003 GIO 01-02-96

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La Giornata * * * * * * In Italia Nel mondo Roma. Quando, all’indomani della soffe r- ta elezione alla presidenza del Senato, Car- lo Scognamiglio prese posto alla scrivania che era stata di Giovanni Spadolini, trovò un piccolo dono, trascurabile sul momento, ma ricco di presagi. Era l’ultimo libro del suo predecessore: “In diretta con il Passa- to”, a cui come se non bastasse Spadolini aggiunse una dedica autografa: “A Carlo Scognamiglio, con i più fervidi auguri per una presidenza in spirito di continuità”. Era un augurio con il sapore di una condanna. Da allora il più giovane presidente del Se- nato della storia ha fatto ogni giorno i conti con il fardello della continuità. Eppure Car- lo Scognamiglio aveva conquistato il vert i c e del Senato per piantarvi bene in vista la bandiera della nuova Italia del 27 marz o . Gli italiani si appassionarono al testa a testa tra il giovane professore liberale e l’anziano notabile repubblicano, quasi co- me a un duello tra Coppi e Bartali, con fo- tofinish e finte proclamazioni. La vittoria, strappata per una scheda con il suo nome dimezzato e storpiato, valse a Scogna Miglio giornate di gloria in- dimenticabili. Le cro- nache lo scoprirono bello, elegante, intel- ligente, sportivo, “già p ronto per la galleria dei busti”, come disse Francesco Cossiga, che pure aveva votato S p a d o l i n i . Il Carlino noto da Portofino a Cortina D’Ampezzo divenne subito Carlo Luigi Scognamiglio Pasini. Quattro iniziali da ri- camare sulle camicie, grazie anche al pic- colo vezzo di prendersi il cognome della mamma. Solo pochi maligni port a rono a suo disdoro i matrimoni fortunati e la non sfa- villante carriera politica, al cui culmine era a rrivato a fare il vicesegretario del Pli in di- sarmo di Raffaele Costa. Punture di spillo, che la calda luce dei riflettori faceva rapi- damente dimenticare . Poi, inevitabilmente, le luci si sono spen- te e le mura del Senato si sono chiuse su di lui quasi ermeticamente. Per questo oggi Scognamiglio spera tanto di fuggire a palaz- zo Chigi, e per farcela ha pensato che la strategia migliore fosse quella di ritirarsi nel suo angolo dorato e aspettare... “réculer pour mieux sauter”. L’altalena nei rapporti con Silvio Berlusconi “La sua preoccupazione di essere super partes è stata così forte - dice un suo buon amico, il senatore di Forza Italia Domenico Contestabile - che Carlo ha scelto di avere come unico interlocutore politico Oscar Luigi Scalfaro”. “Noi speravamo - dice an- cora Contestabile - che da presidente del Senato si ponesse come contraltare del Ca- po dello Stato, invece ne è divenuto succu- be, senza neppure averne vantaggio. Tanto è vero che oggi Scalfaro esita a conferirgli l i n c a r i c o . E’ stato nei giorni bui del dopo-ribaltone che quel legame si è rinforzato al punto da m e t t e re Scognamiglio in rotta di collisione con Silvio Berlusconi e la sua richiesta di votare subito. Il Cavaliere non esitò a met- terlo nella lista dei “miracolati”; oggi si di- ce sia in corso una tiepida riconciliazione, tanto è vero che il suo nome è stato fatto dal leader di Forza Italia a Scalfaro . Il garante dell’asse Quirinale-Senato è certamente Damiano Nocilla, il segretario generale di Palazzo Madama. Basti dire che occupa il posto che fu di Gaetano Gifuni, di cui all’epoca era il promettente delfino. No- cilla è il grande orc h e s t r a t o re del buon an- damento dei lavori dell’assemblea, il tutore del Presidente in ogni possibile conflitto, è colui che sapientemente lo tiene lontano dai marosi della politica. E Scognamiglio aspetta. A suo discarico occorre dire che il presidente del Senato, lui proprio non lo voleva fare. A Berlusconi che insisteva, rispose: “Ho sempre studiato per fare il ministro”, e pensava all’Industria o al Te s o ro. Furono Cesare Previti e Dome- nico Mennitti ad insistere. Oggi quest’ultimo non nasconde la sua delusione: “Facemmo bene a tener duro perchè non si poteva la- sciare la scelta del presidente al Club dei Senatori a Vita, gli italiani del 27 marzo non avrebbero capito. Ora però riconosco che Scognamiglio, assieme alla Pivetti ed a Scal- f a ro è il responsabile della disastrosa situa- zione con cui siamo arrivati al semestre eu- ro p e o . Se per Scognamiglio si aprissero le port e di Palazzo Chigi per lui ci sarebbe una se- conda occasione. L’amministrazione lo atti- ra più della politica e la sua carriera uni- versitaria lo ha spesso portato come consu- lente nei ministeri e nelle aziende pubbli- che. I suoi sponsor giurano che avrebbe tut- ti i numeri per riuscire. Anche un pro f e t i c o libro, scritto a quattro mani con Gianni De Michelis: “Come governare l’Italia del 2 0 0 0 . Venezia. La parola d'ordine é “Com’era e dov’era!”. E' il messaggio che arriva da Ve- nezia in lutto, forte e deciso.Chi non é d’ac- c o rdo si allinei. E' un messaggio comprensibile. La Feni- ce fa parte dall'identità veneziana. Non im- p o rta magari non esservi mai entrati: i gran- di teatri lirici sono luoghi esclusivi. I vene- ziani amano riconoscersi nella storia della Serenissima e quel teatro è stato l'ultimo grande gesto dell'agonizzante Repubblica marinara. E' istintivo quando muore un pa- rente, o un vero amico, rifiutare l'evento, sperare in una rapida resurrezione. E' quanto promette Massimo Cacciari, sindaco della città. Quasi sicuramente la parola d'ordine passerà: la diversità di Venezia comporta li- miti alle decisioni che riguardano il rap- p o rto tra il vecchio e il nuovo. Questi limiti vengono fatti valere anche quando il vec- chio non c'è più, distrutto dal fuoco. Farli valere ha anche una sua utilità oggettiva perché permette di evitare le lunghe e pa- ralizzanti discussioni sui progetti e lo scate- namento di lotte tribali sul loro impatto so- ciale, economico, ambientale, oltrechè sul- la qualità dell'architettura. Ma Venezia, se- guendo questa parola d'ordine, può perd e- re un'occasione importante per riflettere su se stessa, per porre la realtà di oggi in con- tinuità con la propria storia, per non isola- re il passato dalla vita che continua. Gli architetti fanno professione di umiltà C e rto per Venezia, dove non esiste metro quadrato senza una presenza storica di un qualche valore, ogni decisione è più diff i c i- le. Ma il dubbio è che, nell'emozione del momento, prevalga quella che Ernesto Ro- gers definiva “la demagogia che incita all'i- nazione”. E, se non sbagliamo, Rogers è ri- vendicato come maestro da molte tra le star dell'architettura che hanno ribadito la po- sizione del “com'era e dov'era”. Queste star per l'occasione fanno professione di umiltà. Di fronte alla Fenice distrutta e dopo aver e s p o rtato i loro progetti in mezzo mondo, di- chiarano di “non potersi fidare di saper fa- re oggi una cosa di quella qualità”! In re a l t à gli architetti fanno sfoggio di re a l i s m o . Accettano la diffidenza nei loro confro n- ti di Franco Zeff i relli e Vittorio Sgarbi, tra i pochi che nel ribadire minacciosi “com'era e dov'era”, si muovono in ragione dei pro p r i interessi, considerato il loro ruolo di pro- duttori culturali. Per Zeff i relli e Sgarbi, co- me per Cacciari e gli architetti, il progetto per la ricostruzione già c'è: è solo questione di scrupolo filologico. Si dovrà valutare se tornare a quello originario del 1792, come vorrebbe Paolo Portoghesi, o a quello suc- cessivo dopo l’incendio del 1836, tenendo conto dei rifacimenti del l937. Un dubbio sembra esserci solo sulla capacità degli ar- tigiani di oggi di ripro d u rre i legni, gli stuc- chi e i decori andati distrutti. Ma anche que- sto viene subito superato. La Fenice viene rappresentata come il luogo della memoria, sino all'indulgere in r i c o rdi personali, quasi fossero anch'essi da p re s e rv a re e da tramandare assieme all'e- dificio da ricostru i re. Questo anche per chi, come Alberto Ongaro, rifiuta la ricostru z i o- ne, ma in realtà vede nella ricostruzione mancata il miglior omaggio alla memoria, un modo perché la Fenice sia definitiva- mente consacrata al suo culto, sottraendola ad ogni attività. Alla ricerca di risorse alterna t i v e L ' i m p ressione è che tutti manifestino at- teggiamenti melanconici. Alla fine preval- gono logiche conservative, senza curarsi di quanto possano essere pericolose per “il destino di una città che ha i segni di un grande passato e vive un triste presente”, come aff e rma Giuseppe Sinopoli. O c c o rre andare oltreoceano, a New Yor k , per sentire una voce diversa e non dispera- ta: quella di Woody Allen. Avrebbe dovuto esibirsi con la sua band jazzistica tra pochi g i o rni proprio alla Fenice. Alla notizia del- l'incendio si è subito preoccupato di tro v a- re un altro luogo dove tenere il proprio con- c e rto a Venezia. E' un segno forte di rispet- to verso la città, vista come un organismo che può, anzi che deve vivere anche senza la Fenice. Uguale rispetto verso Venezia dimostra- no istituzioni nazionali e internazionali nel- l o ff r i re contributi e assistenza orga n i z z a t i- va. Attorno alla tragedia della Fenice si è creato un clima che può trasformarla in un’occasione di riscatto culturale e civile, come chiedeva ieri nel suo fondo di ieri sul Secolo XIX Vittorio Emiliani. Ci si spinge si- no a proporre sottoscrizioni e lotterie per integrare il contributo pubblico. Anche il Governo si propone di snellire le procedu- re burcratiche per la ricostru z i o n e . Ma per far cre s c e re questo clima, perc h é si estenda all’intera città, non bisogna chiu- d e re frettolosamente il dibattito su ciò che dovrà essere il nuovo Te a t ro della Fenice e anche su dove dovrà risorgere. Non è solo questione di rimettere a posto il salotto buo- no di casa. ANTONIO MACCANICO IN CORSA PER PALAZZO CHIGI dopo una intesa ancora fragile raggiunta a Roma sul se- mipresidenzialismo francese. Berlu- sconi, D’Alema e Fini hanno concorda- to una ipotesi di riforma istituzionale che è già oggetto di interpretazioni con- trastanti. Scalfaro, che ha concluso le consultazioni, si prepara a dare un in- carico: nella rosa fino all’ultimo Carlo Scognamiglio, Lamberto Dini, Carlo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato. Chi riceverà l’incarico avrà il compito di p e rf e z i o n a re e re a l i z z a re l’accord o . * * * La privatizzazione della Stet - che ieri in Borsa ha guadagnato il 5.24% - non in blocco ma a pezzi, come propone l’Iri, ha provocato roventi polemiche negli ambienti politici e sindacali. * * * Liberato ieri sera a ventiquattro ore di distanza Mario Camozzi, il giovane i m p re n d i t o re, rapito a Brescia. E’ stato lui stesso ad avvertire i familiari. Se- condo gli inquirenti, i rapitori non ap- parterrebbero alla ‘ndrangheta, come si era invece pensato inizialmente. * * * Malpica ribadisce le accuse agli ex ti- tolari degli Interni davanti al Tr i b u n a l e dei ministri. L’ex capo del Sisde ieri ha c o n f e rmato l’esposto presentato dal suo successore Alessandro Voci, che de- nunciò la consuetudine dei servizi di v e r s a re 100 milioni mensili al Vi m i n a l e . * * * Le telefonate di Di Pietro con i parla- mentari saranno inserite negli atti del processo. Lo ha deciso il gip Anna Di M a rtino rigettando un’istanza degli av- vocati dell’ex pm. * * * Mille e 344 miliardi al sud a t t r a v e r so un piano, concordato nel ‘91 fra Eni e l’allora ministero del Mezzogiorno, e approvato ieri dal Cipe, per il rilancio d e l l i n d u s t r i a. * * * Malpensa 2000 bocciato dalla Ue. Più lontano l’ampliamento dell’aero p o rt o . * * * Titoli di Stato, rendimento in calo n e- gli ultimi undici mesi. Dal marzo ‘95 ad oggi il rendimento netto è sceso da un minimo di due punti percentuali a un massimo di 3,5, come nel caso dei Btp quinquennali, collocati ieri a un inte- resse di circa l’8%. Il ministro del Te s o ro, Dini, ha auto - rizzato ieri la sesta tranche di Cct desti - nata all’estinzione dei crediti d’imposta. * * * Borsa di Milano. L’indice Mibtel di ie- ri è 9923 (+0,83%). Il dollaro è stato scambiato a 1.599,81 lire (+1,54) e il m a rco a 1.072,98 (-2,21). STRAGE NELLO SRI LANKA per un’autobomba che un commando suici- da, probabilmente di “Tigri Tamil”, ha fatto esplodere nell’atrio della Banca di Ceylon, un edificio di 36 piani nel cuore commerciale della capitale Co- lombo. Le vittime finora accertate sono più di 60. E’ l’ultimo episodio della g u e rra etnica che da oltre un decennio divide la minoranza tamil dalla mag- gioranza cingalese dell’isola e che ha già causato decine di migliaia di mort i . * * * La disoccupazione in Francia a di- cembre è cresciuta di un punto per- centuale rispetto al mese di novembre ’95. Lo ha reso noto il ministero del La- v o ro, secondo cui nell’ultimo mese del- l’anno i posti di lavoro persi sare b b e ro stati 29 mila. Secondo le stime, la Fran- cia avrebbe così superato la soglia dei t re milioni di senza lavoro, con un tas- so annuo pari all’11,7 per cento. Sotto controllo invece l’inflazione, che nello scorso anno si è attestata al 2,1 per cento nonostante l’aumento dell’Iva dello scorso agosto. * * * La contesa fra Grecia e Tu rchia per il c o n t rollo dell’isola di Imia (Kardak per i turchi) nel mar Egeo, si avvia a una so- luzione pacifica, dopo le avvisaglie di guerra dei giorni scorsi, iniziate con l’invasione simbolica di tre giornalisti t u rchi e culminate con movimenti tatti- ci delle marinerie da guerr a . Sono state due lunghe telefonate di Bill Clinton a scongiurare una crisi bel - lica fra i due paesi della Nato. Atene parla di un raggiunto accordo per l’i - sola, smentito però da Ankara. * * * Lo stipendio dei deputati britannici do- v rebbe raddoppiare. La proposta è sta- ta avanzata da 230 membri della came- ra dei Comuni, che hanno chiesto un’aumento di circa 34 mila sterline. L’attuale retribuzione dei parlamenta- ri del Regno Unito è pari a circa la metà di quella dei loro omologhi italia- n i . * * * La federazione croa t o - m u s u l m a n a, uf- ficialmente nata nel 1994, ha eletto il suo primo governo federale, guidato dal musulmano Izudin Kapetanovic e composto da 16 membri. Martedì scor- so era stato invece nominato il govern o centrale della Bosnia Erzegovina, pre- sieduto da Hasan Muratovic. Si com- pleta così la ridistribuzione dei poteri nella ex repubblica jugoslava. A Belgrado esponenti di cinque par - titi di opposizione hanno annunciato la costituzione di un parlamento om - bra, denominato “assemblea democra - tica” in preparazione delle future ele - zioni e in polemica con il partito socia - lista serbo di Slobodan Milosevic. * * * Il nuovo ambasciatore italiano a Mo- sca sarà Emanuele Scammacca del Murgo e dell’Agnone, attuale Sottose- g retario di stato agli affari esteri. Scam- macca, che ha ricevuto il gradimento del governo russo, è stato in pre c e d e n- za ambasciatore a Bruxelles. Sessanta- treenne, ha iniziato la carriera diplo- matica nel 1957 e ha alternato incarichi a l l e s t e ro con altri presso la Farn e s i n a . * * * La coalizione di governo polacca ha indicato in Wlodzimierz Cimoszewicz, socialdemocratico vicepresidente del- la camera, il nuovo premier, dopo che la scorsa settimana si era dimesso Jo- zef Oleksy, rinviato a giudizio con l’ac- cusa di spionaggio. * * * E’ morto il creatore di Superman, Jerry Siegel. Negli anni Trenta, assie- me al disegnatore Joseph Shuster, ave- va creato il famoso personaggio del mondo dei fumetti. I due re a l i z z a ro no le avventure di Superman fino al 1947, quando furono licenziati dal loro edi- tore per aver chiesto un aumento di stipendio. Siegel aveva 81 anni. Torino. L’era Cantarella, alla Fiat, si apre in salita. Ieri, in forma solenne, Giovanni Agnelli ha firmato la sua ultima lettera agli azionisti prima del ritiro dalla presidenza del gruppo torinese. I numeri del consunti- vo ‘95 sono buoni anzi ottimi, ma negli sce- nari futuri si annidano non poche diff i c o l t à . Le dovranno aff ro n t a re Cesare Romiti, che sostituisce Agnelli alla presidenza, e, ap- punto, Cantarella, che dal timone della Fiat auto è passato a quello di amministratore delegato della holding. I dati comunicati ieri non hanno riserva- to sorprese: il fatturato è salito a 75.500 mi- l i a rdi, contro i 65.840 del ‘94 (+17%), mentre l’utile lordo è stato di 3.400 miliardi e quel- lo netto oltre i 2.000 miliardi, raddoppiando il risultato dell’anno precedente. Ci sare b b e da applaudire a scena aperta, eppure in Corso Marconi c’è preoccupazione, come se si temesse la fine dell’eccezionale ciclo par- tito nel 1994. “Dopo il lancio della Punto - te- stimonia Franco Aletti della Aletti Sim - l i m p ressione è stata che fossimo di fronte al v e rtice di una parabola destinata a calare”. E l’opinione di Aletti, in Borsa, è tutt’altro che isolata. I sospetti di Piazza Affari sono alimentati soprattutto dal mercato dell’au- to, debole da più di sei mesi. Nel 1995 le nuove immatricolazioni, in Italia, sono cre- sciute solo del 1,9% e il mese di gennaio sembra aver confermato la fiacca tendenza. Per la Fiat, che in patria ha una quota di m e rcato vicina al 50%, sono segnali pre o c c u - panti, anche perché il mercato italiano, che conta 480 vetture ogni mille abitanti, è vici- no alla saturazione. In Europa la musica non cambia: le ven- dite sono stazionarie intorno a quota 12 mi- lioni di vetture e per i prossimi mesi non è prevista ripresa. Grazie alla debolezza del- la lira, nel 1995 la Fiat è riuscita a sfondare proprio nel mercato europeo, dove ha in- crementato le vendite del 5%. La tendenza dovrebbe accelerare anche nel ‘96, tanto che gli analisti prevedono un’ulteriore cre- scita del 10-12% sulla scia del successo dei nuovi modelli (Bravo e Brava). Ma “I Paesi dove le Fiat ha una presenza consolidata - scrivono gli analisti della Caboto di Milano - saranno interessati dall’entrata in forza dell’industria automobilistica giapponese e d a l l i n g resso dei coreani che, basando la lo- ro forza sui prezzi, rappresenteranno un ele- mento fortemente destabilizzante”. La chiave per la svolta, nei programmi di C a n t a rella, dovrebbe essere la “world car”, la macchina prodotta in un unico modello ma destinata ai mercati di tutto il mondo. Si chiamerà Palio, verrà prodotta in Sudame- rica e l’azienda torinese ci ha già investito 3 mila miliardi. Ma il progetto non è privo di ostacoli. Primo perché si rivolgerà preva- lentemente ai Paesi emergenti, dove la con- correnza si annuncia spietata. In secondo luogo perché l’idea stessa di “world car” è t u t t a l t ro che vincente. Negli Usa ci sta pen- sando anche la Ford, attirandosi montagne di critiche. “E’ estremamente ambizioso - ha detto sul Wall Street Journal Edmund Cre w, analista della British consultancy auto bu- siness - tentare di fondere in un unico pro- getto i gusti europei e americani: si rischia l’insuccesso su entrambi i merc a t i . Il banco di prova per Cantarella e per il neo amministratore delegato della Fiat Au- to, Roberto Te s t o re, sarà proprio questo ‘96 appena iniziato. Un’ulteriore conferma ar- riva ancora dalla Borsa, che ha accolto i da- ti di ieri con freddezza (la Fiat è calata dell’1%), e che dal settembre scorso ha pe- nalizzato il titolo torinese con un calo del 15% nelle quotazioni in Piazza Affari. Non è detto che i frequentatori di Piazza Affari ab- biano sempre ragione, ma è comunque un test di cui a Torino dovranno tener conto. Washington. La Cia, il servizio di spio- naggio degli Stati Uniti, attraversa davvero una difficile fase di disorientamento, se per- fino i suoi tradizionali avversari della sini- stra liberal sono arrivati a suggerire al go- verno l’uso di mezzi più spregiudicati per re n d e re efficace la lotta contro i nemici del- l’America nella nuova epoca aperta dalla fi- ne della guerra fre d d a . Il Council on Foreign Relations, un istitu- to di analisi legato ai democratici, in un te- sto ancora inedito e reso noto dal Wa s h i n g- ton Post, raccomanda infatti che la Cia sia lasciata libera di reclutare per le proprie missioni “giornalisti e membri del clero”, nonché di servirsi, senza rem ore, di indivi- dui “di sgradevole reputazione” e di crimi- nali. E’ dal 1970, infatti, che vige il divieto di i m p i e g a re, per le attività spionistiche, rel i- giosi e giornalisti americani, così come sono in vigore proibizioni di altro genere, tra cui quella che vieta iniziative che pro vochino l’uccisione di un capo di governo straniero . La notizia, proprio per la insospettabile provenienza della “raccomandazione”, ha suscitato un certo scalpore negli ambienti di Washington. D’altra parte, è da almeno un paio di anni che la Cia si trova al centro di roventi polemiche, esplose all’indomani del clamoroso caso di Aldrich Ames, l’agente americano che rivelò i nomi delle spie che agivano a Mosca al servizio degli Stati Uniti. Gli effetti dello scandalo, tra l’altro, hanno finito per travolgere il dire t t o re della Cia Ja- mes Wo o l s e y, non responsabile all’epoca dei fatti, ma accusato di essere stato troppo “molle” nell’epurazione dei colpevoli, e so- stituito un anno fa, da John Deutsch. “La crisi è esplosa per il caso Ames - di- chiara al Foglio Michael Ledeen, specialista di politica internazionale presso l’American Enterprise Institute di Washington - ma poi si è scoperto che quasi tutti gli agenti ame- ricani a Cuba e gran parte di quelli nella Re- pubblica democratica tedesca facevano in realtà il doppio gioco. Oggi si ritiene perf i n o che le analisi eccessivamente positive sul- l’economia della Germania Est, che circ o l a- vano in America, fossero frutto di una intel- ligence che lavorava per il nemico”. Ma il malessere che travaglia la più im- portante agenzia spionistica del mondo ha radici più profonde, che affondano nella fi- ne della guerra fredda. “Dobbiamo capire chi è oggi il nemico - spiega Ledeen -. La Cia nacque con la missione di prevenire una nuova Pearl Harbour, giacché si riteneva che l’attacco giapponese, nel secondo con- flitto mondiale, avesse colto l’America di sorpresa. Durante la guerra fredda le cose sono state semplici, poiché il nemico era chiaramente individuato. Ma ora, dopo il crollo dell’Urss, chi sono i giapponesi del futuro? I terroristi? I fondamentalisti isla- mici? E che dire di Saddam Hussein, che non è né terrorista né fondamentalista?” Anche il carattere dell’attività spionisti- ca, rispetto al passato, si trova a dover esse- re riconsiderato. Nel caso dell’Urss, infatti, la minaccia era soprattutto militare e ci si poteva largamente affi d are a strumenti co- me i satelliti spaziali. Ora che la dimensio- ne dei nemici, reali e potenziali, è assai più piccola, si rende necessario l’impiego cre- scente della “risorsa umana”, cioè delle tra- dizionali spie, con tutto il necessario arm a- mentario di astuzia e di spregiudicatezza reclamato oggi dai liberal di Wa s h i n g t o n . Ma negli ultimi anni, il servizio spionisti- co ha già sensibilmente riconvertito una par- te delle proprie attività per adeguarle alla lotta contro i nuovi pericoli che incombono sulla sicurezza americana. Perché i “giap- ponesi del futuro”, come li chiama Ledeen, p o t re b b e ro essere proprio i nipponici e la loro temibile economia. Non a caso Bill Clinton ha fatto dello spionaggio economico una delle priorità della propria ammini- strazione, soprattutto per quanto riguarda la s i c u rezza tecnologica e finanziaria: una par- te crescente dei 28 miliardi di dollari desti- nati alle investigazioni segrete, infatti, va p roprio allo spionaggio e contro - s p i o n a g g i o economico. E’ di un paio di mesi fa la rive- lazione del New York Times che durante le trattative per l’apertura dei mercati giappo- nesi, il negoziatore americano Michael Kan- tor era affiancato da una équipe della Cia che lo teneva via via informato sull’evolu- zione della posizione negoziale di To k i o . Ma le polemiche sembrano non finire mai. Un forte imbarazzo è stato recente- mente provocato dalla pubblicazione di un documento confidenziale, redatto da un uf- ficio del Dipartimento della Difesa, nel qua- le si mette in guardia contro l’impiego di agenti segreti di origine ebraica, che po- t re b b e ro essere indotti, dalle loro simpatie etniche, a trasmettere segreti a Israele. Il documento è stato reso noto lunedì scorso da una importante organizzazione ebraica americana che ha vigorosamente pro t e s t a t o c o n t ro il suo contenuto. Si tratta di un tema part i c o l a rmente deli- cato, dibattuto negli ambienti della Difesa fin dal 1985, quando si scoprì che l’agente Jonathan Pollard, americano ed ebreo, ave- va consegnato a Israele una gran quantità di documenti segreti. Nel testo reso noto, Israele viene definito “un alleato politico e m i l i t a re”, ma “le relazioni di spionaggio tra i due paesi” sono giudicate “competitive”. Il Dipartimento della Difesa ha subito scon- fessato il documento, attribuendolo all’ini- ziativa “individuale di un funzionario di basso grado”. La Cia cerca spie Crisi di identità per gli 007 Usa. I segreti più contesi ora sono quelli economici IL FOGLIO ANNO I NUMERO 3 DIRETTORE GIULIANO FERRARA GIOVEDÌ 1 FEBBRAIO 1996 - L.1000 DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO quotidiano TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE / 50% - MILANO Economia e potere Il documento interno all’Iri reso noto ie- ri dai giornali ha scatenato il mondo politi- co. Le agenzie hanno battuto per tutta la g i o rnata prese di posizione di singoli espo- nenti, quasi tutti estremamente critici nei c o n f ronti dell’ipotesi di privatizzare la Stet “a pezzi”. Un’eventualità che i più hanno giudicato come l’ennesima prova che priva- tizzazione in Italia rischia di diventare si- nonimo di improvvisazione. In qualche commento la situazione debitoria dell’Iri è stata addirittura paragonata a quella della sventurata Efim, come se per la prima volta ci si fosse resi conto che i bilanci di via Ve- neto non autorizzano sonni tranquilli per i p rossimi mesi. Le numerose critiche rivol- te a Michele Tedeschi segnalano anche co- me quest’ultimo abbia sperperato il patri- monio di consensi che accompagnò la sua nomina a presidente della holding pubbli- ca. Il gruppo dirigente dell’Iri paga mesi di ritardi e indecisioni palesate nei confronti della crisi Alitalia, che avrebbe messo a nu- do un’incapacità di fare strategia. E’ stato anche osservato come nel dibattito sulle modalità e i tempi della vendita Stet con- tinui, però, a brillare per assenza qualsiasi riferimento agli interessi dei piccoli rispar- miatori. Eppure le difficoltà trovate dal Te- soro nel vendere le azioni Eni avrebbero potuto suggerire una maggiore attenzione. Ricostruire la Fenice Tutti dicono: “Com’era e dov’era”. Ma c’è un’idea: nuova e altrove Lamento mondiale per il teatro distrutto, l’ultimo grande gesto della agonizzante Repubblica di Venezia Woody Allen cerca casa Il bilancio Fiat è buono ma il futuro è difficile La Borsa è fredda sull’auto. La Palio e i rischi dei progetti “world car” Il saluto di Agnelli CARLO SCOGNAMIGLIO OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO PERCHE’IN ITALIA SI CERCA SEMPRE UN GRANDE ACCORDO DEMOCRAZIABLOCCATA, la sto- ria di centocinquant’anni di larg h e intese, dal connubio Cavour/Rataz- zi, agli accordi di oggi (pagina 3) FRANÇOISFURET, il grande sto- rico francese, spiega la “vittoria dei borghesi” e del denaro sulle vec- chie ideologie del ’900 (pagina 2) JEFFERSON, FISICHELLA o De Gaulle: le alternative e le idee che sostengono la lotta tra i diversi pre- sidenzialismi (editoriale, pagina 3) In bilico tra potere e no Il giorno dell’incertezza e le ambizioni deluse di Carlo Scognamiglio La crisi politica diventa un’altalena di alti e bassi per il presidente del Senato. Il Polo lo ha indicato Il legame con il Quirinale

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La Giornata* * * * * *

In Italia Nel mondo

Roma. Quando, all’indomani della soff e r-ta elezione alla presidenza del Senato, Car-lo Scognamiglio prese posto alla scrivaniache era stata di Giovanni Spadolini, tro v òun piccolo dono, trascurabile sul momento,ma ricco di presagi. Era l’ultimo libro delsuo pre d e c e s s o re: “In diretta con il Passa-to”, a cui come se non bastasse Spadoliniaggiunse una dedica autografa: “A CarloScognamiglio, con i più fervidi auguri peruna presidenza in spirito di continuità”. Eraun augurio con il sapore di una condanna.Da allora il più giovane presidente del Se-nato della storia ha fatto ogni giorno i conticon il fardello della continuità. Eppure Car-lo Scognamiglio aveva conquistato il vert i c edel Senato per piantarvi bene in vista labandiera della nuova Italia del 27 marz o .

Gli italiani si appassionarono al testa atesta tra il giovane pro f e s s o re liberale el’anziano notabile repubblicano, quasi co-me a un duello tra Coppi e Bartali, con fo-tofinish e finte proclamazioni. La vittoria,strappata per una scheda con il suo nomedimezzato e storpiato, valse a Scogna Migliog i o rnate di gloria in-dimenticabili. Le cro-nache lo scopriro n obello, elegante, intel-ligente, sportivo, “giàp ronto per la galleriadei busti”, come disseFrancesco Cossiga,che pure aveva votatoS p a d o l i n i .

Il Carlino noto daP o rtofino a Cort i n aD’Ampezzo divennesubito Carlo LuigiScognamiglio Pasini.Q u a t t ro iniziali da ri-c a m a re sulle camicie, grazie anche al pic-colo vezzo di prendersi il cognome dellamamma. Solo pochi maligni port a rono a suod i s d o ro i matrimoni fortunati e la non sfa-villante carriera politica, al cui culmine eraa rrivato a fare il vicesegretario del Pli in di-s a rmo di Raffaele Costa. Punture di spillo,che la calda luce dei riflettori faceva rapi-damente dimenticare .

Poi, inevitabilmente, le luci si sono spen-te e le mura del Senato si sono chiuse su dilui quasi ermeticamente. Per questo oggiScognamiglio spera tanto di fuggire a palaz-zo Chigi, e per farcela ha pensato che lastrategia migliore fosse quella di ritirarsinel suo angolo dorato e aspettare... “réculerpour mieux sauter”.

L’altalena nei rapporti con Silvio Berlusconi“La sua preoccupazione di essere super

p a rtes è stata così forte - dice un suo buonamico, il senatore di Forza Italia DomenicoContestabile - che Carlo ha scelto di averecome unico interlocutore politico OscarLuigi Scalfaro”. “Noi speravamo - dice an-cora Contestabile - che da presidente delSenato si ponesse come contraltare del Ca-po dello Stato, invece ne è divenuto succu-be, senza neppure averne vantaggio. Ta n t oè vero che oggi Scalfaro esita a conferirg l il ’ i n c a r i c o ” .

E’ stato nei giorni bui del dopo-ribaltoneche quel legame si è rinforzato al punto dam e t t e re Scognamiglio in rotta di collisionecon Silvio Berlusconi e la sua richiesta div o t a re subito. Il Cavaliere non esitò a met-terlo nella lista dei “miracolati”; oggi si di-ce sia in corso una tiepida riconciliazione,tanto è vero che il suo nome è stato fatto dalleader di Forza Italia a Scalfaro .

Il garante dell’asse Quirinale-Senato èc e rtamente Damiano Nocilla, il segre t a r i ogenerale di Palazzo Madama. Basti dire cheoccupa il posto che fu di Gaetano Gifuni, dicui all’epoca era il promettente delfino. No-cilla è il grande orc h e s t r a t o re del buon an-damento dei lavori dell’assemblea, il tutoredel Presidente in ogni possibile conflitto, ècolui che sapientemente lo tiene lontanodai marosi della politica.

E Scognamiglio aspetta. A suo discaricoo c c o rre dire che il presidente del Senato,lui proprio non lo voleva fare. A Berlusconiche insisteva, rispose: “Ho sempre studiatoper fare il ministro”, e pensava all’Industriao al Te s o ro. Furono Cesare Previti e Dome-nico Mennitti ad insistere. Oggi quest’ultimonon nasconde la sua delusione: “Facemmobene a tener duro perchè non si poteva la-s c i a re la scelta del presidente al Club deiSenatori a Vita, gli italiani del 27 marzo nona v re b b e ro capito. Ora però riconosco cheScognamiglio, assieme alla Pivetti ed a Scal-f a ro è il responsabile della disastrosa situa-zione con cui siamo arrivati al semestre eu-ro p e o ” .

Se per Scognamiglio si aprissero le port edi Palazzo Chigi per lui ci sarebbe una se-conda occasione. L’amministrazione lo atti-ra più della politica e la sua carriera uni-versitaria lo ha spesso portato come consu-lente nei ministeri e nelle aziende pubbli-che. I suoi sponsor giurano che avrebbe tut-ti i numeri per riuscire. Anche un pro f e t i c ol i b ro, scritto a quattro mani con Gianni DeMichelis: “Come govern a re l’Italia del2 0 0 0 ” .

Venezia. La parola d'ordine é “Com’era edov’era!”. E' il messaggio che arriva da Ve-nezia in lutto, forte e deciso.Chi non é d’ac-c o rdo si allinei.

E' un messaggio comprensibile. La Feni-ce fa parte dall'identità veneziana. Non im-p o rta magari non esservi mai entrati: i gran-di teatri lirici sono luoghi esclusivi. I vene-ziani amano riconoscersi nella storia dellaS e renissima e quel teatro è stato l'ultimogrande gesto dell'agonizzante Repubblicamarinara. E' istintivo quando muore un pa-rente, o un vero amico, rifiutare l'evento,s p e r a re in una rapida re s u rrezione. E'quanto promette Massimo Cacciari, sindacodella città.

Quasi sicuramente la parola d'ord i n epasserà: la diversità di Venezia comporta li-miti alle decisioni che riguardano il rap-p o rto tra il vecchio e il nuovo. Questi limitivengono fatti valere anche quando il vec-chio non c'è più, distrutto dal fuoco. Farliv a l e re ha anche una sua utilità oggettivap e rché permette di evitare le lunghe e pa-ralizzanti discussioni sui progetti e lo scate-namento di lotte tribali sul loro impatto so-ciale, economico, ambientale, oltrechè sul-la qualità dell'architettura. Ma Venezia, se-guendo questa parola d'ordine, può perd e-re un'occasione importante per riflettere suse stessa, per porre la realtà di oggi in con-tinuità con la propria storia, per non isola-re il passato dalla vita che continua.

Gli architetti fanno professione di umiltàC e rto per Venezia, dove non esiste metro

quadrato senza una presenza storica di unqualche valore, ogni decisione è più diff i c i-le. Ma il dubbio è che, nell'emozione delmomento, prevalga quella che Ernesto Ro-gers definiva “la demagogia che incita all'i-nazione”. E, se non sbagliamo, Rogers è ri-vendicato come maestro da molte tra le stard e l l ' a rchitettura che hanno ribadito la po-sizione del “com'era e dov'era”. Queste starper l'occasione fanno professione di umiltà.Di fronte alla Fenice distrutta e dopo avere s p o rtato i loro progetti in mezzo mondo, di-chiarano di “non potersi fidare di saper fa-re oggi una cosa di quella qualità”! In re a l t àgli architetti fanno sfoggio di re a l i s m o .

Accettano la diffidenza nei loro confro n-ti di Franco Zeff i relli e Vittorio Sgarbi, tra ipochi che nel ribadire minacciosi “com'erae dov'era”, si muovono in ragione dei pro p r ii n t e ressi, considerato il loro ruolo di pro-duttori culturali. Per Zeff i relli e Sgarbi, co-me per Cacciari e gli architetti, il pro g e t t oper la ricostruzione già c'è: è solo questionedi scrupolo filologico. Si dovrà valutare set o rn a re a quello originario del 1792, comev o rrebbe Paolo Portoghesi, o a quello suc-cessivo dopo l’incendio del 1836, tenendoconto dei rifacimenti del l937. Un dubbiosembra esserci solo sulla capacità degli ar-tigiani di oggi di ripro d u rre i legni, gli stuc-chi e i decori andati distrutti. Ma anche que-sto viene subito superato.

La Fenice viene rappresentata come illuogo della memoria, sino all'indulgere inr i c o rdi personali, quasi fossero anch'essi dap re s e rv a re e da tramandare assieme all'e-dificio da ricostru i re. Questo anche per chi,come Alberto Ongaro, rifiuta la ricostru z i o-ne, ma in realtà vede nella ricostru z i o n emancata il miglior omaggio alla memoria,un modo perché la Fenice sia definitiva-mente consacrata al suo culto, sottraendolaad ogni attività.

Alla ricerca di risorse altern a t i v eL ' i m p ressione è che tutti manifestino at-

teggiamenti melanconici. Alla fine pre v a l-gono logiche conservative, senza curarsi diquanto possano essere pericolose per “ildestino di una città che ha i segni di ungrande passato e vive un triste pre s e n t e ” ,come aff e rma Giuseppe Sinopoli.

O c c o rre andare oltreoceano, a New Yo r k ,per sentire una voce diversa e non dispera-ta: quella di Woody Allen. Av rebbe dovutoesibirsi con la sua band jazzistica tra pochig i o rni proprio alla Fenice. Alla notizia del-l'incendio si è subito preoccupato di tro v a-re un altro luogo dove tenere il proprio con-c e rto a Venezia. E' un segno forte di rispet-to verso la città, vista come un org a n i s m oche può, anzi che deve vivere anche senzala Fenice.

Uguale rispetto verso Venezia dimostra-no istituzioni nazionali e internazionali nel-l ’ o ff r i re contributi e assistenza org a n i z z a t i-va. Attorno alla tragedia della Fenice si èc reato un clima che può trasformarla inun’occasione di riscatto culturale e civile,come chiedeva ieri nel suo fondo di ieri sulSecolo XIX Vittorio Emiliani. Ci si spinge si-no a pro p o rre sottoscrizioni e lotterie peri n t e g r a re il contributo pubblico. Anche ilG o v e rno si propone di snellire le pro c e d u-re burcratiche per la ricostru z i o n e .

Ma per far cre s c e re questo clima, perc h ési estenda all’intera città, non bisogna chiu-d e re frettolosamente il dibattito su ciò chedovrà essere il nuovo Te a t ro della Fenice eanche su dove dovrà risorg e re. Non è soloquestione di rimettere a posto il salotto buo-no di casa.

ANTONIO MACCANICO IN CORSAPER PALAZZO CHIGI dopo una intesaancora fragile raggiunta a Roma sul se-m i p residenzialismo francese. Berlu-sconi, D’Alema e Fini hanno concord a-to una ipotesi di riforma istituzionaleche è già oggetto di interpretazioni con-trastanti. Scalfaro, che ha concluso leconsultazioni, si prepara a dare un in-carico: nella rosa fino all’ultimo CarloScognamiglio, Lamberto Dini, CarloAzeglio Ciampi e Giuliano Amato. Chiriceverà l’incarico avrà il compito dip e rf e z i o n a re e re a l i z z a re l’accord o .

* * *La privatizzazione della Stet - che ieri

in Borsa ha guadagnato il 5.24% - non inblocco ma a pezzi, come propone l’Iri,ha provocato roventi polemiche negliambienti politici e sindacali.

* * *Liberato ieri sera a ventiquattro ore

di distanza Mario Camozzi, il giovanei m p re n d i t o re, rapito a Brescia. E’ statolui stesso ad avvert i re i familiari. Se-condo gli inquirenti, i rapitori non ap-p a rt e rre b b e ro alla ‘ndrangheta, comesi era invece pensato inizialmente.

* * *Malpica ribadisce le accuse agli ex ti-

tolari degli Interni davanti al Tr i b u n a l edei ministri. L’ex capo del Sisde ieri hac o n f e rmato l’esposto presentato dal suos u c c e s s o re Alessandro Voci, che de-nunciò la consuetudine dei servizi div e r s a re 100 milioni mensili al Vi m i n a l e .

* * *Le telefonate di Di Pietro con i parla-

mentari saranno inserite negli atti delp rocesso. Lo ha deciso il gip Anna DiM a rtino rigettando un’istanza degli av-vocati dell’ex pm.

* * *Mille e 344 miliardi al sud a t t r a v e r s o

un piano, concordato nel ‘91 fra Eni el’allora ministero del Mezzogiorno, ea p p rovato ieri dal Cipe, per il rilanciod e l l ’ i n d u s t r i a .

* * *Malpensa 2000 bocciato dalla Ue. Più

lontano l’ampliamento dell’aero p o rt o .* * *

Titoli di Stato, rendimento in calo n e-gli ultimi undici mesi. Dal marzo ‘95 adoggi il rendimento netto è sceso da unminimo di due punti percentuali a unmassimo di 3,5, come nel caso dei Btpquinquennali, collocati ieri a un inte-resse di circa l’8%.

Il ministro del Te s o ro, Dini, ha auto -rizzato ieri la sesta tranche di Cct desti -nata all’estinzione dei crediti d’imposta.

* * *Borsa di Milano. L’indice Mibtel di ie-

ri è 9923 (+0,83%). Il dollaro è statoscambiato a 1.599,81 lire (+1,54) e ilm a rco a 1.072,98 (-2,21).

STRAGE NELLO SRI LANKA p e run’autobomba che un commando suici-da, probabilmente di “Tigri Tamil”, hafatto esplodere nell’atrio della Bancadi Ceylon, un edificio di 36 piani nelc u o re commerciale della capitale Co-lombo. Le vittime finora accertate sonopiù di 60. E’ l’ultimo episodio dellag u e rra etnica che da oltre un decenniodivide la minoranza tamil dalla mag-gioranza cingalese dell’isola e che hagià causato decine di migliaia di mort i .

* * *La disoccupazione in Francia a di-

c e m b re è cresciuta di un punto per-centuale rispetto al mese di novembre’95. Lo ha reso noto il ministero del La-v o ro, secondo cui nell’ultimo mese del-l’anno i posti di lavoro persi sare b b e rostati 29 mila. Secondo le stime, la Fran-cia avrebbe così superato la soglia deit re milioni di senza lavoro, con un tas-so annuo pari all’11,7 per cento.

Sotto controllo invece l’inflazione,che nello scorso anno si è attestata al2,1 per cento nonostante l’aumentodell’Iva dello scorso agosto.

* * *La contesa fra Grecia e Tu rchia per il

c o n t rollo dell’isola di Imia (Kardak peri turchi) nel mar Egeo, si avvia a una so-luzione pacifica, dopo le avvisaglie dig u e rra dei giorni scorsi, iniziate conl’invasione simbolica di tre giorn a l i s t it u rchi e culminate con movimenti tatti-ci delle marinerie da guerr a .

Sono state due lunghe telefonate diBill Clinton a scongiurare una crisi bel -lica fra i due paesi della Nato. Ateneparla di un raggiunto accordo per l’i -sola, smentito però da Ankara.

* * *Lo stipendio dei deputati britannici d o-v rebbe raddoppiare. La proposta è sta-ta avanzata da 230 membri della came-ra dei Comuni, che hanno chiestoun’aumento di circa 34 mila sterline.L’attuale retribuzione dei parlamenta-ri del Regno Unito è pari a circa lametà di quella dei loro omologhi italia-n i .

* * *La federazione cro a t o - m u s u l m a n a, uf-

ficialmente nata nel 1994, ha eletto ilsuo primo governo federale, guidatodal musulmano Izudin Kapetanovic ecomposto da 16 membri. Martedì scor-so era stato invece nominato il govern ocentrale della Bosnia Erzegovina, pre-sieduto da Hasan Muratovic. Si com-pleta così la ridistribuzione dei poterinella ex repubblica jugoslava.

A Belgrado esponenti di cinque par -titi di opposizione hanno annunciatola costituzione di un parlamento om -bra, denominato “assemblea democra -tica” in preparazione delle future ele -zioni e in polemica con il partito socia -lista serbo di Slobodan Milosevic.

* * *Il nuovo ambasciatore italiano a Mo-

s c a sarà Emanuele Scammacca delM u rgo e dell’Agnone, attuale Sottose-g retario di stato agli affari esteri. Scam-macca, che ha ricevuto il gradimentodel governo russo, è stato in pre c e d e n-za ambasciatore a Bruxelles. Sessanta-t reenne, ha iniziato la carriera diplo-matica nel 1957 e ha alternato incarichia l l ’ e s t e ro con altri presso la Farn e s i n a .

* * *La coalizione di governo polacca h a

indicato in Wlodzimierz Cimoszewicz,socialdemocratico vicepresidente del-la camera, il nuovo pre m i e r, dopo chela scorsa settimana si era dimesso Jo-zef Oleksy, rinviato a giudizio con l’ac-cusa di spionaggio.

* * *E’ morto il cre a t o re di Superm a n,

J e rry Siegel. Negli anni Trenta, assie-me al disegnatore Joseph Shuster, ave-va creato il famoso personaggio delmondo dei fumetti. I due re a l i z z a ro n ole avventure di Superman fino al 1947,quando furono licenziati dal loro edi-t o re per aver chiesto un aumento distipendio. Siegel aveva 81 anni.

Torino. L’era Cantarella, alla Fiat, si aprein salita. Ieri, in forma solenne, GiovanniAgnelli ha firmato la sua ultima lettera agliazionisti prima del ritiro dalla pre s i d e n z adel gruppo torinese. I numeri del consunti-vo ‘95 sono buoni anzi ottimi, ma negli sce-nari futuri si annidano non poche diff i c o l t à .Le dovranno aff ro n t a re Cesare Romiti, chesostituisce Agnelli alla presidenza, e, ap-punto, Cantarella, che dal timone della Fiatauto è passato a quello di amministratoredelegato della holding.

I dati comunicati ieri non hanno riserv a-to sorprese: il fatturato è salito a 75.500 mi-l i a rdi, contro i 65.840 del ‘94 (+17%), mentrel’utile lordo è stato di 3.400 miliardi e quel-lo netto oltre i 2.000 miliardi, raddoppiandoil risultato dell’anno precedente. Ci sare b b eda applaudire a scena aperta, eppure inCorso Marconi c’è preoccupazione, come sesi temesse la fine dell’eccezionale ciclo par-tito nel 1994. “Dopo il lancio della Punto - te-stimonia Franco Aletti della Aletti Sim -l ’ i m p ressione è stata che fossimo di fronte alv e rtice di una parabola destinata a calare”.

E l’opinione di Aletti, in Borsa, è tutt’altroche isolata. I sospetti di Piazza Affari sonoalimentati soprattutto dal mercato dell’au-to, debole da più di sei mesi. Nel 1995 lenuove immatricolazioni, in Italia, sono cre-sciute solo del 1,9% e il mese di gennaiosembra aver confermato la fiacca tendenza.Per la Fiat, che in patria ha una quota dim e rcato vicina al 50%, sono segnali pre o c c u -panti, anche perché il mercato italiano, checonta 480 vetture ogni mille abitanti, è vici-no alla saturazione.

In Europa la musica non cambia: le ven-dite sono stazionarie intorno a quota 12 mi-lioni di vetture e per i prossimi mesi non èp revista ripresa. Grazie alla debolezza del-la lira, nel 1995 la Fiat è riuscita a sfondarep roprio nel mercato europeo, dove ha in-c rementato le vendite del 5%. La tendenzad o v rebbe accelerare anche nel ‘96, tantoche gli analisti prevedono un’ulteriore cre -scita del 10-12% sulla scia del successo deinuovi modelli (Bravo e Brava). Ma “I Paesidove le Fiat ha una presenza consolidata -scrivono gli analisti della Caboto di Milano- saranno interessati dall’entrata in forz adell’industria automobilistica giapponese ed a l l ’ i n g resso dei coreani che, basando la lo-ro forza sui prezzi, rappresenteranno un ele-mento fortemente destabilizzante”.

La chiave per la svolta, nei programmi diC a n t a rella, dovrebbe essere la “world car”,la macchina prodotta in un unico modelloma destinata ai mercati di tutto il mondo. Sichiamerà Palio, verrà prodotta in Sudame-rica e l’azienda torinese ci ha già investito 3mila miliardi. Ma il progetto non è privo diostacoli. Primo perché si rivolgerà pre v a-lentemente ai Paesi emergenti, dove la con-c o rrenza si annuncia spietata. In secondoluogo perché l’idea stessa di “world car” èt u t t ’ a l t ro che vincente. Negli Usa ci sta pen-sando anche la Ford, attirandosi montagnedi critiche. “E’ estremamente ambizioso - hadetto sul Wall Street Journal Edmund Cre w,analista della British consultancy auto bu-siness - tentare di fondere in un unico pro-getto i gusti europei e americani: si rischial’insuccesso su entrambi i merc a t i ” .

Il banco di prova per Cantarella e per ilneo amministratore delegato della Fiat Au-to, Roberto Te s t o re, sarà proprio questo ‘96appena iniziato. Un’ulteriore conferma ar-riva ancora dalla Borsa, che ha accolto i da-ti di ieri con freddezza (la Fiat è calatadell’1%), e che dal settembre scorso ha pe-nalizzato il titolo torinese con un calo del15% nelle quotazioni in Piazza Affari. Non èdetto che i frequentatori di Piazza Affari ab-biano sempre ragione, ma è comunque untest di cui a Torino dovranno tener conto.

Washington. La Cia, il servizio di spio-naggio degli Stati Uniti, attraversa davverouna difficile fase di disorientamento, se per-fino i suoi tradizionali avversari della sini-stra liberal sono arrivati a suggerire al go-v e rno l’uso di mezzi più spregiudicati perre n d e re efficace la lotta contro i nemici del-l’America nella nuova epoca aperta dalla fi-ne della guerra fre d d a .

Il Council on Foreign Relations, un istitu-to di analisi legato ai democratici, in un te-sto ancora inedito e reso noto dal Wa s h i n g-ton Post, raccomanda infatti che la Cia sialasciata libera di re c l u t a re per le pro p r i emissioni “giornalisti e membri del clero ” ,nonché di servirsi, senza re m o re, di indivi-dui “di sgradevole reputazione” e di crimi-nali. E’ dal 1970, infatti, che vige il divieto dii m p i e g a re, per le attività spionistiche, re l i-giosi e giornalisti americani, così come sonoin vigore proibizioni di altro genere, tra cuiquella che vieta iniziative che pro v o c h i n ol’uccisione di un capo di governo straniero .

La notizia, proprio per la insospettabilep rovenienza della “raccomandazione”, hasuscitato un certo scalpore negli ambienti diWashington. D’altra parte, è da almeno unpaio di anni che la Cia si trova al centro diroventi polemiche, esplose all’indomani delc l a m o roso caso di Aldrich Ames, l’agenteamericano che rivelò i nomi delle spie cheagivano a Mosca al servizio degli Stati Uniti.Gli effetti dello scandalo, tra l’altro, hannofinito per travolgere il dire t t o re della Cia Ja-mes Wo o l s e y, non responsabile all’epoca deifatti, ma accusato di essere stato tro p p o“molle” nell’epurazione dei colpevoli, e so-stituito un anno fa, da John Deutsch.

“La crisi è esplosa per il caso Ames - di-chiara al Foglio Michael Ledeen, specialistadi politica internazionale presso l’AmericanEnterprise Institute di Washington - ma poisi è scoperto che quasi tutti gli agenti ame-ricani a Cuba e gran parte di quelli nella Re-pubblica democratica tedesca facevano inrealtà il doppio gioco. Oggi si ritiene perf i n oche le analisi eccessivamente positive sul-l’economia della Germania Est, che circ o l a-vano in America, fossero frutto di una intel-ligence che lavorava per il nemico”.

Ma il malessere che travaglia la più im-p o rtante agenzia spionistica del mondo haradici più profonde, che affondano nella fi-ne della guerra fredda. “Dobbiamo capirechi è oggi il nemico - spiega Ledeen -. La Cianacque con la missione di pre v e n i re unanuova Pearl Harbour, giacché si ritenevache l’attacco giapponese, nel secondo con-flitto mondiale, avesse colto l’America dis o r p resa. Durante la guerra fredda le cosesono state semplici, poiché il nemico erachiaramente individuato. Ma ora, dopo ilc rollo dell’Urss, chi sono i giapponesi delf u t u ro? I terroristi? I fondamentalisti isla-mici? E che dire di Saddam Hussein, chenon è né terrorista né fondamentalista?”

Anche il carattere dell’attività spionisti-ca, rispetto al passato, si trova a dover esse-re riconsiderato. Nel caso dell’Urss, infatti,la minaccia era soprattutto militare e ci sipoteva largamente aff i d a re a strumenti co-me i satelliti spaziali. Ora che la dimensio-ne dei nemici, reali e potenziali, è assai piùpiccola, si rende necessario l’impiego cre-scente della “risorsa umana”, cioè delle tra-dizionali spie, con tutto il necessario arm a-mentario di astuzia e di spre g i u d i c a t e z z areclamato oggi dai liberal di Wa s h i n g t o n .

Ma negli ultimi anni, il servizio spionisti-co ha già sensibilmente riconvertito una par-te delle proprie attività per adeguarle allalotta contro i nuovi pericoli che incombonosulla sicurezza americana. Perché i “giap-ponesi del futuro”, come li chiama Ledeen,p o t re b b e ro essere proprio i nipponici e lal o ro temibile economia. Non a caso BillClinton ha fatto dello spionaggio economicouna delle priorità della propria ammini-strazione, soprattutto per quanto riguarda las i c u rezza tecnologica e finanziaria: una par-te crescente dei 28 miliardi di dollari desti-nati alle investigazioni segrete, infatti, vap roprio allo spionaggio e contro - s p i o n a g g i oeconomico. E’ di un paio di mesi fa la rive-lazione del New York Times che durante letrattative per l’apertura dei mercati giappo-nesi, il negoziatore americano Michael Kan-tor era affiancato da una équipe della Ciache lo teneva via via informato sull’evolu-zione della posizione negoziale di To k i o .

Ma le polemiche sembrano non finiremai. Un forte imbarazzo è stato re c e n t e-mente provocato dalla pubblicazione di undocumento confidenziale, redatto da un uf-ficio del Dipartimento della Difesa, nel qua-le si mette in guardia contro l’impiego diagenti segreti di origine ebraica, che po-t re b b e ro essere indotti, dalle loro simpatieetniche, a trasmettere segreti a Israele. Ildocumento è stato reso noto lunedì scorsoda una importante organizzazione ebraicaamericana che ha vigorosamente pro t e s t a t oc o n t ro il suo contenuto.

Si tratta di un tema part i c o l a rmente deli-cato, dibattuto negli ambienti della Difesafin dal 1985, quando si scoprì che l’agenteJonathan Pollard, americano ed ebreo, ave-va consegnato a Israele una gran quantità didocumenti segreti. Nel testo reso noto,Israele viene definito “un alleato politico em i l i t a re”, ma “le relazioni di spionaggio trai due paesi” sono giudicate “competitive”. IlD i p a rtimento della Difesa ha subito scon-fessato il documento, attribuendolo all’ini-ziativa “individuale di un funzionario dibasso grado”.

La Cia cerca spie

Crisi di identità per gli 007Usa. I segreti più contesiora sono quelli economici

I L FO G LIOANNO I NUMERO 3 DIRETTORE GIULIANO FERRARA GIOVEDÌ 1 FEBBRAIO 1996 - L.1 0 0 0

DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO q u o t i d i a n o TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE / 50% - MILANO

Economia e potereIl documento interno all’Iri reso noto ie-

ri dai giornali ha scatenato il mondo politi-co. Le agenzie hanno battuto per tutta lag i o rnata prese di posizione di singoli espo-nenti, quasi tutti estremamente critici neic o n f ronti dell’ipotesi di privatizzare la Stet“a pezzi”. Un’eventualità che i più hannogiudicato come l’ennesima prova che priva-tizzazione in Italia rischia di diventare si-nonimo di improvvisazione. In qualchecommento la situazione debitoria dell’Iri èstata addirittura paragonata a quella dellasventurata Efim, come se per la prima voltaci si fosse resi conto che i bilanci di via Ve-neto non autorizzano sonni tranquilli per ip rossimi mesi. Le numerose critiche rivol-te a Michele Tedeschi segnalano anche co-me quest’ultimo abbia sperperato il patri-monio di consensi che accompagnò la suanomina a presidente della holding pubbli-ca. Il gruppo dirigente dell’Iri paga mesi dir i t a rdi e indecisioni palesate nei confro n t idella crisi Alitalia, che avrebbe messo a nu-do un’incapacità di fare strategia. E’ statoanche osservato come nel dibattito sullemodalità e i tempi della vendita Stet con-tinui, però, a brillare per assenza qualsiasiriferimento agli interessi dei piccoli rispar-miatori. Eppure le difficoltà trovate dal Te-s o ro nel vendere le azioni Eni avre b b e ropotuto suggerire una maggiore attenzione.

Ricostruire la FeniceTutti dicono: “Com’era e dov’era”. Ma c’èun’idea: nuova e altroveLamento mondiale per il teatro

distrutto, l’ultimo grande gesto dellaagonizzante Repubblica di Ve n e z i a

Wo ody Allen cerca casa

Il bilancio Fiat è buonoma il futuro è difficile

La Borsa è fredda sull’auto. La Palioe i rischi dei progetti “world car”

Il saluto di Agnelli

CARLO SCOGNAMIGLIO

OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO

P E R C H E ’ IN ITA L I A SI CERCASEMPRE UN GRANDE A C C O R D O

D E M O C R A Z I AB L O C C ATA, la sto-ria di centocinquant’anni di larg h eintese, dal connubio Cavour/Rataz-zi, agli accordi di oggi (pagina 3)

F R A N Ç O I SF U R E T, il grande sto-rico francese, spiega la “vittoria deib o rghesi” e del denaro sulle vec-chie ideologie del ’900 (pagina 2)

JEFFERSON, FISICHELLA o DeGaulle: le alternative e le idee chesostengono la lotta tra i diversi pre-sidenzialismi (editoriale, pagina 3)

In bilico tra potere e noIl giorno dell’incertezzae le ambizioni delusedi Carlo ScognamiglioLa crisi politica diventa un’altalena di

alti e bassi per il presidente delSenato. Il Polo lo ha indicato

Il legame con il Quirinale

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rebbe che sul borghese, come tipo sociale,continui a pesare un certo discre d i t o . . .

“La borghesia soff re, fin dalle sue origi-ni, di un vizio che è stato diagnosticato daigrandi pensatori europei della fine delXVIII e dell’inizio del XIX secolo: del fatto,cioè, che non si tratta di una classe politica,quale invece era, ad esempio, l’aristocrazia,come ci dice l’etimologia stessa. Il borg h e s eè l’uomo dell’economia, che ha come pas-sione principale l’arricchimento personaleattraverso la proprietà privata. Le monar-chie regnano in nome di un’idea che è piùgrande del re, le aristocrazie governano infunzione di una tradizione che è più anticadelle persone in carne e ossa, perfino i so-cialisti e i comunisti militano in nome diideali destinati a sopravvivere loro. Il bor-ghese non è altro che se stesso: è ricco e ba-sta, e nella ricchezza non vi è alcuna no-biltà. La coscienza della società borg h e s e ,insomma, è infelice, giacché è inseparabileda una critica costante del borghese, intesocome personaggio illegittimo, e noi siamotuttora immersi in questa storia, e non vi èmodo di poterne uscire dal momento che ilvizio è originario. Ciò spiega, tra l’altro, lascarsa soddisfazione che ha accolto tra noi

ANNO I NUMERO 3 - PAG 2 I L FOGLIO QUOTIDIANO G I O V EDÌ 1 FEBBRAIO 1996

L’intervento dell’altro ieri di Lucio Collet-ti, induce a molte riflessioni. Ci sarebbe

molto da dire a proposito della tesi di Collet-ti di un’Italia che pare sul punto di perdereuna duplice occasione, quella dell’Europa equella di una trasformazione in senso libera-le lungo la scia seguita dagli altri paesi del-l ’ O c c i d e n t e .

Ritengo però più importante mettere me-glio a fuoco il contesto più complessivo incui Colletti colloca le sue osservazioni sul-l’Italia, e cioè quello di un mondo in cui lemodificazioni economiche, sociali e cultu-rali legate alla mondializzazione dell’eco-nomia e al nuovo ruolo dei mass media ge-nerano spinte verso forme di cesarismo oaddirittura di autoritarismo. L’ o s s e rv a z i o n eè acuta, anche se potrebbe essere più cor-rettamente formulata in altro modo: evi-denziando esplicitamenteil nesso tra le conseguenzedella mondializzazionedell’economia e delle co-municazioni in termini diaccentuazione delle con-flittualità (etniche, cultura-li, religiose, ecc.) e delle in-stabilità (finanziarie, mo-netarie, commerciali, mi-gratorie, ecc.) e le semprepiù vistose inadeguatezzedelle istituzioni e dellep ro c e d u re della democra-zia rappresentativa di matrice occidentalea farvi fro n t e .

In questa ottica le tentazioni autoritariesono l’espressione della ricerca di una viad’uscita, o meglio di una scorciatoia. Ha ra-gione Colletti quando dice che bisogna in-nanzitutto “guard a re in faccia quel che staaccadendo intorno a noi”, ma a mio pare reciò va fatto con molta attenzione e sulla ba-se di informazioni non superficiali, soprat-tutto per quella parte del mondo esterna al-la civiltà occidentale, la cui centralità mia p p a re ormai definitivamente accettata ecomunque non messa in discussione. Altri-menti si rischiano analisi superficiali ef u o rvianti, come quella relativa alla Cina ealla prospettiva che ivi si aprirebbe un nuo-vo tipo di fascismo.

La situazione in Cina, e le prospettive dievoluzione, è infatti assai più complessa,originale e ricca di spunti di quella che puòt r a s p a r i re da una sommaria definizione di“società di mercato fortemente autorita-ria”, o dalla trasposizione a quella societàe a quella civilizzazione delle tesi di Fure tsu fascismo e comunismo. Né me la sentire idi usare gli stessi criteri di interpre t a z i o n ee di giudizio per la Cina post-maoista e perla Russia post-stalinista e post-bre z n e v i a n a .

Quello che avviene in Cina va osserv a t ocon molta attenzione perché può diventarenel prossimo futuro un modello che po-

In Cina non sono fascistima solo confuciani autoritari

Il più ex amato dagli italiani

Parigi. Due grandi eventi dominano la fi-ne di questo secolo. Il primo è la cosiddet-ta mondializzazione dell’economia: mainella storia dell’umanità Stati Uniti, Euro-pa e Giappone sono stati così dipendentieconomicamente tra loro come oggi. L’ a l t roè la fine del comunismo, con la dissoluzio-ne dell’Unione Sovietica e del suo impero .Entrambi questi eventi toccano così inti-mamente i valori delle nostre società, dae s s e re destinati a influenzare pro f o n d a-mente il funzionamento dei sistemi demo-cratici. Delle prospettive che in tal modo sia p rono di fronte a noi, abbiamo voluto par-l a re con François Furet, storico di famamondiale, che ha dedicato la sua vita di stu-dioso a riflettere sulla natura e sull’avveni-re delle società democratiche.

“In effetti - ci dice Furet - l’umanità nonè mai stata così unificata e, tutto sommato,così omogenea, come alla fine del XX seco-lo. Questo risultato è dovuto innanzitutto al-l’influenza della tecnica e dell’economia dim e rcato, le due grandi forze che dal XVIIsecolo continuano a spingere il mondo inavanti e che rappresentano un form i d a b i l ef a t t o re di universalizzazione. Siamo tuttiimpetuosamente trascinati da questa spin-ta possente, alimentata dalla crescita con-tinua della produttività e dalla passionefondamentale dell’uomo moderno, che è lapassione per la ricchezza e il benessere. Efino a quando questa resterà la passioneprincipale dell’individuo moderno, non c’èalcuna ragione di pensare che lo straord i-nario pro g resso delle forze economiche checaratterizza il XX secolo possa arrestarsi oe s s e re deviato. Credo, anzi, che entriamo inuna fase in cui i cambiamenti saranno sem-p re più rapidi e meno contro l l a b i l i ” .

Al termine di un secolo antiliberaleDi fronte a una simile prospettiva, di

un mondo sempre più condizionato dal rit-mo dei processi economici e dai loro impe-rativi, non deve sentirsi molto a suo agio ilcittadino delle società democratiche, cheha l’impressione di venire trascinato da for-ze sulle quali non ha controllo, e sulle qua-li non hanno molti poteri di intervento glistessi governi nazionali da lui eletti...

“Questo sentimento di alienazione, cioèdi estraneità, rispetto alla dinamica dell’e-conomia, che già Marx aveva analizzato nelsecolo scorso, è senz’altro comprensibile, eho l’impressione che sia ampiamente con-diviso all’interno delle società modern e .Ma non possiamo trascurare il fatto che idue grandi tentativi che l’Europa ha speri-mentato nel XX secolo per mettere l’eco-nomia sotto il controllo della politica, il fa-scismo e il comunismo, si sono conclusi tra-gicamente. Entrambi quegli esperimentihanno rappresentato una reazione contro ildominio dell’economico e contro l’indivi-dualismo democratico, che è l’animap rofonda della modernità borghese. Il pri-mo è finito in una sorta di apocalisse, il se-condo si è autodissolto, nel discredito ge-nerale, per la sua incapacità di rivaleggia-re con il capitalismo. Il vero vincitore dellalotta contro il comunismo, infatti, è l’eco-nomia moderna: il comunismo non è stato

Il XX secolo finisce e non ci resta altro che la borghesiaNO NL A LI B E RT ÀM AI L DE N A R OH A SC O N F I T T OI L SOC I A L I S M O RE A L E. CO L L O Q U I OC O N FR A N Ç O I S FU R E T

I N T E RV I S T A

“ P robabilmente sì. Come ho detto, cre-do che la rivolta contro il dominio dell’eco-nomia, cioè contro il mondo borghese, siainseparabile dal mondo borghese modern o .Non vedo dunque perché mai un domaninon si possano inventare nuove utopie, nuo-vi sogni di una società senza borghesia. Puòs e m b r a re triste, ma un’intelligenza lucida edisincantata oggi deve compre n d e re en-trambe le cose: da un lato, che la passioneantiliberale può pro d u rre delle mostru o-sità, come di fatto è accaduto nel nostro se-colo, e dall’altro, che ci si può sentire nondel tutto a proprio agio nel mondo demo-cratico, così che ogni inquietudine è giusti-ficata circa l’avvenire delle società liberali.Il grande problema che oggi abbiamo dif ronte, del resto, è proprio quello di re i n-v e n t a re una civiltà politica capace di ricon-c i l i a rci con la straordinaria violenza deip ro g ressi dell’economia, ponendola in unc e rto senso sotto controllo, senza cadere inp e rniciose mitologie antiborg h e s i ” .

Ideologie antiborghesi e antidemocratichePer non cadervi, è necessario, quanto

meno, coltivare la memoria storica e avereun’idea non deformata dei grandi conflittiideologici che hanno sconvolto il Novecen-to. Di questa vicenda lei ha voluto pro p o rreu n ’ i n t e r p retazione rinnovata rispetto al-l’immagine che ci era stata consegnata dal-la fine della seconda guerra mondiale, checondannava all’esecrazione una sola delledue grandi tirannie del secolo...

“Questo è in effetti il tema del mio ulti-mo libro, in cui cerco di criticare una con-cezione unilateralmente antifascista dellastoria europea del XX secolo. Il significatostorico di questo secolo è risultato oscuratodall’antagonismo che ha opposto le duegrandi ideologie antiborghesi, il fascismo eil comunismo. Si è trattato di ideologie re a l-mente antagoniste, ma si ha tendenza a di-m e n t i c a re che entrambe condividevano ilmedesimo odio contro la democrazia bor-ghese, e si finisce per ricostru i re la storiadel secolo attraverso il modo in cui si è con-clusa la seconda guerra mondiale, cioè at-traverso la lotta tra fascismo e antifascismo.Una tale lettura deformata ha giovato ai co-munisti, poiché l’episodio antifascista rap-p resenta la parte nobile della loro storia.Ma si tratta appunto di una visione parz i a-le, e per ristabilire la verità sulla storia delNovecento europeo bisogna ricord a re il fat-to elementare che non vi si è svolto un con-flitto fra due protagonisti, il fascismo e l’an-tifascismo, bensì fra tre, il fascismo, il co-munismo e la democrazia. Ed è per questo,del resto, che questa storia termina solo nel1991, quando la democrazia ha finalmentela meglio sul comunismo”.

La fine del comunismo, oltre ai suoi ef-fetti geopolitici, sembra avere rimescolatoil gioco delle forze all’interno delle demo-crazie occidentali...

“A livello planetario, la fine del comu-nismo ha senz’altro introdotto un fattore did i s o rdine supplementare, dovuto alla scom-parsa del duopolio sovietico-americano. Piùin part i c o l a re, mi sembra che abbia inde-bolito, almeno in prospettiva, la capacitàdei paesi ricchi e democratici di interv e n i-re nei conflitti internazionali. Guardate, adesempio, gli Stati Uniti. Per quasi mezzo se-colo il popolo americano ha potuto esseremobilitato dai suoi dirigenti nella lotta con-t ro il comunismo, perché si trattava pre c i-samente di quel tipo di conflitto - democra-zia contro tirannia - che poteva essere com-p reso e accettato dall’opinione pubblica.Nei conflitti del mondo post-comunista, in-vece, quando le ragioni appaiono menosemplici e tutta l’ambiguità della storia tor-na a farsi sentire, come in Bosnia ad esem-pio, diventa assai più difficile motivare i sa-crifici del cittadino americano.

“Ma anche all’interno dei nostri paesi,è impressionante vedere a qual punto la fi-ne del comunismo ha delegittimato le figu-re della vita politica. La destra, un po’ ovun-que in Europa, è ormai costretta a parlare il

L’anima della modernità è il dominio dell’economia sulla politica.Comunismo e fascismo hanno cercato di rovesciarlo e si sono conclusit r a g i c a m e n t e . Nessuna illusione, il mondo continuerà a essere dominatodai rapporti di forza. E’ perciò urgente costruire una potenza europea

sconfitto dall’idea di libertà, e nemmenodall’idea di nazione, bensì dalla sua inetti-tudine a pro d u rre altro che beni militari”.

Al termine di un secolo così intensa-mente antiliberale, ci dovremmo dunquet ro v a re di fronte a un trionfo dei valori bor-ghesi. Eppure, a guardarsi intorno, si di-

la fine del comunismo: essa ci condanna av i v e re all’interno di un orizzonte che moltinon amano”.

P rofessor Furet, il suo recente libro sulcomunismo si chiama “Il passato di un’illu-sione”. A giudicare da quel che ora ci di-chiara, si direbbe che l’illusione ha ancheun avvenire . . .

● O G G I - Sulla Sardegna cielo nuvolosocon isolate piogge. La nuvolistà si por-terà nel corso della giornata sulle re-gioni tirreniche centro - s e t t e n t r i o n a l i .Sulle altre regioni cielo poco nuvolosocon residui addensamenti sullo Jonio.● D O M A N I - Generalmente poco nuvo-loso con tendenza all’aumento della nu-volosità al nord e con intensificazionedegli addensamenti sulla Sard e g n a .

S I G N O R D I R E T T O R E

Secondo un sondaggio della Diakron –realizzato su un campione di mille casi –Antonio Di Pietro continua a suscitare ne-gli italiani (senza alcuna distinzione di cre-do politico) sentimenti di fiducia e gratitu-dine per quanto hafatto come magistrato.Anche se si tratta diuna fiducia in lentae rosione. Una setti-mana fa il totale delle persone cui il Di Pie-t ro uomo ispirava fiducia era del 77,5%, og-gi questa percentuale è scesa al 73%, masoprattutto sono molti coloro che sono pas-sati dall’avere “molta fiducia” (dal 40,4% al10,6%) al campo di quelli che ne hanno “ab-

bastanza” (dal 37,1% al 62,4%).Ma come aspirante leader politico l’ex

pm di Mani Pulite non affascina nella stes-sa misura. Tant’è vero che la fiducia nel DiP i e t ro politico (55,2%) risulta di quasi 18

punti più bassa di quel-la del Di Pietro ex ma-gistrato e uomo pubbli-co. Non a caso il 60%degli italiani chiede

che l’ex magistrato faccia chiarezza sullasua posizione prima di scendere in campo.

“Io in questa mano non ci sarò” ha scrit-to Di Pietro sulla Repubblica di mart e d ìscorso. Forse anche lui dispone di sondag-gi simili.

S O N D A G G I O

La fiducia in Di Pietro come uomo La fiducia in Di Pietro come politico

DIAKRON

I L FO GLIO q u o t i d i a n o

DI R E T T O R E RE S P O N S A B I L E: GI U L I A N O FE R R A R ASO C I E T À ED I T R I C E: IL FO G L I O QU O T I D I A N O S .R.L

VI A VI C T O R HU G O, 1 - 20123 MI L A N O

TE L. 02/8639181 - FA X 0 2 / 8 7 8 5 9 6AM M I N I S T R AT O R E UN I C O: SE R G I O SC A L P E L L I

CO O R D I N A M E N T O: BR U N O CA L C H E R A

RE D A Z I O N E: BE P P E BE N V E N U T O, MI C H E L E BU R A C C H I O,UB A L D O CA S O T T O, MA U R I Z I O CR I P PA, MAT T I A FE LT R I,

LO D O V I C O FE S TA, GI A N C A R L O LO Q U E N Z I,MA R I L E N A MA R C H I O N N E

RE G I S T R A Z I O N E TR I B U N A L ED I MI L A N O

N. 611 D E L 7 / 1 2 / 1 9 9 5TI P O G R A F I E: ON LI N E SY S T E M

VI AD E L L A MA G L I A N A 400 - 00148 RO M A; TE L E S TA M PA NO R D

VI AD E L L A RE P U B B L I C A, 93 - 20033 MU G G I Ò ( MI)CO N C E S S I O N A R I AP E RL A PU B B L I C I T À: SP E - SO C I E T À

PU B B L I C I T À ED I T O R I A L E - V.L E MI L A N O FI O R I, ST R. 3,PA L. B/10 - 20094 AS S A G O ( MI L A N O) - TE L. 02/57577-1

DI S T R I B U Z I O N E ES C L U S I VA P E R L’ ITA L I A: A&G MA R C O SPA - VI A FO R T E Z Z A, 27 - 20126 MI L A N O

UN A CO P I A L .1 . 0 0 0AR R E T R AT I L .2 . 0 0 0 + CO S T ID I SP E D I Z I O N E PO S TA L E

t rebbe influenzare anche noi. E non neces-sariamente un modello negativo, a cui rife-rirsi solo per meglio identificare i pericolida cui rifuggire .

Gorbaciov e Deng Hsiao Ping rappre s e n-tano due approcci assai diversi alla transi-zione del comunismo. L’uno, infatti, nel ten-t a re di delineare, attraverso pere s t roika eglassnost, una strategia di passaggio all’e-conomia di mercato e di integrazione nel-l’economia mondiale, necessariamente do-veva ispirarsi anche al modello politicodelle democrazie occidentali e teorizzarel’adesione del mondo ex sovietico all’insie-me di valori e di principi comuni alla civi-lizzazione occidentale. L’ a l t ro, invece, nelt e n t a re di delineare un’analoga strategiaper la Cina (forse altrettanto necessaria-mente) si è ispirato soprattutto alla matrice

storica e culturale del pro-prio passato, che somma-riamente definisco la tra-dizione confuciana.Quindi parlare oggi di nuo-vo fascismo è fuorviante, eanche in un certo senso of-fensivo, semmai i cosiddet-ti neo conservatori di Pe-chino (i giovani tecnocratiche si propongono come lapiù credibile versione delpost denghismo) si ispiranoad una sorta di modern o

autoritarismo di stampo confuciano il cuimodello concreto è quello della democra-zia autoritaria a sfondo paternalistico diS i n g a p o re .

Ma democrazia e autoritarismo sono dueconcetti antitetici e una simile endiadi è in-trinsecamente instabile e rappresenta unp recario equilibrio che forse può funziona-re in una comunità limitata e tutto somma-to omogenea come quella appunto di Sin-g a p o re, ma mi pare difficilmente pro p o n i-bile per guidare la trasformazione del pae-se più grande del mondo.

D ’ a l t ronde la Corea del Sud e Taiwan so-no là per mostrare come, anche in paesi as-sai più piccoli e con meno contraddizionidella Cina, alla fine economia di mercato ea p e rtura alla mondializzazione non posso-no non port a re nella direzione di un’evolu-zione democratica. Ma non sta scritto chequesta debba pro c e d e re secondo le lineedel modello occidentale, anzi, con ogni pro-babilità, seguirà un processo diverso per fa-re i conti con quelle conflittualità e insta-bilità di cui abbiamo parlato.

G u a rdiamo sì in faccia quello che accadea t t o rno a noi, non per applicare agli altri inostri schemi, ma per trarre dall’esperien-za altrui quelle ispirazioni che possono aiu-t a rci a superare le nostre attuali delusioni.

Gianni De Michelisex ministro degli Esteri

La veridicità dei sondaggi è contro v e r s a .Se infedeli nuocciono gravemente

alla formazione di un’opinione corre t t a .

François Furet, 68 anni, è uno dei mag-giori storici contemporanei. Ha diretto l’E-cole des Hautes Etudes en Sciences Socia-les di Parigi. Oggi insegna all’Università diChicago ed è presidente della FondazioneSaint-Simon. I suoi studi sulla rivoluzionefrancese, “Critica della rivoluzione france-se” (Laterza 1980), “Dizionario critico dellarivoluzione francese” (Bompiani 1988), “Ilsecolo della rivoluzione” (Rizzoli 1989),hanno sottoposto a revisione profonda le in-t e r p retazioni del grande evento da cui haorigine la democrazia moderna. Furet hai n o l t re pubblicato, di recente, “Il passato diun’illusione. Saggio sull’idea comunistanel XX secolo” (Mondadori 1995), una sin-tesi di storia politica del Novecento, in cuil ’ a u t o re spiega e discute le ragioni del fa-scino che l’ideologia comunista ha eserc i-tato sull’immaginazione contemporanea.

Lo storico che critica il Te r r o r e

linguaggio degli interessi, avendo perd u t o ,con il comunismo, il suo migliore arg o m e n-to. E a sinistra la situazione è ancora più de-primente, giacché non esiste più un’alter-nativa radicale al capitalismo, e i margini diuna politica di sinistra sono sempre più ri-s t retti, perfino difficili da immaginare, trat-tandosi di re a l i z z a re una politica ‘sociale’d e n t ro un’economia aperta e mondiale”.

Gli effetti del collasso comunista si so-no ripercossi sugli stessi equilibri politicid e l l ’ E u ropa, proprio nel momento in cuiquesta è impegnata in una difficile fase del-la sua unificazione...

“Infatti, da un certo punto di vista, laFrancia è - dopo la Russia, ovviamente - l’al-t ro grande perdente della fine del comuni-smo. Non solo ha dovuto assistere, senza al-cun entusiasmo, all’unificazione tedesca;ma ha anche perduto ciò che le perm e t t e v adi riequilibrare il suo rapporto economica-mente sfavorevole con la Germania, vale ad i re l’arma atomica, che è ora, in assenzadell’Urss, politicamente assai meno signifi-cativa. La Germania, dal canto suo, trae og-gi beneficio più che mai dalla sua posizionecentrale in Europa e potrebbe in futuro es-s e re tentata da quella che è una costantedella sua storia, l’attrazione delle terre sla-ve, tanto più che per la prima volta dopoP i e t ro il Grande essa rischia di non averealcun contrappeso all’Est. So bene che oggila Germania è un paese perfettamente de-mocratico ed equilibrato, ma uno storiconon può sottovalutare il peso dei fattoriobiettivi e delle tradizioni.

U n ’ E u ropa a predominanza tedesca“Ci ritroviamo dunque, centoventi anni

dopo Bismarck, di fronte allo stesso pro b l e-ma che si poneva già alla fine del secoloscorso: come fare vivere un’Europa in cuiesiste una predominanza tedesca. E’ un pro-blema che l’Europa finora si è dimostrataincapace di risolvere, e che è all’origine didue guerre mondiali. Per questo sono un po’inquieto per i ritardi del processo di unifi-cazione europea che vedo qua e là manife-starsi. Non bisogna perd e re troppo tempo.A diff e renza della Francia, che è forz a t a-mente monogama, poiché non ha alcuna al-t e rnativa, pena il declino, alla politica eu-ropea, la Germania può invece essere biga-ma: ha una politica europea, ma potre b b ee s s e re un giorno tentata - Dio ce ne scampi- da una politica tedesca.

“Ma non è solo il problema tedesco chemi spinge a part e g g i a re per un’Europa for-te e politicamente unita. Non vedo alcun av-v e n i re per la Francia, e nemmeno per l’Ita-lia, al di fuori di una potenza europea. Nonbisogna farsi illusioni: il mondo continueràa essere dominato dai rapporti di forza e dipotenza, ed è dunque urgente costru i re unapotenza europea se si vuole pesare sui de-