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Capitolo VII TRAUMA CRANICO E VERTEBRO MIDOLLARE G. Savoia; A. E. Rossi; F. Paladino; M. Loreto OBIETTIVI Definire il concetto di danno cerebrale primario e danno secondario. Discutere quali segni clinici possono suggerire una lesione cerebrale traumatica (LCT) Discutere il trattamento di una sospetta lesione cerebrale traumatica. Tempestivo trasporto verso la struttura più idonea al trattamento del paziente. Allertamento precoce della struttura ricevente.

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Capitolo VII

TRAUMA CRANICO E VERTEBRO MIDOLLARE

G. Savoia; A. E. Rossi; F. Paladino; M. Loreto

OBIETTIVI

Definire il concetto di danno cerebrale

primario e danno secondario.

Discutere quali segni clinici possono

suggerire una lesione cerebrale

traumatica (LCT) Discutere il

trattamento di una sospetta lesione

cerebrale traumatica.

Tempestivo trasporto verso la struttura

più idonea al trattamento del paziente.

Allertamento precoce della struttura

ricevente.

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Capitolo VII

TRAUMA CRANICO E VERTEBRO MIDOLLARE

G. Savoia; A. E. Rossi; F. Paladino; M. Loreto

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E

VERTEBRALE

IL TRAUMA CRANICO Il trauma cranico è un problema clinico con significative implicazioni in termini di

salute pubblica. Ogni anno 250 pazienti ogni 100.000 abitanti vengono ricoverati in

Italia per trauma cranico. La mortalità è di circa 17 casi per 100.000 abitanti per anno.

La tempestività e la correttezza del soccorso immediato del traumatizzato cranico e la

sua corretta gestione "nella comunità" possono avere importanti ripercussioni sull'esito

a breve, medio e lungo termine.

Viene segnalato ovunque in Europa un aumento dell'incidenza del trauma cranico in

età avanzata. I pazienti anziani, spesso afflitti da malattie concomitanti pre-esistenti o

complicati da patologie insorte durante il ricovero, richiedono ospedalizzazioni almeno

4 volte più prolungate di quelli in età pediatrica.

Oltre ai suoi costi diretti, il trauma produce anche perdite di introiti in tasse, in

produttività e in anni di vita. In questi casi, i rischi di perdita di tempo e di

appropriatezza dell'assistenza devono essere ridotti al minimo.

La "catena" del trattamento del paziente con trauma cranico è infatti estremamente

complessa e va dall'assistenza sul luogo dell'incidente, al trasporto all'Ospedale

appropriato, al primo trattamento nell'Ospedale "periferico", alla diagnostica

specialistica, al trattamento in fase acuta, alla riabilitazione precoce e tardiva. La

"debolezza" fino alla "rottura" anche di un solo anello in questa catena è in grado di

alterare irrimediabilmente il risultato finale.

Obiettivo

La mortalità in seguito ad un evento traumatico si distribuisce con un incidenza che è

del 50% nei primi minuti dall’evento traumatico (immediata), del 30% nelle prime 4

ore dall’evento e del 20 % dopo 2-5 settimane dall’evento (tardiva).

Il primo intervento sul luogo dell’incidente è perciò di fondamentale importanza nel

modificare l’incidenza della mortalità in una fase particolarmente vulnerabile e quindi

la prognosi del paziente, attraverso:

• l’allertamento precoce della struttura ricevente

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VERTEBRALE

• l’identificazione delle lesioni potenzialmente mortali

• l’esecuzione di interventi terapeutici fondamentali

• l’estricazione rapida quando indicata

• il tempestivo trasporto verso la struttura più idonea al trattamento del paziente

Gli obiettivi nella gestione del paziente con trauma cranico includono la prevenzione e

il trattamento delle cause che portano a un danno cerebrale secondario, che può

derivare da cause intracraniche o da cause sistemiche. La rimozione chirurgica delle

masse intracraniche rappresenta la priorità assoluta della gestione e non può essere

sostituita da alcun trattamento alternativo, la prevenzione ed il trattamento dei fattori

extracerebrali alla base del danno secondario costituisce l’obiettivo fondamentale del

trattamento medico rianimatorio.

Nella valutazione di un paziente con trauma cranico deve essere sempre eseguita una

valutazione primaria secondo lo schema ABCDE.

Lo shock in un paziente traumatizzato raramente è dovuto al solo trauma cranico:

sospettare (e trattare) sempre un possibile shock ipovolemico!

Monitoraggio neurologico

Nella valutazione di un evento traumatico bisogna valutare sempre la dinamica

dell’evento e tener presente la presenza di alcune dinamiche particolarmente a rischio

come pedone investito da un veicolo a motore, la proiezione di un passeggero da un

veicolo a motore, la caduta da un’altezza >1 metro, il GCS, la comparsa di

convulsioni, vomito ed amnesia.

Segni clinici di frattura della base cranica (fig. VII-1 e 2):

presenza di ecchimosi peri-orbitale o periauricolare, emotimpano, otorragia, otorrea,

rinorrea, “occhi da panda”.

fig. VII-1 fig. VII-2

Il paziente con trauma cranico va incontro ad un aumento della pressione intracranica

che produce riduzione della pressione di perfusione cerebrale e alterazione del livello

di coscienza; il deterioramento neurologico si potrà apprezzare con variazioni

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VERTEBRALE

maggiori di 2 punti della GCS, asimmetrie pupillari, comparsa di segni neurologici

focali (ipostenia, epilessia).

Il monitoraggio neurologico mediante GCS richiede una metodologia costante ed

omogenea

• Si considera la risposta motoria migliore dal lato migliore e solo degli arti

superiori.

• Lo stimolo doloroso deve sempre seguire il richiamo verbale. Lo stimolo deve

essere di durata ed intensità adeguati, portato bilateralmente e sia nel distretto cefalico

(sopraorbitale) che al tronco (con le nocche sullo sterno) o preferibilmente sul letto

ungueale. Considerare sempre la possibilità di lesione midollare cervicale e di lesioni

nervose periferiche.

• È opportuno documentare e trasmettere il GCS totale e scomposto nelle sue tre

componenti (O V M).

• Nel paziente in coma, in cui per definizione il punteggio Apertura Occhi è = 1 e

quello Verbale = 1 o 2, il GCS varia praticamente solo a secondo della risposta Motoria

allo stimolo doloroso, che ha quindi notevolissima importanza clinica e prognostica.

Per convenzione, in presenza di edema periorbitario tale da impedire l'apertura anche

passiva degli occhi, si indica O =1 (E); in presenza di tubo endotracheale la risposta

Verbale è = 1 (T).

• In presenza di sedazione attendere 10-20 min oltre l'emivita dei farmaci

somministrati

• La flessione abnorme (M3) è caratterizzata da adduzione del braccio, e/o

flessione del polso e/o incarceramento del pollice (vedi la classica "decorticazione")

• L'estensione (M2) è caratterizzata dall'ipertono in adduzione del braccio con

pronazione e flessione del polso (vedi classica "decerebrazione")

• È opportuno rilevare il GCS iniziale dopo aver corretto l'ipotensione, l'ipossia

ecc. Il GCS può migliorare drasticamente dopo una adeguata rianimazione

Tabella 1. Glasgow Coma Scale

Eye response (risposta oculare)

1. il paziente non apre gli occhi

2. apre gli occhi con stimolo doloroso

3. apre gli occhi con stimolo verbale (a comando)

4. apre gli occhi spontaneamente

Verbal response (risposta verbale)

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1. nessuna risposta verbale, nessun suono

2. suoni incomprensibili

3. pronuncia parole singole, ma incoerenti

4. pronuncia frasi sconnesse, stato confusionale

5. risposta orientata ed appropriata

Motor response (risposta motoria)

1. nessun movimento

2. estensione al dolore (adduzione dell'avambraccio esteso sul braccio al tronco,

associato alla pronazione della mano: risposta decerebrata)

3. flessione al dolore (errata flessione: adduzione del braccio al tronco e lenta

flessione dell'avambraccioche risale strisciando lungo il tronco con la mano che segue

in flessione carpale, risposta decorticata)

4. retrazione al dolore (abduzione del braccio con sollevamento dell'avambraccio

come per evitare uno stimolo non localizzato)

5. localizzazione del dolore (allontana lo stimolo doloroso applicato in più punti del

corpo)

6. in grado di obbedire ai comandi

Una singola valutazione del GSC ha limitata validità ed è preferibile la ripetizione

seriata. Infatti è stato riportato che un basso score di GCS che rimane tale o uno score

elevato che si riduce nel tempo predice un outcome peggiore rispetto ad uno score

persistentemente alto o ad uno basso.

Va considerata ai fini della classificazione della gravità del trauma cranico la prima

GCS "attendibile" dopo stabilizzazione, cioè dopo il ripristino dell'omeostasi

circolatoria e respiratoria.

Il GCS deve essere registrato:

nei primi 30 minuti dal trauma

ogni 30 minuti per le prime due ore

ogni ora per le successive 4 ore

successivamente ogni 2 ore, nei pazienti sedati va aperta una "finestra" di

valutazione ogni 8 ore durante le prime 72 ore.

Lo Stato pupillare deve essere segnalato in modo da risalire al diametro ed alla

reattività pupillare alla luce (riflesso fotomotore). In caso di midriasi considerare ed

annotare la presenza di farmaci (adrenergici, atropinici) e la presenza di stress e dolore,

oltre alla possibilità di lesioni periferiche del II o III nervo cranico. La miosi può

essere causata da farmaci anestetici e oppioidi; la luce deve essere di adeguata intensità

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VERTEBRALE

e il locale non sovrailluminato.

Diametro pupillare: 1 2 3 4 5 6 7 8

Possibili fattori di confondimento (che possono interferire con una valutazione

accurata):

• Alcoolemia;

• Abuso droghe - farmaci;

• Trauma oculare;

• Disturbi della fasìa;

• Sedazione/stato post-critico.

Si raccomanda che l'esame obiettivo sia volto ad evidenziare ferite del cuoio capelluto

e i segni clinici di frattura della base cranica (ecchimosi in regione mastoidea e in

regione periorbitaria, la presenza di ematotimpano e di rinoliquorrea). È diffusamente

accettato che la presenza di segni neurologici focali sia altamente predittiva di

complicanze rilevanti dopo TCL e che, pertanto, è essenziale un attento esame

neurologico. Poiché il TCL è una delle più comuni cause di deficit isolato del 4° e 6°

nervo cranico, l'esame neurologico deve comprendere una attenta valutazione della

motilità oculare estrinseca volta a ricercare segni di paralisi. L'esame neurologico

negativo non esclude la presenza di lesioni cerebrali.

Stratificazione del rischio

In base alla scala GCS il trauma cranico viene classificato in tre categorie:

Il Trauma cranico lieve dell'adulto viene definito come qualsiasi evento traumatico

che interessa il distretto cranio encefalico in soggetti di età maggiore di 14 anni con

punteggio Glasgow Coma Scale (GCS): 15 e 13.

Il Trauma cranico moderato dell'adulto viene definito come qualsiasi evento

traumatico che interessa il distretto cranio- encefalico in soggetti di età maggiore di 14

anni con punteggio GCS da 12 a 9. Questa categoria rappresenta circa il 10% dei

pazienti ricoverati e presenta una mortalità dal 10% al 23%.

Il Trauma cranico grave dell'adulto viene definito come qualsiasi evento traumatico

che interessa il distretto cranio encefalico in soggetti di età maggiore di 14 anni con

punteggio Glasgow Coma Scale (GCS) uguale a o minore di 8. Questi sono i pazienti

giunti in Ospedale in coma e rappresentano circa il 10% dei ricoveri. La mortalità varia

dal 20% al 30-40% dei casi.

A seconda della presenza o meno di alcuni fattori di rischio si modifica la morbilità e

mortalità legata al trauma:

Fattori di rischio

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Fattori preesistenti al trauma: Fattori conseguenti al trauma:

Intossicazione da alcool e droga Cefalea diffusa ingravescente

Coagulopatie e trattamenti

anticoagulanti

Perdita di coscienza (PdC, associata ad

altri fattori)

Storia di epilessia Vomito

Età > 65 anni Amnesia (APT)

Crisi convulsiva post-traumatica

Dinamica del trauma

Frattura cranica

tTRAUMA CRANICO LIEVE

La gestione clinica del trauma cranico lieve dovrebbe essere basata sulla probabilità di

sviluppare complicanze neurochirurgiche (rischio evolutivo), tenendo conto

dell'assenza o della presenza di uno o più fattori di rischio preesistenti o conseguenti al

trauma. A seconda della presenza o meno di questi fattori, possiamo definire il rischio

evolutivo come segue:

• basso

• intermedio

• alto

Rischio basso: GCS 15 e nessun fattore di rischio preesistente e conseguente al trauma

Si procederà alla valutazione clinica che se sarà negativa, sarà seguita da

dimissione con foglio informativo.

Si raccomanda che i pazienti che rientrano nella categoria di rischio basso, dopo una

valutazione clinica e delle condizioni sociali e assistenziali possano essere dimessi con

un foglio informativo sulle modalità di comportamento a domicilio. Non è indicato

alcun esame radiologico del cranio.

Si raccomanda che nessuno venga dimesso senza che abbia raggiunto la normalità

neurologica (GCS 15 e sintomi risolti). Il paziente deve essere affidato ad una persona

in grado di farsi carico del paziente e di osservare le indicazioni contenute nel foglio di

istruzione. Va sempre valutata l'affidabilità dell'accompagnatore. In caso contrario o in

sua assenza il paziente va trattenuto.

Rischio intermedio:

1) GCS 15 accompagnato da: amnesia retrograda, dinamica del trauma ad alto rischio

ed amnesia anche di breve durata, abuso di alcol o droghe, coagulopatie o trattamenti

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anticoagulanti, cefalea grave o ingravescente

2) osservazione clinica per più di sei ore, esecuzione della Tac cranio nelle 6 ore

3) se c’è lesione cranica: consulenza NCH, osservazione per 24 ore ed esecuzione della

TAC cranio di controllo

4) se non c’è lesione cranica: dimissione con foglio di istruzioni

Si raccomanda che a pazienti che rientrano in questo gruppo siano sottoposti ad una

osservazione clinica di almeno 6 ore dal trauma. È indicata l'esecuzione di TC del

cranio con finestra ossea entro il periodo di osservazione. Per i centri sprovvisti di

neurochirurgia si raccomanda di eseguire la TC il prima possibile. Nel caso vi sia

evidenza di frattura ossea alla TC, pure in assenza di lesioni endocraniche, è indicata

l'osservazione per 24 ore e TC di controllo con studio del parenchima cerebrale prima

della dimissione. L'osservazione protratta fino a 24 ore e la ripetizione della TC è

indicata in presenza di coagulopatie o di trattamenti anticoagulanti.

Nelle condizioni di cui sopra (TC con finestra ossea) non è indicato eseguire

radiografia del cranio. Nei casi in cui non sia disponibile la TC, è indicata l'esecuzione

immediata della radiografia del cranio; in caso di riscontro di frattura è indicata

l'esecuzione di TC del cranio, presso un centro provvisto di neurochirurgia. Nei casi in

cui la radiografia del cranio sia negativa è consigliata un'attenta osservazione per 24

ore. Nei casi in cui interviene il sistema 118 è indicato il trasporto del paziente presso

una struttura provvista di TC. In presenza di una lesione intracranica documentata alla

TC è necessaria la consulenza NCH. In assenza di lesione intracranica il paziente deve

essere dimesso con foglio di istruzione.

Si raccomanda che nessuno venga dimesso senza che abbia raggiunto la normalità

neurologica (GCS 15 e sintomi risolti). Il paziente deve essere affidato ad una persona

in grado di farsi carico del paziente e di osservare le indicazioni contenute nel foglio di

istruzione. Va sempre valutata l'affidabilità dell'accompagnatore. In caso contrario o in

sua assenza il paziente va trattenuto.

Rischio alto:

1) GCS 15 con crisi convulsiva post-traumatica, oppure perdita di coscienza, vomito

ripetuto e cefalea persistente o GCS 14

2) valutazione clinica e TAC cranio il più presto possibile

3) se c’è lesione cranica: valutazione NCH, osservazione per almeno 24 ore e TAC

cranio di controllo

4) se non c’è lesione cranica: osservazione per 24 ore ed eventuale TAC cranio di

controllo.

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VERTEBRALE

Si raccomanda l'esecuzione di TC del cranio con finestra ossea, il prima possibile e

un'osservazione clinica di almeno 24 ore dal trauma. È indicata la ripetizione della TC

se permangono o si aggravano la cefalea o il vomito, se si deteriora lo stato di

coscienza o compaiono deficit neurologici focali. I pazienti affetti da coagulopatia o in

trattamento con anticoagulanti e i pazienti con crisi convulsiva postraumatica devono

ripetere la TC prima della dimissione. Nei casi in cui non sia disponibile la TC valgono

le stesse indicazioni riportate per la categoria di rischio intermedio.

In presenza di una lesione intracranica documentata alla TC è necessaria la consulenza

NCH. In assenza di lesione intracranica, il paziente asintomatico alla fine del periodo

di osservazione, viene dimesso con foglio di istruzione.

Si raccomanda che i pazienti che fanno parte di questo gruppo debbano essere

sottoposti a TC del cranio il prima possibile, posti in osservazione continuativa e

dimessi quando neurologicamente indenni. I pazienti in terapia anticoagulante o con

disturbi della coagulazione, quelli con frattura del cranio e quelli in cui il punteggio

GCS non migliora nelle successive 24-48 ore, ripetano la TC del cranio.

TRAUMA CRANICO MODERATO Dal punto di vista clinico, per trauma cranico moderato si intende un paziente che si

trovi con un punteggio alla GCS compreso tra 9 e 13.

Tutti i pazienti con trauma cranico moderato dopo aver eseguito le manovre per la

correzione respiratoria e cardiocircolatoria devono essere sottoposti a TAC cerebrale,

studio rachide cervicale e studio multidistrettuale (politrauma).

Va considerata ai fini della classificazione della gravità del trauma cranico la prima

GCS "attendibile" dopo stabilizzazione, cioè dopo il ripristino dell'omeostasi

circolatoria e respiratoria. Occorre specificare l'ora delle rilevazioni e registrare chi le

ha effettuate.

Successivamente va effettuata una GCS:

• all'atto del ricovero

• tutte le volte che compare una variazione neurologica

• almeno ogni 2 ore e tutte le volte che avviene una variazione del quadro

neurologico

• nei pazienti sedati va aperta una "finestra" di valutazione ogni 8 ore durante le

prime 72 ore

In tutti i traumatizzati cranici di grado moderato vanno eseguiti:

• TC del cranio e dell'encefalo all'ingresso;

• Studio completo del rachide cervicale con particolare attenzione ai passaggi

C0-C2 e cervico dorsale;

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• Studio multidistrettuale nel politrauma (Rx torace, Rx pelvi, eco fast, TC

torace/addome).

TC del cranio e dell’encefalo

Si fa riferimento alla prima TC eseguita e a quelle successive che modificano nella

fase acuta, qualitativamente o quantitativamente, la diagnosi iniziale. L'evidenza di

alcune lesioni traumatiche (soprattutto chirurgiche) si ha, infatti, in alcuni casi dopo un

intervallo di tempo in cui il paziente viene sottoposto a più di un esame TC. Lo scopo è

quello di poter "classificare" in modo corretto i pazienti secondo il tipo di lesione

"iniziale". Per uniformità di descrizione si fa riferimento alla classificazione di

Marshall (modificata) con l'aggiunta dell'indicazione del tipo di lesione unica o

multipla

Tabella 3. Classificazione della TC secondo Marshall, modificata dal Consorzio

Europeo di Traumatologia (European Brain Injury Consortium)

Classe Definizione

Lesione diffusa I nessuna patologia intracranica visualizzabile

alla TC

Lesione diffusa II

cisterne visibili con shift di 0-5 mm e/o: lesioni

ad alta-media densità <25 cc. (compressi osso

o corpi estranei)

a) una sola lesione b) due o più lesioni unilaterali

c) lesioni bilaterali

Lesione diffusa III

(swelling)

cisterne compresse od assenti

shift della linea mediana di 0-5 mm

lesioni ad alta-media densità <25 cc.

Lesione diffusa IV

(shift)

shift della linea mediana > 5 mm

lesioni ad alta-media densità < 25 cc.

Lesione con effetto

massa

lesioni alta-media densità volume >25 cc.

a) Ematoma extradurale

b) Ematoma subdurale

c) Ematoma intraparenchimale

d) Lesioni multiple

Emorragia

subaracnoidea

presente/assente

È importante inoltre segnalare la presenza di aria intracranica e se il trauma è chiuso o

aperto. I controlli successivi programmati vanno eseguiti a 72 ore ed a 5-7 giorni dal

trauma:

• In tutti i casi di deterioramento clinico (peggioramento di 2 punti GCS

globale, o 1 punto motorio, o anomalie pupillari)

• In caso di variazioni, variazione della pressione intracranica (PIC) al di sopra

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dei valori soglia.

Vi sono notevoli limiti del monitoraggio; è dimostrato che lesioni endocraniche

possono a volte subire importanti variazioni volumetriche senza significative

variazioni della PIC per lungo tempo. La combinazione del monitoraggio clinico e

strumentale con i controlli programmati della TC consentirà il miglior controllo

dell'evoluzione dei processi occupanti spazio. L'esecuzione di una TC precoce è

indispensabile per la diagnosi di masse di interesse chirurgico; a volte, tuttavia, la

precocità della TC non permette di evidenziare lesioni in formazione. Una prima TC

negativa non deve quindi instaurare un pericoloso senso di tranquillità e far trascurare

la necessità di controlli successivi e dell'osservazione clinica, secondo i protocolli

sopra esposti.

TRAUMA CRANICO GRAVE

Primo soccorso con valutazione primaria (ABCD) che consente l’identificazione ed il

trattamento di lesioni che espongono a un imminente pericolo di vita

Priorità nel trattamento: ossigenazione

La priorità è l'ossigenazione, che deve essere mantenuta o immediatamente ripristinata

(se inadeguata). Iniziare immediatamente le manovre di BLS e quindi garantire la

pervietà delle vie aeree, che devono essere protette da aspirazione di materiale

estraneo e da ulteriori ostruzioni, e la ventilazione.

Protezione delle vie aeree - Intubazione

Il paziente in coma non è in grado di mantenere una adeguata pervietà e protezione

delle vie aeree. La protezione delle vie aeree deve partire dal presupposto che vi sia

una frattura instabile della colonna cervicale, quindi deve essere evitato ogni

movimento del collo.

Deve essere garantita la pervietà delle vie aeree, deve essere erogato ossigeno

supplementare e deve essere assicurata una ventilazione adeguata. Nel paziente non

cosciente con trauma cranico grave la protezione delle vie aeree viene ottenuta con la

intubazione tracheale. L'intubazione tracheale deve avvenire posizionando

accuratamente il paziente, mantenendo il rachide cervicale in posizione neutra, onde

evitare lussazioni del rachide cervicale; per questo motivo l'estensione del capo sul

collo deve essere evitata. Una instabilità del rachide cervicale deve sempre essere

sospettata nel traumatizzato in coma; manovre incongrue di flessione, rotazione o

eccessiva estensione del capo possono determinare danni al rachide ed al midollo. La

stabilizzazione in linea deve essere mantenuta fino al posizionamento del collare

cervicale e dopo aver fissato il tubo tracheale.

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La intubazione d'emergenza è indispensabile qualora il paziente sia asfittico o presenti

un'ostruzione evidente delle vie aeree come nel caso di trauma facciale con presenza di

frammenti, denti, materiale estraneo, vomito, nel cavo orale. Il controllo della stabilità

del rachide deve comunque essere sempre garantito. Dopo la intubazione, al malato

deve essere posizionato un sondino naso-gastrico oppure oro-gastrico se ci sono lesioni

palesi o sospette del massiccio facciale.

Meno drammatico è lo scenario nel quale si ritiene necessaria l'intubazione, che può

però essere programmata. In queste condizioni deve essere garantito un accesso

venoso (catetere venoso e infusioni), il paziente può essere preossigenato con la

ventilazione in maschera.

Ventilazione

Il secondo requisito per una buona ossigenazione è la ventilazione. Gli obiettivi di una

ventilazione artificiale dopo intubazione sono:

• garantire una buona saturazione arteriosa di emoglobina (il parametro di

riferimento che deve essere garantito è una saturazione superiore al 95% con una

pressione di ossigeno nel sangue arterioso superiore a 90 mmHg.);

• garantire un valore di CO2 vicino alla norma.

Non c'è nessuna indicazione a iperventilare il paziente appena intubato, se non in

presenza di segni incipienti di deterioramento, quali la comparsa o la accentuazione

della anisocoria.

Nella grande maggioranza dei casi una pressione di CO2 arteriosa fra i 35 e i 40

mmHg è un target condivisibile.

Punti chiave:

• rimuovere secrezioni o corpi estranei mentre si mantiene l’allineamento della

colonna;

• sospettare sempre lesione cervicale nei traumi con alterato stato di coscienza,

lesioni sopra la clavicola, meccanismo di lesione sospetto con fratture o danno dei

tessuti molli intorno al rachide;

• le fratture della mandibola sono frequentemente associate a lesioni dei tessuti

molli che possono compromettere le vie aeree;

• segni di sospetta frattura tracheale o laringea: raucedine, enfisema sottocutaneo,

edema ed ecchimosi del collo;

• segni di pneumotorace: trauma toracico, asimmetria all’ascoltazione,

rigonfiamento vene giugulari, ipotensione e bradicardia.

La presenza di pneumotorace iperteso, diagnosticabile clinicamente qualora ci sia un

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trauma toracico con i segni fisici di un pneumotorace e ispettivamente un

rigonfiamento delle vene giugulari, rappresenta un'emergenza. Deve essere drenato sul

luogo del soccorso perché di per sé può causare conseguenze (insufficienza

respiratoria e insufficienza emodinamica) che possono essere fatali.

C circolo e perfusione

La seconda priorità è la perfusione. Per garantire una adeguata perfusione cerebrale è

indispensabile mantenere una buona pressione arteriosa. Il flusso ematico cerebrale

dipende infatti dalla differenza tra la pressione arteriosa e la pressione intracranica, ed

è inversamente proporzionale alle resistenze vascolari cerebrali. Nella fase di primo

soccorso è molto difficile poter agire sulle resistenze vascolari cerebrali e non è

possibile agire, se non in casi limitati, sulla pressione intracranica che comunque non è

misurabile: di conseguenza diventa una priorità assoluta mantenere una pressione

arteriosa normale.

L'obiettivo di pressione arteriosa da mantenere non è precisabile in assenza di misure

adeguate di pressione di perfusione cerebrale: si conviene però in letteratura che un

livello "normale" simile al livello che normalmente il paziente ha prima del trauma

costituisca un obiettivo ragionevole.

In termini generici si ritiene che per l'adulto debba essere garantita una pressione

arteriosa sistolica di almeno 110 mmHg, ben consapevoli però che tanto più è elevata

la pressione arteriosa che si ottiene, tanto più possono essere facilitati i sanguinamenti

da sedi extracerebrali.

Per preservare la volemia è indispensabile procedere ad una diagnosi precoce delle

fonti di emorragia esterna. Tutte le emorragie esterne, in particolare al cuoio capelluto

o agli arti, che siano individuabili, devono essere trattate con compressione o con

mezzi fisici che impediscano il sanguinamento.

Nei pazienti con lesione della colonna cervicale si può avere shock neurogeno

caratterizzato da ipotensione e bradicardia, altri reperti neurologici associati sono la

paralisi flaccida, la perdita di riflessi alle estremità ed il priapismo.

Almeno una vena periferica deve essere incannulata con un catetere venoso di grosso

calibro e corto, attraverso il quale somministrare soluzioni saline isotoniche per

correggere l'ipovolemia associata al trauma e ripristinare un circolo adeguato.

Per quanto riguarda le emorragie interne, ovviamente la diagnosi sul luogo

dell'incidente rappresenta un obiettivo auspicabile ma non realizzabile. Qualora si

sospetti seriamente una grave ipovolemia causata da una emorragia interna, e in

particolare si sospetti che ci possano essere lesioni viscerali addominali (milza,

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E

VERTEBRALE

fegato), questa è una indicazione per una vigorosa infusione di liquidi accompagnata

dalla scelta dell'ospedale più vicino per procedere alla correzione chirurgica del

sospetto sanguinamento.

L'uso delle amine è indicato solo qualora il livello minimo di pressione arteriosa

sistolica indicato (110 mmHg) non sia raggiungibile tramite il controllo delle

emorragie esterne e l'infusione di fluidi. I vasopressori indicati sono farmaci agonisti

quali la noradrenalina, a dosaggi compresi tra 0.02 e 0.2 gamma/kg/minuto. Qualora il

paziente si presenti iperteso va sempre considerata la possibilità che la ipertensione

arteriosa rappresenti o una risposta adrenergica al dolore (che va trattata con

analgesici) o una risposta di Cushing alla ipoperfusione cerebrale, che in genere

include anche bradicardia.

La risposta di Cushing è un riflesso protettivo, che salvaguarda l'encefalo sofferente

per ipertensione intracranica. Per tale motivo la ipertensione arteriosa, in questo caso,

non va combattuta con farmaci anti-ipertensivi ma con analgesia, sedazione e con la

pronta identificazione delle cause di ipertesione intracranica.

Valutazione neurologica

L'obiettività neurologica deve essere valutata associando alla Glasgow Coma Scale

l'esame delle pupille. La Glasgow Coma Scale deve essere descritta separatamente

nelle sue tre componenti (apertura occhi, verbale, risposta motoria).

Il punteggio totale, infatti, può risultare da diverse combinazioni delle singole

componenti, ed è meno informativo del dato relativo ad ogni specifica risposta.

Quanto alle pupille, devono essere notati diametro e reattività.

Queste informazioni devono essere scritte per poter disporre di un dato di partenza

documentato sia nell'osservare i cambiamenti nella fase di soccorso, sia nel passaggio

di consegne ai successivi curanti che si faranno carico della fase intra-ospedaliera.

Al momento della valutazione devono essere annotate la pressione arteriosa e la

ossigenazione. La ipotensione arteriosa e la ipossia causano infatti di per sé uno

scadimento della obiettività neurologica, ed una valutazione definitiva potrà avvenire

solo dopo aver ripristinato ossigenazione e perfusione.

La sedazione, la analgesia e la miorisoluzione alterano profondamente l'esame

obiettivo neurologico. La somministrazione di tali farmaci deve pertanto essere

documentata, e il loro effetto sospettato nei casi che giungano alla osservazione con

quadri gravissimi che poi migliorano inaspettatamente.

Se il malato non richiede intubazione immediata per asfissia, è necessario effettuare e

registrare una valutazione neurologica prima di somministrare i farmaci necessari alla

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E

VERTEBRALE

intubazione.

Questa informazione, "pulita" dagli effetti confondenti della sedazione e della

miorisoluzione, costituirà il primo punto di osservazione nei cui confronti verificare

l'andamento della risposta neurologica.

Durante la fase del soccorso e del trasporto, che a volte può durare ore, la valutazione

neurologica deve essere ripetuta.

Tutti i pazienti con segni di deterioramento neurologico in atto devono essere trasferiti

in ospedali con neurochirurgia.

Trauma cervico-midollare

Ogni anno si verificano dai 15.000 ai 20.000 traumi spinali, la fascia di età più colpita

è compresa tra i 16 e i 35 anni. L’assenza di deficit neurologici periferici non esclude

la presenza di danni alle strutture ossee ed ai legamenti della colonna, o di condizioni

che

abbiano

sollecit

ato il

midollo

oltre al

limite.

La valutazione della dinamica dell’incidente potrà orientare in maniera specifica sul

tipo di meccanismo lesionale (caricamento assiale, eccessiva flessione,

iperestensione, iperotazione, flessione laterale o distrazione). Esistono anche

situazioni sospette quali:

• Impatto violento sulla testa, sul collo, sul dorso o bacino

• Incidenti che creano improvvise accelerazioni, decelerazioni o spostamenti

laterali

• Cadute da altezza (> tre mt.) che determinano caricamento assiale o

compressione

• Paziente intrappolato o sbalzato da veicolo capottato

• Vittime di incidenti da tuffo in acque basse

• Danni significativi a casco o elmetto protettivo

E’ necessario:

• Prevenire ulteriori danni

• Presumere sempre una lesione finchè non sia esclusa

• Immobilizzazione totale di tutta la colonna

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E

VERTEBRALE

Mentre si controlla lo stato di coscienza, applicare un collare cervicale a tutti i pazienti

non coscienti o con forte dolore in regione cervicale, mantenendo sempre la testa in

asse.

Manovre:

• Iniziale immobilizzazione manuale in asse

• Valutazione primaria (ABCDE)

• Valutazione secondaria

Il collare cervicale è solo un ausilio, non immobilizza. Il collare deve essere applicato

dopo aver riportato la testa in posizione neutrale allineata, a meno di controindicazioni,

deve essere rigido e della misura corretta e non deve impedire l’apertura della bocca.

Il danno midollare può provocare ipostenia (debolezza) o paralisi, dolore, parestesie

(formicolio, intorpidimento), o perdita totale della sensibilità.

Nei pazienti con lesione della colonna cervicale si può avere shock neurogeno

caratterizzato da ipotensione e bradicardia. Nelle lesioni cervicali alte si ha totale

insufficienza respiratoria, nelle lesioni cervicali basse si ha insufficienza dei muscoli

intercostali ma non del diaframma.

Segni di lesione midollare alta:

• Areflessia flaccida

• Respiro diaframmatico

• Capacità di flettere, non estendere, il gomito

• Risposta al dolore solo sopra le clavicole

• FC e P.A. senza ipovolemia (shock spinale)

• Priapismo e (rilasciamento sfinteri)

La valutazione della sensibilità fornirà indicazioni sul livello dermatomerico del

danno:

T4 linea mammillare

T10 ombelicale trasversa

L’estricazione rapida (asse spinale + collare) è realmente necessaria solo nel 5% dei

casi, e’ ottimale nelle seguenti situazioni:

• scenario non sicuro od evidente pericolo per i soccorritori od il paziente

• condizioni instabili del paziente che richiedono un immediato intervento sul

paziente supino

• quando un paziente impedisce l’accesso del soccorritore a pazienti più gravi.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E

VERTEBRALE

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

Oltre ai farmaci necessari per la intubazione/ventilazione ed i farmaci necessari alla

correzione della ipovolemia (con infusioni di salina isotonica e l'eventuale uso di

amine), non ci sono trattamenti farmacologici indicati per il primo trattamento del

trauma.

Mannitolo

Non vi sono indicazioni all'uso di routine del mannitolo. In caso di deterioramento

neurologico acuto, quali la comparsa o il peggioramento di una anisocoria, la

comparsa di midriasi bilaterale, lo scadere della risposta motoria al dolore, ecc. è

indicato somministrare mannitolo (dosaggio consigliato nelle linee guida è di 1 g/Kg).

Trasporto

Il traumatizzato grave deve essere trasportato in modo protetto. La fase di trasporto,

infatti, presenta rischi anche nei pazienti stabilizzati; tali rischi devono essere

prevenuti e trattati nel traumatizzato cranico in fase acuta. Il trasporto richiede

personale addestrato e strumentazione adeguata, e sono state allo scopo pubblicate

specifiche linee-guida.

Una accurata sorveglianza, il supporto delle funzioni vitali, un monitoraggio continuo,

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E

VERTEBRALE

la prevenzione di danni al rachide ed una documentazione completa sono

raccomandati. La esperienza del personale è probabilmente più importante del mezzo.

La scelta del mezzo più idoneo, ed in particolare la scelta tra elicottero e ambulanza,

dipende prevalentemente da fattori organizzativi e logistici.

Bibliografia

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PERCORSO TRAUMA CAP. VII TRAUMA CRANICO E

VERTEBRALE

Traumatologia e l’U.O. di Neuroradiologia Azienda USL di Cesena.

Fabbri A, Servadei F, G Marchesini et al. Which type of observation for patients with

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CAPITOLO VIII

TRAUMI MUSCOLO SCHELETRICI

C. Aprea; E. Cavuoto; N. De Falco; G. Franco

OBIETTIVI

Discutere la fisiopatologia del trauma

muscolo-scheletrico.

Discutere il trattamento del trauma muscolo

scheletrico in caso di trauma isolato e nel

trauma multi sistemico.

Riconoscere le lesioni muscolo scheletriche

a cui può accompagnarsi una lesione

associata grave.

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CAPITOLO VIII

TRAUMI MUSCOLO SCHELETRICI

C. Aprea; E. Cavuoto; N. De Falco; G. Franco

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-

SCHELETRICO

TRAUMA

MUSCOLO-SCHELETRICO

Le lesioni dell'apparato muscolo-scheletrico spesso si presentano in

modo drammatico e si verificano nell'85% dei pazienti che hanno subito un trauma

chiuso, ma raramente costituiscono un immediato pericolo per la vita, tuttavia devono

essere valutate e trattate correttamente per non mettere in pericolo la vita e/o l'integrità

degli arti.

Compito del soccorritore è individuare queste lesioni, proteggere il paziente dal rischio

di invalidità e prevenire le possibili complicanze.

La presenza di lesioni muscolo-scheletriche maggiori indica che il corpo ha assorbito

una notevole quantità di energia durante il trauma.

Ad esempio i pazienti con fratture della ossa lunghe al di sotto o al di sopra del

diaframma presentano una maggiore probabilità di lesioni interne del tronco. Fratture

pelviche instabili e fratture femorali scomposte possono essere associate ad intensa

emorragia con conseguente instabilità emodinamica.

I traumi muscolo-scheletrici (fig. VIII-1) di per sé non determinano una modificazione

delle priorità da seguire durante la rianimazione (ABCDE), tuttavia non possono

essere ignorate né il loro trattamento dilazionato. Al fine di assicurare una prognosi

ottimale, il soccorritore deve trattare il paziente nella sua globalità, incluse le lesioni

muscolo-scheletriche.

Ricorda: è necessaria una continua rivalutazione del paziente al fine di identificare

tutte le lesioni, sia nel trattamento pre-ospedaliero sia in quello intra-ospedaliero

perchè le fratture e le lesioni dei tessuti molli possono inizialmente passare

inosservate.

fig.VIII-1

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-

SCHELETRICO

Valutazione primaria e rianimazione

Durante la valutazione primaria, è indispensabile individuare e controllare l'emorragia

determinata da lesioni muscolo-scheletriche. Il controllo è ottenuto al meglio mediante

compressione diretta.

Ricorda: l'emorragia provocata da frattura delle ossa lunghe può essere grave. Alcune

fratture femorali possono causare perdita di 3-4 unità di sangue (1500-2000 ml)

all'interno della coscia, determinando uno shock di classe terza.

Un'adeguata immobilizzazione delle fratture ha come obiettivo il controllo

dell'emorragia, del dolore e di evitare complicanze ulteriori all'arto. Inoltre una terapia

infusionale aggressiva costituisce un importante supporto a questi provvedimenti

meccanici.

NB: I dispositivi di immobilizzazione devono essere applicati il più presto possibile,

ma quest'operazione non deve avere precedenza sulla rianimazione.

Valutazione secondaria Laddove è possibile effettuarla, essa comprende la fase anamnestica e la fase

dell'esame obiettivo.

Durante l'anamnesi è fondamentale acquisire e registrare quante più informazioni

possibili, da riferire al collega del Pronto Soccorso (il meccanismo del trauma, le

condizioni ambientali, le condizioni del paziente prima dell'incidente ed eventuali

fattori predisponenti).

Per quanto concerne il primo punto, la conoscenza del meccanismo del trauma è

molto importante, in quanto può far sospettare la presenza di lesioni non

immediatamente evidenti.

E' utile porsi le seguenti domande:

• Qual era la posizione del paziente nel veicolo prima dell'incidente, era l'autista

o un passeggero?

• Qual era la posizione del paziente dopo l'incidente, era all'interno del veicolo o

era stato eiettato all'esterno?

• Quali deformazioni presentava l'autoveicolo alla carrozzeria, quali danni

all'interno?

• Il paziente indossava cinture di sicurezza e, se sì, in modo corretto?

• (in caso di trauma non da incidente stradale) Il paziente è stato vittima di una

caduta, da quale altezza, è stato schiacciato da un oggetto, qual era la sede del trauma e

la durata dell'applicazione del peso in tale sede?

• Si è verificata un'esplosione? è necessario individuare l'entità dell'esplosione e

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-

SCHELETRICO

la distanza del paziente dal punto dove è avvenuta.

• Il paziente è un pedone investito da un veicolo? Le lesioni muscolo-

scheletriche in tal caso possono presentare una tipologia prevedibile in base all'età e

all'altezza dell'individuo.

Per quanto concerne le condizioni ambientali al momento del trauma bisogna chiedersi

se il paziente è stato esposto a temperature estreme, a fumi o agenti tossici, a fonti di

contaminazione batterica e infine se sono stati rinvenuti frammenti di vetro (che

possono causare anche lesioni al soccorritore).

Nondimeno è importante conoscere le condizioni di salute del paziente preesistenti

all'evento traumatico. L'anamnesi AMPLE deve comprendere anche le informazioni

relative a tolleranza agli sforzi e livello di attività fisica svolta, uso di alcool e/o di altre

droghe, problemi psicologici o malattie psichiatriche, presenza di lesioni muscolo-

scheletriche pregresse.

Infine raccogliere informazioni sul luogo dell'incidente può essere di grosso aiuto per

il medico di Pronto Soccorso per continuare l'opera iniziata in sede pre-ospedaliera.

Riferire la posizione in cui il paziente è stato trovato, la quantità di sangue perso o

rinvenuto sul luogo dell'incidente, la presenza di frammenti ossei o di monconi di

frattura esposti, la presenza di ferite aperte in prossimità di fratture evidenti o sospette,

le deformità evidenti o le lussazioni, la presenza o l'assenza delle funzioni motorie o

sensoriali in un arto e, infine, eventuali ritardi nelle procedure di estricazione o nel

trasporto.

Per compiere un esame obiettivo adeguato,

svestire il paziente completamente al fine

di:

• Identificare le lesioni che possono

costituire un pericolo per la vita

(valutazione primaria).

• Identificare le lesioni che possono

costituire un pericolo per l'integrità degli arti (valutazione secondaria).

• Riesaminare il paziente per non misconoscere ogni altra lesione muscolo-

scheletrica (rivalutazione continua).

In particolar modo durante la valutazione secondaria è necessario valutare quattro

elementi: la cute, la funzione neuromuscolare, le condizioni circolatorie e l'integrità

scheletrica dei legamenti.

L'ispezione degli arti deve comprendere la valutazione dei seguenti aspetti: colore e

Fig. VIII-2

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-

SCHELETRICO

perfusione, ferite, deformità, edema, pallore o lividi.

NB: Se il paziente è incosciente l'assenza di movimenti spontanei di un arto può essere

l'unico segno di danno funzionale.

Gli arti devono essere palpati per stabilire la sensibilità della cute e le aree contratte.

La perdita di sensibilità al dolore e al tatto dimostra la presenza di una lesione spinale

o di un nervo periferico.

La presenza di contrattura, edema e deformità dei tessuti molli sovrastanti un osso

conferma di solito la diagnosi di frattura. Se ad essi è associato un movimento

doloroso preternaturale dell'osso, la diagnosi di frattura è certa.

E' necessario palpare i polsi distali di ciascun arto e valutare il tempo di riempimento

capillare delle dita. La perdita di sensibilità a calza o a guanto è un segno precoce di

danno vascolare.

Nei pazienti emodinamicamente stabili che presentino discrepanze nei polsi, cute

ipotermica, pallore, parestesie ed anche anormalità nelle funzioni motorie, deve essere

sospettata la presenza di una lesione arteriosa.

Lesioni degli arti pericolose per la vita

A. Gravi fratture pelviche con emorragia

• si presentano di solito a seguito di una rottura del complesso posteriore osteo-

legamentoso derivante da frattura e/o lussazione sacro-iliaca o da frattura sacrale.

• si manifestano rapidamente, spesso tramite un'ipotensione inspiegabile, con

instabilità del complesso legamentoso posteriore.

I principali segni sono: progressivo edema ed ecchimosi scrotale perianale e del fianco.

Il trattamento iniziale delle fratture pelviche associate ad emorragia richiede il

controllo del sanguinamento ed una rapida infusione di liquidi. L'emorragia può essere

controllata mediante la stabilizzazione meccanica dell'anello pelvico, anche con

semplici tecniche come un telo avvolto a mò di imbracatura.

B. Emorragie arteriose maggiori

Possono essere provocate da ferite penetranti negli arti o da traumi chiusi che hanno

causato la frattura di un arto o una lussazione in prossimità di un'arteria.

Valutare in tal caso: l'emorragia esterna (se presente), la scomparsa di un polso

precedentemente percettibile, oltre alla temperatura e al colore della cute.

Il trattamento definitivo di una grave lesione arteriosa è chiaramente chirurgico. In

sede pre-ospedaliera consiste nella compressione diretta su ferita aperta e in

un'aggressiva terapia infusionale.

L'uso di un laccio emostatico può essere utile solo a salvare la vita di un paziente.

C. Sindrome da schiacciamento; rabdomiolisi traumatica (Crush Syndrome)

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-

SCHELETRICO

La sindrome da schiacciamento riguarda gli effetti clinici causati dalla liberazione di

prodotti nocivi da parte del muscolo lesionato e, se non opportunamente trattata, può

determinare un'insufficienza renale acuta.

La rabdomiolisi può indurre ipovolemia, acidosi metabolica, iperpotassiemia,

ipocalcemia e coagulazione intravasale disseminata (CID).

In sede pre-ospedaliera è necessario avviare un'aggressiva terapia infusionale anche a

scopo preventivo.

Lesioni pericolose per l'integrità degli arti

A. Fratture esposte e lesioni articolari

Le fratture esposte rappresentano una comunicazione tra l'ambiente esterno e l'osso

esse sono soggette a problemi d'infezione, cicatrizzazione e recupero funzionale. In

sede pre-ospedaliera la ferita non deve essere esplorata in alcun caso. Se vi sono una

frattura ed una ferita aperta nello stesso segmento di arto, la frattura è da considerarsi

esposta, fino a prova contraria.

Il trattamento pre-ospedaliero richiede un pronto riconoscimento ed un'adeguata

immobilizzazione della parte.

B. Lesioni muscolari ed amputazioni traumatiche

Esiste un forte sospetto di lesione vascolare se ci si trova in presenza di insufficienza

vascolare associata a trauma contusivo, da schiacciamento, torsione o ferita penetrante

di un arto.

NB: Il rischio di compromissione vascolare sussiste ogni volta che si verifica la

scomparsa o la riduzione del polso in un arto lesionato e immobilizzato. In tal caso

rimuovere rapidamente la

fasciatura.

fig. VIII-3

L'amputazione è un evento

traumatico per il paziente, sia

sotto l'aspetto fisico sia sotto

quello emotivo. E' in seguito ad

una grave forma di frattura

esposta che si determina la perdita di un arto (fig. VIII-3).

Ricorda: Un paziente poli-traumatizzato che richiede una rianimazione intensiva ed un

intervento chirurgico d'emergenza, non è candidato al reimpianto. Quest'ultimo viene

effettuato di solito in caso di una lesione isolata di un arto. E' compito del soccorritore

lavare con cura la parte amputata con soluzione isotonica, avvolgerla in una garza

sterile imbevuta e successivamente, in un telino sterile imbevuto, sistemarla in un

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-

SCHELETRICO

sacchetto di plastica e infine trasportarla, insieme al paziente, in un contenitore

riempito di ghiaccio tritato.

C. Sindrome compartimentale

Può manifestarsi nelle aree in cui il muscolo è contenuto in uno spazio fasciale chiuso.

In certi casi è la cute stessa a comportarsi come una membrana costrittiva. Zone

tipiche: gamba, avambraccio, piede, mano, gluteo e coscia.

Si verifica quando la pressione all'interno di un compartimento osteo-fasciale provoca

ischemia e necrosi muscolare.

Ad alto rischio sono: fratture tibia e avambraccio, lesioni immobilizzate con fasciature

costrittive, gravi lesioni muscolari da schiacciamento, ustioni di grado elevato.

Segni e sintomi della sindrome compartimentale:

• Dolore eccessivo che si acutizza alle sollecitazione del muscolo interessato.

• Parestesie nell'area di competenza dei nervi periferici interessati.

• Sensibilità ridotta o perdita di funzionalità dei nervi che attraversano il

territorio interessato.

• Edema.

• Possibile presenza di polsi distali.

Tardivamente, quando la pressione intra-compartimentale supera la pressione sistolica,

c'è scomparsa dei polsi, debolezza e paralisi dei muscoli coinvolti. Questa condizione è

correlata al tempo: più prolungata è la pressione, maggiore è il grado di deficit.

Il trattamento definitivo è la Fasciotomia.

D. Lesioni neurologiche conseguenti a fratture scomposte

Oltre alle fratture, anche e in particolar modo le lussazioni possono causare un danno

neurologico dovuto al rapporto anatomico o alla vicinanza del nervo all'articolazione.

La valutazione del danno neurologico richiede solitamente un paziente collaborante. In

tutti gli altri casi un buon lavoro di anamnesi e una buona valutazione mediante

l'ispezione e la palpazione possono aiutare nel sospetto della diagnosi.

Nel pre-ospedaliero, l'arto lesionato deve essere immobilizzato nella posizione di

lussazione e una volta in Pronto Soccorso deve essere richiesta immediatamente una

consulenza ortopedica.

Trattamento delle lesioni muscolo-scheletriche

Il soccorritore deve attenersi alle seguenti priorità, tutte le volte che ha a che fare con

un paziente con un trauma dell'estremità:

• Trattare tutte le condizioni pericolose per la vita.

• Trattare tutte le condizioni connesse all'arto traumatizzato.

• Trattare tutto il resto se il tempo lo concede (analgesia).

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-

SCHELETRICO

A. Principi di immobilizzazione

Se le lesioni non costituiscono un pericolo per la vita del paziente, l'immobilizzazione

dell'arto lesionato può essere rinviata alla valutazione secondaria, ma tutte le lesioni

devono essere immobilizzate prima del trasporto del paziente.

Sono disponibili vari immobilizzatori e dispositivi di immobilizzazione:

• stecche rigide

• presidi sagomabili

• presidi per trazione

In generale, la gestione delle fratture sospette include i seguenti passaggi in base alle

reali priorità :

• arrestare qualunque emorragia e trattare gli stati di shock;

• valutare la funzione neurovascolare distalmente;

• supportare la zona lesa aperta e non;

• immobilizzare adeguatamente anche le articolazioni sopra e sotto la lesione;

• rivalutare l'estremità lesa dopo l'immobilizzazione per eventuali cambiamenti

nella funzione neuromuscolare.

Nei pazienti politraumatizzati con sospette lesioni instabili della colonna vertebrale, la

tavola spinale lunga costituisce un dispositivo di immobilizzazione per tutto il corpo.

Una menzione particolare meritano le fratture esposte o sospette tali, dove

l'immobilizzazione, deve avvenire previa protezione della ferita ed isolamento con

garze e telini sterili.

B. Trattamento del dolore

E' indicato l'uso di analgesici, tuttavia la somministrazione di tali farmaci deve tener

conto delle condizioni cliniche del paziente e già un'adeguata immobilizzazione riduce

in modo significativo il dolore.

E' previsto l'utilizzo di narcotici per via endovenosa a piccole dosi (morfina o

fentanyl).

Lesioni associate Alcune lesioni muscolo-scheletriche, in relazione al meccanismo del trauma, sono

spesso associate ad una seconda lesione, che può non essere immediatamente evidente.

La procedura che meglio può garantire l'individuazione o il trattamento di queste

lesioni è:

• Riesaminare la storia e il meccanismo di lesione.

• Riesaminare a fondo gli arti, in particolare le articolazioni al di sopra e al di

sotto di una frattura o di una lussazione.

• Esaminare il dorso del paziente, compresa la colonna e la pelvi.

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PERCORSO TRAUMA CAP. VIII TRAUMA MUSCOLO-

SCHELETRICO

• In sede intra-ospedaliera, riesaminare le radiografie e, se necessario, ripeterle.

Possibili problemi ed errori

1. Le lesioni muscolo-scheletriche sono, in un paziente emo-dinamicamente

instabile, potenziali cause di emorragie occulte. Sedi tipiche di emorragia occulta sono

lo spazio retroperitoneale per fratture instabili di bacino, la coscia per fratture di

femore ed ogni frattura esposta che presenti gravi lesioni dei tessuti molli, dove

l'emorragia può essere davvero profusa e verificarsi prima che il paziente raggiunga

l'ospedale.

2. La sindrome compartimentale costituisce un pericolo per l'integrità degli arti. E'

necessario, pertanto, riconoscerne i segni clinici, ricordando che nei pazienti ipotesi

tali segni possono non essere presenti.

3. Nonostante un attento esame le lesioni associate possono passare inosservate

durante la valutazione iniziale. E' quindi assolutamente necessario rivalutare il

paziente ripetutamente.

BIBLIOGRAFIA:

1. Browner ed, Jupiter Jb, Levine Am, Trafton Pg: Skeletal Trauma.

Philadelphia, Wb Saunders 1991;

2. Hanjen St, Swiontkowski Mf: Orthopedic Trauma Protocols Ny,

Ravengren, 1993;

3. Rockwood Ca, Green Dp, Bucholtz R.: Fractures, 3rd edition. Philadelphia,

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4. Mc Swan Jr, Paturas Jl, editors: The basic FMT Comprehensive prehospital

patient care, ed 2, St Louis, 2001;

5. Seyfer Ae: Guidelines for management of amputated parts, Chicago 1996

American College of Surgeon Committee on Trauma.

American College of Surgeons Committee on trauma: Advanced Support,

Chicago, 2002, American College of Surgeons.

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CAPITOLO IX

LESIONI TERMICHE

V. Helzel; R. Formisano; V. Di Spirito; A. Foria

OBIETTIVI

Identificare, trattare e distinguere le ustioni

critiche da quelle non critiche.

Identificare le differenze tra ustioni

chimiche ed elettriche rispetto a quelle

termiche.

Valutare il trattamento delle intossicazioni

da CO.

Evidenziare le priorità di valutazione e

trattamento delle lesioni correlate

all’esposizione al caldo ed al freddo

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PERCORSO TRAUMA CAP. IX LESIONI TERMICHE

LESIONI TERMICHE

La conoscenza dei principi

fondamentali della rianimazione

dei soggetti traumatizzati per

ustione o esposizione alle basse

temperature è di fondamentale

importanza per la prevenzione ed

il trattamento delle possibili

complicanze.

Come tutte le procedure

assistenziali in urgenza, il primo passo da compiere è la valutazione primaria,

seguendo la procedura A, B, C, D, E, integrando tale procedura con l’analisi dei punti

chiave inerenti la valutazione di una ustione termica.

L’approccio al paziente ustionato prevede, innanzi tutto, l’interruzione del

processo ustionante con la rimozione di ogni vestito e/o sostanza causa di tale lesione.

Inizierà, quindi, la valutazione primaria:

• vie

aeree: la

protezione

delle vie aeree

è il primo

passo da

compiere,

ricercando i

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PERCORSO TRAUMA CAP. IX LESIONI TERMICHE

segni della insufficienza respiratoria, tenendo ben presente che l’epiglottide funge da

protezione per le basse vie. L’interessamento del faringe, che può determinare notevole

processo edematoso o interessamento delle basse vie respiratorie, possono richiedere

un trattamento definitivo tramite l’intubazione precoce. Un segno clinico precoce da

ricercare è la comparsa della raucedine;

• respirazione e ventilazione: in caso di incendio si deve sempre sospettare

l’intossicazione da monossido di carbonio, così come si devono ricercare tutte le cause

secondarie che possono determinare deficit della ventilazione, tipo lo sputo

carbonaceo. Si deve somministrare sempre, e prima possibile, ossigeno umido ad alte

dosi, praticare un’emogasanalisi, dosare la carbossiemoglobina ricordando che

l’intubazione e la ventilazione meccanica possono essere manovre da attuare in modo

precoce e tempestivo

• circolazione: una terapia infusiva adeguata con Ringer lattato deve essere

prontamente iniziata ricordando che l’accesso venoso può essere effettuato anche

tramite la cute ustionata. I criteri che devono guidare la modalità infusiva, sono la

classificazione dello stato di shock ed il monitoraggio della diuresi oraria che permette

di valutare in modo attendibile la volemia. E’ di fondamentale importanza

monitorizzare l’infortunato, rilevando la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca,

l’elettrocardiogramma, la saturazione dell’ossigeno e la frequenza respiratoria,

prestando particolare attenzione alla comparsa di aritmie, possibile espressione di

ipossia e/o disturbi elettrolitici e/o disturbi dell’equilibrio acido-base;

• esame neurologico: si deve effettuare una veloce valutazione neurologica

determinando il punteggio Glasgow. Alterazione dello stato di coscienza con GCS < 8

richiede sempre una intubazione precoce;

• esposizione: come già detto, l’interruzione del processo ustionante con la

rimozione di ogni vestito e/o sostanza causa di tale lesione rientra fra le prime

procedure da adottare.

Dopo aver effettuato la valutazione primaria, ed aver stabilizzato l’infortunato, si

procederà all’analisi della estensione della lesione ustionante valutando la percentuale

e la profondità di superficie interessata dall’ustione.

La valutazione della estensione è effettuata tramite una guida utile e pratica

denominata “regola del nove” (fig. IX-1). La superficie cutanea dell’adulto è divisa in

regioni anatomiche e topografiche che esprimono un interessamento del 9%,

ricordando che il palmo della mano vale 1%. Bambini e neonati differiscono da tale

valutazione in quanto il capo è una superficie maggiore mentre gli arti inferiori

Fig. IX-1

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PERCORSO TRAUMA CAP. IX LESIONI TERMICHE

esprimono una superficie minore rispetto alla percentuale totale.

Si dovranno ricercare con cura localizzazioni particolari quali volto e collo (possono

essere coinvolte le vie aeree), le mani, i piedi, l’ascella, l’inguine, il perineo ed i

genitali (residuo danno funzionale), gli arti inferiori (area utile per eventuale prelievo

di cute).

La profondità dell’ustione indica la gravità del processo ustionante e indirizza il piano

terapeutico da dover adottare. Si riconoscono tre diversi gradi (fig. IX-2) di cui:

1° caratterizzato da eritema e dolore urente, non richiede terapia infusionale e non è

pericoloso per la vita (fig. IX- 4);

2° caratterizzato da un aspetto arrossato, con flittene e dolore al contatto (fig. IX- 3);

3° espressione di un danno a tutti gli strati cutanei che si presentano di colore scuro o

translucido, non sono dolenti e, solitamente, l’area interessata è asciutta.

Oltre ad interrompere il processo ustionante e coprire la cute lesa con garze e telini

sterili, non si dovranno mai rompere le flittene, non si dovranno mai applicare pomate

antibiotiche e non si dovranno mai

applicare garze bagnate fredde

quando l’estensione cutanea supera il

10%.

Vi sono ustioni che richiedono un

particolare approccio. Fra queste,

ricordiamo le cause chimiche, le cause elettriche e l’intossicazione da monossido di

carbonio (tabella IX-1).

Fig. IX-2

Fig. IX-3 Fig. IX-4

Tabella IX-1

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PERCORSO TRAUMA CAP. IX LESIONI TERMICHE

La gestione dell’ustione da causa chimica prevede, come primo passo, la conoscenza

della sostanza (acida o alcalina), tenendo ben presente che le ustioni da alcali sono più

gravi di quelle da acidi. La rimozione della sostanza, il trattamento iniziale e

l’immediato lavaggio della zona colpita sono le prime procedure da mettere in atto. Se

la sostanza ustionante è sotto forma di polvere, questa dovrà essere totalmente

asportata dalla cute interessata prima di procedere al lavaggio (fig. IX-4).

Le ustioni da causa elettrica sono spesso molto più gravi dell’aspetto esteriore in

quanto interessano masse muscolari ed attività elettrica cardiaca. Si possono

manifestare complicanze quali la rabdomiolisi (attenzione al monitoraggio della

diuresi ed al colore dell’urina) che prevede una adeguata terapia infusiva con

bicarbonato di sodio (alcalinizzare le urine per solubilizzare la mioglobina) e aritmie

cardiache (attenzione al monitoraggio multiparametrico)

In caso di ambiente confinato, con presenza di fumo, ed in presenza di segni e sintomi

quali la cefalea, stato confusionale, nausea, vomito e perdita della destrezza manuale,

si deve sempre sospettare l’avvelenamento da monossido di carbonio, gas inodore ed

incolore con elevatissima affinità per il gruppo eme dell’emoglobina (tabella IX-2).

Una pronta ed efficace ventilazione con O2 è il cardine principale del trattamento

terapeutico di tale intossicazione, prevedendo il dosaggio della carbossiemoglobina e,

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PERCORSO TRAUMA CAP. IX LESIONI TERMICHE

nei casi più gravi, il ricorso alla terapia iperbarica.

Momento fondamentale per la gestione del paziente ustionato è definire quale è il

miglior livello assistenziale possibile, quando ricorrere al trasferimento presso un

centro per grandi ustionati e quali sono i criteri utili che ci devono guidare in tale

processo decisionale.

Dalla letteratura internazionale, e da numerose consensus conference, i criteri per il

trasferimento del paziente presso un centro ustionati sono:

• presenza di ustioni di 2° e 3° interessanti pazienti con età inferiore ai 10 anni o

superiore ai 50 anni con superficie corporea interessata >10%;

• presenza di ustioni di 2° e 3° interessanti una superficie corporea >20%;

• presenza di ustioni di 2° e 3° interessanti particolari superfici corporee quali

faccia, occhi, orecchie, mani, piedi, genitali, perineo e grosse articolazioni

• presenza di ustioni di 3° interessanti una superficie corporea >5%;

• presenza di ustioni elettriche e chimiche;

• presenza di ustioni con lesioni da inalazione;

• presenza di ustioni associate a lesioni che hanno determinato fratture;

• evidenza anamnestica di preesistenti patologie che possono aggravare

l’emodinamica o l’equilibrio metabolico dell’infortunato con aumento del rischio di

complicanze o mortalità.

LESIONI DA FREDDO

La termoregolazione è la condizione di equilibrio fra termogenesi e termodispersione.

tabella IX-2

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PERCORSO TRAUMA CAP. IX LESIONI TERMICHE

Il Mantenimento del calore avviene con meccanismi fisici e chimici, mentre la

termodispersione avviene per conduzione, convenzione, radiazione ed evaporazione

(attenzione al capo che disperde sino al 40% del calore) (tabella IX- 3).

L’organismo umano attua meccanismi di autodifesa per ridurre la dispersione e

favorire il mantenimento del calore centrale ma particolari condizioni ambientali quali

temperature basse, abbigliamento indossato e durata dell’esposizione al freddo sono le

cause concomitanti che realizzano le lesioni da freddo. Esponendo sufficientemente a

lungo un tessuto a basse temperature, all’interno si producono cristalli di ghiaccio che

rompono le membrane cellulari formando aggregati ematici circolanti.

Così come per le ustioni, anche per il congelamento è definito il grado di sofferenza

tissutale, ma il danno finale sarà quantificabile solo al completo riscaldamento della

parte congelata. I diversi gradi di sofferenza sono di seguito identificati e classificati:

1° presenza di iperemia ed edema senza evidenza di necrosi cutanea;

2° presenza di ampie vescicole che si associano ad iperemia, edema e necrosi cutanea a

spessore parziale;

3° presenza di necrosi cutanea a tutto spessore interessante anche il sottocutaneo con

vescicole a contenuto emorragico;

4° presenza di necrosi cutanea a tutto spessore compreso il tessuto muscolare e l’osso

tabella IX- 3

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PERCORSO TRAUMA CAP. IX LESIONI TERMICHE

associato anche a gangrena.

L’ipotermia è classificata (tabella IX-4) in lieve - 32° <T > 35°C - moderata - 28°

<T > 32°C – e severa – T < 28° -.

La definizione del livello di ipotermia

è di fondamentale importanza poiché

è direttamente correlata alla gravità

clinica ed alla percentuale di

sopravvivenza, raggiungendo, nei

gradi severi, sino all’80% di

mortalità.

Ipotermia e shock sono i principali nemici dei soccorritori e i segni clinici

dell’ipotermia sono stati ben definiti da studi effettuati durante il 2° conflitto mondiale.

Particolare attenzione deve essere rivolta alla constatazione del decesso che può essere

molto difficile e si deve sempre ricordare l’assioma “il paziente non è morto finché

non è caldo e morto”.

L’approccio al paziente è volto a ridurre la durata dell’esposizione, a proteggere i

tessuti danneggiati e deve prevedere una valutazione pre-ospedaliera, un trattamento

pre-ospedaliro ed un trattamento ospedaliero. La valutazione pre-ospedaliera prevede

un'attenta valutazione ambientale per la messa in sicurezza di tutto lo scenario, con

l’applicazione della valutazione primaria e secondaria necessaria alla stabilizzazione

clinica dell’infortunato. Inizierà, quindi, il trattamento pre-ospedaliero i cui momenti

cardine sono caratterizzati dallo spostare al caldo l’infortunato, rimuovere i vestiti,

iniziare il riscaldamento esterno (coprire con coperte termiche) e il riscaldamento

interno (bevande calde ed infusione di liquidi caldi), proseguendo poi con il

trattamento ospedaliero (tabella IX-5) ponendo particolare attenzione a non

interrompere mai l’azione di riscaldamento per il rischio di comparsa della gangrena.

Potere di raffreddamento del vento

tabella IX-4

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PERCORSO TRAUMA CAP. IX LESIONI TERMICHE

B I B L I O G R A F I A

1. Smith CE, Patel N, Hypotermia in adult trauma patients: anesthetic

considerations. Part 1, Etiology and pathophysiology. Am. J. Anesthesiol. 1996; 23;

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5. Monafo WW, Initial management of burns, The N. Engl. J. of Med., 1996,

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CAPITOLO X

TRAUMA PEDIATRICO

G. Savoia; M. Loreto

OBIETTIVI

Discutere la fisiopatologia del trauma

in età pediatrica.

Discutere del trattamento del trauma

in età pediatrica.

Discutere della sofferenza psicologica

del bambino traumatizzato.

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PERCORSO TRAUMA CAP. X TRAUMA PEDIATRICO

TRAUMA PEDIATRICO

Il trauma è la principale causa di morte e di gravi sequele nella popolazione pediatrica

dopo il primo anno di vita.

Il trauma chiuso costituisce l’80% dei casi, i due terzi dei quali si associano a danno

cerebrale che è la causa del 75% dei decessi per trauma.

La prognosi di un bambino politraumatizzato è legata al trattamento che deve essere

rapido e corretto nei primi minuti dopo il trauma. La disponibilità di un efficiente

sistema di emergenza territoriale, che sia in grado di stabilizzare la vittima sul luogo

dell’evento e di trasportarlo rapidamente in “sicurezza” ad un centro ad alta

specializzazione, può risultare decisivo per migliorare la prognosi finale del paziente.

Le differenze tra il trauma in età pediatrica e quello in età adulta sono molteplici, ma

sostanzialmente riconducibili a meccanismi di lesione diversi ed a risposte fisiologiche

diverse all’evento traumatico. I più frequenti meccanismi di lesione sono l’incidente

stradale, le cadute accidentali, i traumi sportivi e l’abuso sul minore.

I meccanismi di lesione

I meccanismi di lesione possono essere classificati come:

• ad alto rischio: lesioni riportate da passeggeri di veicoli senza cinture di

sicurezza, lesioni da airbag, cadute da oltre 4,5 m o due volte l’altezza del bambino,

incidenti in bicicletta senza casco, lesioni di diversa natura (penetranti, da abuso, da

ustione) coinvolgenti il capo, il collo o il tronco;

• a basso rischio: lesioni riportate in seguito ad incidente stradale in cui i

passeggeri erano correttamente protetti, cadute da meno di 4,5 m.

Quando si verifica un evento traumatico la massa muscolare e la quantità di grasso

corporeo sono ridotti nel bambino, pertanto vi è una ridotta possibilità di disperdere

l’energia cinetica, inoltre lo scheletro del bambino è più elastico e quindi subisce un

numero minore di fratture, ma protegge con minore efficienza i parenchimi ed è più

suscettibile, quindi, di lesioni da trauma chiuso (esempio: contusioni polmonari in

assenza di fratture costali, lesione di milza o fegato) e di lesioni vascolari.

La risposta fisiopatologica del bambino ad un evento traumatico è differente da quella

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PERCORSO TRAUMA CAP. X TRAUMA PEDIATRICO

di un adulto: il bambino è estremamente sensibile all’ipossia, ha la peculiare capacità

di compenso iniziale, ad un ipovolemia anche importante, e rapidamente va incontro a

shock scompensato (i segni clinici di uno shock possono essere sfumati o assenti), la

valutazione neurologica di un bambino può risultare difficoltosa. E' frequente

l’ipotermia a causa della rapida dispersione del calore.

Per questi motivi è buona norma tenere in forte considerazione il meccanismo di

lesione, per stabilire il monitoraggio più adeguato e poter cogliere le variazioni dei

parametri vitali onde stabilire il trattamento preventivo.

Il decesso per trauma può avvenire:

• nei primi minuti dal trauma ed è legato ad un insulto grave ad un organo vitale,

si tratta di un evento non evitabile;

• dopo alcune ore è in genere legato all’instaurarsi d' ipertensione endocranica,

insufficienza respiratoria o cardiaca. In questo caso una accurata valutazione,

identificazione e trattamento di emergenze potenzialmente letali ed il loro trattamento

sono in grado di modificare sensibilmente la prognosi del paziente;

• dopo giorni o settimane è legato alla comparsa di infezioni, quindi dalle

procedure eseguite sul paziente, dalla loro necessità e modalità di esecuzione e dipende

dalla durata di ricovero in UTI e dallo stato immunitario del paziente, etc.

Nel trattamento di un bambino traumatizzato è vitale che le manovre rianimative siano

effettuate non appena identificati i problemi. Per garantire il massimo beneficio le

manovre dovranno procedere in maniera strutturata:

• Stabilizzazione primaria attraverso l’ABCDE

• Stabilizzazione secondaria

• Trattamento d’emergenza

• Cure definitive

Nel trauma il bambino non dovrebbe essere spostato, ma può essere necessario se c’è

un rischio per il soccorritore o la vittima dal momento che deve essere garantita la

sicurezza della scena.

Nell’approccio al bimbo il soccorritore deve cercare eventuali indizi utili a capire che

cosa possa aver provocato l’emergenza, ciò può influire sul modo in cui gestire

l'evento.

E’ importante stabilire lo stato di coscienza del bimbo, mai scuoterlo , porre attenzione

all’immobilizzazione del capo mettendo una mano sulla fronte e poi utilizzare l’altra

mano per scuotere il braccio o i capelli, se il bimbo risponde potrebbero non essere

necessari ulteriori interventi, se non dà alcuna risposta continuare con le tappe

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PERCORSO TRAUMA CAP. X TRAUMA PEDIATRICO

successive del BLS.

A questo punto il soccorritore può gridare aiuto ed iniziare immediatamente il BLS che

andrà proseguito per un minuto prima di telefonare per i soccorsi. Se è disponibile

un’altra persona per allertare il 118, questa deve fornire indicazioni sul luogo

dell’emergenza, sull’età della vittima, sul tipo di incidente e sulla sua gravità ed il

numero di telefono da cui viene effettuata la telefonata, mentre il primo soccorritore

inizia il BLS.

Stabilizzazione primaria

A : controllo vie aeree e controllo colonna cervicale

Immobilizzare manualmente testa e collo del paziente portandosi di lato al bambino,

ponendogli una mano sulla fronte e reclinando la testa indietro (in un neonato < 1 anno

la testa deve essere posta in posizione neutra), contemporaneamente va ottenuta

l’apertura delle vie aeree con sublussazione anteriore della mandibola (evitare sempre

di iperestendere il collo poiché si potrebbe peggiorare una lesione cervicale

sottostante) e la successiva rimozione di materiale presente in bocca; nel caso di un

bambino incosciente si può ricorrere all’uso della cannula orofaringea,( nel bambino

cosciente tale manovra è sconsigliata per il rischio di provocare vomito). Appena

possibile l’immobilizzazione del rachide va ottenuta con il posizionamento di un

collare semirigido di adeguata misura (lo

stifneck deve essere di altezza pari alla distanza

tra angolo mandibolare e margine superiore del

trapezio). La parte posteriore del collare

cervicale va fatta scorrere dietro il collo. Mentre

viene mantenuta l’immobilizzazione della

colonna cervicale, le mani si posizionano

esternamente al collare fino al suo fissaggio,

mantenendo contemporaneamente le vie aeree

pervie e l’immobilizzazione della colonna

cervicale. Solo dopo aver completato queste

manovre il soccorritore può rimuovere le proprie mani dal collo.

L’immobilizzazione della colonna cervicale può essere rimossa solo dopo che sia stato

riscontrato un esame neurologico normale,(il solo esame radiologico non è sufficiente).

Differenze con l’adulto: nel bambino le vie aeree sono più piccole, la lingua ha

dimensioni maggiori rispetto al cavo orale, c’è una sproporzione del capo rispetto al

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PERCORSO TRAUMA CAP. X TRAUMA PEDIATRICO

resto del corpo ed i muscoli respiratori, immaturi, tendono ad esaurirsi più

velocemente.

Variazione dei parametri vitali normali con l’età

Età

(anni)

Freq respiratoria

(atti/min)

Freq cardiaca

(atti/min)

Pressione sistolica

mmHg

< 1 anno 30-40 110-160 70-90

2-5 anni 25-30 95-140 80-100

6-12 anni 20-25 80-120 90-110

> 12 anni 15-20 60-100 100-120

Se ci sono segni generali di FBAO (ostruzione delle vie aeree da corpo estraneo)

valutare la presenza di tosse efficace. In tal caso, non è necessaria alcuna manovra; se

il bambino è ancora cosciente ma la tosse è assente somministrare colpi dorsali (5

colpi con i tallone della mano tra le scapole con la testa del bimbo o del neonato verso

il basso); se i colpi dorsali non riescono a spostare il corpo estraneo nei bambini fino

ad 1 anno di vita si può procedere con le compressioni toraciche (simili al massaggio

cardiaco ma più brusche e somministrate ad un ritmo più lento), nei bambini oltre

l’anno di vita si possono eseguire compressioni addominali

B: respirazione

Si valuta la presenza di attività respiratoria spontanea (GAS, guardo, ascolto, sento per

10 secondi) e la sua adeguatezza; se la respirazione spontanea è adeguata occorre

mantenere la pervietà delle vie aeree e controllare continuamente il bambino, se la

respirazione non è adeguata (frequenza respiratoria alterata, rientramenti toracici,

agitamento pinne nasali, comparsa di gemito espiratorio) deve essere messa in atto la

ventilazione di soccorso (5 insufflazioni). La ventilazione di soccorso può essere

eseguita con la tecnica bocca a bocca e naso (neonati) o bocca a bocca mentre si

chiude il naso, oppure con l’ausilio di presidi. Se si dispone di palloncino e maschera

si può eseguire la ventilazione a pressione positiva con e supplementazione di O2 al

100% con utilizzo di un reservoir (5 ventilazioni della durata di 1-1,5 sec ciascuna),

durante la ventilazione può essere utile la manovra di Sellick (compressione della

cartilagine tiroidea per evitare l’ingresso di aria nello stomaco e limitare il rischio di

vomito o inalazione).

Procedura:

• scegliere la maschera adatta al bambino (dalla radice del naso fino al mento) ed

il pallone autoespandibile idoneo (neonatale: 250 ml, pediatrico: 500ml per il neonato

a termine, adulti: 1200-1600 ml per bambini ed adolescenti)

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PERCORSO TRAUMA CAP. X TRAUMA PEDIATRICO

• valvola chiusa o poco aperta per permettere una ventilazione con più alte

pressioni

• connettere la sorgente di O2 a 10-15 l/min

• il soccorritore si pone dietro il capo del paziente, apre le vie aeree, sigilla la

maschera facciale al viso, mantiene in linea la colonna e sollevare la mandibola, non

inclina indietro il capo;

• porre il pollice e l’indice a formare una C sopra la maschera mentre le altre tre

dita mantengono sollevata la mandibola E (pinza C-E)

• se necessario si può inserire un cannula orofaringea

• iniziare la ventilazione esercitando una pressione sul pallone sufficiente a

garantire l’espansione del torace

• controllare l’efficacia della ventilazione

• osservare l’espansione del torace

• garantire un intervallo tra un’insufflazione e l’altra

• controllare la presenza di distensione gastrica ed eventualmente praticare

manovra di Sellick

• controllare i parametri vitali, il colorito delle mucose e della cute

Indicazioni all’intubazione tracheale:

• ossigenazione non adeguata mediante pallone e maschera

• trasporto lungo e difficoltoso

• necessità di ventilazione controllata prolungata

• trauma cranico (GCS < 8) o maxillo facciale grave

• lembo costale o contusione polmonare

• ustioni gravi faccia e collo

• inalazione sostanze tossiche

• shock non responsivo alla fluidoterapia

Anche nel paziente politraumatizzato durante la fase rianimatoria è di estrema utilità il

monitoraggio della saturimetria e della capnometria. Nel caso di asimmetria

all’ascoltazione del torace va esclusa la presenza di pneumotorace, malposizionamento

del tubo ET o ostruzione di un bronco.

C: circolo e controllo emorragie

Rapido esame della frequenza cardiaca, pressione sanguigna e frequenza respiratoria,

tempo di riempimento capillare, colorito cutaneo e stato di coscienza.

Il soccorritore valuta per 10 secondi la presenza dei polsi centrali (nel lattante si ricerca

il polso brachiale, nel bambino il polso carotideo), se il polso centrale è presente

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bisogna proseguire il sostegno del respiro (20 insufflazioni al minuto), se il polso è

assente o è presente una frequenza cardiaca < 60 batt/min in assenza di segni vitali

bisogna iniziare le manovre di RCP.

Le compressioni toraciche vanno eseguite 1-2 cm al di sopra del punto di incontro

dell’arcata costale con lo sterno, il torace del paziente deve essere depresso di almeno

1/3 del suo diametro (nel lattante la CT può essere eseguita con i pollici delle due mani

o solo con 2 dita perpendicolari allo sterno, nel bambino si può utilizzare l’eminenza

tenar di una mano ed eventualmente la compressione del torace non risultasse efficace

anche la seconda mano appoggiata alla prima). La pressione sul torace deve essere

rilasciata totalmente ad ogni compressione, la frequenza delle compressioni deve

essere 100 al minuto, rapporto compressioni /ventilazioni 15:2.

La frequenza cardiaca aumenta nello shock, la bradicardia è un segno infausto che

precede immediatamente l’arresto cardiaco; i polsi centrali deboli e quelli periferici

assenti sono segno di shock severo; il tempo di riempimento capillare (valutato

effettuando una pressione prosternale per 5 sec e calcolando il tempo impiegato

affinché la cute ritorni di colorito roseo, normalmente 2 secondi) se è allungato indica

perfusione alterata; la pressione arteriosa nel bambino può mantenersi nei limiti anche

con una grave disfunzione circolatoria e l’ipotensione è un segno tardivo e pre-

terminale d' insufficienza di circolo.

Tamponare tempestivamente le emorragie esterne per compressione diretta sul vaso,

sutura rapida e tamponamento posteriore del rinofaringe.

Posizionamento di due agocannule ev di grosso calibro(generalmente due vene

periferiche), in caso di fallimento vena femorale oppure accesso intraosseo (anche in

bambini di età superiore ai 6 anni) che consente l’iniezione di fluidi, farmaci ed

emoderivati.

Procedura per accesso intraosseo:

• arto non deve essere fratturato, cuscino sotto il ginocchio

• puntura con ago tipo Cook 1 cm sotto piatto tibiale faccia mediale, esercitare

lieve pressione fino ad avvertire perdita di resistenza

• togliere mandrino

• aspirare midollo osseo

Stima delle perdite ematiche e rimpiazzo volemico:

• tachicardia senza ipotensione: 20 ml/Kg di soluzione fisiologica

• tachicardia ed ipotensione, alterazione stato di coscienza e allungamento del

riempimento capillare: 30 ml/Kg soluzione fisiologica

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• ipotensione severa, perdita coscienza, polsi filiformi con tachicardia o

bradicardia: 40 ml/Kg soluzione fisiologica

nel caso di ipotensione refrattaria al trattamento con fluidi va esclusa la presenza di

pneumotorace iperteso o tamponamento cardiaco.

Stadio I-II Stadio III Stadio IV

Perdite di sangue < 25% 25-40% > 40%

FC Leggermente

aumentata

Moderatamente

aumentata

Tachicardia,

bradicardia

PA Normale o Aumentata Normale o Diminuita Diminuita

Consistenza polsi

periferici

Normale /diminuita Diminuita Molto Diminuita

Tempo di refill

capillare

Allungato Moderatamente

allungato

Molto allungato

Perfusione

periferica

Diminuita, Fredda, pallido

Fr. Aumentata Molto aumentata Gemiti

Coscienza Agitazione moderata letargia Reazione al dolore,

incoscienza

D: valutazione neurologica

Lo stato di coscienza viene suddiviso in quattro categorie secondo l’acronimo AVPU:

A sveglio V risposta allo stimolo verbale, P risposta allo stimolo doloroso, U non

risponde; vengono valutate le reattività e la dimensione delle pupille, la presenza di

ipertensione e bradicardia, la postura del piccolo ed eventuali segni di lato. Per una

valutazione più accurata si possono utilizzare il GCS ed il PTS.

Glaskow Coma Score (GCS) modificata per l’età pediatrica

Apertura occhi

Score > 1 anno < 1 anno

4 Spontanea Spontanea

3 Al comando Al rumore

2 Al dolore Al dolore

1 Non risposta Non risposta

Migliore risposta motoria

Score > 1 anno < 1 anno

6 Obbedisce Spontanea normale

5 Localizza il dolore Localizza il dolore

4 Flette/ si allontana dal dolore Flette/ si allontana dal dolore

3 Flessione decorticata Flessione decorticata

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2 Estensione decerebrata Estensione decerebrata

1 Non risposta Non risposta

Migliore risposta verbale

Score > 5 anni 2-5 anni 0-23 mesi

5 Orientato Parole appropriate Vocalizza/ride

4 Disorientato Parole inappropriate Pianto consolabile

3 Parole sconnesse Pianto/grida Grida persistenti

2 Suoni incomprensibili Suoni incomprensibili Suoni

incomprensibili

1 Non risposta Non risposta Non risposta

Pediatric Trauma Score

PTS +2 +1 -1

Peso > 20 Kg 10-20 Kg < 10 Kg

Vie aeree Normali Cannula orale Intubato

Pressione sanguigna > 90 mmHg 50-90 mmHg < 50mmHg

Livello coscienza Vigile Obnubilato Comatoso

Ferita aperta Nessuna Minore Maggiore

fratture Nessuna minori Fratture esposte o

multiple

Il punteggio di queste scale è inversamente proporzionale alla gravità del trauma, più è

basso maggiore è il rischio vita per il paziente che deve essere trasportato quanto

prima in n centro di alta specializzazione.

E: esposizione del paziente e controllo temperatura

Il paziente deve essere svestito per valutare la presenza di ematomi ed eventuali

lesioni, marezzature, abrasioni, etc ed immediatamente coperto per evitare che si

raffreddi. A questo punto termina la valutazione primaria ed il paziente viene

trasportato in ospedale dove la valutazione secondaria (esame clinico capo-piedi)

consentirà di identificare in maniera sistematica qualsiasi lesione più o meno grave con

l’ausilio di indagini radiologiche ed esami laboratoristici.

Qualsiasi bambino vittima di un trauma è affetto da un’immediata sofferenza

psicologica, l’approccio degli operatori sanitari deve anche rassicurare il bambino al

fine di garantire una buona prognosi dal punto di vista comportamentale e

dell’equilibrio psicofisico.

Il piccolo politraumatizzato deve essere stabilizzato prima del trasporto ad un centro di

III livello con esperienza del trauma pediatrico. Ma in pazienti con parametri vitali

estremamente instabili, con trauma cranico o sospetto di lesione ad organi interni è

indicata una strategia di trasporto immediato con minime procedure di stabilizzazione

sulla scena (esaminare il bambino, verificare funzionamento linee vascolari, eventuali

tubi ET e drenaggi).

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Durante il trasferimento il paziente deve essere monitorizzato di continuo nei

parametri vitali. Per quel che riguarda la scelta del mezzo di trasporto essa è

determinata da vari fattori: gravità del paziente, distanza dall’ospedale, condizioni

atmosferiche, traffico e costi.

Stabilizzazione secondaria

Si tratta di un esame completo volto alla ricerca di lesioni occulte. Il corpo del

bambino è esaminato interamente, compreso la schiena con il log roll. La

stabilizzazione secondaria deve iniziare solo dopo che sia stata trattata ogni lesione

potenzialmente letale. I segni vitali devono essere rivalutati durante e dopo

l’osservazione secondaria.

Lo scopo del log roll è di mantenere in asse la colonna con il resto del corpo, mentre

viene esaminata la schiena o posizionata la tavola spinale. Particolare attenzione deve

essere posta alla pelvi (il numero di persone necessarie varia da 4 a 5) Ogni membro

del team deve conoscere il proprio ruolo e seguire le istruzioni del leader che si prende

carico dell’immobilizzazione del rachide cervicale. Un membro del team non

impegnato nella rotazione si prende carico di osservare la schiena e posizionare la

tavola spinale. (il ritorno alla posizione supina è disposto dal team leader).

Viene raccolta una breve anamnesi che informa sul trattamento del bambino,

l’acronimo AMPLE rende facile il ricordo: anamnesi A-Allergica, M-Medicine in

corso, P-Anamnesi patologica

remota, L-ora ultimo pasto ed E-

anamnesi incidente e meccanismo

trauma.

Studio radiologico di routine che

comprende: Rx torace, Rx bacino ed

Rx rachide cervicale ed eventuale Tc

cranio.

A questo punto è utile l’uso del PTS

utilizzato per valutare in maniera

univoca le lesioni nei bambini, quando il punteggio è < 0 hanno una mortalità più

elevata.

Lesioni cerebrali

Le lesioni cerebrali sono responsabili del 70% dei decessi nelle prime 48 ore seguenti

il trauma pediatrico.

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Il danno cranico primario avviene al momento del trauma ed è irreversibile. Un

trattamento aggressivo deve prevenire il danno secondario che è dovuto ad ipossia da

ipoventilazione, ostruzione vie aeree, contusione ed inalazione polmonare, ematoma

epi o subdurale e conseguente ischemia. L’ipossia può essere prevenuta con una

adeguata ventilazione con maschera, pallone ed O2 al 100% o con intubazione

precoce. Inoltre bisogna evitare ipotensione, ipoglicemia, aumento della pressione

intracranica.

L’aumento della pressione intracranica è riconoscibile attraverso la comparsa di segni

specifici: ipertensione sistolica, bradicardia e respiro singhiozzante (triade di Cushing).

Provvedimenti atti ad evitare l’aumento della PIC:

• non incannulare vena giugulare interna poicheè potrebbe risultare ostacolato il

ritorno venoso dall’encefalo;

• mantenere capo e torace sollevati di 15-45° per favorire il drenaggio venoso

(evitare tale manovra se il pz è ipoteso in tal caso preferire il decubito supino);

• mantenere PAM elevata;

• mantenere normocapnia.

Se PIC elevata somministrare mannitolo 0,25g/Kg in 20 min ripetibile fino a 1g/Kg

evitare ipo o iperglicemia; trattare immediatamente eventuali convulsioni.

Ovviamente per evitare il danno secondario la pressione arteriosa deve essere

sostenuta con fluidi mentre si ricercano possibili cause di shock ipovolemico

(emorragia addominale, pelvica, fratture ossa lunghe).

I pz emodinamicamente stabili possono essere sottoposti a Tc cranio per evidenziare

lesioni suscettibili di trattamento chirurgico quali: fratture craniche, emorragie

craniche (gli ematomi epidurali richiedono un trattamento urgentissimo poiché si

espandono rapidamente e determinano erniazione cerebrale), deviazione della linea

mediana, segni di edema cerebrale ed ipertensione endocranica.

Trauma toracico

La comparsa di pneumotorace (aria nello spazio pleurico) è sempre diagnosticabile

clinicamente.

Vi sono tre tipi di pneumotorace: semplice, iperteso, aperto.

Pneumotorace semplice è caratterizzato da perdita limitata di aria nello spazio pleurico

che causa collasso polmonare senza che vi siano segni emodinamici significativi,

necessita di essere monitorato e di essere drenato eventualmente il bambino necessiti

di ventilazione meccanica.

Lo pneumotorace iperteso si verifica quando l’aria che si accumula nello spazio

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pleurico aumenta e va sotto pressione. In questa condizione il mediastino può essere

dislocato controlateralmente e comprimere i grossi vasi e si hanno i segni dello shock

ostruttivo.

I segni clinici che suggeriscono la presenza di uno pneumotorace iperteso sono:

ipossia, asimmetria all’auscultazione del torace ed asimmetria della gabbia toracica,

ipotensione, bradicardia, distensione vene del collo, ed eventuale dislocazione della

trachea.

Tecnica di drenaggio con agocannula:

• paziente supino con braccio sopra la testa dal lato affetto

• individuare il II spazio intercostale sulla linea claveare oppure il IV sulla linea

ascellare anteriore

• inserire agocannula di grosso calibro collegato ad una siringa perpendicolare

alla cute sopra il margine superiore della costola

• spingere l’agocannula nello spazio pleurico (si avverte uno scatto quando l’ago

penetra nello spazio pleurico)

• se si aspira aria, togliere il mandrino e procedere con la cannula, collegarla ad

un rubinetto e continuare ad aspirare fino a quando fuoriesce aria

• fissare la cannula con nastro adesivo

• aspirare periodicamente e continuare monitoraggio parametri vitali

Lo pneumotorace iperteso è una condizione potenzialmente letale, deve essere

riconosciuto durante la valutazione della respirazione e trattato prima di passare alla

valutazione della circolazione: “tratta per primo ciò che uccide prima”.

Lo pneumotorace aperto è conseguente ad una lesione penetrante del torace che

determina un tipico rumore di suzione durante le inspirazioni, una riduzione

dell’espansibilità toracica e dei rumori respiratori ed un ipertimpanismo dal lato

affetto. Non è esclusa la possibilità che si generi uno pneumotorace iperteso. In questo

caso il drenaggio toracico se necessario deve essere inserito lontano dalla ferita.

Emotorace

E’ dovuto all’accumulo di sangue nella cavità toracica per danno parenchinale

polmonare associato a lesione dei vasi polmonari o della parete toracica.

Segni: ipossia, shock volemico, riduzione espansibilità toracica, riduzione rumori

respiratori, ottusità alla percussione.

Prima del suo trattamento con drenaggio toracico o toracotomia (se la perdita è > 20

ml/Kg) è necessario un accesso venoso sicuro che permetta la rapida infusione di

liquidi di rimpiazzo ed eventuale emotrasfusione.

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Fratture costali

Sono sempre gravi ed indicative di un trauma toracico serio.

Le fratture delle prime coste (1-3) e della clavicola devono far sospettare lesione dei

grossi vasi, del mediastino e dei bronchi (trattamento chirurgico d’urgenza); le fratture

alle coste intermedie (4-9) si associano a contusione polmonare (ossigenazione ed

eventuale ventilazione meccanica) ed emotorace mentre le fratture delle ultime coste

sono spesso associate a lesioni della milza, del fegato o ernia diaframmatica traumatica

(che richiede intervento chirurgico d’urgenza). Si consiglia analgesia ed adeguata

valutazione del danno sottostante.

Trauma addominale

Segni suggestivi: contusione parete addominale, escoriazioni, lacerazioni o ferite

parete addominale, distensione addominale, peritonismo, shock ipovolemico. Anche in

assenza di segni suggestivi deve essere richiesta la consulenza del chirurgo d’urgenza e

delle indagini strumentali: Rx torace e pelvi, ecografia addome e Tc addome (indagine

di prima scelta ma possibile solo se paziente emodinamicamente stabile).

Trauma scheletrico

Le uniche condizioni potenzialmente fatali che risultano refrattarie alla rianimazione

con fluidi sono: lesioni da schiacciamento dell’addome e della pelvi (che richiede

stabilizzazione ed eventuale embolizzazione dei vasi); amputazione traumatica di un

arto, fratture multiple esposte di ossa lunghe (che richiedono intervento ortopedico

d’urgenza se associate ad emorragia massiva).

La lesione vascolare ad un arto richiede:

rianimazione con fluidi 20 ml/Kg dopo emostasi del sanguinamento;

analgesia;

allineamento ed immobilizzazione con stecche, se il dolore in questo caso aumenta

escludere sindrome compartimentale per impedimento al drenaggio venoso dell’arto

con ischemia e necrosi cellulare.

Lesioni della colonna cervicale

Dal momento che i bambini hanno corpi vertebrali immaturi, giunzioni capsulari e

strutture maggiormente flessibili rispetto all’adulto, possono verificarsi lesioni della

colonna cervicale in assenza di anormalità radiologiche. E' necessario dunque che la

colonna cervicale sia immobilizzata finché non sia clinicamente esclusa una lesione

del midollo spinale. Sospettare lesioni cervicali in corso di lesioni multiple gravi,

trauma grave al capo, collo e dorso, meccanismo del trauma da forte decelerazione,

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cadute dall’alto.

Nella valutazione vanno considerate le sei P:

• Pain dolore

• Posizione

• Paralisi

• Parestesie

• Priapismo

• Ptosi

Il trattamento è basato sulle manovre ABCDE, vanno evitati movimenti della colonna

e deve essere sublussata la mandibola, posizionato un collare cervicale delle giuste

dimensioni e posti due cuscinetti di sabbia ai lati del capo. Se è necessaria l’IOT deve

essere eseguita da un operatore esperto e richiede l’immobilizzazione in allineamento

della colonna cervicale da parte di un assistente. Il collare cervicale può essere rimosso

quando il bambino è cosciente con un esame neurologico negativo.

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