile occidentale”.

REGIME SOTTO ACCUSA IN BIRMANIAper la produzione e il traffico di eroina

Secondo gli americani, che con i satellititengono sotto osservazione le coltivazionibirmane, la raccolta dell’oppio nel paeseasiatico è aumentata dalle 2350 tonnellatedel 1994-1995 a 2560 nel 1995-1996, pari al56% della potenziale produzione mondialedi eroina. Dal 1988, cioè dal momento in cuila giunta militare ha preso il potere, la pro-duzione sarebbe addirittura raddoppiata,raggiungendo in valore il totale di tutte leesportazioni legali del paese. Il regime diRangoon è allora finito sotto accusa percomplicità nel traffico dell’oppio. Grazie aiproventi della droga, la Birmania avrebbeanche acquistato armi. A Bangkok, il mesescorso, lo stesso Bill Clinton ha denunciato:“In Birmania la produzione delle droghe ela mancanza di democrazia sono le due fac-ce della stessa medaglia, poiché entramberappresentano l’assenza del rispetto del di-ritto”. E sul piano della democrazia la giun-ta birmana non sembra voler cambiare stra-da. Per “proteggere” la signora Aung San,ha deciso che essa dovrà comunicare in an-ticipo quali visitatori intende ricevere nel-la sua residenza. Nel frattempo resterannochiuse le scuole dove nel mese scorso si era-no svolti incidenti antigovernativi.

ANCORA SCIOPERI IN COREA e il governotorna a puntare sulla politica estera

Al primo grande sciopero illegale in Co-rea del Sud contro la nuova legge sul sinda-cato hanno partecipato, tra Natale e Capo-danno, circa 400 mila lavoratori e altre ma-nifestazioni sono in programma. Il governoha deciso di ricorrere alla forza pubblicaper stroncare la protesta, alimentata anchedalla prospettiva della liberalizzazione del-le rappresentanze sindacali che dovrà en-trare in vigore tra cinque anni. Per sviarel’attenzione da questo problema, il presi-dente Kim Young Sam ha dichiarato che il1997 sarà un anno decisivo per la ripresadel dialogo tra le due Coree. Questa opera-zione è partita il 30 dicembre con la conse-gna alle autorità nordcoreane delle urnecontenenti le ceneri dei ventiquattro mari-nai che il 18 settembre si erano infiltrati nelterritorio della Corea del Sud. Poco primail governo di Pyongyang aveva espresso lesue scuse, promettendo che tali episodi nonsi sarebbero ripetuti. Alle spalle del pro-cesso di distensione ci sono le pressioni de-gli Stati Uniti sulla Corea del Nord, biso-gnosa di aiuti alimentari e petrolio. E si fasempre più strada la formula americanadella pace “due più due”: le due Coree, gliUsa e la Cina.

LE FIJI SCELGONO AEREI BOEING e l’U-nione europea si arrabbia

Benché le isole Fiji usufruiscano degliaiuti dell’Unione europea (circa 400 miliar-di di lire all’anno, più l’acquisto del 45%della produzione di zucchero), la loro com-pagnia aerea nazionale, Air Pacific, ha de-ciso di acquistare tre nuovi velivoli dall’a-mericana Boeing invece che dai produttorieuropei. La Air Pacific è all’80% controllatadal governo e il suo presidente è GeraldBarrack, che è anche presidente della Cor-porazione figiana dello zucchero. Non sor-prende, quindi, la delusione manifestatacon una nota ufficiale dall’ambasciata diFrancia, a nome di tutta l’Unione europea.

IL RITORNO DI HONG KONG alla Cina pia-ce più agli anziani che ai giovani

In base a un recente sondaggio d’opinio-ne effettuato ad Hong Kong, il ritorno sottola sovranità cinese previsto per il primo lu-glio di quest’anno piace di più rispetto a unanno fa. Gli ottimisti sono saliti dal 66% aquasi il 78%, ma sembra che la maggioran-za tra questi sia costituita da persone matu-re o anziane. Un altro sondaggio, infatti, ri-vela che tra i giovani, che sembrano inte-ressati soprattutto alla conservazione dellelibertà civili e politiche, la percentuale deipreoccupati è passata dal 18% al 27%. In-tanto le autorità cinesi hanno precisato cheil leader cinese Deng Xiaoping non presen-zierà la cerimonia del ritorno della coloniabritannica sotto la sovranità della Cina.

HEINRICH HIMMLER

IL FOGLIOANNO II NUMERO 3 DIRETTORE EDITORIALE GIULIANO FERRARA SABATO 4 GENNAIO 1997 - L.1500

DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO quotidiano TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. ABB. POST. C. 26 ART. 2 LEGGE 549/95 - MILANO

Questo numero è stato chiuso in redazione alle 19,45

NOVE COLONNE

MostriSi chiama Giancarlo Lotti. Prima di essere

trasferito in località segreta, stipendiato eprotetto come collaboratore di giustizia, vive-va a San Casciano Val di Pesa. Ha 57 anni, èsoprannominato “Katanga” o “Canapone”.Per il procuratore Pierluigi Vigna è il testi-mone “Beta”. Gli amici del bar lo hanno sem-pre considerato lo “scemo” del paese, per ilcriminologo Francesco Bruno, esperto di se-rial killer, è il classico mitomane. Di profes-sione manovale, per hobby guardone, pappo-ne e magnaccia, con una spiccata tendenza albere. E’ lui la “gallina dalle uova d’oro” - ladefinizione è del giudice Francesco Ferri,presidente della Corte d’appello che ha as-solto Pietro Pacciani, e successivamente hadichiarato di ritenere del tutto inattendibileil nuovo supertestimone - che ha permesso aimagistrati fiorentini di non perdere la facciadopo il processo di secondo grado, mante-nendo viva l’ormai famosa inchiesta-bis suidelitti del killer. Lotti è il nono presunto mo-stro a finire sotto inchiesta: prima come testi-mone (la sua Fiat 128 rossa è stata notata daaltri testimoni la sera dell’ultimo delitto), poicome “palo” e infine, com’era prevedibile, co-me aiuto-assassino. Grazie alle sue dosate ri-velazioni, fatte filtrare dagli ambienti inve-stigativi, viene così confermata la tesi dellacooperativa dei mostri, considerata improba-bile dall’Fbi e dai più noti esperti di crimi-nologia. Ma in grado di incastrare i “colpevo-li” Pietro Pacciani e Mario Vanni.

La stabilità politica nel Far Eastfra plebisciti e droghe

Seul si riavvicina a Pyongyang

Asia e Pacifico

Vacanze sulla nevedi un premier cetomedialeSonata al chiaro di Luna per Romano,

minimalista con la giacca a vento

La settimana grigia

Fantasmi del Terzo ReichLa Germania rivuolePriebke, ma pagala pensione a 15 mila SsI conti mai finiti con un tragico passato

tra richieste di estradizione, assegni diinvalidità e banche svizzere reticenti

Caccia ai nazisti negli Usa

Il congresso dei popolariPerché l’ascesa di Mariniinquieta Prodi e cambiagli equilibri nell’UlivoIl probabile candidato alla segreteria

assicura che non farà ribaltoni, manon chiude al “governo costituente”

Le ambizioni di Mancino

OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO

LALEGGE DI CHI VUOLE LE RIFORME

LA PROPOSTA REBUFFA aiuta ireferendum elettorali e la democra-zia dell’alternanza. Ma forse il Pdsnon la voterà (editoriale pagina 3)

GLI INDUSTRIALI FRANCESIfanno poca politica e inventano gli“stage diplomanti” per creare mi-gliaia di posti di lavoro (pagina 3)

IL PRELIEVO PREVIDENZIALEdel 10 per cento, una delle grandibufale del ’96, rende poco e favoriscel’evasione contributiva (pagina 3)

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Vittorio AlfieriDELLA TIRANNIDEBur, 395 pp. - Lire 18.000

Nel 1777, ventottenne, Vittorio Alfieriscrive di getto, ispirandosi allo stile con-centrato di Machiavelli, questa invettivacontro la tirannia, articolata in due parti:la prima destinata a spiegarla e identifi-carla, la seconda a soffocarla ed estirpar-la. Il sentimento che muove l’Alfieri è ilmedesimo che anima le sue tragedie: ilconflitto insanabile tra l’uomo libero eschiavo, tra eroe e tiranno. Il poeta, nutri-to della cultura illuminista e già esaltatodal sentimentalismo preromantico, conce-pisce la riflessione politica come una in-terpretazione visionaria della realtà, comeun presa d’atto esistenziale radicale. Abuon diritto si può dire che sente e non ra-giona, mette in scena il dramma della li-bertà perduta, che è imperativo riconqui-stare, pena la rinuncia alla propria uma-nità. L’ideale settecentesco del dispotismoilluminato è fatto a pezzi, così come quellodel buon principe paternalista, che fa unuso moderato o addirittura equo del pro-prio potere incontrollato. “Fare impune-mente ciò che si vuole significa essere re”(Sallustio): alla luce di questo motto si di-stende l’argomentazione del “Della tiran-nide”, che pur di infrangere qualsiasi go-verno che pretenda di essere al di sopradelle leggi, non esita ad auspicare l’ina-sprimento peggiore dell’arbitrio del pote-re. Sarebbe dunque il nostro arciaristo-cratico poeta un fautore della rivoluzione?Certamente, ma in modo molto particola-re, come l’esperienza della Rivoluzionefrancese dimostrerà. Al primo entusiasmoper gli eventi del 1789, subentrerà, nell’in-timo amico di Andrea Chénier, un asprosentimento di disgusto e condanna. L’in-transigente ideale utopistico si scontreràcon l’arbitrio del Terrore. Da quel mo-mento Francia e infamia diverranno sino-nimi. C’è qualcosa di Alfieri che lo acco-muna a Rousseau: la percezione della ser-vitù generalizzata (“in ogni contrada d’Eu-ropa rimiro visi di schiavi”) a cui solo un’u-niversale libertà potrà rimediare. Ma nonè un’analisi da politico che alimenta il lo-ro sdegno ma piuttosto una visione epicadella lotta per il potere, intesa come ri-schio e scelta totale. In entrambi troviamotensioni e contraddizioni, e, soprattutto,esigenze difficilmente conciliabili con ilrealismo. In entrambi la letteratura tendea trasformarsi in discorso politico e in so-gno poetico.

a cura di Furio Cerutti IDENTITÀ E POLITICALaterza, XV-281 pp. - Lire 26.000

Questo volume è frutto del lavoro, inizia-to nel 1989, dal Seminario Interuniversita-rio di Filosofia Politica, integrato da trecontributi di non specialisti: il sociologo Al-berto Melucci, il filosofo Jürgen Habermase lo storico Stuart J. Woolf. Al centro la cri-si di trapasso verso il terzo millennio, conil corredo di ansie e significati simboliciche tutto ciò comporta, le metamorfosi del-l’identità di popoli, etnie e cittadini in cer-ca di un’appartenenza, di una fisionomia,di un autoriconoscimento in qualche modorassicuranti. I concetti di Stato e Nazione,rimessi in gioco, sostituiti da integralismireligiosi che confondono la politica e la sfe-ra delle adesioni passionali, creando spes-so miscele esplosive incontrollabili. Me-morie storiche e solidarietà messe in forse,come i casi della ex-Jugoslavia e della ex-Cecoslovacchia stanno a ricordarci. Ma an-che quando alla dissoluzione si sostituiscel’integrazione, come dalla caduta del muronel 1989, nel caso della Germania, i proces-si non sono lineari. Se il modello antropo-logico della filosofia politica liberal-demo-cratica tendeva a separare l’Io della ragio-ne da quello delle passioni, subordinandoil secondo al primo, ora la difficoltà di ga-rantire benessere e autorealizzazione di sénella sfera politica tende a mettere in crisila democrazia.

a cura di Roberto EspositoOLTRE LA POLITICA. ANTOLOGIA DELPENSIERO “IMPOLITICO”Bruno Mondadori, 217 pp. - Lire 17.000

“Possiamo prendere tutti i termini, tuttele espressioni del nostro vocabolario poli-tico, e aprirli; al loro interno troveremo ilvuoto”. Così si esprimeva Simone Weil nel1937, registrando la crisi della cultura poli-tica tra le due guerre. A riempire questovuoto vuole contribuire questa antologia,che raccoglie interventi classici, oltre chedella Weil, di autori come Karl Barth, Mau-rice Blanchot, Hanna Arendt, HermannBroch, Elias Canetti, Georges Bataille e JanPatocka. I termini del vocabolario politicoche sono trattati danno un’idea dell’am-piezza di respiro: Stato, rivoluzione, re-sponsabilità, libertà, potere, comunità eguerra. L’impoliticità del progetto consistenella varietà e pluralità metodica dell’ap-proccio, garantita dall’eclettismo degli au-tori, che non sono professionalmente deiteorici della politica. Peraltro, rispetto al-l’idea che la teoria politica deve soprattut-to occuparsi dell’ordine politico-sociale, unaltro aspetto di questa dichiarata impoliti-cità consiste nel prendere atto che al cen-tro dell’attenzione va posto il conflitto, il di-sordine. Da Hobbes a Schmitt, sembra chel’assillo più urgente della teoresi sia esor-cizzare la conflittualità, tra deboli e forti,tra poveri e ricchi, tra le classi, per garan-tire un’epifania conciliatrice, in cui, catto-licamente, il Potere, l’Autorità ci si mani-festi come il Bene, la Salvezza, il Regnodella Libertà. Di fronte a queste finte con-solazioni, l’impolitico non esce dal terrenodella politica, non cerca rifugio nell’utopia,ma, come dice Hermann Broch, tiene perfermo che “nel regno delle cose nulla puòvenir definito in termini positivi... tutti idieci comandamenti si basano sulla for-mula: tu non devi”.

OGGI - Su tutte le regioni cielo moltonuvoloso o coperto con precipitazio-ni sparse, più intense su Triveneto,Liguria, Toscana, Lazio e Sardegna.Nevicate al nord oltre i 1.000 metri.DOMANI - Al nord alternanza dischiarite e annuvolamenti con loca-li precipitazioni, anche nevose, sulTriveneto. Al centro molto nuvolosocon precipitazioni sparse. Al sudtempo prevalentemente perturbatocon precipitazioni in particolaresulle regioni del versante adriatico.

ANNO II NUMERO 3 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 4 GENNAIO 1997

Erano prevedibili, sulla base dei datibiografici, gli sviluppi del pontificato wojty-liano? Se si guarda con attenzione a quan-to ha scritto, detto e fatto Karol Wojtyla sa-cerdote, vescovo e cardinale, la risposta èsenza dubbio affermativa. I viaggi, l’insi-stenza sui temi della morale, la centralitàdella figura di Cristo (nella linea dei gran-di teologi Hans Urs Von Balthasar e HenryDe Lubac, entrambi nominati cardinali daGiovanni Paolo II), la lotta all’ideologiamarxista all’Est e in America Latina, la“normalizzazione” della contestazione in-fraecclesiale, il dialogo con le altre confes-sioni cristiane, l’ecumenismo. Tutto era già

scritto nel codice genetico del futuro Papa.Il 22 ottobre 1978, giorno dell’inizio solennedel suo pontificato, durante l’omelia dellamessa celebrata sul sagrato della basilicadi San Pietro, Giovanni Paolo II, lancia unappello, anzi un grido al mondo: “Non ab-biate paura. Aprite, anzi, spalancate le por-te a Cristo. Alla sua salvatrice potestà apri-te i confini degli Stati, i sistemi economicicome quelli politici, i vasti campi di cultu-ra, civiltà e sviluppo”. E’ un invito che col-pisce non soltan-to per il contenu-to, ma anche peril vigore con cui èp r o n u n c i a t o .“Più che unamessa era unachiamata alle ar-mi” osservanoCarl Bernstein eMarco Politi nelloro libro “Sua Santità. Giovanni Paolo II ela storia segreta del nostro tempo”. In ef-fetti, a rileggere quelle parole gridate allafolla oceanica accorsa in Vaticano e ai mi-lioni di cattolici collegati con la piazza viaetere, si comprende che esse segnano l’ini-zio della lotta senza quartiere contro i re-gimi comunisti. Regimi che il nuovo Papaconosce molto bene e sa come combattere.Pochi giorni dopo, il 5 novembre, sarà lostesso Wojtyla a confermare questa inter-pretazione, durante il suo primo viaggio uf-ficiale fuori dal Vaticano. Mentre visita As-sisi, dalla folla si alza un grido: ‘Non di-menticare la Chiesa del silenzio”. Il Paparisponde: ‘Non c’è più la Chiesa del silen-zio poiché parla con la mia voce”.

Le intenzioni del pontefice si accordanoperfettamente con i progetti della CasaBianca, soprattutto dopo l’elezione di Ro-nald Reagan. Il nuovo presidente si circon-derà infatti di molti cattolici nel suo staff etra i vertici dell’aministrazione Usa e le sa-cre stanze del Vaticano la comunicazionesarà diretta e continua. Soprattutto in me-rito alla questione polacca. Già dalla metàdegli anni Settanta, infatti, gli americaniavevano individuato nella Polonia il tallo-ne d’Achille del colosso comunista. L’ele-zione di Giovanni Paolo II accelera i tempie, per il solo fatto di essere polacco, il nuo-vo Papa giocherà un ruolo importante nelprovocare, nel 1989, la débacle del comu-nismo. Anche se lo stesso pontefice, dandoprova di grande realismo, a partire dai pri-mi anni Novanta, sarà costretto a ricono-scere che il crollo del muro di Berlino nonha portato quei frutti tanto sperati dallaChiesa: le popolazioni vivono in condizionipeggiori rispetto a quelle dell’era comuni-sta e poco a poco, vincendo libere elezioni,gli eredi di Marx sono ritornati al poterenei paesi dell’Est. L’esempio più eclatante- e anche più doloroso per Giovanni PaoloII - è proprio quello della Polonia, dove, do-po la parentesi della presidenza di LechWalesa, l’operaio di Danzica leader di So-lidarnosc, i comunisti sono ritornati al go-verno ed è stata approvata una legge abor-tista.

Sul versante infraecclesiale, un ruolo-chiave nel pontificato di Karol Wojtylaavranno alcuni collaboratori: i due segre-

V I T E P A R A L L E L E

tari di Stato (Agostino Casaroli, dal 1979 al1991, il grande artefice dell’Ostpolitik mon-tiniana e Angelo Sodano, dal ’91, uomo piùallineato alle direttive politiche wojtyliane),il cardinale tedesco Joseph Ratzinger (chia-mato nel 1982 alla guida della Congregazio-ne per la dottrina della fede), il colombianoAlfonso Lopez Truijllo (il presidente dei ve-scovi latinoamericani premiato giovanissi-mo con la porpora per aver combattutto evinto una lotta senza quartiere contro i teo-logi della liberazione), il francese Roger Et-chegaray (diventato l’uomo delle missioniimpossibili nei paesi più a rischio dell’inte-ro globo). Dal punto di vista delle nomineepiscopali, Wojtyla ha premiato prelati con-siderati “di centro” e di provata fede orto-dossa. Questa scelta - spesso attribuibile piùad alcuni suoi collaboratori che al Papa

stesso - ha portato alla quasi totale “norma-lizzazione” del dissenso diffuso negli Usa ein America Latina negli anni Settanta. Gio-vanni Paolo II, anche in questo caso, può di-re di aver vinto la sua battaglia, anche sespesso i nuovi “dirigenti” della Chiesa si so-no dimostrati a volte dei burocrati fedelima senza carisma.

Decisivi, nel pontificato di Wojtyla, sonostati i viaggi internazionali: “Ansioso di por-tare Roma fuori Roma” scrive Giancarlo Zi-zola in un capitolo del suo libro “Il concla-ve”, “di fornire spazi pubblici all’universa-lismo cattolico nella modernità, il papatonon poteva non sacrificare quell’incipientecristianesimo spirituale che aveva suggeri-to alla Chiesa del Concilio la riscoperta del-le fonti e la concentrazione sull’unum ne-cessarium, anche come risanamento effetti-

P R O T A G O N I S T I D I F I N E S E C O L O

Ivan Lenin che, copiato, ammise di copiare e Franco il giudice stupido, cruccio di Maigret Ivan Graziani

Testo: “Tu sai citare i classici a memo-ria/ ma non distingui il ramo da una fo-glia”. Parafrasi: “La tua cultura è libresca,convenzionale. Della realtà conosci un belniente”. Contesto: l’idea di poesia che ci sifaceva nell’adolescenza, che ci si formavaal liceo. Impastata alla buona con l’argu-zia dei poeti arguti, con la ribellione deipoeti ribelli, con la malinconia dei poetimalinconici. Praticata da un paio di gene-razioni di cantautori. Sostenuta dalla fi-ducia che la poesia avesse la forza di cam-biare il mondo. Di mutare il rapporto de-gli uomini con gli uomini. Degli uominicon le cose. Di esprimere quella forma diamore eterno che nell’adolescenza duraanche qualche mese. Un amore per Agne-se, dolce Agnese, colore di cioccolata. Unamore per Marta, con i capelli fermi comeil lago. Il lago di Lugano. Forse mai visto.Ma cantato. Sentito cantare. Addio Luganobella. Gli anarchici van via. Se si nasce aTeramo nel 1945, ci si può chiamare IvanLenin Graziani. Graziani, come RodolfoGraziani, il capo dell’esercito della Re-pubblica sociale. Ivan, come ogni soldatodell’Armata rossa. Lenin come Lenin. Sulproprio nome si può scherzare. Ci si puòanche sentire anarchico. Non per adesio-ne ideologica, ma per istinto. Ci si può sen-tire libero. Libero di trasformare in im-magini verbali quelle immagini visive allequali gli studi di grafica ti hanno formato.Ci si può sentire felice di sapersi esprime-re in tanti linguaggi diversi. Ci si può sen-tire infelice di non sapersi esprimere com-piutamente in un linguaggio solo. Allorac’è la musica. Il linguaggio più astratto. Il

linguaggio più accattivante. C’è lo stru-mento. Lo strumento più sonoro. C’è la chi-tarra elettrica. La chitarra per esibirsi da-vanti al piccolo pubblico dei locali di Bre-ra. La chitarra per accompagnare le inci-sioni di Lucio Battisti, della Premiata For-neria Marconi. La chitarra su cui fare con-vivere la frenesia del rock e la dolcezza diforme più melodiche. La chitarra intornoalla quale organizzare una band. Inciderealbum. Fare tournée. Una chitarra con cuiconquistare un pubblico. Con cui arrivarein cima alle classifiche. Una chitarra concui continuare con dignità una carriera intono minore quando il favore del pubblicoè diminuito. Una chitarra su cui ironizza-re su un caso di plagio subito. Su un casodi plagio perpetrato. Quando Phil Collinsriprende il motivo di “Agnese dolce Agne-se” in una canzone di successo. QuandoIvan Graziani esegue le due versioni. Perammettere che anche lui si era rifatto a unvecchio motivo americano. Sono già gli an-ni Novanta. Ivan Graziani riesce a ricon-quistare un pubblico. Ha abbandonato ilrock, ha rinfrescato lo stile. Insegna scrit-tura poetica all’Università di Urbino. Mamantiene quell’impasto ingenuo di ironiae di sentimentalismo che lo ha accompa-gnato per tutta la carriera. Che lo ha so-stenuto fino a mercoledì 1 gennaio.

Franco VolpiCamelieu, si chiamava, se ci ricordiamo

bene. Era un giudice. Integerrimo, per ca-rità. Ma fesso. Ma supponente. Era l’incar-nazione dello stupido, presente in ugualeproporzione in tutti gli strati sociali, a tut-ti i livelli gerarchici. Era lo stupido di Car-

lo Cipolla. Quello che fa danno agli altrisenza trarre vantaggio per sé. Era un pes-simo magistrato, se esiste una cosa del ge-nere. Era il magistrato che intralciava perconformismo e miopia le indagini del com-missario Maigret. Del commissario Mai-gret interpretato da Gino Cervi per la te-levisione italiana. Purtroppo a noi succe-de così. Un attore lo ricordiamo nella par-te che più ci ha colpito. Commettendoun’ingiustizia. Soprattutto nel caso diFranco Volpi. Che nel 1938, a diciassette

anni, è giàsulle scene.In una com-pagnia im-portante co-me quella diRenzo Ricci eLaura Adami.Che ha lavo-rato con Rug-gero Ruggeri,con AndreinaPagnani. Chein Italia è tra

i primi a scoprire le opportunità della te-levisione. Quando una televisione giovanee ben intenzionata traduce in un linguag-gio popolare i grandi romanzi. Popolari,come “Il romanzo di un giovane povero” diOctave Feuillet o “La cittadella” di Archi-bald Cronin. Meno popolari, come “Padrie figli” di Ivan Turgenev o “Una tragediaamericana” di Theodore Dreiser. O sofi-sticati, come “ Il giudice e il suo boia” diFriederich Dürrenmatt. Quando una tele-visione giovane e un po’ verginella acco-glie timidamente le avances della pubbli-

Politica

Anche l’antitirannico Alfieririmase disgustato

dall’arbitrio del Terrorecità. Ma impone condizioni. Niente rap-porti completi. Solo petting. La pubblicitàha l’obbligo di risarcire il pubblico conuno spettacolino in cui solo alla fine puòessere nominato il nome del prodotto. So-no i siparietti di Carosello. Il programmaforse più celebre, più fruttuoso per il lin-guaggio della televisione pubblica italia-na. Il programma che costringe gli autori ainventare, gli spettatori ad adottare unanuova sintassi delle immagini. Che diffon-de nel gergo quotidiano frasi fatte e non-sense non ancora stucchevoli. Che selezio-na gli attori secondo la loro capacità diconquistare in poche battute il pubblico.Fra questi attori, con la sua facilità di as-sumere un’aria inamidata e sussiegosa diun personaggio d’altri tempi, c’è FrancoVolpi. Poiché era il primo ad ammettere dipreferire i ruoli brillanti, leggeri; poichéera il primo a ironizzare sull’aspetto im-ponente e severo che la natura gli avevadato, non si adombrerebbe di essere ri-cordato non con una battuta delle centocommedie interpretate a teatro, ma conl’affermazione che ripeteva con ErnestoCalindri in conclusione di un carosello trai più fortunati: “ Dura minga. Non può du-rare”. Comunque non oltre mercoledì 1gennaio.

Laurens van der PostSe la premessa maggiore afferma che

Laurens van der Post nacque il 13 dicem-bre 1906 nello Stato Libero di Orange dauna facoltosa e antica famiglia afrikaner;se la premessa minore sostiene che Lau-rens van der Post fu amico di MargaretThatcher e si dichiarò contrario alle san-

vo della crisi del cristianesimo contempo-raneo. La Chiesa si è ripresentata dunquecome potenza salvatrice, dotata di tutti imezzi per stare al mondo, dai privilegi con-cordatari a una compiuta dottrina sociale,dai satelliti televisivi alle piazze colme difolle. Non più una Chiesa ‘serva e povera’,bensì capace di interventi diretti sulla sce-na politica come consigliera, elaboratricedi valori, mediatrice dei conflitti sociali’.Non sempre però questo ruolo della Chiesae del Papa è stato riconosciuto sulla scenainternazionale: se nella lotta al comunismosi è verificata una sorta di spontanea allen-za fra l’Occidente e la Santa Sede, altret-tanto non è accaduto nel caso della guerradel Golfo, nel 1991, quando il grido di Gio-vanni Paolo II, fermamente contrario all’u-so della forza contro Saddam Hussein, è ri-

Sfide, vittorie e sconfitte di un pontefice che vuole la Chiesa artefice della storiaDolore, sofferenza e malattie di un Papa che non ha nascosto la sua umanità

masto tragicamente inascoltato non solodalle cancellerie mondiali ma anche da au-torevoli settori dell’episcopato, più propen-si a benedire la “guerra giusta” contro ildittatore.

In diciotto anni di pontificato KarolWojtyla ha scritto dodici encicliche: tre con-tengono i fondamenti della sua teologia(“Redemptor hominis”, 1979; “Dives in mi-sericordia”, 1980; “Dominum et vivifican-tem”, 1986), tre sono encicliche sociali (“La-borem exercens”, 1981; “Sollicitudo rei so-cialis”, 1987; “Centesimus annus”, 1991), duesono dedicate alla difesa della vita e ai fon-damenti della morale (“Veritatis splendor”,1993; “Evangelium vitae”, 1995), una alle im-plicazioni fra il Vangelo e la cultura (“Sla-vorum Apos”, 1985), una alla Madonna (“Re-demptoris Mater”, 1987), una all’importanzadella missione (“Redemptoris missio”, 1990)e una all’ecumenismo (“Ut unum sint”,1995). La presa di posizione più autorevoledel pontificato,proclamata conla formula cheimplica l’infalli-bilità papale, èquella che nel’95 ha sancito ilno definitivo al-la possibilitàdel sacerdoziofemminile nellaChiesa cattoli-ca, mentre il do-cumento più si-gnificativo e completo è senza dubbio ilnuovo Catechismo universale, frutto di die-ci anni di lavoro.

Un capitolo a parte, nell’intensa attivitadel Papa polacco, merita il tema della sof-ferenza. Il 13 maggio del 1981, in piazza SanPietro, il turco Alì Agca ha attentato alla vi-ta di Giovanni Paolo II, ferendolo grave-mente. Fino ad oggi questo episodio è ri-masto oscuro e non sono ancora stati indi-viduati i mandanti. Di certo Agca non è unpazzo isolato e non avrebbe potuto agiresenza coperture. Ma la sofferenza caratte-rizza soprattutto questi ultimi anni: nel lu-glio del ’92, con l’annuncio in diretta di unimminente ricovero al Policlinico Gemelliper alcuni accertamenti (che rivelerannopoi l’esistenza di un tumore benigno all’in-testino), Wojtyla inaugura una nuova fasedel pontificato. Vuole che il mondo sappiatutto della sua salute. Da quella data frattu-re, ferite, interventi chirurgici si sono sus-seguiti. L’immagine odierna è quella di unPapa precocemente invecchiato, stanco, tre-mante. Ma che non intende rinunciare al ti-mone della barca di Pietro e spera di gui-darla nel passaggio dal secondo al terzomillennio.

zioni contro il Sud Africa; non si può chededurre che Laurens van der Post fosse fa-vorevole all’apartheid. Niente di più falso.Laurens van der Post, che portava nel cuo-re il ricordo della bambinaia boscimana,detestava l’apartheid. Era stato anzi tra iprimi a prevederne i pericoli. In un librointitolato “In A Province”, in una provin-cia, pubblicato nel 1934. Olandese di origi-ne, africano di adozione, britannico di na-zionalità, Laurens non sapeva decidersi.Si trasferiva in Inghilterra. Scappava inAfrica. Ritornava in Inghilterra. Quandoscriveva per i giornali desiderava fare l’a-gricoltore. Quando si dedicava all’agricol-tura sentiva il bisogno di scrivere. Fu laguerra a decidere per lui. Si arruolò. Com-batté in Etiopia contro gli italiani, in Bir-mania contro i giapponesi. Dei giapponesifu prigioniero per tre anni a Giava. So-pravvisse. Rimase a Giava altri due anni,consigliere di Lord Mountbatten, mentregli olandesi si illudevano di ristabilire lecolonie. Quando tornò in Inghilterra erauno scrittore. Uno scrittore della memo-ria. Della sua infanzia in Africa. Delleesperienze a Giava. Uno scrittore dell’at-tualità. Alimentata da numerosi viaggi.Ancora in Africa. Ancora tra gli amati bo-scimani. Pubblicò numerosi libri. Girò al-cuni documentari. Gli antropologi lo ridi-colizzarono. Il pubblico apprezzò i suoitrasporti sentimentali. Su raccomandazio-ne della Thatcher fu fatto baronetto. Per isuoi meriti letterari, dice la motivazioneufficiale. Per servigi segreti a propositodella Rhodesia, dice chi è più informato.Da domenica 15 dicembre sir Laurens nondice più niente.

ULTIMO DI QUATTRO ARTICOLI

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La Cia, le forche e i fondamentalisti

In Italia sono in vigore centocinquan-tamila leggi e più. Molte sono inutili,

alcune dannose, altre ancora ridon-danti e confuse. Poche le leggi utili. Traqueste ultime, di qui a qualche giorno,potremmo annoverare la legge Rebuf-fa. Giorgio Rebuffa, il costituzionalistadi Forza Italia, ha infatti proposto e staportando in Commissione una semplicenorma legale che dice più o meno così:“Quando una legge è abrogata, resta invigore fino al momento in cui è sosti-tuita da norme che riempiono l’even-tuale vuoto legislativo creato dall’abro-gazione”. Lo scopo della norma è du-plice. Primo, togliere in generale ai ne-mici dei referendum l’argomento se-condo cui certi quesiti devono essererespinti perché, altrimenti, si aprireb-be un vuoto legislativo. Secondo, ren-dere in particolare possibile il referen-dum (per il quale si dovrebbe votare inprimavera se la Corte costituzionale ap-provasse tra qualche giorno il quesitorespinto un anno fa) che abolisce laquota proporzionale fissata dalla leggeelettorale. Si tratta della quota di de-putati e senatori che vengono ancoraeletti, e sono il 25 per cento del totale,alla maniera della prima repubblica,agevolando così la frammentazionepartitica e indebolendo lo spirito dellagrande coalizione maggioritaria e, inprospettiva, del bipartitismo.

Ove non si abolisse la quota propor-zionale, temono i liberal-democratici diForza Italia, si rifluirebbe su una solu-zione pigra come quella adottata per lalegge elettorale regionale durante il go-verno Dini, in pieno clima ribaltonico.Quella legge, nota come “tatarellum”perché resa possibile dalla mediazionepolitica di Giuseppe Tatarella, capo-gruppo di Alleanza nazionale alla Ca-mera, realizza uno scambio tra ele-menti diversi e opposti: designazionediretta del capo dell’esecutivo, che go-de di un premio di maggioranza allacoalizione vincente per governare (ele-mento che genericamente definiamopresidenzialista), ma rappresentanzaproporzionale dei partiti e delle listenella composizione dell’assembleaelettiva (elemento parlamentarista vec-chio stile). I liberal-democratici del Po-lo ritengono quello scambio un cattivocompromesso e pensano che, in Parla-mento o nella Bicamerale, ci si debba epossa battere per una soluzione menotimida, più decisamente bipolare e bi-partitica, più coerentemente cucita sul-le esigenze di un compiuto sistemamaggioritario e di una forma di gover-no cosiddetta del premier o all’inglese.Se il Pds votasse questa legge chiara esemplice, dimostrerebbe di volere sen-za riserve il sistema dell’alternanza. Mapare che invece non la voti.

Al vertice europeo di Dublino èemerso un deciso mutamento di

rotta nella interpretazione del limitedel 3% del deficit pubblico sul prodottointerno lordo e del 60% sul pil per il de-bito. Il comunicato finale del vertice in-troduce la nozione di "sostenibilità" deldeficit e del debito che, sino ad ora, eraconfinata nei documenti dell'Istitutomonetario europeo e nei discorsi delPresidente della Bundesbank, HansTietmeyer. La base legale di questonuovo concetto si trova nel trattato diMaastricht, in cui si consentono dero-ghe ai due parametri del 3% e del 60%purché la convergenza ad essi sia statasignificativa e costante e tale appaia inprospettiva. Tale "sostenibilità" implica,in sostanza, un riferimento alla pro-grammazione a medio termine e ai re-quisiti strutturali della finanza pubbli-ca. Ciò comporta che, come ha dichia-rato il ministro delle Finanze tedescoTheo Waigel, nella selezione dei Paesida ammettere all'Unione monetarianon si considerino solo i bilanci pre-ventivi e consuntivi del 1997, ma anchei dati patrimoniali del 1998 che dovran-no manifestare un miglioramento ri-spetto al 1997. La Germania per il 1998si pone come obiettivo del deficit non il

3% ma il 2,5%, proprio per evitare peg-gioramenti nel livello del debito cheminaccia di superare il 60% del pil. Al-l'Italia si chiederà qualcosa di analogoper un periodo di tempo più ampio per-ché il suo livello di debito è molto piùin là del 60% (è in verità più del doppio)e non ha requisiti strutturali chiari di"sostenibilità" di un basso deficit. Quel-lo del debito è il parametro italiano chepiù preoccupa i tedeschi, che non gra-discono, nell'Unione monetaria, unpaese che vi apporta un debito di duemilioni di miliardi. In base al nuovo cri-terio di sostenibilità le entrate "una tan-tum" sono considerate con molto scetti-cismo in quanto non strutturali. Sullespese si nega significato agli espedien-ti di "finanza creativa" come la elimina-zione della spesa per ammortamenti didebiti delle Ferrovie e di altri organi-smi pubblici attuata dal Tesoro stata-lizzandoli. Pare che il Ministero delleFinanze tedesco voglia garantire all'I-talia l'ingresso nell'Unione monetarianel 2002 purché rinunci a presentaredomanda per il 1997: così si convince-rebbe la riluttante opinione pubblicatedesca ad accettare l’Euro che, unavolta consolidato, potrebbe sopportareil peso dell’entrata della lira.

Il colonnello Muammar Gheddafi hafatto fucilare sei ufficiali e impiccare

due civili con l’accusa di spionaggio afavore degli Stati Uniti, ma anche di“appartenenza a un partito politico vie-tato”. E’ la prima volta che il regime li-bico ammette l’esistenza di un’opposi-zione politica in seno alle forze armatee che la collega con i movimenti inte-gralisti islamici. Formazioni armate de-gli integralisti hanno sostenuto l’annoscorso scontri con le forze armate libi-che nei pressi di Bengasi, dopo che nelluglio del ’96 le guardie del corpo del fi-glio di Gheddafi avevano sparato sullafolla che, nel corso di un incontro di cal-cio, inveiva contro il regime. Gli StatiUniti negano naturalmente il coinvolgi-mento della Cia, anche perché sarebbeimbarazzante ammettere l’appoggio deiservizi segreti americani agli integrali-sti islamici le cui posizioni non sonocerto più filooccidentali di quelle dellostesso Gheddafi. Bill Clinton non ha tra-scurato, tuttavia, di marcare la propriapermanente ostilità al regime di Tripo-li e ha prorogato proprio ieri l’altro lesanzioni contro la Libia, accusata di so-

stenere il terrorismo internazionale. Ilgiro di vite in Libia, oltre che sui ploto-ni di esecuzione, si appoggia su nuovi“comitati di epurazione”, incaricati dilottare contro la “speculazione” che fasalire i prezzi dei magazzini privati, ren-dendoli inaccessibili ai magri redditidei cittadini libici fra i quali si diffondela protesta sociale. Gheddafi cerca unasponda in Europa, e per ora l’ha trovatasolo in Lamberto Dini, che il 18 dicem-bre ha ricevuto il suo collega libicoMuntasser, col quale nessuna cancelle-ria occidentale intratteneva rapporti daquando furono decretate le sanzioni perl’eccidio di Lockerbie. Né la compia-cenza italiana né il rigore americano(forse congiunto a complotti con gli in-tegralisti) valgono a rasserenare il climadel Medio Oriente, dove il dialogo poli-tico langue mentre da Hebron a Dama-sco estremisti e fanatici seminano mor-te e distruzione. Forse nemmeno unacompattezza nel comportamento deglioccidentali potrebbe migliorare la si-tuazione, certamente la Babele dellelingue la peggiora, scoraggia il dialogo,incoraggia il terrore.

EEDDIITTOORRIIAALLII

ANNO II NUMERO 3 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 4 GENNAIO 1997

Obesità insostenibile di un debito

Il tatarellum e la legge RebuffaParigi. Si chiameranno “stage diploman-

ti” e sono diventati l’idea fissa di Jean Gan-dois, 66 anni, presidente del Cnpf, ossia delConseil national du patronat français, l’e-quivalente transalpino della nostra Confin-dustria. A metà di questo mese Alain Juppéorganizzerà un vertice d’emergenza sulle te-rapie con cui combattere la disoccupazionegiovanile, che in Francia è tra le più eleva-te d’Europa (i senza lavoro sono complessi-vamente 3,12 milioni, il tasso di disoccupa-zione è del 12,7 per cento e i giovani “a spas-so” sono oltre 700 mila). Al vertice anti-di-soccupazione di metà gennaio Gandois por-terà appunto l’idea degli “stages diploman-ti”, che dovrebbero vedere 70-80 mila stu-denti universitari all’anno frequentare unperiodo di nove mesi di lavoro allo scopo diimparare un lavoro connesso con i propristudi e di stringere contatti utili a trovarepoi un impiego. I problemi non mancano.Primo fra tutti la retribuzione – dalle 300 al-le 450 mila lire mensili – che il Cnpf pensadi assegnare agli stagisti. E’ vero che alla fi-ne dello stage i giovani riceveranno un di-

chiaro che “la riduzione delle spese pub-bliche non sarà realizzata se non si arriva amettere sotto controllo le spese relative al-la protezione sociale”. Per Gandois non sitratta solo di tagliare, ma anche di cambia-re. Eccolo allora insistere a favore di normeche diano spazio alle nuove forme di pen-sione: “I dibattiti, talvolta un po’ confusi, suifondi pensione non devono farci dimentica-re i due aspetti per noi fondamentali: lacoerenza e l’equità dei nostri sistemi, chedevono sapersi adattare all’evoluzione de-mografica, e il bisogno di dare dinamismoalla nostra economia attraverso il ruolo, be-nefico per le imprese, che può essere svol-to da fondi-pensione dinamici e ambiziosi”.

Per il Cnpf il risanamento dell’economiae la sua dinamicizzazione sono necessarianche indipendentemente dagli obiettivi diMaastricht, e Gandois vuol fare del 1997l’anno della riforma del Conseil, destinato ascrollarsi di dosso una patina di polvere e adarsi un’immagine più dinamica. Il pesoreale del Cnpf in Francia è tradizional-mente inferiore a quello della Confindu-

stria in Italia. Sia per il peso specifico delsettore pubblico transalpino, sia perché igoverni di ogni colore hanno lavorato, an-che attraverso un lavoro di mediazione, perevitare che la rappresentanza imprendito-riale assumesse un ruolo politico conside-rato eccessivo. Ora Gandois pensa sia giun-to il momento di fare appello a tutte le im-prese perché il Cnpf possa avere più vocenelle scelte economiche del paese. Ha chia-mato accanto a sé dei grandi nomi dell’eco-nomia, come Didier Pineau-Valencienne(presidente del gruppo elettromeccanicoSchneider), nominato presidente della com-missione sociale del Cnpf, e Francie Mer,presidente del gigante siderurgico Usinor-Sacilor e neopresidente della Commissioneaffari internazionali. Gandois vuole inoltreconvocare in autunno un’assemblea straor-dinaria del Cnpf – una sorta di congresso dirifondazione – e ha affidato a Victor Sher-rer, uno dei suoi più stretti collaboratori, l’e-laborazione di un progetto di riforma deglistatuti dell’organizzazione, che rappresentaoggi un milione e mezzo di imprese.

ploma, ma è anche vero che la paga non ècerto generosa e si temono proteste dalmondo universitario.

Gandois vuole comunque andare per lasua strada. Gli “stage” sono infatti uno deitre grandi progetti della sua presidenzaconfindustriale, decisamente “interventi-sta” in campo sociale. Un altro è la campa-gna per il risanamento della spesa pubbli-ca e il terzo consiste nella ristrutturazionedella stessa Cnpf, che cambierà quest’annole sue strutture e il suo nome, ribattezzan-dosi in Conseil des enterprises françaises.IlCnpf ha sempre avuto un rapporto estrema-mente cauto con la politica, soprattutto pernon guastarsi le relazioni con i vari governiche – attraverso l’enorme settore delle par-tecipazioni statali – hanno un fortissimomezzo di pressione sul mondo imprendito-riale. Questa volta però Gandois vuole lan-ciare un monito preciso al governo gollista:“la via che consiste nel ridurre il deficitpubblico aumentando il prelievo fiscale è lapeggiore possibile”. Bisogna dunque taglia-re le spese, e tagliarle bene. Secondo lui, è

che arrivano fino al 200 per cento dei con-tributi dovuti.

Il legislatore prevede che parte di questoonere previdenziale sia scaricato su coloroche fruiscono della prestazione del lavora-tore occasionale. In particolare per i rap-porti di collaborazione coordinata e conti-nuativa il contributo dovrebbe essere perdue terzi a carico del committente, mentre

per i professionisti il contributo è a suo to-tale carico, salvo un diritto di rivalsa sullefatture dei clienti pari al 4 per cento. Eb-bene, come era facilmente intuibile, il con-tributo di fatto oggi è a totale carico dei la-voratori. I professionisti non se la sentonodi aggiungere un 4 per cento alle proprieparcelle, mentre per i collaboratori gliescamotage trovati dai committenti riduco-

no di fatto i compensi di circa il 6 per cen-to, esattamente quanto loro versano in qua-lità di sostituti di contributi. Un atteggia-mento di questo tipo non dovrebbe stupireil nostro legislatore, che ha fondato la legi-slazione del lavoro proprio sul concetto dellavoratore-contraente debole. Il 10 per cen-to è diventato per i più, e soprattutto perquei lavoratori marginali contrattualmentepiù deboli, niente altro che una nuova im-posta, da aggiungere al 19 per cento (di ba-se, poi scattano aliquote progressivamentepiù alte) che viene trattenuto in qualità diritenuta d’acconto ai fini delle imposte di-rette. Alcune categorie sono però riuscite arimanere fuori dal nuovo contributo: i pro-motori finanziari, i quali comunque versa-no alla gestione commercianti dell’Inps, ivincitori di borse di studio e i giornalistiche riescono a farsi pagare le collaborazio-ni in forma di diritti di autore.

Ma la vera bufala non è tanto nella crea-zione di un nuovo contributo-imposta,

quanto nell’efficacia della stessa. Almenoin teoria, infatti, chi paga il 10 per cento do-vrebbe un giorno godere di una pensione.Secondo la normativa, la pensione spetta apartire dal 57esimo anno di età, a patto checon i contributi versati (almeno cinque an-ni) si raggiunga un importo superiore del 20per cento della pensione sociale. Nel 1996l’assegno sociale era pari a 7.488.000 lire

l’anno e cioè 576 mila lire mensili. Nel casonon si raggiungessero tali importi, la pen-sione comunque scatterebbe a partire dalcompimento dei 65 anni. I soggetti, infine,che si iscrivono alla gestione del 10 per cen-to dopo il 60esimo anno di età potranno ri-chiedere il rimborso dei contributi versatial momento della cessazione dell’attivitànel caso non avessero raggiunto il requisi-to minimo per godere della pensione e cioèi cinque anni di contribuzione.

Rischio di buco nei bilanci dell’InpsRitorniamo alla bufala e vediamo di ca-

pire, cifre alla mano, il regalino che lo Sta-to ha confezionato per i forzati del 10 percento. Secondo recenti stime, a parità direddito, la pensione di un collaboratoresoggetto al nuovo contributo previdenziale,dopo cinque anni, è circa la metà di quellache godrebbe un commerciante. Si dirà cheil commerciante ha pagato più contributi edunque può godere di una pensione più ge-nerosa, ma anche questo è falso. Facciamoun esempio pratico. Un collaboratore conun reddito annuo imponibile pari a 132 mi-lioni in cinque anni verserà all’Inps la bel-lezza di 66 milioni, 13 milioni e duecentomila lire l’anno. Un commerciante verserà102 milioni in cinque anni, circa il 65 percento in più. Bene. Il primo, andando inpensione a 57 anni, otterrà un assegno di270 mila lire al mese, il secondo di 540 milalire. Il calcolo è presto fatto: a fronte di unesborso in contributi superiore del 65 percento, un commerciante otterrà una pen-sione superiore del 100 per cento rispetto aquella di un lavoratore sottoposto al pre-lievo del 10 per cento. Una più che eviden-te disparità di trattamento. Non solo si ob-bliga il collaboratore a crearsi una pensio-ne pubblica, ma i suoi sforzi vengono retri-buiti in misura proporzionalmente inferio-re a quanto avviene per altre categorie.

E’ comunque interessante dare un altropo’ di numeri. Abbiamo già detto che uncollaboratore, che in cinque anni ha versa-to 66 milioni di contributi, otterrà una pen-sione mensile di 270 mila lire. Ma è un casoestremo, ben più verosimile è pensare acollaboratori con redditi annui decisamen-te più contenuti. Coloro che avessero unreddito di 30 milioni annui, darebbero al-l’Inps, in cinque anni, la bellezza di 15 mi-lioni, per ricevere una pensione di 61.400 li-

Milano. Quando si parla di pensioni sitocca un tasto dolente per la finanza pub-blica italiana. E quando si parla del contri-buto previdenziale del 10 per cento gli ani-mi si scaldano. A differenza del sistemapensionistico, il cui crac è nelle cose, ma icui effetti sono ancora difficilmente per-cettibili dai cittadini, il prelievo del 10 percento è subito apparso per quello che era:una vera e propria bufala. Vediamo di ri-costruire la storia di questo balzello, per-ché tale sembra essere la sua vera natura,introdotto attraverso alterne vicende pro-prio nel 1996.

La storia di questo contributo previden-ziale nasce con la riforma delle pensionifatta dal governo Dini nel 1995. Esso sareb-be dovuto entrare in vigore già dal primogennaio di quest’anno, ma i soliti problemi

applicativi, regola-menti ministerialinon emanati e ri-corsi hanno reso lasua nascita moltopiù travagliata. Oracon la Finanziaria

appena approvata sono state confermatetutte le disposizioni emanate nel corso del’96 in decreti che non erano ancora staticonvertiti.

Il prelievo colpisce tutti coloro che per-cepiscono compensi di lavoro autonomo,sui quali però non vengono effettuate rite-nute previdenziali a favore di casse pen-sionistiche obbligatorie. L’obbligo contri-butivo è partito dal primo aprile per coloroche non avevano alcuna copertura previ-denziale e dal 30 giugno per i pensionatiche erano già assicurati. I graziati, anche sein un primo momento sembravano ancheloro della partita, sono solo gli over 65, chepotranno farsi i loro lavoretti saltuari insanta pace. Tutta quella vasta platea di la-voratori che, anche episodicamente, svol-gono attività autonoma dovrà invece devol-vere parte dei compensi alle casse dell’In-ps, in una gestione indipendente, ma inse-rita nel contesto di quella dei commercian-ti. Si va dai pony-express ai sindaci di so-cietà di capitali, dai giornalisti freelancealle hostess impiegate dalle società di con-gressi.

Un obbligo, non un dirittoI forzati del 10 per cento sono soggetti o

alla ritenuta d’acconto del 19 per cento ohanno aperto una partita Iva. Si parla di uninsieme di contribuenti che raggiunge qua-si il milione di unità. La maggior parte deiquali svolge microlavori, un mezzo come unaltro per racimolare un argent de poche. Cisono i professionisti affermati, amministra-tori e sindaci di società di capitali, una mi-noranza; ma anche e soprattutto giovani an-cora non inseriti definitivamente nel mer-cato del lavoro. Lo Stato ha pensato beneche costoro non avessero il diritto bensìl’obbligo di crearsi una pensione per gli an-ni a venire. A parte una gaffe iniziale, percui anche al settantenne era ordinato dipensare al proprio futuro, l’obbligatorietàall’iscrizione a questa particolare gestionepensionistica è sanzionata da ammende

Lo Stato gratta l’ultimo dieci per cento, ma nessuno vince

La Confindustria francese fa poca politica ma crea lavoro

Lord Acton (1834-1902), lo storico cattoli-co liberale in odore di eterodossia,

pensava che John C. Calhoun (1782-1850),vicepresidente degli Stati Uniti, senatoredella South Carolina e leader sudista,avesse perfettamente ragione quando ri-vendicava il potere dei singoli Stati di an-nullare le decisioni del governo federale.Se il potere corrompe, il potere assolutocorrompe assolutamente. Ed è proprio neldilemma tra potere e libertà, che MassimoSalvadori ricostruisce il personaggioCalhoun, ambiziosissimo, eminente uomopubblico e grande teorico della politica.

I caratteri nuovi, sia del potere, che del-la libertà moderni, sono sempre stati alcentro della riflessione dello statista ame-ricano, spesso ignorato o sottovalutato,perlomeno fuori dal proprio paese. Non èneppure un caso che fosse proprio un cat-tolico quale Lord Acton, tra i primi ad ap-prezzarlo e a riconoscerne la grandezza,superando quell’imbarazzo che lo stessoSalvadori ammette di provare. Perché in-fatti Calhoun è stato, prima della guerracivile, il campione del Sud schiavista con-tro il Nord capitalista e industriale, senzasottrarsi al paradosso di difendere la li-bertà contro il protezionismo e la politica“delle tariffe”, accettando nel contempo“l’istituzione peculiare” della schiavitù.

E’ certamente molto difficile, se non al-tro psicologicamente, accettare una difesadel liberismo degli Stati del Sud, che sifondavano proprio sulla schiavitù. Razzi-

sta e aristotelico, Calhoun era fermamen-te convinto che quell’istituzione fosse na-turale, che la teoria dei diritti umani uni-versali fosse un mito e che i diritti politi-co-civili sono, al modo di Thomas Hobbes,definiti dalle leggi positive. Non solo, alpari di molti altri pensava che la schiavitùfosse una sorta di protezione per esseri in-feriori, diversamente condannati a resta-re in balìa di forze sociali ciniche e sfre-nate. Il confronto che fece tra la condizio-ne dei neri e quella dei bianchi “liberi”lavoratori nelle industrie del Nord, lo con-dusse a conclusioni simili, per qualcuno,alle analisi di Karl Marx: l’identificazionedella lotta di classe come motore della sto-ria e la riduzione del lavoratore a merceda usare. C’è però la significativa varianteche da questo punto di vista la denunciadella schiavitù capitalistica era vista comeun regresso rispetto alla paternalisticaschiavitù legale, istituzione capace di ga-rantire pace e controllo sociale, in un

mondo inevitabilmente segnato dal domi-nio degli uomini superiori su quelli infe-riori.

In un simile contesto, solo la prevalen-za e il rispetto della legge possono garan-tire le istituzioni politiche dai continuicontrasti sociali, che tendono inesorabil-mente a imporre una logica di dominiosotto le mentite spoglie della democrazia.E’ sul terreno delle degenerazioni, più chepossibili, quasi ineluttabili, della demo-crazia, che Calhoun dà i contributi più no-tevoli alla teoria della politica, prima diAlexis de Tocqueville, di Gaetano Mosca odi Max Weber. Nelle sue analisi si può rin-venire anche un’anticipazione della mo-derna teoria delle “élites”, sotto la formadei rapporti tra “corpi organizzati” (quali,ad esempio, i partiti politici e le organiz-zazioni militari) e la “maggioranza disor-ganizzata”.

Conclude Massimo Salvadori: “Ciò checaratterizza Calhoun, nella sua veste di uo-mo politico che si interrogava ansiosa-mente e con profondità sul significato diquell’età di trapasso (gli Stati Uniti deglianni Trenta dell’Ottocento) è il fatto cheegli colse al suo sorgere le specificità delnuovo tipo di partito; e non solo vide il pe-ricolo che la democrazia potesse degene-rare in tirannide della maggioranza, ma sirese conto che l’elettorato, nell’epoca del-la democratizzazione e della massificazio-ne poteva essere mobilitato e manipolatodai politici di professione”.

LLIIBBRRIIMassimo L. Salvadori

POTERE E LIBERTA’NEL MONDO MODERNO

XXVI-302 pp. Laterza, Lire 48.000

Gli alti e bassi di una vicenda iniziata col governo Dini. Un milione dipersone dovrebbero pagare cifre elevate per ottenere, in un futurolontano, prestazioni modeste e di incerta erogazione. La corsa allecancellazioni della partita Iva riporta molti redditi nella clandestinità

re al mese.Il totale degli iscritti a questa gestione,

secondo i dati Inps, è pari a 959.736 perso-ne. La gran parte è nella categoria dei col-laboratori che conta 696.296 unità. Cento-cinquantamila sono gli iscritti sotto itrent’anni. Quasi altrettanti gli over 55 an-ni. Ma i numeri che l’Inps non fornisce, ed’altronde difficilmente potrebbe farlo, so-no quelli che rappresentano l’entità dell’e-vasione contributiva.

“Quasi in concomitanza con l’entrata invigore del contributo del 10 per cento - di-ce un alto funzionario dell’istituto di previ-denza - si sono verificate numerose cancel-lazioni di partita Iva. Il motivo è lampante.Anche senza partita Iva si è sottoposti alcontributo previdenziale, ma diventa mol-to più facile e meno controllabile l’evasio-ne contributiva”. Il rischio è dunque nonsolo quello di creare un buco nei bilancidell’Inps, che scontavano l’afflusso di que-ste risorse fresche, ma anche di aggravarela platea di evasori rispetto al fisco, spin-gendo i lavoratori marginali verso il lavorosempre più nero. Proprio in questi giorniuno studio dell’Inps ha stimato il deficitprevidenziale in 75 mila miliardi per il ’96fino ad arrivare a 85.600 nel ’99. Il flop del10 per cento peserà dunque non solo per letasche dei cittadini, ma anche per le attesecontributive del disastrato ente previden-ziale pubblico.

Più pensioni che lavoratoriE’ solo l’ultima di una sfilza inesauribile

di bufale che il sistema previdenziale ita-liano ci ha regalato negli ultimi anni. Elen-chiamole così da non lasciare soli i “forza-ti del 10 per cento”. Abbiamo un numero dipensioni erogate ampiamente superiore aquello della forza attiva occupata, nel 1995superavano di un milione di unità la som-ma di lavoratori dipendenti e autonomi. Lanostra spesa previdenziale è pari al 16 percento del prodotto interno lordo e cioè duepunti superiore alla media europea. Il no-stro debito previdenziale, costituito dallepromesse che abbiamo nel corso degli an-ni fatto ai nostri lavoratori, è pari a 2,4 vol-te la ricchezza nazionale. Mentre la spesaper la previdenza, dopo la spesa per inte-ressi, è la componente maggiore della spe-sa pubblica italiana.

Non basta. Mentre il tasso medio di cre-scita reale delle retribuzioni negli ultimi 25anni è stato del 3,3 per cento, quello dellepensioni è pari al 3,6 per cento. Ma la ge-nerosità italiana non ha limiti. Secondouno studio del professor Piero Giarda, nonbadiamo a spese quando parliamo di pen-sioni. Giarda ha infatti calcolato che un la-voratore con 40 anni di contributi, che hacessato l’attività nel 1994, ha ottenuto unapensione di circa 2,5 volte superiore a quel-la che avrebbe dovuto essergli liquidatacon un sistema a capitalizzazione. Ma nonpreoccupiamoci, a mettere i conti a posto cipenseranno i forzati del 10 per cento; o al-meno chi gestisce il fisco in Italia lo spera.Tanto, come diceva Keynes, nel lungo pe-riodo saremo tutti morti; e quindi addiopensioni.

4 GENNAIO 1947

Battaglia a Tel Aviv dove formazioni pa-ramilitari ebraiche attaccano in forze la“Citrus house”, quartier generale della po-lizia britannica. Scontri si estendono rapi-damente alle zone circostanti. Contempo-raneamente bombe e attentati percorronotutta la Palestina, seminando terrore emorte a Haifa, Gerusalemme e nel norddella Palestina. Vengono attaccati posti dipolizia e caserme. Menahem Begin, capodell’organizzazione terroristica sionista Ir-gun Zwai Leumi, annuncia che si tratta diuna risposta alla massiccia repressionebritannica, seguita alla umiliante fustiga-zione inflitta dagli ebrei a un maggiore e atre sottufficiali inglesi. La repressione bri-tannica assume nella città di Rehovotaspetti sinistri che riecheggiano l’olocau-sto. I “diavoli rossi” della sesta divisioneaerotrasportata britannica setacciano ca-sa per casa nella vana ricerca della “squa-dra nera” dell’Irgun, responsabile dellafustigazione. Cinquemila persone vengonocostrette a sfilare davanti ai quattro mili-tari britannici frustati: l’operazione ha l’a-ria di un odioso atto riparatorio impostoper espiare l’umiliazione inflitta all’eser-cito di sua maestà. A Londra WinstonChurchill, leader dell’opposizione, sugge-risce di rinunciare al mandato di ammini-strazione fiduciaria della Palestina.

5 0 A N N I F A

IL CONTROVERSO PRELIEVO PREVIDENZIALE SUL LAVORO AUTONOMO RENDE POCO E FAVORISCE IL SOMMERSO

LE GRANDIBUFALE DEL 1996

QUINTO DI UNASERIE DI ARTICOLI

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ANNO II NUMERO 3 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO SABATO 4 GENNAIO 1997

I soldi degli altri

Bene i mercati finanziari nel ’96, nel ’97 novità per le banche russee ripresa per la Borsa di Londra

CONSUNTIVI PER IL 1996, un anno tuttod’oro per le Borse, soprattutto negli Usa

Il ’96 sarà ricordato come anno di grandesuccesso per chi ha sfidato la Borsa, soprat-tutto negli Usa e nei mercati dei paesiemergenti, ma anche in Europa. Nonostan-te i presagi iniziali tutt’altro che augurali (imodelli previsionali annunciavano una fa-se di stallo), i principali indici di Borsa ame-ricani sono cresciuti del 25%, trainati dalleprospettive di espansione dell’economiareale Usa e dall’apprezzamento del dollaro(10% sullo yen e 8% sul marco). Scintille e fa-ville anche alla Borsa di Mosca: nonostantele elezioni presidenziali, la malattia di Elt-sin e la guerra in Cecenia, l’indice dei valo-ri è cresciuto addirittura del 130%. Corsa al-l’impazzata dei titoli mobiliari pure in Ve-nezuela, Brasile e Taiwan, mercati che 12mesi fa erano considerati a rischio per lacontrazione del ’95. Passiamo ai mercati eu-ropei: in Spagna e Svezia, gli indici sonocresciuti del 30% circa; in Germania, Fran-cia e Danimarca del 25%; in Gran Bretagnae Italia del 10%. Il Bloomberg InternationalService registra, nell’anno appena trascor-so, 1.150 offerte pubbliche di collocamentodi pacchetti azionari, per un totale di 137miliardi di dollari; 840 (pari a 49 miliardi)hanno avuto luogo negli Usa.

PREVISIONI PER IL 1997, è il momento discommettere sui mercati finanziari europei

Il ’97 sarà l’anno dell’“avanzata super”delle Borse europee, soprattutto di quellache J.P. Morgan Securities Ltd. giudica “lagrande incompresa” del ’96: il London StockExchange, il cui indice, negli ultimi 12 mesisarebbe cresciuto molto meno rispetto allesue potenzialità. L’analisi di J.P. Morgan Se-curities Ltd. sottolinea le determinanti chedovrebbero pilotare un’espansione degli in-dicatori di Borsa sui mercati europei del ca-pitale a rischio: bassa inflazione e tassi d’in-teresse a breve molto contenuti. In tale con-testo gli operatori sarebbero incentivati ainvestire, anche prendendo capitali in pre-stito, dirigendo il loro risparmio verso “azio-ni cicliche” (più reattive agli andamenti del-la congiuntura), quali quelle delle compa-gnie di assicurazione, della chimica e delletelecomunicazioni. J.P. Morgan SecuritiesLtd. stima gli aumenti degli indici di Borsatra il 10% e il 20%, a seconda dei mercati. Aqueste rosee previsioni si contrappongonoquelle di Henderson Investment Manage-ment: i primi 3 mesi dell’anno sarebbero arischio, in quanto si starebbe profilandouna vera e propria tempesta monetaria cheverrebbe innescata dal fatto che le diffi-coltà di far decollare l’Ume nei tempi e mo-di voluti verrebbero al pettine nelle prossi-me settimane. Anche per Henderson Inve-stment Management, però, passata la bufe-ra, in primavera i mercati vivrebbero un’a-scesa continua e sostenuta.

NEL 1996 GRANDI FUSIONI in tutto il mon-do, nel 1997 aumenteranno ancora

Nel ’96, le fusioni tra aziende hanno se-gnato un incremento del 20% circa rispettoal ’95. Per il ’97 le stime suggeriscono un’ul-teriore espansione tra il 15% e il 25%. In ra-pida crescita soprattutto quelle a carattereinternazionale. La maggiore finora è stataperfezionata, proprio alla fine del ’96, traBritish Telecom e Mci CommunicationCorp, seconda maggior impresa di teleco-municazioni degli Usa. Molto significativo,inoltre, il processo di consolidamento setto-riale in alcuni mercati nazionali tramite ac-quisizioni incrociate: in Svizzera nel farma-ceutico (Ciba-Geigy e Sandoz), in Francianell’assicurativo (Axa e Union Assurancede Paris), negli Usa nelle telecomunicazio-ni (Sbc Communications e Pacific Telesis;Bell Atlantic e Nymex), l’elettricità (DukePower e PanEnergy) e i trasporti ferroviari(Conrail, Csx e Norfolk Southern Co.). Incontrotendenza, AT&T e Nippon Telegraph& Telephone: la prima si è scissa in 3 nel ’96,la seconda ha annunciato che lo farà nel ’97.

1997 ANNO DELLA SVOLTA per le bancherusse, regole più facili per rimpatriare utili

La Banca centrale russa ha annunciatoper febbraio regole nuove, più semplici etrasparenti, per rimpatriare gli utili delleoperazioni effettuate da non residenti su ti-toli di Stato e altri certificati pubblici. I re-golamenti oggi in vigore contemplano contispeciali per non residenti presso banchecommerciali, previa autorizzazione delleautorità monetarie, e rendimenti ammini-strati al tasso del 13% (12,5% dal 6 gennaio);il rimpatrio può avvenire solo con contrattidi opzione a termine tramite proceduremolto complesse che consentono alla Ban-ca centrale di intervenire su tali contratti,soprattutto sui tassi. I principi ispiratoridella riforma non sono ancora stati definitima il ’97 segnerà comunque una svolta.

IL FOGLIO quotidianoDIRETTORE EDITORIALE: GIULIANO FERRARA

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Signor direttore - Mi permette di precisare unparticolare, a proposito dell’articolo (peraltro ec-cellente) sul “popolo dei fax” ospitato dal Fogliodel 2 gennaio? Parlando del “decreto Biondi” sul-la carcerazione preventiva, si dice che il presi-dente Scalfaro “ripeté l’exploit dell’anno prece-dente”, quando negò la firma al “decreto Conso”che depenalizzava il reato di finanziamento ille-gale ai partiti.

Per la verità, Scalfaro non negò affatto la suafirma né dal Quirinale venne espressa alcunadissociazione o riserva, né nella fase preparatoriadel decreto né successivamente; infatti il decretoentrò in vigore, regolarmente sottoscritto dal ca-po dello Stato, dal presidente del Consiglio, dalministro Maroni e da me e decadde solo quando,in sede di esame parlamentare, la maggioranza

rinunciò a sostenerlo.Nel frattempo (lo aggiungo per inciso) oltre

2.700 detenuti in attesa di giudizio lasciarono ilcarcere nel quale erano costretti senza valido mo-tivo, tanto è vero che, all’atto del ritiro del decre-to, solo una cinquantina vennero nuovamentearrestati. E questo è un merito che - con buonapace del “popolo dei fax” - non rinuncerò a ri-vendicare.

Alfredo Biondi, Roma

Si ricorda inoltre, caro Biondi, un certonumero di deputati che si ribellò alla deci-sione di abbandonare il decreto e votò a suofavore, con i complimenti scritti del mini-stro per i rapporti con il Parlamento e por-tavoce del governo Berlusconi?

Signor direttore - Ho letto sul Foglio del 3gennaio l’articolo sulla “Variante di valico” nelquale vengono citate alcune mie recenti di-chiarazioni, compresa quella - che non sarà ca-rina ma è la verità - di aver affermato che c’èun ministro che dice le bugie. Sono stato testi-mone e protagonista del chiarimento governa-tivo su questa opera stradale e quindi posso ri-petere brevemente i fatti a riprova di qualsiasismentita. Durante i primi incontri di settembreper il “Patto del lavoro” il ministro Di Pietro ciaveva presentato il piano di opere pubbliche dainiziare a fine ’96. Prima dell’esposizione delpiano, ho pregato il ministro di chiarire se il go-verno aveva approvato tutta la “Variante” op-pure soltanto la prima parte.Di Pietro ha poiillustrato tutte le opere programmate senza ri-

spondere alla mia domanda. Ho richiesto la pa-rola riproponendo al ministro Di Pietro la do-manda: il Consiglio dei ministri ha approvatoo no la Variante di valico? Di Pietro non ha ri-sposto e ha passato la parola al ministro Bur-lando pregandolo di fornirmi il chiarimento. Ilministro Burlando ha esposto tutti gli inter-venti di sua competenza concludendo l’inter-vento senza rispondere alla mia domanda. Perla terza volta ho chiesto la parola precisandoche non chiedevo di conoscere segreti di Stato,ma di essere informato di un atto di governo,portato a conoscenza della stampa anche se informe non molto chiare. Il ministro Burlando aquel punto, a voce alta e chiara (in queste riu-nioni numerose si usano i microfoni) ha preci-sato: “Il Consiglio dei ministri ha approvato

l’intera Variante di valico iniziando con il pri-mo lotto di 18 chilometri”. Erano presenti ehanno ascoltato la dichiarazione altri due mi-nistri, tre sottosegretari, tutti i presidenti delleassociazioni imprenditoriali, i rappresentantisindacali. E allora delle due l’una: o hannomentito i ministri Di Pietro e Burlando, con ilsilenzio complice degli altri membri del gover-no, o mente oggi il ministro Edo Ronchi. Ag-giungo che considero grave il silenzio che cir-conda questi fatti: le menzogne di un ministrosono forse immeritevoli di attenzione?

Pietro Larizza, segretario Uil, Roma

Le bugie di ministro, caro Larizza, hannopurtroppo le gambe lunghe. Le tredomande inevase si ricorderanno.

Quando Biondi liberò per decreto 2650 persone che non dovevano stare in galera