CADOM · Lanciata nel 2012 da Eve Ensler (l’autrice de I Monologhi della vagina) da allora...

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CADOM ti racconta C’è un percorso per te, tutto rosa Uno degli snodi principali, per le donne che intraprendono il percorso di uscita dalla violenza, è rappresentato dai Pronto Soccorso. Il numero delle donne che affluiscono qui è nettamente superiore a quello rilevato dalla Polizia, dai Consultori e dai Servizi Sociali e rappresenta un luogo privilegiato per denunciare spontaneamente le violenze subite ed avere le prime informazioni sulle Reti territoriali, costituitesi con il compito di supportare le vittime secondo le direttive della Convenzione di Istambul , delle Leggi nazionali e Regionali. Già con la firma del primo protocollo d’Intesa del 2010, siglato alla fine di un lungo ed articolato percorso di formazione, gestito dalle professioniste del CADOM, erano state elaborate delle linee guida per l’accoglienza delle donne nei diversi snodi della Rete della Brianza. In particolare, per quanto riguarda i Ps, si chiedeva: - la formazione continua degli operatori sanitari - l’applicazione della metodologia dell’accoglienza, prevista nelle linee guida - la possibilità di diffondere informazioni sia sul maltrattamento che sui Centri antiviolenza tramite materiale pubblicitario. Con i nuovi finanziamenti regionali, nel 2015 è stato attuato il Progetto Diade, che ha permesso di riprendere e rafforzare una serie di azioni contro il maltrattamento e di supporto alle donne, vittime di violenza di qualsiasi genere. Un’attenzione particolare è stata riservata all’attuazione di quello che è stato chiamato Percorso rosa, che non è altro che una modalità di accesso ed intervento al pronto Soccorso per le donne vittime di violenze. Durante il percorso viene data una particolare attenzione agli aspetti di cura, all’accoglienza, all’analisi del rischio, alla refertazione e alle informazioni che permettono alle donne di essere prese in carico dalla Rete(Servizi Sociali, Forze dell’ordine, Centri antiviolenza, strutture di accoglienza). Per avere dei buoni risultati è stata strutturata una formazione rivolta agli operatori dei PS degli Ospedali di Monza - S. Gerardo, Clinica Zucchi, Policlinico e degli Ospedali di Desio e Vimercate attraverso otto incontri, di 4 ore ciascuno, che ha coinvolto circa 300 infermieri e medici che, forse per la prima volta, si sono sentiti parte di una Rete territoriale strutturata, acquisendo nuove informazioni legislative, un linguaggio comune nell’affrontare il maltrattamento e, soprattutto, una maggiore attenzione e rispetto verso la donna e la sua sofferenza. Tanto da dedicarle molto più tempo in fase di accoglienza e spazi riservati, sia per rispettare la sua privacy sia per poter condividere con lei momenti che possano aiutarla a realizzare la sua situazione e quella dei propri figli, spesso coinvolti nel maltrattamento. Il nuovo progetto Diade per il 2016 continuerà ad attuare azioni di formazione e, soprattutto, di monitoraggio per rendere sempre più efficace la presenza dei Pronto Soccorso nelle Rete territoriale. n. 2 - 8 marzo 2016

Transcript of CADOM · Lanciata nel 2012 da Eve Ensler (l’autrice de I Monologhi della vagina) da allora...

CADOMti raccontaC’è un percorso per te, tutto rosa

Uno degli snodi principali, per le donne che intraprendono il percorso di uscita dalla violenza, è rappresentato dai Pronto Soccorso. Il numero delle donne che affluiscono qui è nettamente superiore a quello rilevato dalla Polizia, dai Consultori e dai Servizi Sociali e rappresenta un luogo privilegiato per denunciare spontaneamente le violenze subite ed avere le prime informazioni sulle Reti territoriali, costituitesi con il compito di supportare le vittime secondo le direttive della Convenzione di Istambul , delle Leggi nazionali e Regionali. Già con la firma del primo protocollo d’Intesa del 2010, siglato alla fine di un lungo ed articolato percorso di formazione, gestito dalle professioniste del CADOM, erano state elaborate delle linee guida per l’accoglienza delle donne nei diversi snodi della Rete della Brianza. In particolare, per quanto riguarda i Ps, si chiedeva: - la formazione continua degli operatori sanitari - l’applicazione della metodologia dell’accoglienza, prevista nelle linee guida - la possibilità di diffondere informazioni sia sul maltrattamento che sui Centri antiviolenza tramite materiale pubblicitario. Con i nuovi finanziamenti regionali, nel 2015 è stato attuato il Progetto Diade, che ha permesso di riprendere e rafforzare una serie di azioni contro il maltrattamento e di supporto alle donne, vittime di violenza di qualsiasi genere. Un’attenzione particolare è stata riservata all’attuazione di quello che è stato chiamato

Percorso rosa, che non è altro che una modalità di accesso ed intervento al pronto Soccorso per le donne vittime di violenze. Durante il percorso viene data una particolare attenzione agli aspetti di cura, all’accoglienza, all’analisi del rischio, alla refertazione e alle informazioni che permettono alle donne di essere prese in carico dalla Rete(Servizi Sociali, Forze dell’ordine, Centri antiviolenza, strutture di accoglienza). Per avere dei buoni risultati è stata strutturata una formazione rivolta agli operatori dei PS degli Ospedali di Monza - S. Gerardo, Clinica Zucchi, Policlinico e degli Ospedali di Desio e Vimercate attraverso otto incontri, di 4 ore ciascuno, che ha coinvolto circa 300 infermieri e medici che, forse per la prima volta, si sono sentiti parte di una Rete territoriale strutturata, acquisendo nuove informazioni legislative, un linguaggio comune nell’affrontare il maltrattamento e, soprattutto, una maggiore attenzione e rispetto verso la donna e la sua sofferenza. Tanto da dedicarle molto più tempo in fase di accoglienza e spazi riservati, sia per rispettare la sua privacy sia per poter condividere con lei momenti che possano aiutarla a realizzare la sua situazione e quella dei propri figli, spesso coinvolti nel maltrattamento. Il nuovo progetto Diade per il 2016 continuerà ad attuare azioni di formazione e, soprattutto, di monitoraggio per rendere sempre più efficace la presenza dei Pronto Soccorso nelle Rete territoriale.

n. 2 - 8 marzo 2016

Ascoltando anni fa Giacomo Mambriani del Gruppo Uomini di Verona a un convegno del CADOM di Monza alcuni di noi, presenti all’evento, avevano manifestato l’interesse per promuovere un’esperienza analoga. E’ nato così nel 2008 il “Gruppo Uomini di Monza e Brianza”, che si è riconosciuto fin da subito sui punti fermi espressi da “Maschile Plurale” e nei contenuti dei documenti pubblicati sul sito ( www.maschileplurale.it). Spiegare cos’è Maschile Plurale non è semplice. Posso provarci dicendo che prima di tutto è un luogo di confronto tra uomini che avvertono l’esigenza di riflettere su di sé e su come sono in relazione (anche intima) con le donne. Uomini che si riconoscono in un comune stampo patriarcale di cui la violenza è parte costitutiva (anche se non è agita fisicamente) e che provano a cambiare conquistando, non senza fatica, un proprio spazio di libertà riconoscendo e rispettando quello delle donne. In questo processo di cambiamento abbiamo capito l’importanza di esprimerci anche con le emozioni (gli uomini, i maschi, non sono educati in tal senso) e con i desideri. Dunque Maschile Plurale è innanzitutto luogo e spazio aperto composto da una rete di realtà territoriali di gruppi attivi in diverse città e regioni, non istituzionalizzata (non ha rappresentanti) e che si è dotata nel 2007 e per esigenze pratiche di un’associazione nata dopo la pubblicazione dell’ “Appello nazionale contro la violenza sulle donne”, scritto nel settembre del 2006 e controfirmato in pochi mesi da un migliaio di altri uomini di ogni parte d’Italia. Il nostro gruppo fa parte di questa rete e si propone, attraverso la riflessione e la pratica della relazione tra noi, con gli uomini e con le donne

che incontriamo e con cui quotidianamente condividiamo la vita, di apprendere una nuova identità maschile, nonviolenta, parziale, differente e plurale. La nostra intenzione è riposizionare il significato di essere e fare gli uomini oggi, in un’epoca che va superando il patriarcato e il suo regime di relazione e potere. Un sistema che ha teso e tende ancora a cancellare la differenza sessuale, l’identità, il valore e spesso la vita delle donne. La vita del gruppo è fatta di incontri (una volta al mese circa) durante i quali affrontiamo, a partire da noi stessi, temi profondi come la paternità, la sessualità, le relazioni di potere, l’affettività, ecc. Ci troviamo a Lissone presso la sede dell’Associazione Stefania, in via F. Filzi 2. Inoltre partecipiamo ad eventi pubblici ( seminari, convegni, ecc) e a progettiformativi, sopratutto nelle scuole. Siamo collegati con la rete nazionale e presenti agli appuntamenti nazionali di Maschile Plurale. Proviamo a stabilire contatti con le realtà territoriali che sono come noi sensibili ai temi della relazione di genere ed in particolare al contrasto della violenza maschile sulle donne. Danilo Villa

Da alcuni anni al Cadom esiste un’opportunità in più: il gruppo di auto aiuto. Le donne che, superata la fase di emergenza, hanno già preso decisioni e fatto passi significativi, temono di non farcela, devono fare i conti con la solitudine, la gestione a volte difficile dei figli, la paura persistente. Hanno ancora bisogno di sostegno. Nel gruppo di auto aiuto uniscono le loro forze e insieme creano uno spazio alla pari, dove è più facile esprimersi e confrontarsi nel rispetto reciproco. Nel clima di complicità e solidarietà trovano reciproco sostegno emotivo.“Siete state la mia forza e la mia bussola nel mare in tempesta” ha scritto una di loro. All’inizio è forte il desiderio di dire, ancora e soprattutto, della propria sofferenza, ma nella condivisione di esperienze simili si scoprono punti di vista differenti e l’orizzonte si apre, si prendono le distanze, si impara a leggere la propria situazione come modificabile. Cresce la spinta a mettersi in gioco e a diventare

soggetti attivi che governano il cambiamento, anziché subirlo. Le donne si sentono riconosciute, “convalidate” e l’essere in gruppo, nel gioco di specchi, amplifica l’effetto: riescono a guardarsi con occhi nuovi e a darsi più valore. Da “vittime” deboli e sconfitte si scoprono persone con tanti aspetti e sfaccettature, alcuni ancora da scoprire. Per un po’ mettono da parte i sensi di colpa per “riflettere” coralmente sulle proprie vite. Episodi dimenticati dell’infanzia vengono richiamati alla memoria, a volte con piacevole stupore si offrono alla condivisione emozioni e sentimenti antichi: la spensieratezza, la giocosità, la curiosità, il coraggio… parti sane di sé che ritornano a vibrare, “nutrire” e dare

forza. Nell’ultimo gruppo sei donne hanno condiviso questa ricchezza anche con noi operatrici, presenti nel gruppo come facilitatrici, camminando insieme per due anni. Insieme sono cresciute, perché, nella condivisione, la conquista di una diventa patrimonio di tutte. Ha scritto una di loro. “Ci raccontiamo tra le lacrime il nostro vissuto, ma poi ci sorridiamo: non siamo sole, possiamo guardarci e dire: Sono IO, mi congratulo per i successi e mi perdono per gli insuccessi ma sono sempre IO”.

Autoaiutiamoci!

Maschile-Plurale: gli uomini riflettono

C’era davvero bisogno, dopo il lavoro di questi anni, di mettere un po’ d’ordine in quanto avevamo fatto tutte insieme. Così nel 2012, quando il Direttivo ha proposto la formazione di gruppi di lavoro, ha inserito quello denominato “archivio e indirizzario”. Qualcuna di noi in precedenza aveva già - da sola o con altre - messo mano al riordino dell’abbondante materiale che si era accumulato nel corso degli anni di vita del Cadom: il gruppo si è costituito intorno a quelle stesse, cioè Tilde, Anna ed Elena, cui si sono aggiunte Ester e Andreina ed ultimamente Marisa. Insieme abbiamo deciso di impegnarci in un ulteriore lavoro di razionalizzazione, partendo da una netta distinzione tra l’archivio “storico” e l’indirizzario. Benché la semplificazione e l’aggiornamento dell’indirizzario fosse sentito da tutte come urgente, abbiamo dato la precedenza all’archivio: non era possibile far procedere i due lavori parallelamente, perché quest’ultimo si è subito presentato lungo e laborioso, anche se affascinante per le sue mille sfaccettature. Abbiamo anche messo da parte - in quanto prematura - l’ambiziosa idea di creare un database per la gestione dell’archivio e abbiamo riconosciuto che il documento “cartaceo” ha un grande valore per noi: ci siamo perciò divertite a maneggiare fogli di carta che ci hanno permesso di rievocare, o di avvicinarci per la prima volta, a momenti significativi della vita del Cadom. Partite dalla ferma

convinzione che l’archivio vuole conservare la memoria della storia dell’associazione, abbiamo cominciato a riflettere su come renderlo più al servizio delle socie, ovvero come facilitarne la consultazione, allo scopo di rendere più evidente quanto si è “conservato” e quanto si è “evoluto” e di permettere a ciascuna di trarre spunti e suggerimenti dalle esperienze passate. Con questo obiettivo ci siamo subito preoccupate di arrivare a definire un “titolario” chiaro e coerente: per questo abbiamo fatto ricorso ad uno smembramento del contenuto dei vari faldoni, seguito da una “ricomposizione” secondo “titoli” più adeguati. In questo lavoro di ricostruzione abbiamo spesso ricorso alle vecchie socie, depositarie di memoria insostituibile. Durante questo lavoro abbiamo anche potuto eliminare le doppie/triple copie di documenti, ottenendo così anche uno snellimento dell’archivio. Siamo soddisfatte del lavoro compiuto (anche se richiede ancora rifiniture) e stiamo per avviare (finalmente!) la semplificazione dell’indirizzario. Prima o poi dovremo porci il problema del rapporto tra l’archivio “storico” e la continua produzione di documenti da parte

dell’associazione. Sarà allora forse venuto il momento di affrontare l’utilità di un database, che valorizzi l’archivio come insieme di documenti in relazione tra loro. Ma qui passiamo la palla a un altro gruppo di lavoro: quello che dovrà occuparsi di informatizzare tutto. Buon lavoro!

L’archivio siamo tutte noi

SE VUOI CONTARE, BALLA One Billion Rising è una campa-gna del movimento V-Day (Until the Violence Stops) contro la violenza su donne e bambine. Lanciata nel 2012 da Eve Ensler (l’autrice de I Monologhi della vagina) da allora organizza flash mob ovunque ci siano donne che decidono di scendere in piazza per far sentire la loro voce. Quest’anno si è tenuto il 14 febbraio (qualche immagine in queste foto). Ma nei prossimi

giorni si celebra un altro impor-tante appuntamento mondiale, la festa dell’8 marzo. Che cosa si organizza sul nostro territorio per questa giornata? I calendari sono ancora in lavorazione ma possiamo segnalarvi a Milano (via Vivaio 1, Sala Affreschi - 5 marzo ore11) la presentazione del progetto Aisha contro la vio-lenza e discriminazione contro le donne. Al Centro Culturale Il Pertini di Cinisello l’8 marzo alle 20, 30 c’è l’incontro Voci di donne, in cui si raccontano

sei donne che nella vita hanno raggiunto traguardi importanti. E il 12, sempre a Cinisello, pro-iezione di documentari nella rassegna La donna che lavora con l’intervento del coro della Casa delle donne. A Capona-go, alla biblioteca Italo Calvino, l’8 marzo si tiene il laboratorio di scrittura creativa Un(i)verso di donna. Infine a Monza, We for Women Marathon, il 6 marzo da piazza San Babila a Milano con arrivo alla Cascina San Fedele nel parco di Monza.

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“La voce del mare è seducente; sussurra incessante, strepita, mormora, invita l’anima a vagare per un breve momento incantato in abissi di solitudine… la voce del mare parla all’anima…”Kate Chopin nasce a Saint Louis l’8 febbraio del 1851. Legge molto, fin da piccola; studia, si sposa, ha sei figli prima dei trent’anni. Kate incontra e affronta la vita nella sua realtà più ruvida; mancano i soldi, mancano gli affetti, si può solo ricominciare, ci si può solo reinventare. Nel dolore, si scopre capace di esprimersi; nel 1899 pubblica il suo romanzo meno sconosciuto, The Awakening (Il Risveglio), per lungo tempo rimasto fuori stampa perché accusato di immoralità. La protagonista del libro è Edna; o forse, il protagonista del libro è il suo risveglio. Risveglio dei sensi e delle emozioni, di un’identità umana, ancor prima che femminile, nascosta dagli strati di immagini e personaggi a cui Edna si è identificata, e certamente anche appoggiata, fino a quel momento. Edna era moglie e madre, ma si accorge, in un crescendo di sentimento e consapevolezza, di essere anche altro, di essere anche solo se stessa, nella sua contingenza. Scopre di non poter e voler fare altro che scegliere di stare dalla sua stessa parte, avendo cura del suo sentire e lasciandosi trasportare de quell’onda oceanica che sente fluire inquieta in lei. Kate con Edna, coraggiose e intense, disposte a viversi seppur consapevoli del dolore e della solitudine. Risveglio, emozioni, arte, ma anche oblio, come se il mondo non fosse pronto per una spontaneità quasi ancestrale. Di loro, e per loro, rimane lo scritto, immutabile porto a cui approdare, in cui nutrirsi l’anima, da cui ripartire arricchiti e confortati, scoprendosi parte di un unico sentire senza tempo.Kate Chopin - Il risveglio - Marsilio Editori Venezia

Tra i cuori colorati di Daniela Forcella, una cascata di rose rosse uscita dalle mani delle donne di Sul Filo dell’Arte, interviste, vino e letture, si è svolta il 19 novembre la seconda serata di Parole per Penelope. La voce narrante di Luisa ci ha emozionato con la lettura di brani tratti da due opere di Concita De Gregorio. Abbiamo scelto di raccontare la storia di un’eroina dei fumetti come Eva Kant, che avrebbe potuto essere una sposa cadavere, e la storia vera di Irina Lucidi perché volevamo alzare lo sguardo e guardare alle donne vittime di maltrattamento con occhi diversi: volevamo cioè soffermarci su cosa succede dopo, quando la donna uscita dalla violenza si crea un futuro nuovo. Concita De Gregorio racconta che in Giappone quando un oggetto di valore si rompe lo si aggiusta con oro liquido, senza coprire nulla, in modo che la rottura rimanga ben visibile: le fratture sono esibite, diventano segno orgoglioso di rinascita.Anche per le persone la ricostruzione è possibile

e così, quando salutiamo per l’ultima volta una donna che ha affrontato il percorso di uscita dal maltrattamento, noi leggiamo questo segno sul volto. E dopo lo spettacolo Ascoltami, il 24 novembre al Binario 7 (nelle foto di Luigi Angiolicchio), il 25 novembre si é svolta la terza ed ultima serata in cui Dario Lessa ha presentato 13 donne a tavola, i racconti nati nel Laboratorio di Loredana Limone. Racconti delicati, saporiti, aspri e amabili al tempo stesso. Queste donne hanno devoluto parte del ricavato del prezzo di copertina al Cadom. A loro il nostro grazie!

Kate, il risveglio Parole per rinascere