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IL LICENZIAMENTO «COLLETTIVO»:

una fattispecie in continua evoluzione. Analisi giurisprudenziale

Milano, 5 luglio 2018

Avv. Francesco RotondiFounding Partner

LABLAW Studio Legale

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Art. 4 L. 223/1991

Attivazione della procedura di licenziamento collettivo

(vecchia «mobilità»)

«L'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione

salariale, qualora nel corso di attuazione del programma di cui all'art. 1 ritenga

di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di

non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di

licenziamento collettivo ai sensi del presente articolo» (comma 1)

La procedura

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Art. 4 L. 223/1991

Comunicazione di apertura, destinatari e avvio dell’esame congiunto

«Le imprese che intendano esercitare la facoltà di cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione

preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell’art. 19 L.

300/1970, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze

la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni

maggiormente rappresentative sul piano nazionale. […]» (comma 2)

«La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la

situazione di eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter

adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, il

licenziamento collettivo; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del

personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del

programma di riduzione del personale; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le

conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo del metodo di calcolo di

tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla

contrattazione collettiva. […]» (comma 3)

« Entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, a richiesta delle

rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni si procede ad un esame congiunto

tra le parti […]» (comma 5)

La procedura

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Art. 4 L. 223/1991

Le due fasi della procedura e i tempi procedurali

«La procedura di cui al comma 5 deve essere esaurita entro quarantacinque giorni dalla data del

ricevimento della comunicazione dell'impresa. Quest'ultima dà all'Ufficio provinciale del lavoro e

della massima occupazione comunicazione scritta sul risultato della consultazione e sui motivi

del suo eventuale esito negativo. Analoga comunicazione scritta può essere inviata dalle

associazioni sindacali dei lavoratori» (comma 6)

«Qualora non sia stato raggiunto l'accordo, il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della

massima occupazione convoca le parti al fine di un ulteriore esame delle materie di cui al

comma 5, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo. Tale esame deve

comunque esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento da parte dell'Ufficio provinciale del lavoro

e della massima occupazione della comunicazione dell'impresa prevista al comma 6» (comma

7)

«Qualora il numero dei lavoratori interessati dalle procedure di licenziamento collettivo sia

inferiore a dieci, i termini di cui ai commi 6 e 7 sono ridotti alla metà» (comma 8)

La procedura

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Art. 4, comma 9, L. 223/1991

La chiusura della procedura

«Raggiunto l'accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8,

l'impresa ha facoltà di licenziare gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando

per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso.

Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi, l'elenco dei lavoratori licenziati, con

l'indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica,

del livello di inquadramento, dell'età, del carico di famiglia, nonché con puntuale

indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all'art. 5,

comma 1, deve essere comunicato per iscritto all'Ufficio regionale del lavoro e della

massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l'impiego e alle

associazioni di categoria di cui al comma 2»

La procedura

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Art. 4 L. 223/1991 - Le principali modifiche normative:

Le parole «procedura di mobilità» sono sostituite dalle parole «procedura di licenziamento

collettivo»; le parole «collocare in mobilità» sono sostituite dalle parole «licenziare» (art. 2,

comma 72, L. 92/2012)

All'art. 4, comma 9, L. 223/1991, al secondo periodo, la parola: «Contestualmente» è

sostituita dalle seguenti: «Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi» (art. 1, comma 44,

L. 92/2012)

All’art. 4, comma 12, L. 223/1991 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli eventuali vizi

della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni

effetto di legge, nell'ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di

licenziamento collettivo» (art. 1, comma 45, L. 92/2012)

La procedura

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Art. 5 L. 223/1991

Criteri di scelta

«L'individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire, in relazione alle esigenze

tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri

previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all'art. 4, comma 2, ovvero in

mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro:

a ) carichi di famiglia;

b ) anzianità;

c ) esigenze tecnico-produttive ed organizzative» (comma 1)

«Nell'operare la scelta dei lavoratori da licenziare, l'impresa è tenuta al rispetto dell’art. 9,

ultimo comma, D.L. 17/1983, convertito, con modificazioni, dalla L. 79/1983. L'impresa

non può altresì licenziare una percentuale di manodopera femminile superiore alla

percentuale di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in

considerazione» (comma 2)

I criteri di scelta

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Art. 5 L. 223/1991 - Le principali modifiche normative:

Le parole «collocare in mobilità» sono sostituite dalle parole «licenziare» (art. 2, comma 73,

L. 92/2012)

All’art. 5, comma 2, L. 223/1991 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "L'impresa non può

altresì collocare in mobilità una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale

di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in considerazioni" (art. 6,

comma 5-bis, D.L. 148/1993)

Modifica dei rimedi applicabili in caso di licenziamento viziato (art. 1, comma 46, L.92/2012 /

art. 10 D.Lgs. 23/2015)

I criteri di scelta

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Art. 24

Norme in materia di riduzione del personale

«Le disposizioni di cui all'art. 4, commi da 2 a 12 e 15-bis, e all'art. 5, commi da 1 a 5, si

applicano alle imprese che occupino più di quindici dipendenti, compresi i dirigenti, e che,

in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendano

effettuare almeno cinque licenziamenti, nell'arco di centoventi giorni, in ciascuna unità

produttiva, o in più unità produttive nell'ambito del territorio di una stessa provincia. Tali

disposizioni si applicano per tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo e nello

stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione»

Norme in materia di riduzione del

personale

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Art. 24 L. 223/1991 - Le principali modifiche normative:

Estensione della procedura di licenziamento collettivo anche al personale

con qualifica dirigenziale (art. 16, L. 161/2014 -> Corte di giustizia dell'Unione

europea del 13 febbraio 2014 nella causa C-596/12)

Norme in materia di riduzione del

personale

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Una selezione giurisprudenziale

I criteri di scelta

La tematica dei cd. “licenziamenti indiretti”

Analisi giurisprudenziale

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Tribunale di Bergamo, 12 luglio 1994

«I criteri normativi dettati dall’art. 5 Legge n. 223/1991, dei carichi di famiglia, dell’anzianità

e delle esigenze tecniche produttive, rivestono carattere di sussidiarietà, che sono

vincolanti soltanto in assenza di accordi collettivi formati dai sindacati più rappresentativi

che ne prevedano di diversi»

Accordo sindacale

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Corte di Cassazione 11 dicembre 2015 n. 25048

«In materia di licenziamento collettivo, il criterio di scelta adottato nell’accordo sindacale

tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali per l’individuazione dei destinatari del

licenziamento può anche essere unico e consistere nella prossimità al pensionamento,

purché esso permetta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e

controllato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro: si tratta

infatti di un criterio oggettivo, che permette di scegliere a parità di condizioni il lavoratore

che subisce il danno minore del licenziamento, potendo sostituire il reddito da lavoro con il

reddito da pensione»

Accordo sindacale

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Corte di Cassazione 17 marzo 2014 n. 6112

«In tema di licenziamento collettivo, il richiamo operato dall’art. 5, comma 1, della L. n.

223/1991 alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale,

comporta che la riduzione del personale deve, in linea generale, investire l’intero ambito

aziendale, potendo essere limitata a specifici rami d’azienda soltanto se caratterizzati da

autonomia e specificità delle professionalità utilizzate, che devono risultare infungibili

rispetto alle altre. I profili professionali da prendere in considerazione sono quelli propri di

tutti i dipendenti potenzialmente interessati alla mobilità, tra i quali, all’esito della

procedura, potrà operarsi la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità. La dimostrazione

della ricorrenza delle specifiche professionalità, o comunque delle situazioni oggettive che

rendano impraticabile qualunque comparazione, costituisce onere probatorio a carico del

datore di lavoro»

Ambito di applicazione dei criteri

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Corte di Cassazione 16 ottobre 2015 n. 21015

«Il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli

dipendenti addetti al reparto o settore ove sono ravvisati esuberi, se essi siano idonei - per

il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell'azienda - ad occupare le

posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può

essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo

soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di

addetti ad altre realtà organizzative»

Ambito di applicazione dei criteri

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Corte di Cassazione 11 luglio 2013 n. 17177

«Ne consegue, che la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può

essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive

esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale, ed è onere del

datore provare il fatto che determina l'oggettiva limitazione di queste esigenze, e

giustificare il più ristretto spazio nel quale la scelta è stata effettuata. Da ciò deriva il

principio enunciato, il cui limite è rappresentato dalla presenza di specifiche

professionalità o comunque situazioni oggettive che rendano impraticabile qualunque

comparazione»

Ambito di applicazione dei criteri

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18

Corte di Cassazione 31 luglio 2012 n. 13705

«In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di

ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad una singola unità produttiva o

ad uno specifico settore dell'azienda, la comparazione, al fine di individuare i lavoratori da

avviare alla mobilità, può essere limitata - ove sia giustificata dalle ragioni tecnico-

produttive che hanno condotto alla scelta di riduzione del personale - agli addetti delle

singole unità produttive interessate alla ristrutturazione, dovendosi intendere come tali

ogni articolazione dell'azienda che si caratterizzi per condizioni imprenditoriali di

indipendenza tecnica e amministrativa ove si esaurisca per intero il ciclo relativo ad una

frazione o ad un momento essenziale dell'attività, con esclusione delle articolazioni

aziendali che abbiano funzioni ausiliari o strumentali (Nella specie, la S.C., in applicazione

dell'anzidetto principio, ha ritenuto giustificata la scelta di limitare il licenziamento ai

dipendenti dell'unità che, producendo macchinari non più richiesti dal mercato, veniva

chiusa, tanto più che le loro posizioni erano solo apparentemente fungibili rispetto ai

dipendenti delle altre unità produttive, tutte distanti a più di duecentocinquanta chilometri)»

«Fungibilità territoriale» ?

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Corte di Cassazione 22 aprile 2005 n. 8474

«In caso di licenziamento collettivo per riduzione del personale l'applicazione dei criteri di

scelta dei lavoratori da collocare in mobilità può essere ristretta in ambito più limitato

rispetto al "complesso aziendale" cui fa riferimento l'art. 5 della legge n. 223 del 1991, ma

ciò può avvenire non in base ad una determinazione unilaterale del datore di lavoro bensì

esclusivamente se la predeterminazione del campo di selezione (reparto, stabilimento ecc,

e/o singole lavorazioni o settori produttivi) sia giustificata dalle esigenze tecnico-produttive

e organizzative che hanno dato luogo alla riduzione del personale. (Nella specie, la Corte

cass. ha ritenuto esente da vizi la motivazione del giudice di merito, che aveva ritenuto

corretta l'individuazione del criterio di scelta del personale da licenziare dipendente dalla

compagnia che assicura sui treni il servizio di vagone letto ed appartenente alla categoria

dei manutentori pulitori, in misura corrispondente all'intero ambito territoriale - come per il

personale viaggiante - ma circoscritto all'ambito territoriale più ristretto di cento chilometri

dalla sede dove si era verificata l'eccedenza di personale, perché il tipo di lavoro svolto

non rendeva gli addetti fungibili sull'intero territorio nazionale, in quanto era necessario

che la mansioni fossero svolte in loco)»

«Fungibilità territoriale» ?

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Direttiva 98/59

1. Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:

a) per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di

lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei

licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri

i) per un periodo di 30 giorni:

almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100

lavoratori;

almeno pari al 10 % del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano

abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;

almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;

ii) oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di

lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;

«Licenziamento Indiretto»

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Corte di Giustizia, Sent. 12 ottobre 2004, C-55/02

«49. … la nozione di licenziamento di cui all’art. 1, n. 1, lett. 1) della direttiva non può

essere definita mediante un rinvio alle legislazioni degli stati membri, bensì possiede una

dimensione comunitaria.

50. Tale nozione dev’essere interpretata nel senso che comprende qualsiasi cessazione

del contratto di lavoro non voluta dal lavoratore e, quindi, senza il suo consenso. Essa non

esige che le cause sottese alla cessazione del rapporto lavorativo corrispondano alla

volontà del datore di lavoro»

«Licenziamento Indiretto»

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Corte di Giustizia, Sent. 10 dicembre 2009, C-323/08

«34. È vero che la Corte ha interpretato in senso lato i termini «ragioni non inerenti alla

persona del lavoratore» utilizzati all’art. 1, n. 1, della direttiva stessa (v., in tal senso,

sentenze 12 ottobre 2004, causa C-55/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-9387,

punto 49, nonché 7 settembre 2006, cause riunite da C-187/05 a C-190/05, Agorastoudis

e a., Racc. pag. I-7775, punto 28). Tuttavia, dal testo della medesima discende che la

nozione di «licenziamenti collettivi» ai sensi della disposizione in parola presuppone sia

l’esistenza di un datore di lavoro, sia un atto da parte di quest’ultimo.

35 Conformemente alla definizione datane all’art. 1, n. 1, primo comma, lett. a), della

direttiva 98/59, detta nozione riguarda ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro

per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore sempre che sussistano taluni

requisiti di natura quantitativa e temporale.»

«Licenziamento Indiretto»

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Corte di Giustizia, Sent. 10 dicembre 2009, C-323/08

«34. È vero che la Corte ha interpretato in senso lato i termini «ragioni non inerenti alla

persona del lavoratore» utilizzati all’art. 1, n. 1, della direttiva stessa (v., in tal senso,

sentenze 12 ottobre 2004, causa C-55/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-9387,

punto 49, nonché 7 settembre 2006, cause riunite da C-187/05 a C-190/05, Agorastoudis

e a., Racc. pag. I-7775, punto 28). Tuttavia, dal testo della medesima discende che la

nozione di «licenziamenti collettivi» ai sensi della disposizione in parola presuppone sia

l’esistenza di un datore di lavoro, sia un atto da parte di quest’ultimo.

35 Conformemente alla definizione datane all’art. 1, n. 1, primo comma, lett. a), della

direttiva 98/59, detta nozione riguarda ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro

per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore sempre che sussistano taluni

requisiti di natura quantitativa e temporale.»

«Licenziamento Indiretto»

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Corte di Giustizia, Sent. 11 novembre 2014, C-422/14

«47. Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se la direttiva

98/59 debba essere interpretata nel senso che il fatto che un datore di lavoro proceda,

unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, ad una modifica sostanziale degli elementi

essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso

rientra nella nozione di «licenziamento» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma,

lettera a), della medesima direttiva, oppure costituisce una cessazione del contratto di

lavoro assimilabile a un siffatto licenziamento, a norma dell’articolo 1, paragrafo 1,

secondo comma, di detta direttiva.

48. In proposito va ricordato che la direttiva 98/59 non definisce espressamente la nozione

di «licenziamento». Tuttavia, in considerazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva

medesima e del contesto in cui si colloca l’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a),

di quest’ultima, occorre rilevare che si tratta di una nozione di diritto dell’Unione che non

può essere definita mediante un rinvio alle legislazioni degli Stati membri.

«Licenziamento Indiretto»

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25

Corte di Giustizia, Sent. 11 novembre 2014, C-422/14

«…Nel caso di specie, tale nozione deve essere interpretata nel senso che

comprende qualsiasi cessazione del contratto di lavoro non voluta dal lavoratore e,

quindi, senza il suo consenso (sentenze Commissione/Portogallo, C-55/02,

EU:C:2004:605, punti da 49 a 51, nonché Agorastoudis e a., da C-187/05 a C-190/05,

EU:C:2006:535, punto 28).

49. Inoltre, occorre rilevare che dalla giurisprudenza della Corte emerge che i

licenziamenti si distinguono dalle cessazioni del contratto di lavoro le quali, in presenza

dei presupposti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 98/59,

sono assimilate ai licenziamenti per la mancanza di consenso da parte del lavoratore

(sentenza Commissione/Portogallo, C-55/02, EU:C:2004:605, punto 56)…»

«Licenziamento Indiretto»

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26

Corte di Giustizia, Sent. 21 settembre 2017, C- 149/16

«25. Per quanto riguarda la nozione di «licenziamento» di cui all’articolo 1, paragrafo 1,

primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, la Corte ha dichiarato che tale direttiva

deve essere interpretata nel senso che il fatto che un datore di lavoro proceda,

unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli

elementi essenziali del suo contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona

del lavoratore stesso rientra in tale nozione (sentenza dell’11 novembre 2015, Pujante

Rivera, C-422/14, EU:C:2015:743, punto 55).

26. Ne discende che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a sfavore

del lavoratore, a una modifica non sostanziale di un elemento essenziale del contratto di

lavoro per ragioni non inerenti alla persona di tale lavoratore o a una modifica sostanziale

di un elemento non essenziale di detto contratto per ragioni non inerenti alla persona di

tale lavoratore non può essere qualificato come «licenziamento» ai sensi della citata

direttiva.»

«Licenziamento Indiretto»

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Corte di Giustizia, Sent. 21 settembre 2017, C- 149/16 (si veda anche C-429/16)

«25. Per quanto riguarda la nozione di «licenziamento» di cui all’articolo 1, paragrafo 1,

primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, la Corte ha dichiarato che tale direttiva

deve essere interpretata nel senso che il fatto che un datore di lavoro proceda,

unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli

elementi essenziali del suo contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona

del lavoratore stesso rientra in tale nozione (sentenza dell’11 novembre 2015, Pujante

Rivera, C-422/14, EU:C:2015:743, punto 55).

26. Ne discende che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a sfavore

del lavoratore, a una modifica non sostanziale di un elemento essenziale del contratto di

lavoro per ragioni non inerenti alla persona di tale lavoratore o a una modifica sostanziale

di un elemento non essenziale di detto contratto per ragioni non inerenti alla persona di

tale lavoratore non può essere qualificato come «licenziamento» ai sensi della citata

direttiva.»

«Licenziamento Indiretto»

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28

Tribunale di Roma, Sentenza del 24 maggio 2018, n. 4316, dott.ssa Calvosa

«In nessun caso possa qualificarsi come licenziamento la risoluzione consensuale del

rapporto fondata sul riconoscimento di mensilità aggiuntive, che certamente il lavoratore

non avrebbe percepito nel caso di recesso unilaterale dal rapporto e, in termini più

generali, che il licenziamento implichi sempre una manifestazione di volontà

esclusivamente datoriale, cui il lavoratore è costretto suo malgrado a soggiacere.

In altri termini, ritiene il Tribunale che vi sia una sostanziale incompatibilità fra il

provvedimento espulsivo del datore di laoro e qualsivoglia mutamento del rapporto,

concordato tra le parti, anche al fine di evitare il suddetto recesso unilaterale anticipato»

«Licenziamento Indiretto»

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Corte di Cassazione, Sentenza del 22 gennaio 2007, n. 1334

«In tema di licenziamenti collettivi, l'art. 24 l. 23 luglio 1991 n. 223, deve essere

interpretato - anche alla luce del d.lg. 26 maggio 1997 n. 151, che, nel dare attuazione alla

direttiva comunitaria 24 giugno 1992 n. 56, ha apportato una serie di modifiche allo stesso

art. 24 - nel senso che nel numero minimo di cinque licenziamenti, ivi considerato come

sufficiente ad integrare l'ipotesi del licenziamento collettivo, non possono includersi altre

differenti ipotesi risolutorie del rapporto di lavoro, ancorché riferibili all'iniziativa del datore

di lavoro; tali diverse ipotesi restano, pertanto, assoggettate alle procedure di mobilità ed

ai criteri di scelta stabiliti dagli art. 4 e 5 l. n. 223 del 1991 solo ove si raggiunga il suddetto

numero di cinque licenziamenti. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio,

ha confermato la sentenza impugnata con la quale era stata respinta l'impugnativa di

licenziamento di un lavoratore fondata sull'assunta violazione del citato art. 24 commi 4 e

5 l. n. 223 del 1991, così respingendo il ricorso con cui si era dedotto che le molteplici

risoluzioni e dequalificazioni disposte dalla società datrice di lavoro nei giorni precedenti al

suo licenziamento esprimevano l'inequivoca intenzione di procedere a non meno di cinque

licenziamenti, che avrebbe richiesto il rispetto delle disposizioni procedimentali di cui al

richiamato art. 24, dovendosi, in effetti, qualificare il licenziamento intervenuto nei suoi

confronti come il frammento di una procedura collettiva illegittimamente espletata)»

«Licenziamento Indiretto»

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Corte di Cassazione, Sentenza del 29 marzo 2010, n. 7519

«Ai fini della sussistenza di un licenziamento collettivo e della applicabilità della relativa

disciplina, il termine licenziamento va inteso in senso tecnico, non potendo ad esso

parificarsi qualunque altro tipo di cessazione del rapporto determinata (anche o soltanto)

da una scelta del lavoratore, come nelle ipotesi di dimissioni, risoluzioni concordate, o

prepensionamenti, anche ove tali forme di cessazione del rapporto siano riconducibili alla

medesima operazione di riduzione delle eccedenze della forza lavoro che giustifica il

ricorso ai licenziamenti»

«Licenziamento Indiretto»

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