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8/17/2019 Micotossine Negli Alimenti
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FACOLTÁ DI FARMACIA E MEDICINA
CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DELLA
PREVENZIONE NELL'AMBIENTE E NEI LUOGHI DI
LAVORO
SEDE DI FROSINONE
TESI DI LAUREA:
MICOTOSSINE NEGLI ALIMENTI DI ORIGINE
VEGETALE: IL RUOLO DEL TECNICO DELLA
PREVENZIONE
Relatore Laureanda
Prof. Claudio Berna Stefania Genovese
Matricola 1343817
Anno Accademico 2011 – 2012
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INDICE
Introduzione…………………………………….………………….............4
CAPITOLO I: Funghi tossigeni e micotossine
1.1 Sviluppo delle muffe………………………………………….…...6
1.2 Aflatossine………………………………………………….……...8
1.2.1 Aflatossine ed epatocarcinoma……………………….………..…..11
1.2.2 Esempi di matrici contaminate da aflatossine……………….…….12
1.3
Ocratossine.....................................................................................151.4 Fusariotossine……………………………………… …….……...16
1.5 Zearalenoni…………………………………………..….….……18
1.6 Fumonisine…………………………………………….………....20
1.7 Patulina…………………………………………..……………….21
1.7.1 Patulina nei succhi di frutta………………………..……………....22
1.8 Micotossine minori……………………………………….….…..25
CAPITOLO II: Prevenzione del rischio micotossine
2.1 Quadro normativo…………………………………………….....26
2.2 Prevenzione dello sviluppo di funghi micotossino-produttorisulle matrici più frequentemente interessate: i cereali…………30
2.2.1 Prevenzione in pre-raccolta………………………………………..30
2.2.2 Prevenzione in post-raccolta……………………………………….32
2.3 Bonifica dei prodotti………...…...………......…….……………35
CAPITOLO III: Il campionamento
3.1 Metodiche di campionamento……………......…………………36
3.1.1 Metodo di campionamento per i cereali e i prodotti derivati……….37
3.1.2 Metodo di campionamento per i fichi secchi, le arachidi e la fruttaa guscio…………………………………….………………………39
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3.2 Il lavoro in fase di campionamento……..………………...……42
3.2.1 L’esperienza Ispettiva presso il Servizio Igiene degli Alimenti edella Nutrizione di Cassino ..…………………………………...….42
CAPITOLO IV: Il ruolo del Tecnico della Prevenzione
4.1 La gestione del rischio micotossine…………………….………45
4.2 Compiti del Tecnico della Prevenzione……………...…………48
Conclusioni………………………………………………………………..51
Rassegna legislativa di riferimento……………………………….……..53
Bibliografia………………………………………………………………..55
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INTRODUZIONE
Gli alimenti, fattori essenziali della nostra vita, se non prodotti in modo
igienico, possono avere effetti nocivi sulla salute e non sono rari i casi di
consumatori che manifestano malattie dopo aver consumato cibo
contaminato. Ecco perché è necessario che chi opera in un’industria
alimentare faccia tutto il possibile affinché gli alimenti prodotti siano sicuri
per i consumatori; infatti la sicurezza di un alimento è un requisito che non
ammette deroghe o eccezioni.
L’assunzione di sostanze tossiche attraverso il consumo di alimenti
costituisce una delle principali e più attuali problematiche di natura igienica
in campo alimentare e, nella valutazione del rischio igienico, per questo, si
presta particolare attenzione alle micotossine.
Le micotossine rappresentano un gruppo di oltre 100 sostanze
chimicamente identificate che possono esercitare un'azione tossica
sull'uomo e sugli animali d'allevamento, principalmente attraverso
l'ingestione di alimenti contaminati. Sono metaboliti secondari prodotti da
muffe (funghi microscopici) che colonizzano le derrate alimentari. L’habitat
delle muffe è caratterizzato dalla presenza di ossigeno; le ritroviamo sulla
superficie di alimenti con un alto contenuto di glucidi e di umidità. La
funzione delle tossine è, molto probabilmente, di difesa da altri patogeni
con i quali il fungo può entrare in competizione, o di risposta a stress
esterni. È risaputo che non esiste una relazione diretta tra l’incidenza
dell’attacco fungino e il livello di micotossine, e questo suggerisce come la
semplice verifica della presenza del fungo non dia necessariamenteindicazione del livello di contaminazione.
La produzione delle micotossine di interesse alimentaristico può essere
ricondotta principalmente a tre generi di funghi Aspergillus, Penicillium,
Fusarium. Le micotossine raramente portano ad intossicazioni acute ma la
loro pericolosità dipende dalla capacità di determinare intossicazioni
croniche conseguenti all’ingestione di piccole dosi ripetute nel tempo.
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Sono metabolizzate in diversi organi bersaglio dove esplicano il loro effetto
tossico diverso in base al tipo di tessuto colpito. Gli effetti dipendono inoltre
dal tipo di micotossina coinvolta, dalla quantità e durata dell'esposizione,
dall'età, dallo stato di salute, dal sesso del soggetto colpito e da tutta una
serie di fattori ancora da studiare adeguatamente, come la genetica, la dieta e
le interazioni con altri agenti tossici.
Le micotossicosi acute possono determinare danni ad apparati quali il
circolatorio, il respiratorio, il digerente, l’escretore, il riproduttivo ed al
sistema nervoso. Per quanto riguarda invece le micotossicosi croniche,
l’aspetto tossicologico più rilevante è legato al fatto che le micotossine sono
sostanze cancerogene estremamente potenti in tutte le specie animalistudiate, con induzione di tumori in diversi organi tra cui fegato e reni
costituiscono i bersagli principali. Nell’uomo ad esempio, sono associate
alla comparsa del cancro dell’esofago.
Nell’anno 2011 sono state trasmesse attraverso il Sistema di allerta rapido
comunitario 3721 notifiche; di queste il 16% hanno riguardato la presenza di
micotossine negli alimenti, delle quali la maggior parte rilevate nella frutta
secca e snack. Sebbene il fenomeno sia in leggero calo rispetto al 2010, sitratta sempre di una dimensione consistente della problematica. La maggior
parte delle notifiche, a livello mondiale, riguarda la presenza di aflatossine
(92%). Si nota in particolare come i dati siano in calo a partire dall’anno
2009 dopo che i controlli sono diventati più efficaci con regolamenti europei
che hanno aumentato i controlli verso alcuni Paesi in particolare, ossia i
paesi in via di sviluppo che non hanno controlli rigidi e severi come i nostri.
Lo scopo di questa tesi è quindi di fornire norme generali sulla prevenzionedella contaminazione delle matrici alimentari di origine vegetale e
l’instaurazione di sistemi di controllo in rete di commercializzazione,
inerenti le micotossine, mediante i servizi Ispettivi dei SIAN.
Nel caso specifico il SIAN della ASL di Frosinone, presso cui la sottoscritta
ha svolto la parte sperimentale della tesi, è quello del Distretto di Cassino e
per la parte generale, l’Ispettorato Micologico. I compiti cui si è prestata
attenzione sono stati quelli propri del Tecnico della Prevenzione.
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CAPITOLO I
FUNGHI TOSSIGENI E MICOTOSSINE
1.1 Sviluppo delle muffe
Nonostante l’alta variabilità e l’ubiquitarietà, le popolazioni fungine per
svilupparsi hanno bisogno di alcune condizioni ambientali idonee. La
produzione massima di tossine si raggiunge quando sono presenti condizioni
di stress per lo sviluppo del micete, a seguito ad esempio di brusche
variazioni di temperatura ed umidità. È opportuno infatti ricordare che le
condizioni ottimali di crescita fungina non coincidono necessariamente con
quelle ottimali per la produzione di tossine; tale produzione, infatti, è
considerata una risposta a condizioni di stress per il fungo. Premesso che i
fattori geografici e stagionali hanno un ruolo decisivo, la presenza di
micotossine negli alimenti coinvolge tutta la filiera produttiva: dal campo
alla tavola. È noto, infatti, che non solo le tecniche agronomiche e
l’andamento meteorologico possono condizionare la contaminazione ma
anche le operazioni di post-raccolta nonché le fasi domestiche di
conservazione o di manipolazione degli alimenti.
Le muffe possono svilupparsi principalmente su derrate alimentari di origine
vegetale sia a seguito di stress ambientali cui la pianta è stata sottoposta,
come ad esempio condizioni di estrema aridità del campo, mancanza di un
assorbimento bilanciato di nutrienti, sia a causa di fattori ambientali come
condizioni climatiche, temperatura, umidità, attacco di insetti e volatili.
In condizioni favorevoli allo sviluppo di funghi tossigeni, le micotossine
possono essere formate in una qualunque delle fasi di produzione e di
trasformazione di un prodotto alimentare.
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In particolare, le micotossine possono essere prodotte nelle piante infette in
pieno campo; nel corso delle operazioni di raccolta; nella fase di
immagazzinamento delle derrate (stoccaggio, trasporto); nel corso delle
trasformazioni tecnologiche delle preparazioni alimentari.
Durante la fase di coltivazione ad esempio la formazione di muffe tossigene
è favorita da determinate condizioni climatiche (di umidità e temperatura)
ma anche l’attacco delle piante da parte di insetti agevola l’infezione.
La contaminazione nelle fasi successive alla raccolta è influenzata
dall’epoca della raccolta, dal livello di maturazione e di umidità, dalle
operazioni fisiche svolte (danni meccanici al prodotto). Durante la fase di
stoccaggio sono ancora le condizioni di temperatura e umidità insieme aitempi di permanenza in ambienti chiusi (per esempio nei silos) a influenzare
l’attacco da parte delle muffe.
In generale le condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo delle
micotossine sono temperatura, umidità dell’ambiente e umidità
dell’alimento. Si può dire che genericamente la tossinogenesi è favorita da:
UMIDITA’ 80-90%TEMPERATURA (25 – 30°C)
Inoltre, anche nella fase di magazzinaggio, sullo sviluppo di micotossine, ha
una notevole importanza l’infestazione da insetti. Il tipo di substrato è
l'elemento che probabilmente più di ogni altro influenza la tossinogenesi. È
noto che i vegetali favoriscono la produzione di micotossine, più dei
substrati animali; la presenza soprattutto di amido sembra incrementare lamicotossinogenesi, così come pure la presenza di zinco. Le derrate
alimentari a maggior rischio sono i cereali (alcune specie di frumento, mais,
segale, orzo), caffè, arachidi, vino, frutta secca. La crescita fungina si
previene agendo su substrato, umidità, ossigeno, temperatura, fungicidi,
fungistatici.
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1.2 Aflatossine
Le aflatossine sono prodotte da alcune specie di Aspergillus ( A. flavus, A.
parasiticus). Si ritiene generalmente che A. flavus (ubiquitario, diffuso nei
climi temperati) produca le aflatossine B1 e B2, mentre A. parasiticus
(maggiormente diffuso nei climi tropicali e subtropicali) produca le
aflatossine B1, B2, G1, G2. Gli Aspergillus possono essere presenti
ovunque, ma la loro proliferazione è favorita da un ambiente caldo e secco.
La temperatura ottimale di crescita per questi funghi è di circa 25°C(sebbene possano accrescersi a temperature comprese tra 6°C e 46°C); il
loro sviluppo è, inoltre, favorito da un’umidità relativa dell’aria pari o
superiore all’85%. Gli Aspergillus infatti sono tipici di stagioni con elevate
temperature associate a condizioni di stress idrico della pianta.
Analogamente, sintesi e rilascio di aflatossine possono verificarsi sia nella
fase di “pre” che di “post” raccolta in condizioni di elevato contenuto di
umidità e a temperature relativamente alte. La maggiore produzione ditossine avviene tra 24°C e 27°C per l’Aflatossina B1 e tra 29°C e 30°C per
l’Aflatossina G1. La presenza di insetti spesso coincide con alti livelli di
aflatossine (specie nel caso del mais), in quanto essi sono da considerare tra
i maggiori responsabili della contaminazione sia per il trasporto delle spore
fungine sia per il danneggiamento della pianta, con aumentata esposizione
della stessa all’attacco fungino. Altri fattori che influenzano la produzione
di aflatossine sono il grado di aerazione e un pH acido.
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Sostanze che, invece, riducono la produzione di aflatossine sono:
dichlorvos, selenite, nitrati, etilene, acido benzoico, ossigeno, azide, derivati
epossidici e perossidici, oleuropeina, acido sorbico, BHA (idrossianisolo
butilato), solfito di potassio, tracce di metalli pesanti e caffeina. Inoltre lo
sviluppo contemporaneo sullo stesso substrato di più specie fungine riduce
la produzione di micotossine.
Aspergillus
Le aflatossine vengono prodotte preferenzialmente su substrati ricchi di
carboidrati. Gli alimenti più frequentemente inquinati sono i cereali (mais in
particolare), i semi oleosi (soprattutto arachide), i semi di cotone, noci e
mandorle ma va ricordato che una cattiva conservazione può far comparire
le aflatossine anche in prodotti non considerati a rischio. Nel 1993
l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato
le Aflatossine B1 e G1 nel Gruppo 1, cioè come “ agenti cancerogeni per
l’uomo”. L’Aflatossina B1 ha effetti cancerogeni ed epatotossici e
immunosoppressori provoca danni al DNA ma non è possibile stabilire una
soglia massima di assunzione con la dieta; pertanto il principio tossicologico
di riferimento sarà quello di mantenere il livello di esposizione il più basso
possibile.
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Valori massimi ammissibili di aflatossine (µg/kg)
(Circ. n. 10, 9 giugno 1999), (Reg.UE n.165/2010)
PRODOTTO AFLATOSSINE
B1 B1+B2+G1+G2
Arachidi ed altri semi oleosi, frutta a guscio e frutta secca e relativi prodotti
di trasformazione destinati al consumo umano o dell’impiego come
ingredienti di prodotti alimentari.
Cereali, prodotti derivati e trasformati, a base di cereali destinati al
consumo umano o all’impiego di ingredienti come derrate alimentari.
2 4
Arachidi ed altri semi oleosi da sottoporre a cernita o ad altro trattamento
fisico prima del consumo umano o dell’impiego come ingredienti di
prodotti alimentari.
Nocciole e noci del Brasile da sottoporre a cernita o ad altro trattamento
fisico prima del consumo umano o dell’impiego quali ingredienti di prodotti
alimentari.
8 15
Frutta a guscio e frutta secca da sottoporre a cernita o ad altro trattamento
fisico prima del consumo umano o dell’impiego come ingredienti di
prodotti alimentari.
Piante infusionali o loro parti, nocciole e noci del Brasile destinate al
consumo umano diretto o all’impiego quali ingredienti di prodotti alimentari.
Granturco e riso da sottoporre a cernita o ad altro trattamento fisico prima
del consumo umano o dell’impiego quali ingredienti di prodotti alimentari.
Le seguenti specie di spezie:
Capsicum spp. (frutti secchi dello stesso, interi o macinati, compresi
peperoncini rossi, peperoncino rosso in polvere, pepe di Caienna e paprica);
Piper spp. (frutti dello stesso, compreso il pepe bianco e nero);
Myristica fragrans (noce moscata);
Zingiber officinale (zenzero);
Curcuma longa (curcuma);
Miscele di spezie contenenti una o più delle suddette.
5 10
Mandorle, pistacchi e semi di albicocca, da sottoporre a cernita o ad altro
trattamento fisico prima del consumo umano o dell’impiego quali ingredientidi prodotti alimentari.
12 15
Mandorle, pistacchi e semi di albicocca destinati al consumo umano diretto o
all’impiego quali ingredienti di prodotti alimentari.8 10
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1.2.1 Aflatossine ed epatocarcinoma
L’epatocarcinoma, tumore maligno del fegato dalla prognosi spesso
infausta, riconosce vari fattori di rischio, tra i quali l’ingestione di cibi
contaminati da aflatossine. Le aflatossine sembrano essere i principali
responsabili della notevole diffusione di questo tipo di neoplasia in alcune
zone dell’Asia e dell’Africa; le popolazioni residenti in queste regioni,
infatti assumono grandi quantità di alimenti contaminati. L’esposizione
alimentare ad aflatossine è considerata uno dei principali fattori di rischio
anche delle infezioni croniche da virus dell’epatite B e C; spesso le regioni
del mondo in cui avviene la maggior esposizione ad aflatossine sono lestesse regioni che presentano alti tassi di infezione da virus dell’epatite B.
Il Ministero della Salute redige una lista, che fa parte del Sistema di allerta
rapido Europeo di segnalazione di merci, dove numerose sono le
segnalazioni di cibi contaminati da aflatossine, relative soprattutto a
mandorle, arachidi e pistacchi. Da ciò si evince come nemmeno la
popolazione italiana può essere considerata del tutto esente dal rischio di
esposizione ad aflatossine, anche se le abitudini alimentari e il clima fannosi che ci sia un’esposizione molto modesta.
Le aflatossine non creano solo problemi alla popolazione generale, ma
anche ad alcune categorie di lavoratori che possono essere esposte ad
aflatossine, anche in regioni del mondo in cui non sono presenti funghi
Aspergillus, a causa dell’importazione di materiale contaminato.
Uno studio condotto su lavoratori danesi esposti ad aflatossine presenti in
raccolti importati ha mostrato un aumento di epatocarcinoma tra quelli cheavevano avuto una maggiore esposizione a derrate contaminate da
aflatossine, in un periodo di 10 o più anni prima della diagnosi di tumore.
Studi condotti in lavoratori dell’industria di produzione di mangimi per
animali hanno dimostrato livelli di aflatossina B legata alle proteine
ematiche maggiori rispetto a individui non professionalmente esposti.
Nel caso dell’esposizione lavorativa l’assorbimento delle micotossine
avviene prevalentemente attraverso la via respiratoria.
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Maggiormente a rischio di esposizione possono quindi essere considerati i
lavoratori che si trovano a contatto con materiale alimentare con aflatossina.
Un intervento a livello individuale potrebbe essere quello di assumere un
corretto stile di vita, basato su un’attenta valutazione dei prodotti assunti
con la dieta. La maggior parte delle aflatossine, nei paesi ad alto grado di
esposizione, contaminano mais e arachidi; bisognerebbe quindi evitare di
consumare questi cibi molto frequentemente, seguendo una dieta più variata
possibile. I processi di cottura possono ridurre la quantità di aflatossine, ma
questi effetti sono variabili e possono produrre altri metaboliti tossici. In
ogni caso l’unica arma vincente contro l’insorgenza di patologie risulta
essere un’adeguata opera di prevenzione.
1.2.2 Esempi di matrici contaminate da Aflatossine
Arachidi
Non possono essere commercializzate né importate le arachidi che non
rispettino i limiti massimi per contenuto di aflatossine. La contaminazione
delle Arachidi da parte di aflatossine si verifica principalmente nelle zone incui vengono prodotte, dove il clima è caldo e umido. Per quanto riguarda
l’importazione, tutte le partite provenienti dall'estero devono essere
sottoposte a controlli effettuati nelle località di entrata della merce nel
nostro Paese dagli organi preposti. È bene ricordare che l'olio di arachide
raffinato, usato per la fabbricazione delle margarine e per cucinare, è privo
di aflatossine, anche se prodotto con semi contaminati, poiché qualsiasi
traccia di aflatossina che possa passare nell'olio greggio viene rimossa daltrattamento con alcali usato nel processo di raffinazione. Per quanto
riguarda la preparazione del campione per l’analisi costituito da arachidi
esso deve essere preventivamente e completamente sgusciato. La massa dei
semi di arachide deve essere integralmente macinata e accuratamente
omogeneizzata. Dal campione così trattato, viene prelevata l'aliquota
necessaria per l'analisi.
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Pistacchi
I pistacchi sono originari di una vasta zona dell’Asia minore ed oggi sono
prodotti prevalentemente nelle zone mediterranee e nell’ovest asiatico in
paesi quali Afghanistan, Iran, Iraq e Turchia. Un mese o più prima della
maturità il guscio del pistacchio si apre parzialmente. L’involucro resta
sostanzialmente intatto, ma talvolta si può dividere sia per il processo dicrescita naturale sia prematuramente. Durante la fase di divisione
dell’involucro esterno, i pistacchi sono maggiormente suscettibili alla
contaminazione con spore di A. flavus e A. parasiticus, potenziali produttori
di aflatossina B1. Un’apertura prematura, dovuta ad esempio a danni causati
da attacco di insetti, è associata ad un rischio più alto di contaminazione da
aflatossine. In Iran, Afghanistan e Iraq si coltivano specie caratterizzate da
grosse noci con gusci che sono relativamente soggette ad un’apertura prematura, inoltre, i fattori climatici caratteristici di queste zone sono un
altro elemento favorente.
Riuscire ad ottenere un campione rappresentativo di pistacchi per la
determinazione della contaminazione da aflatossine è particolarmente
difficile, dato che è stata verificata un’incidenza della contaminazione
fungina che riguarda un numero molto basso di pistacchi.
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Come dimostrato da vari studi, infatti, in 30 kg di campione può essere
contenuto un singolo pistacchio contaminato; d’altra parte i frutti di
pistacchio possono contenere un livello di aflatossine decisamente alto,
nell’ordine di 1.000.000 ng; per tale motivo da un singolo frutto
contaminato può derivare una contaminazione media di circa 33 μg/kg di
prodotto, considerando come unità base, come consigliato dalla Comunità
europea, 30 kg di prodotto. I pistacchi sono utilizzati in un numero rilevante
di processi produttivi alimentari attraverso delle trasformazioni che vanno
dall’arrostimento alla salatura per arrivare alla fornitura di ingredienti base
per l’industria alimentare e dolciaria.
Un’indagine che copre il periodo che va dal 2000 al 2006 mostra che nel44% dei campioni di pistacchi commercializzati sul territorio europeo i
livelli di aflatossine sono superiori al limite di rivelazione e nel 15,4% dei
casi sono superiori a 10 μg/kg, raggiungendo concentrazioni anche
decisamente elevate (Gilli et al., 2010).
Durante il 2007 sono state censite dal RASFF (Rapid Alert System for Food
and Feed) 176 notifiche concernenti la segnalazione di non conformità nel
rispetto del limite di contaminazione da aflatossina B1 dei pistacchi; nel72% dei casi si trattava di pistacchi importati dall’Iran, mentre nel 2005 le
notifiche riguardanti lo stesso problema e la stessa tipologia di prodotto
furono 457, corrispondenti a più del 50% delle segnalazioni globali di
irregolarità di derrate alimentari contaminate da aflatossine. Se nel 2005
circa il 25% dei pistacchi iraniani furono respinti dalla Comunità europea,
nel 2007 questa percentuale si è ridotto al 10%. In compenso un altro Paese
produttore, la Turchia, con un volume di esportazione di pistacchi versol’Europa decisamente minore rispetto all’Iran, ha evidenziato il 25% di non
conformità per livelli troppo alti di aflatossine, con conseguente rifiuto dei
prodotti da parte del mercato europeo (Gilli et al., 2010).
Il Regolamento CE 165/2010 afferma che i pistacchi, prima di essere
destinati al consumo umano, possono essere sottoposti solo a cernita o ad
altro trattamento fisico.
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1.3 Ocratossine
Penicillium sp.
L'Ocratossina A è una micotossina prodotta da funghi dei generi
Penicillium e Aspergillus. Per la crescita dei funghi produttori di ocratossine
nei cereali sono necessari un contenuto minimo di umidità del 15-16% e
temperature di 4°C-37°C. Tra i prodotti che con più frequenza vengono
contaminati da ocratossine vi sono: cereali (orzo, mais, sorgo), arachidi,
fagioli, legumi in generale, caffè, prodotti da forno (pane, pasta ecc.),
mangimi e alimenti diversi. L’effetto tossico sulla salute è principalmente ditipo nefrotossico, teratogeno, immunosoppressore e cancerogeno. La dose
settimanale tollerabile (TWI) (tolerable weekly intake) di Ocratossina A è
pari a 120 ng/kg di peso corporeo. Nel 1993 l’Agenzia Internazionale per la
Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato l’Ocratossina A nel Gruppo 2B,
cioè come ‘’possibile agente cancerogeno per l’uomo’’.
Valori massimi ammissibili di ocratossina A (µg/kg)
(Circ. n. 10, 9 giugno 1999)
PRODOTTO OCRATOSSINA A
Derivati dei cereali 3
Cereali non lavorati 5
Cacao e prodotti derivati 0,5
Caffè tostato e caffè solubile 4
Caffè crudo 8
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1.4 Fusariotossine
Tricoteceni
All'interno della famiglia dei tricoteceni si ascrivono più di 100 composti
strutturalmente correlati, prodotti da specie appartenenti al genere
Fusarium. Dei tricoteceni, quattro sono rinvenuti frequentemente negli
alimenti: tossina T-2, vomitossina o deossinivalenolo, diacetossiscirpenolo e
nivalenolo. I Fusarium sono importanti agenti di fusariosi dei cereali; si
sviluppano prevalentemente in zone temperate, con condizioni ambientali di
elevata umidità relativa e temperature moderate (10-30°C).La tossina T-2 è un tricotecene con elevata tossicità prodotto principalmente
da Fusarium sporotrichioides, una specie fungina dotata di debole attitudine
parassitaria e che si sviluppa poco nei cereali in campo. A differenza del
deossinivalenolo e del nivalenolo questa tossina è molto meno diffusa nelle
derrate alimentari e costituisce un problema solo per granaglie umide
lasciate in campo in autunno o per le varietà invernali. Il deossivalenolo e il
nivalenolo si ritrovano soprattutto nei cereali, quali mais orzo e frumentocontaminati da alcune specie di Fusarium quali F. graminearum, culmorum,
crookwellense. Il Deossinivalenolo (DON), conosciuto anche come
vomitossina, si presenta come una tra le principali micotossine isolate nelle
farine, insilati e granaglie in generale. Nell'uomo, la vomitossina è un
contaminante soprattutto di cariossidi di riso e di frumento nonché di
prodotti di seconda trasformazione quali i fiocchi di avena e di riso, destinati
all'alimentazione dei bambini. L’effetto tossico dei tricoteceni èimmunosoppressore, dermatotossico ed emorragico. Nel 1993 l’Agenzia
Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha classificato il
deossinivalenolo nel Gruppo 3, cioè come “non classificabile come agente
cancerogeno per l’uomo”.
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Valori massimi ammissibili di Deossinivalenolo (µg/kg)
(Reg. CE n.1126/2007)
PRODOTTO DEOSSINIVALENOLOCereali non trasformati diversi da grano duro,
avena e granoturco.1 250
Grano duro e avena non trasformati, granoturco
non trasformato, ad eccezione del granoturco
non trasformato destinato alla molitura ad
umido.
1 750
Cereali destinati al consumo umano diretto,
farina di cereali, pasta (secca), crusca e germe
come prodotto finito commercializzato per il
consumo umano diretto.
750
Pane (compresi piccoli prodotti da forno),
prodotti della pasticceria, biscotteria,merende a
base di cereali e cereali da colazione.500
Alimenti a base di cereali trasformati e altri
alimenti destinati ai lattanti e ai bambini.200
Frazioni della molitura del granoturco di
dimensioni > 500 micron di cui al codice NC
1103 13 o 1103 20 40 e altri prodotti della
molitura del granoturco non destinati alconsumo umano diretto di dimensioni > 500
micron di cui al codice NC 1904 10 10.
750
Frazioni della molitura del granoturco di
dimensioni ≤ 500 micron di cui al codice NC
1102 20 e altri prodotti della molitura del
granoturco non destinati al consumo umano
diretto di dimensioni ≤ 500 micron di cui al
codice NC 1904 10 10.
1 250
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1.5 Zearalenoni
Fusarium: Stadio avanzato
Gli Zearalenoni sono micotossine prodotte da almeno 8 diverse specie di
funghi tossigeni del genere Fusarium, in particolare da F. graminearum, da
F. culmorum, e da F. equiseti, diffusi colonizzatori di cereali dove trovano
le condizioni ottimali per la sintesi delle micotossine. La micotossina
principale generata da questi funghi è lo Zearalenone o gli Zearalenoli (nellaforma alfa e beta). L’attività tossigena di questi funghi può iniziare nelle
colture cerealicole infette (mais, frumento, sorgo, orzo, avena) e continuarla
durante la raccolta e nei prodotti conservati (granaglie, insilati, fieni) se le
condizioni restano favorevoli (contenuto di umidità dei prodotti del 20-22 %
e alternanza di temperature diurne di 22°C-25°C e notturne di 12°C-15° C
che stimolano la formazione della micotossina). I prodotti soggetti a
contenere Zearalenone sono essenzialmente i cereali (cariossidi, sfarinati,mangimi, alimenti) ed in modo particolare il mais. È possibile trovare
Zearalenone non solo nelle spighe di mais infette, ma anche negli insilati
(silomais). L’effetto tossico dello Zearaleone è estrogeno-simile. Nel 1993
la IARC, ha classificato lo Zearalenone nel Gruppo 3, cioè come “non
classificabile come agente cancerogeno per l’uomo”.
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Valori massimi ammissibili di Zearalenone (µg/kg)
(Reg. CE n.1126/2007)
PRODOTTO ZEARALENONECereali non trasformati diversi dal granoturco e
derivati dei cereali.100
Granoturco non trasformato ad eccezione di
quello destinato alla molitura ad umido.350
Cereali destinati al consumo umano diretto,
farina di cereali, crusca e germe come prodotto
finito commercializzato per il consumo umano
diretto.
75
Olio di granoturco raffinato 400
Pane (compresi piccoli prodotti da forno),
prodotti di pasticceria, biscotteria, merende a
base di cereali e cereali da colazione, esclusi
merende a base di granoturco e cereali da
colazione a base di granoturco.
50
Granoturco destinato al consumo umano diretto,
merende a base di granoturco e cereali da
colazione a base di granoturco.
100
Alimenti a base di cereali trasformati (esclusi
quelli a base di granoturco) e altri alimentidestinati ai lattanti e ai bambini.
20
Alimenti a base di granoturco trasformato
destinati ai lattanti e ai bambini.20
Frazioni della molitura del granoturco di
dimensioni > 500 micron di cui al codice NC
1103 13 o 1103 20 40 e altri prodotti della
molitura del granoturco non destinati al consumo
umano diretto di dimensioni > 500 micron di cui
al codice NC 1904 10 10.
200
Frazioni della molitura del granoturco di
dimensioni ≤ 500 micron di cui al codice NC
1102 20 e altri prodotti della molitura del
granoturco non destinati al consumo umano
diretto di dimensioni ≤ 500 micron di cui al
codice NC 1904 10 10.
300
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20
1.6 Fumonisine (B1, B2, B3)
Vengono prodotte in grosse quantità dal Fusarium moniliforme. Il F.
moniliforme ha il mais come pianta ospite privilegiata per l'accrescimento.
La presenza delle fumonisine nel mais è stata associata all'elevata incidenza
di tumori esofagei nell'uomo. Da un punto di vista epidemiologico non
sussiste ancora una correlazione diretta tra incidenza di tumore esofageo e
consumo di mais contaminato da fumonisina, anche se la maggior parte
degli studi propende per una possibile relazione. Inoltre la Fumonisina B1
ha effetto neurotossico, cancerogeno e citotossico. Nel 1993 l’Agenzia
Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato la
Fumonisina B1 nel Gruppo 2 B, cioè come “ possibile agente cancerogeno
per l’uomo”.
Valori massimi ammissibili di Fumonisine (µg/kg)
(Reg. CE n.1126/2007)
PRODOTTO FUMONISINE (B1 + B2)
Granoturco non trasformato, ad eccezione di
quello destinato alla molitura ad umido.4000
Granoturco e prodotti a base di granoturco
destinati al consumo umano diretto.1000
Cereali da colazione e merende a base di
granoturco.800
Alimenti a base di granoturco trasformato e altri
alimenti destinati ai lattanti e ai bambini.200
Frazioni della molitura del granoturco di
dimensioni > 500 micron di cui al codice NC
1103 13 o 1103 20 40 e altri prodotti della
molitura del granoturco non destinati al consumo
umano diretto di dimensioni > 500 micron di cui
al codice NC 1904 10 10.
1400
Frazioni della molitura del granoturco di
dimensioni ≤ 500 micron di cui al codice NC
1102 20 e altri prodotti della molitura del
granoturco non destinati al consumo umano
diretto di dimensioni ≤ 500 micron di cui al
codice NC 1904 10 10.
2000
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1.7 Patulina
Penicillium
La patulina e' una micotossina prodotta da funghi di vario genere, inclusi
Penicillium, Aspergillus e Byssochlamys. Sebbene la patulina si possa
trovare in molti frutti ammuffiti, cereali ed altri alimenti, le fonti
principali di contaminazione da patulina sono le mele ed i prodotti derivati.Provoca effetti citotossico e immunosoppressore. Essendo la patulina
resistente ai processi industriali di lavorazione della frutta, i prodotti
derivanti da questi costituiscono le principali fonti di assunzione per questa
tossina. La fermentazione alcolica è in grado di distruggere la patulina,
pertanto i prodotti ottenuti dalla completa fermentazione degli zuccheri
presenti nel succo, come il sidro e l’aceto di mele o pere, non contengono
patulina. Questa è relativamente insensibile alle variazioni di temperatura, in particolare a pH acido. È stato riferito che trattamenti brevi ad alta
temperatura (150°C) riducono di circa il 20% le concentrazioni di patulina.
Tuttavia, il solo trattamento termico non è sufficiente per assicurarne
l'assenza. Nel 1993 la IARC, ha classificato la patulina nel Gruppo 3, cioè
come “non classificabile come agente cancerogeno per l’uomo”; questa
micotossina quindi è considerata mutagena ma non cancerogena.
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Valori massimi ammissibili di Patulina in Europa (μg/kg)
(Reg. CE n. 1425/2003)
PRODOTTO PATULINA
Succhi di frutta, in particolare succo di mela e
ingredienti di succo di frutta presenti in altre
bevande compreso il nettare di frutta.
Bevande alcoliche, sidro e altre bevande
fermentate derivate dalle mele o dal succo.
50
Prodotti contenenti mele allo stato solido,
compresi la composta e il passato di mele.25
Succo di mela pronto al consumo e prodotti
contenenti mele allo stato solido, compresa la
composta e il passato di mele per lattanti e
bambini nella prima infanzia.
10
1.7.1 Patulina nei succhi di frutta
(Racc. dell’11 agosto 2003)
Il lavaggio della frutta o la rimozione del tessuto ammuffito
immediatamente prima della spremitura non elimina necessariamente tuttala patulina presente nel frutto perché quest'ultima potrebbe essersi diffusa in
tessuti apparentemente sani. Le spore di molte delle muffe che possono
produrre patulina se presenti sulla frutta non ancora raccolta, si sviluppano
generalmente dopo la raccolta. Tuttavia, la crescita di muffa e la produzione
di patulina può verificarsi nella frutta non ancora raccolta quando il frutto è
malato o danneggiato dagli insetti, oppure se si raccoglie per la lavorazione
anche la frutta caduta dall'albero. Le condizioni del frutto al momento dellaraccolta, il modo in cui viene maneggiato successivamente (in particolare
durante il magazzinaggio) e la misura in cui le condizioni di magazzinaggio
sono inibitorie della crescita di muffe, sono tutti fattori che influiscono sulla
probabilità di contaminazione da patulina del succo e di altri prodotti
ricavati dalla frutta fresca e conservata. Le raccomandazioni per ridurre la
contaminazione da patulina del succo di mele sono divise in due parti:
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- prassi raccomandate basate sulla buona pratica agricola
- prassi raccomandate basate sulla buona pratica di fabbricazione
Prassi raccomandate basate sulla buona pratica agricola (BPA)
Prima della raccolta
- Durante la stagione dormiente, tagliare, asportare e distruggere tutto
il legno malato e tutta la frutta mummificata.
- Potare gli alberi, in modo da dare alle piante una forma che consenta
una buona circolazione dell'aria e penetrazione della luce tra le
fronde.- Adottare misure per tenere a freno i parassiti e le malattie che
causano direttamente la putrefazione della frutta o danno adito alle
muffe.
- Migliorare i livelli di calcio e fosforo, qualora essi non siano
ottimali, mediante l’uso controllato di fertilizzanti, per rafforzare la
struttura cellulare in modo da ridurre la predisposizione della frutta
alla putrefazione.
Raccolta e trasporto della frutta
Tutta la frutta andrebbe maneggiata quanto più delicatamente possibile:
occorre fare tutti gli sforzi per ridurre al minimo i danni fisici in tutte le fasi
dei procedimenti di raccolta e di trasporto. Tutti i recipienti utilizzati per il
trasporto della frutta raccolta devono essere puliti, asciutti e senza detriti.
La frutta raccolta meccanicamente, cioè scuotendo gli alberi e raccogliendoi frutti dal terreno mediante appositi macchinari, deve essere trasportata agli
impianti di lavorazione entro 3 giorni dalla raccolta.
Prassi di trattamento dopo la raccolta e di magazzinaggio dei frutti destinati
al mercato dei prodotti freschi.
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I coltivatori di mele e gli altri produttori di succo che non hanno impianti
per la conservazione in ambiente controllato, devono fare in modo che la
frutta destinata alla produzione di succo sia spremuta il più presto possibile
dopo la raccolta. Preraffreddare completamente i magazzini prima dell'uso,
infatti normalmente la muffa si sviluppa in ambienti caldi. Le mele
immagazzinate andrebbero esaminate regolarmente, almeno una volta al
mese. Se l'esame dei campioni rivela un deterioramento delle condizioni
della frutta, questa dovrebbe essere spostata dal magazzino e usata prima
che si guasti gravemente.
Prassi raccomandate basate sulla buona pratica di fabbricazione (BPF)
Trasporto, controllo e spremitura della frutta
Il trasporto dal magazzino frigorifero all'impianto di lavorazione andrebbe
effettuato nel tempo più breve possibile (l'ideale sarebbe un tempo inferiore
alle 24 ore, a meno che la frutta sia conservata in celle frigorifere).
Una volta che la frutta è arrivata all'impianto, occorre controllarne la qualità,
accertando in particolare se vi siano danni esterni o interni dovuti allamuffa. Durante la lavorazione e prima della spremitura, la frutta va
accuratamente selezionata al fine di scartare tutti i frutti ammuffiti e lavata
a fondo utilizzando acqua potabile o adeguatamente trattata. Le presse per
fare il succo e le altre attrezzature di produzione dovrebbero essere pulite e
sterilizzate con acqua potabile e disinfettante appropriato. Dopo la
spremitura occorre analizzare campioni di succo per verificare l'eventuale
presenza di patulina. Il succo va preferibilmente raffreddato ad unatemperatura inferiore a 5°C, tenuto a tale temperatura e conservato a tassi di
ossigeno ultrabassi finché non venga concentrato, imballato o pastorizzato.
Il succo va spedito all'impianto di imballaggio soltanto dopo che le analisi
abbiano dato la certezza che il tenore di patulina è inferiore al limite
massimo.
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1.8 Micotossine minori
Penicillium sp su Mais
Rubratossine (A e B)
Sono prodotte da funghi P. rubrum, P. purpurogenum ed altri Penicillium
spp. Gli alimenti contaminati sono per lo più mais ed altri cereali. Sono
particolarmente pericolose per il fegato.
Ergoline
I principali effetti tossici sull’uomo sono neurotossici. Queste micotossine
possono contaminare cereali e farine.
Citrinine
I funghi produttori di citrinina sono i Penicillium spp. Si trova soprattutto
nei cereali. Il principale effetto è quello nefrotossico.
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CAPITOLO II
PREVENZIONE DEL RISCHIO MICOTOSSINE
2.1 Quadro Normativo
Nel corso degli anni, di pari passo all’interesse scientifico ed
all’approfondimento della problematica specifica, sono state promulgate
norme a tutela del consumatore che tendano ad omogeneizzareatteggiamenti, prassi e comportamenti nelle fasi produttive e di
trasformazione delle matrici alimentari sensibili all’aggressione di funghi
micotossinogeni.
Decreto del Presidente della Repubblica n. 327/1980
Regolamento di esecuzione della Legge 30 aprile 1962, n.283 (disciplina
igienica degli alimenti e delle bevande), e successive modificazioni, in
materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze
alimentari e delle bevande.
Regolamento (CE) n. 315/1993
Stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti
alimentari. In particolare:
Un prodotto alimentare non può essere commercializzato se contiene
contaminanti in quantitativi inaccettabili sotto l’aspetto della salute
pubblica. I contaminanti devono essere mantenuti ai livelli più bassi che si
possono ragionevolmente ottenere attraverso buone pratiche. (Art. 2)
Disposizioni nazionali (Art. 5)
Qualora non siano state adottate disposizioni comunitarie relative alle
tolleranze massime, sono applicabili le disposizioni nazionali.
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Decreto legislativo n. 123/1993
Attuazione della direttiva 89/397/CEE relativa al controllo ufficiale dei
prodotti alimentari.
Decreto legislativo n. 155/1997
Attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l'igiene dei
prodotti alimentari.
Circolare 9 Giugno 1999, n.10 del Ministero della Sanità
Direttiva in materia di controllo ufficiale sui prodotti alimentari: valori
massimi ammissibili di micotossine nelle derrate alimentari di origine
nazionale, comunitaria e Paesi terzi.
Decreto 23 dicembre 2000 Ministero della Salute
Recepimento della direttiva 98/53/CE della commissione che fissa i metodi
per il prelievo di campioni e metodi d'analisi per il controllo ufficiale dei
tenori massimi di taluni contaminanti nei prodotti alimentari.
Regolamento (CE) n. 466/2001
Definisce i tenori massimi di taluni contaminanti presenti nelle derrate
alimentari; fissa i tenori massimi di varie micotossine in alcuni prodotti
alimentari.
Regolamento (CE) n. 178/2002
Questo regolamento stabilisce i principi e i requisiti generali dellalegislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza
alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare. Inoltre
il regolamento disciplina tutte le fasi della produzione, della trasformazione
e della distribuzione degli alimenti e dei mangimi.
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Regolamento (CE) n. 1425/2003
Recante modifica del Regolamento (CE) n. 466/2001 per quanto riguarda la
patulina.
Raccomandazione della commissione delle Comunità Europee
dell'11 agosto 2003
Sulla prevenzione e riduzione della contaminazione da patulina nel succo di
mele e negli ingredienti di succo di mele presenti in altre bevande.
Regolamento (CE) n. 852/2004
Stabilisce norme sull’igiene dei prodotti alimentari.
Regolamento (CE) n. 882/2004
Relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa
in materia di mangimi e di alimenti.
Decreto 17 novembre 2004 Ministero della Salute
Recepimento direttiva 2003/78/CE della commissione 11.12.2003 relativa aimetodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di
patulina nei prodotti alimentari.
Regolamento (CE) n.1181/2006
Definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti dei prodotti alimentari.
Regolamento (CE) n. 401/2006Relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale
dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari.
Racc. n. 2006/583/CE del 17 agosto del 2006
Sulla prevenzione e sulla riduzione delle Fusarium-tossine in cereali e
prodotti derivati.
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Decisione n. 2006/504/CE
Stabilisce condizioni particolari per l’importazione di determinati prodotti
alimentari da alcuni paesi terzi a causa del rischio di contaminazione da
aflatossine di tali prodotti.
Modificata dalla:
Decisione 2007/459/CE (con modifiche varie)
Decisione 2007/563/CE (mandorle dagli USA)
Regolamento (CE) n. 1126/2007
Modifica il Regolamento (CE) n.1181/2006 per quanto riguarda le
Fusarium-tossine nel granturco e nei prodotti a base di granturco.
Regolamento (CE) n. 1152/2009 della commissione del 27 novembre 2009
Stabilisce condizioni particolari per l'importazione di determinati prodotti
alimentari da alcuni paesi terzi a causa del rischio di contaminazione da
aflatossine e abroga la Decisione 2006/504/CE.
Regolamento (UE) n. 165/2010 della commissione del 26 febbraio 2010Recante modifica, per quanto riguarda le aflatossine, del Regolamento (CE)
n. 1881/2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei
prodotti alimentari.
Regolamento (UE) n. 105/2010 della commissione del 5 febbraio 2010
Recante modifica del Regolamento (CE) n. 1881/2006 che definisce i tenori
massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari, per quanto riguardal’ocratossina A.
Regolamento (UE) n. 274/2012 recante modifica del Regolamento (CE) n.
1152/2009 che stabilisce condizioni particolari per l’importazione di
determinati prodotti alimentari da alcuni paesi terzi a causa del rischio di
contaminazione da aflatossine.
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2.2 Prevenzione dello sviluppo di funghi micotossino-
produttori sulle matrici più frequentemente
interessate: i cereali
Risulta opportuno attuare degli adeguati accorgimenti agronomici per il
controllo della contaminazione delle matrici da micotossine. In particolare,
per i cereali, sono particolarmente utili adeguate pratiche colturali, ovvero:
- Rotazione colture (o avvicendamenti colturali, alternare coltivazioni
di cereali con altre colture);- Adeguato sistema di irrigazione per evitare lo stress idrico;
- Adottare, dove possibile, mezzi di lotta biologica (organismi bio-
competitivi);
- Evitare eccessive e prolungate irrigazioni;
- Non eccedere nell’utilizzo di fitosanitari;
- Utilizzare antifungini;
- Effettuare la concia del seme con fitosanitari;
- Utilizzare fitosanitari in fase di pre-raccolta.
Inoltre è necessario che vengano messe in atto delle corrette pratiche di
conservazione in tutte le fasi della filiera (post-raccolta, trasporto e
stoccaggio). La prevenzione del rischio si effettua, in particolare, con
l’utilizzo di buone pratiche agricole. Infatti, tra le diverse fasi della filiera
alimentare, quella del campo è la più suscettibile all’attacco fungino.
2.2.1 Prevenzione in pre-raccolta
Scelta ibrido
Viene considerato un importante intervento preventivo l’uso di varietà di
piante resistenti all’attacco fungino, a stress, malattie, attacchi di insetti e
che siano in grado di adattarsi alle disponibilità di acqua ed elementi
nutritivi.
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Le tecniche di ingegneria genetica promuovono l’utilizzo di piante resistenti
alle infezioni tossicogene da funghi, grazie al potenziamento di alcuni geni
ad attività anti-fungina, in grado di implementare la resistenza. Le piante
GM esprimono resistenza agli insetti così da eliminare: il vettore di inoculo,
rappresentato dall’insetto, i produttori di micotossine, se veicolati
dall’insetto stesso, e le tossine.
Epoca della semina
Le semine più tardive sono più a rischio di contaminazione, quindi è
opportuno effettuare tempestivamente la semina se si presentano buonecondizioni climatiche e agronomiche.
Densità di semina
Densità troppo elevate comportano condizioni microclimatiche più
favorevoli ai funghi e, di conseguenza, tenori di tossine più elevati.
Concimazione azotataLa concimazione azotata riduce la presenza di micotossine, infatti, piante
con carenze azotate sono maggiormente predisposte alle contaminazioni da
aflatossine. Non bisogna comunque eccedere altrimenti si potrebbe avere
l’effetto contrario.
Difesa dalla piralide
Il trattamento chimico di lotta alla piralide riduce la presenza dimicotossine, in particolare è efficace il trattamento con insetticidi dopo la
fioritura del mais. Si tratta di larve che scavano gallerie nello stocco e nella
spiga, con conseguente perdita quali-quantitativa della granella. I danni
meccanici e fisiologici causati dalla piralide partecipano a creare una
condizione di forte stress, soprattutto attraverso le rosure provocate dalle
larve. Tali rosure sono poi il substrato ideale per l’attecchimento dei miceti
produttori di micotossine.
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Una soluzione tecnica potrebbe essere quella di utilizzare ibridi di mais
transgenici contenenti un gene che produce proteine insetticide nei tessuti
della pianta (es. Il mais Bt ha reazioni insetticide ed è più resistente del mais
non Bt contro l’attacco da piralide). Un’altra soluzione potrebbe essere
quella di posizionare trappole in particolari periodi; da vari studi è risultato
significativo posizionarle alla fine di maggio e continuare anche alla fine di
agosto. In questo periodo si potranno valutare i picchi di catture e
conseguentemente capire quale sia il momento ottimale per eseguire il
trattamento insetticida.
Gestione infestantiÈ importante mantenere pulito il terreno da erbe infestanti in modo da
evitare competizione con la coltura in atto in quanto lo sviluppo di erbe
infestanti può divenire elemento di stress per la pianta e ci potrebbe essere
infezione fungina.
Epoca della raccolta
Le raccolte anticipate garantiscono un prodotto di sanità superiore, mentre,se la trebbiatura del campo viene ritardata nel corso della stagione
autunnale, la probabilità di un peggioramento della qualità igienico-sanitaria
delle produzioni risulta assai elevata per gli ibridi tardivi.
2.2.2 Prevenzione in post-raccolta
Raccolta e pre-stoccaggioÈ importante che la raccolta e le operazioni successive siano effettuate in
maniera tempestiva in modo da poter essiccare rapidamente il cereale ed
evitare di mantenere per un lungo periodo condizioni molto favorevoli allo
sviluppo di patogeni fungini. Inoltre bisogna raccogliere la granella ad
un’umidità non superiore al 22 % per ridurre la presenza di aflatossine.
Tecniche di raccolta come le mietitrebbie assiali riducono fortemente le
lesioni alla granella, vie preferenziali per la penetrazione di muffe.
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Inoltre le microfessurazioni create da una trebbiatura scorretta sono il
substrato perfetto per la proliferazione fungina e quindi devono essere
evitate assolutamente.
Essiccazione
L’essiccamento deve avvenire entro 48 h dalla raccolta. Bisogna ridurre al
minimo i danni meccanici alle cariossidi ed evitare sbalzi termici che
possono aumentare la suscettibilità dell’infezione fungina e quindi della
contaminazione da micotossine. È fondamentale assicurare una buona
pulizia delle cariossidi e in generale dell’ambiente di essiccazione. Granelle
sporche, ammuffite e rotte vanno il più possibile eliminate. Le condizioniambientali devono essere costantemente monitorate. Aggiungere, se
necessario, sostanze antimicrobiche (acidi organici) per ridurre il rischio di
formazione di muffe.
Pulitura
È un’azione preventiva in quanto permette l’allontanamento del prodotto
facilmente alterabile (chicchi spezzati, farina, polvere) e l’abbattimento delcontenuto di micotossine presenti in alte concentrazioni nei chicchi
ammuffiti o alterati dall’attività degli insetti. Per evitare la contaminazione
del prodotto da muffe si potrebbero istallare impianti di aspirazione.
Stoccaggio
Il mais, una volta arrivato presso il centro di stoccaggio, deve essere
campionato prima dello scarico, se effettuato successivamente, il prelievodei campioni non può essere rappresentativo. Dai vari studi presenti in
letteratura si evince come una soluzione adeguata sia il campionamento
dell’automezzo in entrata nel centro di stoccaggio. Utilizzando una sonda
pneumatica si costituisce un campione di almeno 5 Kg (7 sondate), di cui
2,5 kg verranno poi sottoposti ad analisi con lampada UV. Questo strumento
si è rivelato essere utile per una tempestiva e attendibile valutazione dell’
eventuale contaminazione.
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La granella illuminata da tale lampada manifesta una luminescenza li dove è
presente acido coico, molecola associata alle aflatossine. L’uso di questa
lampada è ancora poco diffuso e spesso accompagnato da scetticismo che
crea spesso confusione, nonostante ci siano esperienze sull’uso della
lampada invece molto positive.
Durante lo stoccaggio è necessario mantenere basse umidità e ridotta
temperatura mediante ventilazione forzata, avere un elevato livello igienico
delle strutture, controllo degli insetti dannosi e monitoraggio continuo. La
formazione di micotossine durante lo stoccaggio dipende anche dal tempo di
permanenza in magazzino.
Trasporto
Bisogna abbreviare quanto più possibile i tempi di consegna, riparare il
prodotto in caso di intemperie, effettuare un’adeguata pulitura dei mezzi di
trasporto. È necessario che gli operatori siano adeguatamente istruiti e
responsabilizzati su questi argomenti.
Trasformazione della materia primaMantenere temperature adeguate durante le lavorazioni. Adeguati processi
di trasformazione, come la molitura dei cereali, possono ridurre la
concentrazione di aflatossine. Dopo la lavorazione del mais solo quello con
contenuto di micotossine entro i limiti di legge viene destinato al consumo e
alla vendita. Il mais con contenuto di micotossine maggiore ai limiti di legge
viene destinato allo smaltimento.
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2.3 Bonifica dei prodotti
In taluni casi è possibile mettere in atto dei metodi di “bonifica” dei prodotti
contaminati dalle micotossine.
Detossificazione delle matrici
Consiste nel rimuovere le contaminazioni di un prodotto attraverso metodi:
- fisici: calore (cottura al forno, autoclave, arrostimento, torrefazione,
frittura), irraggiamento solare, esposizione a microonde.
- chimici: con prodotti in grado di disattivare le micotossine
(ammoniaca, idrossido di calcio, aldeide formica, etere metilico).
Decontaminazione
Rimuove la massa di prodotto e le parti ammuffite e quindi potenzialmente
contaminate. La decontaminazione fisica delle cariossidi si attua attraverso
l’impiego di tecniche:
- manuali: selezione e scarto manuale, ispezioni sanitarie.
- meccaniche: cernita, molitura, flottazione, ventilazione.
- elettroniche: irraggiamento e scarto elettronico.
Mitigazione effetti negativi micotossine
Vengono effettuati aggiungendo alla razione alimentare “leganti”in grado di
combinarsi a livello gastro-intestinale con le tossine, evitandone così
l’assorbimento. I leganti possono essere:
- inorganici: bentonite e zeolite- organici: glucomannani esterificati
Si ricorda tuttavia che i metodi di bonifica vanno messi in atto solo
eccezionalmente, in quanto l’unico metodo realmente efficace per la lotta
contro le micotossine risulta essere la prevenzione. Le metodiche di bonifica
verranno quindi messe in atto soltanto dopo aver usufruito di tutti i mezzi di
prevenzione disponibili o quando non sia possibile attuare la prevenzione.
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CAPITOLO III
IL CAMPIONAMENTO
3.1 Metodiche di campionamento
Nell’attuazione dei cicli di campionamento ci si ispira ai principi enunciati
nel Reg. (CE) n. 401/2006 Allegato I. Il campionamento svolge un ruolo
cruciale per quanto riguarda la precisione della determinazione dei tenoridi micotossine distribuite in modo eterogeneo in una partita. È importante
quindi seguire dei criteri generali ai quali si deve conformare il metodo di
campionamento:
- il prelievo deve essere effettuato da personale qualificato;
- le grandi partite devono essere suddivise in sottopartite;
nel medesimo Regolamento (CE), allo scopo di rendere omogenee le
metodiche di campionamento, vengono date le seguenti definizioni:
« partita»: quantitativo identificabile di prodotto alimentare, consegnato in
una sola volta e avente caratteristiche comuni ufficialmente riconosciute
quali l’origine, la varietà, il tipo d’imballaggio, l’imballatore, lo speditore o
la marcatura;
«sottopartita»: porzione di una grande partita fisicamente separata e
identificabile designata per essere sottoposta a campionamento;
«campione elementare»: quantitativo di materiale prelevato in un solo punto
della partita o della sottopartita (affinché i campioni elementari siano
rappresentativi essi devono essere prelevati per quanto possibile in vari
punti distribuiti nell’insieme della partita o della sottopartita);
«campione globale»: aggregazione di tutti i campioni elementari prelevati
dalla partita o dalla sottopartita;
«campione di laboratorio»: campione destinato al laboratorio per l’analisi.
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Inoltre nel corso del prelievo e della preparazione dei campioni occorre
adottare alcune precauzioni per evitare qualsiasi alterazione che possa:
- modificare il tenore di micotossine e compromettere le analisi o la
rappresentatività del campione globale;
- compromettere la sicurezza alimentare delle partite da campionare.
Occorre poi in ogni caso prendere tutte le misure necessarie a garantire la
sicurezza del personale che procede al prelievo dei campioni.
Ogni campione ufficiale viene sigillato sul luogo del prelievo e per ciascun
prelievo è redatto un verbale di campionamento che consenta di identificare
con certezza la partita campionata. Ogni campione è collocato in unrecipiente pulito che lo protegga adeguatamente da qualsiasi fattore di
contaminazione e dai danni che potrebbero essere causati dal trasporto. È
necessario prendere precauzioni per evitare alterazioni della composizione
del campione durante il trasporto o la conservazione.
Di solito come guida per il campionamento delle partite commercializzate in
imballaggi singoli (sacchi o confezioni al dettaglio) si utilizza la seguente
formula:
(peso espresso in kg)
La frequenza del campionamento indica quindi il numero che individua ogni
quanti imballaggi deve essere effettuato il prelievo del campione
elementare.
3.1.1 Metodo di campionamento per i cereali e i prodotti derivati
Si applica questo metodo di campionamento per il controllo ufficiale dei
tenori massimi stabiliti per l’aflatossina B1, le aflatossine totali,
l’ocratossina A e le tossine di Fusarium nei cereali e nei prodotti derivati.
Frequenza di campionamento n = peso della partita × peso del campione elementare
peso del campione globale × peso di una confezione singola
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Il peso del campione elementare è di circa 100 grammi, nel caso di partite
che si presentano in confezioni al dettaglio, il peso del campione elementare
dipende dal peso della confezione stessa.
Per le confezioni al dettaglio con un peso superiore a 100 grammi i
campioni globali pesano più di 10 kg. Se il peso di una singola confezione al
dettaglio supera di molto i 100 grammi, da ciascuna di tali confezioni si
ritirano 100 grammi per costituire un campione elementare.
Se il peso della confezione al dettaglio è inferiore a 100 grammi una
confezione al dettaglio viene considerata equivalente a un campione
elementare e il campione globale che ne risulta è inferiore a 10 kg. Se la
confezione al dettaglio pesa molto meno di 100 grammi, un campioneelementare è costituito da due o più confezioni al dettaglio in modo che il
suo peso si avvicini il più possibile a 100 grammi.
Tabella di riepilogo del metodo di campionamento per i cereali e i prodotti
derivati
Peso della partita (t) Peso o numerodelle sottopartite
Numero dicampioni elementari
Peso del campioneglobale (kg)
≥ 1 500 500 t 100 10
>300 e < 1 500 3 sottopartite 100 10
≥ 50 e ≤ 300 100 t 100 10
< 50 - 3 - 100 1 - 10
Se la partita ≥ 50 tonnellate non può essere suddivisa in sottopartite si
preleva un numero minimo di 100 campioni elementari. Il peso del
campione globale è di 10 kg.
Per le partite di cereali e prodotti derivati inferiori a 50 tonnellate si applica
un piano di campionamento proporzionato al peso della partita e
comprendente da 10 a 100 campioni elementari, riuniti in un campione
globale di 1-10 kg. In caso di partite molto piccole (≤ 0,5 t) si può prelevare
un numero inferiore di campioni elementari, ma il campione globale deve
pesare almeno 1 kg.
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Qualora la porzione da campionare sia troppo piccola per ottenere un
campione globale di 1 kg, il peso di quest’ultimo può essere inferiore a 1 kg
Tabella per determinare il numero di campioni elementari da prelevare in
funzione del peso della partita di cereali o prodotti derivati
Peso della partita (t) Numero di campioni elementari Peso del campione globale (kg)
≤ 0,05 3 1
>0,05 e ≤ 0,5 5 1
>0,5 e ≤ 1 10 1
>1 e ≤ 3 20 2
>3 e ≤ 10 40 4>10 e ≤ 20 60 6
>20 e ≤ 50 100 10
3.1.2 Metodo di campionamento per i fichi secchi, le arachidi e
la frutta a guscio
Si applica questo metodo di campionamento per il controllo ufficiale dei
tenori massimi stabiliti per l’aflatossina B1 e le aflatossine totali nei fichi
secchi, nelle arachidi e nella frutta a guscio.
Il peso del campione elementare è di circa 300 grammi, nel caso di partite
che si presentano in confezioni al dettaglio il peso del campione elementare
dipende dal peso della confezione stessa.
Per le confezioni al dettaglio con un peso superiore a 300 grammi i
campioni globali pesano più di 30 kg. Se il peso di una singola confezione al
dettaglio supera di molto i 300 grammi, da ciascuna di tali confezioni siritirano 300 grammi per costituire un campione elementare.
Se il peso della confezione al dettaglio è inferiore a 300 grammi, una
confezione al dettaglio viene considerata equivalente a un campione
elementare e il campione globale che ne risulta è inferiore a 30 kg.
Se la confezione al dettaglio pesa molto meno di 300 grammi, un campione
elementare è costituito da due o più confezioni al dettaglio in modo che il
suo peso si avvicini il più possibile ai 300 grammi.
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Tabella di riepilogo del metodo di campionamento per i fichi secchi, le
arachidi e la frutta a guscio
ProdottoPeso della
partita (t)
Peso o numero
delle sottopartite
Numero di
campioni
elementari
Peso del
campione
globale (kg)
Fichi secchi≥ 15 15-30 t 100 30
< 15 - 10-100 ≤ 30
Arachidi,
pistacchi, noci
del Brasile e altra
frutta a
guscio
≥ 500 100 t 100 30
>125 e < 500 5 sottopartite 100 30
≥ 15 e ≤ 125 25 t 100 30
< 15 - 10-100 ≤30
Per le partite ≥ 15 tonnellate il numero dei campioni elementari è di 100. Il
peso del campione globale è di 30 kg da mescolare e suddividere in tre
campioni di laboratorio uguali di 10 kg prima della macinatura.
Per le partite < 15 tonnellate il numero di campioni elementari da prelevare
dipende dal peso della partita ed è compreso tra un minimo di 10 e un
massimo di 100.
Tabella per determinare il numero di campioni elementari da prelevare e la
suddivisione del campione globale
Peso della partita (t) Numero di campioni
elementari
Peso del campione
globale (kg)
Numero di campioni di
laboratorio a partire dal
campione globale
≤ 0,1 10 3 1 (nessuna divisione)
>0,1 e ≤ 2 15 4,5 1 (nessuna divisione)
>0,2 e ≤ 0,5 20 6 1 (nessuna divisione)
>0,5 e ≤ 1 30 9 1 (nessuna divisione)
>1 e ≤ 2 40 12 2
>2 e ≤ 5 60 18 2
>5 e ≤ 10 80 24 3
>10 e ≤ 15 100 30 3
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Se il campione globale pesa meno di 30 kg viene suddiviso in campioni di
laboratorio secondo le seguenti modalità :
- < 12 kg: nessuna suddivisione in campioni di laboratorio,
-≥ 12 e < 24 kg : suddivisione in due campioni di laboratorio,
- 24 kg: suddivisione in tre campioni di laboratorio.
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3.2 Il lavoro in fase di campionamento
3.2.1 L’esperienza Ispettiva presso il Servizio Igiene degli Alimenti e
della Nutrizione di Cassino
I dati oggetto della presente Tesi di Laurea, sono scaturiti
dall’affiancamento con il personale ispettivo, Tecnici della Prevenzione del
Distretto D di Cassino nell’anno 2011; i campionamenti effettuati sono stati
programmati sulla base della Deliberazione della Giunta Regionale del
28/10/2011 n. 500 e in conformità al Piano regionale integrato dei controlli
2011-2014 sulla sicurezza alimentare. In particolare questi campioni
avevano come oggetto la ricerca delle Aflatossine.
Le matrici su cui sono state effettuare le ricerche erano rappresentate da
frutta secca con guscio, nello specifico “Pistacchi tostati” e “ Noci”; sono
stati effettuati due campionamenti, uno presso la grande distribuzione,
l’altro presso un esercizio commerciale specializzato nel commercio di
frutta e verdura.
Il primo prelievo, è stato effettuato in una ditta confezionatrice di ‘’Pistacchi
Tostati’’; il quantitativo complessivo prelevato è stato di 1,250 kg da una
massa totale di 5 kg di pistacchi posti in vendita al pubblico, a temperatura
ambiente e in buone condizioni igienico-sanitarie.
Il campione prelevato, come previsto dal DPR 327/80, consisteva in 5
aliquote rappresentate, ciascuna, da una confezione da 250 g; le confezioni
sono state scelte in modo casuale, nell’ambito dello stesso lotto e riportanti
la stessa data di scadenza. Il paese di provenienza risultava essere l’Iran.
Ogni aliquota è stata racchiusa in busta di cellophane per alimenti a cui è
stato, poi, apposto un sigillo di piombo che chiudeva lo spago di legatura.
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Unitamente alla legatura si è provveduto alla identificazione mediate
cartellino dell’Ufficio, recante il numero di verbale di campionamento, la
data, l’ora, le firme degli Ispettori e del Responsabile della Ditta o del suo
sottoposto presente nel momento del prelievo; il Titolare della Ditta ha
liberamente scelto una delle aliquote che gli è stata consegnata insieme ad
una copia del verbale di campionamento. Le rimanenti aliquote sono state
rimesse all’Arpa Lazio per le analisi e la ricerca delle Aflatossine.
All’accettazione il campione è stato giudicato regolare e, a seguito di analisi
effettuate con un metodo analitico proprio, la matrice costituente il
campione è risultata rientrare nella norma, in termini di presenza di
aflatossine; in particolare:
AFLATOSSINE RISULTATO PROVA
VALORE LIMITE DI
PARAMETRO
TECNICO
Aflatossina B1 < 0,06 µg/kg ≤ 2
Aflatossine Totali
(B1+B2+G1+G2)< 0,12 µg/kg ≤ 4
Un secondo prelievo è stato effettuato su un’altra matrice, Noci, sempre in
buone condizioni igienico-sanitarie ed a temperatura ambiente. il
quantitativo complessivo prelevato è stato di 2,500 kg.
Il campione prelevato consisteva in 5 aliquote rappresentate, ciascuna, da
500 g; le aliquote sono state prelevate nell’ambito dello stesso lotto. Ogni
aliquota è stata racchiusa in busta di cellophane per alimenti a cui è stato,
poi, apposto un sigillo di piombo che chiudeva lo spago di legatura.
Unitamente alla legatura si è provveduto alla identificazione mediate
cartellino dell’Ufficio, recante il numero di verbale di campionamento, la
data, l’ora, le firme degli Ispettori e del Responsabile della Ditta o del suo
sottoposto presente nel momento del prelievo; il Titolare della Ditta ha
liberamente scelto una delle aliquote che gli è stata consegnata insieme ad
una copia del verbale di campionamento. Le rimanenti aliquote sono state
rimesse all’Arpa Lazio per le analisi e la ricerca delle Aflatossine.
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All’accettazione il campione è stato giudicato regolare e, a seguito di analisi
effettuate con un metodo analitico proprio, la matrice costituente il
campione è risultata rientrare nella norma, in termini di presenza di
aflatossine; in particolare:
AFLATOSSINE RISULTATO PROVA
VALORE LIMITE DI
PARAMETRO
TECNICO
Aflatossina B1 < 0,06 µg/kg ≤ 2
Aflatossine Totali
(B1+B2+G1+G2)< 0,12 µg/kg ≤ 4
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CAPITOLO IV
IL RUOLO DEL TECNICO DELLAPREVENZIONE
4.1 La gestione del rischio micotossine
Dai dati presenti in letteratura risulta molto difficile la gestione del rischio
provocato dalla presenza di micotossine negli alimenti che spesso possonoessere a loro volta materie prime destinate alla produzione di innumerevoli
prodotti finiti. È bene ricordare, per esempio, che alcuni processi possono
eliminare i funghi produttori ma non le micotossine (come accade talvolta
nel processo di cottura), e che qualora si riscontri la presenza di funghi non
è detto che siano di un ceppo produttore di micotossine o, pur essendolo, il
substrato o le condizioni ambientali non sono adatte.
Due importanti fattori per tenere sotto controllo le micotossine sono iltempo e le diverse lavorazioni che le materie prime devono subire. Infatti,
una catena di distribuzione che impiega diversi passaggi prima di arrivare al
consumatore finale è ovviamente soggetta a maggiori rischi. In particolare
sono le fasi di trasporto che devono essere considerate le più critiche, a
causa soprattutto delle condizioni di temperatura e umidità.
Risulta, quindi, fondamentale la corretta applicazione del sistema di
autocontrollo nelle principali fasi del processo produttivo, HACCP.
Verifiche che non possono prescindere dalle valutazioni sono quelle sulla
qualifica e l’affidabilità del fornitore e delle materie prime utilizzate. È
necessario, quindi, tenere sempre la documentazione aggiornata in particolar
modo i documenti riguardanti:
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- schede tecniche del prodotto (per la certificazione della materia
prima, sulla quale comparirà l’origine della materia prima e la
tipologia di analisi effettuate con i relativi limiti);
- analisi del fornitore;
- certificazione del fornitore;
- analisi interne.
Ricordiamo come le micotossine siano delle tossine ubiquitarie; possono
essere quindi rinvenute su quasi tutte le colture di interesse agrario ed in
ogni punto della catena alimentare.
Prendendo come esempio la matrice dei
“pistacchi tostati” si nota come, nelle varie fasi della filiera, dal campo alla
tavola, ci siano vari rischi legati alle micotossine, in particolare alleaflatossine, che possono influire negativamente nonché ripercuotersi sulla
salute del consumatore. Innanzi tutto ci potrebbe essere già una
contaminazione da muffe durante la fase della coltivazione, fattore
risolvibile con le buone pratiche agricole, nel campo e nella raccolta, già
enunciate in precedenza. Altre linee guida specifiche, utili da seguire per la
gestione dei rischi da micotossine in campo, per i pistacchi, così come per
qualsiasi altra coltura, potrebbero essere:
- controllo della profondità dell’aratura;
- effettuazione delle analisi del terreno ogni 5 anni;
- controllo dei semi ad ogni ricevimento relativamente ai trattamenti
fatti e da fare;
- avvalersi di un tecnico agronomo;
- controllare l’umidità prima del raccolto, al raccolto ed
all’essiccamento;
- monitoraggio precipitazioni, temperatura e degli infestanti.
Ovviamente risulta importante anche la ricerca di sintesi genetica di prodotti
resistenti all’attacco di insetti e funghi. Durante la fase della raccolta può
continuare lo sviluppo delle micotossine; punto cruciale per la crescita
micotica risulta però essere la fase dell’essiccamento, che nel manuale
HACCP, costituisce un vero e proprio Punto Critico di Controllo.
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In questo caso la problematica può risolversi agendo sui fattori di tempo e
temperatura durante l’essiccamento. Dopo l’essiccamento si dovrà
provvedere alla rimozione del prodotto danneggiato dalla presenza di muffe
e funghi; questa selezione può essere fatta con un monitoraggio visivo. Si è
notato che la fase della tostatura non presenta particolari problematiche di
contaminazione. La contaminazione da micotossine può invece verificarsi
durante la fase del confezionamento che rappresenta anch’essa un punto
critico di controllo; ad essa si può ovviare con dei test per verificare i limiti
di micotossine, nel caso specifico per i pistacchi tostati, di aflatossine. Si
provvederà poi all’eliminazione dei lotti fuori dai limiti. Nella fase dello
stoccaggio risulta molto importante verificare le condizioni ambientali neisilos (temperatura e umidità), nonché la presenza di insetti. È bene
ricordare, inoltre, che tutti gli ambienti dove permangono le matrici,
qualsiasi sia la fase della filiera, devono avere buone condizioni di
ventilazione; può essere utile anche utilizzare impianti di aspirazione. I
magazzini e le attrezzature devono essere privi di residui dei precedenti
immagazzinamenti; pertanto devono essere puliti accuratamente e, se
necessario, trattati con insetticidi, rodenticidi e fungistatici nel rispetto dellalegislazione vigente. Bisogna ancora evitare di stoccare le matrici in
magazzini sprovvisti di pavimentazione, per la difficoltà di ottenere una
buona pulizia e disinfestazione da insetti e roditori. Altra fase cruciale è
quella del trasporto dove oltre alle condizioni ambientali è necessario che ci
sia una buona pulizia del mezzo di trasporto onde evitare contaminazione da
muffe e funghi e sviluppo di micotossine. Al ricevimento della materia
prima risulta indispensabile, per un’adeguata prevenzione contro lacontaminazione da micotossine, rifiutare i lotti fuori dai limiti. Seguono poi
fasi di stoccaggio della materia prima, lavorazione miscelazione degli
ingredienti, fasi in cui si deve comunque fare particolare attenzione alle
condizioni ambientali, in particolar modo alla temperatura. Infine si ha il
trattamento termico, il confezionamento e lo stoccaggio del prodotto finito,
con gli stessi rischi e soluzioni del confezionamento e dello stoccaggio citati
in precedenza.
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4.2 Compiti del Tecnico della Prevenzione
Il Tecnico della Prevenzione negli Ambienti e nei Luoghi di Lavoro,individuato nell’ambito del Decreto Ministeriale del 17 gennaio del 1997 n.
58, è responsabile, nell'ambito delle proprie competenze, di tutte le attività
di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza
ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle
bevande, di igiene di sanità pubblica e veterinaria.
Il Tecnico della Prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, operante
nei servizi con compiti ispettivi e di vigilanza è, nei limiti delle proprieattribuzioni, ufficiale di polizia giudiziaria. Il T.d.P. svolge con autonomia
tecnico professionale le proprie attività e collabora con altre figure
professionali all'attività di programmazione e di organizzazione del lavoro
della struttura in cui opera. È responsabile dell'organizzazione della
pianificazione, dell'esecuzione e della qualità degli atti svolti nell'esercizio
della propria attività professionale.
Il Tecnico della Prevenzione che presta la sua opera nella ASL, in particolare in un Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN)
svolge attività di vigilanza e controllo sull'igiene, la produzione, il
commercio e la distribuzione di prodotti alimentari atti alla nutrizione
umana in ogni fase del loro processo. Inoltre si occupa del controllo
ufficiale dei prodotti alimentari, consulenza e verifica di commestibilità dei
funghi, controlli nell'ambito di centri cottura e mense collettive e sociali,
registrazione attività imprese alimentari, controllo e vigilanza sui prodotti
fitosanitari, gestione di sistemi di allerta alimentari, attività di formazione su
educazione alimentare e nutrizionale, tutela della qualità delle acque
destinate al consumo umano. Svolge ancora attività di ispezione,
campionamento, audit, monitoraggio e sorveglianza. Molte di queste attività
svolte dal Tecnico della Prevenzione di un SIAN, sono riconducibili alla
problematica delle micotossine.
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Infatti il T.d.P effettua dei campionamenti, in base, ad esempio, al Piano
Regionale Integrato Controlli ed al Piano di Campionamento e
Monitoraggio; molte delle matrici campionate, che andranno poi al
laboratorio per le analisi, richiedono, sempre da tali Piani, il controllo
analitico per la ricerca delle micotossine. Ma oltre ai campionamenti, come
già detto, tra i compiti del T.d.P. ci sono anche gestione dei sistemi di allerta
alimentari (compito che anch’esso si ripercuote sulla prevenzione del rischio
micotossine) ma, soprattutto ispezioni e controlli. Ad esempio potrebbe
risultare fondamentale il ruolo del Tecnico della Prevenzione, sempre nella
prevenzione delle micotossine, attuando delle ispezioni nei locali dove
avviene l’essiccamento, il confezionamento, lo stoccaggio e sui mezzi ditrasporto. In suddetti locali e mezzi di trasporto il T.d.P controllerà
ovviamente che sia mantenute le buone condizioni di temperatura ed
umidità, che in particolare non dovranno essere le condizioni proprie che
favoriscono la tossinogenesi, ovvero l’umidità relativa superiore al 70% e la
temperatura tra 20°C e 35ºC. Altri fattori su cui occorre fare attenzione in
fase di ispezione sono la ventilazione, la corretta pulizia di tutti i locali e
mezzi di trasporto contenenti, o destinati a contenere, matrici alimentari potenzialmente contaminate da micotossine, la presenza di insetti e roditori,
la presenza di muffe sulle matrici alimentari visibili ad occhio nudo, i cattivi
odori. L’ispettore sanitario presterà la sua opera sia in ambito della
produzione, che in ambito della commercializzazione e vendita dei prodotti
alimentari. In particolare anche in questo caso controllerà che i prodotti
siano tenuti esposti per la vendita in buone condizioni igienico-sanitarie e
privi di contaminazioni da muffe visibili. Ancora risulta importante in fasedi ispezione controllare l’etichetta dei prodotti. Il T.d.P. controllerà in questi
luoghi anche il possesso della documentazione (Piano di Autocontrollo,
Autorizzazione Sanitaria ecc. ). Infine, al termine dell’ispezione, gli ispettori
redigeranno un verbale descrittivo dell’ispezione nel quale saranno anche
indicati gli eventuali provvedimenti amministrativi (sanzioni, prescrizioni,
proposte di ordinanze ecc.) o penali e o le successive indagini.
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Da ricordare anche le altre amministrazioni coinvolte nel controllo ufficiale
degli alimenti, quali il Ministero della Salute, che effettua controlli
sull’igiene dei prodotti alimentari, il Ministero delle Politiche Agricole
Forestali, che effettua controlli sulla qualità dei prodotti alimentari, e il
Ministero delle Finanze, in particolare il Dipartimento delle Dogane e delle
Imposte Dirette effettua controlli di natura fiscale. Anche questi organi
contribuiscono al controllo alimentaristico, e quindi anch’essi rientrano
negli organi atti a prevenire la contaminazione delle micotossine.
Come risaputo, nelle aziende private, il Tecnico della Prevenzione ha
compiti organizzativi e gestionali e, come libero professionista o
dipendente, si adopera per la sicurezza e la prevenzione degli infortuni edelle malattie professionali nei luoghi di lavoro, la gestio