L'Osservatore e la Torre

Post on 05-Nov-2015

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Racconto decisamente surreale ispirato all'album (e all'omonimo brano) "Crises" di Mike Oldfield. E anche a "Moonlight Shadow" :-) Tra le pagine potrete trovare la bellissima illustrazione dell'artista Giampaolo Casarini (www.giampalocasarini.com), detentore dei relativi copyright.

Transcript of L'Osservatore e la Torre

  • L'OSSERVATORE E LA TORRE

  • Racconto liberamente ispirato a Crises di zio Oldfield.Grazie per tutto.

  • Le onde si distendevano placide lungo la riva, ogni risacca dischiudeva il

    profumo fresco e inebriante della salsedine. La notte era appena cominciata. L'aria

    era viva, vibrava all'ombra del chiaro di luna; nel buio, gli alberi sussurravano le

    parole di una canzone triste e malinconica.

    Come ogni sera, Mike se ne stava solitario sul molo, il piede appoggiato su una

    delle tante bitte. Erano anni che non trattenevano pi gli scafi alla terra, e questo le

    faceva apparire stanche e inutili. Mike si sentiva come loro: il volto logoro e scavato

    di chi non riposava da tempo, la totale mancanza di una scintilla vitale.

    Immobile, fissava il palazzo nero che, imperioso, torreggiava in mezzo al mare.

    Al solito, la luce della finestra all'ultimo piano era accesa; la musica suonava. L'uomo

    ormai la conosceva a memoria, sapeva anticipare anche la pi insignificante delle sue

    sfumature. Da due anni cercava un modo per farla smettere, eppure non ci era ancora

    riuscito; passava cos le sue notti a osservare il palazzo, come se fosse un temibile

    nemico da studiare e sconfiggere.

    L'osservatore e la torre, ora dopo ora, fino al mattino.

    Gli altri abitanti della citt si erano gradualmente assuefatti alla musica, ormai

    parte integrante delle loro vite. A volte Mike si era chiesto se non fosse lui l'unico a

    sentirla, non comprendeva come ci si potesse abituare a qualcosa di tanto disturbante.

    Chiunque abitasse in quel palazzo comparso dal nulla, aveva calato la puntina su

    un disco maledetto, e da allora non c'erano mai state pause o interruzioni.

    Isterico e imprevedibile come una donna tradita, il brano culminava in cacofonici

    passaggi finali che mandavano Mike fuori di testa. Quei suoni penetranti gli facevano

    venire voglia di afferrare per i capelli chiunque gli capitasse a tiro e sbattergli la testa

    contro un muro, contro uno spigolo, contro una vetrina, fino a fargli schizzare il

    cervello dal cranio.

    Mike aveva l'impressione che solo allora si sarebbe sentito meglio, eppure non ci

    aveva mai provato.

  • Da quando quelle note si erano impossessate della citt, il cielo aveva virato al

    verde, un verde cupo e infetto. Le stelle erano svanite nel nulla, la luna era diventata

    gigantesca; non somigliava pi al romantico astro di cui i poeti avevano narrato per

    secoli, al contrario, era possente e minacciosa. I suoi enormi crateri sembravano occhi

    mostruosi, costantemente puntati sulla terra e sui suoi abitanti.

    La gente ne era terrorizzata e, come a rispettare un tacito coprifuoco, rincasava

    prima che il satellite si arrampicasse su per il cielo tetro e ammuffito.

    Mike non aveva paura. Non gli importava della malvagit della luna, voleva

    sapere a tutti i costi chi vivesse nell'appartamento all'ultimo piano. Voleva sapere

    perch avesse condannato tutti a quell'insopportabile ascolto, e perch non uscisse

    mai dall'edificio.

    Un paio di volte aveva tentato di attraversare il mare che divideva domande e

    risposte, ma aveva fallito; il mare si era infuriato, gli aveva scagliato contro certi

    marosi gonfi di schiuma e di rabbia, che per poco non ci aveva lasciato la pelle.

    All'uomo non restava altro che osservare a distanza il suo avversario, nella

    speranza di anticiparne le mosse e avere qualche vantaggio su di lui. Tuttavia, per

    quanto si fosse sforzato, Mike non era riuscito a cavare un ragno dal buco e la

    rassegnazione stava prendendo il sopravvento. Pensava che, forse, avrebbe dovuto

    seguire l'esempio dei suoi concittadini, piegare la testa e farsene una ragione. Allora

    sarebbe stato tutto pi semplice, avrebbe finalmente passato le sue notti a letto,

    avrebbe smesso di cercare spiegazioni. Questi pensieri attraversavano veloci la sua

    mente, e con altrettanta rapidit la abbandonavano.

    No, si ordinava, non accadr mai. Mai!

    Una notte come tante, accadde l'inimmaginabile: la luna si alline perfettamente

    al palazzo. Insieme sembravano le lancette di un imponente orologio che segnava la

    mezzanotte in punto. L'edificio aveva perso la sua maestosit, non incuteva pi

    timore; era la luna a essere terrificante. La sua luce avariata proiettava sulla superficie

    del mare ombre sconosciute e raccapriccianti, un sabba di creature deformi che

    danzavano impazzite sulle note di quella musica infernale.

  • Mike, per la prima volta, aveva paura. Se la sentiva crescere dentro, come davanti

    ai suoi occhi cresceva la marea. Non voleva che la luna si accorgesse di quanto gli

    tremassero le ginocchia e le mani, per nulla al mondo avrebbe voluto dargliela vinta.

    Quando le ombre iniziarono a strisciare fuori dall'acqua, Mike sent una scossa

    propagarsi lungo la spina dorsale, fino al cervello: doveva scappare. La luna non

    conosceva piet, n concedeva grazia, gli avrebbe dato la caccia fino a che non fosse

    riuscita a strappargli l'ombra.

    Fu allora che, inaspettatamente, la porta del palazzo nero si spalanc. Mike

    riusciva a sentire dal molo il suono delle onde che, sfacciate, ne violavano l'ingresso,

    per poi venire inghiottite dall'oscurit.

    Era la sua occasione.

    Chi si nascondeva l dentro lo stava spingendo a entrare; non doveva far altro che

    attraversare il mare, varcare la soglia e salire fino all'ultimo piano. Era una sequenza

    che aveva consumato allo sfinimento nella sua mente, e che fino ad allora non aveva

    avuto alcuna chance di concretizzarsi.

    Non puoi scappare, lo raggiunse una voce sconosciuta.

    Non puoi scappare, ripet. Devi restare con me, non puoi scappare.

    A quelle parole le ombre si ritrassero, assorbite una ad una dalle onde; il mare si

    divise in due, senza sforzo, creando un varco verso il palazzo. Mike non aveva pi

    dubbi, si trattava di un invito esplicito; senza indugiare oltre, salt gi dal molo.

    Verrai a parlare con me, stanotte? lo incalzava la voce dalla torre. Era soave,

    tranquilla, mesmerizzante; era la voce di una donna.

    Mike, tra i due lembi di mare, si mise a correre pi veloce che poteva.

    Rester ad aspettarti, rester e pregher perch tu raggiunga l'altra sponda,

    insisteva la voce.

    A ogni falcata il mare si richiudeva alle sue spalle, le onde si intrecciavano,

    abbracciandosi come amanti desiderosi di ricongiungersi.

  • L'uomo divor in un lampo l'ultima manciata di metri, gettandosi infine tra le

    braccia delle scale d'ingresso, pronte ad accoglierlo; non appena i piedi toccarono il

    cemento bagnato, il mare collass, ricucendo con un boato lo strappo che aveva

    creato.

    Oltrepassata la soglia, il portone si richiuse.

    All'interno, l'edificio era ancora pi nero di quanto non lo fosse da fuori, tanto che

    Mike cedette al pensiero di un'improvvisa cecit.

    Verrai a parlare con me? ripet calma la voce, echeggiando attraverso la

    sinistra tromba delle scale.

    S, rispose l'uomo in un sussurro, mentre il cuore gli si aggrappava alla gola.

    Lo sguardo si alz timoroso verso l'alto, dove tra le pesanti tenebre galleggiava un

    puntino luminoso: la luce dell'appartamento.

    Mike cominci la sua scalata. Incerto, procedeva a tentoni, cercando conforto

    nell'unica guida disponibile, il muro accanto a s. Non aveva mai avuto paura come

    in quel momento: il prepotente rumore delle onde si era unito a quello cattivo del

    vento; insieme rimbombavano nel vuoto del palazzo e si mescolavano alla musica,

    dando vita a un concerto terrificante. La colonna sonora dell'Inferno.

    Dopo un paio di rampe, riconoscere i gradini divenne un gesto meccanico; con

    sorpresa, l'angoscia fece posto alla determinazione, trasformando l'andatura confusa

    dell'uomo in una corsa veloce e disperata.

    Pi Mike si avvicinava alla meta, pi la musica diventava forte, cos forte che a

    stento riusciva ad avanzare, schiacciato com'era dal peso delle note. Non aveva la

    minima idea di quanto tempo gli ci sarebbe voluto per arrivare all'ultimo piano, forse

    non ci sarebbe neppure mai arrivato. Chiunque l'avesse fatto entrare voleva giocare

    con lui, come un gatto annoiato con un topo troppo curioso.

    A Mike sembrava che le scale non solo non terminassero mai, ma che, anzi, si

    rigenerassero di continuo, quasi fossero dotate di vita propria. La luce era sempre pi

    distante, al contrario la musica era cos vicina da risultare insopportabile.

    A quel punto, Mike si ferm.

    Che razza di scherzo questo? url. Mi hai chiesto di venire quass! E ora?

  • Cosa fai, ti tiri indietro?

    Nessuna risposta. Stremato, l'uomo croll in ginocchio.

    Non uscir mai da qui, si disse. Non uscir mai.

    Esausto e demotivato, d'un tratto Mike avvert l'irresistibile desiderio di gettarsi

    gi, per la tromba delle scale. Non riusc a plasmare completamente quel pensiero,

    ch la voce torn a incoraggiarlo.

    Vieni da me, disse, non scappare.

    Mike, confuso ed eccitato, sentiva di essere a un passo da quella verit che aveva

    sempre inseguito; non poteva mollare, non ancora.

    Si rialz a fatica, e decise che avrebbe raggiunto a tutti i costi la sua meta. Non

    sapeva davanti a cosa si sarebbe trovato, ma questo non lo spaventava pi.

    Era avanzato di un paio di gradini, quando la luce che fino a pochi attimi prima

    pareva lontanissima, adesso era a qualche metro di distanza.

    Mike si pass una mano sulla faccia, segno che aveva rinunciato a capire le

    bizzarre logiche che governavano l'edificio; presto perplessit ed elucubrazioni

    mentali vennero abbandonate in favore di una ben pi importante presa di coscienza:

    era arrivato a destinazione.

    L'appartamento non aveva una porta da spalancare, ci sarebbe potuto entrare

    chiunque, se solo la luna, il palazzo o la voce di quella donna glielo avessero

    permesso. Mike non era chiunque.

    Una volta entrato, l'uomo si trov davanti agli occhi non un appartamento, ma

    una stanza, completamente vuota e dalle pareti spoglie. Per anni si era immaginato

    quel posto come la lussuosa dimora di qualche eccentrico signore, tanto ricco quanto

    sgradevole, che l'avrebbe atteso nella penombra del suo studio, seduto su

    un'imponente poltrona in velluto bordeaux, con un sigaro tra le labbra e un bicchiere

    di brandy in mano.

    La realt aveva invece le sembianze di una stanzetta triste e asettica, che non

    ospitava nient'altro se non la lampadina che l'aveva sempre illuminata.

    E un grammofono.

  • L'apparecchio giaceva sulla moquette grigia, e, indisturbato, diffondeva a tutto

    volume la musica velenosa che aveva inquinato la citt e la mente di Mike.

    L'uomo si guard pi volte attorno, come se da un momento all'altro si aspettasse

    di vedere la donna misteriosa materializzarsi nella stanza; oltre a lui, per, non c'era

    nessun altro.

    Non puoi scappare, irruppe la voce, cogliendolo di sorpresa; veniva dal

    grammofono.

    L'espressione di Mike si sciolse in un sorrisetto amaro, che trasudava incredulit.

    La torre e l'osservatore, ora dopo ora, fino al mattino, recit monocorde il

    grammofono, il cui tono si era tinto di una sfumatura maschile spaventosamente

    simile a quella di Mike.

    L'uomo fiss l'aggeggio con odio feroce, poi sorrise di nuovo; era il sorriso di una

    vittoria.

    L'osservatore e la torre, ribatt Mike, ora dopo ora.

    Non poteva temporeggiare oltre, doveva compiere la missione per cui sentiva di

    essere nato: annientare quella diabolica musica.

    Fino al mattino.

    In citt la musica suonava, come ogni sera.

    L'ultima volta che qualcuno vide Mike sul molo, disse che era stato portato via

    dall'ombra del chiaro di luna.