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ANTONELLA SOLDAINI Curatore associato della mostra I retro d’affiches di Mimmo Rotella Le due strade stilistiche che Mimmo Rotella intraprende contemporaneamente, a partire dal 1953-1954, e per cui è oggi riconosciuto come una delle figure chiave della scena artistica del novecento, sono quelle del décollage e del retro d’affiche. Due percorsi compositivi avviati subito dopo una breve crisi che l’artista attraversa appena rientrato a Roma (alla fine del 1952), dopo un soggiorno negli Stati Uniti. Finalità di questo testo è l’individuazione di alcuni punti salienti attraverso i quali meglio analizzare una delle due produzioni di Rotella di quel periodo: i retro d’affiches. Nello specifico: verrà fatto riferimento all’interesse dell’artista per le possibilità espressive del suono e per la creazione di composizioni musicali, indicandolo come antecedente determinante, per la genesi e realizzazione di questi lavori. Sarà identificato il clima culturale in cui l’artista si è trovato ad operare - siamo all’inizio degli anni cinquanta a Roma - per comprendere come il particolare momento storico in cui Rotella ha vissuto abbia fornito un humus stimolante e decisivo per l’ideazione dei retro d’affiches. Infine, dopo una breve descrizione della morfologia di questi lavori, si accennerà, nella prospettiva di un futuro approfondimento, alla questione riguardante il rapporto di Rotella con il Nouveau Réalisme, analizzato dal punto di vista della produzione dei retro d’affiches. Echi futuristi e la frammentazione del suono Rotella rilascia una prima dichiarazione sul suono e la musica a partire dal 1949, anno in cui codifica il Manifesto dell'Epistaltismo e durante il quale comincia a declamare alcune poesie tramite il linguaggio epistaltico, da lui stesso così definito: “il mezzo espressivo costituito da parole e da suoni senza alcun nesso logico o significato apparente, ma aventi in sé stessi un contenuto emozionale” 1 . Nella stessa lettera l'artista elenca una serie di “precedenti storici” (li definisce così) tra cui inserisce i dadaisti, Hugo Ball, Kurt Schwitters, i Futuristi, Marinetti e alcuni musicisti: Edgard Varèse, Pierre Boulez e Aleksei Kruchenykh. Che i poemi fonetici siano strettamente legati alla sperimentazione portata avanti dalle avanguardie storiche e in particolare dai 1 M. Rotella, foglio dattiloscritto, 1956, Archivio Mimmo Rotella, Milano.

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ANTONELLA SOLDAINICuratore associato della mostra

I retro d’affiches di Mimmo Rotella

Le due strade stilistiche che Mimmo Rotella intraprende contemporaneamente, a partire dal 1953-1954, e per cui è oggi riconosciuto come una delle figure chiave della scena artistica del novecento, sono quelle del décollage e del retro d’affiche. Due percorsi compositivi avviati subito dopo una breve crisi che l’artista attraversa appena rientrato a Roma (alla fine del 1952), dopo un soggiorno negli Stati Uniti. Finalità di questo testo è l’individuazione di alcuni punti salienti attraverso i quali meglio analizzare una delle due produzioni di Rotella di quel periodo: i retro d’affiches. Nello specifico: verrà fatto riferimento all’interesse dell’artista per le possibilità espressive del suono e per la creazione di composizioni musicali, indicandolo come antecedente determinante, per la genesi e realizzazione di questi lavori. Sarà identificato il clima culturale in cui l’artista si è trovato ad operare - siamo all’inizio degli anni cinquanta a Roma - per comprendere come il particolare momento storico in cui Rotella ha vissuto abbia fornito un humus stimolante e decisivo per l’ideazione dei retro d’affiches.Infine, dopo una breve descrizione della morfologia di questi lavori, si accennerà, nella prospettiva di un futuro approfondimento, alla questione riguardante il rapporto di Rotella con il Nouveau Réalisme, analizzato dal punto di vista della produzione dei retro d’affiches.

Echi futuristi e la frammentazione del suonoRotella rilascia una prima dichiarazione sul suono e la musica a partire dal 1949, anno in cui codifica il Manifesto dell'Epistaltismo e durante il quale comincia a declamare alcune poesie tramite il linguaggio epistaltico, da lui stesso così definito: “il mezzo espressivo costituito da parole e da suoni senza alcun nesso logico o significato apparente, ma aventi in sé stessi un contenuto emozionale”1. Nella stessa lettera l'artista elenca una serie di “precedenti storici” (li definisce così) tra cui inserisce i dadaisti, Hugo Ball, Kurt Schwitters, i Futuristi, Marinetti e alcuni musicisti: Edgard Varèse, Pierre Boulez e Aleksei Kruchenykh. Che i poemi fonetici siano strettamente legati alla sperimentazione portata avanti dalle avanguardie storiche e in particolare dai futuristi italiani, è evidente ed è stato già posto in evidenza2. Qui basterà fare qualche confronto tra quello che asserisce Rotella nel suo manifesto e alcune performance o dichiarazioni dei futuristi, per trovare assonanze di stile e contenuto3. Per esempio il concerto del 1913 di Francesco Balilla Pretella, l'inventore della musica futurista, dal titolo "Inno alla vita", viene così descritto da Enrico Prampolini: "flebili tintinnii di triangoli, miagolii di tromboni, 1 M. Rotella, foglio dattiloscritto, 1956, Archivio Mimmo Rotella, Milano.2 Vedi a questo proposito: M. Di Stefano, La materia oggettiva: da Boccioni a Rotella alla primarietà strutturale in: B. Corà, T. Sicoli, Around Rotella. L’artista e il suo tempo, Gli Ori Editore, Pistoia, 2009.3 Il legame tra Rotella e i futuristi è rafforzato anche da una semplice contingenza storica, in quanto il periodo in cui l’artista compone e declama i suoi poemi coincide con un momento in cui personalità come Balla, Severini e Prampolini costituiscono ancora delle figure di riferimento importanti per i giovani artisti. In particolare è proprio Prampolini, che aveva fondato a Roma nel 1945 l’associazione “Art Club”, a costituire un anello di congiunzione essenziale per riportare l’attenzione sul futurismo nella città di Roma e a diventare una figura intorno a cui si trova ad orbitare anche Rotella, come testimonia lui stesso riferendo della reazione avuta dall’artista futurista davanti ad uno dei suoi primi décollages: “Prampolini, la prima volta che vide un mio décollage si infuriò: <<che cosa sono queste cose>> urlò” . In: M. Rotella, in G. Appella, Colloquio con Rotella, Edizioni Della Cometa, Roma, 1984, p. 11.

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clangore assordante di trombe, scrosciare di piatti e colpi di tam tam”4. Nel manifesto scritto da Luigi Russolo l’11 marzo del 1913 dal titolo L’arte dei rumori viene suggerito di utilizzare: “voci di animali e di uomini: Gridi, Strilli, Gemiti, Urla, Ululati, Risate, Rantoli, Singhiozzi” 5

nell’ambito della ricerca musicale. Indicazioni e spunti per nuove fonti di ispirazione che tornano anche nel Manifesto di Rotella, soprattutto nei punti 5, 6, 8 e 9:5) la parola è soprattutto suono: va eliminato il muro divisorio tra la musica e la poesia che sono essenzialmente la stessa cosa.6) nella musicalità e quindi nel suono consiste l’essenza vera della parola.8) la voce umana non deve essere limitata alla monotonia del linguaggio articolato.9) essa è una fonte inesauribile di strumenti musicali naturali6.Rotella, sin dall’inizio della sua carriera, intuisce nel suono e nei rumori una fonte sicura per arrivare ad un nuovo modo per comunicare. Strettamente collegato all’interesse per le potenzialità racchiuse nel linguaggio musicale è anche il suo amore per il jazz (è del 1956 una sua opera intitolata proprio Il jazz). Un primissimo impatto con questo genere di musica lo sperimenta sempre a Roma, già a partire dal 1945, nel cabaret artistico aperto da Plinio De Martiis: "In questo cabaret venivano recitate delle commedie d’avanguardia e veniva suonato da un’orchestra locale un Jazz ultra moderno"7. Quando nel 1951, tramite una borsa di studio della Fullbright Foundation, arriva a Kansas City nel Missouri, ha di nuovo l’opportunità, grazie alla frequentazione di un locale gestito da alcune persone italo-americane e con cui fa amicizia, di ascoltare musica jazz: “sulla pedana un trio jazz formato da negri suonava quel tipo di musica. Era il vero jazz di quel paese. Credo che nemmeno a New York conoscessero ancora quello stile. Allora ero molto appassionato di jazz: mi sembrava di aver toccato il cielo 8. E ancora: "Kansas City era una tipica città americana […] molti bar e locali notturni con delle piccole favolose orchestre di negri”9. Sempre durante il periodo americano continua assiduamente a organizzare concerti, di cui alcuni con musicisti dell’orchestra dell’università che lo accompagnano con gli strumenti, mentre lui recita le sue poesie epistaltiche. Qualche tempo dopo, negli anni sessanta, tornato a New York, avrà occasione di ascoltare Miles Davis e commentando questo evento dirà: “Ho sempre creduto a questa nuova forma d’arte musicale, sin da quando composi i miei poemi fonetici del 1949”, citando, a rafforzare tale convinzione, proprio il punto n. 8 del suo manifesto10. Da menzionare infine la sua personale collezione di strumenti, come i tamburi Tabla e altri strumenti a percussione, spesso suonati da lui stesso in diverse occasioni11.Che per l’artista le composizioni sonore fossero intimamente legate e avessero dei punti di contatto con le possibilità espressive più strettamente connesse alle arti visive è dichiarato esplicitamente nel suo Manifesto del 1949 dove le composizioni epistaltiche vengono messe a confronto con quello che avviene nell’ambito delle altre arti:3) l’inclusione nelle composizioni epistaltiche di tratti dal vero corrisponde a ciò che sul piano della scultura è l’arte polimaterica e su quello della pittura il “collage”12.Ma nell'anno della stesura del Manifesto l’artista produce opere come Composizione, Costruzione verticale e Composizione ritmica che non portano ancora traccia di quel polimaterismo e del collage (se non in rari casi) di cui parla. I quadri che realizza in questo

4 E. Prampolini, in G. Lista, Enrico Prampolini futurista europeo, Carocci editore, Roma, 2013, p. 21.5 L. Russolo, L’Arte dei Rumori, in “Le Figaro”, 11 marzo 1913.6 Rotella, foglio dattiloscritto, 1956, Archivio Mimmo Rotella, Milano.7 M. Rotella, in Autorotella. Autobiografia di un artista, Sugar editore, Milano, 1972, p. 56.8 M. Rotella, Autorotella, op. cit., p. 84.9 M. Rotella, Autorotella, op. cit., p. 91.10 M. Rotella, Autorotella, op. cit., p. 116.11 Una descrizione di questi eventi è stata recentemente fornita da Achille Perilli: “[Rotella] aveva appreso a suonare tamburi africani e aveva inventato un modo di fare concerto con la macchina da scrivere Olivetti e questa sua abilità faceva di lui un personaggio, al quale erano aperte le porte di un mondo festaiolo romano. Aveva conosciuto una coreografa americana di nome Minsa Craig che diventerà poi moglie di Alberto Burri e a casa sua partecipava a happenings di danza post-moderna alternando il suono dei suoi tamburi alle recite di poesia epistaltica”. In: Rotella. Roma Parigi New York, a cura di A. Fiz, Skira Editore, Milano, 2009, p. 44.12 Rotella, foglio dattiloscritto, 1956, Archivio Mimmo Rotella, Milano.

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momento sono caratterizzati da un forte rigore astratto-geometrico e non sembrano mostrare alcun interesse per quei “tratti dal vero” che invece sono presenti nelle poesie epistaltiche. Bisognerà aspettare qualche anno affinché la spinta verso la distruzione della sintassi compositiva, le inclusioni di “tratti dal vero” cui accenna nel Manifesto e in generale il desiderio di scomporre la partitura classica e organicamente costruita, sia essa in composizioni musicali che sulla superficie pittorica, troveranno una nuova applicazione. Nel 1951 in occasione della mostra alla Vetrina dei Chiurazzi a Roma e dal titolo, ″Pitture e disegni di Rotella. Ceramiche e disegni di Meli″, Rotella espone quadri “a olio di stile neo-plastico”13, ma quello che è interessante è il modo in cui, nella brochure che accompagna la mostra, Achille Perilli, che dell'artista è anche amico, fornisce un paragone tra le poesie fonetiche e le opere esposte: “è come se ogni quadrato o rettangolo fosse un suono, e l’uno si inserisca nell’altro a comporsi in uno spazio-tempo, non precisabili nei limiti presenti nella tela. In modo uguale s’articola la sua poesia epistaltica”14. Un breve commento tramite il quale lucidamente vengono indicate alcune direttrici precise in cui l’artista si sta muovendo in quel momento. Perilli cita il fattore spazio-tempo, ponendo quindi il suo lavoro in stretta connessione alle modalità di ricerca della avanguardie storiche; descrive le forme che tendono a oltrepassare i “limiti” della tela, anticipando quasi gli avvenimenti che accadranno a breve e, infine, equipara la sua ricerca in ambito pittorico a quella che sta svolgendo in ambito musicale, parlando di “suono” e della sua poesia epistaltica. Manca poco al momento in cui Rotella attua il passaggio effettivo e travasa concettualmente sulla tela, con la creazione dei primi décollage e retro d'affiches, le possibilità espressive offerte dalla modulazione sonora della voce, dagli strumenti a percussione, dal ritmo del jazz. Una miscela complessa che verrà convogliata verso l'enunciazione di una nuova formula linguistica caratterizzata dalla frantumazione dell’armonia classica, dalla sua aderenza con la realtà contemporanea, dalla capacità di comunicare un forte senso di libertà, dal suo potere immediato di trasmettere emozioni e dall’uso dell'improvvisazione come mezzo tramite il quale arrivare alla creazione di nuove composizioni pittoriche.

Roma e la materiaNella brochure della mostra ai Chiurazzi, oltre al testo di Perilli, è presente anche uno scritto di Piero Dorazio il quale conclude il testo asserendo: “lui [Rotella] è uno dei nostri”15 intendendo con questa frase dire che Rotella appartiene al movimento degli artisti astratti che in quegli anni si stanno fortemente contrapponendo e stanno facendo fronte comune contro quello dei realisti. Dorazio stesso, insieme a Carla Accardi, Pietro Consagra, Mino Guerrini, Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato, aveva sottoscritto nella primavera del 1947 il manifesto di un nuovo gruppo che si sarebbe chiamato “Forma uno”, i cui appartenenti, dichiarandosi “formalisti e marxisti”, intendevano opporsi16 alla corrente figurativa che faceva capo a Renato Guttuso. Rotella frequentava, già dal 1947, quegli stessi artisti che ora facevano parte anche dell’Art Club, il cui fine era organizzare mostre e creare eventi che ponessero in relazione gli artisti italiani con la scena internazionale. Insieme con Accardi, Dorazio, Perilli, Turcato e Enrico Prampolini17 - il quale era stato, insieme con Józef Jarema, uno dei fondatori dell’associazione - partecipa a diverse esposizioni organizzate in Italia e all’estero dall’Art Club, tra cui una delle più importanti che si tiene nel 1951 presso la Galleria Nazionale d’arte Moderna a Roma e dal titolo “Arte astratta e arte concreta in Italia 1951”. Ma sebbene il suo mondo e le sue frequentazioni siano con gli artisti astratti, Rotella non diventerà mai realmente “uno dei nostri”, preferendo assumere una posizione leggermente più distaccata e anche dal punto di vista politico meno schierata. Un atteggiamento, il suo, che comunque non gli impedirà, una volta tornato dal viaggio in America, di vivere nel pieno e assorbire quel clima culturale che si 13 M. Rotella, Autorotella, op. cit. p. 18.14 A. Perilli, in Pitture e disegni di Rotella – Ceramiche e disegni di Meli, Galleria Chiurazzi, 1951, brochure mostra.15 P. Dorazio, in Pitture e disegni di Rotella – Ceramiche e disegni di Meli, Galleria Chiurazzi, 1951, brochure mostra.16 C. Accardi, U. Attardi, P. Consagra, P. Dorazio, M. Guerrini, A. Perilli, A. Sanfilippo e G. Turcato, Forma 1, in “Forma”, Roma, 15 marzo 1947.17 E. Prampolini, che aveva scritto nel 1944 Arte polimaterica, (Edizioni del Secolo, Roma, 1944), continua a battersi in questo periodo per l’uso si diversi materiali nelle opere pittoriche al fine di amplificarne le potenzialità espressive.

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era venuto a creare a Roma, soprattutto in una zona della città, quella situata tra Via Margutta, Via del Babbuino e Piazza del Popolo, dove si trovava il Caffè Rosati, divenuto il luogo di incontro e punto di ritrovo per tutta l’avanguardia artistica del momento. Tornato a Roma nel 1952 Rotella trova una situazione in parte ancora simile a quella che aveva lasciato l’anno precedente - continuano infatti le polemiche roventi tra astrattisti e non - ma in parte già in via di evoluzione. Con l’entrata in scena di alcuni personaggi, Alberto Burri su tutti, il contesto dell’arte italiana sta cominciando a evolversi in quanto: “intorno al 1950 si affaccia alla ribalta un fenomeno completamente nuovo, impossibile da ricondurre tanto all’astrazione quanto al realismo e che, sia la critica che il pubblico stentano a comprendere e a classificare. L’enfasi posta sul segno, sul gesto o sulla materia dagli artisti di questa corrente “altra”, elude in Italia l’annoso dilemma forma/contenuto, lasciando tutti disorientati”18.È in questo processo di mutamento profondo, ignorato dall’opinione comune, ma percepito perfettamente da chi come lui vive in prima linea sul fronte delle avanguardie, che Rotella entra in crisi. Si tratta di un periodo di cui lui stesso ha più volte parlato: “Tornando dagli Stati Uniti ho tirato le conclusioni: <<basta, mi fermo, tutto ormai è stato detto>>. Infatti non dipingevo più, continuavo a comporre solo della poesia fonetica”19. L’arte geometrica e astratta, che era stata, fino al viaggio in America, un territorio espressivo in cui si riconosceva, ora è diventata un’esperienza che sente superata. Sopravvive all’impasse totale solo la “poesia fonetica” che l’artista percepisce come unica possibilità compositiva ancora in grado di reggere il passo con quello che sta accadendo intorno a lui. È questo il momento più drammatico e critico per la sua carriera e da cui esce tra il 1953 e il 1954, grazie anche alle sue frequentazioni, alla sua conoscenza della scena romana di quel momento e alla velocità intuitiva con cui riesce a mettersi di nuovo in gioco e di confrontarsi con le innovazioni più avanzate. La situazione culturale agli inizi degli anni cinquanta vede a Roma un forte fermento culturale in cui emergono figure come Burri, il quale espone già a partire dal 1949 i Catrami, nel gennaio del 1952 la serie dei Neri e delle Muffe e nel 1953 quadri in cui oltre la presenza di bitume sono presenti colle e terre; Giuseppe Capogrossi due anni prima aveva fondato insieme a Mario Ballocco, Ettore Colla e lo stesso Burri, il Gruppo Origine, nato dall'esigenza di fare tabula rasa delle involuzioni dell’astrattismo, per tornare alle "origini". Risale al1953 la prima personale di Robert Rauschenberg dal titolo “Scatole e feticci personali" alla Galleria dell'Obelisco. L’anno successivo Plinio De Martiis apre la Galleria La Tartaruga. Lucio Fontana, seppure operativo a Milano, dove presenta la serie dei Buchi nel 1952 alla Galleria del Naviglio, diventa un punto di riferimento importante nell’ambito di quella ricerca che mira al superamento dell’informale, in favore di una nuova interpretazione linguistica dove al centro dell’interesse ci sono il gesto, il segno e la materia20. In stretta sintonia e immettendosi in questa fitta trama di incontri e di eventi che si susseguono uno dietro l’altro e che creano una situazione effervescente e dinamica, Rotella realizza i primi décollages e retro d’affiches. In entrambi i casi il processo operativo è lo stesso e consiste in: una prima azione che si svolge per le strade di Roma e che lo vede strappare i manifesti pubblicitari attaccati ai muri della città, e un secondo momento che si svolge nello studio dove Rotella riutilizza – applicandoli su un supporto – gli stessi manifesti. In questo secondo passaggio, tramite l’uso di una punta di un pennello o di un raschietto, i fogli sono prima assemblati e incollati e poi lacerati. Nel caso dei décollages, i manifesti vengono attaccati sul supporto al recto, in quello dei retro d'affiches sono applicati al verso. In aggiunta, nel caso dei retro d'affiches, l’artista include alcuni elementi, come tracce di ruggine, pezzi di intonaco, colle, muffe, pezzetti di carta e terra, provenienti direttamente dall’esterno, trascinati via e rimasti impigliati nella parte retrostante del manifesto proprio durante l'azione dello strappo. Di conseguenza saranno proprio i retro d'affiches che legheranno storicamente l’attività di Rotella a quell’interesse e fenomeno di cui parla Matitti e in cui la materia acquista un forte valore 18 F. Matitti, Gli eventi. I luoghi di incontro, gruppi, tendenze e movimenti, mostre pubbliche , in Roma 1948-1959. Arte, cronaca e cultura dal neorealismo alla dolce vita, p. 84.19 M. Rotella, in G. Appella, Colloquio con Rotella, op. cit. p. 11.20 Per una ricostruzione storica dettagliata del contesto in cui opera Mimmo Rotella in questo periodo, vedi la cronologia interna a questo volume.

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comunicativo. Presente in molte delle opere concepite in questo periodo, la materia non è più ora un elemento casuale ma si impone nel processo compositivo in maniera prepotente e sistematica diventando fonte di ispirazione per molti artisti operativi in quegli anni, sia a livello nazionale che internazionale. Grazie all’abbandono del rigore geometrico e raziocinante e trasponendo sulla tela o sul cartoncino lo stesso processo di azzeramento che aveva attuato da sempre nel suono, Rotella riesce a mettere in atto un sistema di smantellamento della costruzione pittorica, in cui gli elementi della scomposizione frammentaria e dell’assemblaggio casuale, che ora l’artista applica in modo deciso, diventano le caratteristiche preponderanti. Nei retro d'affiches la partitura classica viene presa d'assalto in favore di un caos magmatico in cui si sente l'eco dei suoni captati e presenti nella realtà che circonda l'artista alla quale lui stesso ha la necessità di fare parte. Una spinta quest’ultima i cui antecedenti sono da individuare ancora una volta nelle avanguardie storiche.La comunanza di Rotella con le altre personalità artistiche che pongono al centro del loro lavoro nuove materie, è subito messa in evidenza da alcuni critici, come ad esempio Emilio Villa e Leonardo Sinisgalli, che sono tra i primi ad apprezzare e scrivere sul suo nuovo tipo di lavoro. Villa, nel testo che accompagna la mostra collettiva alle Zattere del Ciriola (1955) a Roma, dove per la prima volta Rotella espone alcuni décollages, prima denuncia l’appiattimento dell’astratto, così come era andato a declinarsi nelle sue espressioni più recenti: “Una grande ipotesi sintattica era stata proposta dalla mistificazione, operata dall’astrattismo, dello spazio. Ma l’ipotesi, dopo i tentativi maggiori, cadde nelle mani degli ignoranti di una pletora di epigoni frettolosi, e così questa esaltante e stringente ideologia è finita per esaurirsi in un monotono anfiteatro…”, poi conclude: “dietro questi quadri, dietro le rutili materie e le materie perenni, analogiche, cera tela sughero lacca olio carta calce, e giusto nell’ombra che essi concludono con una violenta illuminazione, vive una Grande Preda, la libera disponibilità di chiarezze superne”21.In un altro articolo che esce nel numero di settembre-ottobre del 1955 di “Civiltà delle macchine”22, poco prima dell’importante mostra personale dell’artista alla Galleria del Naviglio a Milano23 Sinisgalli accomuna Rotella proprio ad alcuni dei protagonisti che operano nell’ambito del nuovo fermento artistico: “Burri con le spugne e le cuciture chirurgiche, Fontana coi buchi, Nando coi chiodi e Rotella con la carta straccia: che cosa vogliono da noi questi matti? Non credo che essi si divertirebbero molto a giocare coi dadi truccati, a stravincere sempre sul nostro buon senso. La poetica dell’informe, delle macchie sul muro, dei cavilli, del vaso rotto accoglie ogni giorno proseliti. Si può dire che l’accidente, l’eccezione, ogni giorno vengono a inquinare la quiete, la monotonia dell’evento, del prevedibile, del conforme”.Sulla materia, messa in relazione con il mondo della musica e dei suoni, torna anche l’artista stesso qualche anno dopo in un’autopresentazione pubblicata nella brochure di accompagnamento alla sua mostra che si tiene nella primavera del 1957 presso la Galleria d’Arte Selecta a Roma. Si tratta di una riflessione che Rotella fa sul suo lavoro e sulla spinta che lo porta a scegliere di scendere per la strada a cercare ispirazione. All’inizio del testo “lega” la sua poetica in modo deciso al collage, tanto da arrivare a dire: “avrei voluto inventarlo io il collage…”. Poi descrive l’origine protestataria da cui deriva il gesto di strappare i manifesti dai muri della città: “Strappare i manifesti dai muri è l’unica rivalsa, l’unica protesta contro la società che ha perduto il gusto dei mutamenti e delle trasformazioni strabilianti. Io incollo i manifesti poi li strappo: nascono forme nuove, imprevedibili. Ho abbandonato il cavalletto per protesta. Se avessi la forza di Sansone incollerei Piazza di Spagna…”; entra nel merito della sua attività: “…si tratta di una ricerca; di una ricerca che si affida non all’estetica, ma all’imprevisto, agli stessi umori della materia. È come una tromba, un tamburo, un sassofono che suonino da soli. Io sostengo la tromba il tamburo e il sassofono” e infine parla di materia, sembrerebbe riferendosi proprio ai retro d’affiches: “Se dall’indagine sul colore, passo 21 E. Villa, in I sette pittori sul Tevere a Ponte Santangelo, Edizioni Palma, Roma, Zattere del Ciriola, Roma, brochure della mostra.22 L. Sinisgalli, Le carte lacerate di Rotella, in “Civiltà delle macchine”, Roma, a. III, n. 5, settembre-ottobre, 1955.23 Nella brochure di questa mostra viene ripubblicato lo stesso articolo di L. Sinisgalli uscito su “Civiltà delle macchine” a settembre 1955.

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poi a quella sulla materia, allora i significati si trasformano, diventano drammatici. Come sarà la terra dopo il finimondo? Potrebbe essere liscia e fredda come una superficie di marmo; solcata da certi canali contorti come piste nel deserto…”24 Ancora alla materia si ricollega in una delle sue citazioni più famose, in cui descrive la genesi dell’idea di strappare i manifesti: “Nel 1953, camminando per le strade di Roma ero attratto dai manifesti-materia sui muri. Erano un vero stimolo alla fantasia. Cominciai a <<collezionarli>> lacerandoli di notte e conservandoli sotto il mio letto”. In molti dei retro d’affiches come nel caso: Ricerca della materia (1955 ca.), Materia perfetta (1956), Materia murale bruciata (1956), Materia 5 (1956) e in oltre quindici retro, la parola “materia” è presente nei titoli stessi dei lavori.Di “materia” parla ancora una volta Villa, nel testo di presentazione alla mostra personale di Rotella che si tiene alla Galleria La Salita a Roma nel 1959: “Gli inerti si lamentano per la <<materia>> di questa pittura, manifesti strappati dai muri, sui bandoni, sulle palizzate. Materia? Faremo quadri con tutto, con tutta la materia del mondo, magari con succo di carrube, con scorze di stirace, con porpora fenicia e incenso d’Ismaele…”25(26).

Morfologia dei retro d’affiches Come avviene per i décollages, di cui si ha testimonianza della loro prima realizzazione avvenuta già a partire dal 1953, anche nel caso dei retro d’affiches, come Strati ineguali, 3000 anni avanti Cristo, e Palinsesto si ha notizia accertata (tramite documentazione presente nel suo archivio) di loro dal 1954. Per quanto riguarda invece la prima apparizione in una pubblicazione o in un evento espositivo dei retro d’affiches, questa avviene quasi contemporaneamente a quella dei décollages. Sappiamo che questi ultimi vengono esposti nella primavera del 1955, nella mostra alle Zattere del Ciriola a Roma. Si tratta di lavori di piccole dimensioni e la cui tecnica non viene ancora identificata esattamente, tanto che in un articolo che esce sulla edizione estiva di “Art News” il giornalista americano Milton Gendel definisce lo stile come una forma di “nuovo dadaismo”26. Sarà Villa, nel numero di maggio della rivista “Arti Visive” a parlare per primo di décollage27. Per l’inserimento dei retro d’affiches in una esposizione - non riuscendo ad oggi a provare la presenza di questi nella mostra alle Zattere del Ciriola28 - dobbiamo risalire all’articolo che Sinisgalli scrive qualche mese dopo che si è tenuta la mostra, nel numero di settembre, per “Civiltà delle macchine”29. Il testo è accompagnato dalle riproduzioni di tre opere di Rotella: due décollages e un retro d’affiche (Senza titolo). Si tratta della prima apparizione pubblica di un retro d’affiches, seppure accomunato ai décollages sotto il titolo generico di: “Le carte lacerate di Rotella”. A dicembre dello stesso anno, in occasione della prima mostra personale che l’artista tiene alla Galleria del Naviglio a Milano, accanto ai décollages, questa volta sono presenti anche alcuni retro d’affiches come Antico e Lettere nascoste, entrambi realizzati nel 1955. Seguono diverse mostre in cui le due tipologie di opere avranno lo stesso peso espositivo come ad esempio nel caso della personale che si tiene alla Galleria La Salita a Roma nel 1959 in cui il particolare di uno dei retro d’affiches presenti nell’esposizione, Al reverso (1959), viene pubblicato sulla copertina della brochure30. Sempre in questa occasione sono presentati diversi retro d’affiches come Not in Venice (1959), Qualitativo (1959), HARU-GA-KITA (1957) e Up Tempo (1957), un lavoro quest’ultimo di grandi dimensioni (172 x 283 cm), che verrà acquisito nel 1965 da Palma Bucarelli (la Direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma) affinché entri a fare parte della collezione permanente del museo.24 M. Rotella in Rotella, Galleria d’Arte Selecta, Roma, 1957, brochure della mostra.25 E. Villa, in Rotella, Galleria La Salita, Roma, 1959, brochure della mostra.26 M. Gendel, Summer events: Rome, in “Art News”, New York, estate, 1955.27 E. Villa, Décollages di Rotella, in “Arti Visive”, Roma, n. 2, maggio 1955.28 Dalla documentazione rintracciata fino ad oggi a proposito di questa mostra non possiamo avvallare la presenza dei retro d’affiches in questa occasione ma neanche escluderla in quanto la ricostruzione della lista di tutte le opere che erano presenti è a tutt’oggi non completa.29 L. Sinisgalli, Le carte lacerate di Rotella, op. cit.30 Il lavoro A reverso compare riprodotto anche in un articolo che esce sempre nel 1959 a firma di B. Alfieri dal titolo Autoritarismo, sperimentalità, circo equestre, in “Azimuth”, Milano, 3 settembre 1959.

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Anche se i critici del periodo omettono di fare distinzione tra i décollages e i retro d’affiches, quello che subito è evidente guardando per esempio le riproduzioni dei lavori nell’articolo di Sinisgalli, è di essere davanti a due soluzioni formali completamente diverse tra loro. Pur partendo dallo stesso gesto i décollages e i retro d’affiches sono strutturalmente molto dissimili nel loro. Se nel décollage predomina l'accostamento e la sovrapposizione di stralci di manifesti dai colori forti, che sono decisamente "manipolati" dall'artista [Tommaso Trini parlerà a questo proposito di un “décollage assistito”31], nel caso dei retro d’affiches Rotella mantiene quasi intatto il “reperto urbano”32. In questo tipo di lavori, il suo intervento tende a farsi quasi impercettibile e a limitarsi all'indispensabile. I colori squillanti sono quasi del tutto assenti e prevale una coloritura pastosa fatta di tonalità basse che vanno dal giallo, al marrone, al rosa, al grigio, all’arancio. La superficie creata da una o più carte incollate, si fa granulosa, si raggruma per via degli strati del foglio del manifesto ispessito dalle colle, dai frammenti di materiale che attraversano la composizione. Le tracce di colore, quando presenti, sono dovute alle lettere delle parole che in questo caso, leggendosi al rovescio, da destra a sinistra, perdono il loro significato e diventano segni astratti. Una differenza di stile quella tra i décollages e i retro d’affiches che diventerà più evidente man mano che i primi convergeranno verso una iconografia Pop e i secondi verso una accentuazione del senso materico.Per la presenza di diversi materiali e per il tipo di intervento che Rotella effettua ogni volta che realizza un retro d’affiche, questi possono risultare anche molto diversi tra loro. Per esempio nel caso di Connessione verticale (1953-1954), Nuvola rosa (1954), Come un animale (1954), Composizione astratta (1955-1957), o Ero io (1958), l’artista, come a volere svelare il processo lavorativo, lascia intravvedere quello che c’è scritto nel manifesto. Compaiono grandi scritte che scorrono da destra a sinistra. In altri casi, come ad esempio in Materia e fiocchi bianchi (1957) e Il primo isolato (1960), la percezione di essere davanti ad un manifesto si perde completamente e ci si confronta con un magma composto da brandelli di carta e diversi elementi materici che vanno a formare superfici dal forte carattere informale. In altri casi Rotella attua dei lievi interventi, al limite del non percepibile, ma che fanno intuire una sottile attenzione, seppure celata dalla apparente casualità della composizione, per la struttura compositiva. Per esempio in Orange (1955), in Argentina (1957) o in Il primo isolato (1960) sono presenti dei piccoli tocchi di colore rosso, mentre in altri casi, come Uno dei primi (1955) l’intervento di macchie bianche di colore, dato quasi a ricordare una modalità simile a quella del dripping di Pollock, oppure degli ideogrammi giapponesi33 creano delle ampie campiture che diventano parte integrante della composizione.Se nel caso dei décollages il titolo dell’opera si riferisce molto spesso, in maniera letterale, alle scritte che compaiono sul manifesto utilizzato dall’artista, un diverso procedimento accade per i retro. La loro superficie informe e priva di ogni riferimento alla realtà, spinge l’artista verso titoli che in alcuni casi diventano delle chiavi di lettura e permettono di risalire alla sua fonte di ispirazione. Un esempio tipico in questo senso può considerarsi la serie di retro che si riferiscono ai muri romani: Muro romano 1 (1957) e Muro romano (1958); oppure: Partendo dall’angolo della strada (1954) e Muro romano con macchie e bruciature (1956). In altri il titolo prende spunto dalle forme, dalla materia e dai colori presenti nella composizione: Strati ineguali (1954), Connessioni verticali (1953-1954), Fumé (1954), La ruggine in basso (1955), Verniciato con macchie (1955), Macchie (1955), Macchie chiare (1956) mentre in rari casi, come Amazzonia (1954), Religioso (1954), Uno dei primi (1956) e Not in Venice (1959) il legame tra l’opera e il suo titolo sembra connesso a storie e ricordi più personali dell’artista.Al contrario dei décollages, così chiamati sin da subito per indicare questo tipo di tecnica, il termine retro d’affiche fatica al principio ad essere adottato dalla critica. Basti pensare che Pierre Restany, nel suo saggio del 196334, parlando di questo genere di lavori, li definisce ancora “lacerazioni negative”, e solo nelle didascalie che accompagnano le riproduzioni di 31 T. Trini, Rotella, Prearo, Milano, 1974, p. XVIII.32 G. Celant, Mimmo Rotella, in Mimmo Rotella, Skira, Milano 2007, p. 26.33 Che Rotella fosse interessato alla calligrafia orientale è testimoniato dalla presenza, tra i libri appartenuti alla sua biblioteca personale, di un catalogo di una mostra dal titolo: “L’inchiostro di Cina nella calligrafia e nell’arte giapponese” tenutasi a Palazzo Brancaccio a Roma nel 1956 e che verosimilmente l’artista ha visitato.34 P. Restany, Rotella: dal décollage alla nuova immagine, Edizioni Apollinaire, Milano, 1963.

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alcuni di loro, nel regesto posto in fondo al libro, li indica con il termine francese di retro d’affiches. Forse uno dei motivi per cui i décollages e i retro d’affiches non saranno percepiti all’inizio in modo distinto, si può ascrivere al fatto che sia l’uno che l’altro vengono interpretati come due facce di una stessa medaglia, anche se poi sarà il décollage, per via del suo grosso successo, la dicitura con cui si tenderà ad indicare quasi indistintamente tutto il lavoro realizzato in questi anni. Il décollage assumerà una tale importanza che spesso sarà indicato, anche dall’artista stesso, come all’origine di tutto il nuovo percorso linguistico, punto di partenza e da cui tutto, compresi di retro d’affiches, prenderà l’avvio. Un’interpretazione questa che Cesare Vivaldi, durante un’intervista con Rotella realizzata nel 1965, sembra volere mettere in discussione, rilevando anzi come potrebbe essere stato proprio l’interesse per la materia - molto più presente nei retro d’affiches piuttosto che nei décollages - a spingere l’artista verso l’atto dirompente dello strappare i manifesti dai muri. Nell’intervista, il critico prima incasella in tre periodi la “storia” del décollage: “Un primo periodo in cui valevano gli accostamenti di colori; un secondo momento in cui valeva soprattutto la materia, tant’è vero che di colore ce n’era poco, adoperavi la parte posteriore dei manifesti, ti interessava appunto la materia, la grana della carta, l’umidità, la ruggine; infine il terzo periodo è quello della nuova immagine”, poi chiede a Rotella, quasi alla ricerca di una conferma della sua tesi: “È stata la materia quindi che ti ha dettato una pittura completamente nuova?”35. Domanda a cui l’artista risponde non riferendosi esplicitamente alla materia, ma citando il collage36 che ovviamente l’artista sente, per via dell’inserimento di oggetti e materiale vario all’interno della composizione, come precedente diretto della sua nuova produzione: “Avevo già fatto dei collages prima, e sentivo che dovevo rompere con la tecnica tradizionale per passare ad una tecnica più istintiva e diretta”37 Tesi quella di Vivaldi che viene ripresa in modo ancora più assertivo da Maurizio Calvesi, il quale parlando dell’attività di Rotella nel 1954 dice: “Inizialmente l’artista, una volta staccati dal muro gli affissi, ne esponeva il rovescio e non le immagini, giocando con la trama informale delle macchie, dei grumi e slumacature di colla: seguiranno negli stessi anni cinquanta i manifesti presentati nel recto…”38.

I retro d’affiches e il Nouveau Réalisme Se nel caso dei décollages rimane ancora oggi fonte di discussione la primarietà di esecuzione di questo tipo di lavoro tra Rotella e gli artisti francesi appartenenti al Nouveau Réalisme39, nel caso dei retro d'affiches, anch'essi realizzati per un certo periodo da François Dufrêne, Raymond Hains e Jacques Mahé de la Villeglé, questa problematica non sembra porsi. Prescindendo dall’analisi sulle uguaglianze e differenze di stile o sulle motivazioni concettuali e sulle fonti di ispirazione da cui si siano sviluppati i retro d’affiches nel caso di Rotella e in quello degli artisti francesi, si segnalano in questa occasione, solo alcuni dati cronologici. Facendo riferimento ai dati storici da cui inizia la vicenda del Nouveau Réalisme, risulta che la creazione da parte di Rotella dei retro d'affiches abbia preceduto di qualche anno quella dei francesi. Se per l’artista italiano infatti si hanno tracce evidenti della loro presenza sia in mostre che in articoli di giornali, già a partire dal 1955, nel caso dei francesi bisogna arrivare alla fine degli anni cinquanta per trovare lavori affini. Pur partendo dal 1949, anno di realizzazione congiunta da parte di Villeglé e Hains dell’opera M, indicata come uno dei loro primi 40 décollages e di ACH ALMA MANETRO sempre realizzata, secondo la loro testimonianza, nello stesso anno41, e anche considerando la prima loro prima mostra dal titolo “Loi du 29 juillet 1881”, presso la 35 C. Vivaldi, Mimmo Rotella, in “Marcatrè”, Genova, nn. 16,17,18, luglio-settembre,1965, p. 266.36 Un legame, quello tra i retro d’affiches e il collage che si fa particolarmente stringente in alcune opere come Tela grezza (1955) e Ricostruito (1955) dove i frammenti dei manifesti sono posti al verso ma assemblati, come succede in un collage, su una tela vecchia la quale a sua volta viene incollata su un ulteriore supporto.37 M. Rotella, Mimmo Rotella, in “Marcatrè”, Genova, nn. 16,17,18, luglio-settembre,1965, p. 266.38 M. Calvesi, Alberto Burri e i mutamenti dell’arte, in “Burri gli artisti e la materia 1945 – 2004”, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2005, p. 24.39 Per un’analisi dettagliata su questo argomento, vedi G. Celant, Mimmo Rotella, op. cit.40 Ibidem.41 Ibidem.

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Galleria Colette Allendy a Parigi che risale al 1957 e in cui sono presentati i décollages, bisogna arrivare al 1959 per trovare la realizzazione dei primi retro d’affiches da parte loro. È il caso di 1/8ème du plafond pour la 1ère Biennale de Paris di Dufrêne42 o, sempre dello stesso artista, all’anno 1960 quando esegue Senza titolo, presente in questa mostra. È interessante notare infine come, nel momento in cui i Nouveaux Réalistes cominciano a produrre con maggiore frequenza, soprattutto Dufrêne, dei retro d’affiches, Rotella è già nella fase in cui sta per abbandonare questa tipologia di opere. Tra il 1960 e il 1961 la loro esecuzione diventa più rara, fino a che, nel 1962, l’artista smette la loro produzione completamente in favore del décollage. Questo genere di lavoro, a sua volta, sta mutando aspetto, diventando meno astratto e assumendo un'iconografia più strettamente legata a una nuova figurazione. Ora l’attenzione di Rotella è rivolta alla cartellonistica pubblicitaria del momento, in particolare a quella legata al mondo del cinema e dei prodotti di consumo. Nel 1960 si tiene a Roma una mostra presso la Galleria La Salita e dal titolo “5 pittori. Roma 60”. Vi partecipano alcuni artisti che presto diventano suoi amici: Franco Angeli, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Mario Schifano e Giuseppe Uncini. L’evento rappresenta un passaggio importante costituito dall’entrata in scena di una nuova generazione con “caratteri di rottura verso l’informale”43 e caratterizzata da una maggiore attenzione per l’immaginario Pop. La caduta di interesse da parte di Rotella per i retro d’affiches si innesta proprio in questo nuovo scenario di cui l’artista diviene ancora una volta artefice e figura di riferimento. Nel 1964, in occasione della XXXII Biennale di Venezia, L'artista redige un elenco delle opere da presentare nella sala a lui dedicata44. La sua scelta ricade su una serie di grandi décollages realizzati tra il 1963 e il 1964. Nella lista i retro d’affiches sono a questo punto completamente assenti.

Milano, 12 giugno 2014

Dal catalogo della mostra Mimmo Rotella. Décollages e retro d’affiches. Skira, Milano 2014© Antonella Soldaini, 2014

42 Per quanto riguarda il rapporto tra Rotella e Dufrêne è interessante notare come i due artisti hanno condiviso all’inizio delle loro carriera lo stesso interesse per la sperimentazione poetica. Dufrêne ha fatto parte, sin dal 1946 del movimento “Lettrista” creato da Isidore Isou. Rotella compone le sue prime poesie epistaltiche a partire dal 1949.43 T. Festa in conversazione con G. De Marchis, in G. Celant, A. Costantini, Roma – New York, 1948 - 1964, The Murray and Isabella Rayburn Foundation, New York, Inc. Charta, Milano, 1994, p. 176.44 L’elenco sarà compilato dall’artista durante la sua detenzione nel carcere di Regina Coeli a Roma. Archivio Mimmo Rotella, Milano.