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La redazione al lavoro
Sommario
Redazione
Pag. 1 Una luce nella nebbia, a Novembre
Pag. 2 È tempo di ...OrAscoltare
Pag. 3 In cammino verso il Sinodo dei Giovani
Pag. 4 Laudato si’: con Francesco discepoli e custodi
Pag. 5 Pronti a scattare: A.C.R. 2017-2018
Pag. 6 Don Angelo ai casaranesi: “Siate prudenti e semplici. Ognuno di voi diventi strumento
della provvidenza”
Pag. 10 Vivere nel mondo oggi con la minaccia del terrorismo
Pag. 11 Video Check, Goal Line Technology, Var...iamo?
Pag. 12 L’angolo del divertimento
Pag. 12 L’angolo della ricetta
V O C I G I O V A N I
Parrocchia Maria Santissima Annunziata
Oratorio-Circolo Anspi “San Giovanni Elemosiniere”
Corte Tancredi, 1 - 73042 Casarano (LE)
Tel/Fax: 0833 501628
E-mail: vocigiovani@gmail.com
Sito web: www.oratoriosangiovannielemosiniere.it
Direttore responsabile: Don Totò Tundo
Caporedattore: Alberto Nutricati
Coordinatori: Alberto Nutricati, M. Emanuela Panico
Impaginazione e grafica: Alberto Nutricati
Redazione: Sara Crudo, Francesco De Marco, Giovanna De Marco, Andrea De Matteis, Paolo De Micheli, Mattia Ferrari, Miriam Filograna, Luca Mor-
ciano, Mattia Oliva, Laura Steca.
L’immagine di copertina è stata realizzata dal Prof. Salvatore Mercuri
P A G I N A 1
“Novembre è il mese dei morti”! Lo sussurrano con disap-punto coloro che si sentono disturbati dal chiasso infantile
della festa di Halloween. Anche noi preferiremmo ripensare ai nostri cari defunti, ai momenti belli vissuti con loro, in un
clima maggiormente orientato al silenzio; vorremmo racco-glierci in preghiera, per gustare le risonanze di tante espe-
rienze condivise con gioia e che, gradualmente, si esaltano nei toni più luminosi, mentre si dissolvono nell’effetto nebbia
del tempo. Siamo invece costretti a rispondere alla domanda che ci viene rivolta perentoria, a sorpresa, da improbabili
scheletri: “dolcetto o scherzetto”? … Ma va’ …! Un lumino davanti alla tomba di mio padre è segno della sua,
della mia fede; il suo chiarore apre alla speranza, riscalda il gelo della lapide e richiama alla memoria quel seme di eterni-
tà che abbiamo ricevuto, io e mio padre, nel giorno del no-stro battesimo, quando ci è stata consegnata una candela
accesa, per vivere sempre “come figli della luce”. Una zucca scavata per gioco, illuminata per far risaltare mo-struosi volti da burla, non ha lo stesso effetto; mi divertireb-
be pure, ma in altro contesto. A novembre no! Novembre è il mese dei morti, con buona pace di mostri e fantasmi che si
agitano inquieti in “zucche” svuotate. Ma novembre è anche il mese dei Santi. E Santi non sono
solo quelli importanti che, beati loro, sono vissuti in altri tempi e in luoghi lontani, come se fossero “diversamente
uomini”. Santo devo essere io che, incontrando Gesù e in ascolto della sua parola, scelgo di seguire i suoi passi per
condividere il suo stesso destino di gloria. Santo vorrei esse-re io che invece patisco il peso della mia fragilità e, tra le
quisquiglie di ogni giorno, sudo le proverbiali sette camicie per non “sconfessarmi”.
La vocazione alla santità spinge avanti il mio sguardo, mi apre alla speranza, mi aiuta a considerare la possibilità di contem-
plare orizzonti più vasti, di respirare aria pulita a pieni pol-moni, nel tempo di Dio. Ed io, che mi ero lasciato cullare dai
ricordi belli dei giorni passati, trovo motivo per sollevare lo sguardo e guardare verso il futuro col sorriso sul volto e la
gioia nel cuore. Poi arriva S. Martino e lo scenario cambia, diventa caldo di
convivialità. Davanti ad un buon bicchiere di vino nuovo,
ritroviamo il gusto di stare in famiglia o con gli amici di sem-
pre, per condividere salsiccia piccante e castagne arrostite, prima di consumare, con l’entusiasmo che abitualmente
riserviamo alle cose speciali, gli ultimi grappoli d’uva e i primi mandarini della stagione.
Si sta insieme per chiacchierare del più e del meno, magari, per prendere in giro lo scemo di turno che crede ancora
che le zucche poste alla finestra abbiano il magico, occulto potere di allontanare i demoni e gli spiriti avversi che si
aggirano, dannati, nella fitta nebbia della notte tra il trentuno ottobre e il primo novembre, terrorizzando gli sprovveduti
con l’antico ricatto “dolcetto o scherzetto?”. Si ride di gusto a S. Martino, un po’ per effetto del vino friz-
zante, ma specialmente perché si sta bene mentre si consu-ma la cena, ci si vuole bene nonostante i contrattempi e le
incomprensioni, nonostante i problemi che sappiamo di non riuscire a risolvere né nel mese dei morti, né a Natale, da-vanti alla culla del Bambino che nasce.
E noi che, assorti, già pensavamo a come fare per prendere parte alla gioia del Regno di Dio, nella gloria dei Santi, ci
convinciamo di dover camminare ancora tra i sentieri del tempo, fianco a fianco con i nostri fratelli, con i quali ci so-
steniamo a vicenda, per non inciampare nei sassi, per non cadere nelle buche o nelle tante trappole che il destino o la
storia ci riservano con generosa dovizia. Ci ritroviamo intorno alla mensa, a guardarci negli occhi e a
sorridere nel ricordare le nostre radici, nel considerare il nostro destino e capire che intanto, insieme, in amicizia,
tutto diventa bello e buono: l’alba come il tramonto, la ric-chezza quanto la povertà, la vittoria, ma anche la sconfitta.
Alle tante zucche vuote del mondo, poi, con il gomito alzato per un bicchiere di troppo, suggeriremo: “ma va’ … ! ”.
Don Totò Tundo
Una luce nella nebbia, a Novembre
P A G I N A 2
Un mondo migliore si costruisce
anche grazie alla voglia di
cambiamento
V O C I G I O V A N I
È tempo di... OrAscoltare
“Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla
vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità. Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggeri-
sce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro”. “La Chiesa
desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della
vostra sensibilità, della vo-stra fede; perfino dei vostri
dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido,
lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere
ai pastori”. Così si rivolge ai giovani Papa Francesco in
una lettera a loro dedicata in occasione della presenta-
zione del Documento Pre-paratorio del Sinodo del
prossimo ottobre 2018 che vedrà i padri sinodali di
tutto il mondo riunirsi per discutere sul tema “I giova-
ni, la fede e il discernimento vocazionale”.
È un invito ad apprendere la difficile arte di
ascoltare in una società assuefatta al rumore assordante e caotico che ormai non lascia più
molto spazio al gusto intimo del silenzio, ren-dendoci sordi e incapaci di cogliere la verità.
Un invito che ANSPI accoglie come una nuova sfida per l’anno pastorale appena apertosi:
ascoltare significa conoscere meglio noi stessi, il nostro corpo e le nostre emozioni perché
possiamo meglio gestirle; significa mettere al centro l’educazione, quindi comprendere e
condividere le attese dei tanti bambini, ragazzi e giovani che ci sono affidati per aiutarli a rico-
noscere quella chiamata che Dio rivolge a cia-scuno di loro; nella relazione genitori-figli signi-
fica permettere una riflessione interiore che aiuti il nucleo familiare a crescere e rafforzarsi.
Ma saper ascoltare la natura, i propri sogni, la scienza, perfino la paura e il rumore ci rende infine dav-
vero liberi di poter servire il prossimo e la nostra comu-nità, valorizzandone la bellezza. Imparare ad ascoltare
col cuore per farsi ascoltare, dunque, l’impegno dei nostri ragazzi che da ottobre sono partiti insieme per il
nuovo percorso invernale “OrAscolta” guidati dagli animatori Francesco Zompì,
Francesco De Marco ed Aurora Dongiovanni, come pure
l’impegno dei giovani e giovanis-simi che ogni mercoledì dalle
ore 20 alle 21 si incontrano per concretizzare lo sforzo di amo-re che include tanto da lasciare
spazio dentro di loro all’Altro: si discute, si risponde, si cerca di
avere ragione o di sistemare il problema dell’altro, si impara a
mettere a tacere il proprio ego-centrismo. Tutto pronto soltan-
to per … allenarci ad ascoltare meglio!
M. Emanuela Panico
P A G I N A 3N U M E R O X X I I I
In cammino verso il Sinodo dei Giovani
Un “Chi è giovane oggi vive la propria condizione in un mondo
diverso dalla generazione dei propri genitori e dei propri educato-ri. Non solo il sistema di vincoli e opportunità cambia con le tra-
sformazioni economiche e sociali, ma mutano, sottotraccia, anche desideri, bisogni, sensibilità, modo di relazionarsi con gli altri. Inol-
tre, se da un certo punto di vista è vero che con la globalizzazione i giovani tendono ad essere sempre più omogenei in ogni parte
del mondo, rimangono però, nei contesti locali, peculiarità cultu-rali e istituzionali che hanno ricadute nel processo di socializzazio-
ne e di costruzione dell’identità”, si legge nel Documento Prepara-torio per il Sinodo dei Vescovi che si terrà nell’ottobre 2018. Una Chiesa che voglia, sulla scia di Papa Francesco, rendere i gio-
vani consapevoli del grande dono che rappresenta per loro un Sinodo dei Vescovi e accompagnarli all’incontro con Cristo per
ricevere da Lui il mandato per la loro vita, non può non tenere conto di tre parole chiave:
Ascolto, Missione e Cammi-no. Sono queste le parole
che caratterizzeranno il pro-gramma pastorale pensato
dall’equipe di Pastorale Gio-vanile della nostra diocesi, in
piena sintonia col program-ma Diocesano, in quanto
esse sono anche espressione di un cammino battesimale
che caratterizza la vita dei nostri giovani.
Il 29 ottobre alle ore 20:00 presso il Santuario del SS.
Crocifisso di Galatone si è celebrata l’apertura del Cam-
mino Giovani rivolto ai gio-vani dai 17 anni in su, dispo-
nibili a vivere un percorso di spiritualità che soddisfi la
loro esigenza di avere uno spazio adeguato e diverso di
confronto con la Parola di Dio.
Pertanto, stimolato anche dal cammino verso il Sinodo, il
servizio diocesano svilupperà
il Cammino dei Giovani in cinque tappe a scadenza mensile duran-
te le quali essi saranno guidati e accompagnati dalla figura di san Giovanni apostolo, il discepolo amato.
La tradizionale Scuola di Preghiera per adolescenti sarà anche quest’anno a cura delle equipe foraniali e si terrà la seconda setti-
mana di ogni mese nei luoghi di volta in volta stabiliti. Mossa da una domanda cruciale del tipo “Come possiamo ridesta-
re la grandezza e il coraggio di scelte di ampio respiro, di slanci del cuore per affrontare sfide educative e affettive?”, l’equipe di
PG intende far risuonare la risposta del Pontefice: «Rischia! Ri-schia. Chi non rischia non cammina. “Ma se sbaglio?”. Benedetto il Signore! Sbaglierai di più se tu rimani fermo» (dal Discorso a Villa
Nazareth, 18 giugno 2016).
Don Antonio Perrone e l’equipe di PG
P A G I N A 4
V O C I G I O V A N I
Ogni sera poi, dopo esserci preparati, gli educatori ci
invitavano con entusiasmo ad assistere alla parte più importante di ogni giorno, ovvero la messa.
Molti ragazzi hanno certamente gradito il momento dei pasti, in quanto si stava insieme ai propri amici, si condi-
videvano le idee e le impressioni riguardanti la giornata, si scherzava e si cantava e, soprattutto, si mangiavano le
squisitezze che le cuoche ci preparavano. Eh sì, le no-stre cuoche erano le migliori, non
solo perché ci cucinavano dei piatti deliziosi, ma anche perché si diverti-
vano con noi e ci accontentavano ad ogni piccola richiesta.
Insomma, questo campo scuola ha lasciato sicuramente un segno inde-
lebile in ognuno dei nostri piccoli cuori: abbiamo conosciuto tante nuove persone, ci siamo divertiti
con poco e, più di ogni altra cosa, abbiamo vissuto un’altra esperienza
stupenda con la nostra grande fami-glia… l’A.C.R.!
Laura Steca
Sara Crudo
Come ogni anno, noi ragazzi di A.C.R. (Azione Cattoli-
ca Ragazzi) abbiamo partecipato numerosi al campo scuola, tappa conclusiva del percorso annuale. Esso si è
svolto nel periodo compreso tra il 20 luglio e il 23 luglio presso la struttura “Seminario Estivo” di Tricase
Porto, in seguito ad una sera di pre-campo trascorsa il 18 luglio, nella quale ci è stato presentato il tema e
grazie alla quale ci siamo conosciuti.
Grazie all’aiuto di educatori, animatori e sacerdoti,
questi quattro giorni passati insieme sono stati per noi un’esperienza vissuta secondo il modello di San France-
sco d’Assisi. Subito dopo la tanto attesa distribuzione nelle camere e la divisione nelle cinque squadre
(betulla, abete, faggio, quercia e cipresso), gli educatori ci hanno presentato il Crocifisso di San Damiano, il
quale ha chiesto a noi come al nostro nuovo amico San Francesco di ricostruire la sua casa e di essere custodi
del creato. Attraverso attività, giochi e preghiere ci siamo spesso
soffermati a pensare a ciò che è il significato profondo della parola “felicità”: San Francesco ci ha insegnato
infatti che la vera gioia non è fatta di ricchezze né di apparenze, ma di relazioni autentiche.
Durante le nostre giornate non è mai mancato un po’ di tempo da trascorrere al mare, alcune volte per di-
vertirci nel pomeriggio e altre per riflettere e pregare, come, ad esempio, durante la veglia, svoltasi la seconda
notte.
Laudato si’: con Francesco discepoli e custodi
Un’esperienza
vissuta secondo il modello di
San Francesco
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Pronti a scattare: A.C.R. 2017-2018
É iniziato anche quest’anno un nuovo percorso di A.C.R. (Azione
Cattolica Ragazzi) con un altro fantastico slogan: “Pronti a scatta-re!”.
Questo tema è incentrato sulla fotografia, grazie alla quale possia-mo raccontare dove siamo stati, cosa abbiamo fatto e con chi eravamo; uno strumento per ricordare e condividere, diventato
ormai un elemento costitutivo della vita di tutti. Oltre all’immagine fotografica in sé ci sono almeno altri due ele-
mento di fondamentale importanza: chi fotografa e chi guarda la fotografia. È grazie al loro sguardo che scopriamo ciò che in real-
tà una fotografia non può raccontare da sola. Molto spesso attraverso una foto si può delineare l’aspetto fisico
di una persona, alla quale, ad esempio, cerchiamo di somigliare: é su questo argomento che l’A.C.R. cercherà di soffermarsi
quest’anno, concertandosi soprattutto sulla domanda di realizzazione/progetto, una domanda che ci induce a chiederci
che tipo di persone vogliamo essere e diventare, sulla base della sequela.
Ma cos’è la “sequela”? La sequela è la conversione al Vangelo della vita, ovvero fare esperienza dell’incontro
sempre nuovo e unico con il Signore, che passa nella storia e dona la vita, imparare ad ascoltare la Sua Paro-
la e rispondere alla vocazione. La dimensione social si nutre di immagini: la possibilità
di poterle condividere in tempo reale con chiunque le ha fatte diventare uno strumento ancora più potente di
quanto già siano, cambiando anche il nostro modo di fotografare… perché scrivere o raccontare quando si
può dire tutto con una singola immagine? Riconoscersi nelle foto di altri fa uno strano effetto,
soprattutto se quel momento lo si ricorda effettiva-mente. Ci si rivede da un’altra prospettiva, con gli oc-
chi di qualcun altro. Non è sempre detto che ci si piac-cia, ma quell’immagine c’è, qualcuno ha scelto di scat-
tarla e conservarla ed è questo l’importante.
Partendo da questi obiettivi che ci siamo posti, ci siamo ritrovati,
dopo i tre mesi estivi, sabato 14 ottobre per cominciare il per-corso annuale. Dopo un breve momento di accoglienza, non po-
tevano certamente mancare le foto e così, tra divertenti baffi e cappellini di carta, ogni gruppo è stato fotografato su uno sfondo
caratterizzato dalle foto degli anni precedenti. Ogni corso poi ha avuto modo di ritrovarsi, di raccontare le pro-
prie “avventure estive” e di discutere sul tema principale di quest’anno; ovviamente, già introducendo lo slogan, si poteva
notare l’entusiasmo e la voglia di cominciare da parte di educato-ri, animatori e ragazzi.
E così, tra zoom e flash, i membri dell’A.C.R. sono… Pronti a scattare!
Laura Steca Sara Crudo
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Un albero cresce
bene quando le
radici sono bene
inserite nella terra
una identità forte, che ha saputo sempre conqui-
stare i propri invasori dall’interno, fino a farli scomparire come elementi assorbiti da quella
stessa società umana che volevano conquistare e annientare. Ed allora la dignità, la forza della nostra
porpora risiede non in una forza da contrapporre, ma risiede in una docile ed affascinante proposta a
cui aderire. E non a caso la porpora, il rosso inter-
no nell’iconografia cristiana è il colore dello Spirito
Santo, cioè la forza personale di Dio, di Dio che agisce ed è padre che non conquista per violenza,
ma per fascino e passione. Questo è lo stile di Dio, la porpora ci ricorda tutto questo. Sarebbe
bello dimostrare che aprire le porte alla speranza del futuro è cosa dello spirito, che vuole affascina-
re e conquistare per attrazione e non per con-trapposizione. Sarebbe bello pensare a questo, ci
Don Angelo ai casaranesi: “Siate prudenti e semplici. Ognuno diventi strumento della provvidenza”
È stato un augurio davvero speciale quello che
monsignor Angelo De Donatis ha rivolto ai casara-nesi nel corso della cerimonia del conferimento
della cittadinanza onoraria, lo scorso 16 ottobre, all’interno dell’auditorium comunale, gremito di
cittadini. Intriso di spiritualità e di speranza il discorso di
ringraziamento di don Angelo, come affettuosamen-te i casaranesi continuano a chiamare il prelato nato
a Casarano, ordinato sacerdote nella chiesa di San Domenico il 12 aprile del 1980 e recentemente
nominato da Papa Francesco suo vicario per la dio-cesi di Roma.
“Un albero – ha esordito don Angelo – cresce bene quando le radici sono ben inserite nella terra. Ed
allora questo bagno per me di sentirmi innestato nella comunità di Casarano è un bel dono. Mi sento
onorato, mi sento profondamente grato per il dono della cittadinanza onoraria”.
Il discorso di don Angelo prende le mosse dall’analisi iconografica e cromatica dello stemma di
Casarano, a cominciare dal colore porpora. “Per prepararmi a que-
sto appuntamento – rivela don Angelo –
sono andato a studiarmi lo stemma di Casarano,
allo scopo di trovare un filo rosso per poter
mettermi in sintonia. La prima cosa che mi ha colpito è quel colore
porpora che fa da sfon-do allo scudo. Questo
colore descrive la fierez-za della nostra gente di
Casarano. C’è una santa fierezza, che ho ricevuto
qui. Io devo molto alla comunità di San Dome-
nico, perché lì da ragaz-zetto ho cominciato a
vivere la mia fede, sono stato battezzato in quella
chiesa, ho fatto la prima comunione lì, ho ricevu-
to la cresima e l’ordinazione. Don Raffa-
ele è stato per me un maestro di vita. La no-
stra è una terra che vive una millenaria storia di passaggi, di dominazioni, a
cui il popolo ha sempre risposto con la propria identità, non da contrapporre con una guerra, ma
Foto di Giovanni De Micheli
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Don Angelo ai casaranesi: “Siate prudenti e semplici. Ognuno diventi strumento della provvidenza”
aiuterebbe a superare tante paure, che forse si annidano nel
cuore, pensando un po’ alla situazione che stiamo vivendo in Italia”.
Il secondo elemento preso in esame è il pino. “La seconda immagine – continua monsignor De Donatis – è il
pino italico. Nell’araldica richiama la nobiltà antica e la forza che è in grado di ristorare molti con la sua ombra. È un albero pos-
sente, che si fa notare crescendo rigoglioso in mezzo a mille
difficoltà, non temendone alcuna. E nell’iconografia cristiana
l’albero in generale è sempre segno di speranza, di vittoria, per-ché ogni albero è segno della croce di Cristo, cioè lo strumento
salvifico per eccellenza. Il pino poi nasconde nel suo frutto la pigna, che è un altro simbolo vitale, perché è di continua rinasci-
ta attraverso i semi nascosti all’interno della pigna, i pinoli, che vengono seminati grazie alla forza di impatto della pigna con il
suolo. Allora per questo la pigna diventa un parallelismo tra la passione, morte, resurrezione di Gesù e la speranza i cui i forti
devono guardare per dare significato a tutta la loro vita”. L’ultimo simbolo preso in considerazione è quello del serpente.
“L’ultima immagine – chiarisce il vescovo – è il serpente. Anche
questo elemento è interessante, è uno dei simboli più eloquenti nell’araldica, come nell’iconografia. Il serpente fa riferimento
all’astuzia, al dominio, alla prudenza, all’eternità, alla guarigione, ma allo stesso tempo può riferirsi all’inganno, al tradimento, al
vizio. Il serpente casaranese avvolge le sue spire per tre volte intorno al tronco del pino, proprio a indicare il numero caro alla
benevolenza popolare, come alla religione cristiana, quasi ad al-lontanare ogni significato negativo per assumere solo quelli positi-
vi. E ricordiamo che Gesù stesso, prefigurato nel serpente sull’asta che fece Mosè per salvare gli israeliti dai serpenti veleno-
si nel deserto, è colui a cui tutti devono guardare per salvarsi, per avere futuro. Quindi Gesù, come il serpente avvolto sul bastone,
è la medicina, è la speranza che dà l’unico futuro possibile, l’unica guarigione totale che ogni uomo desidera ardentemente la guari-
gione dalla morte per un futuro di vita”. A questo punto, l’attenzione di don Angelo si sposta sul motto
presente nello stemma cittadino. “E termino – dice il vicario – con le parole che ci sono scritte, il
motto esortativo, interessantissimo: ‘Siate prudenti come serpenti’. Questo è tratto dal Vangelo di Matteo, capitolo X, ed è
la nota più interessante, vuole caratterizzare la società casarane-se. La prudenza non è lo stare guardinghi dai pericoli, evitando di
concedere fiducia. Questo sarebbe vivere nella paura, questa non è prudenza. La prudenza, quella buona, è un modo di guardare e
di vivere la realtà ed è legata alla prudenza vera, a uno sguardo di speranza, di benevolenza. Lo stesso sguardo, possiamo dire, con
cui San Giuseppe guardò Maria alla notizia del concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo. Il suo sguardo pieno di bene-
volenza ha deciso per la soluzione che apriva più alla speranza, dare a Maria la libertà di poter vivere nonostante tutto, conce-dendogli quello che oggi chiameremmo separazione o divorzio,
rinunciando ai suoi diritti, a salvare la vita di Maria, piuttosto che prendere una decisione sbagliata e vendicarsi amaramente di una
presunta beffa. Quindi, anche se tutte le evidenze sembravano dargli ragione, prudentemente Giuseppe sceglie sempre la vita. E
il conforto di Dio di aver fatto bene per San Giuseppe arrivò nel sonno, ma dopo che lui si era deciso per la prudente benevolenza
e non per altro”. Da qui l’augurio del vicario di Papa Francesco ai casaranesi.
“Io vi auguro – aggiunge don Angelo – che lo sguardo dei casara-nesi possa avere questa coloritura, questa fiducia, questa benevo-
lenza di fondo. Perché questa benevolenza ha fatto di San Giusep-pe l’eccelso esempio della prudenza. Quest’uomo prudentissimo
diviene anche l’uomo giusto, che amando sa compiere ogni giusti-zia, tradotta come la volontà di amore di Dio, che in Gesù realiz-
za la salvezza per tutti gli uomini. Essere giusti per Dio vuol dire sempre dare la vita”.
Poi, il prelato invita a ricordare come continua il versetto 16 del capitolo 10 del Vangelo di Matteo.
“Allora, un piccolo augurio. So – precisa – che non si può cambia-re lo stemma, però sapete come continua la frase di Matteo al
capitolo X, la fine del versetto 16 di quel capitolo? ‘Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe’. Ecco, io vorrei aggiun-
Continua alla pagina successiva
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gere questo idealmente questa sera, concludendo que-sto momento così bello. Ricordiamoci di questo essere
semplici come colombe. E questa semplicità non è stu-pidità, ma è una virtù stupenda la semplicità, è una virtù
attiva da collegare con la prudente intelligenza di cui abbiamo parlato prima. Essere docili, semplici, vuol dire
sapere che c’è un piano di cui tutti gli uomini fanno parte. Chi è docile sa che quel piano non è suo, ma è la
cosa migliore che possa capitargli, e per i figli di Dio la docilità, la semplicità è agire affidandosi a colui che sa
fare tutte le cose, a colui che rende nuove tutte le cose, e che non lascerà i suoi figli senza il necessario,
ma sarà sempre generoso oltre ogni misura. Quindi la docilità di cui si parlava prima è frutto della fede nella
provvidenza e, nello stesso tempo, azione congiunta in accordo con il volere della provvidenza. Sono felice di
affidare questa nostra città di Casarano al valore som-mo della provvidenza”.
Da qui la chiusa del discorso. “Vi lascio questa parola importante – conclude don
Angelo – perché nel rispetto di tutti i nostri valori diventiate provvidenza responsabile e generosa di que-
Essere docili, semplici, vuol
dire sapere
che c’è un piano di cui
tutti gli
uomini fanno parte
Continua dalla pagina precedente
Foto di Giovanni De Micheli
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sta nostra città. Ognuno, secondo le sue possibilità e secondo i suoi doni, diventi provvidenza senza paura. Prima di tutto lo dico
a me stesso, diventiamo, quindi, testimoni operatori di umanità, diventiamo ascoltatori e medici di ciò che c’è da curare e guarire.
Allora vi dico: Siate consapevoli che nulla abbiamo portato in questo mondo e nudi ce ne andremo. Qualcuno dice: ‘In mezzo
lottiamo per ottenere qualche cosa’. Ma io vi dico che in mezzo entreranno nella storia di questa nostra bella terra solo coloro
che si faranno provvidenza per tutti gli altri uomini e che nella prudenza e nella semplicità intelligente sapranno riconoscersi
come uomini segno di quella umanità bella e piena di vita, che odorano sempre di buono e di vita, come sappiamo bene qui,
respirando quest’area così bella della nostra città, anche se le difficoltà ci sono. Ecco, io con questi sentimenti ricevo questa
sera questo dono. Sinceramente non mi ero mai sentito distacca-to da Casarano, quindi è un po’ un riconoscimento che rafforza il
legame che c’è sempre stato”.
Alberto Nutricati
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V O C I G I O V A N I
Il terrorismo è un grave problema del mondo di oggi,
ma lo era anche per le generazioni passate. Proprio nelle scorse settimane si è verificato l’ultimo
attentato a Mogadiscio, capitale della Somalia, a cui è precedente l’attentato a Barcellona di circa due mesi fa.
La strage è avvenuta precisamente il 14 ottobre, in un luogo molto trafficato e popolato della città; un camion
autobomba si è fatto esplodere schiantandosi contro l’ingresso dell’hotel Safari, causando gravissimi danni
all’edificio, provocando circa 300 morti e altrettanti feriti. A detta di alcune figure importanti del Paese, il 14
ottobre 2017 è stato l’“11 settembre somalo”. L’attacco non è stato rivendicato da alcuna associazione
criminale, ma si pensa che il veicolo fosse diretto al palazzo del ministero degli Esteri, poco distante dal
luogo dell’esplosione. Per questo il sospetto principale è ricaduto su un gruppo islamico denominato “Al-Shebaab” (“I ragazzi”); gli islamici controllano la parte
meridionale della Somalia ma hanno sempre cercato di prendere il controllo dell’intero Paese da quando
l’hanno perso.
In queste lotte tra lo Stato e la criminalità, chi ne va a perdere è sempre il popolo (la Somalia è uno dei
Paesi più poveri al mondo), prima di tutto come numero di vite umane e poi come risorse, come
sappiamo guerra vuol dire carestie, fame e difficoltà nella ripresa economica.
Ma il problema non è solo di natura economica, bensì di tipo sociale e culturale; ne è un esempio la
strage accaduta a Torino la sera del due giugno di quest’anno: molte persone avevano riempito la piaz-
za per assistere tramite maxi-schermo alla finale di Champions League Juventus-Real Madrid. La strage si
è compiuta quando, ad un violento botto, probabil-mente provocato dalla caduta di qualche pezzo delle
attrezzature, tra la folla qualcuno ha lanciato l’allarme di un possibile attentato e in pochi istanti la
piazza si è svuotata, lasciando per terra tante vittime, quasi tutte solo ferite. È proprio questo l’intento del
terrorismo: creare terrore. Ma la popolazione non deve aver paura, bisogna aver fiducia nei rappresen-
tanti degli Stati, anche se gli attacchi messi a segno sono di molte volte superiori a quelli evitati da Poli-
zia, reparti speciali e squadre investigative. Il terrorismo è un fenomeno che coinvolge tutto il
mondo in questo momento storico molto difficile per l’uomo, che è attirato dal desiderio dei beni
materiali e si rifiuta di pensare che il vero obiettivo dell’esistenza è di arrivare a raggiungere la felicità
interiore.
Luca Morciano
Mattia Oliva
Vivere nel mondo oggi con la minaccia del terrorismo
Il terrorismo è
un fenomeno
che coinvolge
tutto il mondo
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Spesso, al termine degli incontri sportivi, si assiste a polemiche
riguardanti decisioni arbitrali che hanno apportato una svolta decisiva al match. Per ovviare a ciò, da qualche anno a questa
parte le maggiori federazioni sportive, quali la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) o la FIPAV (Federazione Italiana Pallavo-
lo), hanno deciso di adottare sistemi tecnologici molto avanzati in grado di chiarire, in caso di dubbio dell’arbitro, situazioni poco
chiare. Eclatante l’esempio di goal fantasma del 25 febbraio 2012 nel match Milan-Juventus che cambiò le sorti del campionato a favore dei bianconeri. Da tanto il mondo dello sport si interroga
su una possibile soluzione. La prima introduzione della tecnologia si ha nel mondo della pallavolo il 22 aprile 2012. Seguono innova-
zioni quali la Goal Line Technology, che stabilisce l’effettivo supe-ramento del pallone dalla linea di porta, e la moviola in campo,
VAR (Video Assistant Replay). Fa discutere nell’ultimo periodo il fatto che l’ausilio tecnologico
possa far diminuire la spettacolarità degli incontri sportivi carat-terizzati anche da eventuali errori. Sorge spontanea la domanda:
è necessario ri-correre alla tec-
nologia per placa-re le polemiche o
non utilizzarla, lasciando quindi
spazio alla spetta-colarità e
all’imprevedibilità? Basti pensare che,
paradossalmente, l’esclusivo utilizzo
della tecnologia porterebbe alla
scomparsa della figura dell’arbitro,
dunque si evince una naturale ten-
denza ad apprez-zare maggiormen-
te lo sport accet-
tandone i possibili errori come sostenuto in un’intervista rilascia-
ta alla Gazzetta dello Sport dall’attuale portiere della Nazionale, Gianluigi Buffon, che afferma: “Lo scorso campionato abbiamo
avuto tre rigori a favore, quest’anno arriveremo a 55, ma questo non è più calcio, diventa pallone da laboratorio”.
Assurdo, poi, quanto accaduto nella partita Chievo Verona-Atalanta, dove l’arbitro, aiutato dal VAR, riporta comunque una
decisione non congruente al regolamento calcistico decretando-ne un cattivo utilizzo. Analizzati questi dati, si evince perciò che pur rinunciando alla
spettacolarità non si arriva ad arbitrare “perfettamente”. Si spera, nell’immediato futuro, in un utilizzo più ponderato di
tali sistemi, al fine di evitare errori eclatanti, salvaguardando la bellezza degli sport.
Andrea De Matteis
Mattia Ferrari
Video Check, Goal Line Technology, Var...iamo?
V O C I G I O V A N I
P A G I N A 1 2
L’angolo della ricetta Torta di castagne e
cioccolato Ingredienti:
240 gr di farina di castagne 5 uova medie
1 baccello di vaniglia 20 gr di cacao amaro in polvere
16 gr di lievito in polvere per dolci 160 gr di zucchero
320 ml di latte intero Dosi per:
8 persone Tempo:
15’ per la preparazione e 70’ per la cottura Preparazione:
Per preparare la torta di castagne e cioccolato assicuratevi che tutti gli ingredienti siano a temperatura ambiente: rom-
pete le uova in una planetaria, unite lo zucchero ed i semi di una bacca di vaniglia e montate utilizzando le fruste per una
decina di minuti o fin quando il composto non sarà chiaro e spumoso (se non avete la planetaria potete utilizzare delle
fruste elettriche).
Nel frattempo in una ciotola andate a setacciate la farina di castagne, il lievito ed il cacao.
Ora potrete versare il latte, a temperatura ambiente, e stemperare il tutto utilizzando una frusta: fate attenzione a
non formare grumi. A questo composto andate ad aggiunge-re un po’ di impasto di uova e zucchero, vi servirà per am-
morbidire e stemperare il composto. Dopo ciò, aggiungete la restante parte e amalgamate con molta delicatezza per
non smontare le uova, quindi inglobate con la spatola con movimenti dal basso verso l’alto. Imburrate e rivestite con
carta da forno uno stampo da 22 cm di diametro. Versate il composto nello stampo e cuocete in forno statico preriscal-
dato a 170° per 70’, nel ripiano più basso del forno. Fate la prova stecchino a fine cottura per verificare che la torta sia
cotta. Sfornate e lasciate raffreddare prima di sformare la torta per servirla. Se preferite, spolverizzate un pizzico di
zucchero a velo sulla vostra torta di castagne e cioccolato. Buon appetito a tutti!
Laura Steca
L’angolo del divertimentoA cura di Laura Steca
P A G I N A 1 3N U M E R O X X I I I
Per ridere un po’
Due scheletri passeggiano per la via. Ad un tratto uno dice all’altro: “Hey, quella ragazza mi ha buttato gli occhi
addosso!”. E l’altro risponde: “Se tu fossi un gentiluomo, dovresti raccoglierli e restituirli!”
La strega dice allo scheletro: “Che bello! Finalmente stasera è la notte di Halloween. Si festeggia!”. E l’altro scheletro risponde: “Non sto più nella pelle!”.
A cura di Paolo De Micheli
P E R I L P R E S E N T E N U M E R O E P E R I P R O S S I M I S I C H I E D E U N ' O F F E R T A
A L L ’ U N I C O S C O P O D I C O P R I R E L E O N E R O S E S P E S E D I S T A M P A
W W W . O R A T O R I O S A N G I O V A N N I E L E M O S I N I E R E . I T
dalla Redazione di Voci Giovani
Buona lettura