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Meteorologia di Roma Anno 2011 - CMA CRA-CMA Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura CRA ROMA, 2012 a cura di Maria Carmen Beltrano

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Meteorologia di Roma Anno 2011

- CMA CRA-CMA Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura

Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura

CRA ROMA, 2012

a cura di

Maria Carmen Beltrano

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CRA-CMA Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura

Via del Caravita, 7a - 00186 Roma Tel. 06 695311 – Fax 06 69531215 www.cra-cma.it e-mail: [email protected]

Riferimento autori:

Dott. Luigi Perini ([email protected]) Dott.ssa Maria Carmen Beltrano ([email protected]) Dott.ssa Maria Cecilia Serra ([email protected]) Dr. Luigi Iafrate ([email protected]) Impostazione grafica e impaginazione a cura di: Eleonora Gerardi e Maria Carmen Beltrano In copertina: Torre Calandrelli - Osservatorio Meteorologico del Collegio Romano Copyright © CRA, 2012 Tutti i diritti riservati e-ISBN 978-88-97081-20-3

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Indice

Pag.

Prefazione

135 anni di meteorologia in Italia Maria Carmen Beltrano, Stanislao Esposito e Luigi Perini

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Il violento terremoto di Ferrara del 1570 nel Fondo di sismologia della Biblioteca del CRA-CMA Luigi Iafrate

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Note storiche sull’Osservatorio Meteorologico di Roma “Collegio Romano” Maria Carmen Beltrano, Luigi Iafrate

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I dati 20 1 Grandezze meteorologiche 21

2 Rilevamento aerobiologico 22

Le osservazioni meteorologiche del 2011 23

Breve cronologia meteorologica Maria Carmen Beltrano

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Sintesi meteorologica del 2011 48

Valori climatici del Collegio Romano (periodo di riferimento 1862-2000)

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Elaborazioni meteorologiche a cura di Luigi Perini e Maria Carmen Beltrano

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Commento all’andamento meteorologico Franca Mangianti e Maria Carmen Beltrano

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Le osservazioni aerobiologiche del 2011 59

Elaborazioni aerobiologiche a cura di Maria Cecilia Serra e Francesca Greco

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Commento all’ andamento aerobiologico Francesca Greco, Maria Cecilia Serra

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In alto: Incisione della fine del 1700 che mostra la Specola Astronomica del Collegio Romano appena edificata.

A destra: La Torre Calandrelli come si presenta oggi.

Si notano la finestra meteorica (capannina bianca) e di fianco lo

schermo protettivo per i sensori di temperatura e di umidità.

In cima alla Torre, sulla destra si può notare il campionatore pollinico, sulla

sinistra il palo che sorregge la banderuola e il mulinello di Robinson

della stazione automatica; alle sue spalle si intravede l’anemografo meccanico.

(Foto di Massimo Scaglione)

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Prefazione

Intorno alla metà degli anni novanta, l’allora Ufficio Centrale di Ecologia Agraria ripristinò un’antica consuetudine, ovvero la pubblicazione di un bollettino annuale sulla meteorologia. L’idea, lungi dal voler suonare come autocelebrativa, nasceva per rispondere ai tanti appassionati che frequentavano puntualmente la sala di consultazione dei registri dell’Osservatorio del Collegio Romano o che si affollavano davanti alla bacheca su via del Caravita. Come talvolta accade, questa semplice pubblicazione ha riscosso nel corso degli anni una certa affezione da parte di tanti che, per pura passione, per esigenze professionali, o per altro, sono arrivati sempre più numerosi a richiedere una copia del bollettino. Da quest’anno, un po’ complice la crisi economica, un po’ la sempre più pervasiva coscienza ecologista, l’edizione del “bollettino” compie un piccolo salto di qualità: oltre a rivedere ed approfondire molti dei suoi contenuti che ha portato ad un aumento delle pagine, si è scelto di pubblicare esclusivamente il suo formato elettronico. Il rinnovamento editoriale rappresenterà augurabilmente un aspetto che accomunerà anche le edizioni dei prossimi anni: l’obiettivo è quello di adeguare costantemente la diffusione e la divulgazione scientifica alle esigenze informative su temi che così tanto impatto hanno sulla vita di noi tutti. Dott. Luigi Perini Direttore del CRA-CMA

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135 anni di meteorologia in Italia Maria Carmen Beltrano, Stanislao Esposito e Luigi Perini

Il 2011 è stato vivamente segnato dalle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Nello stesso anno anche l’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura (CRA-CMA) ha avuto una importante ricorrenza: il 135° anniversario della fondazione; il 26 novembre 1876, infatti, il Governo italiano istituiva il Regio Ufficio Centrale di Meteorologia, antesignano dell’odierno CRA-CMA.

Si è colta l'occasione di questa duplice ricorrenza per riunire gli Enti che operano a livello nazionale e locale sul territorio nel settore della meteorologia, climatologia e agrometeorologia, e, insieme, focalizzare l’attenzione in merito alla qualità e alla condivisione dei dati, alla gestione del monitoraggio, all’uso e al flusso delle informazioni, nonché ai benefici che si otterrebbero nel realizzare un “assetto nazionale” nel settore della meteorologia e climatologia, sistema che offrirebbe, anche sul piano internazionale, un quadro unitario della meteo-climatologia italiana.

Questi temi sono stati approfonditamente trattati il 24 novembre 2011 durante il workshop “L’Unità d’Italia e la spinta propulsiva all’unificazione dei servizi meteorologici nazionali a salvaguardia del territorio”, seguito dalla Tavola rotonda sul tema “Utilità e prospettive della collaborazione tra fornitori di dati e stakeholders”, organizzato appunto dal CRA-CMA nella prestigiosa sede dell’Unità di Ricerca, il Collegio Romano di Roma. La giornata ha visto la qualificata presenza di rappresentanti delle principali istituzioni nazionali e regionali, che operano nel settore, tra cui, oltre al CRA-CMA, l’Aeronautica Militare, il Ministero per l’Ambiente, l’ARPA- Emilia Romagna, l’ISTAT, il CNR, l’ISPRA, le università.

Tutti i relatori hanno unanimemente evidenziato come la meteorologia in Italia viva, al momento, una profonda crisi operativa e d’identità che soffre strutturalmente dell’assenza di una normativa organica in grado di razionalizzare le attività svolte da diversi assetti pubblici (presenti sia a livello statale, che regionale e provinciale). Diverse, infatti, sono le istituzioni italiane impegnate nel settore meteorologico. Esse operano in

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autonomia per assolvere principalmente compiti di specifica pertinenza istituzionale che, seppur d’interesse collettivo, rappresentano un aspetto particolare dell’insieme. Tali attività, quali ad esempio il monitoraggio meteo-climatico del territorio, la produzione e la diffusione di informazioni e previsioni, la ricerca scientifica e la formazione professionale nel settore, trarrebbero giovamento dal superamento dell’attuale dispersione di responsabilità, risorse e competenze scientifiche e professionali. I principali soggetti che operano in meteorologia a scala nazionale sono: Ministero della Difesa – Aeronautica Militare. Parallelamente agli specifici

compiti istituzionali, impegna uomini, mezzi ed infrastrutture per erogare servizi di meteorologia basilari per il Paese (osservazione, comunicazioni, previsione, archivio/clima, formazione e certificazione), ivi comprese funzioni di referente nazionale per la gestione dei rapporti con i Servizi meteorologici stranieri, nonché di rappresentanza italiana presso organizzazioni sovrannazionali (WMO, ECMWF, EUMETNET, etc.).

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Oltre alle specifiche esigenze istituzionali, tramite il Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) ed il coordinamento tecnico-scientifico del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per la Climatologia e la meteorologia applicate all’agricoltura (CRA-CMA), eroga servizi di agro-meteo-climatologia basilari per il Paese (monitoraggio territoriale, archivio/agro-climatico, servizi e ricerca per l’agrometeorologia e l’ambiente agro-forestale).

Presidenza del Consiglio dei Ministri. Attraverso il Dipartimento di Protezione Civile (DPC) eroga servizi di tutela della popolazione e del territorio.

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Tramite l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), svolge i compiti e le attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale per la protezione dell'ambiente, per la tutela delle risorse idriche e della difesa del suolo e funzioni di coordinamento tecnico nei confronti delle Agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Ente Nazionale di Assistenza al Volo (ENAV). Svolge funzioni di assistenza al volo, dei sistemi e delle attività di sviluppo, produzione, erogazione, vendita ed esportazione dei servizi della navigazione (non militare)

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aerea in Italia e qualsiasi altra attività ad essa connessa e complementare. A livello regionale operano vari Servizi meteorologici, alcuni dei quali

altamente qualificati, afferenti alle rispettive ARPA o ad Assessorati all’Agricoltura o all’Ambiente o, ancora, ai Centri Funzionali di Protezione Civile; infine, a livello locale, altri Enti e Istituzioni autonomamente gestiscono servizi di monitoraggio nell’ambito territoriale di propria competenza.

La frammentazione determina di fatto la debolezza funzionale del sistema meteo-climatico italiano, aggravata dalla crisi economica globale, per la quale si stanno attuando notevoli tagli alla spesa pubblica. La mancata visione d’insieme e l’assenza di un coordinamento nazionale, in grado di indirizzare chiaramente le risorse necessarie al funzionamento del sistema meteo-climatologico italiano, rischiano di enfatizzare gli effetti negativi dei singoli tagli praticati a ciascun dicastero o ente.

Allo stesso tempo, la spiccata variabilità meteorologica ed i cambiamenti climatici (già in atto) impongono, oggi più che mai, una particolare attenzione al sistema meteorologico nazionale di “monitoraggio - servizio - ricerca”, perché esso si presenta come un elemento basilare inscindibile per le attività operative di allerta e di prevenzione, nonché di programmazione e funzionamento di ogni attività umana (trasporti, agricoltura, difesa, turismo, energia, ambiente, etc.).

Continuare ad operare in maniera disgregata, in un quadro di disponibilità economiche sempre più scarse, rischia di stremare il comparto meteo-climatologico fino al non augurabile suo collasso finale, privando così la Nazione di un servizio pubblico strategico di fortissimo interesse, a livello locale, nazionale e sopranazionale.

Si è condivisa la necessità di creare un coordinamento tra tutti gli assetti territoriali per attuare una rete di relazioni tra i diversi enti operanti nel settore meteorologico e climatologico e rilanciare, in Italia, le attività di monitoraggio, servizio e ricerca, come già sollecitato in passato, ma mai decollato (art. 111 del Decreto legislativo 31/03/1998 n. 112). Adottare nel settore meteorologico un “assetto nazionale” consentirebbe all’Italia di allinearsi al contesto internazionale, dove, più fattivamente, le attività meteorologiche (e le associate risorse) risultano univocamente e chiaramente attribuite. Da tutto ciò emerge l’urgenza di individuare ed

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attuare soluzioni organizzative e normative capaci di favorire, anche in Italia, la piena sinergia delle competenze esistenti e la massimizzazione delle risorse investite.

La consapevolezza di quanto l’inazione stia creando un grave vulnus alla Nazione ha portato all’iniziativa condivisa e sostenuta dai partecipanti al workshop di sensibilizzare il Governo alla concretizzazione di un organismo di coordinamento, integrazione ed indirizzo per la meteorologia e la climatologia nazionale, con ruolo e competenze in materia di riferimento normativo e di standardizzazione delle attività del settore, valorizzazione degli assetti esistenti, agevolazione all’accesso di tutte le informazioni e dati meteorologici di base. Esso dovrebbe raccogliere le esigenze dei grandi utenti del Paese, ponendole come obiettivi ai soggetti competenti, stabilendo il necessario bilancio per l’esercizio e lo sviluppo delle attività meteo-climatologiche, in modo da garantire un Servizio strutturato ed adeguato al Paese.

L’ipotesi proposta non è quella di creare un nuovo, unico Ente o di eliminare le singole strutture che operano, ai diversi livelli, nell’ambito meteo-climatico italiano, ma di sfruttare la differenziazione e la molteplicità degli ambiti di intervento delle singole istituzioni esistenti, per creare un’architettura distribuita e realizzare un sistema coerente e sinergico, con competenze e responsabilità univoche. Tale iniziativa troverebbe come punto di partenza, per l’aspetto normativo, il già citato art. 111 del Decreto legislativo 31/03/1998 n. 112.

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Il violento terremoto di Ferrara del 1570 nel Fondo di sismologia della Biblioteca del CRA-CMA

Luigi Iafrate

Che la memoria storica delle persone in materia di fenomeni geofisici eccezionali diventi, con il passar del tempo, sempre più labile, fino a perdersi del tutto, è oramai un fatto arcinoto. La conseguenza di un simile oblio, quando si tratta di fenomeni distruttivi del passato come i terremoti, è la perdita della percezione del rischio sismico cui il territorio in cui si vive è soggetto. Del resto, è fuor di dubbio che solo una conoscenza puntuale dei sismi avvenuti nel passato può invero condurre ad una stima della pericolosità sismica delle diverse aree del Paese, sulle cui basi si potranno poi delineare scenari di possibili sismi futuri. Ma, per fortuna, a rinverdirci la memoria interviene la sismologia storica, disciplina che si pone l’obiettivo di ricostruire gli effetti sul territorio degli eventi sismici accaduti nel passato, attingendo direttamente dalle “fonti storiche”, ovvero da qualunque documento scritto che ne dia in qualche modo conto, come i documenti d’archivio, le cronache di giornali, i diari, le perizie tecniche, gli studi storiografici o sismologici, ma anche le epigrafi e le lapidi. La sismicità storica è oggetto di indagine in ogni paese sismico del pianeta, ma sono assai rari i casi in cui i sismologi possono ricostruire scenari macrosismici ricavando dati da un patrimonio documentario così cospicuo, vario e cronologicamente esteso come quello italiano. Eppure, nonostante l’Italia sia così ricca di testimonianze documentarie dei suoi innumerevoli terremoti storici, la maggior parte degli abitanti dei centri ferraresi e modenesi colpiti dalla grave sequenza sismica dello scorso maggio 2012 (Sant’Agostino, Bondeno, Finale Emilia, Mirandola, San Felice sul Panaro), tuttora in corso, non aveva, per mancanza di memoria storica sull’argomento1, la consapevolezza di vivere in una delle aree italiane a più alto rischio sismico. Quasi nessuno di essi, infatti, ha cognizione che, tra il novembre del 1570 e la fine del 1574, la città di Ferrara fu l’epicentro principale di una lunga e forte sequela sismica, con più di duemila scosse, principalmente concentrate tra il novembre 1570 ed il febbraio 1571. Questi i suoi effetti distruttivi: molte delle abitazioni (circa il 1 Una caratteristica, ahimè, che certe volte non risparmia nemmeno gli addetti ai lavori, come gli stessi sismologi e geologi. Fino agli anni 1996-97, il problema della pericolosità sismica della Pianura Padana era fondamentalmente sconosciuto finanche alla normativa antisismica; solo in seguito sono uscite le prime carte di pericolosità sismica per la regione padana e l’intero territorio nazionale.

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40%) furono danneggiate, quasi tutti gli edifici pubblici e le chiese registrarono crolli parziali e lesioni, nonché sconnessioni delle strutture portanti (pareti). E così il terremoto si rivelò, per Ferrara ed il ferrarese, nonché per talune località della provincia di Modena, un disastro ingente, tale da compromettere politicamente il futuro della stessa dinastia regnante, gli Estensi. Testimonianze accurate del violento terremoto ferrarese del 1570 sono a noi pervenute attraverso la diaristica, i dettagliati carteggi diplomatici e le diverse relazioni degli ambasciatori mandati sul posto dalle principali corti d’Italia e d’Europa2. A rendercene particolareggiatamente conto sono tre interessanti scritti di sismologia storica: Terra tremante di Marcello Bonito (Napoli, 1691); Il terremoto di Ferrara nel 1570, di Angelo Solerti (in “Rassegna Emiliana”, 1890); I terremoti d’Italia di Mario Baratta (Torino, 1901). Terra Tremante, o vero Continuatione de' terremoti dalla creatione del mondo fino al tempo presente […] è una ponderosa opera di sismologia storica che analizza cronologicamente i grandi terremoti della storia che provocarono catastrofi e radicali metamorfosi della natura, fino all’anno della sua pubblicazione in Napoli, cioè sino al 1691 (figura 1). L’autore, il marchese Marcello Bonito, era un archivista del Regno di Napoli e trasse ispirazione dal terremoto che, qualche anno prima, nel 1688

2 Notevole era allora il prestigio politico e culturale goduto dal Ducato Estense in ambito nazionale ed internazionale.

Figura 1: Notizie sul terremoto di Ferrara del 1570 tratte da “Terra tremante” di Marcello Bonito – Napoli, 1691

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(5 giugno), aveva scosso Napoli3. Di indole prettamente monografica è invece il lavoro di sismologia storica realizzato dal critico letterario e bibliotecario Angelo Solerti (Savona, 1865 – Massa, 1907) e pubblicato sulla rivista “Rassegna emiliana di storia, letteratura ed arte”, nel numero di aprile del 1890: Il terremoto di Ferrara nel 1570 (figura 2). Si tratta di una descrizione assai minuziosa del terremoto ferrarese del novembre 1570, tutta basata su fonti storiche coeve. L’opera I terremoti d’Italia, un “saggio di storia, geografia e bibliografia sismica italiana” pubblicato a Torino nel 1901, contiene la descrizione più particolareggiata possibile di ben 1.364 terremoti avvenuti in Italia nei duemila anni che precedono il 1898. Il testo è diviso in tre parti: nella prima sono analizzati cronologicamente i maggiori parossismi italiani, nella seconda è studiata la sismicità per ciascuna regione, la terza comprende una bibliografia

3 L’epicentro di questo potente sisma era localizzato nella zona "Benevento – Cerreto Sannita".

Figura 2: “Il terremoto di Ferrara nel 1570” di Antonio Solerti, in Rassegna Emiliana, 1890

[…]

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amplissima sull’argomento. Alla sua base vi è un’enorme ricerca storica che lo rende ancora oggi un punto di riferimento obbligato per gli studi del settore. Un motivo, questo, per riconoscere nel suo autore, il geografo e sismologo Mario Baratta (Voghera, 1868 – Casteggio, 1935) il fondatore della Sismologia storica moderna. Le tre opere or ora menzionate sono gelosamente custodite nel Fondo speciale di sismologia della Biblioteca Storica dell’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura (CRA-CMA): raccolta le cui origini si fanno storicamente risalire agli anni immediatamente successivi all’assunzione da parte del Regio Ufficio Centrale di Meteorologia anche delle competenze sismiche, a quel tempo denominate “geodinamiche” (Regio Decreto del 9 giugno 1887 n. 4636). Primo Servizio meteorologico nazionale con ruolo di centralità, l’Ufficio di Meteorologia era stato istituito, in Roma, nel 1876 (Regio Decreto n. 3534); istituzionalmente, si configura come l’antesignano dell’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura. È presso la sede di Roma dell’Ufficio meteorologico anzidetto che il sunnominato Mario Baratta, nel 1891, ad appena un anno dal conseguimento della laurea, esordì come sismologo (in qualità di assistente). Vi resterà fino al 1896 (figura 3). E chissà che il concepimento del suo monumentale saggio I terremoti d’Italia non sia avvenuto proprio negli ambienti della Biblioteca storica del CRA-CMA?!

Figura 3: Frontespizio degli “Annali dell’Ufficio Centrale di Meteorologia e di Geodinamica, 1895” ed elenco del personale in servizio in quell’anno, tra cui Mario Baratta.

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Ma torniamo ora all’argomento della nostra nota storica, attraverso alcuni passi dei volumi suaccennati che meglio descrivono l’impatto sul territorio del terremoto interminabile di Ferrara e del ferrarese e modenese del 1570-1574, assai simile, per violenza, tipologia di manifestazioni e frequenza di scosse, all’attuale4. “Tra i cataclismi più famosi che le cronache ricordino va certamente annoverato, per la violenza e per la durata, il terremoto che funestò Ferrara per parecchi anni dal 1570 in poi” (Solerti, 1890. Il terremoto di Ferrara nel 1570, p. 517). “Al 17 [novembre] a 19h del mattino [ore 11:10 GMT)], in Ferrara si sentì una prima scossa della durata di oltre un <<pater>> ed assai violenta, avendo fatto cadere un centinaio di comignoli, rovinare molti merli e terrazzini, in numero di circa cinque o seicento e scompaginare moltissimi edificii: fu seguita da molte repliche, fra le quali specialmente furono intense quelle avvenute sull’imbrunire della giornata. A 3h della notte (19:10 GMT) una nuova scossa, la maggiore e la più lunga, fece nel vecchio palazzo del castello precipitare un tetto, sotto cui rimasero morte tre persone. I danni in città furono inestimabili: caddero i torrioni ed i merli delle antiche mura […] Nel castello precipitarono le sommità delle quattro torri con parecchie balaustrate e qualche muro interno; andarono parimenti a terra le due torricelle del duomo, […] Non vi fu insomma edificio pubblico e privato che non avesse risentito danni: ciò che rimase in piedi si dovette però puntellare. Tutte le strade erano ingombrate dalle macerie, sotto le quali rimasero morte un centinaio (130-150) di persone. Fra gli effetti prodotti da questo terremoto devonsi notare i rombi sotterranei, i bagliori repentini nell’atmosfera, il gonfiamento improvviso delle acque del Po, certe elevazioni ed avvallamenti del suolo […] pure emissioni violente di acqua nerastra e di arena. La scossa maggiore fu forte a Treviso, a Padova, a Bologna, a Venezia; fu sentita nel modenese, nel reggiano, nel mantovano, a Firenze ed a Roma. Dopo la prima scossa del 17 novembre si avvertirono moltissime repliche (secondo alcuni 150 nelle prime 24h) accompagnate da rombi sotterranei […] per circa nove mesi non vi fu giornata in cui non fosse avvertita una od anche più scosse, tutte sempre ondulatorie: con lunghi intervalli e con minor violenza continuò il periodo sismico fino al febbraio 1574, dopo di che le commozioni diminuirono notevolmente per cessare nel 1576, nel quale anno fu sentito una sola scossa” (Baratta, 1901. I terremoti d’Italia, p. 105-107).

4 L’uso del grassetto in questi passaggi è una mia scelta e serve a dare risalto agli effetti distruttivi del sisma ivi raccontati.

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“ Nell’anno accennato 1574 […] Il Terremoto spaventò un’altra volta il Popolo di Ferrara, nel quale era ancora fresca la memoria del danno, che poco prima haveva da esso ricevuto” (Bonito, 1691. Terra tremante, p. 716). Il nobile bolognese Lucio Maggio, che del terremoto fu testimone oculare, riferisce di una delle scosse forti della lunga sequenza sismica ferrarese del 1570-1574, con parole cariche di spavento ma anche intensa meraviglia: “[…] per desiderio solamente della verità [a proposito delle funeste notizie sul terremoto], me n’andai a Ferrara […] ecco che si sente un rimbombo come di una lontana Bombarda, & nel medesimo tempo viddi (che anchor mi spaventa il ramentarlo) tutta la terra moversi hor in uno, hor in unaltro lato, con tanta agitatione, che io credeva che le sommità delle case mi cadessero addosso, ne credo ch’io fossi lontano a due braccia ad una alta, & massiccia muraglia, che venne a terra con tanto fracasso, & polvere […]. Questa narrazione, scritta secondo l’ortografia dell’epoca, è contenuta proprio all’inizio del libro di Lucio Maggio Del terremoto, edito in Bologna nel 1571: un’opera fortemente ispirata da questo fenomeno tellurico di straordinaria durata, al pari di altri scritti, contemporanei o immediatamente successivi, che trattano delle cause e degli effetti del terremoto in generale e di quello ferrarese in particolare (figura 4). Il testo è strutturato in forma di dialogo e gli interlocutori sono, oltre a Lucio Maggio, che ne è l’autore, Fabio Albergati, Paolo Casali e Giulio dalla Porta5.In esso vengono esposte ed esaminate le diverse teorie e tutta la documentazione storica in materia di terremoti, comprese le conseguenze catastrofiche. Vi si analizzano anche i cosiddetti precursori sismici. L’autore, quantunque sostenga come causa del sisma l’esalazione secca teorizzata da Aristotele, accenna pure al paragone del terremoto con le mine, e ad altre più moderne ipotesi e teorie, tra cui la tesi di una terra non continua ma “più tosto contigua, perché vi sono molte divisioni” (c. 40), che potrebbe consi- 5 Albergati e Casali erano coetanei, amici, e forse anche condiscepoli, del gentiluomo Lucio Maggio.

Figura 4: Frontespizio del trattato “Del terremoto” di Lucio Maggio – Bologna, 1571

5 Albergati e Casali erano coetanei, amici, e forse anche condiscepoli, del gentiluomo Lucio Maggio.

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derarsi il lontano preludio della teoria della tettonica a placche. Dopo la prima edizione del 1571, l’opera conobbe diverse ristampe e traduzioni in francese. La Biblioteca del CRA-CMA ha la fortuna di possedere l’edizione originale del libro, con legatura moderna in mezza pelle e titolo in oro sul dorso. Altro singolare studio ispirato dal terremoto di Ferrara del 1570 è il Libro, o Trattato de’ diversi terremoti del celebre architetto ed erudito Pirro Ligorio (Napoli, 1513 – Ferrara, 30 ottobre 1583)6. Nell’ultima parte del manoscritto, intitolata “Rimedi contra terremoti per la sicurezza degli edifici”, è disegnata e spiegata la prima casa ‘antisismica’ della storia. Il progetto di un edificio capace di resistere alla forza dei terremoti balenò nella mente di Ligorio proprio mentre camminava per una Ferrara semidistrutta. Sebbene l’epicentro principale del sisma del 1570-1574 fosse più ad est rispetto all’area epicentrale del terremoto attuale, è comunque da rilevare che la vera causa di entrambi va ricercata nell’attività delle faglie sismogenetiche presenti nella porzione di Appennino sepolta sotto la Pianura Padana, che è nota come Dorsale Ferrarese. La magnitudo del sisma del XVI secolo è stata stimata uguale o leggermente inferiore a quella del terremoto recente, ma gli effetti descritti dalle fonti storiche dell’epoca non sono per nulla diversi: rombi sismici, fenomeni di luminescenza dell’aria (“bagliori repentini nell’atmosfera”), sollevamenti ed avvallamenti del suolo, liquefazione dei terreni, con emissione di fumi e/o fuoriuscita di sabbie bollenti, affioramento improvviso di terreni neri maleodoranti, ecc. E si tratta dei medesimi effetti registrati nel corso dell’altro grave sisma che colpì il ferrarese circa mezzo secolo più tardi, il terremoto di Argenta del 19 marzo 1624; a descriverceli con dovizia di particolari è ancora una volta Mario Baratta, nel suo lavoro I terremoti d’Italia (p. 118-119). Una quiete sismica relativa doveva, per lunghissimo tempo, seguire ai terremoti di Ferrara ed Argenta, mentre nuova energia sismogenetica andava accumulandosi, in profondità, al disotto della coltre alluvionale ferrarese, per poi essere, nel 2012, con veemenza, rilasciata attraverso una nuova sequenza sismica, già, tristemente, entrata nella storia. Dopo più di quattro secoli, dunque, il suolo del ferrarese e modenese è tornato a tremare fortemente7.

6 Codice 28 delle Antichità romane, presso l’Archivio di Stato di Torino. 7 E più di quattro secoli è pure l’intervallo di tempo che separa il grave sisma ferrarese del 1570 dal precedente altrettanto violento avvenuto nel Veneto ed in Emilia-Romagna: il terremoto che, nella notte del 3 gennaio 1117, colpì Ronco all’Adige ed il veronese. Per causa sua, infatti, “moltissime città, paesi e castelli” dell’Alta Italia, tra cui anche Parma,

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*** Concludiamo quest’articolo, sottolineando che se la sismologia storica si è affermata e consolidata in Italia, un merito speciale va riconosciuto alla Biblioteca dell’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura, perché, mettendo a disposizione degli studiosi del settore i testi rari di quel che resta dell’antico Fondo di sismologia8, ha recato anch’essa un indubbio contributo alla definizione della pericolosità sismica del Paese su base storica.

Modena, Bologna e Ferrara, “ebbero a risentire gravi rovine ed immensi danni” (Baratta, op. cit., p. 23). 8 Ciò che manca nella raccolta sismologica anzidetta è la parte ceduta, sul finire degli anni Trenta, all’Istituto Nazionale di Geofisica (attualmente INGV), costituito, in quegli anni, per subentrare al progenitore del CRA-CMA nella gestione del Servizio sismico governativo.

La Galleria Tacchini della Biblioteca dell’Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicate all’Agricoltura

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Note storiche sull’Osservatorio Meteorologico di Roma “Collegio Romano”

Maria Carmen Beltrano, Luigi Iafrate

Altezza m 63,0 s.l.m. Lat. 41°53’ 54’’ N Long. 12° 28’ 46’’ E di Greenwich Altezza del pozzetto del barometro m 56,0 s.l.m. Altezza della bocca tarata del pluviografo m 64,5 s.l.m.

---*---

Le regolari osservazioni meteorologiche al “Collegio Romano” hanno avuto inizio nel 1787, anno in cui il Papa Pio VII benediceva l’Osservatorio ospitato in alcuni locali della torre alta 125 piedi voluta anche dal cardinal Zelada per dotare il Collegio Romano di un moderno Osservatorio Astronomico. Essa, costruita nell’angolo sud-est del complesso monumentale del Collegio Romano sovrasta la piazza omonima, nell’area dell’antico Campo Marzio, attuale rione Pigna, nel cuore della città di Roma. La direzione dell’Osservatorio fu affidata all’abate Giuseppe Calandrelli al quale oggi è intitolata la torre. Presso l’Osservatorio le misure meteorologiche divennero da subito regolari e possiamo affermare che esso sia uno fra i più antichi osservatori meteorologici esistenti oggi in Italia.

Nel 1879 l’Osservatorio entrò a far parte della prima rete nazionale di stazioni meteorologiche coordinata dal nascente Regio Ufficio Centrale di Meteorologia (UCM), la cui sede, proprio dal 1879, fu stabilita al Collegio Romano. In tempi più recenti l’Ufficio ha assunto la denominazione di Ufficio Centrale di Ecologia Agraria (UCEA) ed attualmente Unità di ricerca per la Climatologia e la meteorologia applicate all’Agricoltura (CMA), istituto del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA), vigilato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

La pubblicazione delle osservazioni meteorologiche rilevate presso

l’Osservatorio ha avuto inizio il 1° Marzo 1862, con il “Bullettino Meteorologico dell’Osservatorio del Collegio Romano”, compilato dal Padre Angelo Secchi, direttore a quel tempo dell’Osservatorio. L’ ultimo numero del “Bullettino” risale al 31 Dicembre 1878. Dal 1879 la

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pubblicazione dei dati giornalieri dell’Osservatorio è stata curata dalla Pontificia Università Gregoriana ed è proseguita fino al 31 Dicembre 1888, con il titolo “Continuazione del Bullettino meteorologico dell’Osservatorio del Collegio Romano”. Nel frattempo, presso l’Ufficio Centrale di Meteorologia era stata avviata la pubblicazione del “Bollettino Meteorico giornaliero”, nel quale erano contenuti, oltre ai dati rilevati al Collegio Romano, le osservazioni di numerose stazioni sparse sul territorio nazionale. La pubblicazione di questo periodico proseguì, a cura del Ministero dell’Aeronautica – Ufficio Presagi, come “Bollettino meteorologico e aerologico”, a partire dal 1° Aprile 1927.

La cessazione della pubblicazione dei dati giornalieri dell’Osservatorio del Collegio Romano è avvenuta all’inizio della seconda decade di settembre del 1929, per poi riprendere regolarmente, dopo oltre sessant’anni di interruzione, nel 1993. A partire dal 2001, si sono anche aggiunte le osservazioni aerobiologiche.

Nel 2011 hanno collaborato all’attività dell’Osservatorio la Dott.ssa

Maria Carmen Beltrano e la Dott.ssa Maria Cecilia Serra, in qualità di responsabili rispettivamente dei rilevamenti meteorologici e aerobiologici, il Dott. Luigi Perini, per il trattamento ed elaborazione dei dati meteorologici, il Sig. Domenico Sansone e la Sig.na Alessandra Saioni per le misurazioni strumentali meteorologiche e palinologiche, la Dott.ssa Francesca Greco, per le attività di allestimento e analisi dei campioni aerobiologici ed archiviazione dei dati.

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I dati

I dati meteorologici dell’Osservatorio del “Collegio Romano”presi in esame per la pubblicazione sono rilevati da strumentazione automatica. La tipologia di sensori e le modalità di acquisizione delle misure sono conformi ai requisiti standard raccomandati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO/OMM) per le stazioni climatiche e a quelli adottati per le stazioni meteorologiche della Rete Agrometeorologica Nazionale (RAN)9, vedi tabella 1, alla quale l’Osservatorio del Collegio Romano appartiene.

Tabella 1 – Elenco dei sensori installati nella stazione automatica di Roma Collegio Romano, con indicazione dell’unità di misura, dell’intervallo di acquisizione, della tipologia di misura e della modalità di archiviazione.

Sensoriinstallati Unitàdimisura Intervallodiacquisizione

Tipodimisura Massimieminimi

Temperaturaariaa57m(*) °C 60min. Istantanea siPrecipitazionea63m(*) mm 10min. Totale noUmiditàrelativaa57m(*) % 60min. Istantanea siVelocitàdelventoa63m(*) m/s 10min. Media noDirezionedelventoa63m(*) gradi 10min. Istantanea noPressioneatmosfericaa57m(*) hPa 60min. Istantanea siRadiazioneglobalea63m(*) KJ/m² 60min. Totale noEliofaniaa63m ore 60min. Totale no

Al fine di perseguire la massima omogeneità possibile con la serie

storica delle misurazioni effettuate in passato, i sensori della stazione elettronica sono alloggiati in posizioni adiacenti alla preesistente strumentazione meccanica, tuttora funzionante.

Nel Bollettino sono pubblicati i dati giornalieri e le elaborazioni relative alle seguenti variabili meteorologiche: Temperatura, Eliofania, Radiazione globale, Pressione barometrica, Umidità relativa, Precipitazione, Vento.

Sono inoltre pubblicati i dati e le elaborazioni relative al monitoraggio di polline e spore, rilevati mediante un campionatore volumetrico tipo Hirst. Le procedure adottate nel monitoraggio pollinico seguono pienamente la norma UNI11108-2004 che rappresenta lo standard

9 La RAN è la Rete di monitoraggio agrometeorologico del territorio nazionale realizzata nell’ambito del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali; essa è gestita ed utilizzata dal CRA-CMA per assolvere alle funzioni di monitoraggio e ricerca nel settore agrometeorologico e agroclimatico.

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metodologico utilizzato in tutti i Centri di Rilevamento Aerobiologico italiani ed europei e che descrive i metodi da adottare nelle fasi di campionamento, preparazione, analisi, elaborazione ed archiviazione dei campioni giornalieri.

1. Grandezze meteorologiche Temperatura

La temperatura è espressa in gradi Celsius (°C). Nelle tabelle sono riportati: i valori minimo e massimo giornaliero registrati nelle 24 ore; il valore medio giornaliero calcolato sui valori orari istantanei delle

24 ore; l’escursione termica della giornata calcolata come differenza tra il

valore massimo e il valore minimo; il valore medio nella decade e nel mese.

Eliofania L’eliofania assoluta è espressa come numero di minuti di sole direttamente visibile durante il giorno, cioè come tempo di permanenza del sole libero da nubi. Nelle tabelle sono riportati:

il totale giornaliero; il valore medio nella decade e nel mese.

Radiazione globale La radiazione globale è espressa in megajoule su metro quadrato (MJ/m2) e indica la quantità di radiazione solare diretta e indiretta (diffusa dall’atmosfera e riflessa dalle nubi e dalle superfici) che giunge sull’unità di superficie orizzontale. Nelle tabelle sono riportati:

il totale giornaliero; il valore medio nella decade e nel mese.

Pressione barometrica La pressione barometrica è espressa in ettoPascal (hPa) ed i valori sono corretti rispetto alla temperatura (per convenzione riferita a 0°C) e alla quota (per convenzione riferita al livello del mare). Nelle tabelle sono riportati:

il valore medio giornaliero calcolato a partire dai valori medi orari delle 24 ore;

il valore medio nella decade e nel mese.

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Umidità relativa L’umidità relativa è espressa in valore percentuale (%). Essa rappresenta il rapporto percentuale tra la quantità di vapore contenuto in una massa d'aria e la quantità massima (cioè a saturazione) di vapore che il volume d'aria può contenere alle stesse condizioni di temperatura e pressione. Nelle tabelle sono riportati:

i valori medi giornalieri calcolati a partire dai valori medi orari delle 24 ore;

il valore medio nella decade e nel mese.

Precipitazione La precipitazione è espressa in millimetri (mm) ed è intesa come equivalente in acqua nel caso di precipitazioni solide (neve, grandine). Un millimetro di precipitazione equivale ad un litro di acqua versato su una superficie piana di un metro quadrato. Nelle tabelle sono riportati:

il totale giornaliero, cioè la quantità totale di pioggia caduta nelle 24 ore;

la quantità di precipitazione massima caduta in un’ora e l’ora di inizio dell’evento;

la quantità di precipitazione totale nella decade e nel mese.

Vento La velocità del vento è espressa in metri al secondo (m/s). Nelle tabelle sono riportati:

il valore di velocità media giornaliera calcolato sui valori medi orari delle 24 ore;

il valore di velocità medio nella decade e nel mese; la velocità della raffica (massima velocità raggiunta nella giornata); la direzione di provenienza prevalente nelle 24 ore.

2. Rilevamento aerobiologico La presenza di pollini e spore in atmosfera è rilevata mediante un campionatore tipo Hirst. Una successiva analisi qualitativa e quantitativa viene effettuata con microscopio ottico. I dati esprimono la concentrazione di granuli in un metro cubo d'aria, distinti per famiglia botanica.

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Le osservazioni meteorologiche del 2011

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Breve cronologia meteorologica Maria Carmen Beltrano

4 Gennaio Temperatura massima giornaliera più bassa dell’anno: 6,2°.

25 Gennaio Temperatura più bassa dell’anno: -0,6 °C

7 Febbraio Massima escursione termica giornaliera dell’anno: 15,1 °C

24 Febbraio Velocità media giornaliera del vento più elevata registrata nell’anno: 6,1 m/s

25 Febbraio Umidità relativa dell’aria media giornaliera più bassa dell’anno: 29%

27 Febbraio -5 Marzo Il più lungo periodo di giorni consecutivi con precipitazione (7 giorni)

13 Marzo Raffica di vento più forte registrata nell’anno: 17,3 m/s

16 Marzo Umidità relativa dell’aria più alta dell’anno: 91 % in media

Marzo Mese con il maggior numero di giorni senza sole (5)

Marzo e Dicembre Mesi con maggior numero di giorni piovosi (13)

26 Giugno Giorno più soleggiato dell’anno : 866 minuti

13 Luglio Temperatura più elevata dell’anno: 37,1 °C

28 Luglio - 1 Settembre Il più lungo periodo (35 giorni) con assenza di precipitazioni

Agosto Mese con minor numero di giorni piovosi (0)

24 Agosto Temperatura minima giornaliera più alta dell’anno: 22,8 °C

20 Ottobre Precipitazione giornaliera più abbondante dell’anno: 82,2 mm

20 Ottobre Precipitazione massima oraria dell’anno: 38,2 mm

15 Dicembre Minima escursione termica giornaliera dell’anno: 1,6 °C

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Sintesi meteorologica del 2011

Temperatura media minima °C 12,1 Temperatura media massima °C 21,4 Temperatura media °C 16,5 Escursione termica media °C 9,3 Precipitazione totale mm 613,6 Numero giorni piovosi 83 Pressione media hPa 1016 Eliofania media minuti 499,3 Eliofania relativa % 66,3

Valori climatici del Collegio Romano (periodo di riferimento 1862-2000)

T minima

°C T massima

°C T media

°C Precipitazione

mm Giorni piovosi

Gennaio 3,4 11,3 7,3 73,3 10,9 Febbraio 4,8 12,5 8,7 64,1 9,9 Marzo 6,9 15,3 11,1 65,7 10,8 Aprile 9,5 18,6 14,0 62,7 10,2 Maggio 13,2 23,2 18,2 51,0 8,1 Giugno 16,8 27,4 22,1 34,5 5,5 Luglio 19,4 30,5 24,9 16,3 2,5 Agosto 19,5 30,1 24,8 23,8 3,3 Settembre 16,9 26,5 21,7 66,0 6,5 Ottobre 12,9 21,2 17,0 112,4 10,6 Novembre 8,6 15,9 12,2 107,1 12,4 Dicembre 5,5 12,2 8,8 89,5 12,2 Anno 11,4 20,4 15,9 766,4 102,9

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Elaborazioni meteorologiche a cura di Luigi Perini e Maria Carmen Beltrano

Figura 1 - Temperature massime giornaliere rilevate nel 2011, valori climatici (periodo di riferimento 1862-2000) e intervallo di normale variabilità, fornito dalla deviazione standard (periodo di riferimento 1862-2000)

Figura 2 - Temperature minime giornaliere rilevate nel 2011, valori climatici (periodo di riferimento 1862-2000) e intervallo di normale variabilità, fornito dalla deviazione standard (periodo di riferimento 1862-2000)

Temperature minime giornaliere

-5,0

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

°C

Tmin (anno 2011)

Tmin (media 1862-2000)

" " + 1 dev. st.

" " - 1 dev. st.

Roma - Osservatorio del Collegio Romano - Anno 2011

Temperature massime giornaliere

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

35,0

40,0

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

°C

Tmax (anno 2011)

Tmax (media 1862-2000)

" " + 1 dev. st.

" " - 1 dev. st.

Roma - Osservatorio del Collegio Romano - Anno 2011

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Roma – Osservatorio del Collegio Romano Distribuzione delle temperature massime e minime mensili rispetto alla media climatica

Figura 3 – Box plot delle temperature climatiche (periodo di riferimento 1862-2000) mensili minime (Tn) e massime (Tx) e comparazione con i valori medi mensili del 2011(indicati con il simbolo “X”). Per ciascun mese sono graficamente riassunti i cinque elementi che descrivono la serie climatica in maniera quantitativamente sintetica. Sono rappresentati la mediana (segmento orizzontale all’interno del box, dà indicazioni sulla tendenza centrale della serie), il primo e terzo quartile (basi del box, la cui differenza -indice di dispersione- dà informazioni sulla variabilità della serie), i valori minimo e massimo (limiti esterni dei segmenti tratteggiati -"baffi"-, danno informazioni circa i valori estremi della serie). I pallini esterni alla distribuzione indicano i valori relativi agli “eventi estremi”. (Elaborazioni a cura di Simona Sorrenti)

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Roma - Osservatorio del Collegio Romano - Anno 2011Precipitazioni

0

20

40

60

80

100

120

140

I II III I II III I II III I II III I II III I II III I II III I II III I II III I II III I II III I II III

G F M A M G L A S O N D

mm

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

mm(totale cumulato)

anno 2011

Valore Normale (1862-2000)

totale cumulato 2011

totale cumulato normale

Figura 4 - Precipitazioni decadali e cumulate rilevate nel 201 e valori climatici (periodo di riferimento 1862-2000)

Figura 5 - Numero dei giorni piovosi per mese del 2011 e confronto con il periodo di riferimento 1862-2000

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Roma - Osservatorio del Collegio Romano - Anno 2011Frequenza dei giorni piovosi in relazione alla precipitazione nelle 24 ore

0

5

10

15

20

25

30

35

≤ 1.0 1.1 - 5.0 5.1 - 10.0 10.1 - 20.0 20.1 - 60.0 60.1 - 70.0 > 70.0

mm

n.ev

enti

2011 1862-2000

Roma - Osservatorio del Collegio Romano - Anno 2011Termo-pluviogramma

dic

nov

ott

set

ago

lug

giu

mag

apr

mar

febgen

-80

-60

-40

-20

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20

40

60

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-3,0 -2,0 -1,0 0,0 1,0 2,0 3,0 ∆T °C

∆P mm

Figura 7 - Termo-pluviogramma del 2011: sintetizza le variabili temperatura e pioggia registrate nei mesi del 2011, confrontate con i valori climatici (periodo di riferimento 1862-2000). I valori di ΔT, in gradi Celsius, rappresentano l’anomalia termica media mensile del q2011 rispetto al clima; i valori di ΔP, in millimetri, rappresentano lo scarto delle precipitazioni del 2011 dal clima

Figura 6 - Frequenza dei giorni piovosi del 2011 in relazione alla quantità di precipitazione nelle 24 ore e confronto con la frequenza media di giorni piovosi nel periodo di riferimento 1862-2000

più freddo più piovoso

più caldo più piovoso

più freddo meno piovoso

più caldo meno piovoso

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Figura 8 - Eliofania assoluta e eliofania astronomica nel 2011 espresse in minuti

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1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

mesi

%

Roma ‐Osservatorio del Collegio Romano

Frequenza  dell'eliofania mensile assoluta rispetto all'eliofania astronomica

Figura 9 - Eliofania relativa mensile nel 2011

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gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

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minuti

eliofania assoluta totale  mensile   eliofania astronomica totale mensile

Roma ‐Osservatorio del Collegio Romano

Eliofania mensile   

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Commento all’andamento meteorologico Franca Mangianti e Maria Carmen Beltrano

La temperatura media annua del 2011, pari a 16,6°C, ha superato di 0,6°C il valore medio del secolo (16°C) e conferma la tendenza di un innalzamento di circa mezzo grado delle temperature medie rispetto al valore di riferimento secolare che si è manifestata a partire dal 2000, con la sola eccezione del 2010. L’andamento delle temperature massime e minime giornaliere nell’anno è rappresentato nelle Figure 1 e 2. I grafici mostrano anche l’andamento dei valori climatici riferiti al periodo 1862-2000 e l’intervallo di normale variabilità nello stesso periodo, rappresentato dalla deviazione standard, che offre il necessario termine di riferimento per valutare l’andamento termico durante il 2011. Dai due grafici si osserva una variabilità abbastanza spiccata durante tutto l’anno. Relativamente alle temperature minime giornaliere (Figura 2), i valori, nella prima parte dell’anno sono prevalentemente al di sopra della media climatica, presentando comunque delle oscillazioni importanti. Nel mese di Gennaio le temperature si sono mantenute generalmente al di sopra della media; la minima è scesa sotto lo zero il giorno 25 (-0,6 °C) ed è stata di zero gradi il 26 per poi rientrare entro i limiti di normale variabilità. Le prime due decadi di Febbraio sono state piuttosto miti e soprattutto le temperature diurne sono risultate gradevoli (Figura 1). Nella terza decade le temperature si sono abbassate e lo stesso andamento è proseguito nella prima decade di Marzo, fino a quando il 9 la minima è scesa sotto lo zero (Fig. 2). Di rilievo è lo sbalzo termico registrato tra il 9 e il 14 marzo: si è passati da -0,4 °C registrati il 9 marzo a 12,4 °C il 14 marzo, con un’escursione della temperatura minima di ben 12,8 °C in soli sei giorni. L’arrivo di un promontorio di aria umida africana aveva infatti scalzato la saccatura di aria fredda che insisteva sull’Italia, determinando l’innalzamento delle temperature, rilevante anche nei valori massimi che sono passate dai 10,6°C del 9 marzo ai 20,4 °C del 15 marzo (massimo valore del mese). L’andamento positivo delle temperature sia massime che minime è durato fino al 7 Aprile, quando i valori diurni hanno superato i 25 °C. A partire da quella data, la discesa di aria più fredda dalla Penisola Scandinava e l’arrivo di un impulso perturbato di origine atlantica ha riportato le temperature a valori più vicini a quelli invernali, passando in otto giorni, per le minime, da 14,1 °C registrati il 7 aprile a 5,3 °C registrati

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il 14, con una diminuzione di 8,8 °C; le massime sono diminuite di 9,4 °C, passando da 25,3 °C registrati l’ 8 aprile a 15,9 °C registrati il 15. Maggio è stato caratterizzato da valori minimi nella norma e massimi che tra i giorni 9 e 14 hanno superato i 25,0°C, con il picco di 27,7°C registrato il giorno 12. Dal 21 al 27 maggio le temperature massime si sono mantenute al di sopra dei 27,0 °C, con il picco di 29,2 °C il giorno 26. L’anticiclone delle Azzorre, incastrato tra due basse pressioni, una di matrice afro-mediterranea presente al meridione e l’altra alle alte latitudini europee, è rimasto praticamente stazionario tra le regioni centro-settentrionali italiane e l'Europa centrale, determinando le temperature estive che hanno caratterizzato gli ultimi giorni di Maggio a Roma, anche se con qualche intrusione della depressione presente al Sud. In Giugno le minime sono state sempre superiori ai valori normali del periodo, mentre le massime hanno presento una maggiore variabilità. Il mese di Luglio ha avuto un andamento discontinuo: sono state registrate solo otto volte valori massimi superiori ai 30 °C, con il picco isolato di 37,1°C il 13 luglio, la temperatura più elevata dell’anno. Nell’ultima decade, poi, le temperature massime sono state eccezionalmente inferiori ai valori medi climatici (media dell’ultima decade 26,4 °C) e anche le temperature minime sono state generalmente inferiori alla media. A partire dalla seconda decade di Agosto le minime e le massime sono state generalmente superiori alla norma: le temperature massime tra i giorni 16 e 26 sono state sempre al di sopra dei 32,0 °C, e, nella terza decade, sia minime che massime sono state le più calde dell’anno. Con un andamento variabile progressivamente più accentuato, le temperature minime e massime di Settembre si sono mantenute al di sopra del valore medio del periodo. Ottobre ha presentato delle forti oscillazioni, ma i valori sono rimasti all’interno dell’intervallo della normale variabilità. Novembre è rilevante il crollo di ben 14 gradi delle temperature minime registrato tra il giorno 5 (16,8 °C) e il 20 (2,8 °C). La prima quindicina di Dicembre è stata caratterizzata da temperature miti, al di sopra dei valori normali; in particolare, sono stati registrati valori minimi di 15 °C nei giorni 5 e 15 e massime di 17,4 °C in diversi giorni. Le temperature medie minime e massime mensili del 2011 sono state messe a confronto con la distribuzione dei valori della serie climatica utilizzando i box plot (Figura 3). Tanto più i valori del 2011 si discostano dai limiti dei box, tanto più essi sono considerati “rari”. Saltano all’occhio gli scostamenti positivi delle temperature massime di Aprile, Settembre e Dicembre e

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quello negativo di Luglio, e lo scostamento decisamente positivo delle temperature minime in Dicembre. Per quanto riguarda la precipitazione, il 2011 è stato un anno caratterizzato da apporti meteorici al di sotto della media: sono caduti, infatti, 613.6 mm, valore inferiore di 152.8 mm rispetto al totale medio annuo climatico. Nel 2011 ci sono stati 83 giorni piovosi, 19 in meno rispetto al valore di riferimento. Nell’anno si è assistito ad una spiccata alternanza di giorni piovosi e secchi. Il periodo piovoso più lungo è durato 7 giorni, tra il 27 Febbraio e il 5 Marzo, seguito, sempre in Marzo da un secondo periodo di 6 giorni consecutivi con pioggia tra il 13 e il 18. Il più lungo periodo di siccità si è verificato tra la fine di luglio e i primi di settembre, con 35 giorni senza pioggia, ma già tra il 15 Giugno e il 4 Luglio c’era stato un periodo secco durato 20 giorni. L’andamento delle precipitazioni è descritto nel grafico di Figura 4, in cui sono rappresentati anche i valori climatici del periodo 1862-2000. I dati sono stati aggregati in totali decadali (istogramma) cui è sovrapposta la curva spezzata che rappresenta la precipitazione totale decadale cumulata a partire dalla prima decade dell’anno. In tutti i mesi le precipitazioni sono state più scarse rispetto a quanto atteso climaticamente, ad eccezione di Marzo (140,8 mm) e Luglio (39,6 mm) in cui i millimetri di pioggia sono stati più del doppio di quelli climaticamente attesi. In Agosto non è mai piovuto. In Giugno e Ottobre gli apporti sono stati perfettamente nella norma. Il totale di precipitazione registrato a Ottobre, 112,4 mm, è stato originato principalmente dal nubifragio che si è abbattuto su Roma il giorno 20 provocando vittime e durante il quale sono caduti 82,2 mm in quattro ore. I valori di precipitazione giornaliera e massima oraria (38,2 mm) del 20 Ottobre non sono tuttavia valori eccezionali. Nel mese di Novembre, che per Roma è climaticamente il secondo mese più piovoso, sono caduti meno della metà dei mm attesi e anche in Dicembre gli apporti sono stati inferiori di circa il 40%. Per Dicembre, il confronto tra gli apporti piovosi e il numero di giorni piovosi (13) evidenzia ancor di più l’anomalia pluviometrica negativa del mese. Dicembre, Marzo e Gennaio sono stati i mesi con il maggior numero di giorni piovosi10 (13, 13, 11). In Ottobre e Novembre i giorni con pioggia sono stati rispettivamente 4 e 5, meno della metà del valore medio (Figura

10 Per giorno piovoso si intende un giorno in cui siano caduti almeno 0,2 mm di pioggia.

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5). In Marzo il numero di giorni con pioggia è stato superiore al valore climaticamente atteso. Negli altri mesi, in generale, si osserva un numero di giorni piovosi minore rispetto al valore di riferimento. La Figura 6 mostra la frequenza dei giorni piovosi dell’anno in base alla quantità di precipitazione caduta e il confronto con i valori del periodo di riferimento. Si osserva che quasi due terzi degli eventi è associato ad apporti di precipitazione fino a 5 mm e, in particolare, il numero di giorni piovosi del 2011 con apporti fino a un millimetro sono più numerosi rispetto a quelli del periodo 1862-2000. Circa un terzo dei fenomeni registrati si riferisce a precipitazioni tra 5,1 e 20 mm, ma si nota un aumento rispetto al valore climatico degli eventi con precipitazioni tra 10,1 e 20 mm. Gli eventi di precipitazione con apporti tra 20,1 e 60 mm si riferiscono in genere, nel 2011, a precipitazioni di circa 20-30 mm, con l’eccezione della precipitazione di 54,2 mm del 16 Marzo. Nello stesso mese , il giorno 1 e 2, si sono verificate altri due eventi con apporti superiori ai 20 mm. La Figura 7 sintetizza le caratteristiche termo-pluviometriche di ciascun mese del 2011 rispetto al clima, evidenziando che la maggior parte dei mesi è collocata nel settore “più caldo, meno piovoso”, fatta eccezione per Luglio e Marzo che ricadono nel settore “più freddo, più piovoso”, anche se quest’ultimo è sostanzialmente in linea con i valori climatici. Ottobre è l’unico mese che non mostra marcati scostamenti termici e pluviometrici. Il grafico indica chiaramente che il 2011 si colloca nella categoria degli anni più caldi e siccitosi rispetto al valore climatico del periodo 1862-2000. È noto che la durata del soleggiamento, o eliofania, di un luogo è condizionata da fattori astronomici, quali il moto di rivoluzione terrestre e l’inclinazione dell’asse terrestre, e da fattori geografici quali la latitudine, la topografia e l‘esposizione. L’eliofanografo del Collegio Romano, sulla Torre Calandrelli, è localizzato a 57 m sul livello della strada, in un punto della città molto aperto: le alture più vicine sono a Est il colle del Quirinale, a circa 600 m, a Ovest la collina del Gianicolo, a circa 1200 m, mentre a Sud è non vi sono ostacoli di sorta. Il numero delle ore di insolazione teorica (eliofania astronomica) è stato ottenuto consultando le Effemeridi, tavole numeriche che indicano con esattezza l’ora del sorgere e del tramonto del sole. La durata teorica del soleggiamento non corrisponde a quella assoluta (eliofania osservata), poiché quest’ultima dipende sostanzialmente dalla nuvolosità: la frequenza delle perturbazioni atmosferiche e la presenza di nubi determinano una riduzione del numero delle ore di sole osservate rispetto a quello teorico. È da sottolineare, infine, che la posizione geografica di Roma e il suo clima

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limitano al massimo il perdurare di nebbie e foschie sulla città: esse, seppur presenti nelle primo mattino o di notte, si diradano durante il giorno, lasciando il cielo visibile. I valori minimi di insolazione teorica si hanno in prossimità del solstizio invernale e quelli massimi al solstizio dell’estate. Allo stesso modo, i valori mensili dell'eliofania assoluta tendono a raggiungere i minimi tra Dicembre e Gennaio e i valori massimi tra Giugno e Luglio (Figura 8). In Figura 9 il grafico mostra l’eliofania relativa, cioè il rapporto tra eliofania assoluta e teorica nei mesi del 2011. Si osserva che la massima percentuale di soleggiamento si è avuta ad Agosto (circa il 90%), ma anche in Ottobre e Novembre e in Maggio e Giugno l’eliofania si è attestata intorno al 70%. In totale, durante il 2011 Roma ha goduto del cielo soleggiato per oltre il 66% del tempo astronomicamente possibile. Bibliografia Capecchi V., et al., 2007, Individuazione dei segnali di cambiamento

climatico a scala locale e regionale, in Clima e cambiamenti climatici-le attività del CNR, Roma, CNR-Dip Terra e Ambiente, 385-388

Effemeridi dell’anno 2011 per Roma: http://www.marcomenichelli.it/sole.asp Mangianti F., Perini L., Osservazioni meteorologiche, 1993-2010, pp 40

Sullo sfondo l’Altare della Patria e in primo piano la sfera dell’eliofanografo posizionato sul terrazzino a sud dell’Osservatorio del Collegio Romano. (Foto di Eleonora Gerardi)

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Le osservazioni aerobiologiche del 2011

ANNO 2011

FAMIGLIE BOTANICHE GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC

n % n % n % n % n % n % n % n % n % n % n % n %

BETULACEAE 12 0,6 336 3,3 170 1,0 88 0,8 4 0,0 6 0,2 0 0,0 0 0,0 0 0,0 1 0,2 0 0,0 0 0

CHENO/AMARANTHACEAE 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 52 0,3 121 4,3 29 4,3 45 10,9 72 30,9 42 15,2 3 3,2 0 0,6

COMPOSITAE 0 0,0 0 0,0 3 0,0 9 0,1 11 0,1 14 0,5 12 1,7 47 11,2 37 15,7 16 6,0 4 3,5 1 2,4

CORYLACEAE 571 29,6 391 3,8 117 0,7 2375 21,3 144 0,9 4 0,2 0 0,0 0 0,0 0 0,0 1 0,5 0 0,3 15 26,2 CUPRESSACEAE/ TAXACEAE 1135 58,9 8486 82,3 11264 69,1 1160 10,4 414 2,6 65 2,3 10 1,4 6 1,4 1 0,6 8 2,9 6 6,0 12 20,7

FAGACEAE 0 0,0 0 0,0 137 0,8 2210 19,8 8839 55,8 534 19,2 150 22,0 4 1,0 2 0,7 11 3,9 0 0,3 1 2,4

GRAMINAE 2 0,1 5 0,1 28 0,2 520 4,7 2178 13,8 592 21,3 110 16,0 88 21,1 44 19,0 20 7,3 2 1,6 0 0

OLEACEAE 40 2,1 46 0,4 284 1,7 347 3,1 1377 8,7 333 12,0 13 1,8 0 0,0 1 0,3 4 1,6 0 0,3 2 3,7

PINACEAE 2 0,1 7 0,1 73 0,4 218 2,0 1574 9,9 66 2,4 16 2,3 6 1,4 3 1,3 53 19,3 69 63,8 2 3,7

PLANTAGINACEAE 0 0,0 0 0,0 2 0,0 28 0,3 26 0,2 79 2,8 19 2,8 21 5,2 4 1,8 1 0,5 0 0,0 0 0

PLATANACEAE 0 0,0 0 0,0 2131 13,1 2771 24,9 2 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,1 0 0,0 0 0

SALICACEAE 0 0,0 77 0,7 335 2,1 98 0,9 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0

ULMACEAE 7 0,4 325 3,2 107 0,7 26 0,2 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0 0

URTICACEAE 147 7,6 622 6,0 1544 9,5 1082 9,7 1042 6,6 753 27,0 154 22,5 137 32,9 44 19,0 40 14,4 13 12,3 19 34

ALTRE 12 0,6 21 0,2 108 0,7 206 1,8 176 1,1 217 7,8 171 25,0 63 15,1 25 10,9 77 28,1 10 9,2 4 6,70

Altre: Polygonaceae, Euphorbiaceae, Myrtaceae, Aceraceae, Cyperaceae, Cannabaceae, Caprifoliaceae, Ericaceae, Ginkoaceae, Hippocastanaceae, Juglandaceae, Juncaceae, Lauraceae, Leguminose, Mimosaceae, Moraceae, Palmaceae, Papaveraceae, Saxifragaceae, Tiliaceae, Umbelliferae, Vitaceae e altri pollini deformati o non identificati o appartenenti a famiglie botaniche non riportate.

Tabella 1: somma e composizione percentuale del polline rilevato per mese e per famiglia botanica

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Elaborazioni aerobiologiche

a cura di Maria Cecilia Serra e Francesca Greco

Figura 1 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Concentrazione pollinica totale (spezzata nera) e precipitazione giornaliera

(istogramma grigio) rilevate nell’anno 2011

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Figura 2 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Corylaceae

Figura 3 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Cupressaceae

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Figura 4 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Platanaceae

Figura 5 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Urticaceae

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Figura 6 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Fagaceae

Figura 7 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Gramineae

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Figura 8 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Oleaceae

Figura 9 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Pinaceae

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Figura 10 - Roma – Osservatorio del Collegio Romano: Alternaria

Figura 11 –Roma – Osservatorio del Collegio Romano- Diffusione delle spore nel 2011

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Figura 12 – Roma – Osservatorio del Collegio Romano- 2011: Numero totale di spore rilevate per specie

Figura 13 – Roma – Osservatorio del Collegio Romano- 2011: Particolare - numero totale di spore rilevato nelle specie minori

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Sullo sfondo il Pantheon e la Basilica di San Pietro; in primo piano il campionatore pollinico sulla sommità della Torre Calandrelli. (Foto di Eleonora Gerardi)

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Commento all’andamento aerobiologico Francesca Greco, Maria Cecilia Serra

Nelle pagine precedenti sono esposti in forma grafica, i risultati del monitoraggio aerobiologico effettuato nel 2011 nell’osservatorio meteorologico del Collegio Romano. La Tab. 1 riporta in colonna il totale e la composizione percentuale dello spettro pollinico rilevato mensilmente per famiglia. La lettura in verticale evidenza la caratterizzazione floristica di ciascun mese. La lettura sulla riga mostra il protrarsi della fioritura delle diverse famiglie botaniche nel corso dell’anno. In figura 1, la spezzata rappresenta la concentrazione pollinica totale giornaliera (granuli/m3), l’istogramma il valore della precipitazione giornaliera (mm) rilevati nel sito nel 2011. L’insorgenza di fenomeni di precipitazione riduce la concentrazione pollinica in aria. Nel nostro ambiente si verificano due stagioni polliniche principali: una prima, a fine inverno, nell’intorno del picco che si è verificato il 19 febbraio (2598 granuli/m3), determinato dalla pollinazione delle Cupressaceae; la seconda, a primavera, in concomitanza del picco del 9 maggio (1561 granuli/m3), è da ascrivere alla fioritura di più specie contemporaneamente: querce, graminacee, frassini, olivi, carpini, pini, ortiche. Una terza stagione pollinica, sebbene molto ridotta in intensità rispetto alle due precedenti, si manifesta tra la fine dell’estate e l’autunno ed è dovuta principalmente a piante erbacee come la lanciola, il farinaccio, l’amaranto, la parietaria, l’artemisia e anche piante arbustive o arboree come edera, casuarina e cedri. In questo periodo in alcune aree, si registra una elevata concentrazione di Ambrosia, una composita molto allergenica; questo tipo di granulo è scarsamente presente tra i pollini rilevati al Collegio Romano. Le figure da 2 a 10 rappresentano la stagione pollinica 2011 delle principali famiglie botaniche rilevate nel sito: Corylaceae, Cupressaceae, Platanaceae, Urticaceae, Fagaceae, Gramineae, Oleaceae e Pinaceae; la linea spezzata esprime la concentrazione pollinica giornaliera della famiglia nel 2011, l’area grigia riproduce l’andamento medio annuale della concentrazione nel periodo 2001-2010. La determinazione della stagione pollinica è una delle questioni più dibattute in aerobiologia. Le date di inizio, del picco, della fine e la durata del periodo, variano notevolmente a seconda dei criteri proposti dagli autori. Alcuni considerano avvio del ciclo la data in cui la concentrazione di granuli per m3 di una specie raggiunge una certa percentuale dell’indice

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pollinico stagionale; e analogamente avviene per la determinazione del termine; in questo modo, a seconda dei limiti stabiliti, il periodo di pollinazione comprende il 90% (Pearson, 1981), il 95% (Andersen, 1991) ed il 98% del totale (Galan, 1995) oppure semplicemente ci si basa sul raggiungimento di una certa soglia (Giorato, 2000). Altri autori, nella valutazione della stagione pollinica considerano, oltre alla concentrazione giornaliera di un dato taxa, anche la continuità del rilevamento in più giorni successivi, per individuare con certezza l’inizio di un ciclo di fioritura e dispersione pollinica. In questa sede si prendono in considerazione i metodi di Jäger e di Leuschner.

Jäger et al. (1996) La stagione pollinica di un taxa comincia il primo giorno in cui il totale giornaliero di granuli sia superiore all’1% dell’indice pollinico stagionale (SPI), presupponendo che non seguano 6 giorni successivi senza pollini. La stagione pollinica finisce quando è stato raggiunto il 95% del polline totale annuale

Lejoly-Gabriel and Leuschner (1983) La stagione pollinica comincia nel giorno in cui la percentuale di polline emesso è superiore all’1% e la somma delIa percentuale giornaliera di polline rilasciato in un anno dal taxa raggiunge il 5%. La stagione pollinica ha termine nell’ultimo giorno in cui la somma della percentuale giornaliera rilasciata dal taxa sia maggiore dell’1% e la somma della percentuale di quel giorno e la somma della percentuale dei due giorni precedenti è più alta o uguale al 3%. I metodi esaminati per la definizione della stagione pollinica si basano sullo SPI, indice pollinico stagionale che viene determinato a fine anno; ciò comporta che la data di inizio della stagione pollinica e le date successive possono essere determinate a posteriori, quando il ciclo di pollinazione si è ormai concluso. Secondo gli autori citati sopra, le date di inizio, picco e fine, delle famiglie rappresentate, nel 2011 sono state le seguenti. CORYLACEAE Jäger Leuschner Inizio 12 12.01.12 38.2 9 09.01.12 13.3 picco 100 10.04.12 450.0 100 10.04 454 fine 117 27.04.12 20.5 130 10/05 12.6 durata 106 122 SPI 3618.4 3618.4

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CUPRESSACEAE Jäger Leuschner Inizio 28 28/01 365.7 28 28/01 365.7 Picco 50 19/02 2429.2 50 19/02 2429.2 Fine 97 07/04 70.3 93 03/04 97.6 Durata 70 66 SPI 22567.8 22567.8

PLATANACEAE Jäger Leuschner Inizio 84 25/03 50.8 85 26/03 193.1 Picco 89 30/03 594.9 89 30/03 594.9 Fine 100 10/04 54.6 103 13/04 56.3 Durata 17 19 SPI 4904.1 4904.1

PINACEAE Jäger Leuschner Inizio 91 01/04 24.6 90 31/03 11.3 picco 129 09/05 190.4 129 09/05 190.4 fine 279 06/10 7.2 150 30/05 20.8 durata 189 61 SPI 2088.4 2088.4

FAGACEAE Jäger Leuschner Inizio 103 13/04 145.7 95 05/04 38.5 picco 129 09/05 1156.1 129 09/05 1156.1 fine 161 10/06 40.9 178 27/06 39.2 durata 59 84 SPI 11888.1 11888.1

GRAMINEAE Jäger Leuschner Inizio 114 24/04 65.5 107 17/04 19.8 picco 141 21/05 145 141 21/05 145 fine 201 20/07 4.1 179 28/06 14 durata 88 73 SPI 3604.4 3604.4

OLEACEAE Jäger Leuschner Inizio 77 18/03 26.3 65 06/03 14.7 picco 141 21/05 152.8 141 21/05 152.8 fine 158 07/06 22.5 158 07/06 22.5 durata 82 94 SPI 2446.6 2446.6

URTICACEAE Jäger Leuschner Inizio 62 03/03 75 37 06/02 33.1 picco 77 18/03 197.5 77 18/03 197.5 fine 208 27/07 5.5 177 26/06 30.4 durata 147 141 SPI 5596.2 5596.2

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Confrontando le date riportate nei prospetti, si osserva come varia la stagione pollinica secondo i due autori. La data di inizio può slittare fino a 12 giorni nelle Oleaceae e a 25 nelle Urticaceae. La durata della stagione, secondo i due metodi, può variare di due giorni nelle Platanaceae, caratterizzate da una fioritura intensa ma condensata in un periodo ristretto, fino a 16 giorni nelle Corylaceae e 25 nelle Fagaceae. Un caso a parte è quello delle Pinaceae, famiglia in cui si raggiunge la maggiore differenziazione: 128 giorni di scarto nella durata e 129 nella data del termine. Evidentemente, il metodo Leuschner include anche il rilevamento autunnale del genere Cedrus che sfugge al metodo Jäger. Per le Pinaceae sarebbe opportuno considerare separatamente le stagioni polliniche dei generi Pinus primaverile e Cedrus autunnale. Le date di fine stagione oscillano da uno fino a 17 giorni nelle Fagaceae, 22 nelle Gramineae e 31 nelle Urticaceae, i cui granuli sono rilevati costantemente, pur in quantità variabili, nei campioni giornalieri. n gg concentrazione periodo persistenza alta media

Corylaceae 21 26 27.01- 08.02 31.03-09.05

Cupressaceae 47 34 15.01 - 21.04 Platanaceae 13 3 24.03 – 14.04 Urticaceae 11 100 10.02 – 26.06 Fagaceae 53 14 05.04 – 01.06 Granineae 39 28 17.04 – 30.06 Oleaceae 27 64 18.03 – 26.06 Pinaceae 10 15 01.05 – 16.05 Le spore Il rilevamento delle spore è rappresentato nelle figure da 10 a 13. L’Alternaria è una spora allergenica e viene monitorata obbligatoriamente (Norma UNI). In Figura 10, è rappresentata la concentrazione giornaliera ed il valore medio del periodo 2002 – 2010. La stagione dell’Alternaria è cominciata a maggio; il picco si è verificato il 29 luglio e la concentrazione si è mantenuta elevata per tutta l’estate; a ottobre è cominciata la fase discendente che si è protratta fino a novembre.

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ALTERNARIA Jäger Leuschner Inizio 144 24/05 121.4 121 01/05 60.7 picco 210 29/07 314.2 210 29/07 314.2 fine 303 30/10 38.9 309 05/11 41.3 durata 160 189 SPI 10700.2 10700.2 In Figura 11: Alternaria, Epicoccum, Stemphylium e Polythrincium sono le spore rilevate con maggiore frequenza; in ALTRE è sintetizzato il contributo di: Torula, Pleospora, Pitomyces, Peronospora, Periconia, Oidium, Helminthosporium, Curvularia, Chaetomium, Arthrinium, Agrocybe e Stemhylium. Queste sono rilevate in quantità modeste, (Fig. 12 e 13) da 700 unità (Torula e Pithomyces) alle poche decine di Agrocybe e Curvularia; Oidium e Peronospora, spore di interesse agrario, si collocano in posizione intermedia, con 567 e 369 unità rispettivamente. La stagionalità delle spore, contrariamente a quella dei pollini, è prevalentemente estiva (Figura 11). Riferimenti bibliografici Andersen T.B.: 1991, A model to predict the beginning of the pollen season,

Grana 30, 269-275. Galan C., Emberlin JC, Dominguez E., Bryant R.H. and Villamandos F.:

1995, A comparative analysis of daily variations in the Gramineae pollen counts at Còrdoba, Spain and London, UK, Grana 34, 189-198.

Giorato M., Lorenzoni F., Bordin A., De Biasi G., Gemignani C., Schiappoli M. and Marcer G.: 2000, Airborne allergenic pollens in Padua: 1991-1996, Aerobiologia 16, 453-454.

Iato V., Rodriguez-Rajo F.J., Alcàzar P., De Nuntiis P., Galan C. & Mandrioli P.: 2006, May the definition of pollen season influence aerobiological results?, Aerobiologia 22: 13-35.

Jäger S., Nilsson S., Berggren B., Pessi A.M., Helander M. and Ramfjord H.: 1996, Trends of some airborne tree pollen in the Nordic countries and Austria, 1980-1993. A comparison between Stockolm, Trondheim, Turku and Vienna, Grana, 35, 171-178 - Taylor & Francis

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Nilsson S. and Persson S.: 1981, Tree pollen spectra in the Stockholm region (Sweden) 1973-1980, Grana 20, 179-182.

Spieksma FTM, Emberlin JC, Hjelmroos M, Jäger S & Leuschner RM.:1995, Atmospheric birch (Betula) pollen in Europe: Trends and fluctuations in annual quantities and the starting dates of the seasons, Grana 34, Taylor & Francis

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Pubblicato il 19 giugno 2012

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e-ISBN 978-88-97081-20-3