Post on 01-May-2015
MIELOLESIONI DA TRAUMA
VERTEBRO-MIDOLLARE
EPIDEMIOLOGIA
Attualmente le maggiori cause di TVM sono dovute ad incidenti stradali, mentre 30-40 fa
erano dovute ad incidenti sul lavoro.
L’età media è di anni 29,7, la mediana è di 25 e la moda è di 19 anni.
I dati demografici indicano una netta preponderanza maschile dell’incidenza dei
TVM.
La ripartizione percentuale del livello lesionale è variabile anche se si è notata una crescita delle lesioni cervicali, in particolare
da incidenti secondari ad attività sportiva (tuffi, football,nuoto, ecc.)
EZIOLOGIA
Le mielolesioni possono essere suddivise in due grandi gruppi: mielolesioni traumatiche
e non traumatiche.
Le lesioni traumatiche sono secondarie alla deformazione o al danno del canale vertebrale provocato da una forza estrinseca, per lo più accidentale e
improvvisa.
Le lesioni di origine non traumatica sono secondarie a disturbi vascolari, tumorali, displasici (mielimengocele), flogistici e
iatrogeni.
ANATOMIA FUNZIONALE DEL MIDOLLO
La colonna vertebrale provvede alla mobilità ed al supporto del tronco ed alla protezione
del midollo spinale.Esso, nell’adulto si estende dal foramen
magnum alla I- II vert. Lombare.Il diametro varia, è più largo tra C3 e T2 e tra
T10 e T12, al di sotto di T12 si restringe nel cono midollare e nel filium terminale.
Il diametro sagittale del canale vertebrale varia tra i 12 e i 20 mm, un diametro inferiore ai 10
mm è indice di una stenosi spinale.
L’irrorazione midollare è importante nella valutazione delle lesioni mieliche, in
particolare di quelle incomplete. Le arterie vertebro-midollari, a disposizione
segmentale, attraversano i forami di coniugazione e si dividono in modo che un
ramo irrora il periostio ed un ramo si porta al midollo.
Quest’ultimo, in prossimità della dura madre, si divide in due rami: l’arteria radicolare
anteriore e la radicolare posteriore.
Queste due arterie radicolari terminano con un ramo ascendente ed uno discendente, formando due distretti vascolari, che
irrorano le rispettive porzioni midollari.
La topografia arteriosa midollare presenta tre territori distinti:
Territorio C1 Arteria vertebrale
Superiore T3
Territorio T4 Arteria satellite
Intermedio T8 VI-VII radice dors.
Territorio T9 Arteria di
Inferiore L1 Adamkevic
PATOGENESI DEL DANNO MIDOLLARE
Il danno al midollo spinale è spesso causato da traumi chiusi che sono usualmente associati con lussazioni o fratture delle
vertebre. Raramente un trauma esita in una interruzione anatomica del midollo spinale,
anche se il danno neurofisiologico può essere completo con paralisi totale e
anestesia al di sotto della lesione.
Il grado di modificazioni patologiche del midollo dipende dalla forza dell’insulto
lesivo.
I traumi penetranti rappresentano circa il 15% dei danni a carico del midollo,
comunemente sono causati da ferite di arma da fuoco, più raramente da lame od altri
oggetti.
Una varietà di meccanismi di forza in grado di produrre differenti tipi di trauma
scheletrico
dipende dalla direzionalità della forza, che può essere in flessione, estensione, rotazione, compressione o da una
combinazione delle diverse modalità.
FASE ACUTA
Dopo la sezione midollare si ha abolizione o grave disorganizzazione delle funzioni riflesse al di sotto della lesione: tale fenomeno è transitorio e va sotto
il nome di shock spinale.
Nella fase acuta non vi è solo paralisi motoria e sensitiva, ma anche completa scomparsa dei riflessi in tutte le parti del corpo innervate da
segmenti caudali della sezione trasversa.
FASI RIABILITATIVE
Prima di introdurre il programma riabilitativo di un medulloleso è necessario avere chiare quali sono le fasi ed i tempi di un percorso funzionale compiuto da un traumatizzato
vertebrale.
FASE DI EMERGENZA
E’ quella che va dal momento del trauma e del successivo ricovero ospedaliero fino a quando le funzioni vitali sono assicurate,la lesione ossea è stata stabilizzata ed è stato
eseguito o programmato il trattamento delle eventuali lesioni associate.
FASE ACUTA
Inizia dal momento in cui il paziente ha superato i tempi critici dell’emergenza e viene ricoverato nell’unità riabilitativa e termina quando raggiunge la posizione
seduta in carrozzina ed ha risolto in modo concreto il problema rieducativo della
funzione vescico-sfinterica.
FASE POST-ACUTA
In questa fase il paziente si cimenta col proprio corpo recuperando l’autonomia
nelle A.d.L. ed affronta i problemi derivanti dal recupero di un rapporto con le altre
persone e con l’ambiente che lo circonda.
REINSERIMENTO
A questo punto il paziente è tornato al proprio domicilio riprende i rapporti col quartiere,
con gli amici e col mondo del lavoro /scuola.
VALUTAZIONE FUNZIONALE
Nel paziente mieloleso la scelta del programma di riabilitativo più idoneo e
degli obiettivi di recupero possibili si fonda sugli elementi clinici (ASIA),oltre che
sull’analisi delle caratteristiche psicologiche, socioculturali e motivazionali
del paziente.
La valutazione iniziale consentirà di riconoscere il livello lesionale, l’estensione
della eventuale sindrome lesionale ed il grado di completezza della lesione mielica.
I POSIZIONAMENTI
Nel programma riabilitativo di un mieloleso sono fondamentali i posizionamenti, in
quanto essi ci permettono di mantenere le articolazioni libere e le lunghezze muscolari, in modo da permettere,
successivamente, il buon utilizzo delle risorse ai fini della maggior autonomia
raggiungibile
AUTONOMIA
Con questo termine non si vuole intendere la risoluzione di ogni piccolo o grande
problema del mieloleso, ma piuttosto il conseguimento di uno stile di vita che per
lui sia soddisfacente ed efficace.
LA TERAPIA OCCUPAZIONALE
Il terapista occupazionale traduce le informazioni cliniche proprie della lesione,
promuovendo le risorse del paziente attraverso la proposta di attività.
L’attività è definita come il processo che permette di interagire con l’ambiente,
acquisendo competenza nel soddisfare i propri bisogni.
L’attività viene scelta in relazione alle proprietà terapeutiche intrinseche ed al suo
significato per il paziente, che viene in questo modo coinvolto nel proprio recupero
come “terapista di se stesso”.
Affinchè un’attività sia efficace è necessario che sia in relazione con gli obiettivi nati dal
confronto con il team riabilitativo.
La terapia occupazionale interviene attraverso un’attività finalizzata e non con un esercizio
motorio puro. In questo modo, essa costituisce un’interfaccia tra l’approccio
cinesiterapico e quello psicomotorio, quindi pone la massima importanza non al
movimento segmentario, bensì alla prassia, cioè alla capacità di interagire con il
mondo.
La terapia occupazionale nell’approccio al paziente si divide in due momenti:
• momento iniziale
• trattamento
MOMENTO INIZIALE
In questa fase il paziente si trova in un ambiente nuovo a lui sconosciuto ed inizialmente ostile. La disabilità motoria è accompagnata da disagio psicologico che nasce da :
• distacco dall’ambiente abituale;
• stato di totale o parziale dipendenza.
TRATTAMENTO
E’ il momento in cui inizia la relazione paziente/operatore.
Comincia quindi il percorso riabilitativo che va dal colloquio iniziale con il paziente ed i
familiari, al suo ritorno a casa.
OBIETTIVI
Gli obiettivi sono indirizzati al recupero ed al compenso delle funzioni lese ed
all’accettazione del sé nella nuova condizione.
Obiettivo primario è la ricerca della massima autonomia possibile in relazione al livello di
lesione.
In funzione di questo si possono elencare i seguenti obiettivi:
• mantenimento della mobilità articolare;• approccio e training all’utilizzo di ausili;• training di lavoro sui distretti indenni;• insegnamento di strategie sfruttando forze di leva
e gravità;• incrementare il senso di competenza e la
valorizzazione di sé;• contatti con i servizi territoriali per il
reinserimento a domicilio, lavoro, scuola.
MODALITA’ DI INTERVENTO
Il trattamento in terapia occupazionale, inizia sin dalla fase di allettamento, fornendo al
paziente le strategie o gli ausili che gli consentono di controllare, in parte,
l’ambiente che lo circonda (suonare il campanello, acc./sp. la luce, ecc.).
E’ importante ricordare che il confronto con gli ausili può suscitare nel paziente reazioni di rifiuto, poiché il loro utilizzo, in questa fase, rende più evidente il deficit rispetto
alla possibilità di autonomia.
Nel periodo di allettamento, come già citato, è molto importante mantenere la mobilità
articolare o eventuali posture in funzione di un miglior utilizzo dei distretti paretici.
Per es. in caso di lesione cervicale fino a C7 è fondamentale lo sviluppo della “mano
funzionale”, che consiste nel creare una funzione di presa in assenza dell’attività dei muscoli delle dita, sfruttando una tenodesi
artificiale dei tendini flessori.
Essa viene ottenuta mediante una postura della mano che favorisce l’accorciamento
dei suddetti tendini senza provocare retrazione capsulare delle art. MCF ed IF.
La posizione corretta prevede:• la fless.di 90° a livello delle MCF ed IF
distali;• l’opposizione e l’adduzione del pollice a
stretto contatto con le ultime falangi del dito indice;
• la fless. dorsale di 30° a livello del polso.Essa viene ottenuta utilizzando un apposito
guanto in pelle e vello, con chiusure a velcro ed un eventuale sostegno rigido per la fless. del polso.
In questo modo è consentita, nelle lesioni cervicali basse, con la contrazione del ms ECR la chiusura meccanica delle dita, tale da consentire la manipolazione di oggetti
anche di piccole dimensioni.
Lo sviluppo della “mano funzionale” viene accompagnato da attività che il paziente può svolgere a letto ( mat.modellabili), in
modo che cominci a sperimentarsi sia con i materiali sia con le possibilità di presa.
Inizia anche l’approccio alle prime AdL, come l’igiene e l’alimentazione (uso del
cinturino palmare).
Per facilitare queste attività si usa il decubito prono o sul fianco.
Quando il paziente è in grado di stare seduto si rende indispensabile la valutazione della
carrozzina più idonea a seconda della lesione.
La posizione seduta consente di sperimentare nuove Adl e di cambiare il setting
terapeutico, poiché il paziente può spostarsi.
Il paziente nella stanza di terapia occupazionale ha la possibilità di
confrontarsi con attività di vario genere.
Esse gli permettono di mettere in pratica le risorse emerse e di valutare nuove strategie
per affrontare il rientro a casa e l’inserimento al lavoro/scuola.
Uno strumento che agisce molto sulla motivazione e sul senso di competenza è il
P.C.
L’accesso al P.C., può essere facilitato, a seconda dei bisogni del paziente,
utilizzando tastiere modificate,emulatori di mouse, programmi che consentono l’uso
con controllo vocale o oculare, ecc.
Nella fase terminale del trattamento si cominciano a valutare le eventuali
modificazioni ambientali del domicilio, in collaborazione con il paziente e la sua
famiglia, viene affrontato il reinserimento al lavoro/scuola con le possibili variazioni da
apportare.
CONCLUSIONI
I TVM hanno un quadro molto complesso sia dal punto di vista clinico che da quello
riabilitativo, per questo è fondamentale il confronto e la collaborazione di intenti tra il team interprofessionale, paziente e familiari
al fine di fornire loro gli strumenti, la conoscenza ed il riconoscimento di chi
subisce il trauma come individuo capace e competente.