forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul...

25

Click here to load reader

Transcript of forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul...

Page 1: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

CRISTIANI IN ASSEMBLEA PER IL FUTURO DEL FRIULI

COMUNITÀ DIOCESANA DI RICERCA “SANITÀ, ASSISTENZA, WELFARE”

PROGETTARE UNA RIFORMADEL SISTEMA OSPEDALIERO, ASSISTENZIALE

E SOCIOSANITARIO IN FRIULI VENEZIA GIULIAUDINE, 3 APRILE 2012

Prima Parte

INTRODUZIONE

Il sistema ospedaliero, assistenziale e sociosanitario in Friuli Venezia Giulia presenta, insieme ad alcune criticità, buoni livelli di qualità. Di ciò dobbiamo essere grati anzitutto alle persone che, nonostante i limiti propri e del sistema stesso, lavorano lodevolmente per la salute integrale delle persone: quanti agiscono a livello comunale e sul territorio, nei presidi ospedalieri, nelle strutture dedicate alla prevenzione e all’assistenza, nelle realtà impegnate a promuovere una cultura del vivere sano. Qualsiasi struttura e qualsiasi sistema fallirebbe l’obiettivo se non potesse contare anzitutto su donne e uomini dotati di buona competenza, dedizione virtuosa alla propria missione, capacità relazionale e sensibilità. Nessun sistema sarà mai talmente buono da non aver bisogno che le persone in esso all’opera siano buone: ciò va ricordato, a evitare che in materia di salute e sanità, quando si concentra l’attenzione, nel dibattito pubblico come in quello politico, sugli aspetti strutturali, gestionali e funzionali, venga trascurata l’opera di riforma della cultura e di formazione delle persone che è la prima condizione perché avvengano veri progressi.

In questo tempo, nel quale da più parti si ragiona di una necessaria riforma in Friuli Venezia Giulia del sistema ospedaliero, assistenziale e sociosanitario, questa Comunità diocesana di ricerca su sanità, assistenza e welfare ha ricevuto dall’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, il mandato di esprimere una posizione sulle prime ipotesi di riforma per ora ventilate e di formulare alcune proposte che possano contribuire a delineare secondo giustizia e ragionevolezza tale progetto riforma.

Il lavoro di questa Comunità, parte del cammino diocesano avviato dall’incontro ecclesiale “Cristiani in assemblea per il futuro del Friuli” (Udine,

1 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 2: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

21 ottobre 2011), si è pertanto concentrato, in questi ultimi mesi, su quattro punti:

a) chiarire, per quanto sia possibile dedurre da varie dichiarazioni pubbliche, le caratteristiche di massima dell’ipotesi di riassetto del sistema ospedaliero, assistenziale e sociosanitario in Friuli Venezia Giulia su cui sta lavorando il Legislatore regionale;

b) evidenziare se tale riassetto, qualora attuato, possa lasciare eventualmente irrisolti alcuni problemi o possa causarne di nuovi;

c) suggerire i criteri fondamentali, alla luce della dottrina sociale della Chiesa, che in questa specifica materia possono aiutare il Legislatore a trovare le soluzioni più conformi alla giustizia e al bene di tutti;

d) formulare alcune proposte di metodo e di merito per giungere ad una buona riforma, da sottoporre al dibattito pubblico e politico.

Tutto ciò non è che una parte dell’ambito di attività proprio di questa Comunità diocesana di ricerca, che è chiamata ad approfondire molti altri temi nel suo futuro cammino.

IL SISTEMA OSPEDALIERO, ASSISTENZIALE E SOCIOSANITARIO IN FRIULI VENEZIA GIULIA

I tre aspetti che compongono il sistema, secondo la Legge 23 dicembre 1978 n. 833 e la legislazione successiva, sono costituiti:

dalla componente propriamente sanitaria (prevenzione, cura, riabilitazione);

da quella socio-sanitaria che presenta aspetti di forte interrelazione fra sanità e sociale e che vede il coinvolgimento degli enti locali e del volontariato/privato sociale (salute mentale, dipendenze, anziani, minori, disabili);

da quella propriamente sociale (disagio, povertà, casa, lavoro, famiglia, disabilità), dove il problema non è primariamente sanitario, ma inevitabilmente interagisce con la vita e la salute del cittadino.

La sostenibilità del sistema sanitario, sociosanitario ed assistenziale in Friuli Venezia Giulia può contare ad oggi su risorse che raggiungono quasi la metà del bilancio complessivo regionale, pari a 2.378 milioni di euro annui. Il sistema regionale si finanzia mediante parte del gettito fiscale, e può risentire quindi dei limiti derivanti da periodi di decremento del gettito. In particolare, per una popolazione di circa 1.200.000 abitanti. sono attualmente presenti:

2 Aziende Ospedaliero-Universitarie (UD e TS); 1 Azienda Ospedaliera (PN); 6 Aziende Sanitarie Locali, ospedaliero-territoriali; 3 Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico (CRO, Burlo Garofolo,

Eugenio Medea); 12 ospedali di rete; l’impiego di circa 20.000 dipendenti; circa 1000 medici di medicina generale; una rete di 360 farmacie; 12.000 operatori assistenziali di base.

CHIARIRE LA LOGICA DEL LEGISLATORE REGIONALE

2 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 3: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

Il Legislatore regionale, nell’analizzare l’attuale sistema ospedaliero, assistenziale e sociosanitario e le proiezioni future riguardanti il quadro demografico, epidemiologico e delle risorse disponibili nei prossimi decenni, ritiene che il riassetto del welfare in Friuli Venezia Giulia è assolutamente non evitabile.L’obiettivo fondamentale del sistema stesso è garantire il miglior equilibrio possibile tra quattro esigenze concomitanti:

a) offrire servizi di buona qualità;b) permettere la più ampia accessibilità ai servizi stessi;c) garantire la sostenibilità economica del sistema;d) dare primaria importanza al profilo etico delle scelte in materia.

Mantenere tale equilibrio è sempre faticoso: i livelli d’eccellenza nella sanità, ad esempio, sono molto costosi, rischiando pertanto di essere o riservati a pochi destinatari o troppo pesanti per il bilancio regionale, sul quale già oggi il sistema grava per circa la metà delle risorse disponibili. Le esigenze di efficacia e di razionalità economica, a quel punto, possono indurre scelte problematiche sul piano etico.In particolare, poi, dopo il primo decennio dell’attuale secolo, si è evidenziata una dinamica che rende ancora più preoccupato lo sguardo rivolto al futuro: per le trasformazioni sociali in atto – demografiche, economiche, culturali e spirituali –, il fabbisogno di servizi per la salute sarà tendenzialmente crescente, in un quadro di risorse economiche tendenzialmente calante.L’obiettivo immediato del Legislatore regionale, pertanto, deve essere quello di riformare il sistema in modo tale che l’offerta dei servizi corrisponda meglio agli effettivi bisogni di salute dei cittadini, garantendo la sostenibilità economica e finanziaria nel quadro socioeconomico dei prossimi decenni.

Per quanto è stato possibile dedurre dalle dichiarazioni pubbliche rintracciate, il Legislatore regionale intende studiare come raggiungere l’obiettivo prefissato a partire da una prima ipotesi di piano di riforma, che prevede le seguenti priorità e azioni.Le priorità del Legislatore Regionale

I. Ridurre lo squilibrio tra le risorse investite nell’assistenza ospedaliera e quelle investite per l’assistenza sul territorio.

II. Superare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale.III. Ridimensionare gli apparati burocratici.IV. Dare piena attuazione al modello di rete ospedaliera “hub & spoke”.V. Rafforzare l’integrazione sociosanitaria e la prevenzione.VI. Rafforzare il raccordo con le Autonomie locali.Il nuovo assetto ipotizzato dal Legislatore Regionale

I. Azienda Regionale unica per i servizi sanitari (= separazione tra ospedale e territorio), con unico Direttore Generale e unico Direttore Amministrativo.

II. Due Aziende Ospedaliero-Universitarie (TS e UD), un’Azienda ospedaliera (PN), da cui far dipendere la gestione di tutti gli altri ospedali di rete.

III. Tre Irccs (Burlo, Cro, Eugenio Medea).IV. Provvedere ad una Direzione sanitaria per ogni presidio ospedaliero.V. Riduzione dell’attuale numero dei Distretti a 11, con base d’utenza ampia

(circa 100.000 abitanti, salvo deroghe per la montagna). In ciascun 3 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 4: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

Distretto vanno rimodulati gli ambiti dei servizi sociali, in accordo con gli Enti Locali.

VI. Ripensare l’attuale rete ospedaliera e dell’emergenza, che sta mantenendo alcuni presidi ospedalieri non adeguati e non più sostenibili.

VII. Centralizzare l’acquisto di beni e servizi, evitando gare autonome per ottenere economie di scala.

VIII. Ripensare i Dipartimenti di prevenzione / salute mentale / dipendenze.IX. Mantenere la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria,

sociale e sociosanitaria.

DODICI PREOCCUPAZIONI GUARDANDO AL PRESENTE E ALL’IPOTESI DI RIFORMA

1. Gli ospedali di alta complessità e specializzazione – ad esempio quello di Udine –, faticano a gestire se stessi: ciò avviene appunto per la complessità interna, per le dimensioni (la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene insostenibile una struttura ospedaliera che superi gli 800 posti letto) e per la natura mista, vale a dire di presidio ospedaliero che deve offrire servizi di alta specializzazione e simultaneamente servizi per non acuti, per patologie comuni e per i cosiddetti codici bianchi. La prospettiva che l’Azienda Ospedaliero-universitaria, nel caso di Udine e Trieste, o quella Ospedaliera, nel caso di Pordenone, debba governare sé e anche un importante numero di ospedali di rete lascia estremamente perplessi. Sembra probabile che una simile impostazioni porti ad un ulteriore affaticamento del sistema, a danno sia dei tre “grandi ospedali” citati sia degli ospedali di rete, il cui impoverimento sarebbe difficilmente evitabile nei momenti di minore disponibilità globale di risorse.

2. Gli stessi ospedali di alta complessità e specializzazione devono essere messi in grado di svolgere al meglio le loro funzioni portando anzitutto a compimento le fusioni con le cliniche universitarie, ad oggi tale integrazione ospedaliero-universitaria è ancora un processo incompiuto, che presenta non poche difficoltà.

3. La separazione gestionale tra territorio e ospedale è valutata come totalmente negativa, salvo nel caso di strutture ospedaliere di speciale complessità. La preoccupazione di evitare una penalizzazione del territorio, dovuta all’assorbimento di troppe risorse da parte del sistema ospedaliero, è corretta e riflette un problema reale. Tuttavia la soluzione migliore non sembra la separazione tra l’ospedale e il suo territorio, ma l’individuazione dei meccanismi che possano correggere gli squilibri a danno del territorio. In linea di principio, infatti, è la persona nella sua fragilità il criterio unitario attorno al quale costruire l’azione di cura, accompagnamento, assistenza, dimissione, prevenzione. Questo complesso di azioni domanda una regia per quanto possibile unitaria tra chi si occupa delle fasi acute e chi deve provvedere alle fasi non acute della vicenda di una persona che ha bisogno di servizi speciali per la sua salute. Anche il caso della cosiddetta “Azienda territoriale unica” della Regione Marche – che potrebbe essere citata come esempio realizzato, appunto, di azienda unica –, in realtà è un esempio di integrazione tra ospedale e territorio. In quel caso, infatti, l’Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR), istituita nel 2003, con successive modifiche di assetto organizzativo nel 2010 e 2011, è composta da cinque Aree Vaste, dove

4 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 5: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

ogni ospedale e il suo territorio lavorano insieme, pur sotto un’unica Direzione Generale, mentre le due Aziende Ospedaliere di alta specializzazione sono giuridicamente e gestionalmente distinte.

4. Gli ambiti sociosanitari troppo estesi presentano specifiche criticità gestionali. Nel ridurre il numero dei Distretti si deve quindi contemperare il criterio del numero di abitanti con quello dell’omogeneità del territorio, pensando a territori che possano effettivamente fare sistema.

5. Esistono ancor oggi significative diseguaglianze di trattamento sociosanitario tra le persone che vivono in Friuli Venezia Giulia. Si deve fare il possibile affinché la possibilità di godere dei servizi per la salute sia equamente accessibile a tutti gli abitanti nel territorio regionale, in qualunque località vivano, qualunque sia la loro condizione, il reddito e l’identità. Nessuna discriminazione è giustificabile.

6. L’alta integrazione socio-sanitaria richiede maggiore definizione delle competenze di ciascun interlocutore coinvolto: le competenze di alcuni servizi sanitari – ad esempio il Dipartimento di Salute Mentale, il Dipartimento Dipendenze, il consultorio ecc. – non sono esclusivamente di tipo sanitario ma si intersecano anche con aspetti sociali; si verificano talvolta delle zone d’ombra rispetto alle competenze specifiche di ciascun servizio, di cui nessuno di occupa a sufficienza.

7. Le ipotesi che il Legislatore regionale ha fin’ora formulato sembrerebbero comportare, se attuate, risparmi annuali di svariate decine di milioni di euro. E’ certamente ragionevole il tentativo di ridurre la spesa migliorando il servizio. La questione però è di tale delicatezza e ha così importanti implicazioni etiche che è consigliabile sottoporre ad una verifica attenta le simulazioni organizzative ed economico-finanziarie che il Legislatore regionale possiede. Può essere utile commissionare diverse simulazioni a fronte di diversi possibili scenari.

8. Innegabilmente i risparmi ragionevoli, ed anche ingenti, nel sistema ospedaliero regionale sono possibili affrontando il problema di alcuni presidi ospedalieri inadeguati e soprattutto dei doppioni di alta specializzazione che a fronte di una popolazione di poco superiore al milione di abitanti appaiono ingiustificabili. Tali doppioni assorbono una grande quantità di risorse, riducendo di conseguenza la disponibilità di fondi, ad esempio, per la cura di patologie rilevanti e diffuse.

9. Si rilevano ancora alcune gravi carenze nell’offerta del sistema ospedaliero, assistenziale e sociosanitario del Friuli Venezia Giulia: in particolare l’ambito dei gravissimi, dei pazienti in stato di minima coscienza, della sanità carceraria, delle dipendenze, della prevenzione. Rispondere meglio ai bisogni delle persone che si incontrano in ciascuno di questi ambiti è questione di giustizia e di civiltà.

10. Anche la differenza dei tempi di attesa nelle strutture pubbliche e private viene diffusamente avvertita come un’ingiustizia a cui una buona riforma dovrebbe almeno in parte rimediare.

11. La formazione degli operatori sanitari e degli operatori assistenziali di base ha bisogno di maggiore progettualità, interdisciplinarietà e investimenti, in particolare per preparare persone con competenze adeguate alle sfide del futuro. La buona sanità è l’effetto di persone ben formate, più che di strutture ben riformate.

5 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 6: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

12. Non può mancare la giusta attenzione alla questione etica. È evidente infatti che già oggi non è possibile fornire tutte le prestazioni (globalità) a tutte le persone (universalità) mantenendo un servizio di eccellenza (qualità): ciò sarà ancor più faticoso in futuro, in un quadro di risorse tendenzialmente calanti. La necessità di scegliere con criteri etici, non di semplice razionalità economica o utilitaristici, si evidenzia ad esempio nel caso di cure ad alto impatto economico, ad esempio per quanti sono affetti da malattie rare.Per questione etica, inoltre, si deve intendere anche l’attenzione a preparare gli operatori non soltanto sotto il profilo tecnico-scientifico, ma anche sotto il profilo etico e spirituale, perché accanto a chi vive un momento di fragilità ci sia sempre chi sa rispondere ai bisogni di relazione, di speranza, di vita interiore e di cura spirituale, come pure chi sa accompagnare all’accettazione del dolore e della morte. Importante, infine, salvaguardare l’inviolabile diritto all’obiezione di coscienza.

Seconda Parte

TRE PREMESSE

Qualsiasi cambiamento si fonda su alcuni principi, riflette una gerarchia di valori e traduce alcuni criteri di azione in un progetto articolato. Il sistema dei principi, dei valori e dei criteri che ispira un progetto di riforma, specialmente nel caso la materia riguardi la persona umana in alcuni suoi bisogni fondamentali, dipende dalla visione dell’uomo nelle sue relazioni, in particolare nella società, che ne guida la concezione. Da una determinata antropologia conseguono orientamenti etici e politici, talora così precisi da incidere sull’allocazione delle risorse disponibili. Chiaramente, questa Comunità di Ricerca fonda le sue analisi e formula i suoi suggerimenti sulla base del personalismo cristiano, che guarda all’uomo nell’integralità delle sue relazioni con se stesso, con il proprio corpo, con il prossimo, con la società, con il cosmo, con Dio. In tale visione, ogni persona ha uguale dignità delle altre, senza ammissione di distinzione alcuna per etnia, sesso, convinzioni, religione, censo, condizione giuridica. Ogni persona umana, inoltre, va trattata come un bene mai subordinabile agli interessi della società o di una sua parte.

Nel caso particolare del progetto di riforma del sistema ospedaliero, assistenziale e sociosanitario in Friuli Venezia Giulia, ogni intervento suppone inoltre un chiarimento sul concetto di salute e sul fine delle politiche per la salute. Consideriamo la salute non una semplice assenza di malattie, ma lo stato di benessere fisico, psichico, spirituale e sociale della persona. Ne consegue, allora, che il fine delle politiche e delle strutture al servizio della

6 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 7: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

salute non è soltanto la cura, ma anche la promozione di una cultura della salute e la prevenzione di ciò che, pur non essendolo ancora, tende a degenerare in malattia o disagio.

Una terza premessa è importante. Per riformare il sistema sanitario regionale occorre certamente intervenire sull’assetto istituzionale e organizzativo dello stesso, ma ciò è un elemento di un più ampio ed organico intervento di riforma che deve affrontare, seppur con gradualità e con diversi strumenti legislativi, i vari capitoli del concreto “problema salute” oggi rilevanti in Friuli Venezia Giulia. Anche se, nella prassi, è frequente avviare una riforma a partire da un aspetto parziale del sistema su cui è urgente intervenire, elaborare un disegno organico è l’unico modo per non ignorare determinate criticità o rinviarne sine die la soluzione.

PRINCIPI, VALORI E CRITERI DI IMPOSTAZIONE E DI METODO

PRINCIPI E VALORI FONDAMENTALI1. Primato dell’uomo rispetto all’economia.2. Centralità della persona umana rispetto alle strutture gestionali.3. Tutela e promozione della vita dal concepimento alla morte.4. Rilevanza della famiglia e dei corpi intermedi.5. Garanzie di giustizia, cioè di equiaccessibilità ai servizi: né trattare in

modo diverso gli uguali, né in modo uguale i diversi.6. Promozione di logiche di responsabilità, solidarietà e sussidiarietà.7. Garanzie di controllo democratico nelle scelte che riguardano la salute.8. Etica e trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche.

CRITERI DI IMPOSTAZIONE1) Salvaguardare concretamente la titolarità della responsabilità primaria in

materia di salute, che appartiene ai rappresentanti dei cittadini, cui deve essere possibile esercitare efficacemente il potere di indirizzo e di controllo sulle scelte.

2) Garantire la continuità di cura: presa in carico della persona malata dalla fase acuta all’assistenza domiciliare, con previsione di situazioni di permanente criticità. Chi ha la responsabilità della presa in carico della persona nella sua fragilità deve avere anche gli strumenti e le condizioni per poter agire.

3) Puntare sul rafforzamento dell’alleanza tra sistema ospedaliero, distretti sanitari e ambiti socio assistenziali. I meccanismi che hanno portato a squilibri tra questi poli del sistema vanno risanati attraverso l’integrazione, non accentuando la disintegrazione.

4) Potenziare il rapporto tra le strutture gestionali, i territori e gli operatori, in modo da rendere più efficace la possibilità di controlli.

7 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 8: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

5) Far coincidere l’ambito territoriale fra distretto sanitario e servizio sociale dei Comuni.

6) Impostare la riforma tenendo conto delle caratteristiche demografiche, epidemiologiche e territoriali del Friuli Venezia Giulia.

7) Favorire una cultura dell’intervento domiciliare, rispetto al ricovero.8) Favorire la valorizzazione e l’integrazione delle professionalità.9) Favorire una corretta integrazione pubblico/privato.10) Tendere a semplificare procedure e burocrazie.

CRITERI DI METODOA. Il primo criterio di metodo nell’attuare la possibile riforma è la sua

sostenibilità finanziaria per il bilancio regionale: in questo momento attuare una riforma comporta anzitutto dei costi, e solamente in un secondo tempo potrà produrre dei risparmi. La copertura finanziaria dei costi immediati, al momento, non è scontata.

B. Pur nel rispetto delle responsabilità del Legislatore regionale, una riforma del sistema ospedaliero, assistenziale e sociosanitario in Friuli Venezia Giulia può essere attuata con efficacia e ordine se di mettono in atto dei percorsi di condivisione che coinvolgano i diversi interlocutori: Enti locali; operatori della sanità; associazioni di tutela dei diritti; organizzazioni di volontariato; cittadini.

DICIOTTO PROPOSTE PER PERFEZIONARE IL PROGETTO DI RIFORMA

1. VERSO UN NUOVO MODELLO OSPEDALIERO: RETE & NODIIl primo modo di riformare il sistema esistente è quello di rimettere in discussione i dogmi organizzativi che hanno caratterizzato i modelli fino ad oggi adottati, non per semplice desiderio di novità ma sulla base di una valutazione critica dei punti di forza e dei punti deboli evidenziati dall’esperienza. Da diversi anni in Friuli Venezia Giulia si è gradualmente affermato un modello di rete ospedaliera integrata, che è un dato di fatto prima ancora che l’effetto di una organizzazione progettata e voluta. Il modello di rete che si è configurato, seppur non in modo perfettamente compiuto, prevede l’esistenza di pochi centri principali di alta specializzazione (hub, cioè perno) e di alcuni presìdi periferici (spoke, cioè raggio) che inviano agli hub i malati per i quali si supera la soglia di complessità degli interventi effettuabili a livello periferico. La concentrazione della casistica più complessa, o che necessita di più complessi sistemi, è un modello organizzativo ragionevole. Tuttavia, il modello – ammesso che sia possibile attuarlo pienamente – presenta alcuni aspetti problematici:

il centro di alta specializzazione continua ad essere anche un ospedale di riferimento per il territorio che naturalmente gravita su di esso, trovandosi di fatto a svolgere non solo l’attività di alta specializzazione ma anche quella tipica dei presìdi di rete;

non è facile mantenere la dimensione del centro di alta specializzazione a livello ottimale, per la tendenziale ipertrofia che il modello stesso induce;

non è facile evitare l’avvilimento degli ospedali di rete, che perdono progressivamente le professionalità migliori o che le mortificano, venendo a mancare le condizioni per operare in maniera efficace valorizzando le risorse umane disponibili.

8 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 9: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

Per migliorare in Friuli Venezia Giulia gli aspetti meno riusciti dell’attuale modello di rete “hub&spoke”, si potrebbe correggere il modello stesso secondo la logica “rete&nodi”, nel quale i nodi della rete integrata sono tendenzialmente paritetici (salvo il fatto che alcuni poli rimangono unici per le forme di alta specializzazione in essi concentrate). L’integrazione verrebbe organizzata, quindi, in modo che ogni ospedale della rete mantenga il naturale legame con il proprio territorio di riferimento e al tempo stesso sviluppi alcune pratiche di eccellenza, a partire dalle professionalità attive in quell’ospedale ed esercitando così una capacità di attrazione al di là dei confini del proprio stesso territorio. Mentre alcune pratiche superspecialistiche rimangono ovviamente riservate all’ospedale ad altissima specialità, altre funzioni comunque specialistiche possono essere fortemente sviluppate a livelli di eccellenza anche negli ospedali di rete, purché vengano dotati della specifica tecnologia. Si pensi ad esempio alla chirurgia generale, all’ortopedia, alla ginecologia, alla medicina interna.

2. GRANDI OSPEDALI: NELLA RETE E DISTINTIGli Ospedali ad alta specializzazione (Aziende Ospedaliero-Universitarie di Udine e Trieste e Azienda Ospedaliera di Pordenone) devono: dialogare con la rete ospedaliera dell’intera Regione, in una logica di

coordinamento funzionale (non è una questione di governance verticalizzata);

avere un percorso gestionale/economico a sé, distinto da quello degli Ospedali di rete.

Nel progetto del Legislatore regionale, al momento, l’AOU di Udine, ad esempio, si troverebbe a gestire anche gli ospedali Tolmezzo, Gemona, San Daniele, Cividale, Palmanova, Latisana e il Gervasutta, (ex-ASS3, ASS4, ASS5).Un simile sistema, se avesse un unico Direttore e un unico Amministratore, assegnando all’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine la gestione degli altri presìdi ospedalieri, assai difficilmente potrà migliorare il governo sia dell’ospedale di Udine sia degli altri ospedali da esso “dipendenti”. Certo, gli ospedali ad alta specializzazione e gli ospedali di rete devono istituzionalmente dialogare, integrarsi sempre meglio, standardizzare i percorsi diagnostici, ma le caratteristiche, le funzioni e le finalità delle due tipologie di ospedale, non equiparabili nemmeno economicamente tra loro, suggeriscono di mantenere distinta la gestione di ciò che ha natura e destinazione differente. Qualora, ad esempio, si pensasse ad un’unica Azienda ospedaliera per l’intero territorio della provincia udinese, si dovrebbe perlomeno pensare al suo interno dei gruppi di ospedali paritetici dotandoli di autonoma amministrazione, capacità di spesa e direzione. Ma a quel punto, sarebbe ancora davvero utile e sensata l’unificazione giuridica dell’intero territorio provinciale sotto un’unica Azienda ospedaliera? Se gli ospedali di rete non possono di fatto essere gestiti dall’ospedale di altissima specializzazione, perché sottrarne la gestione alle aziende che hanno competenza sul territorio di riferimento di quegli stessi ospedali?

3. OSPEDALE E TERRITORIO INSIEMEQui si inserisce dunque il terzo asse di uno schema di riforma in parte alternativo rispetto a quello suggerito per ora dal Legislatore regionale. Nelle sue linee generali, il progetto per ora formulato prevede un’unica Azienda

9 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 10: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

Sociosanitaria competente per tutto il territorio regionale, che gestirebbe solo la medicina del territorio e non anche gli ospedali di rete. Perché questo? E’ un tentativo di correggere lo sbilanciamento del rapporto ospedale-territorio che ha sempre favorito una visione “ospedalocentrica”, a danno delle dimensioni assistenziale e sociosanitaria. Il problema effettivamente esiste: ci si deve però domandare se esistano anche altre soluzioni; potrebbe inoltre accadere che la soluzione proposta produca a sua volta problemi maggiori di quelli che intende superare. Questa Comunità di ricerca è convinta che la soluzione degli sbilanciamenti passi per il rafforzamento dell’alleanza tra ospedale e territorio, seppur con alcuni correttivi rispetto ai modelli già sperimentati.Anzitutto osserviamo che i nostri ospedali fortunatamente curano indistintamente ed alla pari tutte le persone malate, e devono continuare a farlo; il “sistema-salute ospedaliero” in genere fa bene la sua parte, mentre poi è il “sistema-salute territoriale” e del welfare che evidenzia carenze e mancanza di coordinamento tra i due sistemi. Tale inadeguatezza non è forse destinata ad acuirsi se verranno meno un percorso integrato e la continuità di cura ospedale-territorio, sotto regie e dettami economici diversificati? Ottimizzare il percorso della dimissione “precoce” o “protetta”, anche in termini di risparmio di risorse, sembra più facile se ospedale e distretto condividono finalità anche economiche sotto la medesima direzione strategica. Chiaramente può accadere che la regia unitaria ospedale-territorio funzioni male, così come la separazione tra le due regie potrebbe ottenere risultati positivi: nel funzionamento dei sistemi, infatti, il ruolo del fattore umano, in particolare della capacità di gestione, è determinante. Tuttavia, in linea di principio sembra più corretto che l’ospedale di rete rimanga gestionalmente raccordato col proprio territorio, col quale deve condividere una regia unitaria, per razionalizzare risorse ed avere percorsi integrati di cura ed assistenza dalla fase acuta a quella cronica. Ciò è ancora più rilevante nei territori economicamente, geograficamente e demograficamente deboli.Come adoperarsi con efficacia affinché la medicina territoriale faccia correttamente da “filtro” ad impropri accessi di massa ai servizi ospedalieri d’urgenza e di emergenza, se distretto e presidio ospedaliero non fanno sistema e non condividono l’obiettivo finale? Ospedale e territorio insieme significa anche portare l’eccellenza nell’assistenza sanitaria domiciliare, perché è l’interscambio, l’elasticità del sistema, la condivisione di obiettivi di salute nonché di quelli economici a favorire la trasmissione di saperi, competenze e procedure, piuttosto che l’isolamento tra la fase acuta e quella post dimissione. Una rete efficiente di Ospedali ben collegata ad un sistema socio-sanitario può veramente arrivare "a casa" del cittadino in difficoltà per patologie non acute o per quelli che si possono definire "stati cronici di non salute", che comprendono anche situazioni di difficoltà psicosociale, spirituale e valoriale non etichettabili come “malattie” nel senso proprio del termine: l’ambito del malessere è più ampio di quello della malattia.

4. UN NUOVO MODELLO DI AZIENDA REGIONALE UNICA ?Nell’ottica di una semplificazione e di un contenimento della spesa sanitaria regionale, è ragionevole pensare alla riduzione del numero delle Aziende. Il Legislatore regionale pensa addirittura ad un’unica Azienda Sanitaria

10 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 11: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

regionale, competente per l’intero territorio regionale, al posto delle 6 Aziende attualmente esistenti: non è l’unica formula possibile, ma se fosse la direzione in cui si procederà sembrano necessarie alcune correzioni rispetto all’ipotesi fino ad oggi circolata.Il Legislatore regionale immagina di sottrarre la gestione degli ospedali di rete all’Azienda Regionale Unica per i Servizi Sanitari, assegnandola agli ospedali di altissima specializzazione. Per le ragioni sopra illustrate, invece, l’eventuale Azienda unica – da cui comunque restano esclusi gli ospedali di Udine, Pordenone e Trieste e i tre IRCCS – dovrebbe gestire insieme territorio e ospedali, con alcuni meccanismi che a quel punto garantiscano la sostenibilità della situazione.Ci si deve domandare se un’unica regia per la sanità territoriale e per la rete ospedaliera sarebbe in grado di creare le condizioni per meglio raggiungere alcuni obiettivi: decidere come far interagire e collaborare gli ospedali di rete; quali peculiarità suddividere fra i vari presidi ospedalieri; come investire il budget o reinvestire gli avanzi di bilancio; come riequilibrare scompensi o sproporzioni di risorse fra aree diverse, anche riguardanti il personale; come esportare e condividere dei modelli organizzativi già ora virtuosi, nonché sinergie collegate alla coincidenza fra Distretto e Ambito socioassistenziale… Un’Azienda unica, in ogni caso, andrebbe strutturata secondo un modello che bilanci la centralità di alcune dinamiche con la vicinanza al territorio e alle comunità locali. Si potrebbe ad esempio pensare ad un’Azienda con un unico Direttore Generale e un unico Direttore Amministrativo, ma strutturata in almeno 4 Aree Vaste, in modo che ci siano:

a) un Direttore sanitario e un Dirigente Amministrativo per ciascuna Area Vasta in cui il territorio e il gruppo di ospedali di riferimento possono fare sistema (Area Vasta pordenonese; Area Vasta a nord di Udine; Area Vasta a sud di Udine; Area Vasta goriziana-triestina). Ogni Area Vasta, dotata di autonomia gestionale ed economico-finanziaria nei limiti delle risorse assegnate, governa il locale sistema ospedaliero-territoriale e ne presenta rendicontazione analitica separata all’interno del bilancio dell’Azienda unica;

b) meccanismi che garantiscano il territorio dal rischio del sottofinanziamento, con ripartizione vincolante delle risorse assegnate alla spesa ospedaliera e a quella assistenziale e sociosanitaria;

c) meccanismi di elasticità interna, per poter evitare che alcune risorse economiche finalizzate non possano essere spese pienamente, mentre su altri fronti si patisce il sottofinanziamento cronico.

Invece di pensare ad una Azienda Regionale Unica per i Servizi Sanitari, si può pensare ad altre formule. Al posto delle 6 Aziende ospedaliero-territoriali oggi esistenti si potrebbe ad esempio pensare a 3 Aziende ospedaliero-territoriali (Pordenone; Udine; Goriza-Trieste), dalle quali escludere gli ospedali di Udine, Pordenone e Trieste e i tre IRCCS. Potrebbe trattarsi di una ragionevole semplificazione rispetto all’assetto precedente, che però evita di allontanare troppo il centro decisionale dalle comunità locali e consente ancora il meccanismo della delega per quanto riguarda i servizi socio assistenziali dai Comuni alle Aziende sanitarie.Va inoltre considerato il problema collaterale di una Conferenza dei sindaci, interlocutore necessario dell’Azienda sanitaria, che nel caso di un’Azienda Regionale unica diverrebbe un organismo abnorme,

11 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 12: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

immaginando la partecipazione di tutti i sindaci del territorio regionale (piuttosto inverosimile…); d’altra parte, selezionare con qualche criterio quali sindaci parteciperebbero a tale “Conferenza unica” lascia perplessi, perché di fatto si indebolirebbe ulteriormente la possibilità delle comunità locali di esercitare la loro responsabilità in materia di salute.

5. CONTROLLO DEMOCRATICO E TRASPARENZAQuanto più si concentrano le responsabilità e i poteri – come avviene con la formula dell’Azienda unica – tanto più vanno rafforzati i meccanismi di controllo democratico e le garanzie di trasparenza.In generale, i grandi gestori della cosa pubblica non possono essere allontanati ulteriormente dagli Enti locali e dagli stake-holders. Non può non preoccupare la tendenza a disegnare sistemi affidati a figure di dirigenti monocratici, dotati di grandi poteri, che amministrano porzioni enormi del bilancio regionale, rispondendo limitatamente del proprio operato e con gli Enti locali che hanno debole facoltà di controllo e di intervento in materia. Una buona riforma del sistema delle ASS in Friuli Venezia Giulia deve prevedere adeguati meccanismi di partecipazione e controllo democratico sulla gestione di una materia così importante per la vita delle persone e così rilevante per il bilancio pubblico.In particolare, va ripristinata l’obbligatorietà del consenso della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria regionale.L’altra grande attenzione che non può mancare in un sistema democratico sano è garantire ai cittadini l’accessibilità dei dati: la conoscenza della situazione è la garanzia di un efficace controllo, e i dati che riguardano la salute, la sanità e la gestione del sistema che se ne occupa vanno divulgati e resi facilmente accessibili.

6. RIVEDERE IL SISTEMA DEI FINANZIAMENTIVa ripensato il sistema dei finanziamenti, sia per quanto riguarda la spesa storica (sulla quale di fatto si basano i budget delle attuali ASS), sia per quanto riguarda i meccanismi (solo in parte superati dai budget di area vasta).Sembra ad esempio opportuno prevedere, in particolare, che gli ospedali ad alta specializzazione siano finanziati direttamente, senza passare per i distretti: che il distretto possa acquistare presso l’ospedale le prestazioni per i propri cittadini è una teoria che l’esperienza di questi anni smentisce. La principale attenzione è quella di evitare che la sanità releghi il sociale in ruoli secondari anche sotto il profilo economico. Occorre quindi garantire autonomia di budget al distretto sociosanitario, pensare a finanziamenti vincolati per il sociale e rafforzare il ruolo di controllo e programmazione in capo agli Enti Locali. Appartiene alla comunità infatti la prima responsabilità della salute dei suoi membri; la sanitarizzazione del sociale è un errore di sostanza e di metodo.

7. IL RAPPORTO TRA COMUNI E AZIENDA SANITARIAIn diversi territori del Friuli Venezia Giulia ci sono consolidate esperienze positive che indicano come una buona integrazione tra sanitario e sociale si ottiene con l’istituto di una delega intelligente e responsabile da parte dei Comuni all’Azienda sanitaria.Ciò dipende da diversi fattori:

12 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 13: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

la governance deve risiedere dove si concentrano le maggiori risorse e competenze di ordine tecnologico, informativo, professionale;

le linee guida adottabili dalle amministrazioni comunali devono essere elaborate tenendo conto delle conoscenze epidemiologiche e demografiche possedute dall’Azienda sanitaria;

le amministrazioni comunali non sono tanto idonee a svolgere direttamente funzioni specialistiche e complesse, quanto piuttosto a esercitare un mandato di indirizzo, controllo, verifica e promozione.

La riforma del sistema deve essere costruita in modo tale da non impedire di fatto la continuazione di questa positiva esperienza.Se vi fossero tre Aziende sanitarie, oppure se l’Azienda sanitaria fosse unica per l’intero territorio regionale ma venisse articolata in Aree Vaste dotate di un Direttore sanitario con sufficiente autonomia, i Comuni di territori omogenei non avrebbero probabilmente difficoltà a consolidare il loro rapporto con l’Azienda sanitaria tramite l’istituto della delega. Al contrario, di fronte ad una Azienda unica, che allontana dal territorio i centri decisionali e tendenzialmente indebolisce la possibilità di rapporto col territorio e di controllo, molti Comuni hanno già manifestato l’intenzione di non confermare alcuna delega all’Azienda stessa. Considerando le effettive possibilità di molti degli attuali Comuni del Friuli Venezia Giulia, è assai preoccupante la prospettiva che l’ambito sociosanitario e assistenziale ricada direttamente e completamente sulle spalle delle amministrazioni comunali. I Comuni maggiori, invece (Trieste, Udine, Pordenone) hanno caratteristiche tali che nel loro caso si può pensare ad una diretta gestione dell’ambito sociosanitario e assistenziale da parte dell’amministrazione comunale stessa. Dove questo genere di soluzione funziona bene, nemmeno questo va impedito, obbligando alla delega verso l’Azienda.

8. COINCIDENZA TRA AMBITI SOCIOSANITARI E DISTRETTIIl sistema sociosanitario è frutto dell’interazione ordinata di una molteplicità di soggetti: ospedale,azienda sociosanitaria, aziende per i servizi alla persona, servizi sociali dei Comuni, studi aggregati dei medici di medicina generale, farmacie, organizzazioni sociali.Questo è il primo motivo per cui il territorio dell’ambito sociosanitario e assistenziale – governato dall’Assemblea dei sindaci – e quello del Distretto sanitario devono coincidere. Meglio, cioè, pensare a Distretti sociosanitari, potenziati rispetto agli attuali.

9. CONVERTIRE ALCUNI OSPEDALILa vicinanza dell’ospedale alla propria abitazione non significa automaticamente garanzia di salute e di una offerta di servizi sanitari di qualità. Da un lato, infatti, molto di ciò che le persone cercano in ospedale si deve infatti trovare nella medicina del territorio; dall’altro, alcune strutture ospedaliere attualmente esistenti in Friuli Venezia Giulia sono insostenibili in quanto tali e non in condizioni di dare garanzie di una sanità di alto livello.L’accessibilità a un ospedale ragionevolmente vicino va di certo garantita (bisogna tenere conto, in tal senso, sia delle distanze e delle caratteristiche delle strade in determinati territori, sia della notevole concentrazione della popolazione in alcune località turistiche in determinati periodi dell’anno).

13 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 14: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

La constatazione di insostenibilità di alcuni presìdi ospedalieri, d’altra parte, non significa che si deve semplicemente pensare a chiusure e razionalizzazioni, quanto piuttosto a riconvertirli in RSA, strutture riabilitative, strutture di accoglienza per l’anziano e per altre patologie croniche.Fondamentale è che i criteri con cui viene decisa la conversione di un ospedale di rete siano trasparenti e quanto più possibile oggettivi, perché non avvenga che il peso politico di determinati territori o di singole persone impedisca di fatto un ripensamento complessivo della rete, nell’interesse di tutti e per il complessivo miglioramento della rete.In un’ottica di “rete&nodi”, alcune strutture invece potrebbero essere rilanciate e irrobustite. Ad esempio, l’Istituto di medicina fisica e di riabilitazione “Gervasutta” potrebbe diventare ospedale riabilitativo ad alta specializzazione di riferimento regionale, nazionale e internazionale (Austria, Slovenia), pensando anche a forme di intervento integrato pubblico/privato (fondazione di partecipazione) – in tal caso, potrebbe costituire un’entità a sé –.

10. LIBERARE ALCUNE RISORSEPer liberare importanti risorse economiche la riduzione dell’apparato amministrativo e la riconversione di alcune strutture insostenibili non è l’unica strada da percorrere. Si deve discutere anche sul mantenimento in Friuli Venezia Giulia di servizi e specialità ridondanti e costosissime, come le due neurochirurgie e le due cardiochirurgie: una razionalizzazione anche a questo proposito non solo è possibile, ma anche doverosa.Occorre anche chiedersi se sia davvero meno oneroso per la spesa pubblica e per quella delle famiglie moltiplicare le case di cura per anziani o se non sia più conveniente sostenere il mantenimento dell’anziano in famiglia; su questo punto, però, è chiaro che un giudizio sereno sulla materia richiede la libertà da importanti interessi economici che in questi ultimi anni hanno fatto di case di cura, hospice e simili anche un rilevante business. Gli stessi controlli a cui le strutture per anziani sono sottoposti tengono conto di criteri soprattutto legati alle caratteristiche strutturali del luogo, senza considerare con sufficiente attenzione la qualità umana e professionale dell’accoglienza offerta. I criteri di accreditamento per queste strutture richiedono un attento vaglio.Occorre inoltre verificare se sia più conveniente retribuire i numerosi centri di Risonanza Magnetica in convenzione presenti in Friuli Venezia Giulia, piuttosto che assumere qualche radiologo per far funzionare di più le Risonanze Magnetiche degli ospedali (basti pensare che la potenzialità di queste ultime in Friuli Venezia Giulia è di circa 200.000 risonanze all’anno, contro le effettive 80.000 che vengono fatte). Innegabilmente, il carattere fortemente remunerativo del servizio offerto dalle Risonanze magnetiche extraospedaliere è tale che l’interesse privato rischia di mortificare in modo irragionevole le potenzialità della rete ospedaliera stessa.Infine occorre studiare tutti i possibili vantaggi da una possibile federazione tra le due Facoltà di Medicina esistenti in Friuli Venezia Giulia.

11. L’ASSISTENZA ALLE PERSONE IN STATO DI MINIMA COSCIENZAQuesta Comunità di Ricerca rivolge un forte appello affinché sia data piena attuazione alla Legge Regionale 17/2008 (Legge finanziaria 2009), art. 10, cc. 72-74.

14 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 15: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

La legge prevede l’istituzione di un Fondo per il sostegno a domicilio di persone in situazioni di bisogno assistenziale a elevatissima intensità (in Friuli Venezia Giulia sono oltre un centinaio). Per gli stati vegetativi e di minima coscienza è necessario un forte e deciso impegno a sostegno delle famiglie, sia in termini economici che di servizi competenti. In particolare:

deve essere costantemente aggiornato il Registro Provinciale dei pazienti portatori di stato di minima coscienza;

va stabilito il livello socioassistenziale minimo da garantirsi; vanno definite entità e tipo di prestazioni sanitarie e sociali di cui la

Regione direttamente o indirettamente decide di farsi carico e provvedere a domicilio;

sulla base delle dimensioni della popolazione affetta da tale stato, occorre prevedere un adeguato numero di posti letto presso strutture sanitarie residenziali (dalle Case di riposo alle RSA) e, nel caso di privato convenzionato, prevedere un sistema di controllo e monitoraggio periodico;

bisogna provvedere a strutture intermedie tra l’ospedale e il domicilio familiare, dedicate a persone in stato vegetativo o di minima coscienza. Ad oggi, ci sono 6 letti dedicati a questo scopo rispetto a circa 120 persone che si trovano in quello stato.

occorre lavorare per ridurre l’altissimo tasso di errore diagnostico che interessa proprio questo tipo di persone: benché sia possibile solamente approssimarsi alla certezza diagnostica, ridurre il tasso di errore in materia è un dovere morale.

Propedeutica a questi auspicabili sviluppi potrebbe essere la costituzione di una Commissione composta da tecnici specialisti, esponenti della Regione e rappresentanti dei malati che versano in tale condizione.

12. RIMEDIARE ALLO SCANDALO DELLA SANITÀ PENITENZIARIAForse non è abbastanza noto lo stato di sofferenza in cui si trova la popolazione carceraria in Italia. Tra la cause, rileviamo la mancata applicazione delle norme e degli indirizzi sulla salute nelle carceri, in particolare richiamando il D.P.C. 1° aprile 2008 pubblicato sulla G.U. 30.05.2008 in coerenza con il dettato costituzionale. La popolazione carceraria è costituita da persone condannate e comunque da tutelare nella loro salute e dignità, da persone in attesa di giudizio , da persone condannate ma forse innocenti, da operatori amministrativi e da polizia penitenziaria. Il principale obiettivo etico di fronte a questa popolazione deve essere quello di garantire la piena parità di trattamento tra persone libere e persone detenute, assicurando i livelli minimi di assistenza anche all’interno degli istituti di detenzione. Occorre al più presto concludere l’iter e affidare all’Azienda sanitaria la gestione della sanità carceraria. Le condizioni di salute all’interno del carcere appaiono particolarmente precarie: il carcere “ammala” di per sé e richiede specifici interventi di prevenzione, ad esempio rispetto al problema dei suicidi e degli atteggiamenti autolesionistici. Molto importante è offrire una formazione specifica agli operatori sanitari che agiscono all’interno delle carceri.

15 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 16: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

13. RIFONDARE UNA CONCOSCENZA EPIDEMIOLOGICA. E’necessario poter disporre di dati indispensabili alla programmazione ed alla allocazione delle risorse; non si tratta di ripristinare l’Agenzia Regionale della Salute, che è stata giustamente abolita, ma di verificare che ci sia effettivamente chi ha la responsabilità e la possibilità di provvedere all’aggiornamento e alla lettura critica dei dati epidemiologici. Non è infatti scontato che la programmazione sanitaria sia effettuata sulla base di ricerche e dati aggiornati. La georeferenziazione – sapere dove vi è una maggior incidenza territoriale di determinate patologie – potrebbe aiutare nella predisposizione di correttivi sia sui “determinanti della salute” sia sull’allocazione dei servizi territoriali.

14. MIGLIORARE GLI HOSPICEL’impostazione di alcuni hospice appare talvolta troppo medicalizzata, sia per quanto riguarda la conformazione degli spazi sia per quanto riguarda le prestazioni. Va favorito invece un clima familiare e la concezione di spazi non connotati in termini sanitari.Molto importante è inoltre avere a disposizione di queste strutture personale altamente specializzato, capace di offrire supporto psicologico e attento anche ai bisogni religiosi.

15. POTENZIARE IL SERVIZIO SUL TERRITORIOE’ tempo di un serio investimento di energie, pensiero e risorse per favorire l’integrazione sul territorio di professionisti e servizi, in particolare tra medici e infermieri di comunità. Esistono già da tempo esperienze di modelli organizzativi che consentono di assistere adeguatamente le persone presso il loro domicilio. Questi modelli individuano nell’infermiere la figura professionale più adatta, capace di integrare fra loro le varie professionalità di volta in volta necessarie. Tali modelli hanno dimostrato di portare ad un miglior utilizzo delle competenze professionali e ad una miglior efficienza dei servizi, riducendo parallelamente gli accessi al Pronto Soccorso. Analogamente sarebbe interessante ripensare ad altre figure professionali che potrebbero svolgere importanti servizi e deospedalizzare alcuni momenti della vita delle persone: si pensi, ad esempio, all’ostetrica di comunità e a quanto sarebbe positivo correggere la medicalizzazione che si è fatta della gravidanza, del parto e della prima maternità.Va decisamente favorito, o addirittura reso obbligatorio, il consociarsi dei medici di base e degli infermieri (anche di libera professione) per garantire un servizio a 12 ore dalle 8 alle 20. In tal modo l’attività territoriale e dei distretti costituirebbe un filtro importantissimo rispetto a servizi di emergenza e per la permanenza del cittadino nel proprio contesto di vita. Anche i farmacisti vanno valorizzati, per il ruolo significativo che svolgono per la salute delle persone: la farmacia, oltretutto, può svolgere anche altri ruoli, grazie ad alcune recenti norme, evolvendo gradualmente grazie a collaborazioni con determinate professionalità (si pensi, ad esempio, ai fisioterapisti).Il lavoro degli operatori della salute che agiscono sul territorio ha bisogno di essere fatto conoscere e valorizzato.

16. FAVORIRE L’INTERAZIONE CON IL VOLONTARIATO

16 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 17: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

Vanno studiate le sinergie con il mondo del volontariato, dell’associazionismo e del privato sociale per dare migliori risposte ai bisogni dei cittadini nel rispetto e nella valorizzazione dei ruoli di ciascun soggetto. Si tratta di risorse notevolissime, che vanno coinvolte con intelligenza, nell’ottica della sussidiarietà. Un sistema sociosanitario integrato esige interazione tra istituzioni, strutture professionali e le diverse componenti della società, coinvolgendo sia il mondo del volontariato sia le realtà consolidate di grande pregio (si pensi a soggetti come gli istituti per disabili fisici e psichici, le case-famiglia…). Lo strumento del Piano di Zona può valorizzare le disponibilità e le competenze di ogni interlocutore, a partire dalla condivisione delle scelte strategiche in un determinato territorio.

17. PREPARARSI AL FUTUROL’ipotesi di riforma dell’organizzazione sanitaria regionale deve tener conto di uno scenario con precise caratteristiche demografiche, epidemiologiche e territoriali. Dal punto di vista demografico si sovrappongono gli effetti negativi dell’invecchiamento e della denatalità che contribuiscono a modificare l’epidemiologia e, allo stesso tempo, riducono la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario.Dal punto di vista epidemiologico l’invecchiamento e la denatalità hanno aumentato il peso delle patologie croniche e delle malattie degenerative, con la creazione di nuove fragilità, mentre il disagio giovanile sta causando una preoccupante ripresa di stili di vita inappropriati con ricadute sanitarie nel campo della traumatologia della strada, delle malattie sessualmente trasmissibili e delle dipendenze da alcol e da droghe d’abuso, mentre l’isolamento e la disgregazione dei nuclei familiari stanno facendo lievitare i tassi del disagio mentale e delle stesse tendenze al suicidio. E’ evidente che, domandandoci oggi quale tipo di medicina vogliamo per il Friuli Venezia Giulia, dobbiamo rispondere preparando un sistema in grado di far fronte sempre di più alla cronicità, alle malattie degenerative e alla vecchiaia con le sue conseguenze.Ci si avvia, in secondo luogo, verso un progressivo aumento delle problematiche dei giovani e degli adolescenti: gravidanze precoci (ragazze di 13 – 14 anni), uso precoce di alcol e sostanze, comportamenti devianti, vita sessuale disordinata… Questi comportamenti, di per sé non patologici in termini neuropsichiatrici, sono molto problematici in proiezione. L’attuale sistema è impreparato a questo scenario, sia sul versante preventivo che su quello riparativo. I servizi di neuropsichiatria infantile cercano di provvedere anche alla psichiatria dell’adolescenza, che però esige spesso specifiche competenze dedicate; quelli delle dipendenze soffrono di una condizione di sostanziale debolezza. I ragazzi, sopratutto di età 13 – 15 anni, hanno un grande bisogno di percorsi formativi e preventivi. Allo stesso modo è indispensabile favorire il rispetto della legalità riguardo all’uso di alcol e di sostanze, nonché misure efficaci per quanto riguarda il gioco d’azzardo, che sembra destinato a diventare con esponenziale diffusione una nuova distruttiva dipendenza per i nostri giovani.Questa serie di considerazioni suggerisce l’opportunità di pensare ad un potenziamento dei Dipartimenti (di Prevenzione, di Salute Mentale, per le Dipendenze); in funzione di un simile potenziamento va valutato se sia

17 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”

Page 18: forumtrieste2011.files.wordpress.com · Web viewSuperare squilibri e criticità esistenti sul territorio regionale. Ridimensionare gli apparati burocratici. Dare piena attuazione

opportuno o controproducente il progetto, analogo all’ipotesi di Azienda unica, di un Dipartimento Unico Regionale.

18. INVESTIRE IN FORMAZIONEAlle professioni sanitarie vanno riconosciute le rispettive autonomie previste dalla normativa in ambito clinico, organizzativo, gestionale. Il percorso formativo di ciascun operatore deve consentire un bilanciamento fra le esigenze specifiche delle singole strutture (aspetti clinici, tecnici, organizzativi) e le esigenze di approfondimento di temi e problemi di carattere più generale, etici innanzitutto, ma anche antropologici, socio-economici, filosofici. Va completata l’integrazione fra Università e Servizio Sociosanitario per una formazione di base, a livello di master, di perfezionamenti, specialistica, continua, ecc., che risponda alle esigenze formative per alcune macroaree assistenziali: l’acuzie, la prevenzione, la cronicità e la terminalità. Appare inevitabile sviluppare e favorire l’accreditamento professionale. Gli operatori con formazione avanzata/specialistica devono essere inseriti in contesti dove possano esercitare le specifiche competenze acquisite e con relativo riconoscimento giuridico oltre che economico. Vanno anche adeguati e completati i protocolli d’intesa tra Regione e Università per la formazione di base e post base. Particolare attenzione va riservata alla formazione degli infermieri per l’assistenza transculturale e del personale formatosi in paesi diversi dall’Italia e proveniente da contesti culturali e religiosi diversi dal nostro.

18 | Comunità diocesana di Ricerca “Sanità, assistenza, welfare”