Noi siamo della materia di cui sono fatti i sogni. E la nostra breve vita si chiude in un sonno....

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Noi siamo della materia di cui sono fatti i sogni. E la nostra breve vita si chiude in un sonno.

Prospero, The Tempest

.La Tempestadi William

Shakespeare

sonno morte

sogno illusione

Noi siamo della materia di cui sono fatti i

sogni. E la nostra breve vita si chiude in un sonno.

Prospero, The Tempest

si chiude finisce

Un simbolo parla per allusione, dice una cosa e ne intende

un’altra,

quindi trattiene ciò che una definizione semplice e chiara distruggerebbe.

Edgar Wind

1611 , The Tempest

di William Shakespeare

chiave filosofica

chiave autobiografica

“La Tempesta è un enigma”.

Peter Brook

allegoria politica

1948

1977/78

1983/84

Tre allestimenti di Giorgio Strehler

“Perché dunque rappresentare La Tempesta? Risponderei: perché bisogna sfidare l’impossibile, perché è il nostro dovere di uomini di teatro (e, a lampi, di artisti) ad un certo punto della nostra vita e della nostra conoscenza – affrontare direttamente

l’impossibile, anche a costo di uscirne spezzati – ma anche per strappare un altro pugno di verità del mondo”.

1948

1977/78

1983/84

Giardini di Boboli, Firenze, 1948

“la divina incoscienza della giovinezza”

“itinerario nel

buio per arrivare ad una particella di luce, umana e poetica”

Strehler

Giorgio De Lullo (Ferdinando)

Camillo Pilotto, Prospero

Giorgio De Lullo , Ferdinando

Lilla Brignone, Ariele

Marcello Moretti, Calibano

Nino Manfredi, Sebastiano

Marcello Moretti (Calibano) Lilla Brignone (Ariele)

Ebe Colciaghi, Riproduzione degli spazi dell’incanto

Ebe Colciaghi, bozzetti per il personaggio di Miranda

“Nel cuore della Tempesta l’uomo di teatro tocca o crede di toccare gli estremi limiti del teatro. Nella Tempesta c’è la glorificazione del teatro, delusa e trionfante, del teatro come mezzo altissimo e insostituibile di conoscenza e di storia, ma entro certi limiti inutile, terribilmente inutile o insufficiente, per il muoversi inconcepibile della vita che sempre lo supera”

Teatro Lirico, Milano 1977/78

“Occorre un grande coraggio, un disperato coraggio, per fare La Tempesta di Shakespeare,

oggi. Ma forse è di gesti come questi che oggi si ha bisogno”.

Strehler

“La storia è arrivata

puntualmente dentro i

muri chiusi di un teatro,

in cui una piccola

collettività stava

lavorando sulle parole

di un grande

poeta per inventare

sogni”. Strehler

“Occorre un grande coraggio, un disperato coraggio, per fare La Tempesta di Shakespeare,

oggi. Ma forse è di gesti come questi che oggi si ha bisogno”.

Strehler

Tino Carraro, Prospero

Giulia Lazzarini, Ariele

Michele Placido, Calibano

Fabiana Udenio, Miranda

Massimo Bonetti, Ferdinando

Giulia Lazzarini e Tino Carraro

Fabiana Udenio e Tino Carraro

Tino Carraro, Massimo Bonetti, Fabiana Udenio

Luciano Damiani, scenografia per la Tempesta

“Durante il viaggio, schizzai

una scena con un

velo per il cielo in

sala, e uno per il mare

che entrava in palcosceni

co a lambire i

bordi

dell'isola di

Prospero”.L. Damiani

“Durante il viaggio, schizzai

una scena con un

velo per il cielo in

sala, e uno per il mare

che entrava in palcosceni

co a lambire i

bordi

dell'isola di

Prospero”.L. Damiani

“Cercai di spiegare che la scena senza il velo in sala avrebbe perduto ogni significato.E fu così”.L. Damiani

Teatro di documenti - Roma

“Il Teatro di documenti è a un tempo la realtà e il quadro in cui è dipinta”

Franco Quadri

Luciano Damiani, bozzetto per il personaggio di Calibano (Michele Placido)

Luciano Damiani, bozzetto per il personaggio di Stefano

Luciano Damiani, bozzetti per i personaggi di Trinculo e Ariele (arpia)

Luciano Damiani, bozzetti per i personaggi di Prospero, Miranda e Ferdinando

Luciano Damiani, bozzetti per la scena

Luciano Damiani, bozzetti per la scena

Luciano Damiani, bozzetti per la scena

Luciano Damiani, bozzetti per la scena

La Tempesta, luogo della mente

“Questa meditazione teatrale che coinvolge l’uomo intero non ci ha lasciati indenni. Ci ha lacerati. Mai come in questa Tempesta abbiamo sentito la fallibile, disperante, trionfale grandezza e responsabilità del nostro mestiere.    (…) La Tempesta è un’opera disperata, ma nello stesso tempo attiva, che domanda non il gesto suicida della rinuncia ad essere uomini, ma la domanda di essere migliori e che ci consegna la quieta e profonda consapevolezza che soltanto la conquista dell’umano – che non è semplicemente pietà, giustizia o tenerezza, ma accettazione della realtà umana, così come è, oltre la dolce utopia – può aiutare l’uomo a prendere il mondo nelle sue mani, non per distruggerlo o avvilirlo, come sembra stia facendo ad ogni tornante della sua storia”.