001 MAR 30-01-96

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La Giornata * * * * * * In Italia Nel mondo San Pietro b u rgo. Junk bond comunali P i e t ro b u rgo è come la Chicago negli an- ni Venti: un luogo divertente e selvaggio do- ve tutto è in vendita”. Cosi commenta un operatore straniero. Potrebbe ascriversi a questo clima l’emissione di junk bond che l’amministrazione della città ha deciso per aumentare le risorse comunali con finan- ziamenti esteri. Sarebbe un giudizio super- ficiale. In realtà, come rileva il sindaco Sob- chack, Pietro b u rgo è il luogo più favore v o l e per gli investimenti esteri e l’amministra- zione ha una solvibilità maggiore di quella dello Stato russo. I bond sono garantiti dal- le entrate e dai beni comunali, oltre che dai c rediti verso il governo centrale. Gli alti in- teressi di questi zero coupon, pari al 20% c i rca trimestrale, in un momento di re l a t i v a stabilità del rublo, possono essere accolti- con favore dagli operatori. Londra. Capitale multietnica Londra torna a essere capitale del mon- do o almeno cosi potrebbe essere conside- rata sul piano della composizione multiet- nica della popolazione. Los Angeles e New York hanno minoranze razziali più consi- stenti per numero, ma a Londra sono ben 34 i gruppi etnici con presenze superiori a 10.000 abitanti, come risulta da un rapport o del London Researche Centro. Indiani, pa- chistani, originari del Bangla Desh, nigeria- ni, cinesi, caraibici sono i gruppi più forti. Secondo Marian Storkey, che ha elaborato il rapporto, a Londra la promiscuità razzia- le è stata un successo per il carattere più aperto della società, se confrontata con quella di altre città europee e emericane. Disuguaglianze restano comunque: se la co- munità indiana è ben rappresentata nelle categorie professionali, quella del Bangla Desh, ad esempio, si colloca ai gradini più bassi della società. Madras. Tombola per la vaccinazione Ospedali e scuole dell’India sono dal 20 gennaio requisiti per la seconda fase della maggior campagna antipolio mai re a l i z z a t a nel mondo. Anche templi e chiese sono di- ventati centri per vaccinare 88 milioni di bo- vini sotto i tre anni, con lo scopo di sradica- re la malattia che colpisce ogni anno 10 mi- la bambini indiani, circa il 60% dei casi nel mondo. L’operazione mobiliterà duemila funzionari e 10 mila volontari. Il costo del- l’operazione è approssimativamente di 56 miliardi di lire non solo per l’acquisto del vaccino (200 milioni di dosi), ma anche per una massiccia campagna di persuasione. A Madras si è organizzata una tombola con 25 premi in oro del valore di 110 dollari, alla quale si partecipa con il certificato di vacci- nazione. Alla stazione centrale i volontari aspettano sin dalle prime ore del giorno i treni perché nessun bambino sfugga alla vaccinazione e sui treni in partenza contro l- lano le madri che, se sprovviste del salva- condotto costituito dal certificato di vacci- nazione dei figli, sono obbligate a scendere e a presentarsi ai posti di vaccinazione. Kobe. Meglio la tenda delle nuove case Un anno dopo il disastroso terremoto che ha causato oltre 6.500 morti, distrutto 100 mi- la case e danneggiate altrettante, pro v o c a t o danni per circa trentamila miliardi, la città giapponese colpita dal terremoto torna a un aspetto “provvisoriamente normale”. Il me- trò ha ripreso a funzionare già il mese suc- cessivo al disastro e pro g ressivamente sono state riattivate le principali vie di comuni- cazione. Si aspetta entro l’anno la riapert u- ra dell’ultima linea ferroviaria ancora da ri- p a r a re e della Hanshin expre s s w a y, i cui pi- loni non ressero al sisma. La capacità pro- duttiva è ripresa all’85% e sono poche le im- p rese industriali che si sono trasferite altro- ve. Ma gli effetti del sisma hanno comport a- to comunque per Kobe la perdita di una se- rie di attività che dopo il terremoto si sono delocalizzate in regioni di minor costo. Il ter- remoto ha ovviamente causato uno sviluppo della costruzione di case, cresciuta del 25% nella regione, contrastando il calo che si è verificato nel territorio nazionale. L’ o ff e rt a di nuove case, per la loro collocazione, non ha però trovato una risposta favorevole da p a rte del mercato, che ha visto un forte calo delle vendite nella zona di Kobe, pari al 30% rispetto ai dati precedenti il sisma, a fro n t e di un leggero incremento su scala nazionale. Infatti 45 mila persone continuano a pref e- r i re gli alloggi provvisori nella periferia del- la città e alcuni addirittura le tendopoli, piuttosto che trasferirsi nelle nuove abita- zioni a un’ora di tre n o . Città del Messico. Aumentano i pegni Collocato nella piazza centrale di Città del Messico, il Monte di Pietà è il baro m e t ro dell’economia della città. E il baro m e t ro in- dica che nel 1995, per la svalutazione del pe- so e il collasso economico, gli “affari” del Banco sono aumentati del 64% rispetto al ’94. L’ e rosione del potere d’acquisto, pari al 30% circa, ha favorito l’ingresso delle classi medie tra i sottoscrittori dei pegni, accanto ai tradizionali clienti delle classi più pove- re. Anche se le prospettive a livello ma- c roeconomico sono migliorate e si spera in una ripresa di flussi di capitali dall’estero, sarà difficile che nel ’96 molte famiglie pos- sano evitare d’impegnare i propri averi al Banco per acquistare alimenti o pagare le rette scolastiche dei propri figli. Milano. I metalmeccanici di Ivrea la ri- cetta per risolvere i problemi dell’Olivetti ce l’hanno: obbligare la Stet a rom p e re l’in- tesa preliminare con l’Ibm e mettere su in fretta e furia un bel matrimonio tra la fi- nanziaria pubblica e l’Olivetti. Magari co- minciando dall’informatica (vedi Finsiel) e poi passando anche alle mille opportunità offerte dall’industria delle telecomunica- zioni. In questo modo, una sorta di irizza- zione, i sindacati pensano di salvare la di- visione personal computer ed evitare che Carlo De Benedetti la venda in parte o ad- dirittura in toto. Il presidente dell’Olivetti da una parte li lascia fare, ma dall’altra manda avanti la trattativa con i francesi della Bull per cre a- re una joint-venture a cui conferire le due aree (personal e sistemi) che continuano nonostante tutto a generare forti perdite. E che De Benedetti abbia una voglia matta di mollare la patata bollente filtra addirittu- ra dalle colonne dell’Espresso (allineato al padrone molto più di Repubblica), che nel numero di ieri ammiccava (“E se De Bene- detti cedesse i perso- nal?”) ad analisti e investitori, invitan- doli ad aspettare con fiducia l’inevita- bile terapia d’urto. Nelle mille intervi- ste rilasciate negli ultimi giorni il finan- ziere piemontese si è guardato bene dal parlare di pressioni sulla Stet e di possi- bili joint-venture con la Bull, ha preferito narrare le vicende di un’Olivetti diventata la prima public company d’Italia, una so- cietà che non deve rispondere, come le al- tre, al salotto buono o alle banche ma che ha come unico padrone il mercato e gli in- vestitori istituzionali. Un fondo di verità in- dubbiamente c’è: lo scioglimento del patto di sindacato che legava la Cir con Medio- banca, Imi e San Paolo nel governo Olivet- ti è un passaggio delicato nella storia del gruppo. Anche perché, se si vogliono se- g u i re fino in fondo i canoni del capitalismo anglo-sassone, è ben strano che tutto il po- tere decisionale di Ivrea sia concentrato nelle mani della famiglia De Benedetti che, depurato l’effetto scatole cinesi, pos- siede direttamente meno del 3% dell’Oli- vetti. Infatti la famiglia possiede il 40% del- la Cofide che ha il 43,7% della Cir che, a sua volta, ha in portafoglio il 15% di Ivrea. Ovviamente, se le cose dal punto di vista dei bilanci e dei dividendi andassero a gonfie vele, quest’anomalia avrebbe buone possibilità di essere sopportata, ma dato che il sentiero che dovrebbe portare al ri- sanamento dell’Olivetti è ancora avvolto dalle nebbie cominciano a uscir fuori dub- bi e perplessità. E non è certamente un ca- so che sabato 27 gennaio il direttore degli investimenti dei fondi Finanza & Futuro (che il gruppo Deutsche Bank ha acquista- to di recente proprio dalla Cir) interpella- to dal Sole 24 Ore abbia dichiarato che “il management dell’Olivetti è sott’esame e il mercato non è più disposto a concedergli molto tempo”. Molto meno di quello ne- cessario perché il gruppo di Ivrea possa la- sciare le brulle terre dell’informatica e ap- p ro d a re pienamente nella terra promessa delle telecomunicazioni. De Benedetti ne è pienamente coscien- te. Sa che il successo degli investimenti telefonici non può essere affidato nel bre- ve solo al mercato e alla concorrenza. Ha bisogno di un surplus che può venire solo dalla capacità di condizionare le decisioni ministeriali o di sviluppare alleanze e af- fari con quel che resta dell’industria pub- blica (Rai e mondo Stet). Da qui la liason dangereuse creata con Letizia Moratti per ottenere da una parte commesse Rai per i decoder e dall’altra la possibilità di usare i siti della tv di Stato per rafforzare Omni- tel. Da qui i segnali inviati al Pds e ai sin- dacati per boicottare l’intesa Stet-Ibm e aprire la strada a ipotesi alternative. E in- fine, proprio dal convincimento della ne- cessità di rafforzare il potenziale di lobby, De Benedetti ha tratto nuovo vigore per re- spingere i tentativi di Eugenio Scalfari di rimpastare l’azionariato di Repubblica e ospitare nuovi soci più vicini al direttore che al padrone. Ma non è tutto. Il presidente dell’Olivet- ti aveva deciso di scommettere anche su Antonio Di Pietro e l’eventualità che l’ex pubblico ministero di Mani Pulite riuscis- se a fondare un proprio movimento. A que- sto scopo De Benedetti aveva accarezzato l’idea di “prestare” a Di Pietro addirittura Corrado Passera, l’attuale amministratore delegato di Ivrea che grazie alla sua matri- ce cattolica e centrista gli era parso adat- to alla bisogna. Poi sono saltate fuori le fa- mose intercettazioni telefoniche e ogni progetto su e con Passera è stato rimanda- to a tempi migliori. PROCESSO PER BERLUSCONI c h i e- sto dalla procura di Milano per finan- ziamento illecito ai partiti. La vicenda r i g u arda i conti esteri del Psi. Insieme al leader di Forza Italia sono indagate altre venti persone, fra cui Bettino Craxi, Giorgio Tradati, Mauro Giallom- b a rdo e Giorgio Va n o n i . * * * L’appello per Pacciani è cominciato ieri mattina in Corte d’Assise a Firen- ze. Il contadino di Mercatale, per le pessime condizioni di salute, ha deciso di non presentarsi in aula. La prima udienza è stata condizio - nata dalla polemica fra Rosario Be - vacqua e Nino Marazzita, difensori di Pacciani, al termine della quale Be - vacqua ha rinunciato al mandato. I due hanno litigato sulla linea difensi - va, che Marazzita vuole più aggre s s i v a rispetto a quella scelta da Bevacqua nel passato. * * * Pannella indagato dalla procura di Milano per offesa all’onore e al presti- gio del Presidente della Repubblica. L’indagine parte dall’accusa di aver tra- dito la Costituzione che il leader radi- cale ha lanciato a Scalfaro giovedì du- rante un comizio in piazza del Duomo. * * * Andreotti testimone ieri al processo c o n t ro il giudice Diego Curtò, celebrato a Brescia per il reato di corruzione. L’ex presidente del Consiglio ha riper- corso la vicenda Enimont dal punto di vista del Governo dell’epoca. Nell’u- dienza di oggi è prevista la testimo- nianza del ministro delle Poste Agosti- no Gambino. Avvicinato dai cronisti, Andreotti, a proposito della situazione politica ita - liana, ha dichiarato di sentirsi ormai in panchina, ma non in attesa di torn a re in campo. * * * Le aliquote Irpef saranno presto ab- bassate. Lo ha sostenuto il ministro del- le Finanze Fantozzi, rispondendo a u n i n t e rrogazione parlamentare . * * * I servizi segreti d i e t ro i misteri della Uno bianca. E’ questa la rivelazione fat- ta ieri in Corte d’Assise da un’ex ispet- t o re di polizia in carc e re per omicidio. * * * La pressione fiscale in Europa è infe- r i o re di 3 punti rispetto a quella italia- na. L’ultimo rapporto Ocse aff e rma che il prelievo erariale nel nostro paese è pari al 43,8% del Pil, contro una media europea del 41%. Secondo il rapporto, i n o l t re, i contributi sociali a carico del- le imprese sono superiori di circa il 50% rispetto alla media dei paesi Ue. I MINISTRIDEGLIESTERI e u ro p e i si sono riuniti ieri a Bruxelles, sotto la p residenza di turno dell’Italia, rappre- sentata dal ministro Susanna Agnelli. La Agnelli ha illustrato il programma del semestre, ponendo particolare en- fasi sul tema dell’occupazione e del ri- sanamento delle finanze pubbliche “in vista del passaggio alla moneta unica”. Il premier britannico John Major spera in un rinvio oltre il 2000 dell’u - nificazione monetaria europea pre v i s t a per il primo gennaio 1999. Lo sostiene il quotidiano inglese Times. A Bruxel - les, intanto, il capo della diplomazia di Londra, Malcolm Rifkind, si è dichia - rato scettico sul rispetto della scadenza concordata e ha raccomandato “un più ampio dibattito sull’argo m e n t o . * * * E’ in calo la produzione industriale nei paesi dell’Unione europea. Nel tri- m e s t re agosto-ottobre ’95 il relativo in- dice ha registrato una flessione dello 0,2 per cento rispetto al trimestre pre- cedente. I risultati italiani sono tuttavia positivi, con un più 0,9 per cento. Il ca- lo più rilevante si è avuto in Germ a n i a , con un decremento dell’uno per cento. * * * Strage di disoccupati in Sudafrica. L a notte scorsa, sette uomini armati hanno aperto il fuoco contro una fila di due- mila persone in coda dinanzi a una fab- brica, nella periferia di Johannesburg , che offriva alcuni posti di lavoro. Quat- t o rdici i morti e molte decine i feriti. Il commando si è dileguato e le autorità, per ora, non sono in grado di dare una spiegazione dell’accaduto. Almeno cinquanta persone sono sta - te uccise durante il fine settimana in KwaZulu Natal, ampia regione del Su - dafrica centro-orientale, in seguito ai violenti e ripetuti scontri che oppongo - no da tempo i clan dell’African Natio - nal Congress (il partito di Nelson Man - dela) e quelli degli Zulu. * * * Il parlamento russo non ratificherà rapidamente il trattato Start-2 sulla ri- duzione degli armamenti nucleari stra- tegici, come ha fatto invece venerdì scorso il Senato americano. Lo ha di- chiarato il leader comunista Gennadij Z j u g a n o v, il cui partito detiene la mag- gioranza dei seggi nella Duma. Contro la ratifica si è anche pronunciato il na- zionalista Vladimir Zhirinovskij. * * * I sei test nucleari francesi sono per- fettamente riusciti. Lo ha dichiarato il ministro della Difesa Charles Millon, che ha incontrato all’Eliseo il pres i d e n- te Jacques Chirac. A Parigi si dà per c e rto che sia imminente l’annuncio del- la fine degli esperimenti nel Pacifico. * * * Belgrado riconoscerà la Macedonia. I l governo della Jugoslavia (Serbia e M o n t e n e g ro) ha deciso di norm a l i z z a re le relazioni con Skopje. La Macedonia sarà così la prima, tra le repubblcihe della ex Jugoslavia a stabilire rapport i diplomatici con i serbi. * * * L’estrema destra sarà presente alle elezioni politiche spagnole del prossi- mo 3 marzo. Ricardo Saenz de Yne- strillas, leader dell’Alleanza per l’U- nità nazionale, è infatti riuscito a unifi- c a re le formazioni che si richiamano al falangismo. L’ e s t rema destra è assente dalle elezioni spagnole dal 1982. * * * Il calcio entra al liceo. Dal prossimo s e t t e m b re gli studenti inglesi potranno p o rt a re il football come materia di esa- me. Lo ha deciso ieri il ministero della Pubblica istru z i o n e . * * * E’ morto Burne Hogart h , c re a t o re del fumetto di Tarzan. Il disegnatore ame- ricano, che nel 1937 iniziò a illustrare le avventure del piccolo lord inglese al- levato dalle scimmie, si è spento a Pa- rigi, all’età di ottantaquattro anni. CARLO DE BENEDETTI La situazione La crisi torna nella mani del Capo dello Stato, che può ripagarsi del malumore per la caduta del governo tecnico. Ieri si è perm e s- so anche qualche ironia: “Abbiamo avuto p rove di grande creatività, con persone che il giorno prima sostenevano una tesi e il giorno dopo, con maggior vigore, ne soste- nevano una che non era più la stessa”. Le fonti del Quirinale autorizzano il riferimen- to della battuta a Silvio Berlusconi. Sembra comunque che Berlusconi ora in- sista e lavori per l’accordo. Sull’atteggia- mento di Massimo D’Alema, invece, sono a p e rte le scommesse: la propensione al voto e quella all’accordo sono date alla pari. D’A- lema nella trattativa ha acquisito un vantag- gio, inchiodandola alla “bozza Fisischella”, e intende sfruttarlo. Il segretario del Pds si è detto contrario a “un accordo dimezzato”, senza la part e c i p a- zione di Alleanza nazionale. Questo vuol di- re: è inutile che Scalfaro dia un incarico esplorativo, come gli suggeriscono i partiti minori di centrodestra, sarebbe solo una p e rdita di tempo. Poi però D’Alema aggiun- ge, con una punta di malizia, che la base di un accordo c’è ed è il verbalino dei prof e s- sori. Berlusconi deve convincere Fini ad ac- c e t t a re il “lavoro mirabile” del professor Fi- sichella, la designazione del premier da par- te di una maggioranza. IL FOGLIO ANNO I NUMERO 1 DIRETTORE GIULIANO FERRARA MARTEDÌ 30 GENNAIO 1996 - L.1000 REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO quotidiano TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE / 50% - MILANO Le Città San Pietroburgo lancia i bond comunali. Londra multietnica Bonn. I tedeschi non amano drammatiz- z a re, perciò nell’annuale rapporto sullo sta- to dell’economia, che il governo di Bonn presenta ufficialmente oggi, si legge che “i rischi di uno sviluppo più sfavorevole non sono da sottovalutare”. Dietro la compo- stezza delle parole vi sono però cifre gravi, relative ai principali indicatori economici. Già nel dicembre scorso tanto gli analisti del governo che la Bundesbank avevano an- nunciato che la Germania non avrebbe ri- spettato, per il ’96, i criteri virtuosi previsti da Maastricht in vista dell’unificazione mo- netaria. Ora il rapporto conferma che il de- ficit di bilancio sarà pari al 3,5 per cento del prodotto interno lordo, mezzo punto supe- r i o re ai limiti stabiliti. Inoltre si prevede un i n c remento del Pil solo dell’1,5 per cento as- sai vicino alle fosche previsioni dell’Istituto di studi economici di Berlino, che aveva an- nunciato un misero incremento dell’uno per cento. E la disoccupazione in dicembre sfio- rava già i quattro milioni di unità. Crisi del modello re n a n o Sono cifre che inducono a pensare che la G e rmania sia afflitta da qualcosa di più se- rio di un semplice rallentamento congiun- turale. La crisi riguarda il “modello re n a n o nel suo complesso – stabilità monetaria, al- ti salari, concertazione sociale, Welfare – e tempestivamente la Germania sta cerc a n d o una via d’uscita: l’Alleanza per il lavoro, un patto siglato il 26 gennaio fra governo, im- p renditori e sindacati è un chiaro segnale. Le avvisaglie del rallentamento non era- no mancate: da quando nel ’92 si era comin- ciato a conteggiare i dati comprendendo i laender orientali della annessa Rdt, la cre- scita del Pil si era fermata allo 0,6 per cen- to. “Non va dimenticato lo sforzo della riu- nificazione” dice infatti il politologo e stori- co della Germania Gian Enrico Rusconi. “Parlare di crisi per il modello economico tedesco mi sembra eccessivo. E il fatto che tutte le componenti si siano immediata- mente riunite per riform u l a re i termini del- lo sviluppo lo dimostra”. Però, man mano che ci si allontana dalla data storica della caduta del muro di Berlino, appare sempre più chiaro che sull’economia tedesca non ha gravato soltanto l’immane sforzo della rico- struzione, ma che anzi quell’evento ha na- scosto problemi di competitività del model- lo tedesco insiti nella sua intima struttura. Problemi che secondo l’economista Carlo Pelanda “sono evidenti da oltre un decen- nio: l’economia della stabilità e degli alti co- sti sociali, cioè il modello tedesco, deprime i fattori di crescita. I risultati sono una com- petitività frenata, la deindustrializzazione e la lentezza nell’evoluzione”. Difesa o rilancio Ancora nell’esposizione delle “idee inno- vative per il lavoro” presentate al G7 di De- t roit, la Germania non appariva pre o c c u p a- ta della competitività globale dello Standort Deutschland, dell’azienda Germania. Ma ora il costo del lavoro è divenuto un freno. L’ u f- ficio studi di Business international ha cal- colato in 42.100 lire il costo del lavoro orario in Germania, contro le 28.100 degli Stati Uni- ti e le 33.200 del Giappone. “Che la Germ a n i a subisca l’aumentata velocità di sviluppo del- la competizione internazionale è risaputo” commenta Franco Tatò, amministratore de- legato di Mondadori ed estimatore dichiara- to del modello tedesco, “ma l’alleanza per il l a v o ro mi sembra dimostrare la vitalità del sistema: l’economia chiama e subito la poli- tica si mette in moto per risolvere i pro b l e- mi”. E quello posto dall’attuale crisi è part i- colarmente complesso: salvare un sistema che ha garantito ricchezza e pace sociale e al contempo rilanciare competitività e occupa- zione. Se Rusconi vede nel patto sul lavoro la saggezza di un aggiustamento complessi- vo, che non modificherà gli assetti della con- c e rtazione sociale, Tatò si inoltra in un’ana- lisi più dettagliata: “E’ evidente che non si tratta di ‘salvare il modello renano’. L’ o b i e t- tivo è rilanciare la competitività attraverso adeguati investimenti, l’innovazione tecno- logica e l’attenzione ai business futuri; e allo stesso tempo il patto per il lavoro cerca serie risposte per l’occupazione. La vera domanda è: sarà sufficiente? Io penso che in Europa f u n z i o n e r à . Il beneficio dei costi Ma se la competitività non avrà un’im- pennata i sacrifici impliciti nell’alleanza per il lavoro serviranno solo a rallentare l’aumento della disoccupazione, invece che a ricuperare due milioni di posti di lavoro. Wo l f s b u rg, cuore della Volkswagen, non è in Germania Orientale: ed è lì che si è verifi- cata l’eccedenza di 30 mila dipendenti su centomila, ed è probabilmente da lì che par- te la strada che porta ad una revisione del Nei palazzi in cui la politica non conta, in quelli veramente importanti, insomma, l’hanno già battezzato l’inciucino. E’ il piano tutto democristiano - infatti tutti ex dc sono i suoi autori (Cdu, Ccd...) - per risolvere la crisi di governo senza passare per le forch e caudine di una grande riforma che al pari di un’anguilla potrebbe sgusciar via di mano al p residente Scalfaro (e questo non sia mai). Il progetto ha trovato orecchie attente al Quirinale e quindi, senza tema di passare per azzeccagarbugli (figura, del resto, assai più radicata alle italiche tradizioni di quel- l’infido straniero dell’uninominale maggio- ritario), i nostri eroi ex (?) dc stanno andan- do avanti per la loro strada. L’idea sare b b e g rosso modo questa: il capo dello stato aff i- da già dopodomani l’incarico per form a re il nuovo governo, l’uomo da lui prescelto si presenta in parlamento proponendo le riforme possibili (i sette punti di Dini con qualche punto in meno), mentre l’onere di d e f i n i re quelle impossibili viene assegnato a una commissione bicamerale. In questo modo Polo e Ulivo non sare b b e ro costretti a ratificare in tempi record un accordo nei d e t t a g l i . Qualcuno dice che Berlusconi non disdegni il piano, D’Alema chissà… R i u s c i- ranno Casini e Mastella nel loro intento? Ha un nome - strategia del tulipano - e un cognome, quello del suo inventore, Pisanu. E’ stato infatti proprio lui, il vicecapogrup- po di Forza Italia alla Camera, Beppe Pisa- nu, a ricord a re ai colleghi deputati che una crisi lunga non è poi un gran male. E a so- stegno della sua tesi ha citato il caso olan- dese: da quelle parti è accaduto che una cri- si di governo durasse addirittura nove mesi, senza nocumento per nessuno. Un suggeri- mento al Colle? Consiglio da ex dc a ex dc? Dicono che i parlamentari siano molto af- fezionati ai loro privilegi e che per questo motivo bisogna sciogliere le Camere senza interpellarli, altrimenti non ci si riesce. Ma forse qualche rappresentante del popolo c a m b i e rebbe idea se sapesse a quale tratta- mento è stato sottoposto non più tardi di una settimana fa un deputato che conversava tranquillamente insieme ad alcuni colleghi nel transatlantico di Montecitorio. D u n q u e , il poveretto discettava della crisi quando un commesso la ha brutalmente zittito. “Shh!”, ha sibilato portandosi l’indice sulle labbra s e rrate perché il parlamentare capisse me- g l i o . Ma cosa era successo? Un fatto scanda- loso: il deputato aveva osato parlare di poli- tica nel palazzo della politica proprio men- t re il commesso stava illustrando a una sco- l a resca in visita le magnificenze di Monteci- t o r i o . Che oltraggio! Ai parlamentari duri di orec c h i e, a quelli che ancora non hanno capito che contano poco più di niente andrebbe ricordato un simpatico episodio che coinvolge alcuni lo- ro colleghi. Un gruppo di ingenui deputati aveva indetto una conferenza stampa per spiegare ai giornalisti che il presidenziali- smo non è il peggiore dei mali. Uno ad uno avevano preso la parola per un intervento introduttivo. Si era giunti al terzo oratore, un ex ministro del governo Berlusconi, quando un cronista spazientito ha invitato gli onorevoli a tacere e a rispondere solo se i n t e rrogati dai giorn a l i s t i . modello renano. Soltanto grazie alla ridu- zione del 20 per cento dell’orario e del 15 per cento del salario (in pratica l’abolizione delle due mensilità aggiuntive) si è potuto s a l v a g u a rd a re l’occupazione alla VW. Se è ammirevole la prontezza con la qua- le sindacati e imprenditori hanno aff ro n t a t o i problemi, non è affatto certo che altre t t a n- ta tempestività caratterizzi il comport a m e n- to dell’autorità monetaria. L’analisi di Pe- landa è chiara: “I costi del sistema sociale ri- m a rranno un freno alla competitività. Io te- mo che per bilanciare il ritardo la Germ a n i a dovrà insistere soprattutto su una politica di s f ruttamento ‘imperialista’ dei mercati del- l’Est europeo”. Alternative? “Eleggere la Thatcher al posto di Kohl”, è la sua scherz o- sa conclusione. Kohl alle prese con la crisi del “modello renano” Oggi il rapporto sull’economia 1996: deficit alto e troppi disoccupati Ger mania in dif ficoltà Un inciucino piccolo piccolo per evitare le riforme Incarico subito, governo dai compiti limitati, il resto alla Bicamerale Piano degli ex dc I piani di De Benedetti L’Olivetti si aggrappa al business dei telefoni e punta sulla politica La società di Ivrea, sempre più in crisi, sogna la Stet e si tiene stretto il gruppo Espresso-Repubblica Soccorso rosso dei sindacati PASSEGGIATE ROMANE RUBRICA OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO LALINEA DEI POTERI FORTI NELLO SCONTRO POLITICO ERNESTO PASCALE, il capo della Stet, è libero dai vecchi padrinati. Ora il conflitto è sul monopolio e la privatizzazione (pagina 3) LUCIO COLETTI, filosofo, dice che l’Italia ha già perduto il treno del- l E u ropa, e che il liberalismo è una chimera (intervista, pagina 2) BERLUSCONI, CRAXI: una richie- sta di rinvio a giudizio che fa chias- so, un Paese appeso alle decisioni dei tribunali (editoriale pagina 3)

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In Italia Nel mondoSan Pietro b u rgo. Junk bond comunali

“ P i e t ro b u rgo è come la Chicago negli an-ni Venti: un luogo divertente e selvaggio do-ve tutto è in vendita”. Cosi commenta uno p e r a t o re straniero. Potrebbe ascriversi aquesto clima l’emissione di junk bond chel’amministrazione della città ha deciso pera u m e n t a re le risorse comunali con finan-ziamenti esteri. Sarebbe un giudizio super-ficiale. In realtà, come rileva il sindaco Sob-chack, Pietro b u rgo è il luogo più favore v o l eper gli investimenti esteri e l’amministra-zione ha una solvibilità maggiore di quelladello Stato russo. I bond sono garantiti dal-le entrate e dai beni comunali, oltre che daic rediti verso il governo centrale. Gli alti in-t e ressi di questi zero coupon, pari al 20%c i rca trimestrale, in un momento di re l a t i v astabilità del rublo, possono essere accolti-con favore dagli operatori.

Londra. Capitale multietnicaLondra torna a essere capitale del mon-

do o almeno cosi potrebbe essere conside-rata sul piano della composizione multiet-nica della popolazione. Los Angeles e NewYork hanno minoranze razziali più consi-stenti per numero, ma a Londra sono ben 34i gruppi etnici con presenze superiori a10.000 abitanti, come risulta da un rapport odel London Researche Centro. Indiani, pa-chistani, originari del Bangla Desh, nigeria-ni, cinesi, caraibici sono i gruppi più fort i .Secondo Marian Storkey, che ha elaboratoil rapporto, a Londra la promiscuità razzia-le è stata un successo per il carattere piùa p e rto della società, se confrontata conquella di altre città europee e emericane.Disuguaglianze restano comunque: se la co-munità indiana è ben rappresentata nellecategorie professionali, quella del BanglaDesh, ad esempio, si colloca ai gradini piùbassi della società.

Madras. Tombola per la vaccinazioneOspedali e scuole dell’India sono dal 20

gennaio requisiti per la seconda fase dellamaggior campagna antipolio mai re a l i z z a t anel mondo. Anche templi e chiese sono di-ventati centri per vaccinare 88 milioni di bo-vini sotto i tre anni, con lo scopo di sradica-re la malattia che colpisce ogni anno 10 mi-la bambini indiani, circa il 60% dei casi nelmondo. L’operazione mobiliterà duemilafunzionari e 10 mila volontari. Il costo del-l’operazione è approssimativamente di 56m i l i a rdi di lire non solo per l’acquisto delvaccino (200 milioni di dosi), ma anche peruna massiccia campagna di persuasione. AMadras si è organizzata una tombola con 25p remi in oro del valore di 110 dollari, allaquale si partecipa con il certificato di vacci-nazione. Alla stazione centrale i volontariaspettano sin dalle prime ore del giorno it reni perché nessun bambino sfugga allavaccinazione e sui treni in partenza contro l-lano le madri che, se sprovviste del salva-condotto costituito dal certificato di vacci-nazione dei figli, sono obbligate a scenderee a presentarsi ai posti di vaccinazione.

Kobe. Meglio la tenda delle nuove case Un anno dopo il disastroso terremoto che

ha causato oltre 6.500 morti, distrutto 100 mi-la case e danneggiate altrettante, pro v o c a t odanni per circa trentamila miliardi, la cittàgiapponese colpita dal terremoto torna a unaspetto “provvisoriamente normale”. Il me-trò ha ripreso a funzionare già il mese suc-cessivo al disastro e pro g ressivamente sonostate riattivate le principali vie di comuni-cazione. Si aspetta entro l’anno la riapert u-ra dell’ultima linea ferroviaria ancora da ri-p a r a re e della Hanshin expre s s w a y, i cui pi-loni non re s s e ro al sisma. La capacità pro-duttiva è ripresa all’85% e sono poche le im-p rese industriali che si sono trasferite altro-ve. Ma gli effetti del sisma hanno comport a-to comunque per Kobe la perdita di una se-rie di attività che dopo il terremoto si sonodelocalizzate in regioni di minor costo. Il ter-remoto ha ovviamente causato uno sviluppodella costruzione di case, cresciuta del 25%nella regione, contrastando il calo che si èverificato nel territorio nazionale. L’ o ff e rt adi nuove case, per la loro collocazione, nonha però trovato una risposta favorevole dap a rte del mercato, che ha visto un forte calodelle vendite nella zona di Kobe, pari al 30%rispetto ai dati precedenti il sisma, a fro n t edi un leggero incremento su scala nazionale.Infatti 45 mila persone continuano a pre f e-r i re gli alloggi provvisori nella periferia del-la città e alcuni addirittura le tendopoli,piuttosto che trasferirsi nelle nuove abita-zioni a un’ora di tre n o .

Città del Messico. Aumentano i pegniCollocato nella piazza centrale di Città

del Messico, il Monte di Pietà è il baro m e t rodell’economia della città. E il baro m e t ro in-dica che nel 1995, per la svalutazione del pe-so e il collasso economico, gli “affari” delBanco sono aumentati del 64% rispetto al’94. L’ e rosione del potere d’acquisto, pari al30% circa, ha favorito l’ingresso delle classimedie tra i sottoscrittori dei pegni, accantoai tradizionali clienti delle classi più pove-re. Anche se le prospettive a livello ma-c roeconomico sono migliorate e si spera inuna ripresa di flussi di capitali dall’estero ,sarà difficile che nel ’96 molte famiglie pos-sano evitare d’impegnare i propri averi alBanco per acquistare alimenti o pagare lerette scolastiche dei propri figli.

Milano. I metalmeccanici di Ivrea la ri-cetta per risolvere i problemi dell’Olivettice l’hanno: obbligare la Stet a ro m p e re l’in-tesa pre l i m i n a re con l’Ibm e mettere su inf retta e furia un bel matrimonio tra la fi-nanziaria pubblica e l’Olivetti. Magari co-minciando dall’informatica (vedi Finsiel) epoi passando anche alle mille opport u n i t ào ff e rte dall’industria delle telecomunica-zioni. In questo modo, una sorta di irizza-zione, i sindacati pensano di salvare la di-visione personal computer ed evitare cheCarlo De Benedetti la venda in parte o ad-dirittura in toto.

Il presidente dell’Olivetti da una parte lilascia fare, ma dall’altra manda avanti latrattativa con i francesi della Bull per cre a-re una joint-venture a cui conferire le duea ree (personal e sistemi) che continuanononostante tutto a generare forti perdite. Eche De Benedetti abbia una voglia matta dim o l l a re la patata bollente filtra addirittu-ra dalle colonne dell’Espresso (allineato alp a d rone molto più di Repubblica), che neln u m e ro di ieri ammiccava (“E se De Bene-

detti cedesse i perso-nal?”) ad analisti einvestitori, invitan-doli ad aspettarecon fiducia l’inevita-bile terapia d’urto. Nelle mille interv i-ste rilasciate negliultimi giorni il finan-z i e re piemontese si èg u a rdato bene dalp a r l a re di pre s s i o n isulla Stet e di possi-bili joint-venture conla Bull, ha pre f e r i t on a rr a re le vicende diun’Olivetti diventata

la prima public company d’Italia, una so-cietà che non deve rispondere, come le al-t re, al salotto buono o alle banche ma cheha come unico padrone il mercato e gli in-vestitori istituzionali. Un fondo di verità in-dubbiamente c’è: lo scioglimento del pattodi sindacato che legava la Cir con Medio-banca, Imi e San Paolo nel governo Olivet-ti è un passaggio delicato nella storia delg ruppo. Anche perché, se si vogliono se-g u i re fino in fondo i canoni del capitalismoanglo-sassone, è ben strano che tutto il po-t e re decisionale di Ivrea sia concentratonelle mani della famiglia De Benedettiche, depurato l’effetto scatole cinesi, pos-siede direttamente meno del 3% dell’Oli-vetti. Infatti la famiglia possiede il 40% del-la Cofide che ha il 43,7% della Cir che, asua volta, ha in portafoglio il 15% di Ivrea.

Ovviamente, se le cose dal punto di vistadei bilanci e dei dividendi andassero agonfie vele, quest’anomalia avrebbe buonepossibilità di essere sopportata, ma datoche il sentiero che dovrebbe port a re al ri-sanamento dell’Olivetti è ancora avvoltodalle nebbie cominciano a uscir fuori dub-bi e perplessità. E non è certamente un ca-so che sabato 27 gennaio il dire t t o re degliinvestimenti dei fondi Finanza & Futuro(che il gruppo Deutsche Bank ha acquista-to di recente proprio dalla Cir) interpella-to dal Sole 24 Ore abbia dichiarato che “ilmanagement dell’Olivetti è sott’esame e ilm e rcato non è più disposto a concederg l imolto tempo”. Molto meno di quello ne-cessario perché il gruppo di Ivrea possa la-s c i a re le brulle terre dell’informatica e ap-p ro d a re pienamente nella terra pro m e s s adelle telecomunicazioni.

De Benedetti ne è pienamente coscien-te. Sa che il successo degli investimentitelefonici non può essere affidato nel bre-ve solo al mercato e alla concorrenza. Habisogno di un surplus che può venire solodalla capacità di condizionare le decisioniministeriali o di sviluppare alleanze e af-fari con quel che resta dell’industria pub-blica (Rai e mondo Stet). Da qui la liasond a n g e reuse creata con Letizia Moratti pero t t e n e re da una parte commesse Rai per idecoder e dall’altra la possibilità di usarei siti della tv di Stato per raff o rz a re Omni-tel. Da qui i segnali inviati al Pds e ai sin-dacati per boicottare l’intesa Stet-Ibm ea p r i re la strada a ipotesi alternative. E in-fine, proprio dal convincimento della ne-cessità di raff o rz a re il potenziale di lobby,De Benedetti ha tratto nuovo vigore per re-s p i n g e re i tentativi di Eugenio Scalfari dir i m p a s t a re l’azionariato di Repubblica eo s p i t a re nuovi soci più vicini al dire t t o reche al padro n e .

Ma non è tutto. Il presidente dell’Olivet-ti aveva deciso di scommettere anche suAntonio Di Pietro e l’eventualità che l’expubblico ministero di Mani Pulite riuscis-se a fondare un proprio movimento. A que-sto scopo De Benedetti aveva accare z z a t ol’idea di “pre s t a re” a Di Pietro addiritturaC o rrado Passera, l’attuale amministratoredelegato di Ivrea che grazie alla sua matri-ce cattolica e centrista gli era parso adat-to alla bisogna. Poi sono saltate fuori le fa-mose intercettazioni telefoniche e ognip rogetto su e con Passera è stato rimanda-to a tempi migliori.

PROCESSO PER BERLUSCONI c h i e-sto dalla procura di Milano per finan-ziamento illecito ai partiti. La vicendar i g u a rda i conti esteri del Psi. Insiemeal leader di Forza Italia sono indagatea l t re venti persone, fra cui BettinoCraxi, Giorgio Tradati, Mauro Giallom-b a rdo e Giorgio Va n o n i .

* * *L’appello per Pacciani è cominciato

ieri mattina in Corte d’Assise a Fire n-ze. Il contadino di Mercatale, per lepessime condizioni di salute, ha decisodi non presentarsi in aula.

La prima udienza è stata condizio -nata dalla polemica fra Rosario Be -vacqua e Nino Marazzita, difensori diPacciani, al termine della quale Be -vacqua ha rinunciato al mandato. Idue hanno litigato sulla linea difensi -va, che Marazzita vuole più aggre s s i v arispetto a quella scelta da Bevacquanel passato.

* * *Pannella indagato dalla procura di

Milano per offesa all’onore e al pre s t i-gio del Presidente della Repubblica.L’indagine parte dall’accusa di aver tra-dito la Costituzione che il leader radi-cale ha lanciato a Scalfaro giovedì du-rante un comizio in piazza del Duomo.

* * *A n d reotti testimone ieri al pro c e s s o

c o n t ro il giudice Diego Curtò, celebratoa Brescia per il reato di corru z i o n e .L’ex presidente del Consiglio ha riper-corso la vicenda Enimont dal punto divista del Governo dell’epoca. Nell’u-dienza di oggi è prevista la testimo-nianza del ministro delle Poste Agosti-no Gambino.

Avvicinato dai cronisti, Andreotti, ap roposito della situazione politica ita -liana, ha dichiarato di sentirsi ormai inpanchina, ma non in attesa di torn a rein campo.

* * *Le aliquote Irpef saranno presto ab-

bassate. Lo ha sostenuto il ministro del-le Finanze Fantozzi, rispondendo au n ’ i n t e rrogazione parlamentare .

* * *I servizi segreti d i e t ro i misteri della

Uno bianca. E’ questa la rivelazione fat-ta ieri in Corte d’Assise da un’ex ispet-t o re di polizia in carc e re per omicidio.

* * *La pressione fiscale in Europa è infe-

r i o re di 3 punti rispetto a quella italia-na. L’ultimo rapporto Ocse aff e rma cheil prelievo erariale nel nostro paese èpari al 43,8% del Pil, contro una mediae u ropea del 41%. Secondo il rapport o ,i n o l t re, i contributi sociali a carico del-le imprese sono superiori di circa il50% rispetto alla media dei paesi Ue.

I M I N I S T R ID E G L IE S T E R I e u ro p e isi sono riuniti ieri a Bruxelles, sotto lap residenza di turno dell’Italia, rappre-sentata dal ministro Susanna Agnelli.La Agnelli ha illustrato il pro g r a m m adel semestre, ponendo part i c o l a re en-fasi sul tema dell’occupazione e del ri-sanamento delle finanze pubbliche “invista del passaggio alla moneta unica”.

Il premier britannico John Majorspera in un rinvio oltre il 2000 dell’u -nificazione monetaria europea pre v i s t aper il primo gennaio 1999. Lo sostieneil quotidiano inglese Times. A Bru x e l -les, intanto, il capo della diplomazia diLondra, Malcolm Rifkind, si è dichia -rato scettico sul rispetto della scadenzac o n c o rdata e ha raccomandato “unpiù ampio dibattito sull’arg o m e n t o ” .

* * *E’ in calo la produzione industriale

nei paesi dell’Unione europea. Nel tri-m e s t re agosto-ottobre ’95 il relativo in-dice ha registrato una flessione dello0,2 per cento rispetto al trimestre pre-cedente. I risultati italiani sono tuttaviapositivi, con un più 0,9 per cento. Il ca-lo più rilevante si è avuto in Germ a n i a ,con un decremento dell’uno per cento.

* * *Strage di disoccupati in Sudafrica. L a

notte scorsa, sette uomini armati hannoa p e rto il fuoco contro una fila di due-mila persone in coda dinanzi a una fab-brica, nella periferia di Johannesburg ,che offriva alcuni posti di lavoro. Quat-t o rdici i morti e molte decine i feriti. Ilcommando si è dileguato e le autorità,per ora, non sono in grado di dare unaspiegazione dell’accaduto.

Almeno cinquanta persone sono sta -te uccise durante il fine settimana inKwaZulu Natal, ampia regione del Su -dafrica centro-orientale, in seguito aiviolenti e ripetuti scontri che oppongo -no da tempo i clan dell’African Natio -nal Congress (il partito di Nelson Man -dela) e quelli degli Zulu.

* * *Il parlamento russo non ratificherà

rapidamente il trattato Start-2 sulla ri-duzione degli armamenti nucleari stra-tegici, come ha fatto invece venerd ìscorso il Senato americano. Lo ha di-chiarato il leader comunista GennadijZ j u g a n o v, il cui partito detiene la mag-gioranza dei seggi nella Duma. Controla ratifica si è anche pronunciato il na-zionalista Vladimir Zhirinovskij.

* * *I sei test nucleari francesi sono per-

fettamente riusciti. Lo ha dichiarato ilm i n i s t ro della Difesa Charles Millon,che ha incontrato all’Eliseo il pre s i d e n-te Jacques Chirac. A Parigi si dà perc e rto che sia imminente l’annuncio del-la fine degli esperimenti nel Pacifico.

* * *Belgrado riconoscerà la Macedonia. I l

g o v e rno della Jugoslavia (Serbia eM o n t e n e g ro) ha deciso di norm a l i z z a rele relazioni con Skopje. La Macedoniasarà così la prima, tra le re p u b b l c i h edella ex Jugoslavia a stabilire rapport idiplomatici con i serbi.

* * *L’ e s t rema destra sarà pre s e n t e a l l e

elezioni politiche spagnole del pro s s i-mo 3 marzo. Ricardo Saenz de Yne-strillas, leader dell’Alleanza per l’U-nità nazionale, è infatti riuscito a unifi-c a re le formazioni che si richiamano alfalangismo. L’ e s t rema destra è assentedalle elezioni spagnole dal 1982.

* * *Il calcio entra al liceo. Dal pro s s i m o

s e t t e m b re gli studenti inglesi potrannop o rt a re il football come materia di esa-me. Lo ha deciso ieri il ministero dellaPubblica istru z i o n e .

* * *E’ morto Burne Hogart h , c re a t o re del

fumetto di Ta rzan. Il disegnatore ame-ricano, che nel 1937 iniziò a illustrarele avventure del piccolo lord inglese al-levato dalle scimmie, si è spento a Pa-rigi, all’età di ottantaquattro anni.

CARLO DE BENEDETTI

La situazioneLa crisi torna nella mani del Capo dello

Stato, che può ripagarsi del malumore per lacaduta del governo tecnico. Ieri si è perm e s-so anche qualche ironia: “Abbiamo avutop rove di grande creatività, con persone cheil giorno prima sostenevano una tesi e ilg i o rno dopo, con maggior vigore, ne soste-nevano una che non era più la stessa”. Lefonti del Quirinale autorizzano il riferimen-to della battuta a Silvio Berlusconi.

Sembra comunque che Berlusconi ora in-sista e lavori per l’accordo. Sull’atteggia-mento di Massimo D’Alema, invece, sonoa p e rte le scommesse: la propensione al votoe quella all’accordo sono date alla pari. D’A-lema nella trattativa ha acquisito un vantag-gio, inchiodandola alla “bozza Fisischella”,e intende sfruttarlo.

Il segretario del Pds si è detto contrario a“un accordo dimezzato”, senza la part e c i p a-zione di Alleanza nazionale. Questo vuol di-re: è inutile che Scalfaro dia un incaricoesplorativo, come gli suggeriscono i part i t iminori di centrodestra, sarebbe solo unap e rdita di tempo. Poi però D’Alema aggiun-ge, con una punta di malizia, che la base diun accordo c’è ed è il verbalino dei pro f e s-sori. Berlusconi deve convincere Fini ad ac-c e t t a re il “lavoro mirabile” del professor Fi-sichella, la designazione del premier da par-te di una maggioranza.

I L FO G LIOANNO I NUMERO 1 DIRETTORE GIULIANO FERRARA MARTEDÌ 30 GENNAIO 1996 - L.1 0 0 0

REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ: VIA VICTOR HUGO, 1 - 20123 - MILANO q u o t i d i a n o TEL. 02/8639181 - FAX 02/878596 - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE / 50% - MILANO

Le Città

San Pietroburgo lancia i bond comunali.

Londra multietnica

Bonn. I tedeschi non amano drammatiz-z a re, perciò nell’annuale rapporto sullo sta-to dell’economia, che il governo di Bonnp resenta ufficialmente oggi, si legge che “irischi di uno sviluppo più sfavorevole nonsono da sottovalutare”. Dietro la compo-stezza delle parole vi sono però cifre gravi,relative ai principali indicatori economici.

Già nel dicembre scorso tanto gli analistidel governo che la Bundesbank avevano an-nunciato che la Germania non avrebbe ri-spettato, per il ’96, i criteri virtuosi pre v i s t ida Maastricht in vista dell’unificazione mo-netaria. Ora il rapporto conferma che il de-ficit di bilancio sarà pari al 3,5 per cento delp rodotto interno lordo, mezzo punto supe-r i o re ai limiti stabiliti. Inoltre si prevede uni n c remento del Pil solo dell’1,5 per cento as-sai vicino alle fosche previsioni dell’Istitutodi studi economici di Berlino, che aveva an-nunciato un misero incremento dell’uno percento. E la disoccupazione in dicembre sfio-rava già i quattro milioni di unità.

Crisi del modello re n a n oSono cifre che inducono a pensare che la

G e rmania sia afflitta da qualcosa di più se-rio di un semplice rallentamento congiun-turale. La crisi riguarda il “modello re n a n o ”nel suo complesso – stabilità monetaria, al-ti salari, concertazione sociale, We l f a re – etempestivamente la Germania sta cerc a n d ouna via d’uscita: l’Alleanza per il lavoro, unpatto siglato il 26 gennaio fra governo, im-p renditori e sindacati è un chiaro segnale.

Le avvisaglie del rallentamento non era-no mancate: da quando nel ’92 si era comin-ciato a conteggiare i dati comprendendo ilaender orientali della annessa Rdt, la cre-scita del Pil si era fermata allo 0,6 per cen-to. “Non va dimenticato lo sforzo della riu-nificazione” dice infatti il politologo e stori-co della Germania Gian Enrico Rusconi.“ P a r l a re di crisi per il modello economicotedesco mi sembra eccessivo. E il fatto chetutte le componenti si siano immediata-mente riunite per riform u l a re i termini del-lo sviluppo lo dimostra”. Però, man manoche ci si allontana dalla data storica dellacaduta del muro di Berlino, appare semprepiù chiaro che sull’economia tedesca non hagravato soltanto l’immane sforzo della rico-s t ruzione, ma che anzi quell’evento ha na-scosto problemi di competitività del model-lo tedesco insiti nella sua intima stru t t u r a .P roblemi che secondo l’economista CarloPelanda “sono evidenti da oltre un decen-nio: l’economia della stabilità e degli alti co-sti sociali, cioè il modello tedesco, deprimei fattori di crescita. I risultati sono una com-petitività frenata, la deindustrializzazione ela lentezza nell’evoluzione”.

Difesa o rilancioAncora nell’esposizione delle “idee inno-

vative per il lavoro” presentate al G7 di De-t roit, la Germania non appariva pre o c c u p a-ta della competitività globale dello StandortDeutschland, dell’azienda Germania. Ma orail costo del lavoro è divenuto un freno. L’ u f-ficio studi di Business international ha cal-colato in 42.100 lire il costo del lavoro orarioin Germania, contro le 28.100 degli Stati Uni-ti e le 33.200 del Giappone. “Che la Germ a n i asubisca l’aumentata velocità di sviluppo del-la competizione internazionale è risaputo”commenta Franco Tatò, amministratore de-legato di Mondadori ed estimatore dichiara-to del modello tedesco, “ma l’alleanza per ill a v o ro mi sembra dimostrare la vitalità delsistema: l’economia chiama e subito la poli-tica si mette in moto per risolvere i pro b l e-mi”. E quello posto dall’attuale crisi è part i-c o l a rmente complesso: salvare un sistemache ha garantito ricchezza e pace sociale e alcontempo rilanciare competitività e occupa-zione. Se Rusconi vede nel patto sul lavorola saggezza di un aggiustamento complessi-vo, che non modificherà gli assetti della con-c e rtazione sociale, Tatò si inoltra in un’ana-lisi più dettagliata: “E’ evidente che non sitratta di ‘salvare il modello renano’. L’ o b i e t-tivo è rilanciare la competitività attraversoadeguati investimenti, l’innovazione tecno-logica e l’attenzione ai business futuri; e allostesso tempo il patto per il lavoro cerca serierisposte per l’occupazione. La vera domandaè: sarà sufficiente? Io penso che in Euro p af u n z i o n e r à ” .

Il beneficio dei costiMa se la competitività non avrà un’im-

pennata i sacrifici impliciti nell’alleanzaper il lavoro serviranno solo a rallentarel’aumento della disoccupazione, invece chea ricuperare due milioni di posti di lavoro .Wo l f s b u rg, cuore della Volkswagen, non è inG e rmania Orientale: ed è lì che si è verifi-cata l’eccedenza di 30 mila dipendenti sucentomila, ed è probabilmente da lì che par-te la strada che porta ad una revisione del

Nei palazzi in cui la politica non conta, inquelli veramente importanti, insomma,l’hanno già battezzato l’inciucino. E’ il pianotutto democristiano - infatti tutti ex dc sonoi suoi autori (Cdu, Ccd...) - per risolvere lacrisi di governo senza passare per le forc h ecaudine di una grande riforma che al pari diun’anguilla potrebbe sgusciar via di mano alp residente Scalfaro (e questo non sia mai).

Il progetto ha trovato orecchie attente alQuirinale e quindi, senza tema di passareper azzeccagarbugli (figura, del resto, assaipiù radicata alle italiche tradizioni di quel-l’infido straniero dell’uninominale maggio-ritario), i nostri eroi ex (?) dc stanno andan-

do avanti per la loro strada. L’idea sare b b eg rosso modo questa: il capo dello stato aff i-da già dopodomani l’incarico per form a re ilnuovo governo, l’uomo da lui prescelto sip resenta in parlamento proponendo ler i f o rme possibili (i sette punti di Dini conqualche punto in meno), mentre l’onere did e f i n i re quelle impossibili viene assegnatoa una commissione bicamerale. In questomodo Polo e Ulivo non sare b b e ro costretti ar a t i f i c a re in tempi re c o rd un accordo neid e t t a g l i . Qualcuno dice che Berlusconi nondisdegni il piano, D’Alema chissà… R i u s c i-ranno Casini e Mastella nel loro intento?

Ha un nome - strategia del tulipano - e uncognome, quello del suo inventore, Pisanu.E’ stato infatti proprio lui, il vicecapogru p-po di Forza Italia alla Camera, Beppe Pisa-nu, a ricord a re ai colleghi deputati che unacrisi lunga non è poi un gran male. E a so-stegno della sua tesi ha citato il caso olan-dese: da quelle parti è accaduto che una cri-si di governo durasse addirittura nove mesi,senza nocumento per nessuno. Un suggeri-mento al Colle? Consiglio da ex dc a ex dc?

Dicono che i parlamentari siano molto af-fezionati ai loro privilegi e che per questomotivo bisogna sciogliere le Camere senzainterpellarli, altrimenti non ci si riesce. Maforse qualche rappresentante del popoloc a m b i e rebbe idea se sapesse a quale tratta-mento è stato sottoposto non più tardi di unasettimana fa un deputato che conversavatranquillamente insieme ad alcuni colleghinel transatlantico di Montecitorio. D u n q u e ,il poveretto discettava della crisi quando uncommesso la ha brutalmente zittito. “Shh!”,ha sibilato portandosi l’indice sulle labbras e rrate perché il parlamentare capisse me-g l i o . Ma cosa era successo? Un fatto scanda-loso: il deputato aveva osato parlare di poli-tica nel palazzo della politica proprio men-t re il commesso stava illustrando a una sco-l a resca in visita le magnificenze di Monteci-t o r i o . Che oltraggio!

Ai parlamentari duri di ore c c h i e, a quelliche ancora non hanno capito che contanopoco più di niente andrebbe ricordato unsimpatico episodio che coinvolge alcuni lo-ro colleghi. Un gruppo di ingenui deputatiaveva indetto una conferenza stampa pers p i e g a re ai giornalisti che il pre s i d e n z i a l i-smo non è il peggiore dei mali. Uno ad unoavevano preso la parola per un interv e n t oi n t ro d u t t i v o . Si era giunti al terzo oratore ,un ex ministro del governo Berlusconi,quando un cronista spazientito ha invitatogli onorevoli a tacere e a rispondere solo sei n t e rrogati dai giorn a l i s t i .

modello renano. Soltanto grazie alla ridu-zione del 20 per cento dell’orario e del 15per cento del salario (in pratica l’abolizionedelle due mensilità aggiuntive) si è potutos a l v a g u a rd a re l’occupazione alla VW.

Se è ammirevole la prontezza con la qua-le sindacati e imprenditori hanno aff ro n t a t oi problemi, non è affatto certo che altre t t a n-ta tempestività caratterizzi il comport a m e n-to dell’autorità monetaria. L’analisi di Pe-landa è chiara: “I costi del sistema sociale ri-m a rranno un freno alla competitività. Io te-mo che per bilanciare il ritardo la Germ a n i adovrà insistere soprattutto su una politica dis f ruttamento ‘imperialista’ dei mercati del-l’Est europeo”. Alternative? “Eleggere laThatcher al posto di Kohl”, è la sua scherz o-sa conclusione.

Kohl alle prese con la crisidel “modello renano”Oggi il rapporto sull’economia 1996:

deficit alto e troppi disoccupati

G e rmania in diff i c o l t à

Un inciucino piccolo piccoloper evitare le riformeIncarico subito, governo dai compiti

limitati, il resto alla Bicamerale

Piano degli ex dc

I piani di De BenedettiL’Olivetti si aggrappaal business dei telefonie punta sulla politicaLa società di Ivrea, sempre più in crisi,

sogna la Stet e si tiene stretto il gruppo Espresso-Repubblica

Soccorso rosso dei sindacati

PASSEGGIATE ROMANERUBRICA

OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO

L AL I N E A DEI POTERI FORTINELLO SCONTRO POLITICO • ERNESTO PASCALE, il capo della

Stet, è libero dai vecchi padrinati.Ora il conflitto è sul monopolio e laprivatizzazione (pagina 3)

• LUCIO COLETTI, filosofo, dice chel’Italia ha già perduto il treno del-l ’ E u ropa, e che il liberalismo è unachimera (intervista, pagina 2)

• BERLUSCONI, CRAXI: una richie-sta di rinvio a giudizio che fa chias-so, un Paese appeso alle decisionidei tribunali (editoriale pagina 3)

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ANNO I NUMERO 1 - PAG 2 I L FOGLIO QUOTIDIANO MARTEDÌ 30 GENNAIO 1996

Lo scalfarismo (quello di Oscar Luigi,non quello di Eugenio, che è autore f e re n-ziale all’Io) è un prodotto del Sacro costi-tuzionale, avvallato dall’esegeta principe,Paolo Barile. R i c o rdo l’unzione con cui ilBarile sostenne lo Scalfaro nella operazio-ne Mancuso. E la Corte costituzionale si in-chinò puntualmente. Perciò il principalecompito liberale in Italia è la dissacrazio-ne. Infine la nostra è la Costituzione, nelcui regno è avvenuta la partitocrazia, lostato è divenuto invadente e impotente, so-no nate le varie tangentopoli e affini diquesto mondo.

La realtà ha rivelato il carattere ideolo-gico (nel senso di Marx, di mistificazionedel reale) del nostro testo sacro. Ed è acca-duto che Scalfaro potesse form a re un go-v e rno senza maggioranza, fatto di non par-lamentari, con il silenzio del gran libro co-stituzionale. Fidel Castro, a un parlamen-t a re democristiano in visita a Cuba, ha det-to: “Voi in Italia avete eletto mille parla-mentari e non ce n’è uno nel governo”. Be-nedetto Fidel, è bello ricevere da Cuba le-zioni di democrazia.

Ma questa contraddizione con la re g o l amorale e politica della democrazia non èstata notata dai costituzionalisti. Non è esi-stito alcun vero dibattito di politica costitu-zionale, nonostante la prassi delle istitu-zioni andasse ben oltre il senso della Costi-tuzione. Solo Giuseppe Maranini tentò dia p r i re un serio dibattito sul rapporto tra iltesto della Costituzione e il funzionamentodelle istituzioni: e solo Gianfranco Miglio eil Club di Milano aff ro n t a rono il pro b l e m adella critica del testo costituzionale. La cri-tica poneva in luce l’insufficienza del testoa garantire un reale funzionamento parla-m e n t a re delle nostre istituzioni. Furono ipolitici, da don Sturzo a Pacciardi a Craxi,a porre il problema del nesso tra i valoripolitici della Costituzione, il suo testo e laprassi reale delle istituzioni.

* * *Ma la gravità del testo del ‘48, sancita da

cattolici e da comunisti è divenuta la form adi pensiero dei costituzionalisti. Da essiviene il concetto che la Costituzione scrittaè integrata da quella materiale cioè dalfunzionamento reale del sistema politico:la part i t o c r a z i a . La sacralità della Costitu-zione ha bloccato la critica politica dellaCostituzione, scritta e attuata.

L’ “Eppur si muove” venne fuori dai re-f e rendum: i marginali della Costituzione fu-rono dei Galileo di fronte al Bellarmino co-stituzionalista. Se è stato possibile lo scal-farismo, lo è stato grazie al “barilismo”,cioè al culto del testo senza riferimento al-la realtà politica delle istituzione e dellas o c i e t à .

Gianni Baget Bozzo

La democrazia italiana è prigioniera del-la Costituzione del 1948. Che è una co-

stituzione ideologica. Prima di parlare delsuo proprio oggetto, l’organizzazione deipoteri dello Stato, essa descrive una visio-ne della società, si insinua in tutti gli aspet-ti della vita, è insomma un profilo di Utopiaposto come prologo in cielo alla parte ter-rena e materiale. Solo nell’utopia di Moro( Tommaso), si sarebbe potuto leggere un ar-ticolo come l’articolo 3 che intende “ri-m u o v e re gli ostacoli di ordine economico esociale che, limitando di fatto la libertà el’eguaglianza dei cittadini, impediscono ilpieno sviluppo della persona umana e l’ef-fettiva partecipazione di tutti i lavoratoria l l ’ o rganizzazione politica, economica e so-ciale del Paese”. Insomma, la giustizia so-ciale dei cattolici e la società socialista deicomunisti fuse in una sola frase.

* * *La Costituzione assegna alla Repubblica

la funzione di braccio secolare di una com-posita ideologia. Si dice che i primi 54 art i-coli della Costituzione siano intoccabili. Lavera novazione culturale sarebbe invecequella di scorporarli dalla Costituzione e dilasciarli come valori di riferimento, un po’quello che aveva fatto la Cassazione primache fosse istituita la Corte Costituzionale.Se ci sarà una novazione liberale essa do-vrà aff ro n t a re il carattere ideologico dellaCostituzione, in cui talvolta il compro m e s-so tra cattolici e comunisti raggiunge l'i-nintelligibilità, come l’ineffabile definizio-ne della repubblica italiana “fondata sull a v o ro”. Fu una pensata di Fanfani, per ri-s p o n d e re alla richiesta di Togliatti di pro-c l a m a re la “repubblica dei lavoratori”.

È tempo di secolarizzare la Costituzioneliberandola dalla sacralità fondatrice deiprimi 54 articoli. Ma di essi i giuristi si so-no curati poco.

Ho dinnanzi un libro di Paolo Barile, del1979, su “I nodi della Costituzione”, in cuinon si parla nemmeno di essi. Ciò non to-glie che essi hanno una funzione: quella dic re a re la sacralità della Costituzione. Del-la Costituzione si parla solo con re v e re n z a ,come se fosse la Torah di Mosé o il Va n g e l odi Cristo. Mi dicono che la comunità di donDossetti l’abbia deposta sull’altare e fattala veglia del testo…

* * *Siamo prigionieri del sacro ideologico

della Costituzione, che ha come ponteficeo fficiante la Corte costituzionale e i suoidiaconi nei costituzionalisti. È nato così ilculto del testo, la sua lettura indipendentedalla realtà: una perfetta esegesi talmudi-c a . La realtà terrena è molto diversa, maalla realtà gli esegeti della Costituzionenon guard a n o .

Roma. “Gli articoli che da qualche annovado scrivendo sul Corr i e re della Sera a so-stegno del liberalismo, in realtà, nell’animomio, hanno gli accenti dell’epicedio, del la-mento funebre, giacché questa benedettal i b e rtà liberale arriva in Italia troppo tar-di, e ha i giorni contati”.

Siamo andati a interv i s t a re Lucio Collet-ti per parlare con lui della “libertà”, ossiadi quello che, nelle società democratiche,al termine di un secolo intensamente anti-liberale, sembra essere finalmente diven-tato uno dei valori fondamentali che orien-tano comportamenti individuali e colletti-vi. Troviamo invece il nostro illustre inter-l o c u t o re assai inquieto per gli scenari chesi dischiudono di fronte a noi. “Ma siate ab-bastanza intelligenti da non accusarmi dipessimismo”, avverte subito, “giacché ilpessimista è semplicemente un ottimistameglio inform a t o ” .

Alle prese con un pensiero così risoluta-mente disincanatato, più che un’interv i s t a ,è proprio un’orazione quella che abbiamor a c c o l t o .

Liberalismo, l’Italia arriva dopo 15 anni“La ripresa del liberalismo e del liberi-

smo, che in Occidente è avvenuta quindicianni fa, con la Thatcher e con Reagan, danoi arriva solo adesso quando ormai la cri-si dello stato sociale non può essere piùguidata dalla politica, ma esplode senza ar-gini e senza strumenti per govern a r l a .

“Questa crisi, per di più, sopraggiungenel momento in cui la mondializzazionedell’economia accentua in tutto l’Occiden-te la distanza tra ricchi e poveri. Le grandimultinazionali trasportano infatti segmen-ti della loro produzione nei paesi dell’Eu-ropa orientale e dell’Estremo Oriente, do-ve il costo della mano d’opera è molto bas-so e, grazie a ciò, anche fasi di ripresa eco-nomica non si accompagnano più necessa-riamente a uno sviluppo dell’occupazione.

Il panico dei ceti medi“Il capitalismo americano, inoltre, per

re g g e re alla concorrenza internazionale, èc o s t retto a continue ristrutturazioni, le qua-li comportano il licenziamento dei collettibianchi, cioè la disoccupazione dei cetip rofessionalmente medio-alti: costoro, ma-gari a 50 anni, quando maturavano orm a iaspettative di coronamento della carr i e r a ,si trovano espulsi improvvisamente dallal o ro grande azienda e gettati sul mercato, epossono rientrare nell’occupazione solo acondizione di accettare stipendi notevol-mente più bassi, con una evidente crisi distatus.

Tutto ciò genera ovviamente una re a z i o-ne di panico tra questi ceti medi, la quale asua volta, può alimentare anche nei paesipiù democratici, spinte verso forme di ce-sarismo, se non proprio di autoritarismo,i n c rementate, per altro, dalla spettacola-rizzazione della politica attraverso la tele-v i s i o n e .

Paghiamo il fallimento del tentativo di Craxi“Ora, mentre queste tendenze inquie-

tanti toccano ormai anche l’Italia, qui danoi il ridimensionamento dello Stato socia-le - cioè un processo che in America, in In-g h i l t e rra, in Germania ha avuto la sua sta-gione quindici anni fa, realizzandosi, tuttosommato, con un controllo politico, e quin-di senza tensioni sociali part i c o l a rm e n t eacute - qui da noi, dicevo, questo pro c e s s ocomincia appena timidamente a esprimer-si, nella forma di una speranza, quando in-vece nel mondo stanno maturando già lecondizioni per una fase ulteriore, quelladel giro di vite.

Lamento per un’impossibile Italia liberale“ SC R I VO SE M P R ED I LI B E R A L I S M OM A, I N FO N D O, M I IN G A N N O” . IN T E RV I S TA C O N LU C I O CO L L E T T I

fascismo. Perché, in fondo, cosa distingue-va il fascismo dal comunismo? Il comuni-smo intervenne sulle stru t t u re private del-l’economia, mentre il fascismo le lasciò invita e sovrappose soltanto una cupola auto-ritaria. Ed ecco che in Cina prende corpop roprio la possibilità di una società di mer-cato fortemente autoritaria. E lo stesso, infondo, sta accadendo in Russia, dove assi-stiamo a spinte nazionaliste e vetero c o m u-niste che potranno dare vita a forme di au-toritarismo, senza che necessariamente sidebba cancellare del tutto quel tanto dieconomia privatizzata che è stata intro d o t-ta in questi anni.

L’ E u ropa per noi è inaff e rr a b i l e“Per ripre n d e re il filo del discorso e trar-

ne una conclusione, considerate allora chel’Italia si trova di fronte alla promessa diuna stagione di riforme liberali nel mo-mento in cui nel mondo questa stagionesembra essersi esaurita per cedere il passoa un’altra, molto inquietante, caratterizzata,nelle stesse società democratiche occiden-tali, da spinte di tipo cesarista. E conside-rate inoltre il fatto che intanto continuano as u s s i s t e re in Italia tutte le vecchie stru t t u re ,sia economiche che politiche, giacché ilpaese è sempre sul punto di compiere unat r a s f o rmazione senza compierla mai.

“Come se non bastasse, il nostro paese hagià perduto irrimediabilmente il treno del-l ’ E u ropa. Qui è inutile che ci si faccia illu-sioni: per agganciare l’Europa dovre m m of a re una manovra da 90 mila miliardi primadel 1997, e una simile manovra non può es-s e re fatta né dalla sinistra né dalla destrada sole. E anche il governo delle larghe in-tese di cui si parla, anziché essere pro s p e t-tato come un gabinetto di guerra, in cui la-buristi e conservatori si mettono insiemeper tentare disperatamente di aff e rr a rel ’ E u ropa, e cioè di risanare la finanza pub-blica, tale governo viene invece evocato inriferimento a riforme costituzionali, che ri-c h i e d e re b b e ro piuttosto un’assemblea elet-ta ad hoc.

Un paese cha da tempo non ha più l’anima“Insomma, il pasticcio italiano si tro v a

p reso nella morsa dei grandi e minacciosieventi che si profilano sul pianeta. Il paese,c e rto, avendo da tempo perduto l’anima,non può vivere nulla di grandioso, nemme-no dunque grandiosi disastri. Ma mentremolti si illudono (e io quando scrivo sul Cor-r i e re, fingo di essere tra quelli) che l’Italiasia finalmente alla vigilia di una stagione li-berale, la quale ci faccia entrare a pieno ti-tolo tra i protagonisti del mondo occidenta-le, in realtà questa giovinetta che è la li-b e rtà liberale mi appare, nella luce ingan-nevole di un’estate di San Martino, come laSilvia cantata da Giacomo Leopard i ” .

Il nostro paese si trova di fronte alla promessa di una stagione diriforme liberali nel momento in cui nel mondo questa stagione sembraessersi esaurita e cede il passo a tentazioni di cesarismo. Siamo sempresul punto di compiere una trasformazione senza compierla mai

“Questo ritardo non è casuale. Per dirlain due parole, l’Italia paga drammatica-mente il fatto che il Pci abbia retto fino al1989, e paga il fallimento del tentativo diCraxi, giacché le riforme di cui si discuteoggi, dalla privatizzazione delle part e c i p a-zioni statali fino alle modifiche costituzio-nali, in realtà si sare b b e ro dovute fare al-l’inizio degli anni ‘80, quando del resto fu-rono proposte, salvo poi ingorgarsi sia nel-le menti di chi le aveva proposte sia nellementi chiuse di chi avrebbe dovuto racco-g l i e re quelle proposte... e quando parlo di

menti chiuse penso soprattutto a Ciriaco DeMita, a Enrico Berlinguer, a AlessandroN a t t a .

“Ma consentitemi di aprire un’altra pa-rentesi internazionale, perché bisogna purg u a rd a re in faccia quel che sta accadendoi n t o rno a noi, altrimenti ogni discorso sullal i b e rtà rimane campato per aria. Osserv a-te, ad esempio, la Cina, dove ampie zonedella società vengono aperte all’impetuososviluppo del mercato capitalista, ferma re-stando, però, la dittatura del partito unico.Ne risulta la prospettiva di un nuovo tipo di

● O G G I - Sulle regioni settentrionali cie-lo prevalentemente nuvoloso con possi-bilità di residue pre c i p i t a z i o n i . Sul re-sto del paese da molto nuvoloso a co-p e rto con precipitazioni diffuse anche ac a re t t e re temporalesco. Nevicate possi-bili sull’Appennino centro meridionale.● D O M A N I - Generali condizioni di tem-po perturbato sia sulle regioni setten-trionali che su quelle meridionali.

I N T E RV I S T A

ciale francese Tf1, il grande costru t t o reM a rtin Bouygues (giro d’affari: 72,4 mld difranchi), è oggi travolto da accuse di “cor-ruzione” e schiacciato da numerosi dos-s i e r. All’inizio, scrive Daniel Carton, il me-todo della tv commerciale francese, in po-litica, era quello di “accontentare tutti”,una formula “semplice, efficace”. Ma “ilmetodo ‘generalista’ incontra rapidamentedei limiti. I pensatori di casa Bouygues re a-lizzano presto che Tf1 è uno stru m e n t ot roppo prezioso per farne un self-service. Eche la tv fa impazzire la gente, ma che que-sta follia può diventare una vera e pro p r i aminiera d’oro... Il giro dei Bouygues non èc e rto di sinistra, e la vera identità, quandosi tratta di grandi poste in gioco, viene fuo-ri senza indugi. All’indomani dell’elezionep residenziale dell’88, quando FrançoisM i t t e rrand conquista un secondo setten-nato, Tf1 innalza ben visibile il vessillo coni colori della destra. Chirac è consideratofinito”. Così, molti anni dopo, nessuno si ès o r p reso per il fatto che “Tf1 fosse intentaa pavimentare la via reale che si apriva da-vanti al Primo Ministro della seconda coa-bitazione. Edouard Balladur, come si dice-va nel suo entourage, a Tf1 si sentiva a ca-sa sua”. Bouygues, è la conclusione, “avevascommesso sul cavallo sbagliato”.

Quando dietro l’industria c’è la Borsa, lecose vanno meglio. Il controllo bancariodelle imprese copre spesso aree di ineff i-cienza produttiva. Lo sostiene un edito-riale dell’Economist (numero 7950, ‘96) ap roposito delle vicende del gruppo Gra-nada (media e catering) che ha scalato inBorsa, combattendo ferocemente contro ilmanagement, l’impresa alberghiera For-te, e di quelle della conglomerata tedescaD a i m l e r-Benz, che ha chiuso il ru b i n e t t ofinanziario della sua consociata olandese,la Fokker (produttrice di aere i ) .

Il fatto che il grande gruppo tedesco ab-bia subito la più massiccia perdita intempi di pace avvenuta in Germania (4 mi-l i a rdi di marchi, 6.600 miliardi di lire) esia stato costretto ad abbandonare al suodestino un’impresa tecnologicamentemolto avanzata, è dovuto ad una dissen-nata strategia di diversificazione degli in-vestimenti, tipica di grandi gruppi indu-striali che, secondo il modello renano, so-no controllati da grandi banche e non sen-tono il morso degli azionisti sulle aree diinvestimento improduttivo. Il gruppo For-te, a sua volta, ha mostrato nei suoi bilan-ci aree improduttive, ma il suo manage-ment ha subito la dura legge di una Bor-sa che non abbandona nessuna occasionedi affari, e non risparmia chi non sa sfru t-tarle a pieno.

L’ a m o re di Papandreou e Dimitra (Mimi)è giudicato come una metafora della li-b e rtà greca da Vassilis Vassilikos, intellet-tuale di sinistra che vive a Smirne, su DieZeit (n°5, ‘96). “Papandreou ha dato ai gre-ci la libertà della propria coscienza. Noiabbiamo, per la prima volta dall’antichità,l’agio di riflettere su noi stessi. Libertà èanche la libertà di esprimere le debolezzedella natura umana. Nei paesi puritani deln o rd - E u ropa, uno scandalo come l’aff a i reMimi avrebbe significato la fine di unac a rriera politica. La Grecia era, già nel-l’antichità, una società dionisiaca, e questatradizione è sopravvissuta fino ad oggi. Pa-p a n d reou si è innamorato di Mimi e lamaggior parte della gente ha accettato que-sto fatto. In una dittatura, dove può esiste-re solo l’elemento eroico, questi aspettidell’umanità vengono re p ressi. Papan-d reou entrerà nella storia come l’uomo cheha sconfitto questa re p ressione, un fre n oche ostacolava da generazioni lo sviluppodella società greca”.

I disastri nell’era tecnologica sono sotto-posti a un rituale. Quando esplode un ae-reo o un impianto industriale si apre lacaccia ai “resti” della disgrazia, che si tra-s f o rmano in feticci. E’ un rituale concepitoper consacrare l’efficacia della tecnologiam o d e rna: si devono scoprire le cause del-l’incidente per pre v e n i re i successivi. Mal-com Gladwell spiega, in un articolo sulNew Yorker (n° 45, ‘96), citando il saggiodella sociologa Diane Vaughan sul disa-s t ro del Challenger, (“The ChallengerLaunch Decision”), come questi rituali ras-sicurativi non tengano conto della com-plessità del mondo moderno: esiste sem-p re la possibilità che qualche combinazio-ne di minimi incidenti, nessuno dei qualidi per sé catastrofico, si realizzi, pro v o c a n-do i tipici disastri della tecnologia moder-na. Corre re dietro a un’illusoria sicure z z aassoluta serve soltanto a pre p a r a re nuovec a t a s t ro f i .

A Monaco si è fatto un esperimento suuna compagnia di taxi. Metà delle autodella compagnia sono state fornite di fre-ni efficacissimi di nuovo tipo, e le altrehanno continuato a usare la vecchia tec-nologia. Dopo un certo periodo si è con-statato che il maggior numero di incidentiavveniva alle macchine degli autisti conf reni nuovi. La maggiore sicurezza li spin-geva ad imprudenze che prima non si era-no mai perm e s s i .

Il rapporto tra i magnati della Tv e la po-l i t i c a è sempre complicato, come docu-menta Le Nouvel Observateur (n°1629). Ilp roprietario della onnipotente tv commer-

L’ a m o re di Papandreou e Mimi(una metafora della libert à )

E S P A T R I O

Il mito di una Costituzione sacraposta sull’altare come una re l i q u i a

S I G N O R D I R E T T O R E

Lucio Colletti 71 anni, è pro f e s s o reo rdinario di Filosofia teoretica all’Uni-versità “La Sapienza” di Roma. Allievodi Galvano Della Volpe, Colletti è stato,fino alla metà degli anni Settanta, unodei più autorevoli rappresentanti dellacultura marxista in Italia. Risalgono aquella stagione libri come “Il marx i-smo e Hegel” (1960), “Ideologia e so-cietà” (1969), “Il marxismo e il ‘cro l l o ’del capitalismo” (1970), tradotti in tuttele principali lingue del mondo.

La sua “Intervista politico-filosofi-ca” (1974) segna il distacco di Collettidal marxismo e l’inizio di un impegnointellettuale centrato sul sostegno deivalori liberali e sull’appro f o n d i m e n t odei loro fondamenti filosofici. A questafase, appartengono “Tra marxismo eno” (1979), “Il tramonto dell’ideologia”(1980), “Pagine di filosofia e politica”(1989). Ha inoltre recentemente pubbli-cato un suo studio giovanile “La logicadi Benedetto Croce” (1992).

Un filosofo tra marxismo e no

I L FO GLIO q u o t i d i a n o

DI R E T T O R E RE S P O N S A B I L E: GI U L I A N O FE R R A R ASO C I E T À ED I T R I C E: IL FO G L I O QU O T I D I A N O S .R.L

VI A VI C T O R HU G O, 1 - 20123 MI L A N O

TE L. 02/8639181 - FA X 0 2 / 8 7 8 5 9 6AM M I N I S T R AT O R E UN I C O: SE R G I O SC A L P E L L I

CO O R D I N A M E N T O: BR U N O CA L C H E R A

RE D A Z I O N E: BE P P E BE N V E N U T O, MI C H E L E BU R A C C H I O,UB A L D O CA S O T T O, MA U R I Z I O CR I P PA, MAT T I A FE LT R I,

LO D O V I C O FE S TA, GI A N C A R L O LO Q U E N Z I,MA R I L E N A MA R C H I O N N E

RE G I S T R A Z I O N E TR I B U N A L ED I MI L A N O

N. 611 D E L 7 / 1 2 / 1 9 9 5TI P O G R A F I E: ON LI N E SY S T E M - VI AD E L L A MA G L I A N A

400 - 00148 RO M A; TE L E S TA M PA NO R D

VI AD E L L A RE P U B B L I C A, 93 - 20033 MU G G I Ò ( MI)CO N C E S S I O N A R I AP E RL A PU B B L I C I T À: SP E - SO C I E T À

PU B B L I C I T À ED I T O R I A L E - V.L E MI L A N O FI O R I, ST R. 3,PA L. B/10 - 20094 AS S A G O ( MI L A N O) - TE L. 02/57577-1 DI S T R I B U Z I O N E ES C L U S I VA P E R L’ ITA L I A: A&G MA R C O

SPA - VI A FO R T E Z Z A, 27 - 20126 MI L A N O

AB B O N A M E N T I: STA F FS R L - BU C C I N A S C O

TE L. 02/45703070, FA X 0 2 / 4 5 7 0 1 5 1 5UN A CO P I A L .1 . 0 0 0

AR R E T R AT I L .2 . 0 0 0 + CO S T ID I SP E D I Z I O N E PO S TA L E

Page 3: 001 MAR 30-01-96

LA LO T TA D E L L A FR A N C I A CO N T R O L’ US O PO L I T I C O (E SP I O N I S T I C O) D E L L E CA M PA G N ED I MOR A L I Z Z A Z I O N E

Ri c o rdate il libello Le mie prigioni deln o s t ro avo patriota Silvio Pellico, epi-

ca denuncia del sistema carcerario au-s t ro a s b u rgico? Ben pochi però sanno chele prigioni di Vienna erano, in paragone aquelle inglesi, degli hotel a quattro stelle.

E’ quanto emerge da un monumentalestudio sulle origini dell’Australia re a l i z z a-to, dopo oltre dieci anni di ricerche, dal fu-s t i g a t o re del politically correct (La culturadel piagnisteo, Adelphi, 1995) Robert Hu-ghes, australiano trapiantato a New York e,dal 1970, critico di Time. L’opera di Hu-ghes, La Riva Fatale, è stata pubblicataper la prima volta nel 1986, è approdata ins o rdina in Italia nel 1990 ed è stata re c e n-temente riedita (ottobre 1995).

La sinistra epopea della colonizzazioneinglese dell’Australia dura quasi un seco-lo e abbraccia un periodo re l a t i v a m e n t erecente della storia contemporanea (finedel XVIII-metà del IXX secolo); inizia il 6gennaio 1787 con 736 galeotti, uomini edonne insieme, imbarcati sulla prima flot-ta di deportati, e si conclude con un ultimocarico di irlandesi nel 1868. E’ la storia di160mila persone - uomini, donne e bambi-ni - avi dell’attuale razza australiana, il cuidestino fu segnato da crudeltà inimmagi-nabili. Passando in rassegna il primo cari-co di galeotti, Hughes rileva che si tratta dicondannati “tutti per reati contro la pro-prietà”, i due terzi dei quali per piccoli fur-ti. Ecco qualche caso documentato: Eliza-beth Beckford, di settant’anni, condannataa sette anni di deportazione per aver ru b a-

to dodici libbre di formaggio; ThomasHawell, bracciante, sette anni per aver ru-bato “una gallina viva del valore di duepence e una gallina morta del valore didue pence; la ventiduenne disoccupata Eli-zabeth Powley, condannata a morte e poigraziata con la deportazione a vita per averrubato da una cucina del Norfolk venti-q u a t t ro once di burro, pancetta, farina e zi-bibbo; un indiano dei Caraibi che spintodalla fame era entrato in un orto dove svel-se, guastò e distrusse contro la forma dellalegge dodici piante di cetriolo”. Questa erala casistica del criminale medio deport a t o ,la “massa escrementizia”, di cui dissert a v ail riform a t o re di Jeremy Bentham. “Quin-tessenza del sistema punitivo”, raccontaHughes, fu Norfolk Island, “grumo di terr aa ffiorante nell’infinita distesa del Pacifico,mille miglia a est di Sidney e quattro c e n t omiglia a nord della Nuova Zelanda”. Nelleo t t o c e n t o t renta pagine scorrono le testi-monianze di un’epopea in cui l’Australiaa p p a re come il regno incontrastato della

f rusta, della tortura, della violenza perpe-trata in nome della Legge. Un sistema tan-to scientifico che le autorità si pro c u r a v a-no di re g i s t r a re ogni frustata, pena che ave-va “lo scopo di pre v e n i re la criminalità inpatria” e che era comminata indipenden-temente dalla condotta dei prigionieri. Nel1830 i deportati sono 18.571 e i registri del-le autorità britanniche riportano la cifra di124.333 frustate alla media di 41 fru s t a t eper fustigazione. Nel 1835 i deportati sono32.102, il numero delle frustate risulta qua-si triplicato, la media è di 44 frustate perfustigazione. Il re g i s t ro delle punizioni ri-p o rtava a volte totali da primato. E’ il casodi William Riley che, nei due anni passatiin catene pesanti dopo l’ammutinamento,scontò tre mesi di prigione, undici mesi diisolamento e ricevette novecento fru s t a t e .Ed ecco le motivazioni delle pene: “Peraver detto: ‘O mio Dio’, mentre era in cate-ne per ammutinamento: 100 frustate; peraver sorriso mentre era in catene: 100 fru-state; per essersi procurato del fuoco perf u m a re: 50 frustate; per aver cantato unacanzone: 100 frustate; per aver chiesto unacicca di tabacco: 50 frustate...”.

Un’ultima notazione. Nella sua versioneitaliana, purt roppo anche il libro di Hu-ghes subisce un’ingiusta fustigazione. In-fatti la lodevole iniziativa di Adelphi ha unsolo neo: nel quarto di copertina si leggeche La riva fatale sarebbe “la storia scon-volgente di come l’Europa concepì l’idea dit r a s f o rm a re un continente in un immanecampo di concentramento”. L’ E u ropa?

LIBRI

R o m a . Come navigano i poteri economicinella Seconda repubblica? Quali sono i rap-p o rti con la politica? Il governo tecnico ha

lasciato loro senza dubbio molto spazio: mai processi di assestamento in atto hanno unos p e s s o re più ampio di quello determ i n a t odalla congiuntura politica. Iniziamo un’in-chiesta su questo tema con la Stet.

Per la Stet un nome che conta molto èquello di Paracelso: con questo aulico nome

che evoca strane co-smogonie, cabala, mi-steri, si firma un pit-t o re che ha all’attivom o s t re di successo inItalia e all’estero. Finqui niente di stranosolo che al grandepubblico e alla stam-pa economica questomisterico Paracelso ènoto con altro nome ea l t re attività: Ern e s t oPascale, amministra-t o re delegato dellaS t e t .

Uomo di grande esperienza manageriale,tra i pochi ad avere solide basi e buone en-t r a t u re sulla piazza di New York, Pascale fap a rte di una generazione di grand commisdelle Partecipazioni statali che ha vissuto incontemporanea due grandi mutazioni.

Grazie alla riforma manageriale intro d o t-ta dal governo Amato nel ‘92 nelle Part e c i-pazioni statali, si è trovata svincolata dals o ffocante controllo e “scambio” quotidianocol potere politico. Subito dopo è passata in-denne attraverso la distruzione dello stessop o t e re politico, senza peraltro pagare, nel-l’insieme, prezzi significativi alla rivoluzio-ne dei giudici (Mani Pulite, se si escludonoi casi del povero Cagliari e di Nobili, ha tro-vato poco lavoro nell’intero universo del-l’industria di Stato).

La protezione di Antonio GavaDi quella generazione Pascale è uomo di

punta e ha saputo pro f i t t a re come pochi del-l’indebolimento della pressione del mondopolitico, che è stata, peraltro, la sua grandec a rta in passato. Sessantadue anni, ha sali-

GOSSIP

EDITORIALI

La legge di “Buba”

Destra, sinistra e presidenzialismo

Soldi, politica e cavilli

Le recenti dichiarazioni del gover-n a t o re della Banca d’Italia sem-

brano aver attraversato il cielo dellapolitica italiana come una stella ca-dente. Eppure ci sarebbe più di un mo-tivo per essere allarmati. Antonio Fa-zio esclude nell’immediato una qual-siasi diminuzione dei tassi di intere s s ee conferma così, caso mai ce ne sia an-cora bisogno, che l’Europa è integral-mente dipendente dal marco e chenessun paese dell’Unione europea puòp e rmettersi una politica monetaria au-t o n o m a .

La Banca centrale europea pre v i s t adal Trattato di Maastricht e legata allamoneta unica esiste già: è la Bunde-sbank, “Buba” secondo il gergo deglioperatori di mercato. Nel suo consigliodi amministrazione siedono, con moltavoce in capitolo, i finanzieri di Statodella Germania profonda, quelli chevengono dai Laender e che port a n oiscritto nel loro patrimonio genetico ilgrande incubo della Repubblica diWe i m a r, la tragedia dell’inflazione. Lamassima concessione possibile, per lo-ro, è un decremento minimo, simbolico,dei tassi di interesse.

F o rte della sua totale autonomia dal-l’esecutivo, “Buba” difficilmente si la-scerà convincere a lasciare un po’ dibriglia sul collo del marco, malgrado ipericoli ormai incombenti della sta-

gnazione economica e della disoccupa-zione.

Le altre Banche centrali, tra cuiBankitalia, non possono fare altro cheadeguarsi, con tutte le conseguenze delcaso per i paesi che vantano tristi pri-mati in materia di finanza pubblica.Una riduzione dei tassi di interesse sa-rebbe decisiva per consentire alla no-stra economia di muoversi sulle due li-nee maestre di uno sviluppo equilibra-to: la riduzione del peso finanziario deldebito pubblico e la ripresa degli inve-stimenti per la creazione di nuova oc-cupazione.

Quando Fazio sollecita per l’Italiauna nuova manovra finanziaria primadell’estate, è evidente la critica al go-v e rno Dini. Dini si è preoccupato dim e t t e re in pratica l’adagio della finan-za pubblica italiana: “non fare mai og-gi i sacrifici che si possono rinviare adomani”, piuttosto che ancorare la po-litica economica nazionale all’eff e t t i v oandamento dei mercati europei.

La legge finanziaria per il 1996 re-sterà infatti negli annali come un esem-pio perfetto di occasione perduta, mal-grado l’opinione contraria di queglieconomisti maitre s - à - p e n s e r, come ilp remio Nobel Franco Modigliani, ched i ffondono un pericoloso ottimismop redicando improbabili rimedi indolo-ri per ridurre il debito pubblico.

La discussione sulle istituzioni dellaseconda repubblica procede in un

clima assurdo. La destra rifiuta l’unicov e ro modello di presidenzialismo euro-peo, quello francese, e la sinistra lo ac-cetta. Ma la destra si dice pre s i d e n z i a l i-sta e la sinistra no. Forse bisognere b b echiarirsi un po’ le idee, obnubilate dat roppe lezioni di troppi pro f e s s o r i .

Quando a sinistra si dice “no al pre-sidenzialismo plebiscitario” e “sì al se-m i p residenzialismo francese” forsenon si sa bene di che cosa si parla. LaCostituzione della Quinta repubblica èdi ferro, è la quintessenza del pre s i-denzialismo plebiscitario. Il pre s i d e n-te è eletto dal popolo, capeggia l’esecu-tivo, presiede il consiglio dei ministri,gode di poteri fortissimi. E’ un monar-ca repubblicano. François Mitterr a n d ,quando faceva l’opposizione a CharlesDe Gaulle, il cre a t o re di questa Costi-tuzione, ne definì i principi “un colpodi stato permanente”.

Tutti i poteri sono strutturati intorn oal rapporto centrale e diretto tra popo-lo e presidente. Il Parlamento ha unalegittimità inferiore a quella pre s i d e n-ziale, può essere sciolto dal pre s i d e n t ema non lo può sfiduciare. Quest’ultimonomina il primo ministro, che è desti-

nato a essere il fusibile che salta ogni-qualvolta declini la popolarità pre s i-denziale. Il capo del governo è un capo-gabinetto che si limita a coord i n a re lapolitica interna. Esteri e difesa sono ri-s e rvati all’Eliseo.

Quanto ai rapporti con il Parlamen-to, il governo fissa l’ordine del giorn odell’Assemblea Nazionale e la data diconvocazione. Può dare per appro v a t aqualsiasi legge, ai sensi dell’articolo 49ter della Costituzione, senza che ci siastato neanche un voto. L’ A s s e m b l e apuò rivalersi solo presentando una mo-zione di sfiducia contro il governo nelg i ro di quarantott’ore. Il Senato, elettodagli enti locali, è un pleonastico cimi-t e ro degli elefanti. Per De Gaulle era“inutile come la pro s t a t a ” .

Insomma, il semipre s i d e n z i a l i s m ofrancese possiede una coerenza giaco-bina e decisionista che non può essereedulcorata a chiacchiere. Per De Gaul-le questo sistema faceva tutt’uno conl’idea di una Francia autonoma sul pia-no nucleare. La dissuasione del “debo-le verso il forte” si basa sulla sicure z z ae sulla rapidità della risposta.

La sinistra e la destra, prima di pro-p o rre o re s p i n g e re questo modello, do-v re b b e ro forse cerc a re di conoscerlo.

Farà chiasso la richiesta di rinvio agiudizio di Berlusconi e della Fi-

ninvest per finanziamento illecito delPsi. La procura è convinta che 15 mi-l i a rdi siano stati destinati a BettinoCraxi, con accreditamento mascheratosu un conto estero. La Finivest sostieneche si tratta di una normale transazio-ne commerciale, e che il destinatario fi-nale di quel denaro non è affar suo. De-cideranno i tribunali.

Un giornale, che è una cosa diversada una procura o da un tribunale, dever i f l e t t e re in spirito di verità sulle coseche succedono, per cerc a re di carpirn eil significato politico. Ora, l’eventualitàche la Fininvest abbia finanziato i so-cialisti, nel panorama italiano degli an-ni Ottanta e dei primi anni Novanta, èuna notizia paragonabile al fatto che uncane ha morsicato un uomo oppure cheil sole sorge all’alba e tramonta versosera.

La Fiat, la Montedison, la Olivetti, leCooperative rosse, le imprese pubbli-che di tutti i settori industriali, le im-p rese di costruzione, le grandi centralifinanziarie e bancarie: tutti hanno pa-

gato tutti i partiti per molti anni. Il fi-nanziamento illegale della politica èstato la regola, i conti esteri sono stati ilveicolo notorio di questo finanziamen-to.

L’azione penale deve andare avantie, finché non si trovi una soluzione po-litico-giudiziaria del problema, conti-nuerà la battaglia delle pro c u re e deitribunali, con ciascuna delle parti im-pegnata a far valere le sue ragioni inpunta di diritto. Ma è ridicolo che uni n t e ro, grande Paese, debba re s t a re ap-peso ancora per anni ai cavilli e ai con-t rocavilli delle aule di giustizia. E’ as-s u rdo che si debba mettere in mora atempo indeterminato quel che resta (enon è molto) di una classe dirigente.

Il risentimento popolare verso i par-titi della prima repubblica e le prati-che illegali è ancora molto vasto. Unacampagna giustizialista lo alimenta perevidenti scopi politici. Ma un cre s c e n t en u m e ro di italiani, una minoranza vir-tuosa che non affida alle forche il futu-ro del Paese, sente che è venuto il mo-mento di re s t i t u i re, nel rispetto dellagiustizia, la parola alla politica.

In gioco migliaia di miliardi. I vecchi amministratori diventanoautonomi dai partiti-padrini e si mettono in proprio. Computer, telefonoe tv: il grande business su cui si avventano Stato e privati

Parigi. Questa è la breve storia di come ifrancesi hanno cacciato (in malo modo) unavvocato americano ficcanaso che volevaf a rgli la lezione sul commercio d’armi, la fi-nanza e le tangenti. La corruzione e i suoirisvolti politici sono, in Francia, un campodi battaglia nello Stato e tra gli Stati (in par-t i c o l a re con gli Stati Uniti). Europei e ame-ricani non hanno tempo da perd e re con lec h i a c c h i e re moralistiche, i qualunquismida treno e i giudici-simbolo. Anzi, i vert i c idel parquet, cioè della pubblica accusa, so-no tornati a pre d i c a re all’inizio del mese“grande prudenza” nelle inchieste e un co-dice deontologico che fissi “l’etica del giu-dice”.

L’avvocato ficcanaso si chiama Wi l l i a mLee, ha 57 anni, ha lavorato per sei anni alD i p a rtimento di Stato Usa. Poi, per oltrevent’anni, fino alla sua cacciata, è vissuto aParigi e ha lavorato in un grande studiod ’ a ffari, lo Shearman & Sterling, fino al1992, per poi passare, sempre con base a Pa-rigi, al newyorkese Kroll Associates, un’im-p resa legale che impiega personale investi-gativo reclutato tra ex agenti della Cia e delFbi. Secondo lo IHT (Int. Herald Tribune, 10gennaio ‘96), alla fine di gennaio dell’anno

fatto causa (1993) alla grande compagniafrancese produttrice di armi, la Matra, perc o n t e s t a re i termini della sua fusione con lagrande editrice e finanziaria Hachette (lasocietà avrebbe omesso di iscrivere a bi-lancio un contratto di 1,5 mld di dollari perla vendita di missili a Taiwan). Mi muovo atutela degli azionisti, sosteneva l’avvocato;no, agisce nell’interesse dello spionaggioeconomico americano, pensava il contro-spionaggio francese.

Ma poi, nel settembre del ‘94, il conflittod ’ a ffari Lee lo aveva portato sul delicato ter-reno della lotta politica. Un suo delegato

Il governo francese, con alle spalle più omeno tutta la classe dirigente, compre s auna informazione su queste cose molto sor-vegliata, organizzò subito un fuoco di sbar-ramento alzo zero. Tre mesi dopo la lettera,Charles Pasqua, ministro dell’Interno, con-voca Pamela Harriman, la gran signora am-basciatrice americana a Parigi, e le chiededi espellere cinque elementi dell’amba-sciata, accusandoli di spionaggio economi-co per conto della Cia. E aggiunge alla listail nome dell’avvocato Lee.

Nell’aprile successivo le espulsioni sonoun fatto compiuto. In effetti Lee viene de-

pennato dalla lista degli indesiderabili, mal’avvocato rientra lo stesso nel suo paese, at-t e rrito per le minacce di morte e per il cli-ma rovente che lo circ o n d a .

L’IHT cita una sua frase molto amara: “Ilsistema era uguale a quello dell’Italia, delGiappone o della Corea del Sud, dove i bu-rocrati di stato (compresi gli uomini dei ser-vizi segreti) e le grandi compagnie lavoranomano nella mano. E le compagnie comin-ciano a sentirsi immuni da qualunque ob-bligo legale”. Lee ormai chiama spre z z a n-temente la Francia con il nomignolo com-m e rciale “France Inc.”.

La Francia, quello strano paese che hadeciso di difendersi e di fare a meno di lui,m e n t re altri paesi latini hanno lavorato ma-no nella mano con gli avvocati Lee che glisono toccati in sorte, demolendo stato eclassi dirigenti politiche e impre n d i t o r i a l i .Quello strano paese in cui, dopo gli arre s t ia catena di ministri, deputati, impre n d i t o r i ,il pro c u r a t o re capo di Parigi, Jean-FrançoisB u rgelin, ha detto che i giudici devono sta-re attenti “alle conseguenze destabilizzatri-ci” delle inchieste, perché “va bene il fuocop u r i f i c a t o re, ma non bisogna scherz a re colf u o c o ” .

scorso, Lee ha ricevuto le prime minacce dim o rte, la Cia ha investigato e Lee ha lascia-to la Francia. Ora vive a Long Island (NewYork) e di lui nella capitale francese re s t asolo il ricordo legale.

Che cosa aveva fatto, Lee? Intanto aveva

to la scala del potere sotto l’ombra pro t e t-trice di Antonio Gava, ma soprattutto è cre-sciuto fianco a fianco di Michele Te d e s c h i ,attuale presidente dell’Iri, col quale ha for-mato una accoppiata vincente che si instau-ra ai massimi vertici con l’uscita di scena diRomano Prodi dall’Iri dopo l’arrivo al go-v e rno di Silvio Berlusconi. Padrino della

pranno fondere informatica, telecomunica-zioni e software e che forniranno un’altra,indispensabile forma di energia: l’inform a-z i o n e .

Pascale ha la vista lunga, ma conosce lemiserie della vita e si è organizzato un “con-testo” politico - operativo che gli perm e t t edi aff ro n t a re tempeste grandi e piccole.

la lista congressuale della “componente” diCasini all’ultimo congresso del Ccd. Com-pleta il quadro la posizione strategica di unuomo Ccd, Sante Pert i c a ro alla pre s i d e n z adella Commissione trasporti, Poste e teleco-municazioni della Camera.

Questo rapporto pre f e renziale col Ccd èlimpido, non nasconde particolari trame, èsolo funzionale ad una piena scorre v o l e z z adei rapporti tra una grande società quale èla Stet e il Palazzo.

Per il resto Pascale ha, ovviamente, unagrande duttilità politica.

Incontra Romano Prodi, in casa di Vi t t o-rio Merloni, ex presidente della Confindu-stria, in Sardegna, presente Luigi Abete, l’e-state scorsa, per mettere a disposizione diTommaso Tommasi di Vignano (amico diP rodi, quando era all’Iritel) la poltrona diA m m i n i s t r a t o re delegato della Telecom alposto del proprio ex fedelissimo Chirichi-gno, oggi finito in una profonda zona d’om-bra. La proposta cade quando Pascale si ac-c o rge che le elezioni in autunno e le chan-ces di vittoria di Prodi slittano all’infinito.

Nel dicembre del ’95 incontra MassimoD’Alema. Oggetto dell’incontro, minuziosa-mente preparato da Claudio Ligas, è la so-cietà più amata da certi politici: Mmp la con-cessionaria di pubblicità del gruppo che hap reso il posto della Sipra nell’assicurare en-trate pubblicitarie a giornali di tutti i tipi(120 miliardi circa di raccolta pubblicitaria;testate: Unità, Il Giornale, Tempo, Av v e n i re ,Famiglia Cristiana, Corr i e re dello Sport ,Manifesto, Indipendente ecc.). E con D’Ale-ma si è rivisto prima di part i re per Cort i n a :oggetto della conversazione le pressioni dels e g retario del Pds perché l’impresa di Pa-scale dia una mano all’Olivetti.

Collante dei rapporti tra Stet e mondo po-litico e giornalistico è inoltre il consistentebudget che le società del gruppo spendonoper attività di comunicazione (non solo pub-blicità, quindi). Solo 20 miliardi la Stet, mala bellezza di 200 miliardi la Telecom di Chi-richigno e 100 miliardi la Tim di Vito Gam-berale (area socialista, un tempo, ora dico-no, area di Forza Italia). E’ una massa di de-n a ro consistente che spiega come il gru p p osia tra i più rispettati e riveriti nell’intern opanorama giornalistico italiano, da tutte lecomponenti, nessuna esclusa.

Nel grande gioco del potere, la Stet nonha ancora calato la carta vincente: una lineapersuasiva sui due grandi temi del monopo-lio e della privatizzazione. Lo si è visto di re-cente, quando sull’aumento delle tariffe te-lefoniche Telecom è stata attaccata con unac e rta asprezza da tutti, dalla Confindustriaal Pds. “Chiedono al pubblico nuove risorse- hanno scritto all’unisono 24ore e l’Unità -ma non danno risposte sulla gestione mono-polista dei grandi investimenti per il ca-blaggio ‘a marce forzate’ dell’Italia (13.000mld) e sul processo di privatizzazione”.

ANNO I NUMERO 1 - PAG 3 I L FOGLIO QUOTIDIANO MARTEDÌ 30 GENNAIO 1996

Pascale, i colossi della comunicazione e la politica romana LA LI N E AD E I GR A N D I GR U P P I EC O N O M I C II N QU E S TA ST R A N A SE C O N D AR E P U B B L I C A. UN A PA R A B O L AA L L A MAT T E I

doppia investitura di Tedeschi dalla Stet al-l’Iri e di Pascale (già alla Telecom) alla Stet,è stato Pellegrino Capaldo allora Pre s i d e n t edella Banca di Roma; avversario del nostrop a re invece essere Lamberto Dini, secondoalcuni per un’antica ruggine con la moglie diquest’ultimo, Donatella Pasquali Dini.

Pascale non è un manager da sottobosco,si muove con una visione planetaria e hauna strategia di ampio re s p i ro per l’interoassetto delle telecomunicazioni italiane eper il comparto industriale e commerc i a l ec o n t rollato dalla Stet.

Il suo problema ricorda quello che avevaalla fine degli anni Quaranta Enrico Mattei,a fronte di un mondo politico italiano tal-mente cieco da consegnare all’ex part i g i a n ol’Agip, ma solo col compito di liquidarla.Nessuno, tranne Mattei, aveva capito chec’era lo spazio per tentare la partita dell’ap-p rovvigionamento autonomo di petro l i o ;nessuno osava pensare addirittura, chequell’azienda potesse diventare un attoreche si sarebbe incuneato con successo inuna scena internazionale dominata dalleSette Sore l l e .

Anche Pascale si muove in un mondo po-litico in cui sono pochi ad avere la più pal-lida idea di cosa significhi lo sviluppo delletelecomunicazioni nei prossimi decenni. Ipolitici italiani (soprattutto quelli del Cen-t ro sinistra) pensano sempre che il pro b l e-ma centrale delle telecomunicazioni ru o t ia t t o rno agli appalti e alla nomina di dire t-tori e vicedirettori di Tg e reti e si occupanoe preoccupano di re g o l a m e n t a re, interd i re ,i rr i g i m e n t a re etere e canali con l’occhio in-collato, più che altro, al risultato delle pro s-sime amministrative .

Pascale sa bene, invece, che il ruolo gio-cato dalle Sette Sorelle e dagli sceicchi delp e t rolio sulla scena mondiale negli ultimisettant’anni, nel vicino Duemila verrà gio-cato da altre Sette Sorelle (anche se le nuo-ve quelle telematiche, saranno temprate dalfuoco di una crescente concorrenza), che sistanno formando in questi giorni, in questimesi. L’economia planetaria avrà al suo cen-t ro, sarà condizionata da un ganglio pre c i s oe ineludibile: un pugno di società che sa-

Si scrive e si dice che sia molto legato adAn: erro re. Il rapporto stretto che lo lega aFini è molto personale, fa parte di quel pro-cesso di “costruzione” della propria staturadi leader a cui Fini è pienamente dedicato( si dice che Pascale abbia interposto i pro-pri uffici perché lo stesso ex ambasciatoreUsa a Roma, Maxwell Rabb, organizzasse ilviaggio americano all’amico). In realtà l’am-m i n i s t r a t o re delegato della Stet non tro v abuona stampa nei dirigenti di An come Giu-seppe Ta t a rella (gelidi i rapporti quandoquesti era Ministro delle poste), MaurizioG a s p a rri, Adolfo Urso e altri. Qualche, tie-pida corrispondenza possiamo trovarla solonei dirigenti di An di provenienza democri-stiana come Publio Fiori.

La verità è che Pascale, l’ex gavianeo, haun proprio “partito” di riferimento che gli èutile per aff ro n t a re e risolvere le mille in-combenze minute del rapporto con il Palaz-zo. E’ probabile che molti stupiscano maquesto partito è il Ccd.

La traccia che permette di ricostru i requesto percorso è lineare: dal primo dicem-b re scorso assistente culturale dell’Ammi-n i s t r a t o re delegato della Stet è Marco Folli-ni. Facendo un balzo indietro troviamo lostesso Follini, a fianco di un giovanissimoPier Ferdinando Casini, assistenti entrambidi Toni Bisaglia. Ritornando ai giorni nostrit roviamo sempre lo stesso Follini ad aprire

Robert HughesL AR I VA FATA L E

830 pp. Adelphi, Lire 32.000

ERNESTO PASCALE

Trasversalismo ro m a n o . L’ a m b a s c i a t o reUsa parla con ammirazione della FirstL a d y, sostiene che le difficoltà passerannoe che il presidente democratico Bill Clin -t o n sarà rieletto il prossimo novembre. Ildiplomatico di carriera, Reginald Bart h o l o -m e w, è stato sottosegretario di Stato con ilrepubblicano James Baker.

Trasversalismo ro m a n o . La sera di gio-vedì 26, dopo il vertice del Polo nella sededi Forza Italia, Gianni Letta ha fatto duepassi in Piazza Navona con Silvio Berlusco -n i, poi lo ha lasciato per colloqui ravvici-nati in un salotto che ospitava G i o rgio Na -p o l i t a n o e Antonio Maccanico. Un ospite haparlato, con tollerante simpatia, di una si-tuazione “inciuciosa”. Il leitmotiv delle se-rate “inciuciose” è il governone. Più lagente conta, più status ha da difendere ,più è favorevole. Banchieri e grand com-mis di Stato, come sempre, in prima fila. Ilg o v e rnone godrà di un solido sostegno deiv e rtici, si dice scherzosamente, anche sedovesse mancargli quello della base.

Trasversalismo ro m a n o . Il dire t t o re ge-nerale della Rai, R a ffaele Minicucci, ha ri-sposto con il superlavoro alla supersfidu-cia decretata contro di lui dal Consiglio diamministrazione. Sette giorni su sette, damane a sera, Minicucci, un tempo noto perl’inclinazione al rinvio (“Mo’ vediamo” erail suo motto preferito), si reca a Viale Maz-zini e vi si accampa. Giovedì prossimo l’ul-timo atto della guerra tra lui e donna L e t i -zia Moratti. Schieramenti eccezionalmentetrasversali. Con lei An, i minori di centrodel Polo (Ccd, Cdu), la Lega. Con lui i ber-lusconiani e le sinistre che vogliono fars a l t a re il Cda. Alla vigilia della grandebattaglia, si ipotizza un nuovo rinvio, untrasversale “Mo’ vediamo”.

Una vicenda di armi, fondi neri e giochi sporchi. L’invadenza degliUsa e la secca autotutela dello Stato francese. Il procuratore capo diParigi ammonisce i magistrati: “Non scherzate col fuoco purificatore”

Storia di un ficcanaso americano cacciato da Parigi aveva scritto una lettera esplosiva al pre s i-dente di Taiwan e, per conoscenza, al pre-mier Edouard Balladur e ad altri alti fun-zionari francesi. Oggetto: corruzione di po-litici taiwanesi e transalpini, giganteschifondi neri, falso in bilancio.

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