Rischio biologico approfondimento

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Il rischio biologico• approfondimenti

Modalità di esposizione al rischio: l’infortunio biologico

Una delle modalità di esposizione al rischio è rappresentata dall’esposizione cutanea, mucosa o parenterale a materiali organici potenzialmente contenenti microorganismi (materiali biologici, sangue ecc.): infortunio biologico

Finalità della segnalazione

• Tutela medico-legale

• Follow-up sierologico

• Profilassi post-esposizione

• Valutazione epidemiologica

Registrazione degli eventi

I dati relativi agli infortuni debbono essere registrati

I dati possono successivamente essere analizzati con software statistici.

• Prevenire o comunque ridurre il rischio di infezione occupazionale (HBV, HIV, ecc).

Finalità della Profilassi Post Esposizione

Profilassi per HIV, HBV, HBC e TBC

Cosa fare (tempo 0 ed inizio profilassi terapia Chi fa (di norma il mc) Quando: attenzione al rischio HIV: max 4 ore dall’esposizione

Le cause potenziali degli infortuni biologici

La mancanza o inadeguatezza di: Formazione Procedure Dispositivi Carichi di lavoro Cultura della sicurezza

In un anno avvengono 100mila esposizione percutanee…

Gli infermieri sono i più colpiti

Gli aghi a farfalla primeggiano come causa di incidenti che coinvolgono aghi cavi pieni di sangue

Esposizioni ne lle diverse categorie profess ionali

58%17%

2%10%

9% 4%

Infermieri

Medici

Tec. Lab.

Peronale form.

Ausilari/Add. pulizia

Altro

Dati SIROH

0%10%20%30%40%50%

Siringhemonouso

Aghi afarfalla

Cateteriintrav.

Aghiprelievosottov.

Altro

Presidi più frequentemente associati alle lesioni percutanee

Dispos itivi pieni di sangue Dispos itivi non pieni di sangueSIROH-EPINET: 1997-99

Mancata segnalazione degli eventi

• Francia 50-70%• Italia 30-40%• Giappone 79-85%• Stati Uniti 40-42%

EVOLUZIONE

• HBV anni ’70

• HIV anni ’80

• HCV anni ’90

• ? anni 2000

La Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB

• CAPO III SORVEGLIANZA SANITARIA • • Art. 279. • (Prevenzione e controllo) • 1. Qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i

lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41.

• 2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per

• quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di

• protezione, fra le quali:

• a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;

• b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.

• 3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.

• 4. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’articolo 271.

• 5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell’allegato XLVI nonché sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.

Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB

• clinico-preventivi – contribuire alla protezione e mantenimento dello stato di salute e di sicurezza dei

lavoratori – valutare lo stato di salute generale e gli effetti sulla salute (sia patologie da lavoro o

lavoro-correlate, sia patologie che, pur non essendo correlate alle attività lavorative, possono condizionare l’idoneità lavorativa)

– programmare gli accertamenti clinici mirati ai rischi – identificare i soggetti ipersuscettibili– identificare necessità o opportunità per appropriate vaccinazioni– formulare una diagnosi clinica– formulare una diagnosi etiologica– indirizzare il lavoratore verso un appropriato specialista per eventuali follow up e terapia – comunicare individualmente i risultati della SS e counselling del lavoratore – individuare patologie professionali – gestire gli infortuni lavorativi– gestire focolai epidemici

Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB

• medico-legali – certificazione, denuncia, referto per malattie

professionali e infortuni sul lavoro – costituzione di una base di dati sanitari come

riferimento (al “tempo zero”, ad esempio in occasione di accertamenti preventivi), per valutare o interpretare situazioni future

– rispetto di confidenzialità e riservatezza– rapporti con autorità sanitarie locali e nazionali,

autorità giudiziarie, istituti assicuratori

Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB

• formulazione e gestione del giudizio di idoneità lavorativa– in fase di assunzione, cambio mansione,

accertamenti periodici e straordinari– reinserimento/ricollocazione lavorativa (in

relazione a stato di patologia, condizione di portatore, effettuazione di chemioprofilassi o terapia), in collaborazione con il datore di lavoro o suoi delegati

Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB

• epidemiologici– raccogliere ed elaborare in forma consultabile i dati

sanitari individuali e di gruppo, per la costituzione di un osservatorio epidemiologico ad hoc

– monitorare la prevalenza ed incidenza di infortuni e patologie da lavoro

– identificare e valutare eventi sentinella – valutare l’adeguatezza della VdR – valutare l’efficacia ed il costo/beneficio della SS

Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB

• valutazione del rischio– coadiuvare nell’identificazione e caratterizzazione dei

fattori di rischio– valutare gli effetti dell’esposizione ai fini della stima

del rischio

Obiettivi della Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB

• informazione e formazione– organizzazione delle attività di informazione e formazione, prima

dell’esposizione al fattore di rischio e con richiami periodici– educazione generale sui rischi per la salute e sulla loro prevenzione– informazione e formazione mirata ai rischi nel singolo ambiente di lavoro– stabilire un adeguato rapporto di fiducia con il lavoratore– valutare la compliance verso le misure tecniche, organizzative e

procedurali di carattere preventivo– comunicazione sui rischi e sul significato e risultati della SS per lavoratori,

datore di lavoro e delegati (individuale o per gruppi)– counselling post-infortunio, post-infezione/malattia, post-esposizione a

RB

La Sorveglianza Sanitaria negli operatori sanitari esposti a RB

• Accertamenti preventivi

• Accertamenti periodici

• Accertamenti straordinari a seguito di esposizioni professionali (profilassi post-esposizione)

Esperienza dell’AOUP: Sorveglianza sanitaria ed epidemiologica

• Sorveglianza sanitaria e registrazione dei dati sanitari degli esposti: la cartella sanitaria asped2000

• Registrazione degli eventi infortunistici asped infortuni biologici

INFEZIONI A TRASMISSIONE PARENTERALE :

• EPATITE B• EPATITE C• HIV

L’ EPATITE B

• E’ dovuta ad un virus a DNA ad alta infettività; le vie di trasmissione più importanti sono

• quella parenterale o percutanea (attraverso tagli, punture, trasfusioni, emoderivati);

• quella sessuale (attraverso lesioni delle mucose genitali, lesioni della mucosa orale);

• quella materno-fetale e quella perinatale (al momento del parto).

IL RISCHIO PROFESSIONALE RISULTA MAGGIORE QUANDO VI È DA PARTE DELL’ OPERATORE:

• UNA LESIONE PROFONDA;

• UNA CONTAMINAZIONE MASSIVA A LIVELLO CONGIUNTIVALE;

• SANGUE SUL MEZZO LESIVO.

VIRUS DELL’EPATITE B• Virus a DNA con involucro molto resistente

• infettività resiste per 6 mesi a temperatura ambiente e per 4 ore a 60 °C

• alte concentrazioni del virus: saliva, bile, secreto nasofaringeo, latte materno, sperma, secreto vaginale

I PORTATORI ASINTOMATICI DEL VIRUS

• svolgono un ruolo importante. Questo virus risulta stabile nel plasma o nel siero e può sopravvivere in diverse condizioni di temperatura ed umidità. Pertanto sono sufficienti minime tracce di sangue per rendere contagianti i vari liquidi biologici.

È stato valutato che:

• il rischio di contrarre l’epatite B per una singola esposizione accidentale sia compreso tra il 2 ed il 40%, tenuto conto dello stato HbeAg positivo o negativo del soggetto fonte di infezione;

• In coloro che hanno contratto l’infezione, la quasi totalità guarisce completamente;

• una minima parte (5-10%) diviene portatore cronico del virus;

• in quest’ultima un quarto può sviluppare un’epatite cronica attiva che successivamente può evolvere in cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare;

• una piccolissima percentuale, lo 0,5-1% di questi soggetti, va incontro ad epatite acuta fulminante che per lo più è a decorso mortale.

L’ EPATITE C • L’epatite C è determinata da un virus a RNA

la cui trasmissione avviene principalmente per via parenterale, altre vie sono quella perinatale e sessuale, quest’ultime però meno efficienti.

• In passato era molto frequente la trasmissione post-trasfusionale, oggi questo rischio si è notevolmente ridotto in seguito allo screening per la ricerca dell’anticorpo anti-HCV.

DECORSO CLINICO EPATITE C

• Oltre la metà dei soggetti affetti da epatite acuta post-trasfusionale potrà contrarre una forma cronica e tra essi un quarto potrà andare incontro ad una cirrosi epatica. In taluni soggetti affetti da epatite cronica e cirrosi si può sviluppare un carcinoma epatocellulare.

• Per quanto riguarda il decorso clinico, quello dell’epatite C è alquanto variabile.

VIRUS DELL’EPATITE C• Virus con involucro

lipopolisaccaridico a RNA

• inattivato dal calore secco a 60°C

• alquanto resistente nell’ambiente esterno

HIV• È estremamente labile nell’ambiente

esterno, rapidamente inattivato da agenti fisici e chimici

• Ha una infettività 20 volte inferiore a quella del virus dell’epatite B, di cui condivide le modalità di trasmissione

IL VIRUS HIV • IL VIRUS HIV responsabile

della sindrome dell’immunodeficienza acquisita è un virus a RNA, in genere poco resistente all’ambiente esterno.

• Tale virus è presente nelle secrezioni e nei liquidi corporei; infatti il sangue, il liquido seminale, le secrezioni vaginali sono fondamentali per la trasmissione di questo virus, ricordando tuttavia che teoricamente da tutti i liquidi contenenti linfociti infetti può derivare un potenziale contagio.

RISCHIO DI CONTATTO Virus ematogeni

Il rischio di contatto dipende:

a) dalla prevalenza dell’infezione nella popolazione (cioè dai soggetti

infettanti nella popolazione);

b) dal tipo di attività espletata;

c) dalle misure di prevenzione impiegate

Sieropositività tra i pazienti ospedalizzati

• Prevalenza HBV 2 %

• Prevalenza HCV 4 %

• Prevalenza HIV 1%

Sieropositività tra i pazienti dei reparti di emodialisi

• Prevalenza HBV 5-10 %

• Prevalenza HCV 25-40 %

Sieropositività tra i pazienti di malattie infettive

• Prevalenza HIV 30-70%

• Infezioni a trasmissione per via respiratoria

DA TBC PER GLI

OPERATORI SANITARI

IL MICOBACTERIUM TUBERCOLOSIS

• Il bacillo tubercolare (o Bacillo di Kock) è un batterio Gram positivo acido-alcol resistente

IL MICOBACTERIUM TUBERCOLOSIS

• La tbc si diffonde da soggetto a soggetto attraverso i droplets (tosse,starnutazioni)

• I droplets rimangono sospesi nell’aria per parecchie ore secondo il tipo di ambiente

Procedure diagnostico-terapeutiche ad alto rischio di generazione di aerosol

•Broncoscopia•Intubazione endotracheale•Aspirazione delle secrezioni respiratorie•Contatto stretto in occasione di un accesso parossistico di tosse•Somministrazione di aerosolterapie

RISCHIO DI CONTRARRE LA MALATTIA

• Il rischio di contrarre la malattia dipende:

• a) dalla carica infettante;

• b) dalla suscettibilità del soggetto.

IL MICOBACTERIUM TUBERCOLOSISChi sono gli esposti?IN PASSATO :• Operatori di malattie infettive, pneumologia,

anatomia patologica, microbiologia..

ATTUALMENTE • Maggiormente esposti operatori di unità chirurgiche,

di terapia intensiva e PS

– IMPORTANZA CRITICA DI UN CORRETTO TRIAGE

VALUTAZIONE DEL RISCHIO TBC

• caratt. Epidemiologiche della TB nel bacino di Utenza

• numero di casi contagiosi assistiti/anno

• risultati analisi delle cuticonversioni tubercoliniche tra gli operatori

RISCHIO DI CONTAGIO TBC • Popolazioni in studio Incidenza

annuale• O.S. di malattie infettive con pz. HIV pos. e TBC 0,8%• O.S. di pneumologia con pz. con TBC 0,3%• Popolazione generale 0,0033%

Obblighi del datore di lavoro• Valutazione del rischio• Attuazione misure tecniche, organizzative,

procedurali e igieniche, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.

• Messa a disposizione dei DPI• Informazioni e formazione• Sorveglianza sanitaria preventiva, periodica

e post-esposizione, profilassi vaccinale.

VACCINAZIONI

E’ compito del Medico Competente:• Prescrivere vaccini efficaci per i lavoratori non immuni• Informare i lavoratori circa vantaggi ed inconvenienti sia della

vaccinazione che della non vaccinazione

RACCOMANDATE PER TUTTI GLI OS

RACCOMANDATE IN CASI PARTICOLARI

HBV TBC

Morbillo, Parotite, Rosolia HAV

Varicella Tifo

Influenza La vaccinazione non deve essere considerata come alternativa

a misure di contenimento ma come una misura di sicurezza ulteriore

Linee guida SIMLII-ISPESL

Prevenzione HBV

• Vaccinazione con DNA ricombinante (0 - 1 - 6 mesi)

In caso di esposizione accidentale:• Vaccinazione con schedula rapida (0 - 1 - 2 mesi ed

eventuale 4° dose dopo 6/12 mesi dalla 3° dose)• Immunoglobuline (sec. paziente fonte)

Raccomandazione:promuovere l’offerta attiva della vaccinazione anti

-HBV tranne quando controindicata (soggetto immune) perché il vaccino è molto efficace e induce immunità specifica a lungo termine

• media nazionale 65%• Nord 77,6%• Centro 67,7%• Sud 44,5%

VACCINAZIONI

Decontaminazione strumenti

Lavaggio mani

Tutti i pazienti potenzialmente

infetti

Contenitori per raccolta

D.P.I.N.P.D.

PRECAUZIONISTANDARD

Dispositivo per prelievi ed infusioni con sistema di sicurezza integrato

Figura 3

Figura 1 Figura 2

ü Dispositivi di tipo attivo e passivo

ü Il meccanismo di protezione deve poter essere applicabile con una sola mano

ü L’operatore deve operare sempre con le mani in posizione arretrata rispetto all’ago

ü Il meccanismo di protezione è integrato nel dispositivo

Ago per prelievo multiplo

Dispositivi di protezione integrati

Siringa monouso con sistema di sicurezza integrato

Figura 1 Figura 2

Figura 3

Dispositivi di protezione integratiAgo di sicurezza per prelievo arterioso

ü Il dispositivo di sicurezza è di facile e pratico utilizzo

ü Il dispositivo di sicurezza è sicuro ed efficace nei riguardi del paziente

Dispositividi

ProtezioneIndividuale

D.Lgs. 81/2008 art. 74

….....qualsiasi attrezzatura destinata ad essere

indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di

proteggerlo contro

uno o più rischisuscettibili di minacciarne la salute

e la sicurezza durante il lavorononché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo

D.P.I.DEFINIZIONE

Sono invece esclusi:a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore; b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico; d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;

e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attivita' lavorative; f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente

OBBLIGHI

Dispositivi di Protezione Individualei necessari e idonei

D.Lgs. 81/2008 art. 18 c.1 lett. d)

Il Datore di Lavoroe i Dirigenti

ai lavoratoridevono fornire

Obblighi generaliI dispositivi di protezione individuale «(DPI) devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.» (art. 75 c. 1 D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81): è perciò obbligatoria la loro adozione solo per far fronte ai rischi residui altrimenti irriducibili con misure tecnico-organizzative.

articolo 77 del D.Lgs. n. 81/2008:1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;

articolo 77 del D.Lgs. n. 81/2008:

c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.

4. Il datore di lavoro:a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni

d’igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante;

b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;

c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;

d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;

e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;

f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva

Il responsabile SPP e il medico competente, meglio se

coinvolgono il RLS, hanno poi il compito di predisporre ed

attuare il programma per informare e formare i lavoratori

sulle ragioni che hanno portato all'uso di questi mezzi, sul loro

uso coretto e sulla giusta manutenzione. E' infine necessario

che il datore di lavoro preveda anche momenti di verifica e

controllo da parte dei dirigenti e preposti sulla corretta

applicazione delle direttive aziendali sui DPI anche attraverso

l'uso di strumenti disciplinari

Il DPI deve essere IDONEO

L’ INDIVIDUAZIONE e la SCELTA del DPI

“NECESSARIO” e “IDONEO”È diretta conseguenza

della fase di

Analisi e Valutazione dei Rischi “RESIDUI”

L’ IDONEITA’ del DPI

È strettamente legata al conferimento da parte del Fabbricante dei:

“Requisiti essenziali di salute e di sicurezza”

Previa verifica da parte dell’UTILIZZATORE che i “requisiti” siano adeguati ai PROPRI RISCHI

Ricordando che la legge stabilisce che il DPI deve essere:

ne deriva che, in fase di scelta, venga coinvolto il lavoratore stesso o il suo RLS e, se del caso, il MEDICO COMPETENTE

“Adattato alle esigenze del lavoratore”,“Idoneo” ai rischi,

“Non essere a sua volta fonte di rischio”, ecc.

i D.P.I devono possedere i:

“Requisiti Essenziali di Salute e Sicurezza”inoltre devono:

REQUISITI(D.Lgs. 81/2008 art.76)

essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare un rischio maggiore

essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro

tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore

poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità

essere compatibili tra di loro in caso di rischi multipli

Oltre al rispetto delle prescrizioni legislative (documentazione, marcatura e certificazione CE) e dei requisiti indicati nell’Art. 76 del D. Lgs. 81/2008, vanno verificati anche altri requisiti che si possono riassumere in:

REQUISITI FUNZIONALILe caratteristiche del dispositivo devono essere tali da:

essere in grado di neutralizzare il rischio specifico (deve essere concepito in modo da poter annullare o almeno ridurre il più possibile, la probabilità di infortunio per la parte protetta);non limitare le funzioni operative (deve essere progettato in modo che, pur mantenendo inalterate le caratteristiche protet-tive, vengano limitate il meno possibile le capacità lavorative);essere ben tollerato e accettato dal lavoratore e costruito in modo che in nessun caso possa essere fonte di disagio;

essere economico (nei limite del possibile).essere resistente e duraturo;

idoneità specifica all'uso cui sono destinati valutando la effettiva capacità protettiva nei confronti dei rischi da prevenire (criteri di efficacia);

adattabilità alla persona, buona sopportabilità e confort, in modo da consentirne l'uso senza eccessivo disagio in relazione alle modalità e al tempo di impiego (criteri ergonomici);

REQUISITI dei MANUFATTIOltre ai requisiti funzionali, il DPI deve rispondere alle seguenti esigenze:

adeguata solidità e resistenza agli agenti specifici, alle sollecitazioni meccaniche, agli agenti corrosivi ecc. in relazione alle modalità di impiego (criteri di efficienza e di economia);

semplicità di confezione e, più in generale, facilità di poter effettuare le operazioni di pulizia previste, la manutenzione e l'eventuale disinfezione o bonifica (criteri igienici e funzionali);

assenza di elementi o parti che possano costituire pericolo per l’operatore;

facilità di impiego (es. semplicità di indosso e rapidità nel toglierlo in caso di necessità);

se del caso, colorazioni appropriate per una corretta identificazione o per evidenziare, per esempio, la presenza sul dispositivo di sostanze pericolose;

foggia esteticamente gradevole e colori appropriati anche per ragioni di buona visibilità (ad esempio gli indumenti per gli operatori di squadre di emergenza o per i lavoratori impegnati in orario notturno) oppure per ottenere il massimo contrasto rispetto a sostanze nocive da cui ci si deve proteggere (criteri di migliore accettabilità e di funzionalità).

REQUISITI dei MANUFATTI

Il FABBRICANTE ha l’OBBLIGO di dimostrare il possesso dei “REQUISITI

ESSENZIALI DI SALUTE E DI SICUREZZA”

sul dispositivo stesso

Tale dimostrazione si concretizza con l’apposizione della marcatura

D.Lgs. 475/92 art. 4

Il D.Lgs. 475/92 (D.E. 89/686/CEE) prescrive che TUTTI i DPI siano soggetti ad una

procedura di certificazione che dimostri il possesso dei

Per questo scopo i DPI sono stati suddivisi in TRE categorie in funzione del TIPO di

RISCHIO dal quale ci si deve proteggere

CATEGORIE D.Lgs. 475/92 art. 4

“Requisiti essenziali di salute e di sicurezza”

Categorie DPI

• I categoria: rischio lieve (autocertificata dal produttore)

• II categoria: rischio significativo per occhi, mani, viso ecc., certificato da organismo di controllo

• III categoria: vie respiratorie e protezione da agenti chimici aggressivi, certificato da organismo di controllo

D.Lgs. 475/92

ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza

ha l’OBBLIGO di verificare il possesso dei REQUISITI ESSENZIALI DI

SALUTE E DI SICUREZZA

L’ORGANISMO DI CONTROLLO(o “ORGANISMO NOTIFICATO”)

Ad esito positivo della verifica, rilascial’”ATTESTATO DI CONFORMITA’”

D.Lgs. 475/92

L’ORGANISMO DI CONTROLLO opera solamente

nel caso di DPI che appartengono (secondo il D.Lgs. 475/92)alla 2^ e 3^ CATEGORIA

Non ha alcuna autorità per i DPI di 1^ CATEGORIA

0000

3^ cat

2^ cat

1^ cat

n° di riconoscimentodell’organismo

notificato

MARCATURA di CONFORMITA’

a partire dal 1.1.1997 (DLgs n° 10 del 2.1.1997)MARCATURA

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezione delle vie respiratorie

1. La mascherina chirurgica è omologata con marcatura CE perché “ presidio medico chirurgico” in conformità con la Direttiva Europea 93/42/CEE, ha lo scopo di proteggere l’ambiente ed i pazienti dall’aerosol prodotto dall’operatore che la indossa; non può perciò essere considerata in alcun modo mezzo di protezione individuale per le vie respiratorie, l’unica azione che svolge è quella meccanica proteggendo il volto dell’operatore sanitario da contaminazione accidentale di materiale biologico o chimico, ma anche in questo caso occorre rimuoverla prontamente quando è contaminata.

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezione delle vie respiratorie

2. La mascherina igienica ha di solito forma a conchiglia, presenta un solo elastico per fissarla alla testa ed ha un barretta metallica per adattare la sua forma al naso di chi la indossa serve anch’essa per proteggere il prodotto o l’alimento che si sta manipolando; non necessita di marcatura CE e qualora la riporti essa indica la conformità della mascherina stessa al suo ciclo produttivo; anche per questa valgono le stesse osservazioni già riportate per la mascherina chirurgica.

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezione delle vie respiratorie

3. I respiratori isolanti (indipendenti dall’atmosfera dell’ambiente dove l’operatore che li indossa svolge la sua attività), vengono utilizzati dove la concentrazione dell’ossigeno è al di sotto del 17% (valore stabilito dal CEN che è l’Ente Europeo di Normazione), oppure in presenza di contaminanti la cui concentrazione o pericolosità non può essere annullata attraverso l’utilizzo di respiratori a filtro; sono costituiti da sistemi autonomi simili a quelli dei sommozzatori subacquei o da sistemi non autonomi con collegamento esterno simile a quello del casco del palombaro, non vengono utilizzati nelle ordinarie attività sanitarie mentre sono a corredo della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco.

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezione delle vie respiratorie

4. I respiratori filtranti (dipendenti dall’atmosfera dell’ambiente dove l’operatore che li indossa svolge la sua attività), sono costituiti da sistemi filtranti di varia forma e dimensione, che possono coprire solo una parte del viso od anche tutto il volto e che filtrano l’aria circostante all’ operatore depurandola dall’agente inquinante per cui sono state realizzate (polveri, fibre, fumi , nebbie ,gas o vapori). Vengono utilizzati come dispositivi individuali di protezione per le vie respiratorie respiratori filtranti che coprono la bocca ed il naso e contrassegnati con le sigle FFP1 FP2 ed FFP3.

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezione delle vie respiratorie

La sigla FFP è l’acronimo di Filtrante Facciale anti Polvere; questa sigla che ritroviamo all’interno della normativa europea EN 149 (modificata nell’anno 2001 come EN149:2001) descrive il potere filtrante dei materiali con cui vengono confezionati i respiratori facciali ed in particolare li distingue come la tabella di seguito elencata:

Classe Efficienza FiltranteTotale Minima

FFP1 78 %FFP2 92%FFP3 98 %

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezione delle vie respiratorie

I filtranti facciali possono essere dotati di valvola espiratoria che favorisce l’espulsione del vapore acqueo emesso con la respirazione, migliorando il confort dell’operatore senza pregiudicare l’attività filtrante dell’insieme;

Dispositivi di Protezione IndividualeMarcatura F.F.P. EN149:2001

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezione delle vie respiratorie

nPer quanto riguarda la protezione da rischio di infezioni a trasmissione aerea si può considerare adeguato l’utilizzo di un respiratore di classe FFP2 attuando le ordinarie attività assistenziali sanitarie in presenza di paziente con sospetta o manifesta infezione da SARS, HIV, TBC, ANTRACE;

nqualora invece vengano attuate particolari procedure a rischio che possono aumentare l’aerosolizzazione delle secrezioni respiratorie (broncoscopie, broncolavaggi, induzione dell’espettorato su pazienti infetti) è raccomandabile l’utilizzo di respiratori in classe FFP3.

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezione delle vie respiratorie

Per quanto riguarda il rischio da contaminazione ambientale chimica durante la manipolazione di farmaci antiblastici è consigliabile utilizzare un respiratore di classe FFP2 durante tutte le fasi legate alla preparazione, alla ricostituzione di farmaco liofilo, ed alla riduzione di dose, nonché in caso di procedure di sanificazione a seguito di contaminazione accidentale ambientale.E’ da considerarsi inadeguato l’utilizzo di filtranti facciali FFP2 ed FFP3 in presenza di vapori di glutaraldeide e di formaldeide.

Dispositivi di Protezione IndividualeFiltrante Facciale Antipolvere con valvola

Dispositivi di Protezione IndividualeFiltrante Facciale Antipolvere con valvola

Particolare del codice colore di alcune ditteIn questo caso CELESTE = FFP2

Dispositivi di Protezione IndividualeFiltrante Facciale Antipolvere con valvola

Particolare del codice colore di alcune ditteIn questo caso ROSSO = FFP3

Dispositivi di Protezione IndividualeFiltrante Facciale Antipolvere con valvola

mod. FFP2 (piegata)

Dispositivi di Protezione IndividualeFiltrante Facciale Antipolvere con valvola

mod. FFP2 (aperta)

Dispositivi di Protezione IndividualeFiltrante Facciale Antipolvere senza valvola

Dispositivi di Protezione IndividualeAltri tipi di F.F.P. con valvole diverse

Dispositivi di Protezione IndividualeAltri tipi di F.F.P. con valvole diverse

Dispositivi di Protezione IndividualeAltri tipi di F.F.P. con valvole diverse

Dispositivi di Protezione IndividualeAltri tipi di F.F.P. con valvole diverse

Dispositivi di Protezione IndividualeRespiratore facciale antipolvere classe FFP1 con

filtrante a carbone attivo idoneo per ridotte esposizioni a vapori di formaldeide a basse concentrazioni

Dispositivi di Protezione IndividualeRespiratore facciale antipolvere classe FFP1 con

filtrante a carbone attivo idoneo e valvola per ridotte esposizioni a vapori di formaldeide a basse

concentrazioni

Dispositivi di Protezione IndividualeRespiratore

facciale antipolvere classe

FFA1P2Adatto per

esposizioni non prolungate a

vapori di formaldeide

Dispositivi di Protezione Individuale

Respiratore facciale

antipolvere modello 6000 con filtri specifici per

esposizioni prolungate a

vapori di formaldeide

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezioni Oculari

1. Occhiali : proteggono da resistenza aumentata (es. vento) o basse forze d’urto (es. urto con insetti) (gli occhiali da vista e da sole rientrano in questa classe)

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezioni Oculari

2. Schermi Oculari : hanno funzione analoga a quella degli occhiali, unica differenza è che alcuni sono predisposti per essere indossati al di sopra di altri occhiali non protettivi (es. maschera da sala operatoria con schermo)

Dispositivi di Protezione IndividualeSchermo Oculare

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezioni Oculari

3. Occhiali di Protezione : progettati per sostenere forze d’urto di velocità bassa e media, sono dotati di paratie al corpo ed alle stanghette per attuare un grado di protezione maggiore rispetto ai normali occhiali, le lenti possono essere separate come gli occhiali o costituire un insieme unico (come un piccolo schermo); alcuni modelli, dotati di ventilazione indiretta, proteggono da spruzzi di polveri e liquidi.

Dispositivi di Protezione IndividualeOcchiali di protezione con ventilazione indiretta

Dispositivi di Protezione IndividualeParticolare delle valvole di ventilazione indiretta

Dispositivi di Protezione Individuale

Protezioni Oculari

3. Visiere e schermi : sono progettati per proteggere gli occhi ed il volto da forze d’urto di media ed alta velocità, hanno solitamente una buona protezione per spruzzi di liquidi, mentre non proteggono dalle polveri.

Dispositivi di Protezione Individuale

Schermo con visiera

(questo particolare tipo è talvolta

utilizzato anche nelle attività sanitarie)

Dispositivi di Protezione IndividualeSchermo con visiera (vista dall’alto)

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezioni Oculari

CAMPI DI APPLICAZIONE E MARCATURA

La normativa cui si fa riferimento per la marcatura di questi D.P.I. è la EN 166 che detta le applicazioni di standard secondo le tabelle di seguito allegate:

Dispositivi di Protezione Individuale

Caratteristiche d’urto

Metri / Secondo Contrassegno di marcatura

Aumento di sollecitazione

12 S

Urto di bassa intensità

45 F

Urto di media intensità

120 B

Urto di alta intensità 190 A

Protezioni Oculari

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezioni Oculari

Caratteristiche ottiche Contrassegno di marcatura

Classe ottica 1 1

Classe ottica 2 2

Classe ottica 3 (non idonea per uso prolungato)

3

Resistenza ad abrasione prodotta da particelle fini

K

Resistenza all’appannamento N

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezioni Oculari

Campo di Applicazione Contrassegno di marcatura

Goccioline e spruzzi liquidi 3

Particelle di polvere grosse 4

Gas e particelle di polveri fini 5

Arco elettrico a cortocircuito 8

Metallo fuso e solidi incandescenti 9

Dispositivi di Protezione Individuale

Funzione dei filtri Contrassegno di marcatura

Identificativo filtro Scala

Filtro per saldatura / da 1.2 a 16

Filtri per ultravioletti (che possono influire sul riconoscimento dei colori ) 2 da 1.2 a 1.4

Filtri per ultravioletti ( che garantiscono buon riconoscimento dei colori )

3 da 1.2 a 10

Filtro per infrarossi 4 da 1.2 a 4.1

Filtro solare antiabbagliante ( senza funzione infrarossi ) 5 da 1.1 a 4.1

Filtro solare antiabbagliante ( con funzione infrarossi ) 6 da 1.1 a 4.1

I contrassegni di marcatura delle lenti sono composti dall’identificativo del filtro seguito dal numero di scala relativo

Protezioni Oculari

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezioni Oculari

Tuttora molti dei dispositivi che si trovano in commercio non riportano le diciture appropriate; inoltre occorre considerare che se l’oculare e la montatura riportano caratteristiche diverse, l’insieme deve essere interpretato come la categoria più bassa tra quelle trascritte sul D.P.I. di protezione oculare.

Dispositivi di Protezione IndividualeOcchiali di protezione (particolare della paratia superiore)

Dispositivi di Protezione IndividualeParticolare della stanghetta negli occhiali di protezione

Dispositivi di Protezione IndividualeOcchiali con scarsa protezione (soprattutto laterale) e

difficoltà nell’ indossarli al di sopra degli occhiali da vista

Dispositivi di Protezione IndividualeProtezioni Oculari (precauzioni)

- quando li trasportiamo non devono essere messi in tasca insieme ad oggetti (chiavi, penne) che possono graffiare la superficie delle lenti ;- non devono essere schiacciati o riposti con pesi, anche modesti, che gravino a lungo sulla struttura ;- sebbene siano costruiti con materiali plastici stabilizzati non soggetti ad invecchiamento eccessivo se sottoposti a raggi u.v., una eccessiva esposizione a fonti di calore (davanzali assolati durante la stagione estiva o termosifoni in quella invernale), può deformare la montatura e screpolare la vernice antigraffio;- possono essere puliti con acqua e detergente neutro o prodotto adatto per la pulizia delle lenti, nel caso debbano essere disinfettati occorre usare un disinfettante non molto aggressivo (es. clorexidina in soluzione saponosa per lavaggio mani); - prima dell’uso verificare che il D.P.I. di protezione oculare sia integro e non graffiato, se no occorre cambiarlo (considerate comunque che la maggior parte dei costruttori considera che il loro prodotto possa avere una vita media di tre anni se adeguatamente trattato).

Dispositivi di Protezione

Individuale

Guanto in nitrile(involucro esterno)

Dispositivi di Protezione

Individuale

Guanto in nitrile(indossato sotto cappa)

Dispositivi di Protezione

Individuale

Guanto in latticeNon sterile

Dispositivi di Protezione

Individuale

Camice in TNTSterile con rinforzi(involucro esterno)