r · 2013. 1. 5. · Gino Pollini ed Ernesto Rogers, con la collaborazione di Renato Zveteremich,...

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le radici della nuova urbanistica del progetto: IL PIANO DELLA VAL D'AOSTA Adriano Olivetti BBPR Pollini, Figini

> L’equilibrio dinamico

Van Eesteren, concorso per

l’Unter der Linden a

Berlino, 1925

PRG della Valle d’Aosta:

per la modernità

Un piano d’autore. Chi sono i BBPR Nel 1932, appena laureati Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers fondano lo studio BBPR a Milano. Già con le prime realizzazioni architettoniche, con l'adesione nel 1935 al CIAM (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne) e con l'attività teorica di alcuni componenti, lo studio si inserisce nel vivo del dibattito sull'architettura moderna. Il lavoro del gruppo BBPR si è caratterizzato, fino alla prima guerra mondiale, per vari piani urbanistici, tra cui il Piano Regolatore di Pavia (1932), il Piano Turistico dell'Isola d'Elba (1939), il Piano Regolatore della Valle d'Aosta (1936 - 1937), e per il rigore razionalista di realizzazioni come la Colonia Elioterapica di Legnano (1939). Nel 1947 Rogers è diventato membro del Concil dei CIAM, alla cui riorganizzazione ha collaborato intensamente. Nei CIAM Rogers ha contribuito a creare le base per la “revisione del moderno” simbolicamente rappresentata dalla Torre Velasca (Milano, 1958). In ambito editoriale, Rogers è chiamato a dirigere prima “Domus” e poi “Casabella” (che, con la sua direzione assume il suffisso “continuità”).

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Il piano Il Piano regolatore della Valle d'Aosta è, ancora oggi, una delle più interessanti e affascinanti proposte elaborate dalla cultura architettonica e urbanistica italiana degli anni Trenta. Elaborato fra il 1936 e il 1937 da un gruppo coordinato da Adriano Olivetti, che ne è il promotore, il Piano porta la firma degli architetti Antonio Banfi, Ludovico B. di Belgioioso, Piero Bottoni, Luigi Figini, Enrico Peressutti, Gino Pollini ed Ernesto Rogers, con la collaborazione di Renato Zveteremich, direttore dell'ufficio pubblicità della Olivetti a Milano, e dell'ingegnere Italo Lauro.

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Il rapporto con i CIAM: “continuità” Le vicende del Piano sono state in gran parte già ricostruite (in particolare da Ezio Bonfanti) e più volte si è messo in evidenza come sia fondato su un'imponente quantità di indagini e analisi, preliminari alla stesura dei singoli piani di intervento, e come sia figlio delle idee urbanistiche che si affermano ai Congressi internazionali di architettura moderna (Ciam), in particolare quello di Atene del 1933, dedicato alla città funzionale. E noto che i Ciam sono stati il luogo d'incontro dei più importanti protagonisti dell'architettura moderna del Novecento, da Le Corbusier a Mies van der Rohe, da Gropius a Giedion. Al Congresso del 1933 prendono parte per l'Italia, a fianco di Le Corbusier, Giedion, Van Eestern, Sert, Aalto e di 85 rappresentanti di altri 15 paesi, anche Bottoni e Pollini, delegati italiani ai Ciam e futuri coautori del Piano della Valle d'Aosta, Piero Maria Bardi, che del Piano sarà un ardente sostenitore, e Giuseppe Terragni.

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Il rapporto con i CIAM Alla evidente corrispondenza del Piano con alcune delle idee discusse nel corso del IV Ciam di Atene, possiamo aggiungere che i suoi principi programmatici ispiratori si ritrovano anche nelle fasi della preparazione (1936) e nello svolgimento (1937) del V Ciam di Parigi. Una parte del Piano, in particolare quella relativa a Ivrea (di Figini, Pollini e Olivetti) è infatti discussa in anteprima, nel settembre del 1936, all'incontro dei delegati dei gruppi nazionali in vista della preparazione del Ciam di Parigi dell'anno successivo, dove l'intero Piano viene illustrato da uno degli estensori, Piero Bottoni, come "Urbanesimo in montagna". Peraltro, è in quel Congresso che si affronta, per la prima volta in termini programmatici, il tema del piano regionale e si delineano gli studi che devono accompagnare un tale intervento: -analisi del sito e degli elementi naturali (con specifiche sul clima, sul territorio e le risorse del suolo, sottosuolo e naturali),

-analisi della popolazione e della sua distribuzione (con dati su popolazione rurale e urbana, suo incremento e decremento, età, lavoro e professione, densità, migrazioni),

- analisi delle realizzazioni (nei settori dell'agricoltura, dell'industria, del tempo libero e del sistema delle comunicazioni).

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Le “analisi” Il Piano della Valle d'Aosta presenta, nelle oltre 400 tavole che lo illustrano, due aspetti ben distinti. Uno è rappresentato dalla quantità di studi preliminari, che coinvolgono medici per le analisi e i dati sulle condizioni sociali della popolazione, economisti per le analisi, i diagrammi e le prospettive di sviluppo, ma anche aviatori per eseguire fotografie delle varie zone montane e rocciatori per individuare gli itinerari turistici. Tali studi preliminari sono organizzati in una serie di carte tematiche, al fine di inquadrare una regione montana nei suoi diversi aspetti - dall'orografia al clima, dalle condizioni sociali della popolazione alle risorse naturali ed economiche, dalle infrastrutture agli itinerari turistici - con l'agricoltura, i lavori pubblici, l'industria quali settori economici da sviluppare e il turismo come settore chiave per riscattare le aree montane depresse, volano della trasformazione dell'intera Valle.

Otto Neurath, grafica ed

ideologia nei CIAM

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Il “sublime”

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Analisi geografiche

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Analisi geografiche quantitative

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Analisi demografiche

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corso di analisi e tecniche di pianificazione urbanistica enrico formato

Analisi delle attività produttive

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Analisi dei flussi turistici

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Analisi della condizione abitativa

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“Il racconto urbanistico: San Giorgio contro il drago” (B.Secchi, 1984)

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Politica delle infrastrutture

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Il rapporto con i CIAM: dove inizia la “ritirata italiana dall’architettura moderna” ovvero la riscoperta delle preesistenze ambientali Tuttavia, è proprio all'interno dei Ciam che il Piano non riceve un'approvazione o quanto meno un riconoscimento. Infatti, mentre è, all'epoca, pubblicato in Italia su due delle principali riviste di architettura ("Architettura" e "Rassegna di Architettura", ma non su "Casabella") e all'estero su "L'Architecture d'Aujourd'hui", nel numero speciale dedicato a Construction en montagne, il Piano non è citato nel volume di José Luis Sert “Can our cities survive?”, pubblicato nel 1942 negli Stati Uniti e dedicato proprio ai temi urbanistici emersi in quel Ciam del 1937 dov'era stato presentato e discusso.

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La questione è, dunque: perché mai il Piano non compare nel libro di Sert e non riceve quindi il riconoscimento più ambito per i suoi estensori, che del Ciam fanno parte e nei Ciam si riconoscono? Non sembrerebbe per carenza di analisi preliminari, che sappiamo essere, almeno apparentemente, coerenti con le indicazioni scaturite dai Congressi, né per mancanza di planimetrie o diagrammi, che anzi sono un po' enfaticamente raffigurati in centinaia di tavole. Una possibile risposta al perché del mancato riconoscimento potrebbe riguardare la parte progettuale, dove si riscontra una divergenza dalle proposte di piano indicate nel volume di Sert e affidate allo zoning.

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Il progetto fu accusato dai CIAM di “estetismo” o “formalismo”, come diremmo oggi. Le Corbusier criticò in particolare il persistere di vecchie idee “italiane”, come la “strada direttrice dell’edilizia” (in relazione al piano di Ivrea). E poi, soprattutto, il legame con l’antico e con la storia. Ma come poteva essere diversamente in Italia? E’ qui che nasce la particolarità italiana del movimento moderno: quella di Rogers non fu una “revisione” ma, appunto, una “continuità”. Da cui le “preesistenze ambientali”, lo studio tipo-morfologico, la progettazione del restauro urbano. La costruzione di un’idea di paesaggio moderno non alienante, domestico, identitario, contestuale.

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> L’altra Italia. Ivrea, quartiere realizzato nei pressi dell’Olivetti su diegno di Figini e Pollini

> L’altra Italia. Fabbrica Olivetti a Pozzuoli di Luigi Cosenza