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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria civile CORSO DI FRANE RELAZIONE CASO STUDIO IL MONITORAGGIO IN SITO DELLA FRANA DI CORVARA (DOLOMITI, ITALIA) E LA SUA RILEVANZA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DOCENTE: STUDENTE: Prof.Ing. Michele Calvelllo Iole Siano 0622100372 Anno accademico 2014- 2015

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNOFACOLTÀ DI INGEGNERIA

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria civile

CORSO DI FRANE

RELAZIONE CASO STUDIO

IL MONITORAGGIO IN SITO DELLA FRANA DI CORVARA (DOLOMITI, ITALIA) E LA SUA RILEVANZA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

DOCENTE: STUDENTE:

Prof.Ing. Michele Calvelllo Iole Siano 0622100372

Anno accademico 2014- 2015

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Sommario

1 Introduzione.............................................................................................................................................3

2 Illustrazione Caso studio...........................................................................................................................3

3 Presentazione del lavoro sviluppato dagli autori......................................................................................7

3.1 Caratteristiche della rete di monitoraggio.........................................................................................7

3.2 Movimenti di superficie e livelli delle acque sotterranee..................................................................8

3.3 Discussione e conclusioni................................................................................................................12

4 Analisi critica del lavoro..........................................................................................................................13

Bibliografia.................................................................................................................................................15

Indice delle figure

Figura 1: Inquadramento territoriale della frana di Corvara (fonte Google Earth).......................................................3Figura 2: Individuazione delle frane preesistenti.........................................................................................................4Figura 3: Mappa della frana di Corvara: area di accumulo (A), zona di trasporto (T), aree sorgenti (S1, S2, S3, S4)....4Figura 4: Sezione cronologica interpretata della frana di Corvara. Legenda: 1) eventi 10.000 a.C (provenienza

Cianaciai: frana di Arlara); 2) eventi 9.000 a.C. (provenienza Freines); 3) eventi 5000 - 4000 a.C.; 4) eventi 3000 - 2000 a.C.; 5) Formazione di La Valle; 6) Formazione di S. Cassiano, 7) sondaggi; 8) tronchi d'albero raccolti in scarpata torrentizia Rutorto..................................................................................................................6

Figura 5: vista della frana di Corvara che mostra il posizionamento dei fori strumentati............................................8Figura 6: Movimenti orizzontali registrati dal monitoraggio GPS da Settembre 2001 a Settembre 2002....................9Figura 7: Movimenti verticali registrati dal monitoraggio GPS da Settembre 2001 a Settembre 2002........................9Figura 8: Sezione basato su sondaggi, dati di monitoraggio e indagine geofisica, e sintesi di inclinometri. (1)

superficie di taglio attiva, rivelato da inclinometri o TDR; (2) livello delle acque sotterranee, misurato da piezometri; (3) superficie taglio attiv ; (4) Formazione di S. Cassiano, torbiditi ; (5) Formazione di La Valle,torbiditi; 6 ) Formazione di La Valle, arenarie ; (7) depositi alluvionali.......................................................11

Figura 9: Relazioni tra precipitazioni giornaliere, falda e spostamento nella zona sorgente della frana di Corvara dal 2000 al 2002. ( A ) fluttuazione della falda in C4 , (B) record di pioggia presso la stazione meteorologica installata in frana di Corvara , (C) deformazione cumulativa dell'inclinometro C4 a 29 m di profondità .............12

Indice delle tabelle

Tabella 1: Caratteristiche morfometriche....................................................................................................................6Tabella 2: Caratteristiche degli stumenti di monitoraggio installati sulla frana di Corvara..........................................9

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1 Introduzione

Con il presente lavoro si intende effettuare un'analisi critica del caso studio descritto nell'articolo "Field monitoring of the Corvara landslide (Dolomites, Italy) and its relevance for hazard assessment", autori A. Corsini, A. Pasuto, M. Soldati, A. Zannoni, pubblicato nel marzo 2005 sul Volume 66, Issues 1–4, della rivista scientifica Geomorphology. Tale articolo illustra l'attività di monitoraggio effettuata sulla frana di Corvara, utilizzando una rete di dispositivi quali inclinometri, cavi TDR di grande diametro, estensimetri a filo down-hole, piezometri elettrici, parametri di riferimento GPS e una stazione meteorologica, allo scopo di valutare la pericolosità e il rischio di tale fenomeno franoso.

2 Illustrazione Caso studio

La frana di Corvara è situata immediatamente a monte del villaggio di Corvara in Badia, uno dei principali centri turistici della valle dell'Alta Badia, nelle Dolomiti (Provincia di Bolzano, Italia) ed interessa una superficie di oltre 2,5 km2 con un volume complessivo stimato di oltre 300 milioni di m3.

Figura 1: Inquadramento territoriale della frana di Corvara (fonte Google Earth)

Secondo la classifica di Cruden & Varnes (1996), che considera il tipo di movimento e il materiale coinvolto, essa può essere definita essenzialmente come un ampio fenomeno di stile complesso classificabile come un profondo scorrimento rotazionale-flusso in terra, a cinematica lenta, attivo.

Questo tipo di frana a cinematica lenta è abbastanza comune nella zona, a causa della sua formazione geologica. Infatti, la frana di Corvara colpisce deboli masse di roccia argillosa appartenenti alla formazione di La Valle e di S. Cassiano, che costituiscono la pista di Col Alto-Pralongià, situata immediatamente a monte del villaggio di Corvara in Badia. La conformazione del sito analizzato è riconducibile ai diversi fenomeni franosi che interessano il versante; in particolare, come si vede nella Figura 2, possono essere distinte 4 frane principali, informalmente denominate di Col Alto, di Arlara, di Corvara, di Pralongià.

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Figura 2: Individuazione delle frane preesistenti

Le caratteristiche geologiche della regione sono state studiate in dettaglio da vari autori dall'inizio del XX secolo ed anche più recentemente. Inoltre le caratteristiche geomorfologiche dell'Alta Badia e la cronologia dell'evoluzione dei versanti di Corvara nell'Olocene sono state presentate in precedenti lavori dagli stessi autori.

La frana mostra in modo distinto una zona sorgente (S), una zona di trasporto (T) e un'area di accumulo (A) (Fig .3).

Figura 3: Mappa della frana di Corvara: area di accumulo (A), zona di trasporto (T), aree sorgenti (S1, S2, S3, S4)

L’area sorgente è delimitata superiormente da una scarpata principale, di altezza anche superiore ai 25 m. Tale area può essere suddivisa in quattro settori morfologici principali: S1, S2, S3 e S4, separati gli uni dagli altri da creste costituite da ammassi rocciosi. La testata della frana nei settori S1, S2, e specialmente S3, è rappresentata da superfici subpianeggianti o in contropendenza, seguite da nette scarpate secondarie alte fino ad oltre 20 m. Nelle zone interne sottostanti, i settori sorgente sono ricoperti da coltri di materiale argilloso, spesse fino a 40-50 m, soggette a scivolamenti traslazionali e colate. In S1 e S4 la maggior parte di tali fenomeni

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risulta attualmente quiescente; al contrario, in S2 e S3 la maggior parte di essi risulta attiva lungo superfici di scorrimento multiple, site fino a 30 m in profondità.

La zona di trasporto (T) è larga all’incirca 300 m ed è costituita da una coltre di materiale argilloso spessa circa 40 m, soggetta a continuo movimento traslativo su superfici multiple profonde fino a 20-30 m; essa è tuttora alimentata da colate attive più superficiali, che giungono principalmente dai settori sorgente S2 e S3. Queste colate sono avanzate in modo consistente negli ultimi anni (fino a 10 m/anno, come nel 1997-1998).

Il lobo di accumulo (A), che si immette nella valle del Rutorto all’altezza del km 36 della SS.244 (1720 m circa), si estende per un tratto di circa 1,5 km, fino a quota 1540 m ed è costituito da una mistura di materiale limo-argilloso, ghiaie, blocchi e roccia. Entrambi i fianchi dell’accumulo sono caratterizzati da scarpate secondarie, spesso attive, legate a fenomeni di scivolamento innescati dallo scalzamento operato dai corsi d’acqua Rio Chiesa e Rutorto e dal generale movimento verso valle dell’accumulo, movimento evidenziato dalle fratture e dalle ondulazione a raggio di decine e centinaia di metri che caratterizzano la superficie dell’accumulo, dai vettori spostamento di taluni manufatti e dalle misure inclinometriche effettuate. Nonostante ciò, il piede della frana, a ridosso dell’abitato di Corvara, non è in fase di avanzamento. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che l’unghia della frana è in realtà costituita dall'antico accumulo della frana di Arlara.

Le principali caratteristiche morfometriche sono elencate nella Tabella 1. Tabella 1: Caratteristiche morfometriche

Attraverso datazioni con radiocarbonio, si può affermare che la frana esiste almeno dal 10000 a.C., e che ha subito una seconda grande fase di sviluppo morfologico all'incirca dal 5000-2500 a.C. (Corsini, 2000 e Corsini et al., 2001). La frana è attualmente attiva, con tassi di movimento che vanno da circa 0,01 a 2 m/anno (velocità da "molto lento" a "lento", secondo le classi proposte da Cruden e Varnes, 1996). La distribuzione di attività è: retrogressiva alla corona e ai fianchi delle aree di origine; si va allargando leggermente ai lati della zona di accumulo; avanza leggermente a cavallo della frana nella valle principale; può potenzialmente avanzare al piede.

Il substrato può essere definito, dal punto di vista geomeccanico, come una roccia debole che ha una complessità litologica e strutturale di tipo B1 (AGI, 1985). Si compone di una regolare alternanza tra banchi sottometrici di rocce dure e banchi da sottometrici a metrici di strati sottili di rocce deboli (Corsini, 2000).

Sondaggi verso il substrato partendo da punti assiali nella zona di origine, di trasporto e di accumulo della frana, hanno mostrato che il materiale di frana raggiunge uno spessore massimo che varia da circa 50 a 100 m. Stime simili della profondità del substrato in roccia sono state ottenute da alcuni profili di resistività elettrica effettuati lungo tracce che collegano o attraversano i fori e dalla rifrazione/riflessione sismica. Il materiale di frana è costituito da limi

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argillosi o argillosi-limosi, con ghiaie miste e blocchi formati da areniti, calcari marnosi e dolomie.

La stratigrafia e la datazione al radiocarbonio sui resti di legno trovato all'interno dei nuclei, hanno mostrarol'esistenza di un sistema di quattro strati principali, almeno nelle zone di trasporto e accumulo della frana: uno strato superiore di materiale di frana che è relativamente sciolto e inconsistente, uno strato più basso, sempre di materiale di frana, che è più compatto e coerente, una calotta di roccia altamente alterata ed infine la roccia più bassa indisturbata. I due strati di materiale di frana sono stati correlati alle diverse fasi di sviluppo del fenomeno; nell'area della sorgente S3, è presente solo lo strato più recente e sciolto di materiale franoso, e questo sembra indicare che una regressione del pendio di frana di oltre 500 metri si è svolta circa dal 3000 a.C..

Figura 4: Sezione cronologica interpretata della frana di Corvara. Legenda: 1) eventi 10.000 a.C (provenienza Cianaciai: frana di Arlara); 2) eventi 9.000 a.C. (provenienza Freines); 3) eventi 5000 - 4000 a.C.; 4) eventi 3000 - 2000

a.C.; 5) Formazione di La Valle; 6) Formazione di S. Cassiano, 7) sondaggi; 8) tronchi d'albero raccolti in scarpata torrentizia Rutorto.

Per quanto riguarda invece l'analisi delle precipitazioni, allo stato attuale, un modello precipitazione è stato ottenuto attraverso il monitoraggio delle piogge dal 1926 al 1997 della stazione metereologica di Corvara, e validato dal 1999 da una stazione meteorologica specificamente posta nella parte superiore del lobo di accumulo della frana dal CNR di Padova, come parte della rete di monitoraggio della frana. L'influenza di questo modello precipitazioni sull'attività e l'intensità della frana non è ancora sufficientemente chiaro per trarre conclusioni , ma sembra ormai chiaro che la frana risponde a lunghi periodi di forte precipitazione cumulativa o infiltrazione efficace , piuttosto che eventi meteorologici singoli. In realtà, esiste una correlazione chiara tra i movimenti e lo scioglimento della neve in primavera, quando grandi spostamenti (fino ad alcuni metri) riguardano le zone di origine e di trasporto della frana.

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3 Presentazione del lavoro sviluppato dagli autori

L'articolo intende concentrarsi sulle caratteristiche della rete di monitoraggio, sui risultati ottenuti con l'uso di diversi dispositivi per monitorare i movimenti in superficie ed in profondità così come i livelli sotterranei di acqua, e sulle prestazioni di alcuni sistemi innovativi che sono stati adottati. Infine, è fatta una stima preliminare della pericolosità e del rischio specifico sulla base dei dati di monitoraggio raccolti.

I movimenti attuali di frana di Corvara, che vanno da 0,1 a più di 1 m/anno in superficie e in profondità, causano, su base annua, danni alle linee elettriche, agli impianti di risalita e, in particolare, alla SS 244, che collega Corvara a Passo Campolongo e al vicino centro turistico di Arabba. Inoltre, gran parte delle costruzioni degli ultimi 30 anni nel villaggio di Corvara sono situate in prossimità dell'unghia della frana, e potrebbero essere colpite dall'avanzare del fenomeno o da inondazioni provenienti da eventuali crolli nei torrenti che fiancheggiano la punta della frana. Poiché il rischio specifico e totale derivante da questa situazione è potenzialmente significativo, sia in relazione all'entità della frana che alla vulnerabilità e al valore socio-economico degli elementi a rischio, gli autori hanno deciso si effettuare un monitoraggio in stretta collaborazione con gli utenti finali delle istituzioni provinciali e locali nel quadro di progetti di ricerca europei e nazionali.

E' inoltre intenzione degli autori, attraverso i dati di monitoraggio, effettuare una valutazione completa della componente spaziale e temporale della pericolosità. In particolare la componente spaziale di pericolosità (“suscettività da frana”), nel caso specifico della frana di Corvara, dovrà essere stimata attraverso l'utilizzo di modelli per la stabilità dei pendii costruiti e validati utilizzando elementi geomorfologici e dati di monitoraggio. La componente temporale della pericolosità può essere valutata, invece, utilizzando i dati degli inclinometri, dei piezometri e della stazione meteorologica installata sulla frana di Corvara. Tuttavia, questo è possibile solo se può essere evidenziata una stretta relazione tra i movimenti e i fattori scatenanti, quali le piogge critiche o i livelli critici di falda.

3.1 Caratteristiche della rete di monitoraggio

La pianificazione della rete di monitoraggio installata nella frana di Corvara si è basata su precedenti esperienze su frane a cinematica lenta simili. In alcuni di questi casi, gli strumenti convenzionali come inclinometri, estensimetri a filo e teodoliti topografici automatizzati, sono stati utilizzati insieme a dispositivi innovativi come il Time Domain Reflectometry (TDR), le reti GPS e ground based SAR Interferometry . Per il sito di Corvara, tale rete è stata progettata per ospitare dispositivi in grado di definire e registrare i tassi di movimento in superficie e sotterranei, così come i livelli delle acque sotterranee e delle precipitazioni (Tabella 2). Per quanto riguarda i movimenti sotterranei e della falda freatica, sono stati collocati in fori in diversi punti della frana di Corvara dispositivi quali inclinometri, estensimetri down- hole, cavi TDR di grande diametro e piezometri elettrici (collegati a registratori di dati). Per i movimenti di superficie, è stata installata una rete di 47 punti di riferimento per la misurazione con la tecnica del differenziale GPS su tutto il versante di Col Alto-Pralongià. Infine, per la misurazione della profondità della neve e delle piogge, sono stati installati nella parte centrale della frana nell'Ottobre 1999 una stazione meteorologica, costituita da un pluviometro, un termometro per la temperatura dell'aria e un misuratore di eco.

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Tabella 2: Caratteristiche degli stumenti di monitoraggio installati sulla frana di Corvara

Dispositivo Unità Tecnica e caratteristiche dell'installazione Frequenza delle misure

Inclinometri 7 Installati in C1, C2, C3, C4, C5, C6, C8. (Ø 81 mm) 3 - 4 volte/anno

Estensimetri 6Installati in C1, C2, C3, C4, C5, C6, C8.

filo Invar cavo Ø 0,5 mm con copertura esterna in plastica. 30 min

Cavi TDR 3

Installati in :C5b, C6b, C8b.Cavo TDR coassiale Ø 13/8 inc. Situato in foro,

rivestito con cemento. Strumentazione per la misura di impedenza: Tektronix e oscilloscopio scientifico

Campbell.

3 - 4 volte/anno

Piezometri a tubo aperto 5

Installati in CPZ1, Cpz2, CPZ3, Cpz4, C7.Piezometri a tubo aperto Ø 2 inc in PVC. Tratti ciechi

sono rivestiti con cemento. Tratti fessurati sono rivestiti con sabbia. Piezometri a tubo aperto Ø 4 inc

in PVC. Fessurato per tutta la lunghezza, nessun rivestimento.

Piezometri elettrici 8 Installati in C1, C2, C4, Cpz1, Cpz2, Cpz3, Cpz4, C7. 30 min

Stazione metereologica 1

Installata nella parte superiore del lobo di accumulo, dotato di termometro, misuratore di eco ultrasonico. 2 volte/giorno

Registratori di dati 7

Installanti in C1, C2, C4 + Cpz2, C5b + Cpz3, C6b + Cpz4, C8b, C7, stazione metereologica. 3 volte/giorno

Riferimenti GPS 47 Installati in diversi punti del versante di Col Alto–

Pralongià. 3 - 4 volte/anno

Figura 5: vista della frana di Corvara che mostra il posizionamento dei fori strumentati

3.2 Movimenti di superficie e livelli delle acque sotterranee

Sono state effettuate 4 campagne di misura GPS utilizzando i ricevitori a doppia frequenza e la tecnica cinetica in tempo reale (RTK) con la correzione differenziale in tempo reale: nel settembre 2001, ottobre 2001, aprile 2002 e settembre 2002. Il movimento complessivo di ogni singolo parametro di riferimento GPS nelle direzioni orizzontale e verticale è mostrato in Fig. 7. Come si può notare, i movimenti orizzontali hanno spaziato da pochi centimetri a più di 1 m, mentre i movimenti verticali variano da pochi centimetri a circa 10 cm. Si può osservare inoltre

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che il tasso massimo di spostamento si verifica nella parte superiore del lobo accumulo e nella zona di trasporto (da 0,20 a 1,20 m/anno). I movimenti orizzontali seguono la direzione del massimo gradiente della pendenza, anche se in alcuni punti del lobo accumulo i movimenti orizzontali sono diretti verso i lati della frana, in relazione a una instabilità secondaria causata da un flusso di erosione sui fianchi del lobo. Va notato che il punto di riferimento posto sulla punta del lobo accumulo, accanto al pozzo C1, non ha mostrato alcun movimento verso il basso ma un movimento molto piccolo in salita. I tassi di movimento verticali sono generalmente bassi (max 0,15 m/anno) e verso una diminuzione di elevazione, conseguenza naturale della direzione verso il basso versante dei movimenti dei punti di riferimento.

Figura 6: Movimenti orizzontali registrati dal monitoraggio GPS da Settembre 2001 a Settembre 2002

Figura 7: Movimenti verticali registrati dal monitoraggio GPS da Settembre 2001 a Settembre 2002

La creazione di pozzi strumentati nella frana di Corvara è iniziata nel 1997 e terminata nel 2002. In generale, i pozzi ospitano uno o più dispositivi che forniscono informazioni complementari su spostamento sotterraneo e fluttuazione delle acque sotterranee. In particolare, l'accoppiamento di inclinometri e cavi TDR, generalmente collocati in singoli pozzi a pochi metri l'una dall'altro, ha permesso di evidenziare le maggiori superfici di taglio e di provare

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l'efficienza e l'accuratezza dei cavi TDR, il cui impiego per il controllo di questo tipo di movimento del pendio è ancora in fase sperimentale.

I risultati finora ottenuti mostrano che le superfici di taglio profonde attive possono essere trovati in tutta l'area sorgente (C4), la zona di trasporto (C3) e quasi tutte le parti del lobo accumulo (C6, C5, C2) (Fig.7). Inoltre, in pieno accordo con i risultati del monitoraggio GPS , l'unghia della frana (C1) non sembra essere in movimento verso il basso versante, ma piuttosto con una inclinazione in salita.

La profondità delle attuali maggiori superfici di taglio attive varia da 48 m (nel foro C6 posto nella parte più spessa della zona di accumulo della frana) a circa 10 m (C2, C3 e C5a). Molto importante è la superficie di taglio a 40 m rilevata in C4, relativamente al movimento di una zona della frana (parte inferiore dell'area sorgente S3) che è considerata fondamentale per la valutazione dei futuri scenari di evoluzione della massa. I tassi di spostamento, stimati dalla somma delle registrazioni di tutte le superfici di taglio sovrapposte per ogni inclinometro, vanno generalmente da 0.1 a più di 1 m/anno. Ciò ha portato all'interruzione di molti degli inclinometri installati, poiché nella maggior parte di loro sono misurabili solo le superfici di scorrimento più superficiali. Lo spessore di queste zone di taglio è generalmente dell'ordine di 1 a 2 m, e si può notare che tra due zone di taglio, il materiale spostato scivola nel suo complesso, senza significativa traccia di deformazione tipo-flusso. Tuttavia, almeno in alcune lingue di frana che a partire dalla corona dell'area sorgente muovono verso il basso e si sovrappongono a depositi di frana precedenti, la deformazione tipo flusso è probabilmente importante quanto quella tipo scorrimento. La profondità delle principali zone di taglio sembra essere correlata, almeno in alcuni casi (ad esempio, C2 e C6) al verificarsi di orizzonti grossolani tra due strati di materiali argillosi della frana significativamente diversa per grado di compattazione.

Per quanto riguarda le acque sotterranee nella frana di Corvara, gli autori hanno ipotizzato l'esistenza di una sovrapposizione di falde confinanti a causa del ritrovamento, nei nuclei per il sondaggio, di orizzonti di materiali grossolani nella massa argillosa.

Le misure piezometriche effettuate finora sono state di due tipi:

un tipo di misura riguarda la falda generata dal contributo di tutti gli acquiferi intercettati dai fori che attraversano il corpo di frana. Questo tipo di misurazione è stata effettuata con transponder elettrici installati nei casi degli inclinometri chiusi, e ha dimostrato che la falda derivante dall'afflusso di tutti gli acquiferi sconosciuti intercettati in frana è piuttosto profonda sul punto inferiore della frana (C1),ancora più profondo nella parte intermedia del lobo accumulo (C2), sostanzialmente a livello del suolo nell'area sorgente S3 (C4), vicino al livello del suolo nella corona in roccia (C7);

un altro tipo di misura riguarda la pressione dell'acqua sulle principali superfici di taglio che, sulla base dei dati di trivellazione sembrano verificarsi in corrispondenza degli orizzonti di materiali grossolane. Per misurare questo tipo di pressione, sono stati installati transponder elettrici in piezometri a tubo aperto fessurati solo per un tratto che include la superficie di taglio principale e sigillati sopra e sotto. Nella parte intermedia ed inferiore del lobo accumulo le pressioni misurate corrispondono ai livelli delle acque sotterranee pari alla profondità del tratto fessurato. Al contrario, nella parte più alta del lobo accumulo e nell'area sorgente S4 le pressioni dell'acqua corrispondono ai livelli delle acque sotterranee superiori alla profondità del tratto fessurata, indicando una sovrapressione di acqua negli orizzonti intercettati in grado di innalzare l'acqua nel piezometro. Entrambe le zone in cui questo è stato misurato sono caratterizzate da alti tassi di spostamento secondo misure GPS e inclinometriche.

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Figura 8: Sezione basato su sondaggi, dati di monitoraggio e indagine geofisica, e sintesi di inclinometri. (1) superficie di taglio attiva, rivelato da inclinometri o TDR; (2) livello delle acque sotterranee, misurato da piezometri; (3)

superficie taglio attiv ; (4) Formazione di S. Cassiano, torbiditi ; (5) Formazione di La Valle,torbiditi; 6 ) Formazione di La Valle, arenarie ; (7) depositi alluvionali

Si può apprezzare dalle rappresentazioni in Fig.9 che un improvviso innalzamento della falda ha avuto luogo nel giugno 2000 a seguito di un periodo di abbondanti precipitazioni. Dopo di che, e fino ad ora, la falda ha oscillato piuttosto vicino al livello del suolo, rispondendo molto prontamente alle variazioni di precipitazione. Si può supporre che il primo aumento improvviso del livello di acqua rilevato nel 2000 è stato causato da un cambiamento delle condizioni idrogeologiche della frana indotta da movimenti. Infatti, i movimenti lungo la superficie di scorrimento a 40 m di profondità erano più grandi di 50 mm/anno nel 1997-1999 e, molto probabilmente, sono leggermente accelerati a circa 70 mm/anno dal 2000. Questo può essere calcolato considerando che dati GPS hanno evidenziato un movimento orizzontale della pozione di C4 di circa 80 mm tra settembre 2001 e il settembre del 2002, e che allo stesso periodo lo spostamento sulle superfici di scorrimento più superficiali (entro cui quella di 29 m di profondità) è stato solo circa 10 mm.

D'altra parte, Fig .9 mostra anche che, da quando sono state determinate nell'estate del 2000 le condizioni di innalzamento della falda, si è avuto un aumento del tasso di spostamento lungo la superficie di scorrimento a 29 m di profondità solo nel periodo successivo alla elevata precipitazione dell'estate 2001 e da allora è stato dormiente. Questo porta alla conclusione che mentre il movimento sulla superficie più profonda di scorrimento è stato praticamente continuo prima e dopo l'aumento falda, il movimento sulle superfici di scorrimento profonde è stato più influenzato da piccole fluttuazioni di falda collegate al modello precipitazione.

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Figura 9: Relazioni tra precipitazioni giornaliere, falda e spostamento nella zona sorgente della frana di Corvara dal 2000 al 2002. ( A ) fluttuazione della falda in C4 , (B) record di pioggia presso la stazione meteorologica installata in

frana di Corvara , (C) deformazione cumulativa dell'inclinometro C4 a 29 m di profondità .

3.3 Discussione e conclusioni

I dati di monitoraggio raccolti finora permettono una valutazione critica della prestazione individuale e reciproca dei diversi dispositivi di monitoraggio e una definizione preventiva dell'attuale entità e pericolosità della frana di Corvara.

Per quanto riguarda le prestazioni dei sistemi di monitoraggio, si può affermare che l'utilizzo di più dispositivi è utile per garantire una ridondanza di misurazioni che possono impedire la perdita di dati se uno strumento non funziona. Nella frana di Corvara, per esempio, si è dimostrato utile in alcuni casi installare strumentazione quali inclinometri, cavi TDR e estensimetri a filo down- hole insieme poiché i cavi TDR e gli estensimetri, avendo un periodo più lungo di efficienza degli inclinometri, hanno permesso di rilevare le superfici di scorrimento anche dopo che l'inclinometro si fosse rotto. Inoltre, in alcuni casi, è stato possibile verificare l'esistenza di una relazione diretta tra il grado di variazione dell'impedenza nel cavo TDR e lo spostamento determinata inclinometri adiacenti. Sebbene sia possibile, in linea di principio, stabilire questo rapporto in laboratorio testando il cavo, l' uso di TDR e inclinometro insieme è sicuramente un metodo più affidabile di farlo e consente di stimare effettivamente tassi di deformazione direttamente dal TDR.

La velocità di spostamento , uno dei fattori che contribuiscono alla valutazione della grandezza della frana, varia da circa 2 mm/anno in sotterraneo a più di 1200 millimetri/anno in superficie, come mostrato da inclinometro, TDR e misurazioni GPS. Sulla base di questi dati, può essere tentata una rappresentazione approssimativa dell'attuale estensione e della porzione attiva della frana. L'entità può essere espressa in diversi modi, a seconda dello scopo dell'analisi:

- in termini di velocità per definire potenziali danni alle persone;- come distorsione interna del corpo di frana,o come velocità e profondità dello spostamento se

sono considerate le infrastrutture situate sulla sommità della frana;- in termini di pressione prodotta sulla sezione frontale da tutto il volume della frana per stimare

il danno potenziale alle case costruite davanti alla massa scorrevole;- l'energia cinetica e potenziale della frana è forse il giusto parametro da considerare, infine, se è

necessaria una valutazione più generale per confrontare diversi tipi di frana.Per quanto riguarda la frana di Corvara, sulla base dei dati di rilevamento e monitoraggio

geomorfologici:

S=1,3 km2; h=30-35 m; V=Sh=50×106m3; g=20 kN/m3; m=109 kN;m=1011 kg;

v=0,2 m/anno;v=6×10-9m/s;

h1=250 m;

K=1/2mv2

K=2×10-6JU=mgh1

U=1014JE=K+U≈1014 J

Iole Siano, 30/01/2015,
S=Superficie attiva
Iole Siano, 30/01/2015,
h1= elevazione del centro di massa sopra fondovalle
Iole Siano, 30/01/2015,
v=velocità media della massa di frana
Iole Siano, 30/01/2015,
m=massa
Iole Siano, 30/01/2015,
g: peso unitario di materiale frana
Iole Siano, 30/01/2015,
V=volume attivo
Iole Siano, 30/01/2015,
H=profondità media dell'attuale superfici di taglio
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Dalle misure effettivamente ottenute, la loro probabilità di occorrenza annua è uguale a 1. Su questa base, se l'energia cinetica è considerato come l'espressione dell'entità, la pericolosità (entità*probabilità annua) può essere stimata nell'ordine di 10-6 J/anno.

Se il grado di perdita attesa di infrastrutture sull'area della frana è direttamente proporzionale alla velocità,con una velocità di 0,2 m/anno può essere considerata un'entità dell'ordine di 10-

2. Con questa entità e una probabilità annua di 1, il rischio risultante e il rischio specifico per la perdita di proprietà è 10-2/anno, un livello considerato medio-alto da Fell (1994), che riporta anche studi che dimostrano che un tale livello di rischio specifico potrebbe essere accettabile per una popolazione consapevole, ma non per una ignara.

Se si considera che in certe porzioni della frana di Corvara il tasso di movimento è dell'ordine di 1 m/anno, il pericolo e rischio specifico per la perdita di proprietà è dell'ordine di 10-1/anno, un livello considerato elevato e generalmente accettabile per una popolazione consapevolezza nel lavoro di Fell (1994).

In altre parole, per i due casi (rischio specifico pari a 10-2 e 10-1), rispettivamente può essere stimato il rischio specifico di perdita totale di proprietà e infrastrutture situate sulla frana sulla base di 100 anni e sulla base di un decennio.

Tuttavia, si deve anche considerare che il rischio principale per Corvara non deriva direttamente dal corpo di frana in sé, ma piuttosto da possibili inondazioni dei torrenti che fiancheggiano la frana, che potrebbe essere innescati dal crollo di dighe transitorie a causa di rotture locali dei fianchi del lobo di accumulo della frana o per un ingrandimento generale della frana nel tratto dove si trasforma in valle principale. In questo scenario, l'entità dell'inondazione è potenzialmente così alta che, anche se si presume una piccola probabilità annua di accadimento (ad esempio, 10-2, 10-3), la pericolosità e il rischio specifico sia per le infrastrutture che per le persone risulta da elevato a molto elevato.

E' possibile concludere quindi che il monitoraggio consente di seguire la continua evoluzione della frana in termini di entità e frequenza nel tempo dei movimenti del pendio e di valutare e differenziare la pericolosità per le varie parti della frana. Il monitoraggio consente inoltre di analizzare i meccanismi che portano ai movimenti della massa. Ad esempio, i dati di inclinometri e piezometri possono aiutare nella comprensione del rapporto tra movimenti e condizioni idrogeologiche, mentre i dati GPS possono aiutare a valutare come i movimenti si propagano lungo pendio in termini di componenti orizzontali e verticali.

4 Analisi critica del lavoro

La scelta di questo articolo, tra i tanti della ricerca bibliografica, è maturata in quanto questo studio, a mio avviso, mostra come il monitoraggio sia un supporto fondamentale ai fini della valutazione dell'entità del fenomeno franoso e della pericolosità ad esso associato,ed inoltre sia uno degli strumenti per il confronto e lo sviluppo di un gran numero di tecniche note e meno note.

Il monitoraggio della frana di Corvara, per la quale sono disponibili i dati delle misurazioni GPS degli ultimi 10 anni, sulla base della sua rilevanza, si inserisce in un progetto dell'Istituto per il Telerilevamento Applicato dell’Accademia Europea avviato nel 2010 (progetto Lawina) il cui scopo è il monitoraggio costante di frane mediante l'utilizzo di un nuovo metodo basato sul telerilevamento tramite tecniche radar. Nel 2012 i risultati presentati dall'EURAC si sono rivelati soddisfacenti cosicché è stato deciso di continuare il progetto aumentando il numero dei punti GPS. Inoltre si è ritenuto opportuno apportare una serie di miglioramenti tecnici mediante l'installazione di un nuovo tipo di riflettore e di un sistema di monitoraggio GPS

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permanente su alcuni punti di importanza rilevante. Si è deciso quindi di garantire la continuità di questa serie di misurazioni GPS che tra l’altro è unica a livello nazionale.

In un paese come l’Italia dove il rischio da frana è diffuso su tutto il territorio nazionale, l''implementazione di una tale rete di monitoraggio andrebbe, a mio parere, estesa a ulteriori fenomeni franosi al fine di comprendere la loro entità ed evoluzione per definire l'effettivo grado di pericolosità. Altro punto di merito dell’indagine è quello della sinergia intercorsa tra enti di ricerca e enti preposti alla “gestione” del territorio.

Per quanto detto dagli stessi autori all'interno dell'articolo, sembra opportuno formare una popolazione consapevole e pronta nel caso di una evoluzione del fenomeno, al fine di diminuire attraverso l'informazione e l'istruzione il grado di pericolosità dell'evento franoso. I dati di monitoraggio a lungo termine possono, infatti, essere utilizzati per impostare e validare modelli numerici sulla cui base prevedere la possibile evoluzione del fenomeno e identificare indicatori premonitori di una possibile evoluzione catastrofica. Sembra inoltre necessario pianificare e ingegnerizzare misure e strategie di mitigazione, controllarne l'efficienza e, soprattutto, cercare di creare un sistema di allerta in grado di prevenire, in particolare, la perdita di vite umane e di attività in chiave socio-economica. Gli autori dello studio infatti non indicano alcun approccio possibile rispetto alla progettazione delle opere di mitigazione del rischio, nonostante i dati di monitoraggio siano parte propedeutica e necessaria ai fini di tale progettazione.

Dai risultati del monitoraggio effettuato sembra che i settori critici della frana, dove si ritiene ci sia una qualche possibilità di intervento al fine di un contenimento dei movimenti, in modo da evitare le possibili evoluzioni peggiorative, sono le aree sorgenti, in quanto un rallentamento dei fenomeni in queste zone si potrebbe poi riflettere in benefici anche per i settori di trasporto e accumulo. Una possibile soluzione potrebbe essere un adeguato sistema di drenaggio ed eventualmente strutture di contenimento per ridurre le deformazioni della frana e rallentarne l'evoluzione.

Dal punto di vista tecnico lo studio è molto interessante poiché coinvolge dispositivi di varia natura: dalle misure profonde alle misure aeree, attraverso l'utilizzo di tecniche classiche e di tecniche innovative. Tra tutte le tecniche utilizzate quella che, a mio avviso, incuriosisce di più è l’utilizzo di dispositivi come il Time Domain Reflectometry (TDR), le reti GPS con ricevitori a doppia frequenza e la tecnica cinetica in tempo reale (RTK) con correzione differenziale, ed infine la tecnica SAR Interferometry ground based. Purtroppo nell’articolo non si presentano in dettaglio tali tecniche nè il loro confronto.

Data l’enorme disponibilità di dati acquisiti, sarebbe interessante cercare una correlazione diretta tra piovosità e spostamenti della frana, in modo che il monitoraggio della sola piovosità possa essere un segnale di pre-allarme. Sono infatti stati identificati alcuni dei meccanismi idrogeologici che controllano l'evoluzione della frana, principalmente le sovrapressioni che sembrano svilupparsi durante gli impulsi di frana, in corrispondenza delle superfici di scorrimento nel lobo accumulo, collegate ad una sorta di effetto di carico non drenato in atto per la presenza di orizzonti di materiale grossolano in corrispondenza dei piani di scorrimento, ma tale ipotesi andrebbe approfondita.

Personalmente ritengo che l’analisi dell’articolo abbia rappresentato l’occasione per approfondire e sviluppare molte delle nozioni acquisite durante il corso in forma teorica ed applicarle ad un caso studio nella loro complessità.

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