Siria · È in questo contesto che deve arti-colarsi l’azione pastorale della Chiesa, e in essa...

25
POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA La guerra, una spirale sempre più cruenta. Decine di migliaia di morti, in gran parte civili. Centinaia di migliaia di sfollati e profughi, che si aggiungono ai milioni nei paesi del Medio Oriente. Il mondo aiuta, ma non riesce a suggerire praticabili percorsi di pace Gioco e patologie Italia ammalata d’azzardo, conviene almeno all’erario? Rapporto povertà Bussano in Caritas, fragili ma pronti a ripartire Colombia Dialogo a sorpresa stato-ribelli, per la pace è la volta buona? Italia Caritas ottobre 2012 MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLV - NUMERO 8- WWW.CARITASITALIANA.IT Ti abbiamo abbandonata Siria

Transcript of Siria · È in questo contesto che deve arti-colarsi l’azione pastorale della Chiesa, e in essa...

PO

ST

E I

TA

LIA

NE

S.P

.A.

SP

ED

IZIO

NE

IN

AB

BO

NA

ME

NT

O P

OS

TA

LE

- D

.L.

35

3/2

00

3 (

CO

NV

. IN

L.2

7/0

2/2

00

4 N

.46

) A

RT

.1 C

OM

MA

2 D

CB

- R

OM

A

La guerra, una spirale sempre più cruenta.Decine di migliaia di morti, in gran partecivili. Centinaia di migliaia di sfollati e profughi, che si aggiungono ai milioninei paesi del Medio Oriente. Il mondo aiuta, ma non riesce a suggerirepraticabili percorsi di pace

Gioco e patologie Italia ammalata d’azzardo, conviene almeno all’erario?Rapporto povertà Bussano in Caritas, fragili ma pronti a ripartireColombia Dialogo a sorpresa stato-ribelli, per la pace è la volta buona?

Italia Caritas

ottobre 2012MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLV - NUMERO 8 - WWW.CARITASITALIANA.IT

Ti abbiamo abbandonataSiria

UN PONTECHE INCONTRAE RITORNA

editoriali

del “valutare”, del “giudicare”. La crisiattuale, allora, può essere anche un’oc-casione per l’intera comunità civile diverificare se i valori posti a fondamentodel vivere sociale abbiano generatouna società più giusta, equa e solidale,o se non sia, invece, necessario un pro-fondo ripensamento per recuperarevalori che sono alla base di un vero rin-novamento della società e che favori-scano una ripresa non solo economi-ca, ma anche attenta a promuovere ilbene integrale della persona umana».

È in questo contesto che deve arti-colarsi l’azione pastorale della Chiesa,e in essa della Caritas. La quale esprime una capacità di percezione del proble-ma-povertà, che nasce da una capillare rete territoriale e riesce a leggere l’esten-sione dei fenomeni di impoverimento ad ampi settori di popolazione, non sem-pre coincidenti con storie e situazioni del passato. Crescono le persone, e tra essegli italiani, che si rivolgono ai centri di ascolto e ai servizi socio-assistenziali atti-vati dalle Caritas diocesane. Cresce anche la multiproblematicità delle personeprese in carico, ed è evidente la fragilità occupazionale che rende assai difficile,per molte famiglie, coprire le necessità, anche più elementari, del quotidiano.

In coincidenza del moltiplicarsi di questi nuovi volti di povertà, la Caritas el’intera Chiesa intensificano la propria presenza, facendo cerniera tra il territorioe i bisogni della gente, per esprimere prossimità e nel contempo combattere lecause strutturali dell’esclusione e della povertà.

Continuare a credere in un’economia basata soltanto sul consumo mi sem-bra molto problematico. Prendersi invece carico della persona, promuovendolanella sua interezza e rendendola soggetto consapevole del proprio riscatto, co-stituisce oggi il più potente fattore di contrasto della povertà.

enedetto XVI ha indetto l’An-no della fede, che inizia l’11ottobre, nel cinquantesimoanniversario dell’apertura del

Concilio Vaticano II e nel ventesimodella pubblicazione del Catechismodella Chiesa cattolica; terminerà il 24novembre 2013, a due anni esattidall’udienza per i 40 anni di CaritasItaliana.

Il papa ricorda l’intima connessionetra fede e carità, sottolineando che “lafede che si rende operosa per mezzodella carità (Gal 5,6) diventa un nuovocriterio di intelligenza e di azione, checambia tutta la vita dell’uomo”. Indica-zioni e prospettive che si collegano aquelle degli Orientamenti Pastorali Ceiper il 2010-2020 Educare alla vita buo-na del Vangelo, oltre che a quelle delCatechismo della Chiesa cattolica. “Lacarità – sottolinea il numero 39 – educail cuore dei fedeli e svela agli occhi ditutti il volto di una comunità che testi-monia la comunione, si apre al servi-zio, si mette alla scuola dei poveri”.

La propria fedeltàLa carità dunque anima, forma la co-scienza, plasma i vissuti, gli stili e lescelte di vita. È l’incontro del Vangelodi Gesù con la cultura dei contesti divita, in cui ciascuno verifica la pro-pria fedeltà al Vangelo. Si traduce inatteggiamenti, attenzioni, azioni che,come un ponte, facilitano l’incontrotra l’uomo, la comunità, il territorio,la Chiesa e Dio. Si concretizza in ope-re che nascono nella comunità, dallerelazioni, dalla condivisione dei vis-suti, dall’esperienza concreta di ser-vizio. E, soprattutto, tornano alla co-munità, restituendo e moltiplicandoconoscenza, condivisione, accompa-gnamento.

Itempi che viviamo, a qualsiasi livello (locale, nazionale e mondiale,intra ed extraecclesiale), sono particolari. Anzitutto perché sono il“nostro” tempo: sono e caratterizzano il nostro oggi e questa storia.

Una storia segnata da una grave e perdurante crisi economica, di re-visione in senso restrittivo dei sistemi di welfare, di ristrutturazionedell’ordinamento giuridico, con un depotenziamento del livello stataleverso l’alto (l’Unione europea) e verso il basso (le regioni).

Benedetto XVI, agli amministratori del comune e della provincia di Ro-ma e della regione Lazio, lo scorso mese di gennaio diceva: «L’etimologiadella parola “crisi” richiama la dimensione del “separare” e, in senso lato,

Un’occasione per verificare i valori

che la fondano: le difficoltà dell’oggi,per la comunità civile,

possono avere una funzione

di rinnovamento. Però le povertà si

moltiplicano. E Chiesae Caritas intensificano

la propria presenza

Bdi Francesco Soddu di Giuseppe Merisi

LA CRISIE LA CERNIERAPER IL RISCATTO

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 3

Mensile della Caritas Italiana

Organismo Pastorale della Ceivia Aurelia, 79600165 Romawww.caritasitaliana.itemail:[email protected]

ABBONAMENTIwww.caritasitaliana.it – c/c postale n. 4763223,intestato a Idos rivista Italia Caritas (15 euro)

OFFERTEVanno inoltrate a Caritas Italiana tramite:

.Versamento su c/c postale n. 347013

.Bonifico una tantum o permanente a:- UniCredit, via Taranto 49, Roma Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119- Intesa Sanpaolo, via Aurelia 396/A, Roma Iban: IT 95 M 03069 05098 100000005384- Banca Prossima, via Aurelia 796, Roma Iban: IT06A0335901600100000012474- Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113

.Donazione con CartaSi e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06 66177001

La Caritas Italiana, su autorizzazione della Cei, puòtrattenere fino al 5% sulle offerte per coprire i costi di organizzazione, funzionamento e sensibilizzazione.

5 PER MILLEPer destinarlo a Caritas Italiana, firmare il primodei quattro riquadri sulla dichiarazione dei redditi e indicare il codice fiscale 80102590587

LASCITIInformazioni a Caritas Italiana, via Aurelia 796,00165 Roma, tel. 06 66177205, fax 06 66177601,e-mail: [email protected])

Italia Caritas

direttoreFrancesco Soddudirettore responsabileFerruccio Ferrantecoordinatore di redazionePaolo Brivioin redazioneDanilo Angelelli, Ugo Battaglia, Paolo Beccegato,Salvatore Ferdinandi, Renato Marinaro, FrancescoMarsico, Sergio Pierantoni, Domenico Rosatiprogetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna, Simona [email protected] Sambuca Pistoiese, 56 - 00138 Romatel. 06 83962660 - fax 06 83962655sede legalevia Aurelia, 796 - 00165 Romaredazionetel. 06 [email protected]. 06 66177215-249inserimenti e modifiche nominativi richiesta copie [email protected] abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46)art.1 comma 2 DCB - RomaAutorizzazione numero 12478del 26/11/1968 Tribunale di RomaChiuso in redazione il 28/9/2012

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Si ringrazia Asal (www.asalong.org - [email protected])per l’utilizzo gratuito della Carta di Peters

UN BUON FINENON HA FINE

. facendo conoscere la nostra attività e la nostra rivista. inviando offerte per i nostri progetti . predisponendo testamento in favore di Caritas Italiana (a tal proposito, puoi richiedere informazioni a Caritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma,tel.06.66.17.72.05, fax 06.66.17.76.01, e-mail: [email protected])

Per contribuire ai progetti di Caritas Italiana . Versamento su c/c postale n. 347013. Bonifico una tantum o permanente a:

- Intesa Sanpaolo, via Aurelia 396/A, Roma. Iban: IT 95 M 03069 05098 100000005384

- UniCredit, via Taranto 49, Roma. Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119

- Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma. Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113. Donazione con CartaSi e Diners, telefonando

a Caritas Italiana 06 66177001 (orario d’ufficio)

Per informazioniCaritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma. Tel 06 66177001 - fax 06 66177602; e-mail [email protected]

Continua a sostenerci

Grazie al tuo aiuto facciamo tanti piccoli passi,in Italia e nel mondo,accanto alle persone più bisognose

sommario

rubriche3 editoriali

di Francesco Soddue Giuseppe Merisi

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

11 databasedi Walter Nanni

17 dall’altro mondodi Giuseppe Ambrosio

19 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia CONVEGNI CARITAS

24 poster RAPPORTO POVERTÀ

31 zero povertydi Laura Stopponi

35 l’occhio del ciclonedi Silvio Tessari

39 contrappuntodi Giulio Albanese

41 panoramamondo MERCATI DI GUERRA

45 a tu per tuFABIO CONCATO: «C’ÈUN’UMANITÀ DA DIFENDERE» di Danela Palumbo

47 generatoridi speranzaLIBRI E VIAGGI DI RICKYdi Simona Brambilla

nazionale

6 MALATI D’AZZARDO,CHISSÀ SE CONVIENEdi Francesco Chiavarini

12 RAPPORTO SULLE POVERTÀIN ITALIA: BUSSANO IN CARITAS,FRAGILI E RIPARTENTIdi Walter Nanni

15 SANATORIABENVENUTA,ANZI IRREALISTICAE INUTILEdi Manuela De Marco

18 TERREMOTO:L’ESTATE DEI VOLONTARI,IL TEMPODEL RICOSTRUIREa cura della redazione

internazionale26 SIRIA: IL MONDO

ALLA FINESTRA,DISASTRO SENZA RIMEDI?di Silvio Tessari

32 COLOMBIA:DIALOGO A SORPRESA,SARÀ LA VOLTA BUONA?di Alessandro Armato

36 SIERRA LEONE:PRIMAVERA A FREETOWNO TORNANO LE OMBRE?di Moira Monacelli

anno XLV numero 8

IN COPERTINASolitudine e tristezza, nel miseroalloggio dove è rifugiata una famigliasiriana (assistita dalla locale Caritas) profuga a Baalbek, nella valle della Bekaa, Libanofoto di Patrick Nicholson -Caritas Internationalis

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 5

12

32

26

6

26

indigente) quanto gli manca, per il bisogno in cui si trova».Ecco allora che le parole di Deuteronomio 15,11, ricor-

date da Gesù durante la cena in casa di Lazzaro (come at-testa Giovanni 12,8) suonano come un monito pesante: sei poveri non mancheranno mai dalla terra, ciò significa cheviene meno una condizione essenziale perché l’assenza dipovertà promessa possa accadere. La benedizione di Dionon cessa, i beni e le risorse non vengono meno; ciò chenella storia manca è evidentemente la partecipazionedell’uomo, la disponibilità a possedere con la consapevo-lezza che ciò che si possiede è, in ultima istanza, dono ri-cevuto, e come tale destinato a creare relazioni di vita.

Così, il bisognoso con la sua presenza, diventa nella sto-ria denuncia della mancanza di obbedienza a Dio. E allostesso tempo appello, affinché il suo volto e la sua vita di-ventino finalmente la misura della nostra giustizia.

corsi da un’esigenza chiara: «Non in-durirai il tuo cuore e non chiuderai latua mano al tuo fratello indigente» (v.7). All’israelita, che riceve in dono ri-sorse e beni bastanti per tutti, è chie-sta una partecipazione attiva all’ope-ra di Dio, che consiste nella rinunciaad appropriarsi del dono ricevuto(gesto simbolicamente rappresentatodall’indurimento del cuore e dallachiusura della mano) e nella disponi-bilità attiva alla relazione e alla con-divisione (significate da una manoaperta e da un cuore accogliente).

Non si tratta di filantropia, né di cal-colo bieco dei benefici derivanti da unacerta beneficenza, come ricordano leparole di Deuteronomio 15,9, o ancorpeggio (è il caso di Giovanni 12,6) di untentativo di furto mascherato abilmen-te. Si tratta del comportamento logicodi chi riconosce che ciò che possiede èdono ricevuto, come tale destinato aessere condiviso e impiegato per co-struire relazioni di vita che promuova-no l’altro, rendendolo protagonista del-la propria storia. Questo, tra l’altro, è ilsenso dell’invito al prestito in Deutero-nomio 15,8: «Presterai (al tuo fratello

parolaeparoledi Benedetta Rossi

«Ipoveri li avete sempre con voi» (Gv 12,8): con queste paroleGesù mette a tacere l’obiezione di Giuda, che in nome diun’ipocrita attenzione per i poveri punta il dito contro il gesto

inusitato di Maria, che unge i piedi del Maestro con trecento grammidi olio profumato. Una certezza, la presenza dei poveri, stabile da tem-po immemorabile, da quando il Signore ricordava, per bocca di Mosè,che «i poveri non mancheranno mai nella terra» (Dt 15,11). Una con-statazione che lascia l’amaro in bocca, soprattutto se confrontata conquanto affermato poco prima, sempre nel Deuteronomio: «Non vi sa-rà alcun povero in mezzo a voi, perché davvero il Signore ti benedirà

I DONI NON MANCHERANNOI POVERI, DENUNCIA E APPELLO

nella terra che il Signore tuo Dio tidona come eredità in possesso» (v. 4).

La promessa lascia poco spazio al-l’immaginazione: l’assenza del biso-gnoso, in Israele, è legata alla benedi-zione che Dio dona al suo popolo nellaterra della promessa. Una benedizio-ne che non è astratta garanzia di vita,ma concreta certezza dell’abbondan-za di ogni bene, dei frutti del suolo edel bestiame: «(Il Signore) ti amerà, tibenedirà, ti moltiplicherà; benedirà ilfrutto del tuo seno e il frutto del tuosuolo: il tuo frumento, il tuo mosto e iltuo olio, i parti delle tue vacche e i natidel tuo gregge nel paese che ha giurato ai tuoi padri di darti.Tu sarai benedetto più di tutti i popoli» (Dt 7,13-14).

L’esito della benedizione divina è una vita sovrabbon-dante, un’esuberanza del creato che dona frutto a serviziodell’uomo che lo abita, una ricchezza ricevuta gratuita-mente. Ci saranno beni e risorse per tutti, perché essi sonodono di Dio e come tali non saranno mancanti; egli si fagarante della copiosità del dono, del quale tutti possonovivere e beneficiare. Per questo si promette «non vi saràalcun povero in mezzo a voi» (15,4). Ma c’è una condizio-ne importante perché ciò possa accadere: «Soltanto se tuobbedirai fedelmente alla voce del Signore tuo Dio» (15,5).

Né filantropia né calcoloL’obbedienza alla voce del Signore ha un contenuto con-creto che viene esplicitato nei successivi versetti 7-11, per-

Gli indigenti «li avretesempre con voi»,

dice Gesù a Giuda.Benché la benedizionedivina abbia promessovita sovrabbondante,

esuberanza del creato.Ciò che manca

nella storia è la disponibilità,

da parte degli uomini,a condividere

4 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

Decreto legge del governo sul gioco:ridimensionatorispetto agli intentiiniziali, disciplina la pubblicità e riconosce le ludopatie(ma non è chiarocome si cureranno).Intanto il gettito del settore aumenta.Ma lo stato non ottieneproventi proporzionati

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 7

tuttavia dà atto al ministro di aver po-sto all’attenzione pubblica i rischi so-ciali del gioco d’azzardo, finora sotta-ciuti dalle istituzioni. E infatti, se unrisultato può rivendicare Balduzzi, èquello di aver ottenuto l’inserimentodel gioco patologico nei Lea, i Livelliessenziali di assistenza, riconosciutidal sistema sanitario nazionale. Ma èancora un passaggio tecnico, formale,sebbene di grande valore sul piano deiprincipi. Vuol dire che lo stato ammet-te che di azzardo ci si può ammalaree decide che dei giocatori patologici sideve fare carico. Anche se non diceancora come, con quali risorse, inquali strutture e servizi li curerà.

Il doppio di alcolisti e tossiciSecondo le stime, i giocatori d’azzardopatologici in Italia sarebbero 700 mila,vale a dire il doppio degli alcolisti e dei

RO

MAN

O S

ICIL

IAN

I

RO

MAN

O S

ICIL

IAN

I

OSSESSIONE, PERSUASIONEGioco compulsivo alle macchinette.A destra, pubblicità dei giochi semprepiù pervasiva, nei media e in città

6 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

l gioco dilaga e – benché irroridi denari le esangui casse sta-tali – provoca danni sociali dif-fusi, tanto da essere ormai rico-nosciuti come malattie curabili

dal sistema sanitario (con relativi co-sti per la collettività). Nell’Italia delsecondo millennio, quella dell’azzar-do è diventata una tra le principaliindustrie del paese. La quale (entrocerti limiti) crea lavoro e fa circolaremoneta. Ma semina disagi che sfilac-ciano migliaia di esistenze e di fami-glie. Dunque, necessiterebbe di unaregolamentazione politica. Comequella che ha provato a dargli, a ini-zio settembre, il ministro della sanità,Renato Balduzzi.

La vicenda è nota: Balduzzi avevaportato in consiglio dei ministri, il 5settembre, il suo decreto legge di rifor-ma del sistema sanitario, “arricchito”da provvedimenti di portata più am-pia. Alla fine, però, la stretta sul giocod’azzardo è stata molto più blanda diquella auspicata dal ministro. Inviatoal presidente della repubblica una set-timana dopo, il disegno di legge via viaha perso pezzi. Nel tragitto tra PalazzoChigi e Quirinale, il provvedimento èstato progressivamente e clamorosa-mente depotenziato, al termine diuna battaglia dietro le quinte. Delu-dendo associazioni, sindacati e sinda-ci che avevano sperato in una primaeffettiva regolamentazione della ma-teria. E confermando l’impressione

dello strapotere ormai assunto dallelobby di settore.

Quello che è rimasto è un testo di15 articoli, suddivisi in quattro capito-li, nei quali le uniche limitazioni pre-viste, per il gioco, riguardano la pub-blicità: niente messaggi promozionalinei programmi rivolti ai giovani; in-troduzione di “formule di avvertimen-to sul rischio da dipendenza”, nonchéindicazione delle “relative probabilitàdi vincita sulle schedine o sui taglian-di dei giochi” e all’“atto di accesso deisiti internet” nei giochi on line; multepiù salate (da 100 mila a 500 mila eu-ro) a chi non si atterrà a queste dispo-sizioni. Nella versione definitiva deldecreto si stabilisce anche che saran-no effettuati almeno cinquemila con-trolli all’anno per contrastare il giocominorile.

Insomma, risarcimenti parziali,

concessi dal governo a chi si aspettavatutele maggiori, dopo il clamorosodietrofront sulle distanze minime dachiese, scuole e ospedali a cui si sa-rebbero dovuti attenere i concessio-nari delle licenze per l’apertura dellenuove sale giochi. Distanze che nellevarie bozze del decreto legge eranopassate da 500 a 200 metri, ma sonoinfine state del tutto cancellate.

Il peso dei gruppi affaristici«La storia stessa delle variazioni al de-creto Balduzzi mi pare emblematica:la prima versione recepiva l’80% dellenostre osservazioni, quella finale qua-si nessuna. Il risultato è un testo insuf-ficiente, fortemente condizionato daigruppi affaristici che controllano ilgioco, che si sono saputi imporre an-che su un governo tecnico», commen-ta amaro l’avvocato Attilio Simeone,

coordinatore del cartello nazionale“Insieme Contro l’Azzardo”, costituitodalle 28 fondazioni antiusura regiona-li di matrice cattolica. L’amarezza,d’altra parte, è evidente in tutto il va-sto e variegato fronte di realtà dellasocietà civile che si sono mobiliatecon la campagna “Mettiamoci in gio-co”. Una fronte che va dalle Acli all’Ar-ci, dai sindacati alle associazioni diconsumatori, dalle comunità di acco-glienza ai gruppi di auto mutuo aiutodei giocatori d’azzardo, dal Pime alGruppi Abele e Libera.

«Abbiamo titolato il nostro comu-nicato “Gioco d’azzardo, il governo facilecca”. Non posso che confermarequesto giudizio. Il provvedimento èdeludente e inadeguato», sostienedon Armando Zappolini, presidentedel Cnca (Coordinamento nazionaledelle comunità di accoglienza), che

I

nazionale gioco

di Francesco Chiavarini

Malatid’azzardochissà

se conviene

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 9 8 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

mente. E poi onlus e associazioni chehanno ricercato un’intesa con le isti-tuzioni e, a volte, le hanno sostituite,auto-finzanziandosi o bussando alleporte delle fondazioni bancarie. Edeventualmente di qualche sindaco.

Che cosa cambierà domani in que-sta galassia di aiuti? «Oggi se un tossi-codipendente commette un reatopuò scontare la pena in una comunitàdi recupero. Se un giocatore patologi-co ruba finisce invece in carcere e nonriceve assistenza specifica. Con ilprovvedimento del governo il gioca-tore patologico e il tossicodipendentesono equiparati, almeno sul piano deidiritti – osserva Matteo Iori, presiden-te del Conagga, il coordinamento na-zionale dei gruppi per i giocatori d’az-zardo –. Tuttavia il decreto non stabi-lisce ancora come, e con quali soldi,

Gli interventi clinici specifici e preventivie la copertura finanziaria per realizzarlirestano un grande buco nero. In altri paesi

il gioco d’azzardo è tassato per sostenerele terapie di chi, giocando, si ammala

tossicodipendenti in cura a Sert. Ma adifferenza di questi ultimi, restanofantasmi per il sistema sanitario na-zionale. Gli interventi sono pochi,sporadici, discontinui. Le sole cure as-sicurate dalle aziende sanitarie pub-bliche dipendono in gran parte dellabuona volontà e dalla sensibilità diqualche direttore di Sert, che nellepieghe dei bilanci sempre più asfitticidelle Asl riesce a racimolare qualchespicciolo anche per le cosiddette“nuove dipendenze”. Tutto il resto – edè molto – lo si deve alla fantasia e allacreatività del mondo non profit: Cari-tas, comunità di accoglienza, gruppidi auto muto aiuto, enti storicamenteimpegnati nel recupero di tossicodi-pendenti, che si sono specializzatinell’assistenza delle nuove forme didipendenza, sviluppatesi silenziosa-

intende garantire questa priorità ditrattamento». Gli interventi clinicispecifici e preventivi e la copertura fi-nanziaria per realizzarli restano infattiun grande buco nero. In altri paesi ilgioco d’azzardo è tassato per sostene-re le terapie di chi, giocando, si am-mala. «In Svizzera, ad esempio, lo0,5% degli introiti della grande lotterianazionale vengono utilizzati per atti-vità di recupero, prevenzione e cura –osserva Iori –. In Italia, invece, nonsiamo ancora riusciti a distrarre uneuro dei lauti guadagni dei concessio-nari del gioco per riparare ai dannicollaterali».

Più fatturato, meno entrateAppunto: i lauti guadagni. L’industriadel gioco è il solo settore dell’econo-mia nazionale che in tempi di reces-sione ha visto crescere senza sosta ilproprio fatturato. Gli introiti sonopassati dai 14,3 miliardi del 2000 aicirca 80 del 2011. E quest’anno, secon-do alcune stime, si dovrebbe toccarela soglia dei 100 miliardi di euro. Una

crescita vertiginosa, voluta e sostenu-ta dallo stato. Nell’ultimo ventennionon c’è stato governo, di destra o di si-nistra, che non abbia introdotto unnuovo gioco. Dalle tre occasioni auto-rizzate alla settimana degli inizi deglianni Novanta (totocalcio, lotto escommesse ippiche) si è arrivati alleoltre 20 opportunità attuali (15 setti-manali), alle quali si aggiungono grat-ta e vinci, 242 sale bingo e 200 milaslot machine, secondo una ricostru-zione del Conagga. Un’espansionesenza freni, benedetta da uno schie-ramento politico trasversale ai partitie convinto, anche in buona fede, dipoter rimpinguare, in questo modo, lecasse dello Stato.

Secondo diversi esperti si tratta pe-rò di un grande, pericoloso abbaglio.«Quest’anno lo stato guadagnerà unmiliardo in meno rispetto allo scorso

dera il gettito che il comparto dovrebbedare, qualora fosse assoggettato al ca-rico fiscale che grava sugli altri settorieconomici. «Che il gioco d’azzardo siauna dura necessità per i bilanci stataliè una leggenda metropolitana a cuihanno finito per credere anche le classidirigenti del paese – avverte Fiasco –. Inumeri dimostrano che si sta alimen-tando una bolla speculativa che primao poi ci scoppierà in mano. Il miliardoin meno che quest’anno mancheràall’appello, quando si chiuderanno iconti, ne è la prima avvisaglia».

Che le previsioni del sociologo sia-no indovinate o meno, una cosa è cer-ta: l’azzardo di stato è diventato ungioco maledettamente serio. Da cuinessun governo, nemmeno tecnico,sembra capace di tirarsi indietro. Almassimo proverà a limitare i danni.Prima che sia troppo tardi.

La signora Anna (il nome è di fantasia) si era presentata alcentro di ascolto della Caritas di Arezzo con le bollette dapagare. Come di regola, gli operatori l’avevano aiutata, maavevano voluto andare un po’ più a fondo. C’era qualche ra-gione per farlo, alcuni dettagli non tornavano. Una vedovadi 62 anni, sola, in una casa di proprietà, che non riescea pagare gas e luce pur beneficiando di una pensione di1.400 euro? Strano. Sì, c’era quel debito misterioso con unamico che – diceva la donna – l’aveva aiutata a rinnovare ilsalotto. Un prestito sulla parola tra persone che si conosce-vano da tanto tempo, dunque senza contratti o fatture chelo potessero certificare. Ma anche così, il bisogno continuodi denaro non si spiegava.

Solo dopo ore e ore di colloqui, Anna ammise di avereuna passione che con il tempo si era trasformata in un vizio:le slot machine, le macchinette nel bar sotto casa. «Capitasempre così, la malattia da gioco non è come il mal di den-ti. Chi ne è colpito, ci mette un sacco a confessarlo a sestesso – spiega Manuela Esposito, operatrice della Caritas diArezzo –. E poi, sempre che riesca a riconoscere di avere unproblema, lo tiene nascosto agli altri fino a quando non nepuò più. Ma a quel punto la situazione non solo economica,ma anche familiare e relazionale, è già parecchio compro-messa. Per questo ci vogliono persone in grado di conqui-

starsi la fiducia delle vittimedel gioco, capaci di riconosce-re e interpretare i segni dellapatologia: indebitamento, iso-lamento, ansia».

Proprio per «imparare a riconoscere i segni», Manuela pe-riodicamente segue un corso di formazione. Nel 2005 la Ca-ritas di Arezzo ha fondato con il Sert, il servizio per le tossi-codipendente della Usl aretina, un gruppo interistituzionaleper lo studio e il monitoraggio delle dipendenze da gioco: alGand (Gioco d’azzardo e nuove dipendenze) hanno aderitoanche comune, Guardia di finanza, associazioni di ex gioca-tori, caritative e del commercio. È stata una delle prime edè, per numero di soggetti coinvolti, una delle più ampie ini-ziative nel panorama nazionale. Il progetto prevede forma-zione per gli operatori Caritas che sono in prima linea e lacostituzione di un’équipe pluri-disciplinare di esperti pressoil Sert. E poi campagne d’informazione e sensibilizzazione.

«La rete è fondamentale – sottolinea Esposito –. Ora nonsolo siamo in grado di riconoscere i giocatori patologici trale quasi duemila persone che ogni anno bussano alle portedel centro di ascolto, ma sappiamo anche dove indirizzarli,perché possano avere cure specifiche». Con la signora Anna,ha funzionato così.

Il mistero della signora Anna«Bisogna interpretare i segni»

nazionale gioco

propria azienda, chi la pensione. Spe-rando sempre di poter smettere. Peròè complicato, senza un aiuto. E so-prattutto occorrerebbe prevenire, in-vece che curare. Ritrovare i valori del-la responsabilità e della solidarietà,

l non senso di qualcosa chesottomette. La fiducia in sestessi che vacilla. L’idea di nonfarcela. Una strada in salita.Chi si gioca lo stipendio di un

mese in poche ore, chi l’incasso dellaI

Lotta al “pensiero unico”,si deve partire dalla prevenzioneIl dilagare dell’azzardo poggia su un clima culturale che lo legittima.Serve una regolamentazione, a metà tra libertarismo e permissivismo

di Andrea Laregina

Tra “opportunità” e patologia

700 mila i giocatori d’azzardopatologici stimati in Italia

100 miliardi gli euro che si stima verranno giocati nel 2012 dagli italiani

20 le “opportunità”, ovvero le tipologie di gioco oggi disponibili e legalizzate (era 3 venti anni fa);ad esse si aggiungono gratta evinci, 242 sale bingo e 200 milaslot machine diffuse nel paese

da 100 a 500 mila le nuove e più “salate” multe, in euro, per chi viola le norme sul gioco

anno, nonostante gli introiti del giocod’azzardo aumenteranno di 20 miliar-di», calcola Fiasco. Più consumi, dun-que, meno entrate per l’erario. Perché?

Un tale paradosso è la logica conse-guenza di una politica fiscale favorevo-le, applicata dallo stato ai nuovi con-cessionari, per sviluppare un settore dacui sperava e spera di guadagnarci. Ot-tenendo certo introiti elevati, in valoreassoluto, ma assai limitati, se si consi-

DISTANZA MINIMAPubblicità di un casinòaccanto a un liceo romano.Nuove norme dal governosulla pubblicità, non sullavicinanza a case da gioco

RO

MAN

O S

ICIL

IAN

I

NON AUTOSUFFICIENTIE PER DI PIÙ NON ASSISTITI

e la previsione è che nei prossimi an-ni i non autosufficienti toccherannoquota 3 milioni.

A fronte di questi dati, negli ultimianni l’Italia ha fortemente ridotto e,in alcuni casi, del tutto azzerato lapropria spesa sociale. Il Fondo per lepolitiche sociali è passato da 930milioni a 43 milioni di euro. Mail Fondo per la non autosufficienza,istituito a fine 2006 e giunto a esseredotato di 400 milioni di euro, èstato completamente annullato. Taglie ritardi si sono registrati anche nel-l’erogazione dei Fondi di premialità(meccanismo comunitario finalizza-to a rafforzare l’impatto positivo degliinterventi: assegna ai Programmioperativi nazionali e regionali giudi-cati efficaci ed efficienti una “riservacomunitaria”, ovvero uno stanzia-mento europeo ulteriore) per otto re-gioni del sud, in particolare dei 345milioni di euro destinati all’Assi-stenza domiciliare integrata (Adi).

Pochi servizi, indennità tardiLa domanda di servizi di assistenza peranziani non autosufficienti in Italia è molto forte. Attualmen-te, vi si sopperisce con il ricorso ad assistenti familiari (colf ebadanti). In definitiva, a causa della scarsità di servizi e so-prattutto del ritardo con cui sono erogate pensioni e inden-nità di accompagnamento (anche uno-due anni dopo le pri-

me visite e la richiesta di erogazione), ilwelfare pubblico è stato sostituito daquello “familiare” e privato, o da ricove-ri presso strutture residenziali.

Solo il 4,1% del totale della popo-lazione anziana usufruisce dell’Assi-stenza domiciliare integrata: si trattadi 502.475 persone, ovvero solo diun non autosufficiente su cinque. Trai fruitori, oltre 414 mila (il 4,9%della popolazione anziana di quel-l’area) risiedono nelle regioni del cen-tro-nord (ovvero 192 mila, il 7,9%,in quelle del nord-est; 121 mila, il3,5%, in quelle del nord-ovest; 101mila, il 3,9%, in quelle del centro) e88 mila (il 2,3% della popolazioneanziana dell’area) in quelle del sud.

Il primato dell’Assistenza domicilia-re integrata spetta all’Emilia Romagna,che assiste l’11,6%del totale della po-polazione anziana presente nella re-gione. Seguono Umbria (con il 7,7%),Friuli Venezia Giulia (6,8%), Veneto(5,5%) e Basilicata (unica regione delMezzogiorno, con il 5%). Parzialmentesoddisfacente è la quota di assistenzain Abruzzo (4,9%), Lazio (4,7%) eLombardia (4,3%), dove prevalgonoperò gli interventi sanitari.

Ritardi nell’attivazione e scarsa in-tegrazione dei servizi territoriali si re-gistrano in Liguria e Marche, dove èassistito il 3,5% della popolazioneanziana, e in Molise (3,3%). In Cala-bria non si va oltre il 2,8%, anche sein alcune Asl il processo di realizzazio-ne dell’Adi è ben impostato.

Percentuali inferiori alla media si re-gistrano, infine, in Sardegna (2,5%),Piemonte (2,2%), Trentino Alto Adige(2,1%) e Valle d’Aosta (0,4%). Gravi

problemi n Campania (2,1%) e Sicilia (1,5%), dove la strut-tura degli interventi è prettamente “ospedalocentrica”. Anchein Puglia la percentuale è bassa e si attesta all’1,8%: la situa-zione è disomogenea tra i territori e sconta il ritardo dell’at-tivazione della rete di base dei servizi socio-sanitari.

Non autosufficienza: quanto è diffusa nel nostro paese? E quantopesa sulle famiglie italiane? Ancora: l’Assistenza domiciliare in-tegrata (Adi) è sufficiente? Più in generale, qual è lo stato di sa-

lute dell’organizzazione dei servizi sanitari e sociali rivolti alle personeanziane? Tenta di rispondere una recente indagine dello Spi-Cgil.

Da essa si ricava che il numero degli anziani in Italia è in costante au-mento e ha superato quota 12 milioni. Dal 2005 al 2010 gli over 65sono cresciuti di 768 milaunità, di cui 207 milaal sud. Le personenon autosufficienti attualmente sono invece circa 2,6 milioni, dellequali ben 2 milioni anziane. Anche questo dato però è in aumento

L’area della non autosufficienza

si appresta ad annoverare,

nel nostro paese, bentre milioni di persone.Le misure di welfare

pubblico per certiaspetti azzerate.

Gli interventi socio-sanitari domiciliaristentano a decollare

databasedi Walter Nanni

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 11

superando un contesto comunica-tivo, permesso o tollerato dalle isti-tuzioni, che spinge a continuare.

Ai centri di ascolto delle Caritasdiocesane, delle fondazioni antiu-sura e delle associazioni con attivi-tà di mutuo aiuto arrivano ogni gior-no moltissime persone con gravi pro-blemi di sovraindebitamento ocollegati alla dipendenza dal giocod’azzardo. Gli operatori si devono at-trezzare, dal punto di vista delle co-noscenze, per elaborare la “doppiadiagnosi”: è il gioco ad aver determi-nato il sovraindebitamento, o èquest’ultimo ad aver portato la perso-na al gioco patologico? Nell’ascolto dipersone sovraindebitate o vittimed’usura, il gioco rimane spesso som-merso: in molti hanno difficoltà adammettere questa dipendenza. An-che perché si spera sempre in unavincita risolutiva...

Gli operatori sostengono che è piùdifficile combattere contro gli usuraie contro le cattive abitudini di consu-mo, che orientare una persona a unuso responsabile del denaro. Ma an-cora più arduo è combattere contro ilgioco, vissuto come dipendenza piùsubdola, perché non comporta il giu-dizio sfavorevole della collettività.Cosa saranno mai, un’innocua sche-dina, un gratta e vinci, pochi euro, ilpiccolo sogno di un istante?

Bando alle abilitàMa non si tratta di togliere un sogno apersone in difficoltà a causa di proble-mi economici o della perdita del lavo-ro. Si vorrebbe solamente che essi nonpeggiorassero la loro situazione. E ilproblema della libertà responsabile edi modelli di realizzazione personaleche non facciano cadere nelle dipen-denze se lo dovrebbe porre anche unasocietà che intenda evitare a tante fa-miglie di scivolare del dramma delgioco patologico.

Nell’ascolto si scopre che tuttocontribuisce, nell’innescare certe de-

10 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

nazionale gioco

rive: dalle cattive abitudini di consu-mo al gioco fatto con leggerezza, alrapporto clandestino con la macchi-netta in nome di un effimero gustodel vincere senza mettere in atto al-cuna particolare abilità, se non la for-tuna. E allora il tema dovrebbe solle-citare a un’approfondita riflessione,anche in sede politica. In Italia è assaidifficile uscire dalle contrapposizionipseudoideologiche, ma di fronte aldilagare delle ludopatie occorre im-boccare una strada duplice: regola-mentazione e prevenzione, abbando-nando impostazioni culturali sorpas-sate, che non vedono alternative alproibizionismo assoluto o, per con-trasto, a un libertarismo sfrenato.

Tra questi due estremi c’è invecespazio per una regolamentazioneche è compito del legislatore, per ilmonitoraggio e il controllo delle atti-vità di gioco (che in Italia stenta a de-collare), per codici di autoregola-mentazione delle aziende che scel-gono la responsabilità sociale, per latutela dei cittadini attraverso le asso-

COME FUNGHIIn mezzo alla città, i luoghi dell’azzardo spuntano ovunque

Non si tratta di togliere un sogno a personein difficoltà. Si vorrebbe solamenteche non peggiorassero la loro situazione.

E che l’esercizio della libertà responsabilenon faccia cadere nella dipendenza

Tantissimi bisogni,zero stanziamenti

2,6 milioni le persone nonautosufficienti oggi in Italia

0 gli euro disponibili sul Fondonon autosufficienza, rispetto ai 400milioni di cui era stato dotato

502.475 i non autosufficienti(circa 1 su 5) che usfruisconodell’Assistenza domiciliare integrata

L’entità del giocod’azzardo in ItaliaANNO SPESA PER IL GIOCO ENTRATE PER L’ERARIO

D’AZZARDO % SUL TOTALE IN MILIARDI DI EURO DEL GIRO D’AFFARI

2004 23,1 29,52005 28,0 21,62006 35,2 19,02007 42,2 17,02008 47,5 16,32009 54,4 16,12012 (primi 6 mesi) 45,0 9,2

RO

MAN

O S

ICIL

IAN

I

FON

TE:

CO

NAG

GA

ciazioni non profit e del terzo settore,per la possibilità di curare una ludo-patia attraverso i livelli essenziali diassistenza, anche con il supporto diun privato sociale sussidiario, nonsostitutivo del pubblico.

Supplemento di tassazioneTutti dovrebbero avere come fine lalotta al “pensiero unico del gioco” co-me espressione di libertà, come attivi-tà che genera occupazione e profittoanche per uno stato che sembra nonvoler rinunciare a un “supplemento ditassazione”. In realtà, uno stato mo-derno deve saper tutelare le fasce de-boli, non facendosi complice di situa-zioni che danneggiano i cittadini; devefavorire la socializzazione dei giochied evitare l’azzardo in sé, favorendo igiochi in cui la fortuna sia legata ancheall’abilità. Le reali probabilità di vincitadi ciascun gioco dovrebbero inoltreessere chiaramente identificabili, ov-vero riportate in modo visibile sul ta-gliando di gioco, oppure in un apposi-to spazio informativo, riepilogativodelle probabilità di vincita dei diversigiochi in vendita, da affiggere pubbli-camente nell’esercizio commercialeche “vende fortuna”. In ogni caso, nonsi dovrebbe lasciare intendere che lavincita possa consentire l’acquisto dibeni o il raggiungimento di posizionisociali palesemente superiori rispettoall’entità della possibile vincita.

Tutto nasce, dunque, da una svol-ta culturale, che abbia finalità solidaliestese all’intera società, non solo didifesa di categorie vulnerabili (comei minori) o di controllo delle attivitàimprenditoriali di settore, per evitareche finiscano in mani sbagliate. Lesoluzioni tecniche si troveranno, se sitroverà un accordo sulle finalità diun’attività – il gioco – che non va de-monizzata, ma che ha in sé pericolied è causa di danni che sono sotto gliocchi di tutti

Gli operatori Caritas narrano di un nuovodesiderio di ripartire, espresso da moltiutenti. Non chiedono (solo) beni materiali,

ma orientamento ai servizi, riqualificazioneprofessionale, recupero della scolarità

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 13

(rappresentativi di 28 diocesi) sui2.832 presenti nel territorio naziona-le (ovvero il 6,7% del totale).

La buona distribuzione territorialedei Cda partecipanti alla rilevazioneconsente di mettere a fuoco alcuneconsiderazioni generali sui principaliaspetti del fenomeno povertà in Italia.La maggior parte degli utenti dei Cdaè straniero (70,7%), ma la quota di ita-liani è più forte nel sud (48,4%). Sitratta in prevalenza di donne (53,4%),coniugati (49,9%), disoccupati (61,6%),con domicilio (83,2%). Rispetto al 2009,anno di una precedente rilevazione, siè notato il forte incremento di anziani

(+51,3%), casalinghe (+177,8%), pen-sionati (+65,6%) e utenti con figli mi-nori conviventi (+52,9%); meno rile-vante l’aumento del numero di perso-ne separate o divorziate (+5,5%). Ilproblema-bisogno più frequente èquello della povertà economica (26%),seguito dall’assenza o insufficienzadel lavoro (22,9%). La richiesta più fre-quente è quella di beni e servizi mate-riali (42,3%).

La lettura dei dati, assieme allaconsultazione dei vari dossier e rap-porti di ricerca prodotti negli ultimidue anni dalle Caritas diocesane sultema della povertà, consente di deli-neare alcune tendenze qualitative eterritoriali di trasformazione del fe-nomeno. La crisi economico-finan-ziaria ha infatti determinato l’esten-sione dei fenomeni di impoverimen-to ad ampi settori di popolazione,non sempre coincidenti con i “vecchipoveri” del passato. Aumentano gliutenti e soprattutto gli italiani, crescela multiproblematicità delle persone,con storie di vita complesse, di nonfacile risoluzione, che coinvolgonotutta la famiglia. La fragilità occupa-zionale è molto evidente e diffusa: ri-spetto alle tendenze del recente pas-sato, i poveri in Italia sono sempremeno working e sempre più poor. Au-mentano gli anziani e le persone inetà matura: la presenza in Caritas dipensionati e casalinghe è ormai unaregola, e non più l’eccezione. Si impo-veriscono le famiglie immigrate epeggiorano le condizioni di vita degliemarginati gravi, esclusi da un welfa-re pubblico sempre più residuale.

Eppure, nonostante le tendenze dipeggioramento, si registrano segni disperanza: una grande vitalità delle co-

munità locali, che hanno avviato espe-rienze di ogni tipo per contrastare letendenze della marginalità sociale. Al-lo stesso tempo, gli operatori Caritasnarrano di un nuovo desiderio di ri-partire, espresso da molti utenti: affio-ra la volontà di rimettersi in gioco,l’aspirazione a migliorare la propria si-tuazione. Non si chiedono (solamen-te) sussidi economici, beni materiali oprotezione per la notte. Ma i “ri-par-tenti” sollecitano anche orientamentoai servizi, riqualificazione professiona-le, formazione e recupero della scola-rità perduta, per tracciare nuovi oriz-zonti alla propria esistenza.

Progetti anti-crisi,mille (o quasi)Per offrire un’idea dell’imponente la-voro di assistenza, accompagnamentoe presa in carico della povertà da partedelle diverse espressioni della chiesaitaliana, e per illustrare un vasto patri-monio di esperienze umane e profes-sionali a servizio di persone in stato dipovertà e disagio, Caritas Italiana haattinto a varie fonti informative, pro-muovendo in alcuni casi attività diraccolta dati e monitoraggio ad hoc.

I dati disponibili consentono ditracciare un profilo quantitativo equalitativo inerente vari ambiti di at-tività: le iniziative socio-assistenzialidi contrasto alla povertà economica(dati tratti dalla rilevazione delle ope-re ecclesiali); i progetti “otto per milleItalia”, finanziati nel 2011 dalla Cei edalle diocesi italiane, relativi a variambiti di bisogno sociale; i progettiinnovativi e sperimentali contro lacrisi economica, avviati negli ultimi3-4 anni dalle diocesi italiane, che siaffiancano alla tradizionale rete diaccompagnamento, animazione eassistenza attiva da molti anni nelterritorio italiano; il Prestito dellaSperanza, promosso dalla Cei, di cuiper la prima volta viene offertoun’analisi quantitativa e qualitativa.

RO

MAN

O S

ICIL

IAN

I

fenomeno (di fonte Caritas), le prin-cipali tendenze di mutamento, i per-corsi di presa in carico; i progetti an-ti-crisi economica delle diocesi, lamappa dei servizi socio-assistenzialidelle chiese locali, i dati sul “Prestitodella Speranza”.

Meno “working”, più “poor”La prima parte del Rapporto aiutadunque a comprendere meglio il fe-nomeno della povertà in Italia, sullabase dell’esperienza Caritas e dellechiese locali. In base ai dati raccoltigrazie al sistema nazionale di rileva-zione online “Ospoweb”, avviato e co-ordinato da Caritas Italiana, è possi-bile disporre di dati aggiornati sullepovertà osservate e prese in carico,nel 2011, dai centri di ascolto (Cda)in Italia. A questa prima rilevazionenazionale hanno preso parte 191 Cda

l dodicesimo Rapporto sullapovertà e l’esclusione sociale inItalia sarà disponibile in vesteintegrale, a partire dal 17 otto-bre, Giornata mondiale di lot-

ta alla povertà, sul sito internet di Ca-ritas Italiana. Dopo le pubblicazioniinsieme alla Fondazione Zancan (perle prestigiose case editrici Feltrinellie Il Mulino), e in attesa della nuovaformula (che “decollerà” dal 2013,come esito del lavoro collettivo di uninsieme di organismi di matrice ec-clesiale e ispirazione cristiana, unavera e propria poverty lobby), l’edizio-ne 2012 del Rapporto apre una fine-stra sul fenomeno della povertà inItalia secondo l’esperienza di ascolto,osservazione e animazione svoltadalle 220 Caritas diocesane presentinel territorio nazionale. All’internodel Rapporto sono riportati i dati del

I“Rapporto sullapovertà in Italia”,quest’anno sul web (in attesa di una nuova“poverty lobby”). I dati degli afflussi ai centri d’ascolto: piùutenti e richieste, maanche la disponibilità,da parte di molti, ad andare oltre il meroaiuto materiale

12 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

nazionale rapporto povertà

di Walter Nanni

ripartentiBussano

in CaritasfragiliUtenti dei Centri d’ascoltoper cittadinanza (2011)

Problemi degli utenti dei Centri d’ascolto (2011)

STRANIERI70,7%

ITALIANI28,9%

ALTRO1,5%

Condizione professionale degli utenti dei Cda (2011)

DISOCCUPATO61,6%

OCCUPATO21,3%

PENSIONATO/A5,3%

CASALINGA7,5%

STUDENTE1,5%

ALTRO1,5%

INABILE PARZIALEO TOTALE

AL LAVORO1,3%

e

%26,0

22,9

6,9 6,7

3,3 2,61,7 1,81,4 1,4 0,7

25

20

15

5

POVE

RTÀ

LAVO

RO

CAS

A

MIG

RAZ

ION

E

PRO

BLE

MI

FAM

ILIA

RI

SAL

UTE

ISTR

UZI

ON

E

GIU

STI

ZIA

DIP

END

ENZE

DIS

ABIL

ITÀ

ALTR

O

IL PAESE CHE SOPRAVVIVEMensa Caritas a Roma.Povertà estreme assai diffuse,ma la crisi impoverisce moltepersone e famiglie “normali”

La rilevazione delle opere sanita-rie e sociali ecclesiali (promossa dal-la Consulta ecclesiale nazionale de-gli organismi socio-assistenziali, daCaritas Italiana e dall’Ufficio Cei perla pastorale della sanità) ha censitonel 2009 oltre 14 mila servizi eccle-siali impegnati in attività sanitarie,socio-sanitarie e sociali. Rispetto altotale dei servizi, le attività che pos-sono essere ricondotte a un’azionediretta di contrasto della povertà eco-nomica sono 4.991. Tali attività trova-no espressione, soprattutto, nei cen-tri di erogazione di beni primari (pro-mossi spesso dalle parrocchie e dalleCaritas diocesane), nelle mense so-cio-assistenziali, nei servizi di assi-stenza ai senza dimora, nelle fonda-zioni anti-usura, nei servizi per gliimmigrati in difficoltà.

Il quarto monitoraggio nazionaledelle iniziative anti-crisi economicapromosse e realizzate dalle Caritas edalle diocesi italiane fa invece emer-gere un proliferare di progetti e di at-tività, esplicitamente avviate perfronteggiare l’emergenza sociale diquesti ultimi anni. La rilevazione, ag-giornata ad agosto 2012, evidenzia lapresenza di 985 iniziative. Si riconfer-ma il trend di crescita, con un au-mento, rispetto al 2011, del 22,2%.Dal punto di vista della localizzazio-ne territoriale, il più alto numero diattività è segnalato nel Mezzogiorno(41,5%), seguono nord (33%) e centro(25,5%). L’incremento ha riguardatoin particolare i progetti di sostegnoeconomico a fondo perduto, gli spor-telli di consulenza lavoro o casa, lebotteghe-empori di vendita solidale,le carte acquisti o carte prepagate.

Nel 2011 Caritas Italiana ha ac-compagnato quasi la metà delle Cari-tas diocesane nella presentazione di185 progetti, relativi a vari ambiti dibisogno, finanziati con fondi otto permille. Destinatari di questi interventisono stati prevalentemente famigliein difficoltà, minori, immigrati, dete-

nuti ed ex detenuti, anziani, vittime diviolenza e tratta, malati terminali,senza dimora, richiedenti asilo. Parti-colare attenzione è stata dedicata alla

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 15

anzi irrealistica e inutileEra auspicata dagli operatori del settore. Per consentire a centinaia di migliaia di lavoratori stranieri di emergere dal nero e ottenere il permesso di soggiorno. La sua stesura, però, è gravida di problemi.Urgono strumenti ordinari ben diversi per regolare gli ingressi

ra attesa da mesi. Anzi, daun decennio. Perché l’ulti-ma sanatoria “generalista”,ovvero rivolta indistinta-mente a tutti i migranti irre-

golarmente presenti in Italia, senzadelimitazione di settori di lavoro, ri-saliva al 2002. Sotto la pressione deinumeri – centinaia di migliaia di pre-senze, generate delle restrizioni deicanali di accesso legali, poste in attoa vari livelli dai governi precedenti –l’esecutivo Monti ha varato in estateuna procedura di emersione per il ri-lascio di permesso di soggiorno ai

cittadini stranieri irregolarmente im-piegati; la “finestra” per la presenta-zione delle domande è aperta pro-prio in queste settimane, dal 15 set-tembre al 15 ottobre.

La scelta, si diceva, era nell’aria,per molti versi auspicata dagli ope-ratori del settore. Ma le modalità conle quali è stata articolata si sono rive-late problematiche. La possibilità dipresentare la domanda di regolariz-zazione è stata introdotta dal decretolegislativo 109/12, che ha attuatouna direttiva comunitaria cui l’Italiadoveva adeguarsi entro il 20 luglio

Edi Manuela De Marco

nazionale immigrazione

14 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

VOGLIAMO RIMANEREManifestazione pro-sanatoria,in primo piano un gruppodi immigrati africani

RO

MAN

O S

ICIL

IAN

I

nazionale povertà

Prestito della Speranza: l’obiettivo è daresostegno a chi si confronta con gli effettidella crisi e, nel contempo, educare all’uso

responsabile del denaro e al dovere dellarestituzione, una volta superata l’indigenza

prevenzione delle dipendenze (da so-stanze, farmaci, alcol, ecc.), ai proble-mi di occupazione e abitativi, ai feno-meni di usura e indebitamento. Più di11 milioni di euro sono stati richiestialla Conferenza episcopale italianaper finanziare i progetti, che hannocomportato una partecipazione eco-nomica delle diocesi interessate, nellamisura di circa 8,5 milioni di euro.

Il Prestito della Speranza, natodall’accordo tra la Cei e l’Associazionebancaria italiana, è invece un’iniziati-va orientata a favorire prestiti agevola-ti, garantiti da un fondo costituito dal-la Conferenza episcopale. L’obiettivo èdare un segno di speranza a quanti og-gi si confrontano con gli effetti più im-mediati della crisi e, nel contempo,educare all’uso responsabile del dena-ro e al dovere della restituzione, unavolta superata la situazione di indigen-za. I potenziali destinatari sono tuttele famiglie che versano in situazioni didisagio o indigenza e le microimpreseda esse promosse. Dal 2009 a oggi, lefamiglie sostenute sono state 1.662,per oltre 10 milioni di euro di finanzia-menti erogati.

Vangelo e costituzioneUn’ultima parte del Rapporto si soffer-ma sulle tendenze degli attuali assettidi welfare, evidenziando nodi critici epossibili proposte di miglioramento,sia in riferimento al sistema pubblicodi responsabilità che al possibile ruolodel terzo settore, del volontariato or-ganizzato, della società civile.

Il tutto nella consapevolezza che laCaritas, da sola, non può certamenterisolvere il problema della crisi e dellapovertà economica nel nostro paese.Ma, in virtù della sua decennale espe-rienza, può offrire comunque a un let-tore attento riflessioni e prospettive dilavoro utili a diversi livelli, in conformi-tà al dettato evangelico e ai principi co-stituzionali di solidarietà ed equità.

Rete di servizi e aiuticapace di innovazione

4.991 i servizi socio-assistenzialie le attività di contrasto allapovertà economica realizzatidalla Chiesa in Italia

3.583 i centri di distribuzione di beni primari (cibo, vestiario,ecc) delle diocesi italiane

449 le mense socio-assistenzialiattive nel paese, per coloro chenon sono in grado di soddisfarein modo autonomo il fondamentalebisogno alimentare

oltre 6 milioni i pasti erogatiin un anno nelle mense socio-assistenziali, pari ad un numeromedio di 16.514 pasti al giorno

27.630 i volontari dei servizi socio-assistenziali e sanitari promossidalle Caritas diocesane in Italia

3.897 le pratiche istruite e seguite dalle Caritas diocesaneper il Prestito della Speranza(iniziativa anticrisi Cei-Abi) peroltre 26 milioni di euro richiesti,in riferimento a 155 diocesi

2.832 i Centri di ascolto Caritas,diocesani, parrocchiali o territoriali,che si fanno carico di un vastobisogno sociale di persone e famiglie, italiane e straniere

985 i nuovi progetti anti-crisieconomica delle diocesi italiane,di cui 147 operanti nell’ambitodel microcredito per famiglie e 61 in quello per le imprese

Diocesi che hanno attivato progetti anti-crisi per tipologia di intervento (2010-2012)

121145 143

111131

147

103

135152

4763

106

140

120

100

80

60

40

20

2010 2011 2012

MICROCREDITO (FAMIGLIE E/O IMPRESE)

FONDI DIOCESANI DI SOLIDARIETÀ

SPORTELLI CONSULENZALAVORO/CASA

EMPORI/CARTE ACQUISTI

Sanatoria benvenuta

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 17

(nella relazione di accompagnamen-to al decreto si evidenzia l’esigenzadi evitare una condanna, a seguitodella procedura di infrazione già av-viata dalla Commissione europea).Tale adeguamento avviene attraver-so il meccanismo del “ravvedimentooperoso”, che offre la possibilità aldatore di lavoro di denunciare il rap-porto di lavoro irregolare presentan-do un’istanza di emersione; a deter-minate condizioni, essa consente allavoratore di ottenere il permesso disoggiorno e al datore di lavoro di evi-tare sanzioni penali e amministrati-ve più gravi.

Molto oltre i mille euroLa prima condizione posta è stata –ma ciò già era accaduto nelle dueprecedenti regolarizzazioni, 2002 e2009 – che la domanda fosse presen-tata dal datore di lavoro. Questa tito-larità esclusiva era già stata oggettodi forti critiche: nei fatti, è il lavorato-re che affronta tutti gli oneri dellaprocedura, soprattutto quelli econo-mici, e spesso è soggetto al ricatto deldatore di lavoro che, vero o fittizioche sia, lo costringe al pagamento delcontributo forfetario previsto, quan-do non anche al pagamento di unacifra ulteriore per “convincerlo” ainoltrare la domanda. Inoltre tale im-postazione non evita, anzi incoraggiaun fenomeno ormai tristemente no-to: la caccia al datore di lavoro, in as-senza di un rapporto di lavoro reale.Tutto ciò, in passato, ha generato nu-merosi contenziosi giudiziari, civili,penali e amministrativi.

C’è poi un ulteriore neo: i costi giàelevati, connessi alla presentazionedella domanda, con la procedura di-sposta dal decreto sono ulteriormen-te lievitati. Trattandosi di un ravvedi-mento operoso, è stato infatti previstoche il datore di lavoro regolarizzi an-che tutto quanto dovuto al lavoratore(differenze retributive e oneri contri-butivi e fiscali). La cifra da versare an-

16 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

nazionale immigrazione

drà dunque molto oltre i mille euro dicontributo forfetario e costituirà unulteriore fattore deterrente rispettoalla finalità del provvedimento stesso:l’emersione dal lavoro nero.

Un ulteriore fattore – di naturaeconomica – che può decisamentescoraggiare la presentazione del-l’istanza è la necessità che il datoredi lavoro dimostri di disporre di fat-turato o di un reddito imponibilenon inferiore a 30 mila euro (20 o 27mila nel caso del lavoro domestico).Soglie assai elevate: alcune Caritasdiocesane hanno immediatamentesegnalato una grande difficoltà, daparte di datori di lavoro pur dispostia inoltrare l’istanza, a ottemperare atale requisito.

Ma il decreto perde anche alcuneoccasioni. Per esempio non è statacontemplata la possibilità di faremergere dall’irregolarità i rapportidi lavoro part time, che pure in moltisettori costituiscono un importantemodalità d’impiego (unica eccezio-ne, i lavori nell’ambito domestico edi cura della persona, in cui sono ri-tenute sufficienti le 20 ore settimana-li e in cui si prescinde dal requisitodel reddito nel caso di rapporto di la-voro volto alla cura di persona nonautosufficiente).

Un significativo passo indietro èpoi rappresentato dalla necessità didimostrare la presenza in Italia dellavoratore attraverso “documenta-zione proveniente da organismipubblici”. Tale requisito, introdottonella regolarizzazione del 1998, ave-va dato luogo a un enorme conten-zioso giudiziario ed era dunque statoragionevolmente abbandonato nelleprocedure 2002 e 2009. È evidente,infatti, che chi è stato giuridicamen-te “invisibile” con grande difficoltàpuò rispondere a tale richiesta, ameno che non la si interpreti nellamaniera più estensiva possibile (co-me per il momento pare possibile),ricomprendendovi anche la docu-

La procedura non evita, anzi incoraggiaun fenomeno tristemente noto: la cacciaal datore di lavoro, in assenza di rapporto

di lavoro reale. Tutto ciò, in passato, ha generato numerosi contenziosi

mentazione rilasciata da organismi(del privato sociale) che gestiscanoun servizio pubblico o di pubblicautilità, in regime di convenzione oautorizzazione con un ente pubbli-co. Il “pacchetto sicurezza” varato dalprecedente governo aveva inoltre in-trodotto l’obbligo di denuncia dellapresenza di un migrante irregolareda parte dei pubblici ufficiali o inca-ricati di un pubblico servizio, ad ec-cezione di quelli operanti negli am-biti scolastico e sanitario; ciò haspinto il cittadino straniero irrego-larmente soggiornante a “mostrarsi”ancora meno e a ridurre le occasionidi interazione con l’esterno.

Tempo di scelteDiscutibili, nel dispositivo dell’attualesanatoria, sono anche le cause osta-tive collegate alle valutazioni di peri-colosità del soggetto da regolarizzare,desunte da criteri fortemente rimessialla discrezionalità dell’autorità am-ministrativa e potenzialmente in gra-do di creare discriminazioni. Oltre aindicare criteri più certi, il decretoavrebbe poi dovuto tenere conto dellanecessità di salvaguardare alcuni fon-damentali diritti dell’individuo, comel’unità familiare, la presenza di mino-ri, la salute, l’età, l’integrazione neltessuto sociale.

Il dato che continua a tornare conle sanatorie, al di là delle differenticaratteristiche di ciascun provvedi-mento, è che in Italia, per ottenere untitolo di soggiorno, la via della rego-larizzazione è quasi obbligata, in as-senza di efficaci strumenti di governoordinari dei flussi. I decreti flussi peri non stagionali non vengono adotta-ti, benché la pressione migratorianon sia esaurita e le persone conti-nuino ad arrivare. Non trovando ca-nali e criteri di ingresso realistici epraticabili. Neppure con la sanatoria.

È tempo, insomma, di fare dellescelte: o si pongono le basi per unapolitica dell’immigrazione concretae seria, o ci si dispone a giocare conle vite e il lavoro di tantissime perso-ne, attraverso regolarizzazioni inutilicome l’attuale. La modernizzazionedel paese passa anche per lo sciogli-mento di dilemmi come questo.

italiana all’evasione contributiva: giànel 2010, in realtà, il Censis stimavache colf e badanti immigrati avesseroraggiunto il milione e mezzo di unità.

Qualunque sia il numero, comun-que alto (specie se si tiene conto chenegli anni Sessanta si contavano appe-na 10 mila immigrati inseriti nel setto-re), appare chiaro che l’apporto diquesta categoria è diventato indispen-sabile per il sistema italiano del welfa-re, perché aiuta a coprire la limitata in-cidenza dell’intervento pubblico in unoscenario di continuo invecchiamentodella popolazione e di scarsa propen-sione delle donne italiane a svolgere mansioni di cura.

Invisibili, ma ammortizzatoriPer parlare di questi lavoratori e lavoratrici e della loro operasono state utilizzate espressioni molto significative: welfareitaliano “fatto in casa”; welfare “fai da te”; lavoratori invisibili;ammortizzatore sociale della terza età; privatizzazione dellepolitiche sociali per gli anziani. I limitati casi di raggiro degli

consiste nel mostrare che il personale straniero non solo harilevato i compiti prima svolti dalle donne italiane, ma li svol-ge con piacere (“molto” o “moltissimo” nel 37,1% dei casi,“abbastanza” nel 47,7%), ritiene di essere trattato benissimo(27,1%), o comunque bene (64,5%), perché assicura dispo-nibilità oraria (47,4%), gentilezza (36,5%) e basso costo(13%).

L’indagine condotta è molto più ampia, ma quanto quiriportato è sufficiente per una considerazione conclusiva.

Attualmente gli ultrasessantacinquen-ni sono un quinto della popolazioneitaliana e a metà secolo aumenteran-no a circa un terzo, rendendo necessa-rio un più ampio ricorso all’assistenza.Quanto sperimentato in questi decen-ni, affidando agli immigrati la collabo-razione familiare, consente – pur nelbisogno di perfezionamento – di pre-pararsi al futuro.

BADANTI CON PIACERE,PILASTRI DEL WELFARE FUTURO

dall’altromondodi Giuseppe Ambrosio UniCredit Foundation

assistiti o di matrimoni di comodo nonautorizzano a presentare in maniera di-storta l’importante funzione svolta.

Per saperne di più, UniCredit Foun-dation ha somministrato 603 intervistein tutte le regioni del centro-nord d’Ita-lia (ad eccezione del Friuli Venezia Giu-lia) presso le sedi di “Agenzia Tu”, filialidi UniCredit dedicate alla clientela mi-grante, coinvolgendo soggetti apparte-nenti alle collettività maggiormentecoinvolte in questo comparto lavorati-vo (Ucraina, Filippine, Moldavia, Perù,Sri Lanka, Ecuador, Marocco, Albania eIndia). La scelta di raggiungere gli inter-vistati in banca è stata dettata dall’inte-resse a conoscere cosa pensano colf eimmigrati “bancarizzati”, da ritenere laquota più evoluta della categoria.

Essi svolgono svariati compiti: curadella casa (spolverare, lavare per terra,stirare e spesso cucinare), baby sitting,cura del giardino, in diversi casi la gui-da della macchina e – soprattutto –sempre più spesso l’assistenza a per-sone anziane o malate, non desidero-se di essere collocate in istituti resi-denziali, tra l’altro molto costosi.

Un aspetto originale dell’indagine

U niCredit Foundation sta riservando un’importante attenzionealla categoria delle collaboratrici familiari e delle “badanti”. Viè una ragione quantitativa alla base di questo interesse: secon-

do l’Organizzazione internazionale del lavoro, a livello mondiale lacategoria totalizza 100 milioni di addetti (Oil, 2011). A livello italianoè senz’altro questa la categoria più rappresentata tra i lavoratori im-migrati: 893.351 erano le persone dichiarate all’Inps come tali al 31dicembre 2011; tra esse, meno di un sesto erano quelle con cittadi-nanza italiana e, tra gli immigrati, un sesto era costituito da uomini.Il loro numero è però sottodimensionato, per la nota propensione

Ricerca su 603 colfimmigrate

“bancarizzate”. Le lororisposte testimoniano

di un buon livello di inserimento nelle

famiglie italiane.Garantiscono cure

affidabili, in vista diquando, a metà secolo,gli over 65 saranno un

terzo della popolazione

Cento milioni nel mondo, in Italia si trovano bene100 milioni colf e badanti nel mondo; in Italia 893.351 dichiaratiall’Inps a fine 2011, ma 1,5 milioni stimati37,1% colf e badanti immigrati in Italia che dichiarano di svolgere con “molto” o “moltissimo” piacere il loro lavoro, 47,7% “abbastanza”27,1% colf e badanti immigrati in Italia che ritengono di essere trattati“benissimo”, il 64,5% “bene”

INCERTEZZA SOVRANASOTTO I CIELI D’AUTUNNO

contrappuntodi Domenico Rosati

specie in ambito europeo, coltivanol’ambizione di poter fare meglio. Ecomunque intendono cimentarsi inun’impresa da condurre in piena au-tonomia e responsabilità. Perciò va-lorizzano i risultati raggiunti, manon si negano la possibilità di prova-re a riempire con crescita ed equità ivuoti aperti dalle scelte del rigore edei sacrifici.

Soggetti incognitiIl complesso intreccio delle alleanzeper la formazione di maggioranzefunzionali, nella nuova stagione po-litica, ruota attorno a questi proble-mi. Con una variante solo in appa-renza semplice, ma che in realtà ri-vela uno stato di impotenza: quellache punta sulla riedizione di unagrande coalizione, nella quale si sa-rebbe comunque dispensati dall’ob-bligo della scelta.

Intanto, nell’autunno siamo giàentrati. E gli elementi di incertezza eambiguità che hanno segnato prima-vera ed estate non sono affatto scom-parsi. Soprattutto perché i soggetti incampo, i conosciuti e gli incogniti, per

assumere la posizione da tenere in gara aspettano, comenel Palio di Siena, che venga data “la mossa”. Il problemaconcerne soprattutto l’area centrale dello schieramento,dove si presume si stiano riorganizzando, sotto l’insegnacomune di“moderati”, alcune significative componenticattoliche, unitamente a gruppi di presumibile improntaliberale. Un’aggregazione distanziata dalla destra, soprat-tutto se guidata ancora da Berlusconi, e orientata (dega-sperianamente?) a convergere con i “progressisti”, inun’alleanza che dovrebbe reggere la nuova legislatura.

Ma prima si deve svolgere interamente la campagnaelettorale, nella quale giocheranno un ruolo anche forzeche sin qui si sono manifestate nei sondaggi e sul web edelle quali poco si conosce, al di là dei (pessimi) umori edella predisposizione a mandare alla malora tutto quelche non collima con i loro fumosi ma radicati propositi.Sicché cambia la domanda: chi vincerà le elezioni? Maresta dubbia la risposta: dipende.

C ome sarà l’autunno 2012? L’analisi si esercita in azzardati pro-nostici. Con singolari inversioni di ruoli. Diventa ottimista evede la luce in fondo al tunnel chi, come il presidente Monti,

si era qualificato per saggezza e prudenza. Al contrario, insistononelle previsioni meno rosee le forze più vicine alla condizione dellagente. E la stessa Cei sottolinea la gravità della situazione per il la-voro e la famiglia.

Volendo comunque insistere sulla domanda, è fatale ottenereuna non-risposta. Come sarà? Dipende. Anzitutto dal punto di vi-sta. Se si considera quale era lo stato dell’Italia a fine ottobre 2011,non tanto per l’ampiezza dello spre-ad quanto per il deficit di credibilitàaccumulato dal governo Berlusconi,è doveroso certificare il migliora-mento. Se invece si guarda alla realtàdelle cose e si consultano gli indica-tori classici, in particolare l’occupa-zione, non si può che convenire sullainsufficienza oggettiva delle misureadottate.

Un altro approccio che spiega ildivario delle valutazioni sta nel timo-re del ritorno al peggio. C’è una ten-denza ormai consolidata, che si atte-sta sulla formula del “Monti dopoMonti”, vale a dire sulla continuità della politica dell’at-tuale governo. «Chi verrà dopo di te?», avrebbe chiesto aMonti addirittura la cancelliera tedesca, Angela Merkel.Curiosità legittima, che comunque non può essere sod-disfatta. Abbia pazienza e vedrà.

C’è invece il caso di chi, facendo parte dell’attuale go-verno, si accinge a garantirne continuità, prorogando lapropria presenza in una candidatura politica. Una simileposizione esige il presupposto di un giudizio positivo sul-lo svolgimento del programma “tecnico”. E genera corpo-si effetti-annuncio, del genere di quelli registrati in agostoa Rimini, al meeting di Comunione e Liberazione, secon-do una tradizione di dialogo in cui il potere di turno siespone al collaudo di un gradimento garantito.

Quanti viceversa ritengono che il ciclo dei tecnici deb-ba terminare a fine legislatura sono più misurati nel giu-dizio. Anche se hanno appoggiato le scelte di palazzoChigi e si impegnano a rispettare gli obblighi assunti,

L’ambiguità cheha segnato primavera

ed estate non è svanita:la credibilità italianaè aumentata, ma gli

indici socio-economicirestano preoccupanti.

Intanto incombonole elezioni. Molti

invocano continuitàcol governo tecnico:

basterà?

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 19 18 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

PER CONTRIBUIRE AGLI INTERVENTICausale Terremoto Nord Italia 2012.c/c postale n. 347013.Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma

Iban: IT 29 U 05018 03200000000011113.UniCredit, via Taranto 49, RomaIban: IT 88 U 02008 05206000011063119.Banca Prossima, via Aurelia 796, RomaIban: IT 06 A 03359 01600100000012474.Intesa Sanpaolo, viaAurelia 396/A, RomaIban: IT 95 M 03069 05098100000005384.CartaSi (Visa e MasterCard) tel. 06.66177001 orari di ufficio

estate dei volontari, primache comincino le stagionidella ricostruzione, mate-riale, sociale, economica.Nei territori del nord Italia

(Emilia Romagna, ma anche sud Lom-bardia e un lembo di Veneto) colpitidal terremoto di fine maggio, l’inizia-tiva Caritas ha assunto caratteri sem-pre più articolati e incisivi.

La cornice della mobilitazione èfornita dai gemellaggi, che coinvolgo-no 185 parrocchie e 17 zone pastoralidei territori terremotati, con l’impe-gno delle delegazioni regionali Cari-tas di tutta Italia. Per orchestrare talesforzo Caritas Italiana ha attivato uncentro di coordinamento a Mirando-la, poi in estate ogni delegazione re-gionale ha fatto varie visite nelle zonegemellate, incontrando i parroci, glioperatori pastorali e gli operatori Ca-ritas locali, gettando le basi di un per-corso che durerà nel tempo.

Intanto, grazie alla raccolta in tutte

le parrocchie italiane del 10 giugno e adonazioni di privati, superano gli 8 mi-lioni di euro le offerte finora pervenutea Caritas Italiana per le attività di rico-struzione e di accompagnamento del-le popolazioni locali, cifra cui vannoaggiunti 3 milioni di euro resi disponi-bili dalla Conferenza episcopale italia-na. Una parte significativa di questi

fondi serviranno a realizzare “Centri dicomunità” (strutture polifunzionaliper attività liturgiche, sociali, aggrega-tive, progettate secondo quattro tipo-logie, da 150 a 330 metri quadri diestensione), strutture per servizi socia-li e caritativi in risposta alle vecchie enuove povertà, progetti per la ripresasocio-economica del territorio.

Una causa utileIntanto, però, questa è stata l’estatedei volontari. Le Caritas diocesanedell'Emilia Romagna hanno ricevutonumerose offerte di disponibilità asvolgere periodi di volontariato nellezone terremotate, da parte di personedi ogni età e professione. Il Coordina-mento regionale Caritas ha dunqueinizialmente selezionato 120 volonta-ri, provenienti da tutta Italia, ospitatia Finale Emilia nel campo dell’orato-rio Don Bosco, che si sono spesi in di-verse attività, dividendosi fra compitidi tipo manuale, a supporto delle Ca-ritas parrocchiali locali (Massa Fina-lese, Casoni, San Felice sul Panaro),nel magazzino di stoccaggio del coor-dinamento, in attività di animazioneper minori negli oratori e nei campitende. Con l’attivazione dei gemellag-gi, sono poi arrivati (nei territori “ge-mellati”) i primi volontari delle dele-gazioni di Toscana, Campania, Cala-bria e Lombardia.

In generale, i volontari sono giovaniattivi nella vita ecclesiale delle loro co-munità d’origine (alcuni hanno giàprestato servizio all’Aquila), ma si so-no rese disponibili anche molte perso-ne adulte, pensionati e addirittura per-sone inoccupate, che hanno deciso dispendersi per una causa di solidarietà.Hanno partecipato anche clan discout, e addirittura famiglie composteda genitori e figli, che hanno deciso dioccupare in modo diverso e utile partedelle proprie vacanze.

Sono arrivati da tutta Italia, nei territoridell’Emilia Romagna colpiti dal terremoto di maggio. Giovani, ma anche adulti, interefamiglie, inoccupati. Con Caritas, hanno datoaiuto materiale e collaborato all’animazione.Intanto i gemellaggi entrano nel vivo

il tempo del ricostruıre

volontariL’estate dei

L’

CEN

TRO

CO

OR

DIN

AM

EN

TO C

AR

ITAS

DISTRIBUZIONEE ANIMAZIONEVolontari Caritasin azione, in estate,nel magazzinodel Centro di coordinamento,a Mirandola,e con i bambiniin uno dei residuicampi-tende

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 21

panoramaitalia

2

1

3

5

5

Come è ormai noto, i flussi migratori dalla Tunisia e dalla Libia, nel corso del2011, hanno determinato un aumento eccezionale degli sbarchi di migranti.Dall’inizio dell’anno a settembre 2011, infatti, sono stati 60.656 i cittadinistranieri giunti via mare e sbarcati sulle coste italiane, con una forte concen-trazione (ben 51.596 soggetti) sulle isole Pelagie, a sud della Sicilia. Peraltrose il dato viene aggiornato con gli sbarchi sulle coste pugliesi, i numeri totalinel 2011 arrivano a superare quota 62 mila.

Il 2012 si è invece prospettato come anno di relativa calma, con circa1.800 persone sbarcate sino al 30 aprile; esso ha comunque visto succedersiarrivi sulle coste siciliane, pugliesi e calabresi. Non sembra, infatti, interrom-persi il flusso dalla Libia e dalla Tunisia, con sbarchi non solo a Lampedusa,ma anche in altre aree della Sicilia, da Trapani a Mazara del Vallo. E i numeri,per quanto ridotti rispetto al 2011, sono stati comunque in aumento; nel solomese di agosto a Lampedusa si sono registrati sbarchi che hanno raggiunto inuna sola giornata le 400 unità. Fortunatamente il centro di accoglienza del-l’isola è stato riaperto, seppure parzialmente, e questo non obbliga le autoritàa trasferire in tempi eccessivamente ristretti i migranti in altre regioni italiane,così da poter loro garantire, in questo modo, l’assistenza necessaria.

Famiglie dalla SiriaCome era prevedibile, le nostre coste sono state interessate anche dall’arrivodi cittadini siriani in fuga dal loro paese. In particolare in Calabria si è registra-to, nei mesi di luglio e agosto, lo sbarco di circa 200 persone. Gli immigrati si-riani sono quasi tutti nuclei familiari con molti bambini: è una tipologia diversarispetto agli arrivi del passato, sia per consistenza degli sbarchi (a Crotone nonarrivavano più di 30 clandestini per volta, ora ne sono arrivati 160), sia percomposizione (non più adulti singoli, ma – appunto – famiglie). Secondo quantosi è appreso dagli immigrati giunti in Italia, ci so-no in Turchia migliaia di siriani pronti a sfidare ilmare per arrivare in Europa passando da Croto-ne, porta dello Ionio. La destinazione finale sonoi paesi del nord Europa. È possibile, dunque,una nuova “emergenza sbarchi” per motivi uma-nitari, dato il precipitare della situazione in Siria.

migramed / Lampedusa

L’anno scorso 62 mila “sbarcati”nel 2012 molti meno, ma in aumento

questo percorso per unire donneprovenienti da diversi paesi, attra-verso lo scambio e il reciprocoapprendimento delle loro tradizio-ni gastronomiche. Il centro ospitadonne di diversi paesi, offrendoloro l’opportunità di conoscersi,socializzare, condividere espe-rienze, vivere momenti ricreativi eformativi. Il laboratorio di cucina,grazie alla collaborazione conuna fotografa, diventerà una mo-stra fotografica; inoltre sarà rea-lizzato un ricettario multiculturale.

GUBBIOSpazio Donna,passa in cucinala stradadell’integrazione

Scambi di sapori, per pro-muovere l’integrazione so-

ciale: è la “ricetta” della Caritasdiocesana di Gubbio che, a parti-re dal 23 agosto fino al 4 otto-bre, ha organizzato un laboratoriodi cucina. Lo Spazio Donna dellaCaritas diocesana ha promosso

4

sponde con interventi concreti,come il pagamento di ticket sa-nitari, la mensa, i contributi peril pagamento di affitti e utenze.

VICENZAIn forte crescitarichieste d’aiutodi giocatoripatologici

La dipendenza dal giocod’azzardo sta diventando

un fenomeno sempre più preoc-cupante. Molte famiglie, e an-che molti giovani, cadono vitti-ma del gioco patologico. LaCaritas Vicentina e la cooperati-va Nuova Vita hanno lanciato inagosto un appello a coloro chehanno responsabilità in meritoall’apertura di nuove sale dagioco nel territorio. I numeri delvicentino confermano il trend dicrescita del fenomeno, registra-to su scala nazionale, ma so-prattutto l’aumento delle dipen-denze che ne conseguono: ilservizio per la dipendenza dagioco della cooperativa NuovaVita nel 2009 ha avuto 87 con-tatti, che sono diventati 100 nel2010, 120 nel 2011 e 71 neiprimi sei mesi del 2012. «Noicontinueremo – ha affermato ildirettore della Caritas Vicentina,don Giovanni Sandonà – ad atti-vare, assieme ai servizi socio-sanitari pubblici, percorsi di so-stegno a chi diventa vittima delgioco e alle loro famiglie. Ma al-trettanto ci impegneremo contutte le realtà istituzionali, socia-li e culturali che non intendonorestare spettatori di questa nuo-va piaga sociale». Nei gruppi diaiuto della cooperativa NuovaVita ci sono persone dai 28 ai58 anni, ma non sono mancaticasi di ragazzi appena ventenni.Secondo i reponsabili della coo-perativa, «gli uomini in generesviluppano una dipendenza daslot machine, mentre le donnegiocano più frequentemente ai“gratta e vinci”, che sembranosocialmente più accettati».

3

4

5a cura dell’Ufficio comunicazione

ve, mentre il comune ha messoa disposizione materiali e attrez-zature per effettuare i lavori.

SANREMO-VENTIMIGLIABisogni in crescita:nuove risposte conl’housing socialee Pronto Aiuto

Un territorio molto bello,molto frequentato e ap-

prezzato in tutto il mondo, mache nasconde sacche di pover-tà. È la fotografia di Sanremo,Ventimiglia e del loro circonda-rio, scattata dalla Caritas dioce-sana analizzando i dati dell’os-servatorio delle povertà 2011.L’anno scorso si sono rivolte alcentro di ascolto diocesano 780persone, il 60% delle quali stra-niere (le nazioni più rappresen-tate sono Romania, Marocco eUcraina); circa il 30% delle per-sone che si rivolgono al centrod’ascolto sono senza dimora.Le donne straniere cercano lavo-ro soprattutto come badanti. Laregistrazione e la lettura dei bi-sogni hanno suggerito e suggeri-

2

20 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

scono alla Caritas diocesananuove iniziative. Spicca, in que-sto periodo, l’apertura di nuovialloggi in housing sociale in vico-lo Balilla, a Sanremo, dei qualipotranno usufruire sei persone.Gli ospiti saranno supportati dalcentro di ascolto in un percorsoverso la completa autonomia,che contempla anche l’attivazio-ne di alcune borse lavoro. Lastruttura di vicolo Balilla, di pro-prietà del comune di Sanremo,è stata ristrutturata grazie a fon-di regionali. Nella struttura sa-ranno attivi un educatore e unaltro operatore. Altri alloggi perl’accoglienza di persone in statodi disagio sono presenti in vico-lo Manarola e via Ciro Menotti;si rivolgono a una fascia di uten-ti con capacità superiori.

Intanto il comune di Ventimi-glia ha stanziato ulteriori fondiper iniziative in campo sociale;in particolare a “Pronto Aiuto”,progetto della Caritas diocesa-na, verrà ulteriormente potenzia-to, per fare fronte a un aumentodelle richieste di sostegno eco-nomico, alle quali Caritas ri-

COMOProfughi dalla Libia:tirocinio formativonelle scuolee nei parchi

Profughi, ma lavoratori.Grazie a una convenzione

tra comune e Caritas diocesanadi Como, sono stati avviati adagosto alcuni tirocini formativi,finalizzati a far ottenere a otto ri-fugiati (originari dell’Africa sub-sahariana, arrivati l’anno scorsodalla Libia e ospitati nei centricomunali) un percorso formativoe una qualifica finale. Gli otto sisono dedicati a lavori di piccolamanutenzione nelle scuole dellacittà e di pulizia di giardini pub-blici, nei quartieri in cui i rifugiatirisiedono, ma anche nel centrodel capoluogo lariano. I tiroci-nanti svolgono le attività a titologratuito, per un impegno indica-tivo tra le 24 e le 32 ore setti-manali, per tre mesi. Sono a ca-rico della Caritas i costi diattivazione e di gestione dei tiro-cini, di coordinamento e di orga-nizzazione delle attività lavorati-

1

L’Anno della Fede, proclamato da papa Benedetto XVI,e la memoria del Concilio Vaticano II interpella ancheCaritas. La presidenza e il consiglio nazionale di Cari-tas Italiana hanno deciso, in occasione degli incontri diprogrammazione del nuovo anno pastorale, svoltisi dal10 al 12 settembre, di declinare nella prospettiva indi-cata dal pontefice le attività dell’anno 2012-’13. Presi-denza e consiglio hanno affrontato molti temi: immigra-zione, obiezione di coscienza e servizio civile, crisi

lavorativa che investe il paese (con unfocus sul caso-Sardegna). Quanto agliinterventi dopo il terremoto nel nord Ita-lia, è stato fatto il punto sugli esiti dellacolletta tra le parrocchie e sulle azioni incorso. È stato confermato che sono sta-ti sin qui raccolti oltre 11 milioni di euro,che serviranno a realizzare una ventina

di centri di comunità, richiesti dalle 7 diocesi colpite. Infine è stato avviato il confronto sul 36° Convegno na-

zionale delle Caritas diocesane, che vedrà riuniti direttorie collaboratori Caritas di tutta Italia dal 15 al 18 aprile2013. Sarà il momento per mettere a frutto le riflessionie gli spunti emersi dal percorso per i 40 anni di CaritasItaliana e per impostare il cammino futuro, ancorandolo a due ricorrenze cruciali (l’Anno della Fede e il 50° anni-versario del Concilio Vaticano II), nel quadro della rifles-sione ecclesiale del decennio sul tema dell’educare.

Intanto sono stati pubblicati gli Atti del 35° Convegnonazionale delle Caritas diocesane. Il volume La Chiesache educa servendo carità raccoglie interventi e documen-ti dell’assise (oltre 600 partecipanti – nelle foto, un mo-mento dell’assemblea e la copertina degli Atti) svoltasi a Fiuggi dal 21 al 23 novembre 2011, momento centraledel percorso di riflessione sul 40° di Caritas Italiana.

ANNO PASTORALEAnno della Fede e 50° del Concilio,“fari” del cammino Caritas.Pubblicati gli atti di Fiuggi

4

3

che si compone di un salone polifunzionale(per attività comunitarie di culto, sociali, spor-tive, ricreative e associative), un ufficioparrocchiale, uno spazio per la forma-zione professionale e quattro box per i negozi presenti in paese prima del si-sma; a finanziare l’intervento sono stati destinatii fondi provenienti da alcune Caritas straniere. A Fontecchio verrà invece aperta la scuola stataleprimaria e dell’infanzia intitolata a don Tonino Bello. A San Demetrio nei Vestini hanno avuto termine i lavoridi ristrutturazione e ampliamento del centro della comu-nità, mentre a Roio Piano verrà inaugurato una strutturadi edilizia sociale e abitativa: cinque alloggi per soggettiappartenenti a fasce deboli, ai quali si aggiungono spa-zi comuni e una sala della comunità.

Anche a Cese, Roio Poggio e Sassa verranno aperti trecentri della comunità, che hanno la particolarità di essereinseriti nelle strutture edilizie realizzate dal governo trami-te il “Progetto C.a.s.e.”, il quale ha reso disponibilicentinaia di alloggi privati,senza dotare però i nuoviinsediamenti di servizi co-munitari e pubblici.

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 23

panoramaitalia

tecipa all’iniziativa), don GiulianoFrancioli, e dal presidente del-l’associazione “La Famiglia”, Ro-berto Poledrini, operatore del mi-crocredito. L’esperienza è natadall’intuizione dei centri e deglisportelli che si occupano di po-vertà e disagio sociale, che han-no segnalato la necessità di aiu-tare persone che, a causa didifficoltà momentanee, si trova-vano a far fronte a spese, senzapotersi rivolgere agli istituti dicredito. Nel progetto la provinciaha investito risorse per 80 milaeuro, servite a costituire un fon-do di garanzia, mentre la Caritasha lavorato capillarmente nel ter-ritorio, con una rete di 14 volon-tari, tutti ex bancari, formatidall’associazione “La Famiglia”.I finanziamenti concessi, al 31luglio, sono stati 158, per562.550 euro. Il 93% delle som-me erogate sono state restituite,«a dimostrazione del fatto – hacommentato la vicepresidentedella provincia, che ha premiatogli operatori del progetto – che

La parrocchia di Pizzoli, in collaborazione con laCaritas diocesana dell’Aquila, ha messo a dispo-

sizione degli studenti iscritti nell’ateneo aquilano 12 po-sti alloggio nella residenza universitaria “Casa Fra’ Am-brogio da Pizzoli”, oggetto di totale ristrutturazione dopoil sisma, grazie ai fondi messi a disposizione da CaritasItaliana. Gli studenti sono stati selezionati tenendo con-to di requisiti di merito, ma anche di reddito e sociali.

Nel territorio aquilano, intanto, a partire da ottobre e nei prossimi mesi Caritas Italiana e la Caritas dioce-sana si apprestano a inaugurare sette diverse strutture,realizzate grazie ai fondi raccolti dopo il terremoto del-l’aprile 2009. A Villa Sant’Angelo viene inaugurata unastruttura, estesa su una superficie di 515 metri quadri,

7

9

11

10

10

11

L’AQUILAAlloggi per studenti a Pizzoli,raffica di inaugurazioniin sette centri terremotati

La raccolta viene effettuatanell’ambito del progetto “Poggi-bonsi con te: una rete per la soli-darietà”, che riunisce comune,Fondazione territori sociali Alta-valdelsa e associazioni del volon-tariato sociale, a cominciare dal-la Caritas locale. La campagnadi sensibilizzazione per la raccol-

ta di libri ha avuto ini-zio tramite una letteraalle scuole; la raccoltaè stata poi effettuatadai volontari Caritas.

A Novara invece èstato il Centro per lefamiglie del comunepiemontese, in collabo-razione con la Caritasdiocesana e con il“Progetto Serafino”della parrocchia del Sa-cro Cuore, a dar vita a una raccolta di mate-riale scolastico nuovo.La raccolta è stata sa-rà effettuata in settem-bre in due centri com-merciali della città.

6

8

quando si scommette sulle per-sone, queste rispondono in ma-niera responsabile».

SIENA-NOVARATutti a scuola,senza svenarsi:raccolte di libri emateriale didattico

La spesa che le famigliedevono affrontare all’avvio

dell’anno scolastico, per acqui-stare libri e altro materiale didat-tico, è sempre più ingente, e permolti nuclei diventa difficile farvifronte. Sono molte, in giro perl’Italia, le iniziative che vedonocoinvolte Caritas diocesane, cit-tadine o parrocchiali, per venireincontro alle esigenze delle fami-glie, soprattutto quelle di situa-zione di bisogno. A Poggibonsi, in Toscana, provincia e diocesi di Siena, da qualche anno si ef-fettua la raccolta di libri in buonostato per le scuole medie e su-periori, poi messi a disposizionedei nuclei familiari in difficoltà.

10

8

9

10

22 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

è gestita da volontari della par-rocchia. Grazie a un recente so-stegno economico di un clubLions locale, è stata ristrutturata.Fra il 2009 e il 2011 sono statidistribuiti 60 mila pasti caldi econsegnate circa 10 mila borsealimentari: un patrimonio di soli-darietà che non andrà disperso.

PESAROOltre le sbarre:due detenuticucinanoper la mensa

Un lavoro e un impiego“fuori”, per dare un senso

alla detenzione. In estate l’as-sessorato alle politiche socialidel comune di Pesaro, in collabo-razione con la casa circondarialedel capoluogo marchigiano, hapresentato un’iniziativa singolaree coraggiosa: per sperimentarepercorsi di riabilitazione e reinse-rimento sociale dei detenuti, èstato promosso un breve percor-so formativo, che coinvolgeràdue detenuti, i quali cucinerannoalla mensa della Caritas. Lamensa offre dai cento ai duecen-to pasti giornalieri; il coinvolgi-mento dei detenuti intende offri-re loro un’opportunità formativasul versante professionale e fa-vorire una loro maturazione, inun’ottica restitutiva dei danniprodotti alla società.

AREZZOMicrocredito,in quattro annierogati158 prestiti

Lo Sportello microcreditodella provincia di Arezzo ha

fatto registrare, nei primi quattroanni di attività, 297 richieste diaiuto, 183 delle quali provenientida italiani. Il bilancio del lavorodello sportello è stato fatto pub-blicamente nelle scorse settima-ne dal vicepresidente della pro-vincia, Mirella Ricci, dal direttoredella Caritas diocesana (che par-

8

9

FORLÌI cappucciniLasciano,la Caritas“rileva” la mensa

Dopo quasi 500 anni i fraticappuccini lasceranno la

città romagnola, ma le opere allequali hanno dato vita non saran-no abbandonate. Lo ha assicura-

6

to il direttore della Caritas dioce-sana, Sauro Bandi. La Caritas,già presente nella parrocchia“cappuccina” di Santa Maria delFiore con un centro di accoglien-za notturna, ospitato in un’aladel convento, è disponibile a far-si carico della mensa dei poveri.L’opera, che offre il pranzo a unacinquantina di persone ogni gior-no, è stata fondata nel 1983 ed

ottopermille / Verona

Rete Donna è un progetto nato nel 2009, grazie anche ai fondi otto per mille, nelterritorio diocesano di Verona, che conta 788 mila abitanti e 381 parrocchie con18 vicariati. Il recente censimento delle opere e dei servizi socio-sanitari eccle-siali ha rilevato, in questo territorio, la presenza di 230 realtà socio-assistenziali;tra queste, alcune da sempre sono impegnate sul fronte del “disagio donna”.

La Caritas scaligera, negli ultimi anni, ha inteso operare con maggior coeren-za rispetto al proprio mandato statutario, cercando di progettare e interveniresul bisogno in una logica di rete, promuovendo coordinamenti territoriali checoinvolgano in primis le realtà caritative ecclesiali. Si tratta dell’unica rispostapossibile rispetto ai bisogni espressi dai soggetti vulnerabili, che sono in conti-nua evoluzione e pertanto richiedono interventi capaci di contrastare fenomenidi impoverimento multifattoriale. La prospettiva pedagogica da condividere è es-sere presenti nel territorio, mettendosi al servizio dell’altro in un’ottica di tuteladei diritti, ponendo le basi per dare a donne e minori in difficoltà e in condizionedi esclusione sociale la possibilità di vivere una vita dignitosa.

Aree “scoperte”Dall’osservatorio degli enti diocesani partner di Rete Donna (Caritas diocesana,Centro diocesano Aiuto Vita, associazione canossiana “Nuova primavera”, asso-ciazione “Protezione della giovane”, gruppi di volontariato vincenziano e conferen-ze San Vincenzo De’ Paoli) si rileva che, annualmente, sono più di mille le donneche vengono ascoltate (nei sei punti dedicati) e più di cento quelle accolte nellesette strutture protette. Ma risultano essere ancora molte le aree di disagio “sco-perte”: le vittime di violenza domestica, coloro che vivono in condizioni di continuaemergenza abitativa, i casi di prostituzione coatta, di bassa disabilità e di malattiamentale non riconosciuta, le migranti senza documenti.

Rete Donna ([email protected]) ha dunque deciso diintraprendere alcune concrete azioni di coordinamento: la ri-progettazione di alcune strutture di accoglienza per dare rispo-sta ai bisogni scoperti; la definizione di un modello condivisod’intervento, in termini di risposta al “disagio donna”; la pro-duzione di documentazione per stimolare la comunità all’ascol-to e sensibilizzare la cittadinanza.

Quanto agli obiettivi futuri, Rete Donna intende recuperareanche forme di impegno “politico”, partecipando coralmente a tavoli tematici anche istituzionali e coinvolgendo direttamen-te nelle azioni gli enti del territorio.

Progetti e interventi, ma in Rete:più diritti, contro il “disagio donna”

7di Barbara Simoncelli

6

I rip

art

en

tiP

overt

à c

ron

ich

e e

in

ed

ite

e p

erc

ors

i d

i ri

sali

tan

ell

a s

tag

ion

e d

ell

a c

risi

Pre

sen

tazio

ne

de

l12

° “

Ra

pp

ort

o s

ull

e p

ove

rtà

in

Ita

lia

”re

ali

zza

to d

a C

ari

tas

Ita

lia

na

Me

rco

led

ì17

ott

ob

re 2

012

on

lin

e s

u w

ww

.ca

rita

sita

lia

na

.it

ROMANO SICILIANI

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 27

Qui nasce il paradosso siriano: nonostantele intenzioni di laicità e multireligiosità,una minoranza islamica, gli alauiti,

si è assicurata a partire dal 1970 il controllo quasi esclusivo del potere

delle appartenenze religiose. Ma quinasce il paradosso siriano: nonostantequeste intenzioni, una minoranza isla-mica, gli alauiti, si è assicurata dal 1970il controllo quasi esclusivo del potere.

Poco si conosce della dottrina alaui-ta; considerati eretici dalla maggioran-za sunnita, sono stati perseguitati emarginalizzati da secoli, confinati nellezone rurali, con altissimi tassi di anal-fabetismo. Il loro potere si è basato, ini-zialmente, sul fatto che costituivanol’ossatura dell’esercito siriano; la presadel potere politico effettuata dalla fami-glia alauita degli Assad (il padre Hafezdal 1970 al 2000 e il figlio Bashar dal2000 a oggi) ne è stata la conseguenza.

po: sui circa 24 milioni di abitanti, imusulmani sono sunniti per oltre il70%, ma gruppi consistenti sono an-che gli alauiti, gli sciiti, i drusi. Fra il10 % di cristiani – la loro capitale, percosì dire, è Aleppo – sono invece pre-senti molte confessioni: la più consi-stente è l’ortodossa (che comprendegreco-ortodossi, siriaco-ortodossi,armeni e assiri, noti anche come ne-storiani), ma anche i cattolici sono

suddivisi in vari riti (greco, siriaco, ar-meno, maronita, latino, caldeo).

La politica del Baath, nei primi de-cenni, aveva ottenuto risultati, per cosìdire, “laici”: la Siria, nonostante lamaggioranza musulmana, non aveval’islam come religione di stato e l’ap-partenenza religiosa non era riportatasulle carte d’identità. Non erano se-gnali astratti: il legame nazionaleavrebbe dovuto unificare al di sopra

Dario tra i rifugiati: «Fuggonodal terrore, verso la disperazione»

Oltre venti giovani, coinvolti in due campi di lavoro estivi, promossi dallaCaritas diocesana di Milano. E due volontari in servizio civile, sempreprovenienti dalla diocesi ambrosiana. Pensavano di dedicarsi a “tran-quille” attività di solidarietà con le popolazioni locali. Si sono trovaticoinvolti, in Giordania, nell’aiuto ai rifugiati siriani. E sono diventati testi-moni di un dramma umanitario.

Anzitutto, hanno conosciuto da vicino e raccontato la dura realtà delcampo profughi di Za’atari, a 60 chilometri dalla capitale Amman. «Ilcampo, gestito dall’Unhcr, ma presidiato dalle forze dell’ordine giordane,è sovraffollato; manca l’energia elettrica; è flagellato da continue trom-be d’aria, che portano sabbia dal deserto e creano ai rifugiati problemirespiratori e agli occhi», ha raccontato Dario Zanardi, che insieme allacollega Cristina Pianca da marzo opera come “casco bianco” in serviziocivile a supporto dell’azione di Caritas Giordania.

I due volontari vivono ad Amman, ma lavorano anche in una parrocchia a Mafraq, al confine con la Siria. Qui Caritas Giordania, unica organizzazionecattolica presente nella zona, pur potendo contare su un numero esiguo didipendenti e volontari, ha censito 25 mila rifugiati “non registrati”, che vivo-no in box, garage, negozi, uffici, pagando affitti di 100-150 dinari al mese. Alcuni sono ospitati, a pagamento, da parenti. «Vivono in abitazioni di fortu-na di una, massimo due stanze – prosegue Zanardi –. Arrivano senza nulla e trovano pessime condizioni abitative. Dormono su coperte stese in terra. Al-cuni hanno ricevuto un aiuto economico dalle agenzie Onu per alcuni mesi».

In una situazione così critica, c’è spazio per la solidarietà della popo-lazione giordana. Ma alla lunga anche questa non potrà bastare, perchéla crisi economica e di lavoro mette a dura prova l’accoglienza sponta-nea, e non mancano malumori legati all’utilizzo dei fondi per i profughi.Senza contare la difficile decifrazione di come evolverà la situazione inSiria. «Quando si parla con i profughi – testimonia Dario Zanardi – non si entra in questioni politiche. Anche perché è difficile capire da chi siacomposto l’esercito ribelle (si parla anche di terroristi legati ad Al Qae-da), che ruolo abbia veramente il presidente Assad, chi provochi le stra-gi e cosa ci sia dietro. I profughi sono tutti contro Assad, ma i siriani chevivono ad Amman, e hanno ancora le famiglie in Siria, appoggiano il re-gime. L’unica cosa sicura è che i profughi fuggono da città deserte, de-vastate da bombardamenti e combattimenti. Alcuni si rifugiano nei vil-laggi interni, gli altri passano il confine giordano per disperazione. E si ri-trovano a vivere giornate altrettanto disperate». [Francesco Spagnolo]

finestraIl mondo

disastro senza

rımedi?

26 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

Le lontane premesse dell’attualesituazione siriana risalgono agli anniQuaranta del secolo scorso, periododell’indipendenza del paese, dopo il“mandato” francese succeduto allacaduta dell’impero ottomano, che suquelle terre aveva dominato per se-coli. Dopo vicende alterne, in Siria ilpotere dal 1963 è finito nelle manidel partito Baath, un tentativo di for-mazione politica non confessionale,di tendenza socialista, anche se nonmarxista. La matrice “laica” del par-tito sembrava riflettere il caratteredella Siria, paese che vanta forse lapiù grande diversità confessionaledel Medio Oriente. Un vero rompica-

on ci si deve rassegnarealla violenza»: la pre-ghiera, quasi il grido dipapa Benedetto XVI,poco prima di partire

per il viaggio in Libano, nella primametà di settembre, sembra contraddi-re la realtà. Il Medio Oriente, oggi co-me ormai da decenni, trasuda ovun-que violenza, dall’interminabile con-flitto fra Israele e palestinesi, al nonancora pacificato Iraq, al sempre pre-cario Libano, fino alla Siria, dove lacrudeltà ha superato in poco più di unanno ogni limite e causato ormai qua-si 30 mila morti (molti dei quali civili).Perché non si riesce a venirne fuori?

«N

internazionale siria

testi di Silvio Tessari foto Caritas Internationalis

In Siria la crisi sembraavvitarsi in una spiralesempre più cruenta.Le cause storiche, le connivenzeinternazionali,l’impotenza dellepotenze globali. E il ruolo dei cristiani.Paradossi di un paese,che vive una tragica,interminabile“primavera di sangue”

alla

AIUTATIDA CARITASUna famiglia

di rifugiati sirianiospitata da una

famiglia libanesea Wadi Khaled,

nel nord del Libano

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 29

^

!!!!!!!!

!!!!!!!!

!H

!H

!H

!H

!H

!H

!H

!H

!H

!H!H

!H

!!

!!

Adana

Adiyaman BatmanDiyarbakir

Gaziantep

Hatay

Kahramanmaraş

Kilis

MardinOsmaniye

Şanlıurfa

Siirt

�rnak

Iraqael

Lebanon

Saudi Arabia

Turkey

AMMAN

BEIRUT

DAMASCO

Me

di

te

rr

an

eo

Anbar

Ninewa

Dahu

Al Balqa

Irbid

Al Karak

Amman Az Zarqa

Ma'an

Al MafraqAjloun

Jarash

Madaba

IDLEB

AL-HASAKEH

AR-RAQQA

AS-SWEIDAQUNEITRA

LATTAKIA

ALEPPO

HAMA

HOMS

DAR'A

RURALDAMASCUS

TARTOUS

DAMASCUS

Aleppo

Al-Hasakeh

Homs

Hama

Lattakia

Idleb

Deir-ez-Zor

Tartous

Ar-Raqqa

Dar'a As-Sweida

Yabrud

Khan Sheikhun

Qamishli

Quneitra

DEIR-EZ-ZOR

UNDOF Administered

Area

!

SSCCC

h

78.409rifugiati in Turchia

LL bb

40.232rifugiati in Libano

15.898rifugiati in Iraq

JooooooooorrrJJJJooo45.751rifugiati in Giordania

AAAAddddiiiiyyyyaaaammmmmmmmmmmaaaaaaaaaaaaaaaannnnnnnnnnn BBBBaaattttmmmaaannnDDDDiiiiyyyyaaarrrbbbbaaakkkkiiiirrrKKKKKKKaaaaaaaahhhhhhhrrrraaaammmmaaaaaaaannnnmmmmaaaarrrraaaarrrrr şşşşşşşşş

SSiiiirrttt

aaaaeeeel

MMMMMeee

dddddddiiiiii

tttttteeeee

rrrrrrrr

aann

DDDDDDDDDDDDDDDDDDDDaaaaaaaaaahhhuuu

AAAAAAAAAAAllllll KKKKKKKKKKKaaaarrrraaaaaaaaakkkkkkkkkk MMMMMMaaa''aaannnMMMMMMMMaaaaaaaaadddaaabbbbbaaaaa

QQQQQQQQaaaaaaaaaaaaaaaaaaUUUUUUUUeeeeeeeeNNNlll

UUUUAAAAAdddmmm

H!!!! Deir-ez-ZZoor

95.000

H!!!! Al-Hasak

89.000

DDAA

Ddd

DD

132.375DSS 237.750

!H!!DDAAAAAAARR''AAAAAA

DDDDAAAMMMAAAASSCCUS

ADAA

MMDDD

87.000

mss

223.500

!H!!!!

IIIIDAAKIAAAAAAAAA

D118.500

Haa

119.000!!!TTTTaaTTTT

neee

o

51.500

59.250

ALLLLLEEEEEPPPPPPPOOOO

193.500

76.750

A R

8.625AS

S

TRRRRRRRA

QQQQQQQQQuunneeiit8.250

LIBANO

TURCHIA

GIORDANIA

IRAQ

ISRAELE

SIRIAM a

r

!̂!H

Legenda

Capitali di paese

Capitali dei governatorati

Confini internazionali

Demarcazione post-armistizio (1949)

Confini antico Mandato su Palestina

Impatto dell’insicurezza sullapopolazione colpita (per distretto)

bassomedioalto

Presidi umanitari Onu

Presenza di rifugiati

Campi di rifugiati

Siti di transito

Movimenti popolazione dentro Siria

Beneficiari aiuti alimentaria settembre

LA MAPPAMedio Oriente, regione di profughi

Non è facile districarsi nella mappa dei rifugiati in MedioOriente. Da decenni, i flussi vanno e vengono continuamente.Identificarne composizione e natura è complesso (rifugiatiall’estero, sfollati interni, registrati presso le Nazioni Unite, nonregistrati, apolidi…): per questo, le statistiche sono approssi-mative o valide solo per il momento in cui sono state fatte.

Secondo il Rapporto l’Alto commissariato Onu per i rifugia-ti (Unhcr), nel 2011 nel mondo c’erano 42,5 milioni di rifugia-ti (tra sfollati interni e rifugiati in senso stretto, cioè fuori delloro paese). Tra costoro, milioni sono sparsi tra i paesi delMedio Oriente, provenienti da altri territori della regione.. Palestinesi: 4,8 milioni. La prima ondata della diaspora

si ebbe nel 1948, al formarsi dello stato di Israele; la se-conda nel 1967, con la Guerra dei Sei giorni. Oggi siamoalla terza generazione, così distribuita:

> circa 2 milioni in Giordania> 465 mila in Libano> 500 mila in Siria

> 870 mila in Cisgiordania> 1,2 milioni a Gaza.. Iracheni: 1,8 milioni stimati, in seguito alle varie guerre

del Golfo e al conflitto scaturito dopo la caduta di Saddam> 1 milione in Siria> 800 mila fra Giordania e Libano. Siriani: circa 250 mila, esodo non ancora finito, che giusti-

fica diversi metodi di calcolo. La cartina sopra riporta i da-ti dei rifugiati registrati dall’Onu; altre fonti – tra cui CaritasGiordania – dichiarano numeri ben più elevati:

> 85 mila in Giordania (sino a 160 mila)> 67 mila in Libano> 78 mila in Turchia> 22 mila in Iraq.

Fra Giordania, Siria, Libano, Cisgiordania e Gaza vivono dun-que quasi 7 milioni di rifugiati. La Siria, normalmente paese di accoglienza, ora “produce” profughi. Questi paesi hanno unasuperficie complessiva di 293 mila chilometri quadrati (menodell’Italia), di cui almeno 60-70 mila di deserto, e una popola-zione di circa 35 milioni di abitanti. Considerando lo status deipalestinesi in Giordania, che hanno la cittadinanza, e non con-tando i profughi in Turchia, si può arrivare a un insieme di 5 milioni di veri profughi nel Medio Oriente “ristretto” (senzaIraq, Iran e Afghanistan, né i paesi della penisola araba), spar-si in paesi a loro volta instabili. Una situazione unica al mon-do, esplosiva: in essa, infatti, i rifugiati – e le loro “stratificazio-ni” storiche, di generazioni – non sono solo vittime, ma anchemateriale detonante di instabilità e conflitti sempre nuovi.

FON

TE:

OC

HA, A

GEN

ZIE O

NU

, GO

VER

NO

DELL

A S

IRIA

, AS

TER

- R

EFU

GEE D

ATA (AG

GIO

RN

ATO

AL

29

AG

OS

TO. 2

01

2)

28 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

internazionale siria

politica del Libano, nel quale ha tenu-to fino al 2004 una forte presenza mi-litare, ed è un attore cruciale del con-flitto fra arabi e Israele. Le alture oc-cidentali del Golan, che l’esercito diTel Aviv ha tolto alla Siria dopo laGuerra dei Sei giorni, nel 1967, sonotuttora sotto occupazione israeliana.E non sono solo 1.200 chilometri qua-drati di steppa desertica, da cui Israe-le si sente protetta, a nord-est dei suoiconfini. In realtà tali alture danno aIsraele il controllo quasi completo delMare di Galilea, un serbatoio di acquapotabile, cioè di una risorsa semprepiù rara, nella regione e nel mondo,che prima doveva essere condivisoproprio con la Siria. A quali condizio-ni si potrà tornare ai vecchi confini?

Cristiani, “buoni vicini”Nel mosaico religioso del paese, il cri-stianesimo ha avuto, sin dai suoi esor-

Gli Assad, in realtà, con il tempo si sonoguadagnati il favore della grande mag-gioranza dei siriani, a conferma di unproblema storico ben noto anche al-l’occidente: le dittature instaurano re-gimi autoritari, ma non senza l’appog-gio di larghi strati della popolazione.

Scontro tra popolo e regimeL’élite alauita, oligarchia “blindata” dalpartito unico, con gli anni ha visto sor-gere un’opposizione politica semprepiù ramificata, ma tenuta sotto con-trollo dagli Assad. Anche con metoditerribili: il massacro degli oppositorisunniti di Hama, nel 1982 (città bom-bardata per 27 giorni; da 7 a 30 milavittime, secondo diverse fonti) ne èuna prova più che eloquente. L’oppo-sizione, però, non è nata per avversio-ne a una minoranza religiosa, ma daun’autentica richiesta di maggior li-bertà. Infatti ne fanno parte molti in-tellettuali di origine alauita, tra cui ilnoto poeta Adonis, candidato al pre-mio Nobel (e vincitore anche del no-stro premio Nonino nel 1999). «Quelloin corso in Siria è uno scontro tra po-polo e regime, tra dispotismo e demo-crazia, non tra sunniti e aluiti», hascritto all’inizio di quest’anno sul pe-riodico di geopolitica Limes il CentroRok, gruppo di attivisti oppositori.

Quel che è certo, è che la violenzain Siria, oggi, ha raggiunto livelli in-sopportabili, che danno alla crisi si-riana una specificità inconfondibilecon le altre rivolte della “primaveraaraba” (Tunisia, Egitto, la stessa Li-bia). Anche perché il paese, per la suaposizione geografica, interessa in-fluenti “sponsor” esterni. Il regime hainfatti appoggi dall’Iran degli Ayatol-lah, dalla Russia di Putin, dalla Cina,mentre gli Usa sono attenti a contra-stare l’influenza dei loro competitori,appoggiando nell’area (per il control-lo di petrolio, rotte marittime e dina-miche geopolitiche) l’Arabia Saudita.

La Siria, inoltre, per molto tempoha influito pesantemente sulla scena

La violenza è giunta a livelli insopportabili,che danno alla crisi una specificitàinconfondibile con le altre rivolte della

“primavera araba”. Anche perché il paeseinteressa a influenti “sponsor” esterni...

“PARCHEGGIATI” IN LIBANOBimbi giocano con pulcini nel campoprofughi di Dehemieh. Sotto, visita di unmedico Caritas a una famiglia rifugiata

di, un ruolo cruciale. Proprio in Siria,con l’influenza della predicazione disan Paolo, qui convertito, la religionecristiana è uscita dai confini dell’am-biente giudaico per aprirsi al mondopagano. La conquista di Damasco daparte dell’Islam, nel 635, ha fatto daallora della Siria un territorio a mag-gioranza musulmano. Poi sono venu-te le Crociate, lo scisma d’Oriente inseno al cristianesimo, e nel secolo XVIla riunificazione di alcuni gruppi or-todossi al cattolicesimo e la conse-guente nascita dei vari riti orientali.Quest’ultima evoluzione ha avuto unaconseguenza negativa: sono purtrop-po peggiorate le relazioni fra i duegruppi di arabi cristiani, gli ortodossie i cattolici, indebolendo nel comples-so una confessione già minoritaria.Tale divisione è stata sfruttata politi-camente, per di più, dalle potenze eu-ropee. Per questo, storicamente, i cri-stiani arabi vengono facilmente per-cepiti nel loro complesso come longamanus dell’ingerenza europea nelpaese (e in generale nella regione),quindi potenziali traditori dell’auten-tico mondo arabo musulmano.

Nei secoli, periodi di persecuzioneanticristiana si sono succeduti a pe-riodi di relativa tranquillità, negoziataanche con compromessi e umiliazio-ni. Come hanno detto esperti della re-gione, in certe situazioni lo spirito diadattamento è segno di intelligenza.E, per i cristiani, dell’unica testimo-nianza finora possibile: ovvero che ilcristianesimo è religione di pace. Ilsuo destino, come ricorda padre PaoloDall’Oglio, gesuita italiano fondatoredel nuovo monastero di Mar Musa,espulso all’inizio dell’anno dalla Siriadalle autorità di Damasco, è operareper una categoria mentale poco usata

FONDI STRUTTURALI?INVESTANO IN COESIONE

zeropovertydi Laura Stopponi

sticamente questi fondi, a causa dellacrisi. Molti paesi, in primis l’Italia,hanno dovuto adottare misure d’au-sterità, con il conseguente taglio dra-stico di fondi necessari per un’effica-ce lotta alla povertà e all’esclusionesociale e per il sostegno di servizipubblici (sociali, sanitari ed educati-vi), aggravando ulteriormente le dif-ficoltà del privato sociale: minori ri-sorse a disposizione, mentre vannoaumentando le richieste.

Occorre quindi conoscere e moni-torare attentamente il processo in at-to, perché avrà conseguenze rilevan-ti per noi cittadini d’Europa. CaritasEuropa, in collegamento con altriimportanti network europei (Socialplatform, Eapn, Feantsa, Easpd, ecc)ha lanciato una campagna europeadi raccolta firme con lo slogan EuFunds for Poverty Reduction Now!(“Fondi europei per la riduzione del-la povertà ora!”). Vi si può aderire alsito dell’organizzazione continenta-le (www.caritas-europa.org): l’obiet-tivo è sostenere la proposta che laCommissione europea ha presenta-to al Parlamento europeo. Si chiede,nel concreto, di rafforzare il regola-mento dei fondi strutturali, al fine digarantire che siano usati in modo ef-ficiente per l’inclusione sociale, lalotta alla povertà, la lotta alla disoc-cupazione e alla discriminazione,obiettivi per i quali gli stati membri

hanno già preso precisi impegni (la Strategia 2020, ap-punto). In particolare, si ribadisce che il 25% del budgetper l’implementazione della politica di coesione dovràessere stanziato per il Fondo sociale europeo, quale li-mite minimo accettabile, e che almeno il 20% di esso do-vrà essere impiegato direttamente per azioni di riduzio-ne della povertà. La campagna, infine, lancia un appelloaffinché le organizzazioni della società civile siano rico-nosciute a pieno titolo come protagoniste nella prepa-razione, esecuzione, monitoraggio e valutazione dei pro-grammi sostenuti con i nuovi fondi.

O gni anno vengono spesi circa 50 miliardi di euro (un terzo delbilancio comunitario) per garantire coesione sociale ed eco-nomica nei 27 stati membri della Ue e nelle 271 regioni che li

compongono. La coesione è da molti anni uno degli obiettivi prioritaridell'Unione europea, poiché – oltre a essere un valore in sé – favoriscelo sviluppo armonioso, equilibrato e duraturo delle attività economi-che, crea occupazione, contribuisce alla tutela dell'ambiente e all’eli-minazione delle ineguaglianze tra uomini e donne. Le risorse sonorese disponibili dai Fondi strutturali: il Fondo europeo per lo svilupporegionale (Efrd), il Fondo sociale europeo (Fse), il Fondo di coesione.

Più dell’80% dei fondi è utilizzatoper promuovere la crescita economi-ca e lo sviluppo sociale nelle 99 regio-ni più povere dell’Europa centrale eorientale (tra cui Grecia, Spagna, sudItalia, Portogallo). Le restanti risorse,invece, sono impiegate per cofinan-ziare progetti regionali volti a favorirela creazione di nuovi posti di lavoro ea rafforzare la competitività del set-tore produttivo (16%), e a promuove-re attività di cooperazione tra le re-gioni degli stati membri. Questi fondisono strumenti sempre più decisiviper il raggiungimento degli obiettivicontenuti nella strategia “Europa2020” e, più in generale, per una cre-scita intelligente, sostenibile e inclu-siva dello spazio europeo.

Società civile da coinvolgereIn questi giorni si sta concludendo ildibattito interistituzionale sull’allocazione dei Fondistrutturali per gli anni 2014-2020, dopo un processo diconsultazione che ha visto coinvolta, in parte, anche lasocietà civile europea. I Fondi strutturali rappresentanoinfatti uno strumento importante non solo per uniforma-re gli stati membri a livello economico e sociale, ma an-che per superare l’attuale crisi economica e finanziaria.

Poiché molte organizzazioni comunali, regionali e na-zionali utilizzano questi fondi strutturali per sostenereprogetti sociali sul territorio locale, saranno anche le piùpenalizzate, se si confermerà la tendenza di ridurre dra-

Campagna di retieuropee, tra cui

Caritas, per chiederealle istituzioni

comunitarie di nonridurre l’impegno nella

lotta alla povertà. Lacrisi drena risorse, mail futuro dell’Europa

non può essere serenoe competitivo, se nonsi vince l’esclusione

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 31 30 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

L’impegno Caritas

I vescovi cattolici siriani ad aprile avevano lanciato un acco-rato appello a tutti i siriani (“governo, partiti, opposizioni costruttive”,partiti all’interno e all’estero) per esortare, “nel quadro dell’unità nazio-nale”, a “un dialogo nazionale, indispensabile per ogni riforma”, via au-tentica “per uscire dal ciclo della violenza e della repressione”. L’obiet-tivo: “costruire una nuova Siria, multipartitica e democratica”.

La chiesa cattolica non si è limitata agli appelli. Già dopo i primimesi di conflitto, Caritas Siria ha organizzato attività di assistenza, insieme a varie congregazioni religiose. Soprattutto ad Aleppo, forse la città più martoriata, da dove sono fuggite 200 mila persone (su duemilioni di abitanti). Ma anche a Homs, Damasco e in altre località mi-nori. Sono stati distribuiti viveri, prodotti sanitari e igienici, coperte e materassi. Caritas Italiana ha disposto in estate un primo contributodi 30 mila euro per rifornire i magazzini di Caritas Siria, ma l’impegno,anche economico, è destinato ad aumentare.

Al di là dei confini, dove si sono riversati decine di migliaia di rifu-giati (oltre 50 mila in Turchia, 40 mila in Libano, 150 mila in Giorda-nia: stime approssimative, perché non tutti sono regolarmente registra-ti), Caritas Libano e soprattutto Caritas Giordania hanno concentratoquasi tutti i loro operatori nei campi di accoglienza. Si aiutano i rifugia-ti più vulnerabili: c’è chi arriva solo con i vestiti che ha indosso, ci sonodisabili, vedove, bambini, orfani, c’è chi ha bisogno di assistenza sani-taria immediata. Dopo interventi durati mesi, Caritas Giordania ha dinuovo lanciato a settembre, alla rete internazionale Caritas, un appellod’urgenza da circa 160 mila euro, per l’assistenza a 4 mila rifugiati.

Aiuti anche nei paesi confinanti

internazionale siria

in occidente, quella del “buon vicina-to”: partecipare alle reciproche feste,far giocare i bambini insieme, condi-videre le sofferenze della vita, è giàdavvero “testimoniare”. «L’Occidenteproponga le sue convinzioni, ma sen-za pretesa di imporle come verità og-gettiva, pena l’aumento del conflittodi civiltà con l’islam», ha scritto, sem-pre su Limes, padre Dall’Oglio.

Interposizione possibile?I cristiani di Siria, indeboliti anche dalleloro divisioni dottrinali, vivono dunquein una specie di limbo. Se non condan-nano apertamente i governi in caricasono accusati in occidente di negoziarecon dittatori e autocrati (cosa che pe-raltro l’occidente fa o ha fatto, con que-gli stessi personaggi). Se sostengono leopposizioni, sono considerati in patriacomplici di complotti stranieri.

Le prudenze delle gerarchie cristia-ne in Siria hanno infatti avuto un certorilievo sulla stampa occidentale. Ma se

è vero che la democrazia araba è unprocesso in divenire, che va sostenuto,ciò non deve avvenire con la violenzao l’interferenza straniera. E il prece-dente dell’Iraq, da dove – insieme amolti musulmani – almeno il 50% deicristiani iracheni hanno dovuto fuggi-re, con un esodo che non ha prece-

denti storici dopo l’avvento dell’islamnel settimo secolo, non può che con-sigliare – appunto – prudenza.

Difficile prevedere, infatti, cosa po-trebbe succedere se il potere, in Siria,venisse preso da elementi radicaliislamici. Su facebook, il gruppo “TheSyrian revolution 2011” rivendica chetutti i gruppi della società civile par-tecipano alla rivolta e ha pubblicatoun codice etico contro il settarismoreligioso; ed è altrettanto vero che latradizionale multietnicità della Siriapotrebbe evitare gli scontri a sfondoreligioso, dopo l’eventuale caduta delregime degli Assad. Ma un rischiopermane. C’è un vecchio modo di di-re, in Siria, secondo il quale “i cristianicamminano fra le gambe dei sunnitie degli alauiti”. Senza contare che frai dimostranti di Damasco sono risuo-nati cori allarmanti: «I cristiani a Bei-rut e gli alauiti alla tomba!».

Alla domanda se i ribelli siano in gra-do di assicurare una transizione versola democrazia, padre Dall’Oglio ha ri-sposto (ed era marzo) che «più il mon-do starà alla finestra, più si va verso ildisastro, consentendo ai gruppi estre-misti di prendere il sopravvento». È suala proposta di inviare nel paese 50 milavolontari civili di interposizione fra igruppi in lotta, sotto l’egida delle Na-zioni Unite. La sollecitazione, nella suaapparente utopia, sembra concreta eprofetica. D’altronde l’impotenza dellepotenze è stata confermata dal falli-mento della prima missione dell’invia-to Onu, Kofi Annan, sostituito il 1° set-tembre da Akhdar Ibrahimi. Intantomigliaia di persone vengono uccise, al-tre centinaia di migliaia soffrono e fug-gono. Forse, per una volta, vale tentarel’azzardo della non violenza, via privi-legiata alla pace.

PROVENIENTI DA HOMSOperatrice Caritas gioca con i bambinidel campo semi-ufficiale di Dehemieh,in Libano, dove hanno trovatoaccoglienza un centinaio di famiglie

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 33

cora, grazie ad accordi come il Trat-tato di libero commercio con gli StatiUniti, sottoscritto con l’amministra-zione Obama l’anno scorso.

Narcotrafficanti e guerrafondaiTuttavia la cautela è d’obbligo, datoche questa è la quinta volta che Farce stato cercano di arrivare a una solu-zione negoziata del conflitto. Per unaragione o per l’altra, tutti i dialoghi delpassato sono falliti, compresi gli ulti-mi, tenutisi tra il 1998 e il 2002 nellaregione del Caguán, area smilitarizza-ta grande come la Svizzera, durante lapresidenza di Andrés Pastrana.

Il rischio maggiore, oggi, è che l’alanarcotrafficante della guerriglia oquella “guerrafondaia” della politicae della società colombiana cerchinodi sabotare il processo di pace. Ma ilpresidente Santos è convinto che«esiste un’opportunità reale di porrefine in modo definitivo al conflittoarmato interno», soprattutto perchéla Colombia attuale non è più quelladi dieci anni fa. E perché si terrà con-to degli errori commessi in passato.

Questa volta, infatti, i dialoghi siterranno fuori dalla Colombia, nonverrà smilitarizzato neanche un cen-timetro di territorio e non ci sarà unasospensione delle operazioni milita-

AP P

HO

TO /

FER

NAN

DO

VER

GAR

A

Tuttavia la cautela è d’obbligo, dato cheè la quinta volta che Farc e stato cercano di arrivare a una soluzione negoziata

del conflitto. Per una ragione o per l’altra, tutti i dialoghi del passato sono falliti

ri. Inoltre lo stato oggi è decisamentepiù forte, sul piano politico, militareed economico, mentre la guerrigliaappare fortemente debilitata dai col-pi ricevuti nell’ultimo decennio.

Durante i due mandati presidenzialidi Álvaro Uribe (2002-2006 e 2006-2010), eletto per fare la guerra dopo ilfallimento del tentativo di pace di Pa-strana, e i primi due anni della presi-denza Santos, l’esercito colombiano,potenziato grazie agli aiuti statunitensidel Plan Colombia, cominciati giá du-rante la presidenza Pastrana, non hadato un attimo di tregua alla guerriglia,riuscendo a eliminarne alcuni leaderstorici (Raul Reyes, il Mono Jojoy e Al-fonso Cano), a più che dimezzarne gli“integranti” (dai quasi 21 mila del 2002ai circa 9 mila attuali) e a limitare dra-sticamente le capacità di movimento ecomunicazione dei suoi diversi fronti.

A Santos, però, va riconosciuto ilmerito di avere preparato le condi-zioni diplomatiche e legali per arriva-re a un tentativo serio di soluzionenegoziata. Da un lato è riuscito a re-cuperare l’amicizia di Venezuela edEcuador, sostituendo l’ostilità di Uri-be (che li considerava alleati delleFarc) con una politica di cooperazio-ne e distensione; dall’altro ha firma-to, nel 2011, l’importante Ley de Vic-timas y Devolución de Tierras, con cuiha posto le basi legali per la ripara-zione delle vittime di violazione deidiritti umani negli ultimi sessant’an-ni e per la restituzione di milioni diettari di terra sottratti ai contadini.

32 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

l 3 settembre il presidente co-lombiano Juan Manuel Santosha spiazzato tutti annunciando,in un breve messaggio radiote-levisivo, l’imminente avvio di

un nuovo processo di pace tra lo statoe la guerriglia delle Furezas armadasrevolucionarias de Colombia (Farc).Sarà la volta buona per porre fine a unconflitto che dura dal 1964, anno difondazione delle Farc, e ha causatodecine di migliaia di vittime e soffe-renze incalcolabili?

I negoziati, frutto di un anno emezzo di dialoghi esplorativi, condot-ti con l’appoggio dei governi di Cubae Norvegia, avranno inizio ufficial-mente l’8 ottobre a Oslo, poi si sposte-ranno all’Avana. Guerriglia e governohanno già firmato un “Accordo gene-rale per la fine del conflitto e la costru-zione di una pace stabile”, che preve-de la discussione di cinque punti fon-

internazionale colombia

Idi Alessandro Armato

Negoziato di pace,dall’8 ottobre, tragoverno e guerrigliadelle Farc: occasionestorica per porre fine a un conflitto che ha causato, in quasi 50 anni, decine di migliaia di vittime.Contesto internazionalefavorevole: i “nemici”dell’intesa sono dentro la Colombia

damentali: sviluppo rurale e maggioreaccesso alla terra; garanzie per l’oppo-sizione politica e la partecipazione ci-vica; fine del conflitto armato, con ab-bandono delle armi e rientro nella vitacivile dei guerriglieri; ricerca di unasoluzione al problema del narcotraffi-co; diritto delle vittime alla verità.

Per quelli che nelle Farc conserva-no ancora senso storico e idealità po-litiche, questo processo di pace rap-presenta un’occasione unica peruscire degnamente da un conflitto fi-nito da tempo in un vicolo cieco eche la guerriglia non può in alcunmodo vincere; mentre per l’ammini-strazione Santos si tratta di un’ottimaopportunità per seppellire il mitodella rivoluzione armata e aprirenuovi spazi di espansione per l’eco-nomia nazionale, che nell’ultimo de-cennio ha fatto registrare alti tassi dicrescita e promette di svilupparsi an-

sarà la volta buona?

Dialogosorpresaa

SCENE DA UN PAESE IN GUERRAResidenti visitano un posto di bloccodell’esercito attaccato dalle Farc aCaldono. A destra, sopra, guerriglieri Farcperquisiscono un uomo a San Isidro;sotto, manifestazione a Villavicenciodi parenti di militari ostaggio delle Farc

AP P

HO

TO /

FER

NAN

DO

VER

GAR

AAP P

HO

TO /

CAR

LOS

JU

LIO

MAR

TIN

EZ

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 35

UNA PICCOLA SPERANZASOMALIA, PROVE DI NORMALITÀ

escludere che alcuni articoli possanovenire modificati, se questa Costitu-zione verrà veramente accettata».

Molte persone coraggioseIl lavoro per un ritorno alla norma-lità è però comunque ben lungidall’essere finito. Rimangono apertii problemi legati all’insicurezza: an-che se ultimamente le milizie deglishabaab hanno perso terreno, so-prattutto nel famoso “corridoio diAfgoye”, lungo la strada verso Moga-discio; ma nel sud del paese, a Chi-simayo, è ancora guerra aperta. Epermane la necessità che la «comu-nità internazionale si doti dei mezziper controllare che i soldi degli aiutivadano davvero ad aiutare i poveri»,afferma Bertin.

E poi ci sono i perduranti effettidella siccità. Le piogge, pur non ab-bondanti, negli ultimi mesi sonostate abbastanza diffuse in tutto ilpaese, tranne in alcune zone meri-dionali (Shabeli e Giuba). Un annodopo la dichiarazione dello stato disiccità, la malnutrizione è diminuitain termini assoluti, ma rimangono

ancora situazioni di grande vulnerabilità, soprattutto tragli sfollati interni. Nei loro campi la situazione rimanecritica: non c’è spazio per coltivare, l’assistenza sanitariaè scarsa. La stima delle persone che necessitano di viveriè ancora impressionante: 3,8 milioni, secondo le Nazio-ni Unite, mentre la conferenza di Istanbul sul futuro del-la Somalia (31 maggio – 1 giugno) avanzava la cifra di2,5 milioni.

L’azione di molte ong ha indubbiamente contribuitoa migliorare la situazione. Tutto è stato possibile grazie alpersonale somalo. Insomma: non vi sono solo milizie ar-mate e signori della guerra, in Somalia, ma anche moltepersone coraggiose che a rischio della loro vita cercanodi dare sollevo ai propri connazionali. È con loro che agi-scono anche Caritas Italiana e Caritas Somalia, sopratut-to per la riabilitazione delle coltivazioni, l’educazione allaconservazione dell’acqua, l’assistenza sanitaria e scola-stica. Un compito che continua.

«S i apre una speranza»: così monsignor Giorgio Bertin, am-ministratore apostolico di Mogadiscio, reagisce alla notiziadell’elezione del nuovo presidente della Somalia, Hassan

Sheik Mahamoud, avvenuta il 10 settembre. Il nuovo presidente èprofessore universitario e finora il suo nome non è stato implicato invicende di corruzione, tanto frequenti nel paese africano. La notiziaè arrivata dopo l’approvazione di una nuova costituzione provvisoria,promulgata il 1° agosto da un’assemblea costituente di 825 membri.

La speranza. Tutti si augurano che non deluda. Da venti anni laSomalia vive in piena anarchia, vi sono state 15 conferenze di paceconcluse con un nulla di fatto, non sicontano le vittime dei conflitti tra si-gnori della guerra, delle violenze del-le milizie islamiche (i cosiddetti sha-baab) e della crisi alimentare dovutaalla grande siccità del 2011.

Una speranza. Piccola ma effetti-va. Perché il nuovo presidente è unoutsider, mentre il favorito era il pre-sidente provvisorio in carica, SheikSharif Ahmed, che ha però dichiaratodi accettare il verdetto, anche se nonè mancato chi prevedeva che il pas-saggio delle consegne non sarebbestato indolore. Lo stesso Ban Ki-mo-on, segretario generale delle Nazioni Unite, ha descrittol’intrico delle alleanze dei numerosi clan e sottoclan incui è stratificata la società somala, come «un percorso ac-cidentato e imprevedibile».

L’altra novità politica è costituita, si diceva, dall’ado-zione di una Costituzione federale provvisoria. Docu-mento passibile di revisione, contiene comunque aspettipositivi, in un quadro di auspicata unità politica del pae-se. Il richiamo alla shari’a, nel senso che nessuna leggedeve andare contro i suoi principi, è corredato da dichia-razioni di protezione delle libertà fondamentali del cit-tadino (anche di fronte alle autorità), di proibizione diassoldare come armati i minori di 18 anni e di proibizio-ne delle mutilazioni genitali femminili: indubbiamenteelementi nuovi. «Non è la costituzione ideale – commen-ta ancora monsignor Bertin –, ma in una prospettiva sto-rica somala l’accenno alla supremazia islamica è inevi-tabile e accettabile. È un buon tentativo. E non si può

Un nuovo presidente,non contestato. Unanuova Costituzione,

che rimanda allasupremazia islamicama afferma le libertàfondamentali. Il paeseprova a voltare pagina,

dopo vent’anni dianarchia. Nonostanteinsicurezza e carestia

perduranti

nell’occhiodelciclonedi Silvio Tessari

34 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

internazionale colombia

L’ex presidente Uribe è il principaleoppositore della trattativa. Rappresental’ala dell’ultradestra e in fondo esprime

la rabbia storica e il desiderio di vendettache ha colpito tutti noi colombiani

La convenienza di UribeBen accetti nella regione andina, i ne-goziati vantano anche un ampio ap-poggio internazionale. L’Organizaciónde Estados Americanos (Oea), l’Uniónde naciones suramericanas (Unasur),Ue, Usa, Onu e Chiesa cattolica hannosalutato positivamente l’iniziativa. Leprincipali resistenze vengono dall’in-terno della Colombia, in particolaredall’ex presidente Uribe, che conside-ra le Farc un gruppo narcoterrorista,al pari di Al-Qaeda, non un interlocu-tore legittimo per il governo.

Uribe, passato da padrino politico diSantos a suo principale critico, nutre unrancore personale nei confronti delleFarc e probabilmente calcola di sfrut-tare politicamente un eventuale insuc-cesso dei negoziati. In passato si è se-duto a trattare con gruppi narcoterro-risti, come il cartello di Medellín, eparamilitari, come le Autodefensas Uni-das de Colombia (Auc), smobilitatisi inseguito ai dialoghi tenutosi nel 2003 aSanta Fe de Ralito. Ma ora la sua oppo-sizione ai negoziati rappresenta unostacolo serio. La sua opinione in ma-teria infatti conta: se oggi lo stato co-lombiano può sedersi a negoziare dauna posizione di forza, il merito, oltreche de Plan Colombia, è in gran partedel lavoro svolto nei suoi due mandati.Inoltre, se la percezione dell’evoluzionedei negoziati dovesse risultare negativa,ciò potrebbe spingere la maggioranzadella popolazione verso le posizionidell’ex presidente, e Santos potrebbetrovarsi senza il capitale politico neces-sario a portare a termine i negoziati.

«Paradossalmente in questa faseUribe è il principale oppositore delprocesso di pace. Rappresenta l’aladell’ultradestra e in fondo esprime larabbia storica e il desiderio di vendettache ha colpito tutti noi colombiani»,commenta il missionario colombianoLeonel Narváez Gómez, presidentedella Fundación para la reconciliación,impegnato da anni a fare del perdonoe della riconciliazione una cultura po-

litica che rafforzi la democrazia e con-duca il paese a un processo di riconci-liazione nazionale. A detta di padreLeonel, che conosce bene i problemidi un negoziato di questo genere,avendo in passato preso parte ai dia-loghi del Caguán, le due principali dif-ficoltà odierne consistono nel compie-re «l’esercizio culturale di decostruirel’immagine che abbiamo del nemicoe superare il supporto economico del-la guerriglia, cioè il narcotraffico».

Nel caso in cui si dovesse raggiunge-re la pace, le Farc deporranno le armi

per entrare nell’arena politica. Secondoquanto rivelato da Andrés Paris, guer-rigliero coinvolto nei negoziati, al quo-tidiano colombiano El Espectador, se ildialogo continua e si creano le condi-zioni politiche per partecipare alle ele-zioni, le Farc potrebbero esprimere unproprio candidato alle presidenziali del2014. Paris sostiene che esse vorrebbe-ro creare una propria forza politica, manumerosi analisti pensano che le Farcpotrebbero confluire nel partito Mar-cha Patriótica, fondato quest’annodall’ex senatrice Piedad Córdoba. Lanuova forza politica, che riunisce circa1.700 organizzazioni contadine, indige-ne e studentesche, ha una piattaformaideologica compatibile con gli idealipolitici delle Farc, ma è radicalmentecontrario all’uso delle armi.

Il contributo della Chiesa, il perdono si apprende a scuola

La Chiesa guarda con fiducia al processo di pace con le Farc avviato dal go-verno di Juan Manuel Santos. Consapevoli dell’opportunità rappresentatadai dialoghi, ma anche della loro estrema delicatezza, i vescovi colombianihanno lanciato un appello ad appoggiarli, mantenendo salda la pazienza.«Vediamo questo avvicinamento con grande allegria e speranza. Lo abbia-mo sempre detto: il conflitto armato in Colombia deve finire per la via deldialogo e della concertazione, per poter raggiungere una pace stabile e du-ratura», ha detto monsignor Rubén Salazar, presidente della Conferenza epi-scopale colombiana, segnalando che anche altri gruppi armati, come l’Eln,devono intraprendere un cammino di pace. Anche papa Benedetto XVI, daCastel Gandolfo, in settembre ha dato la sua benedizione alle trattative.

Con la sua azione, la Chiesa ha contribuito a creare l’atmosfera propi-zia per l’avvio dei negoziati. Per anni ha lavorato per l’umanizzazione delconflitto e il raggiungimento della pace, proponendosi come mediatricenei momenti di tensione, favorendo i contatti tra i contendenti, sensibi-lizzando tanto le élite politiche quanto i capi guerriglieri, prevenendol’entrata di molti giovani nella guerra attraverso un lavoro di promozioneumana nelle aree depresse e dimenticate del paese.

Alcune figure hanno poi orientato la loro azione al raggiungimento di una soluzione giusta del conflitto e a porre le basi per una cultura po-litica e un modello di sviluppo alternativi. Leonel Narváez Gómez, co-lombiano, missionario della Consolata, convintosi che il conflitto colom-biano non aveva solo cause oggettive (disuguaglianze sociali e narco-traffico), ma anche, e forse soprattutto, soggettive (rabbia, rancore edesiderio di vendetta accumulati dalle vittime della violenza), all’univer-sità di Harvard (Stati Uniti) ha elaborato un metodo per insegnare allepersone a perdonare e riconciliarsi; tornato in Colombia, ha creato laFundación para la reconciliación, che insegna l’arte del perdono e dellariconciliazione tramite le Escuelas de perdón y reconciliación (Espere).

Francisco de Roux, provinciale dei gesuiti, conosce come pochi il con-flitto colombiano. Nel 1995 è andato a vivere nella regione del Magda-lena Medio, una delle aree più calde, dove ha cercato, come uomosenz’armi, di organizzare i piccoli contadini della regione, per difenderlidalla prepotenza dei paramilitari e delle Farc ed evitarne l’espulsioneverso i “cinturoni” di povertà delle città colombiane.

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 37

Nonostante i segni tangibili del progresso,si registra un elevato tasso di povertà,le condizioni di vita della maggiornza

dei cittadini sono insoddisfacenti,le infrastrutture sociali insufficienti

Taylor, sentenza storica:la giustizia non risparmia i potenti

La guerra civile sierraleonese venne dichiarata conclusa nel 2002, dopo undicianni di conflitto e violenze; il disarmo venne completato e si svolsero le primeelezioni postbelliche, vinte dal presidente Ahmad Tejan Kabbah. Tra le altre clau-sole, il trattato di pace di Lomé (1999) prevedeva la creazione di una Commis-sione verità e riconciliazione, istituita dal governo sierraleonese nel 2002, cheha pubblicato nel 2004 il suo rapporto finale.

Nel 2002, a seguito di un accordo tra Onu e governo sierraleonese, venne isti-tuita anche la Corte speciale della Sierra Leone, con il mandato di perseguire i maggiori responsabili per gravi violazioni del diritto internazionale commessenel paese dal 1996. La Corte ha pronunciato la sua sentenza più importante il26 aprile 2012, dichiarando Charles Taylor, ex presidente della confinante Liberia,colpevole “di aver fornito aiuto materiale, assistenza e supporto nei crimini com-messi dalle forze ribelli in Sierra Leone durante la guerra civile”. Taylor è stato di-chiarato colpevole in base a undici capi d’accusa, tra cui terrorismo, omicidio, stu-pro, arruolamento di bambini soldato, oltraggio alla dignità umana, sfruttamentoe schiavitù sessuale, saccheggi, trattamenti crudeli e inumani; la pena che gli èstata inflitta è 50 anni di prigione. Una sentenza storica per il diritto internaziona-le, applaudita dalle principali organizzazioni internazionali per la tutela dei dirittiumani, che l’hanno considerata “un monito per il mondo intero”.

Nel 2007 si erano tenute in Sierra Leone elezioni pacifiche, vinte al secondoturno dal presidente oggi uscente, Ernest Bai Koroma (All People Congress,Apc), contro Solomon Berewa (Sierra Leone Popular Party, Slpp). Dopo cinqueanni di stabilità il paese è chiamato di nuovo alle urne il 17 novembre per le presidenziali: i principali candidati sono lo stesso Koroma, per Apc, e JuliusMaada Bio (ex capo di stato nella giunta militare che guidò il paese per tre me-si nel 1996) per l’Slpp.

Caritas Italiana è impegnata in Sierra Leone nella diocesi di Makeni sin dal pe-riodo del conflitto: prima con progetti di emergenza e supporto ai programmi diriabilitazione per gli ex bambini sodato, quindi a fianco della commissione dioce-sana Giustizia pace e diritti umani, nell’opera di sensibilizzazione per affermare idiritti umani tra le fasce più vulnerabili della popolazione. Con Caritas Makeni so-no in corso anche programmi di formazione e sensibilizzazione per la promozionedi uno sviluppo produttivo sostenibile e duraturo, in particolare nelle zone rurali.

Ma tutto questo non basta. Nono-stante i segni tangibili del progresso,la Sierra Leone è ancora tra gli ultimipaesi al mondo nella classifica dell’In-dice di sviluppo umano. A fronte diun’economia in rapida e forte crescita,grazie soprattutto al contributo delsettore minerario, si continua a regi-strare un elevatissimo tasso di pover-tà, le condizioni di vita della maggiorparte dei cittadini sono ancora insod-disfacenti, le strutture e infrastrutturesociali insufficienti: le scuole non ba-stano e spesso il livello di preparazio-ne degli insegnanti non è adeguato; itassi di mortalità materno-infantilesono elevati; si muore per malattie cu-rabili se diagnosticate in tempo (mamolti non ne sono consapevoli o nonpossono permettersi le cure); le scarsecondizioni di igiene provocano un ri-schio elevatissimo di epidemie, i cui

con coscienza, diciamo stop alla vio-lenza”; “Impegniamoci per il nostrofuturo, la guerra è distruzione, la pa-ce radice dello sviluppo”.

Tra fuoco ed elettricità Numerosi, nel paese, sono i segni visi-bili dei benefici che un lungo periododi pace può portare. Dieci anni di as-senza di conflitti armati e cinque di sta-bilità politica, dopo le elezioni presi-denziali del 2007, hanno infatti per-messo alla Sierra Leone di cominciareun cammino di cambiamento e svi-luppo: i risultati più tangibili sono in-frastrutture migliorate, in particolare le

strade principali; investimenti esteri,soprattutto nel settore agricolo e mine-rario; una grande campagna per la gra-tuità della salute materno-infantile ne-gli ospedali governativi; elettricità fi-nalmente diffusa nelle maggiori città.

Semplice, ma significativo, il com-mento di una donna a Makeni, nelnord del paese, uno dei centri dove ilconflitto è stato più violento: «Undicianni fa la luce era il fuoco, segno dipericolo, incendio e distruzione. Oggiluce vuol dire elettricità in città, mag-giore tranquillità e maggiori oppor-tunità per tutti: per lavorare, studiare,muoversi con più facilità».

NON PIÙ SOLDATIBambini e (sotto) giovane mammaa Makeni: le nuove generazioni hannoereditato un paese a pezzi, ancora oggitra gli ultimi al mondo per sviluppo

36 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

internazionale sierra leone

a Sierra Leone volteràdefinitivamente pagi-na?»: è la domanda cheriecheggia ovunque inquesto periodo nel pae-

se, tra la gente, le autorità, i rappre-sentanti delle organizzazioni inter-nazionali, dalle radio locali e nazio-nali, sui giornali.

Il 17 novembre avranno luogo leelezioni presidenziali: test chiave percapire il destino di questo paese del-l’Africa occidentale, a undici anni dal-la fine di uno dei più violenti conflitticivili africani, dopo una sentenza sto-rica della Corte speciale per la SierraLeone (vedi box). I sentimenti dei sier-raleonesi sono contrastanti: da unaparte la speranza di essere usciti defi-nitivamente da un tunnel di violenze,morte e distruzione, quindi la fiduciain un futuro più stabile e democratico;

d’altro canto, il timore di ripiombarenel caos e bruciare quanto di buono èstato fatto in dieci anni.

Speranza e timori si distinguonosoprattutto nei volti e nelle parole deigiovani, quelli che ieri, bambini(spesso arruolati a forza dalle particombattenti), sono state le maggiorivittime di una guerra efferata e cheoggi, ventenni e trentenni, raccolgo-no le sfide del paese (educazione, la-voro, salute, sviluppo), dovendo farei conti con i suoi problemi più spino-si: disoccupazione, corruzione, triba-lismo, rivalità etniche.

Si alzano da più parti, le voci deigiovani. Soprattutto nelle numerosecampagne di sensibilizzazione allanon violenza, prima, durante e dopole elezioni: “Diamo una possibilità al-la pace”; “Tante etnie, un solo popo-lo, una sola Sierra Leone”; “Votiamo

Primavera a Freetown

testi e foto di Moira Monacelli

«Lo ritornano le ombre?

Presidenziali, a novembre, in SierraLeone. Dopo oltredieci anni di pace, il paese vede cresceregli indici economici e migliorare le infrastrutture. Ma lo sviluppo non èsenza contraddizioni.E drammi sociali e divisioni etnicherestano acuti

SUSSISTENZA A COLORIMercato a Makeni, nel nord del paese,una delle città principali dellaSierra Leone, “epicentro” della guerra

SERVITORI DI SPERANZA?CESARI ATTACCATI AL POTERE...

contrappuntodi Giulio Albanese

l’avvento delle tirannie in divisa, checondussero per oltre un ventennio ilcontinente africano allo sfacelo. Suc-cessivamente, all’insegna del cam-biamento, l’Africa conobbe, a cavallotra anni Ottanta e Novanta, un’onda-ta di rinnovamento, sotto la spintadelle “conferenze nazionali” le quali,con il significativo contributo dellanascente società civile, innescaronola dialettica politica dell’alternanza,con l’adozione di nuove carte costi-tuzionali che prevedevano il multi-partitismo, limitando, peraltro, il nu-mero dei mandati presidenziali, soli-tamente due.

Questo, tuttavia, non ha impeditoa molti capi di stato di rimanere insella attraverso ingegnosi raggiri, fattisoprattutto di leggi elettorali su mi-sura, intimidazioni nei seggi, mani-polazione dei risultati, violazioni si-stematiche dei diritti umani. L’ultimodecennio, in particolare, è stato ca-ratterizzato dalla tendenza a perpe-tuare il potere con diaboliche opera-zioni di maquillage che, salvaguar-dando le apparenze formali, hannoparadossalmente acuito la sofferenza

della gente, soprattutto dei ceti meno abbienti. Il presi-dente angolano José Eduardo dos Santos, riconfermatorecentemente alla massima carica dello stato, è ad esem-pio al potere da 33 anni. Certamente è l’artefice di un bo-om economico, alimentato soprattutto dal petrolio, cheattira investimenti internazionali, ma la maggioranzadella popolazione angolana sopravvive con meno di duedollari al giorno. D’altronde, i quattrini finiscono tuttinelle tasche della sua famiglia, considerata la più facol-tosa del continente.

Anche il sudafricano Jacob Zuma non fa ben sperare,essendo un campione di populismo, sebbene nel suo pae-se il regime democratico sia più consolidato che altrove.

Lo scorso anno, in Benin, papa Benedetto XVI ha invi-tato i politici africani ad essere “servitori della speranza”,dando risposte concrete alle legittime rivendicazioni di“maggiore dignità” e “maggiore umanità”. Ma i cesari afri-cani, per ora, fanno orecchie da mercante.

L a prematura scomparsa del primo ministro dell’Etiopia, Me-les Zenawi, avvenuta a Bruxelles il 20 agosto, offre lo spuntoper riflettere sul ruolo attuale dalle leadership africane. Con-

siderato un valido alleato dell’occidente, nonostante le continueviolazioni dei diritti umani durante il suo lungo governo, Melespuntò su una sorta di federalismo impositivo che consentì, almenosul piano formale e dunque di una presunta legittimità popolare,di contenere le tensioni tra le etnie diverse dopo la caduta del regi-me di Mènghistu Hailè Mariàm, il “Negus Rosso”.

Meles è stato un personaggio in cui coincidevano gli estremi: sediceva qualcosa, non era da esclude-re che per la “ragion di stato”, o perinteressi personali, fosse convintodell’esatto contrario. Guardava, adesempio, alla chiesa copta come aun’entità nazionale preposta a difen-dere l’integrità dell’Etiopia dalla mi-naccia islamica. Ma strumentalizza-va la religione per finalità spesso po-litiche, o addirittura nepotistiche.Considerava inoltre le altre chiesecristiane alla stregua di organizzazio-ni non governative, misconoscendo-ne la dimensione spirituale.

In politica estera le contraddizionierano ancora più evidenti: si definiva amico degli Usa,ma aveva spalancato le porte dell’Etiopia ai cinesi. Peròil dato politico che lo accomuna maggiormente ad altri“cesari africani” è stato l’attaccamento al potere: ricoprìl’incarico di presidente della repubblica dal 1991 al 1995,poi di primo ministro dal 1995 al giorno della sua morte.

Diabolico maquillageL’esperienza politica di Meles richiama alla mente unostuolo di “presidenti padroni”. Basti pensare a quelli – dav-vero tanti – che hanno imposto una sfilza di modifiche co-stituzionali ad personam, fatte apposta per procrastinarela loro leadership. Emblematici, tra i leader in carica, sonoi casi dell’ugandese Yoweri Museveni o del ciadiano IdrissDeby, per non parlare del burkinabè Blaise Compaoré.

Tornando indietro con la moviola della storia, è inte-ressante notare come il miraggio delle indipendenze afri-cane, negli anni Sessanta, tramontò rapidamente per

Il papa l’anno scorsoha lanciato un invitoai leader africani. Mamolti lo disattendono.

Modificandocostituzioni,

manipolando voti,esercitando violenze,prolungano mandati:“presidenti padroni”,

anche a costodi far soffrire il popolo

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 39 38 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

focolai hanno spesso origine nelle bi-donville della capitale Freetown.

Basta uscire dalla porta di casa percapire come la gente comune soffraquotidianamente. Una madre di fa-miglia racconta: «Mia figlia si è feritagiocando e la ferita non guariva, sia-mo andati in ospedale dopo qualchegiorno e ci hanno detto che si era for-mata un’infezione ma era troppo tar-di perché fosse curata, così le è statoamputato un dito della mano». Moltesono anche le tristi storie che si vivo-no negli ospedali, dove tanti, troppi,sono ancora i bambini che muoionodisidratati per una diarrea, o perchéarrivati troppo tardi al centro medico.

Appetiti intorno a terra,miniere e petrolioAltri gravi problemi contribuisconoperaltro a rendere teso il tessuto socia-le del paese: la battaglia contro la cor-ruzione è ancora lontana dall’esserevinta, nonostante i progressi; gli in-centivi agli investimenti esteri nel set-tore agricolo e minerario hanno pro-vocato malcontento tra la popolazio-ne, in particolare nei distretti dove i sitiminerari e agricoli sono stati installati,con un forte impatto sul territorio; sisono aperte nuove prospettive di lavo-ro, ma il tasso di disoccupazione gio-vanile attorno al 40% è ancora una spi-na nel fianco di un paese giovanissi-mo, in cui il sogno di arrivare nellacapitale Freetown diventa, nella mag-gior parte dei casi, l’inizio di un incuboe di un’esistenza tribolatissima.

Il costo dello sviluppo è forse trop-po elevato, per un paese fragile? Se larealtà è che in Sierra Leone milioni diettari di terra sono disponibili percoltivazioni di riso, palma da olio, ca-cao e canna da zucchero e l’agricol-tura è giustamente considerata unapriorità nella prospettiva dello svi-luppo del paese, d’altro canto la ces-sione di ampie superfici a investitoristranieri per progetti di agrobusiness(in particolare nel nord) solleva la

internazionale sierra leone

CANTI E LAMIEREMeeting di donne a Makeni: formazionee partecipazione della componentefemminile sono cruciali per lo sviluppo.Sotto, uno slum di Freetown

Economia in crescita,ma lo sviluppo non decolla

32,5% proiezione di crescita del Pil per il 2012; senza il settoreminerario sarebbe attestata al 6,3%

11,1% l’nflazione a maggio 2012,in discesa da dicembre 2011,quando si era attestata a 13,7%

180 la posizione nellagraduatoria mondiale dell’Indicedi sviluppo umano (RapportoUndp 2011), su 187 paesi

47 gli anni dell’aspettativa di vita media

40% il tasso di alfabetizzazionegenerale

66,4% la popolazione sotto la soglia di povertà (2000-2009)

Il costo dello sviluppo è troppo elevato?La cessione di ampie superfici a investitoristranieri per progetti di agrobusiness

solleva la questione del land grabbing e della tutela dei diritti degli autoctoni

questione dell’accaparramento delleterre (land grabbing) e della tutela deidiritti delle popolazioni autoctone edei loro territori.

La ricchezza del paese sta poi inparticolare nel sottosuolo: oro, dia-manti, rutilio, ferro, bauxite, solo percitare le maggiori risorse minerarie, cuisi affianca, nelle acque territoriali, il pe-trolio, che suscita diffusi appetiti inter-nazionali. Dal 2009 vige in Sierra Leoneun “Codice delle miniere” che regola-menta tali questioni, ma ci si chiede sele firme degli accordi con le società mi-nerarie estere abbia tenuto conto degliinteressi del paese nel lungo termine edi un suo sviluppo sostenibile.

Sullo sfondo di questo quadro diluci e ombre, si staglia netto un pro-blema profondo, che rischia di minarela stabilità della Sierra Leone, e preoc-cupa anche in vista delle elezioni pre-sidenziali: le rivalità regionali ed etni-che sono legate alla storia della nazio-ne e ne caratterizzano la quotidianità;gli equilibri a lungo cercati e al mo-mento trovati sono spesso fragili, epiccole scintille possono degenerare.«Il rischio è che esca dalle urne unpaese spaccato – ammonisce padreJoseph Turay, direttore della Commis-sione giustizia pace e diritti umanidella diocesi di Makeni –. Noi dobbia-mo continuare a fare di tutto per pre-venire, sensibilizzare e sollecitare lapolitica a operare al di sopra delle ri-valità etniche e tribali, per il bene co-mune e una Sierra Leone migliore».

Christiana Thorpe, a capo dellaCommissione elettorale nazionale,ha dichiarato che «elezioni libere,trasparenti e pacifiche potrebberocostituire una vera primavera» per laSierra Leone. Ma il paese è pronto avoltare definitivamente pagina? Unarisposta importante arriverà dalle ur-ne, il 17 novembre.

POVERTÀSI VINCE VINCENDOLE INGIUSTIZIE

Il 17 ottobre, da vent’anni, si celebra la Giornata mondiale di lotta alla povertà. La crisi ha svelato che il fenomeno riguarda anche paesiche si ritenevano immuni. Per batterlo, occorre opporsialle scelte politiche ed economiche che lo generano

E ra il 17 ottobre 1987, quando centomila persone si riunirono a Pa-rigi, rispondendo all’appello di padre Joseph Wresinski: «Là dovegli uomini sono condannati a vivere nella miseria, i diritti dell’Uo-

mo sono violati. Unirsi per farli rispettare è un dovere sacro». A seguitodi quella prima mobilitazione, il 22 dicembre 1992 venne stabilito dal-l’assemblea generale delle Nazioni Unite che ogni 17 ottobre si celebras-se la “Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà”.

Oggi il mondo è profondamente cambiato e si è fatta strada la con-sapevolezza che povertà ed esclusione sociale sono fenomeni che ri-guardano da vicino anche i paesi che se ne ritenevano immuni. L’at-tuale crisi economica ha toccato duramente tutto il pianeta, colpendosoprattutto le fasce sociali più deboli e aumentando le disuguaglianze.Nel 2010 anche il Programma di sviluppo dell’Onu ha aggiunto al dif-fuso Indice di sviluppo umano anche un’indicazione di quanto questoinfluisca sullo sviluppo stesso e il calcolo di un nuovo indice di povertàmultidimensionale (non limitata alla povertà economica).

Negli ultimi anni, si è fatta strada l’analisi della povertà ambientale,che mette a fuoco l’accesso alle risorse ambientali, in un mondo in cuisempre più grave è l’impatto dei cambiamenti climatici. Povertà e im-poverimento non sono infatti una caratteristica ineluttabile della con-

dizione umana, ma la conseguenza di scelte politiche edeconomiche contro le quali è necessario operare: com-prendere e rimuovere le cause dell’ingiustizia è dunquel’elemento chiave di ogni azione contro la povertà. Manon si può lottare contro la povertà e la miseria senza farproprio l’imperativo proposto da don Primo Mazzolari:la cosa più importante è «dare voce» ai poveri. Garantirei cambiamenti strutturali necessari ad aumentare la pos-sibilità di iniziativa da parte dei poveri è un passaggiofondamentale di questa battaglia.

di Massimo Pallottino

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 41

Pure in Italia e Europamolti tirano la cinghia

In Italia nel 2011 il 5,7% degli abi-tanti non disponeva di un redditosufficiente ad acquistare un panie-re minimo di beni; erano il 5,2%nel 2010 e il 4,1% cinque anni fa.

In Europa, il 23% della popolazio-ne sarebbe a rischio di povertà edesclusione sociale, rischio maggio-re per i minori.

Secondo la Banca Mondiale, il red-dito di quasi 1,3 miliardi di per-sone nel mondo rimane (dati 2008)sotto il livello della povertà assolu-ta (1,25 dollari al giorno); altri 2,6miliardi dispongono di un reddi-to inferiore a 2 dollari.

Nel 1987 i poveri assoluti erano1,77 miliardi: gran parte della lorodiminuzione (circa 400 milioni) èda attribuirsi ai progressi della Cina.

La povertà rimane un fenomeno ru-rale: secondo l’Ifad, il 70% dei po-veri assoluti risiede nelle campagne.[F

ON

TE: IS

TAT, E

UR

OS

TAT,

BAN

CA M

ON

DIA

LE, I

FAD

]

che 99 italiani su 100 non san-no che nella Repubblica demo-cratica del Congo si spara e simuore. Ma anche che più di unitaliano su due non sa che in Af-ghanistan (dove abbiamo 4 milamilitari e abbiamo lasciato 51caduti) si combatte. È la confer-ma che le guerre si alimentano(anche) di colpevoli silenzi. Infondo alla scala ci sono, comesempre, i conflitti africani, maanche guerre asiatiche e le purerecentissime “Primavere arabe”sono finite nel dimenticatoio. Lavera novità del sondaggio 2012è però il dato generale della cre-scita di consapevolezza. Si col-gono infatti segnali di trasforma-zione nella coscienza collettivanazionale: si passa da un’atten-zione genericamente umanitaria

archivium di Francesco Maria Carloni

40 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

panoramamondo

Il 12 settembre 1993 un piccolo gruppo di ong e associazioni pacifiste italianeincontrò la signora Jodi Williams, insegnante americana che aveva fondato l’an-no precedente la International Campaign to Ban Landmines (sarà insignita delPremio Nobel per la pace nel 1997). La Campagna italiana per la messa al ban-do delle mine venne lanciata ufficialmente il 1° dicembre 1993, con una confe-renza internazionale promossa da organizzazioni di ispirazione laica e cattolica.Obiettivi: denunciare il ruolo del governo italiano nella diffusione delle mine an-tiuomo e sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti devastanti di tali ordigni.

Nel 1996 anche Caritas Italiana aderì alla campagna, partecipando alle ini-ziative di controinformazione e denuncia, a cominciare dalle due giornate nazio-nali di mobilitazione e sensibilizzazione. Tramite Italia Caritas, venne diffuso unmanifesto (vedi foto) con lo slogan “Campo minato, campo seminato”, che de-nunciava la natura subdola delle mine e i loro effetti terribili sui civili. Caritasdette inoltre un significativo contributo alla pressione sulle istituzioni italianeper la ratifica della Convenzione Onu del 1980 sulla messa al bando delle armiinumane, nonché all’avvio del processo che condusse a formulare un disegnodi legge per la definitiva proibizione dell’uso delle mine da parte dell’Italia. La campagna rappresentò inoltre per molte Caritas diocesaneun forte strumento di educazione ai temi della pace e dellaconvivenza tra i popoli.

Nei primi sette anni di vita, la campagna subì numerosi in-successi. Ma la perseveranza venne premiata nel 1999, quan-do anche in Italia entrò in vigore il Trattato di Ottawa, che pre-vide – tra le altre cose – la partecipazione del nostro paeseallo sminamento dei terreni minati e all’assistenza delle vitti-me in tanti scenari di conflitto e post-conflitto.

Mine da mettere al bando,la perseveranza venne premiata

CONFLITTI“Mercati di guerra”,esce in autunnoil rapporto suiconflitti dimenticati

Sarà pubblicato (dal Mulino)a novembre Mercati di guerra.Rapporto di ricerca su finanza e povertà, ambiente e conflittidimenticati, il quarto studiosull’argomento (il primo nel2003) promosso da Caritas Ita-liana, insieme a Il Regno e Fami-glia Cristiana. Come anticipazio-ne il periodico paolino hapubblicato in estate i risultati delsondaggio realizzato da Swg sulgrado di conoscenza, da partedegli italiani, dell’esistenza diguerre (ben 35 in corso oggi nelmondo). Dal sondaggio emerge

QUARTOSTUDIOLa copertinadi “Mercatidi guerra”,il rapportodi ricercasui conflitti(dimenticati)realizzato daCaritas Italiana

per le guerre lontane a un inte-resse più personale e consape-vole verso situazioni di conflittoche sentiamo più vicine e checondizionano la quotidianità.Inoltre anche sul fronte culturaleemergono note incoraggianti: so-lo il 19% degli intervistati consi-dera la guerra un “male neces-sario” perché legato alla naturadell’uomo; il 79% ritiene che sa-rà superabile grazie all’evoluzio-ne culturale dell’umanità.

CONGONuovi focolaidi violenza in Kivu,aiuti a diecimilafamiglie sfollate

Il conflitto nel Nord Kivu, nellaRepubblica democratica del Con-go, si è riacceso negli scorsi me-si (come denunciato da IC5/2012) e in estate si è ulterior-mente acuito. I combattimentitra le forze armate governative(Fardc) e i militari ammutinati sisono intensificati, a nord dellacittà di Goma, capoluogo dellaprovincia: le conseguenze sonostate un imponente e crescentemovimento di profughi (fino a250 mila) e una drammatica cri-si umanitaria. Le vittime, comesempre, sono state soprattuttotra l’inerme popolazione civile,che ha dovuto patire il recluta-mento di ex bambini soldato, vio-lenze indiscriminate, abusi ses-suali massicci e lavoro forzato,recrudescenza di banditismo ecriminalità, ma anche enormi dif-ficoltà negli spostamenti, chiusu-ra di scuole e centri sanitari, pro-liferazione di malattie e scoppiodi epidemie. Anche un centro diriabilitazione per ex bambini sol-dato, aperto di recente da Cari-tas Goma con il sostegno di Cari-tas Italiana, è stato evacuato permotivi di sicurezza. Caritas Italia-na, da anni impegnata in que-st’area, ha stanziato un contribu-to e sostiene le azioni di CaritasCongo in favore di oltre 10 milafamiglie profughe o sfollate.

0

LA C

AR

TA D

I PETE

RS

IN

ITA

LIA È

UN

A IN

IZIA

TIVA

ES

CLU

SIV

A A

SAL

panoramamondo

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 43

LASTORIA

MICROPROGETTO

Brava a disegnare, mirendo utile preparando

le stoffe da ricamare.Finalmente posso

usare le mie abilitàmanuali. E condividere

con altre donne

5

1

SUD SUDAN«Lasciata sola consei bambini, ripartodisegnando capanne»

Mi chiamo Veroni-ca: un nome italia-

no, un’usanza – in alcune parti delSudan – che deriva da una centena-ria presenza missionaria. Ho 26 an-ni. Abitavo nella capitale Khartoum.Ma nel 2009 mio marito mi ha ab-bandonato, per sposare una ragazzapiù giovane di me.

Da quel momento sono rimasta so-la con sei figli: non sapevo come man-tenerli, ero senza speranza! Per soprav-vivere, sono tornata – dopo otto anni –dalla mia famiglia di origine, a Wau, nelSud Sudan. Il quale, dopo tanti anni di guerra, dal 9 luglio 2011 è divenutouna repubblica indipendente.

Anche qui a Wau la vita non è faci-le. Ma i miei genitori mi aiutano per lacasa e il sostentamento dei figli. Dopoalcuni mesi dal ritorno, ho conosciutole suore missionarie Comboniane, chemi hanno offerto la possibilità, insie-me ad altre 70 donne, di frequentareun corso di taglio e cucito finanziatoda Caritas Italiana. I lavori che produ-ciamo li vendiamo al mercato locale e grazie alla rete missionaria vengonoacquistati anche in Italia.

Sono brava a disegnare, così mirendo utile nel preparare le stoffe da ricamare, con immagini di fiori e capanne. I tre bambini piccoli liporto con me al lavoro, mentre rica-mo posso tenerli d’occhio, certo nonposso lasciarli a casa da soli...

Grazie a Dio ho trovato questo la-voro, ho imparato a cucire e ricama-re, ho iniziato ad avere un guadagnoper mandare i bambini a scuola, pervestirli e comprar loro il cibo neces-sario. Mi sento finalmente protagoni-sta del mio futuro, perché posso uti-lizzare le mie abilità manuali. E,insieme ad altre donne, condivideregioie e problemi di ogni giorno.

> Microprogetto 277/11 Sud SudanLaboratorio tessile e microimpresaVideo su: www.caritasitaliana.it

5 Realizzato!

BURKINA FASOAcqua pulita, per bere e coltivare

Il villaggio di Kourbo Moogo (comune di Oula, diocesi di Ouahigouya) vive

di allevamento e agricoltura. Piogge insufficien-ti e irregolari generano ogni anno carestia e fa-me. La situazione igienico-sanitaria è precaria(scarichi, rifiuti e letame inquinano le acque). Il microprogetto prevede lo scavo di quattropozzi d’acqua e la posa delle condutture, l’ac-quisto di sementi (cipolle, pomodori, cavoli), laformazione delle donne alla gestione comunita-ria di acqua e prodotti agricoli. Beneficiarie, 94famiglie (circa 600 persone della tribù dei Mos-se, per lo più di religione islamica).

> Costo 5 mila euro> Causale MP 142/12 Burkina Faso

4

AGISCI ORA! SOSTIENI UN PROGETTO INFO: [email protected]

42 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

4

3

ILPROGETTO

MICROPROGETTO

MICROPROGETTO

2

EL SALVADORSilos, per non sprecare il grano

La parrocchia San Francisco Chinamecapartecipa al programma di agricoltura

sostenibile della Caritas diocesana di Zacate-luca, vicino alla capitale San Salvador. Secon-do il ministero dell’agricoltura e allevamento,in Salvador il 40% della produzione di granoviene persa per cattiva conservazione o nellafase di macinazione. Il microprogetto prevedel'acquisto di circa 80 silos per contenere ce-reali e la realizzazione di corsi di formazioneper il loro uso. I silos verranno distribuiti a cir-ca 80 famiglie particolarmente colpite da unarecente tormenta tropicale.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 201/12 Salvador

3

PAKISTANBufali, capre e formazione:la sfida è evitare l’emigrazione

Nei distretti di Manshera e Muzzafarabad, nel nord delPakistan, l’agricoltura è la principale fonte di reddito

della popolazione. Si tratta però di un’agricoltura povera, a causa delle ridotte dimensioni degli appezzamenti agricoli,che a stento riescono a garantire la sopravvivenza di una fa-miglia. A complicare le cose, si sono aggiunte le piogge fortie torrenziali degli ultimi anni, che hanno messo a dura provala capacità di reazione delle comunità locali. La scarsa pro-duttività agricola spinge molti a emigrare, ma le speranze di un lavoro si scontrano spesso contro il bassissimo livellodi qualificazione di coloro che intraprendono questa strada;l’emigrazione dei giovani e degli uomini ha però l’effetto di lasciare alle donne una parte pesante del lavoro agricolo.

Il progetto, promosso da Icmc e da alcune associazionilocali, cerca di rispondere a tutte queste difficoltà, in primoluogo rafforzando la capacità di auto-organizzazione delle co-munità, nonché la capacità di reazione alle frequenti avversi-tà naturali; vengono inoltre organizzate attività di formazionea beneficio prevalente delle donne e di cooperative di villag-gio, con lo scopo di costruire o rafforzare le capacità di ge-nerazione di reddito attraverso attività quali allevamento dipolli, apicoltura, fabbricazione di candele, gestione e forma-zione all’imprenditorialità. In concreto, il progetto prevede lafornitura di 40 kit di sostegno all’allevamento di una unitàproduttiva, composta da un bufalo e tre capre.

> Costo 670 euro per ogni kit di sostegno all’allevamento> Causale AO/12/037

1

ECUADORAllevare e vendere meglio

La parrocchia Uzhcurrumi nella diocesiMachala, nel nord del paese, conta una

popolazione di 1.200 abitanti, dediti princi-palmente ad agricoltura e pastorizia. Loroprincipale problema, le carenze in materia di produzione e commercializzazione. Il micro-progetto prevede l’acquisto di mille polli, 60maiali, 200 quintali di mangime e la realizza-zione di corsi di formazione su nuove tecni-che di allevamento e commercializzazione. A beneficiare dei risultati saranno 90 perso-ne e le rispettive famiglie.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 167/12 Ecuador

2

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 45

villaggioglobale

di Daniela Palumboatupertu / Fabio Concato

diverso, vivere senza farmi coinvolgere da quello che suc-cede agli altri, vicini o lontani che siano. Ma poi non ci rie-sco. In realtà, lo considero un valore: è come si guarda aciò che ci accade intorno che ci rende diversi gli uni daglialtri. Oggi è arrivato il momento di rendere più concretoquesto ascolto, di dargli fiducia, di dargli uno sbocco.

Renderlo più concreto: come?Voglio fare volontariato. Mi sembra la cosa più incisiva cheuna persona di buon senso possa fare in questo momen-to storico, non si può solo constatare che le cose non van-no. Devo agire. Sono in fase di ricerca per capire a cosadedicarmi, ma terminerà presto. Ho bisogno di restituire, di fare qualcosa per gli altri, materialmente, concretamente.

E Tutto qua ha a che vedere con questa consapevo-lezza?

Io passo spesso davanti all’Opera San Francesco, a Mi-lano, e lì, come in pochi altri posti, hai la misura di dovesiamo arrivati. A livelli terrificanti. Sempre più famiglie,sempre più italiani, sempre più bambini che cercano unpiatto in mensa. Non è più “solo” l’emergenza degli im-migrati. Ormai la povertà è arrivata nelle case, le spopo-la, le rende vuote perché gli uomini perdono il lavoro dal-la sera alla mattina. E ci sembra tutto normale. Ma nonlo è. Nella canzone che dà il titolo all’album canto chec’è un’umanità da difendere, e che ce l’abbiamo sottogli occhi tutti i giorni. Ma certe volte pare che non ce neaccorgiamo. Per dirla con Gaber, mi sembra di vivere inun mondo dove facciamo finta di essere sani…

Dice di non essere cambiato, eppure l’aspetto socia-le non era preponderante nelle sue canzoni...

A quasi 60 anni ci si prende la libertà di liberare anchele cose più dure, più profonde, di dire fino in fondo quelloche ci sta a cuore. Ma c’è modo e modo di farlo. Anchenelle canzoni più “impegnate” dell’album c’è uno stilepersonale. Quello di sempre. Io fra l’altro ho rivalutato lecanzonette, trovo che abbiano una valenza sociale. Tantepersone mi dicono che le mie canzoni le ascoltano quan-do hanno bisogno di mettere da parte le situazioni pe-santi della vita e cercano un po’ di leggerezza, di allegria,di pensieri positivi. In fondo, tutto questo si chiama spe-ranza. Insomma, Una domenica bestiale – trent’anni do-po – la rifarei tale e quale...

Cantautore volontario«C’è un’umanitàda difendere…»

Ormai la povertà èarrivata nelle case,le spopola, le rende

vuote perché gli uominiperdono il lavoro dalla seraalla mattina. E ci sembratutto normale. Manon lo è...

CRESCIUTO TRA ARTISTI Fabio Concato è nato a Milano 59 annifa: madre giornalista e poetessa, padrechitarrista e autore di jazz, ispirazionemusicale a cui l’artista è rimastolegato. Il suo primo album è del 1977,quello di maggior successo – l’omonimoFabio Concato (a sinistra, sotto) – del1982. Nel 2001 l’ultimo cd di inediti,prima di Tutto qua (a sinistra, sopra),che contiene una canzone dedicata allevittime dell’eccidio nazista di Sant’Annadi Stazzema e una alle donne vittimedi violenza e uccise per gelosia

Certe volte è un bene che ritornino. Fabio Concato l’hafatto dopo undici anni. Adesso che ne ha quasi 60 ha in-ciso Tutto Qua, un disco “stile Concato”. Senza rocam-bolesche (quanto dubbie) rivoluzioni, il cantautore mila-nese ci offre canzoni che, in maniera leggera,distrattamente, sfiorano la poesia: illustrazioni e annota-zioni di vita quotidiana, in un diario della memoria, cheora si arricchisce di attenzioni agli ultimi della città.

Concato, perché tanto silenzio?A un certo punto non ne potevo più. Mi ero disamoratodel mondo della discografia, di certi meccanismi di mer-cato. Mi sembrava che le cose che scrivevo e la mia mu-sica non interessassero più a nessuno, men che meno aimiei discografici, attenti solo ai conti. Poi si ammalò miamoglie... ho sempre messo Fabio al primo posto, dopoConcato. Comunque ho mantenuto il rapporto con il pub-blico grazie alla musica dal vivo, in piazze e teatri. Sonoesperienze molto più gratificanti. Non ho mai smesso difare musica, per me è come respirare: fin da piccolo suo-no almeno quattro ore al giorno.

Quanto è cambiato negli undici anni dall’ultimo album?Non mi sento affatto cambiato. Certe volte vorrei essere

44 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

connivenze, ragionando anchesul futuro. Il programma si ispiraalle “lezioni di mafia” ideatenel 1992 dal direttore del Tg2Alberto La Volpe insieme a Gio-vanni Falcone, una delle ultimeiniziative del magistrato palermi-tano, prima di Capaci.

Altro linguaggio, ma stessi in-tenti educativi, ha il cartoon cheracconta, 19 anni dopo la morte,la storia di padre Pino Puglisi,parroco assassinato dalla mafianel quartiere Brancaccio. Lamissione di 3P viene proiettatoin ottobre in un cinema a Paler-mo, dove sarà premiato da unamedaglia del presidente della re-pubblica. Il cartoon di RaiFiction,coprodotto dal ministero dell’in-terno, è uno strumento per inse-gnare il valore del coraggio e del-l’impegno civile, ed è diretto daRosalba Vitellaro, già autrice diun film d’animazione Rai dedica-to a Falcone e Borsellino.

zoom

TV E ANIMAZIONE“Lezioni di mafia”con il Procuratore,cartoon sulla vitadi padre Puglisi

Dodici puntate. Un progetto am-bizioso di educazione alla legali-tà. La struttura Rai Educationalpresenta dal 17 settembre sulcanale Rai Storia (ogni lunedì al-le 23, la domenica alle 20.30)il programma Lezioni di mafia,ideato e condotto dal procurato-re nazionale antimafia PietroGrasso. L’iniziativa è dedicatain particolare ai giovani, perspiegare loro i segreti di CosaNostra. Alle lezioni di Grasso fada cornisce l’Aula magna dellaSuprema Corte di Cassazione,a Roma: il procuratore raccontavicende e misteri di decenni distoria della mafia, rituali di affi-liazione, regole, vita quotidiana,meccanismi di governo, delitti e

ri” e “poveri”», ha dichiarato De Matteo.Ad accentuare il tono “neorealista” della pellicola,

una scelta di ambientazione inedita e coraggiosa: le vi-cende degli “equilibristi della busta paga” sono colloca-te nella cornice, per esse “naturale”, della mensa deipoveri della Comunità di Sant’Egidio, a Roma. «Un filmpuò avere il grande vantaggio di immergere in una real-tà che può apparire assurda, inverosimile, lontana. Inve-ce il disagio sociale generale, frutto della crisi, ha acui-to le vecchie povertà e ne ha create di nuove, in fascesociali che si pensavano al riparo», ha dichiarato monsi-gnor Matteo Zuppi, già parroco a Santa Maria in Traste-vere e promotore e animatore della mensa di Sant’Egi-dio, oggi vescovo ausiliare a Roma.

Nelle sequenze del film, gli “utenti” della mensa nonsono comparse, ma le persone che davvero, ogni gior-no, vi si recano per un pasto. E per ricevere altre formedi sostegno. Perché dalle pieghe del film emerge, comeha scritto un critico cinematografico, non solo l’impove-rimento materiale del paese, ma anche che, in esso, «il valore sociale al top è la solitudine».

Giulio (Valerio Mastandrea) ha 40 anni e una vita appa-rentemente tranquilla. Una casa in affitto, un postofisso, un’auto acquistata a rate, una figlia ribelle masimpatica e un bimbo dolce e sognatore, una moglie(Barbora Bobulova) che ama. Ma che tradisce. Così,inevitabilmente, a un certo punto Giulio viene scoperto.E lasciato: crollano le sicurezze di un’esistenza.

Attraverso una carrellata di eventi ora tragici ora iro-nici, il film Gli equilibristi – presentato al Festival delCinema di Venezia, nelle sale italiane da settembre,poi conoscerà altri canali di distribuzione, via web e dvd – il regista Ivano De Matteo racconta la parabola

di un uomo cui non bastano più, per vive-re, i 1.100 euro mensili da dipendente comunale. Giulio non può permettersi unacasa, dovendo mantenere moglie e figli, e finisce in strada. «La scelta di racconta-re la vicenda di un separato è stato un pu-ro pretesto narrativo per dare spazio allaporzione significativa di italiani che le sta-tistiche definiscono “relativamente pove-

FESTIVALDialoghi e autori:Genova celebra l’altra metàdella letteratura

L’altra metà del libro. Ovvero illettore. Troppo spesso ci si di-mentica che senza di lui, il lavo-ro dello scrittore sarebbe mortosul nascere. Un festival, a Geno-va, si propone dunque di cele-brare non la proposta letteraria,ma la letteratura attraverso il let-

tore (di ognietà). Il Festivaldella lettura.La lettura e il

sogno (16-18 novembre) propor-rà dialoghi tra gli scrittori e i lorolettori; tavole rotonde tra lettoridi genere; rappresentazioni tea-trali di testi che i lettori hannotratto dalla pagina scritta; storieraccontate a lettori che preferi-scono ascoltare piuttosto che

Impoveriti e soli,gli “equilibristi”finiscono in mensa

EDUCATORIUna scena delcartone animato“La missione di 3P”; sotto,il procuratoreGrasso

LIBRI E VIAGGI DI RICKYCHE IMMOBILE NON SA STARE

generatoridisperanzadi Simona Brambilla

a balena arcobaleno, una macchina parlante, un unicorno magico. E poi pirati, folletti e mar-ziani: è la galassia fantastica di Ricky, l’universo dei protagonisti delle sue storie. Riccardo Pomèvive a Milano, ha 13 anni, è disabile: nato al sesto mese di gravidanza, è affetto da una tetraparesi

spastica, che lo obbliga in una sedia a rotelle e gli nega qualsiasi forma di autonomia. Eppure lui, ben-ché il corpo non lo segua, ha una mente e una fantasia che viaggiano lontano: scrive racconti per bam-bini da quando di anni ne aveva appena 8.

Il percorso di Ricky è stato un susseguirsi di terapie, esami e interventi, per migliorare e ridurre idolori dovuti alle retrazioni muscolari che la sua patologia comporta. Durante uno dei ricoveri al-l’ospedale Buzzi, annoiato della monotona vita di corsia, Riccardo decise di scrivere storie per chi,

come lui, è costretto a trascorrere molto tempo in un luogo di cura. «I volontari inospedale ogni sera fanno visita ai bambini malati e raccontano storie – spiega Ric-cardo –. Io però quelle fiabe le conosco a memoria, riesco ad anticipare ogni frase.Così ho deciso di mettermi a scrivere racconti nuovi. E sono riuscito a pubblicareil mio primo libro».

Il libro di Ricky, edito dalla cooperativa sociale Esedra, fa volare Riccardo e i suoilettori sulle ali della fantasia, in un mondo in cuila disabilità non esiste. Fondamentale, per la suastesura del libro, è stata la signora Elisa, mammadi Riccardo, che ha messo su carta ciò che il ra-gazzo raccontava. Ricky, infatti, non riesce a scri-vere bene, né a mano né al computer, perché lasua mente, la sua fantasia e i suoi pensieri vanno– appunto – molto più veloci del suo corpo.

I libri sono solo un aspetto della forza con cuiRiccardo e la sua famiglia affrontano la disabilità. Oltre alla mamma, sono della partita anchepapà, nonna e due fratelli. Uno dei quali, Alessandro, è laureato in scienze motorie e lavoracon persone disabili in alcuni sport, per esempio il nuoto. Così Riccardo vive un ambienteche gli consente di esprimere appieno le sue risorse: ha da poco iniziato a frequentare laprima superiore all’Itis Mattei di San Donato e nei pomeriggi, dopo aver fatto i compiti, giocaa wheelchair hockey (l’hockey per persone in carrozzina) e pratica kung fu. E naturalmentescrive storie. «Ho terminato un altro libro, più lungo e più bello del primo. Voglio pubblicarlopresto, però con una casa editrice che mi dia il 20% delle vendite», sancisce Riccardo con in-traprendenza da scrittore consumato. Ma non per egoismo: i proventi della vendita del primolibro sono andati per altre cause, alla squadra di hockey (gli Sharks Monza) in cui Riccardomilita, e al canile di Limbiate. E così sarebbe anche con la nuova pubblicazione.

Naturalmente i pomeriggi di Riccardo sono occupati anche da lunghe sedute di fisiote-rapia e dai controlli che deve fare in ospedale, circa uno ogni sei mesi, che aumentanoquando viene operato. Ricky è stato sottoposto a ben cinque operazioni, la prima quandoera ancora all’asilo, l’ultima a novembre 2010: gli è stata inserita una placca di titanio chepermette al suo femore di stare dentro all’anca. Ma non c’è bisogno di placche, né di leghemetalliche speciali, per sorreggere la sua apertura alla vita, il suo coraggio, la sua determi-nazione, la sua fantasia. Perché la malattia può ancorarti a una sedia a rotelle. Ma il cuoree il pensiero le sfuggono, e hanno tante strade da percorrere.

Una grave disabilità lo costringe su una

sedia a rotelle. Ma luistudia e gioca a hockey.

A 13 anni, ha subitocinque operazioni. Ma è già alla suaseconda raccolta di racconti: scrive per vincere la noiadegli altri bambini

in ospedale

L

I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2 47 46 I TA L I A C A R I TA S | O T T O B R E 2 0 1 2

Dialogo tra cristianesimo e islam:tra fatiche e collaborazioni,una via per la pace e la tolleranza

paginealtrepagine di Francesco Dragonetti

Nella vita quotidiana di noi cittadini italiani le occasioni di dialogo con il mondo mu-sulmano sono più numerose di quanto vorremmo credere. Al lavoro, a scuola, nelquartiere, persino in famiglia. E non si possono lasciare cadere nel vuoto questeopportunità: il dialogo interreligioso oggi, minacciato da insistenti e scomposti ri-gurgiti di integralismo, rischia di rimanere una speranza incompiuta. Tuttavia è pos-sibile costruire insieme una cultura della reciproca tolleranza e dell’incontro, affin-ché ci si confronti alla luce delle rispettive identità, come tali custodite e rispettate.

Per questa ragione, il 27 ottobre si celebra la Giornata del dialogo cristiano-islami-co. Ad approfondirne i contenuti possono servire libri come il volume di BattistaMondin Islamismo e cristianesimo, possibilità di un dialogo (Edizioni Pro Sanctita-te, pagine 96), che consta di due parti: la prima intende rispondere alla domanda“Cos’è l’islamismo?” con un approccio storico-filosofico, oltre che specificamentereligioso; la seconda postula la possibilità di un dialogo tra cristiani e musulmaniattraverso la via della solidarietà e della partecipazione.

Nel pesante clima politico odierno, alla diffidenza reciproca e ai conflitti tra cristia-nesimo e islam si affiancano però le aperture esplicitate – per esempio – nel dialo-go che da oltre trent’anni il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) intrattiene a li-vello europeo con i musulmani. Certo, non sempre è facile mantenere vivo questodialogo: Jutta Sperber Cristianesimo e Islam in dialogo (Claudiana, pagine144) ne affronta le dinamiche fondamentali, ma anche i problemi che lo af-fliggono nell’esperienza pratica quotidiana, valutando risultati raggiunti equestioni ancora aperte, in primo luogo quella cruciale del diritto islamico.

Poiché però la religione non dev’essere un ostacolo all’incontro, ma unostimolo ad alimentare i grandi valori del rispetto e della convivenza che so-no nel cuore di tutti, Giuseppe Morotti Rilanciamo la speranza (Emi, pagine160) presenta esperienze d’incontro tra cristiani e musulmani. Quando silasciano da parte i principi astratti e si vive in profondità ciò che la vita pre-senta, afferma l’autore, l’incontro avviene spontaneamente e fa crescerenon solo il rispetto, ma anche stima e collaborazione reciproche. Se leesperienze di dialogo diventeranno realtà nella vita di ciascuno, potremo affermare che l’incontro fraterno tra donne e uomini di fede cristiana e di fede musulmana aprirà strade di libertà e di crescita per tutti.

villaggioglobale

seguire sulla pagina; discussionisu libri che i lettori conoscono o che impareranno a conoscere.Ci saranno grandi scrittori (tra gli altri David Albahari, Ian McEwan, Javier Cercas, Rosa Mon-tero, Daniel Pennac, Clara San-chez, Alberto Manguel) che leg-geranno le loro opere e nediscuteranno con il pubblico:un’occasione da non perdere.www.laltrametadellibro.it

LIBRIMissione extralarge,Vangelo senza limiti:percorsi d’annuncionel mondo plurale

Mai come nel nostro tempo sonoesistiti sulla faccia della terra mi-liardi di persone a cui la Parola diDio non è mai arrivata. E il loronumero e la loro percentuale au-mentano di giorno in giorno. Mis-sione XL. Per un Vangelo senzaconfini prova a realizzare una sor-ta di discernimento, identificando

percorsi nuovi, perridare slancio, sen-so e significatoall’annuncio, ripor-tandolo negli ampiorizzonti del mon-do, fuori da recinticlericali ed eccle-

siali talvolta autoreferenziali.L’autore, padre Giulio Albanese(comboniano, giornalista edesperto di comunicazione, colla-boratore di IC), è fedele alla voca-zione missionaria della Chiesama fermo nella convinzione cheoccorre andare al di là di certischemi arcaici e obsoleti dellanostra pastorale, per diffondere ilmessaggio di Gesù e contribuirea rendere migliore il mondo: an-che oggi si ha la possibilità di in-contrare persone create a imma-gine e somiglianza di Dio, inseritein un orizzonte plurale di storie,culture e religioni. Solo nell’ascol-to e nel dialogo è possibile offrireun annuncio che è Buona Notizia,per ogni uomo, anche per chi an-cora non l’ha sentito risuonare.

Marco RoncalliGiovanni Paolo I.Albino Luciani(Edizioni San Pao-lo, pagine 736).

A cent'anni dalla nasci-ta, biografia completa e documentata su Albi-no Luciani, il “Papa dei33 giorni”. Dalla nascitaalla vigilia della GrandeGuerra, all’addio avvoltonel mistero la notte del28 settembre 1978.

LIBRIALTRILIBRI

Giovanni NervoUna scelta cristia-na e civile: partiredagli ultimi (Emp,pagine 108). L’au-

tore, tra i “padri” di Ca-ritas Italiana, analizza la scelta preferenzialeper i poveri, esigenzacristiana e insieme civi-le, soffermandosi sulnecessario passaggiodall’assistenzialismo alla promozione umana.

Bruno MaggioniNuova evangeliz-zazione. Forza ebellezza della Pa-rola (Emp, pagine

180). Riflessioni sumissione ed evangeliz-zazione. Scritte in vistadell’imminente Sinododei vescovi (Vaticano,7-28 ottobre) su “Lanuova evangelizzazioneper la trasmissione del-la fede cristiana”.

NON SOLO NUMERI22° Dossier statistico immigrazione Caritas e Migrantes

Presentazione a Roma il 30 ottobre 2012e in contemporanea in tutte le regioni italiane

Cifre e indagini, ma anche analisi e interpretazioni: il più completo rapporto sulla presenza dei migranti in Italia, curato da cooperativa Idos, con il contributo di organizzazioni internazionali, istituzioni pubbliche e soggetti sociali