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FITOTERAPIA LE SCHEDE

DA RITAGLIARE E CONSERVARE

in collaborazione con la dottoressa Monica Urru. medico, psicoterapeuta, specializzata nel degli psicotraumi in adulti e aa(J/t!j;cerl~ don Stefano Tarocchi, docente di Sacra Scrittura e nrp:,ìtU~ael teologica dell'Italia centrale a il professor Filippo Boscla. ginecologo e andrologo, presidente dellil.ssociazione medici cattolici

Aumenta il livello

di serotonina nel sangue,

il trasmettitore correlato ai disturbi dell'umore

Essere ~ benessere I In primo piano

e In particolare, le sue ricerche so­no partite dal "g Tum-mo", una pratica yoga che - grazie a una speciale respi­razione meditativa - consente ai mona­ci buddisti di resistere alle temperatu­re estreme dell'Himalaya e addirittura asciugare lenzuola bagnate avvolte in­torno ai corpi nudi, grazie alla loro mi­steriosa capacità di sviluppare un ele­vato calore interno.

«La meraviglia delle ricerche inter­nazionali infatti è quella di aver mo­strato come gli effetti della preghiera vadano al di là della singola religione o del fatto di credere o meno in Dio», spiega la dottoressa Monica Urru, me­dico, psicoterapeuta, specializzata nel trattamento degli psicotraumi in adul­ti e adolescenti, che ha trattato il tema nell'ambito del VI Congresso naziona­le Simben (Società italiana di medicina del benessere), organizzato lo scorso ottobre a Roma in collaborazione con l'Aime (Associazione italiana di medici­na estetica) e coordinato dal professor Pier Michele Mandrillo.

«Non a caso, a partire dal 1992, il neuroscienziato Andrew Newberg ha provato a verificare che cosa accades­se nel cervello di persone appartenenti a fedi diverse, dai monaci tibetani alle monache francescane, chiedendo loro di utilizzare le rispettive meditazioni o forme di preghiera durante l'esperi­mento», afferma l'esperta.

I vari soggetti dovevano tirare una cordicella non appena avessero pro­vato la sensazione di cadere in estasi o essere connessi con il loro senso del

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divino, avviando così una risonanza magnetica funzionale del cervello, un esame che permette di mappare quali aree cerebrali si attivano quando pen­siamo o facciamo qualcosa. Pioniere della cosiddetta neuroteologia, New­berg si è accorto che quelle aree sono sempre le stesse - indipendentemen­te dalla confessione religiosa - e i suoi studi sono stati avvalorati negli anni successivi da esami ancora più precisi, come la tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (Spect), mol­to più sensibile rispetto ad altre prove strumentali.

Che cosa accade? Nel concreto, durante un'esperienza spirituale (intesa come preghiera so­litaria o collettiva, meditazione, lettu­ra di testi sacri o partecipazione a un rito religioso), il cervello "spegne" gli stimoli sensoriali che normalmente attingono informazioni dall'ambien­te esterno, come luce, rumori e odori, permettendo di concentrarsi sulla pro­pria interiorità.

«I moderni esàmi diagnostici con-

sentono di visualizzare le aree cerebrali coinvolte in questo meccanismo», rife­risce la dottoressa Urru. «Oltre ad au­mentare l'attività della corteccia pre­frontale, cioè la parte anteriore del lobo frontale che governa le emozioni, si mettono maggiormente in moto il nu­cleo caudato, l'insula e il giro del cin­golo, tre centri implicati nella percezio­ne della nostra unità con il tutto, oltre che importanti per memoria, appren­dimento e innamoramento».

Si tratta delle stesse aree coinvol­te di fronte a un'opera artistica o uno scenario naturale, come se fra i neuro­ni esistesse una predisposi zio ne all'ar­monia universale. I risultati sono fi­sici, ma non solo: la preghiera infatti attiva la funzione parasimpatica, ridu­cendo frequenza cardiaca e pressione sanguigna, rafforzando la risposta im­munitaria e abbassando i livelli ematici di cortisolo (l'ormone dello stress), ma favorisce anche la percezione che le co­se abbiano un senso unitario, in ùn'ot­tica di trascendenza e infinito che - ol­tre a rappresentare il cuore spirituale dell'esperienza religiosa - è resa pos-

«Se attraversiamo il mondo ci è possibile trovare città senza mura, senza ricchezza, senza moneta, senza scuola o teatri: ma una città senza un tempio, o in cui non si preghi, nessuno l'ha mai vista» Plutarco, storico e filosofo greco

Durante un'esperienza spirituale, il cervello "spegne" gli stimoli sensoriali che giungono dall'ambiente esterno, come luce e rumori

sibile dalla struttura stessa del nostro cervello. Per chi crede, rappresenta la scoperta di Dio nel profondo della no­stra mente.

«I benefici sembrano maggiori in chi prega tutti i giorni, perché i vari mec­canismi avvengono in tempi più brevi: ecco perché molti studiosi, come Nor­man Doidge e Timothy R. Jennings, hanno parlato di un cervello modella­to dal divino, come se l'attitudine a un uso rituale della preghiera ne accele­rasse gli effetti sull'organismo», com­menta Urru. «Quello verso Dio è una sorta di sesto senso, da aggiungere agli altri cinque e allenare nel tempo, per non cadere nell'errore di interpretare la preghiera come una formula miraco­losa, da usare quasi a comando».

Lotta alla depressione Fra gli effetti tangibili della preghie­ra c'è poi l'aumento dei livelli di sero­tonina nel sangue, il trasmettitore re­sponsabile nella regolamentazione di una vasta gamma di funzioni cerebrali e correlato ai disturbi dell'umore. Mag­giori valori aiutano a gestire meglio e

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'. L'opinione ,:?- 4

' .. La fòrza della fede .:·:tra medico e paziente

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Il parere del professor Filippo Boscia. ginecologo e andrologo, già direttore del Dipartimento per la salute della donna e la tutela del nascituro della Asl di Bari, presidente nazionale dell'Associazione medici cattolici italiani

• L'uomo è l'unica macchina perfetta in grado di autori pararsi, perché dotata di un innato potere curativo. Questa forza vitale deriva dall'energia che ci anima, frutto di un dialogo fra cellule che producono endorfine, gli ormoni del benessere, sostanze chimiche prodotte dal cervello che - oltre a regalare piacere, gratificazione e felicità - mantengono il corpo in perfetto equilibrio. In quest'ottica, la malattia non è causata solamente da un tessuto danneggiato o una ferita che deve cicatrizzare, ma anche da un'azione ridotta di questi meccanismi interni e, di conseguenza, da una scarsa capacità dell'organismo di difendersi dalle aggressioni esterne. I confini fra spiritualità e scienza sono mutevoli e non del tutto tracciati, eppure anche quando crollano le umane certezze la fede resta una delle medicine più potenti, che dona pace, serenità e speranza, tutti buoni sentimenti che stimolano la produzione di endorfine. Sono figlio di un medico nato agli inizi del Novecento, che si occupava di malattie gravi, tubercolari e infettive, con alti tassi di mortalità. Il suo stile professionale prevedeva di far visita ai pazienti tre volte al giorno, presso le loro case: ogni volta, i malati riacquistavano forza, slancio vitale e miglioravano visibilmente. Il significato profondo di queste visite era la tenerezza, la modalità con cui Dio si è rivelato agli uomini e l'unica a nostra disposizione per far emergere la Sua presenza in ogni uomo. La medicina moderna deve seguire queste lezioni di agape e carità, affinché la cura preveda un approccio olistico per la salute globale di corpo, mente, anima, sensibilità e spiritualità. I diari medici sono pieni di guarigioni inspiegabili, di sopravvivenze impreviste, ben oltre le previsioni cliniche inizialmente paventate, ed è proprio questo che mostra come i piani umani siano spesso fallibili, soprattutto se non tengono conto dell'ultima parola, che spetta sempre a Dio. O

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L'effetto del rosario sul respiro

• Una ricerca coordinata dal professor Luciano Bernardi dell'Università di Pavia ha dimostrato che recitare il rosario (quello canonico, in latino, che prevede la ripetizione di cinquanta Ave Maria per tre cicli, per metà recitati dal prete e per l'altra metà dalla congregazione) riduce gli atti respiratori a sei al minuto, contro una media generale di quattordici: si verifica una sincronizzazione del respiro con il ritmo del cuore e della circolazione sanguigna.

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~ la propria emotività, contrastando ansia, depressione, insonnia, impul­sività e stress, ma anche ad assicurare una migliore salute in generale, lottan­do contro aterosclerosi, colesterolo, diabete e invecchiamento.

«Più ci connettiamo con la natu­ra e con il Tutto, più il nostro organi­smo affina la sua capacità di auto-cura: senza che ce ne rendiamo conto, noi guariamo ogni giorno da varie patolo­gie, anche gravi come i tumori, grazie a mutamenti chimici di cui la medicina moderna deve tenere conto, alla pari di alimentazione e stile di vita», si dice convinta la psicoterapeuta.

In fondo, una particolare branca del­la biologia molecolare, l'epigenetica, ha demolito la vecchia idea delle malat­tie come fenomeni involontari, dovu­ti unicamente a eredità genetica, catti­va sorte o piani imperscrutabili di Dio, dimostrando come i pensieri ripetuti

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UN PROGETTO ELEVATO Aristotele sosteneva che il medico dovesse limitarsi ad accompagnare la natura nel processo di cura, perché l'unico vero strumento di risanamento è la fiducia (o fides, fede) nell'esistenza di un piano superiore per ciascuno di noi.

nel tempo e i sentimenti che custodia­mo nel cuore possano alterare la salu­te. Come? Stimolando la produzione di proteine nell'organismo, capaci di mo­dificare il Dna.

«Questo può determinare o al con­trario curare le malattie, che in defi­nitiva sono fissazioni dell'anima: in al­tre parole, ogni patologia organica è in qualche modo determinata dalle nostre convinzioni nei confronti del mondo, da idee e pregiudizi con cui cresciamo sin da piccoli. La maggiore flessibili­tà verso le circostanze della vita aiuta l'organismo a sfoderare risorse prezio­se nella lotta alle malattie, attivando un vero e proprio processo di guarigione a livello psico-neuro-endocrino, che al contrario resta bloccato se ci atteggia­mo con rigidità verso ciò che accade».

Già Aristotele sosteneva che il medi­co dovesse limitarsi ad accompagnare la natura nel processo di cura, perché l'unico vero strumento di risanamento è la fiducia (o fides, fede) nell'esisten­za di un piano superiore per ciascuno di noi. Anche perché affinando il sen­so del divino si rafforza la responsabi­lità verso se stessi, correggendo stile di vita, alimentazione e cattive abitudini che possono aver innescato la miccia nel corpo. In questo senso, una serena condizione dell'animo è la strada privi­legiata per raggiungere il benessere psi­cofisico e la conseguente longevità.

Una ricerca inglese del Christian e

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C Medicai Fellowship (un ente che ri­unisce medici, ricercatori e studenti di medicina) ha addirittura dimostrato che i credenti e praticanti religiosi pos­sono vivere quattordici anni in più ri­spetto agli altri.

Vero o no, di certo gli studi di New­berg avevano già dimostrato che - do­po appena otto settimane di preghiera - aumentano le sequenze genetiche be­nefiche, che rafforzando l'efficienza dei mitocondri riducono la produzione di radicali liberi, responsabili dei proces­si di invecchiamento e usura. «Sull'on­da dell'entusiasmo, è importante di­stinguere la preghiera cristiana da altre tecniche meditative, spesso provenien­ti dall'estremo Oriente, in quanto nella nostra tradizione viene promosso un in­contro con Dio oltre all'interiorizzazio­ne della persona», riflette don Stefano Tarocchi, docente di Sacra Scrittura e preside della Facoltà teologica dell'Ita­lia centrale a Firenze. «Pregare non è un rito magico, ma assume forza dalla no­stra fede, e non va confuso con il nor­male rilassamento che possiamo speri-

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mentare in palestra, seppure gli effetti fisiologici possano in parte sovrappor­si». Una grande differenza? Molte tecni­che laiche di interiorizzazione della co­scienza utilizzano dei mantra, parole o frasi da ripetere più volte (ad alta voce o in silenzio) per ottenere un determinato effetto. Celebre è l'Om (o Aum) dello yo­ga, considerato il suono primordiale da cui ha avuto origine la Creazione, usato negli esercizi di meditazione profonda per mettersi in sintonia con la vibrazio­ne originale dell'universo.

Per certi versi, anche le religioni han­no giaculatorie da ripetere, come Lii iliiha illiiAlliih dell'Islam o Namo Ami­da'n Bu del buddismo. Il cristianesimo sfrutta il rosario, dove si ripetono i nomi sacri di Gesù e Maria, o la famosa pre­ghiera del cuore (<<Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccato­re»), una tradizione antica che attinge agli insegnamenti dei padri del deser­to, monaci, eremiti e anacoreti che nel IV secolo abbandonarono le città per vi­vere in solitudine e ascesi nei deserti di Egitto, terra di Israele e Siria. C

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Regole che aiutano l'incontro divino

Per entrare in relazione con Dio, basta dialogare con Lui come faremmo con un amico, in modo sincero e spontaneo, con parole semplici e dirette, provenienti dal cuore.

• n luogo giusto. La preghiera deve rappresentare un momento di grande intimità, per cui va scelto un luogo tranquillo, silenzioso, dove evitare ogni pensiero e distrazione.

• Trovare Il ritmo. Per beneficiare degli effetti fisiologici, è importante prestare attenzione alla respirazione, che deve essere lenta e prolungata. Restare in apnea per qualche secondo oppure "spezzettare" ogni atto (inspirazione ed espirazione), come se il respiro stesse salendo o scendendo una rampa di scale, aiuta ad acquisire maggiore controllo sui flussi d'aria.

• Parlare in libertà Ora la preghiera deve scaturire dal cuore, zampillante come una sorgente di acqua viva. Si può adottare una formula fissa oppure raccontare a Dio le gioie, le sofferenze e i dubbi che hanno riempito la giornata.

• Fede senza illusione. Da Dio non dobbiamo pretendere felicità, né prodezze. La fede non è il frutto dell'essere s"empre esauditi, ma della certezza che Dio ci ascolta e accontenta in base ai Suoi tempi e alla Sua sapienza, diversi da quelli umani.

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Nessuno merita di ammalarsi e nessun disegno divino lo prevede

Gli studi più significativi

• Gli studi sulle basi cerebrali della spiritualità hanno una lunga tradizione, ma solo negli ultimi anni sono stati compiuti progressi nella definizione dei reali effetti sull'organismo. Ecco le ricerche più recenti, pubblicate dalle riviste scientifiche.

2012 DEPRESSIONE Uno studio americano condotto dal Department of psychiatry and behavioral sciences della Duke University school of medicine ha rivelato che gli individui professanti la religione protestante o cattolica hanno il 76 per cento in meno di probabilità di sviluppare depressione rispetto a chi non ha alcuna fede.

2011 DISTURBI MENTALI Nell'ambito delle Giornate pisane di psichiatria e psicofarmacologia clinica, i due psichiatri Liliana Dell'Osso e Giulio Perugi hanno associato alla fede un grande ruolo protettivo nei confronti della psicopatologia, che metterebbe al riparo da paure e angoscia.

2010 PROBLEMI AL FEGATO Un'indagine dell'Ife-Cnr di Pisa, pubblicata su Liver transplantation,

. ha dimostrato che la religiosità può migliorare la prognosi dei pazienti con insufficienza epatica grave, sottoposti a trapianto di fegato.

2010 BUONE RELAZIONI Una meta-analisi della psicologa americanaJulianne Holt-Lunstad ha mostrato come le relazioni sociali aumentino del 50 per cento la speranza di sopravvivenza. La buona salute è legata alla fiducia in qualcuno, nel mondo materiale o spirituale.

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IL PONTEFICE Papa Francesco ha più volte sottolineato l'importanza della preghiera quotidiana.

e n modello cristiano «Ma la preghiera fondamentale del mondo cristiano è il Padre Nostro, in­segnato da Gesù ai discepoli (Luca, 11,1 e Matteo, 6,9), che nel suo significato di lode, benedizione e adorazione instaura un rapporto con Dio da coltivare in mo­do costante e significativo», rimarca don Tarocchi.

Il capitolo 18 del Vangelo di Luca co­mincia cosÌ: «Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi». Anche quando non sortisce alcun risultato, la preghiera deve essere coltivata con perseveranza, senza la vo­lontà di forzare la mano di Dio, dettata

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da un atto d'amore indipendente dalla risposta. «Nessuno merita di ammalarsi e nessun disegno divino lo prevede, ma le malattie rientrano nella condizione di fragilità umana e devono essere accet­tate», conclude don Tarocchi. «La pre­ghiera può aiutarci ad acquisire la giu­sta forza interiore, ma anche a guarire: non stanchiamoci di chiedere quel che desideriamo. Al cieco di Gerico, Gesù ha domandato: "Che vuoi che io faccia per te"? Ciò significa che la preghiera deve essere semplice, chiara e precisa. Anche se il Signore conosce i nostri bisogni, vuole ascoltarli dalla nostra voce per po­terli esaudire». O