Lezione II: Richiami di Microeconomia

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Lezione II: Richiami di Microeconomia. La Curva di Domanda Immaginiamo la nostra ( massima ) Disponi-bilità a Spendere per un certo bene, per e-sempio un trancio di pizza nella pausa tra le lezioni. - PowerPoint PPT Presentation

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IO: II Lezione (P. Bertoletti) 1

Lezione II: Richiami di Microeconomia

• La Curva di Domanda • Immaginiamo la nostra (massima) Disponi-

bilità a Spendere per un certo bene, per e-sempio un trancio di pizza nella pausa tra le lezioni.

• Una possibilità ragionevole è 3€ per il pri-mo trancio, 1,5€ per il secondo e 20 cente-simi per il terzo.

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La Domanda di pizza

p

3

1,5

0,2q1 2 3

1

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Come usare la funzione di domanda

Il grafico precedente consente di identifi-care la quantità acquistata a partire dal prez-zo del bene (ex: 2 tranci se il prezzo è 1€).

Ma identifica anche, a partire dalla quantità acquistata, la disponibilità marginale a spendere di chi esprime la domanda (ex: 0,2€ per il terzo trancio).

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Formalmente:

• Il primo utilizzo corrisponde a “leggere” la curva di domanda come:

q = D(p)

• Il secondo utilizza la sua inversa (nota come curva di domanda inversa):

• p = P(q) (= D-1(q))

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Surplus (netto) del consumatore - CS

Com’è noto, l’utilizzo della disponibilità (marginale) a spendere conduce direttamen-te ad una misura di benessere del consuma-tore, determinata dalla somma, per ciascu-na delle unità acquistate, delle differenze tra disponibilità a spendere e prezzo effet-tivamente pagato (ex: 2,5€ nel caso di 2 uni-tà pagate 1€).

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Surplus lordo del consumatore

Il surplus lordo è poi semplicemente la somma delle disponibilità (marginali) a pagare per tutte le unità acquistate (ex: 4,5€ nel caso di 2 unità).

Da notare che il surplus è dunque rappresentato dall’area che giace sotto la curva di domanda (e sopra la linea del prezzo nel caso del surplus netto).

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Com’è noto:

1. Le curve di domanda di mercato (o aggregate) si ottengono per “somma orizzontale” di quelle individuali.

2. Sono usualmente rappresentate da curve “lisce” decrescenti (spesso lineari per semplicità).

3. I surplus sono dunque definiti da aree (ovvero opportuni integrali della funzione di domanda).

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Ex: la domanda lineareD(p) = (a - p)/b

P(q) = a – bq

tg = b

CS(q) = (a - p)q/2

a, b >0

p

a P(q)

0 qq a/b

pD(p)

CS(q)

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L’elasticità della domanda

• L’elasticità della domanda è definita da:

(p) = - (dq/dp)p/q = - D’(p)p/ D(p) - (q/q)/(p/p)

Perciò può essere interpretata come valore della variazione percentuale (in valore assoluto) della quantità che corrispondenza ad una variazione percentuale unitaria del prezzo.

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Si noti che:• In generale non ha un valore costante ma esso

dipende dal punto della funzione di domanda in cui si computa.

• Usando il fatto che D’(p) = 1/P’(D(p)) per il teore-ma della funzione inversa, l’elasticità può essere valutata equivalentemente partendo dal valore della quantità come segue:

(q) = - P(q)/(P’(q)q)

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Si noti che:• Dall’ultimo risultato segue che c’è una relazione

precisa tra il valore di e l’andamento della spesa (dei consumatori), R(q) = P(q)q (ovvero pD(p)), noto come ricavo totale (delle imprese):

d(P(q)q)/dq = R’(q) = P’(q)q + P(q)= P(q)(1 – 1/(q))

Perciò la spesa sarà crescente rispetto alla quantità (e quindi decrescente rispetto al prezzo), ovvero il ricavo marginale R’(q) sarà positivo, se e solo se l’elasticità è superiore a 1.

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Ex: elasticità e domanda lineare

p

(p) = p/(a –p)

R’(q) = a – 2bq

a

> 1

0 qa/b

a/2

< 1

a/(2b)

= 1

= 0

R’(q)

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La Funzione di Costo

• La funzione di costo sintetizza “come” gli input sono trasformati in output dall’impresa:

C(q) = costo totale degli input necessari a produrre il livello q di prodotto

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Ci sono poi diverse nozioni di costo rilevanti:

• C. fisso: CF

• C. variabile: CV(q) (C(q) = CF + CV(q)), con CV(0) = 0.

• C. unitario (o medio): CU(q) = C(q)/q (C. unitario variabile: CUV(q) = CV(q)/q)

• C. marginale: C’(q) = CV’(q) C(q + 1) - C(q) = C. incrementale

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Ex 1: la fabbrica di magliette

Il leasing di una macchina costa 20€ alla settima-na.

La macchina, utilizzata da un operaio, produce una maglietta all’ora.

Il costo della manodopera è 1€ l’ora nei giorni fe-riali (prime 40 ore settimanali, 8 ore giornaliere), poi 2€ l’ora al sabato (massimo 8 ore) e 3€ l’ora alla domenica (massimo 8 ore).

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L’andamento dei costi (per addetto):

3

0 q

1,5

1

C’(q)

40

CU(q)

CU(56) = 25/14,

2

48 56

CUV(q)

CUV(56) = 10/7

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Nell’esempio della fabbrica delle magliette:

• L’attività non è economicamente redditizia se il prezzo delle magliette non è almeno 1,5€, iden-tificato dal punto di minimo della curva CU (se il macchinario in leasing non può essere immedia-tamente restituito (cioè se il suo costo è irrecu-perabile) il prezzo minimo al quale conviene produrre scende a 1€, punto di minimo di CUV).

• Superata tale soglia la quantità che conviene pro-durre è identificata dalla condizione prezzo delle magliette = C’.

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Un caso più generale:

0 q

C’(q)

q

CU(q)

p

O(p)

C’(0)

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Nel grafico precedente:

• p e q sono rispettivamente il prezzo minimo e la quantità minima utilizzabili in maniera econo-micamente redditizia.

• O(p), cosiddetta funzione di offerta, è il tratto della curva di costo marginale al di sopra del prezzo minimo, e indica la quantità (positiva) offerta dall’impresa in funzione del prezzo (per semplicità abbiamo supposto che nessun costo sia irrecuperabile).

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In generale (per un’impresa price-taker):

• Il costo marginale determina quanto è econo-micamente conveniente produrre (un’impresa può ragionare al margine per vedere che per la quantità ottima q* deve essere p = C’(q*)).

Il livello del costo unitario (relativo ai costi recuperabili) determina se è conveniente pro-durre (se p < CU allora deve essere R = pq < qCU = C, ovvero profitto = R - C < 0).

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Ex 2: la scelta degli impianti

0 q

CU1 = C’1

q

CU2C’2

q’ q’’

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La scelta degli impianti …..

• Supponiamo che si debba ripartire la quantità di produzione q* tra gli impianti 1 e 2, con q* > q’’.

• Qual è il riparto ottimale (ovvero che minimizza i costi)?

• Quello che eguaglia i costi marginali, ovvero: q2 = q’ e q1 = q* - q’!

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Ex 3: penne rosse e penne blu

Supponiamo che si possano produrre 8000 penne al giorno con un CF = 1000€ e CV(q) = 0,15q.

Le prime 5000 penne rosse si possono vendere a 30 centesimi l’una, e le successive a 20 cen-tesimi.

Le penne blu si vendono a 25 centesimi l’una.

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Quale riparto tra penne rosse e blu?

E’ ovvio che è il caso di produrre 5000 R e 3000 B, ottenendo un profitto di 50 €:

= (0,15 · 5000) + (0,10 · 3000) - 1000 = 750 + 300 – 1000 = 50

Ma conviene vendere le B? Computando una quota di costo fisso pari a 3/8 · 1000 = 375 si ottiene:

B = (0,10 · 3000) - 375 = - 75 <

0 !

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Si direbbe che sia il caso di vendere solo le R …

• Ma se si facesse così:

R’ = (0,15 · 5000) + (0,05 · 3000) - 1000 = 750 + 150 – 1000 = -100!

• Non ha senso economico imputare i costi fissi comuni nel decidere cosa produrre!!!!

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Ancora sulle tipologie di costo rilevanti:

• I costi economicamente rilevanti sono quelli co-siddetti opportunità (o ombra), misurati dai bene-fici cui si rinuncia non usando nel miglior modo alternativo le risorse (ex: risorse imprenditoriali e profitti “normali”).

• Perciò i costi irrecuperabili (o affondati (sunk)), ovvero quelli sostenuti per attività senza usi alter-nativi (cioè altamente specifiche), sono irrilevanti nel prendere decisioni una volta che siano già stati effettuati.

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Economie di scalaCU

qq’q

Economie di scala

Diseconomie di scala

Rendimenti costanti di scala

q è la cosiddetta Scala Minima Efficiente dell’impresa

Se Q è la dimensione del mercato, alloraSMS/Q è un indicatore della sua concentrazione attesa

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Economie di scopo (o varietà)Si dice che vi sono per un’impresa Economie di scopo nella produzione di due output (le cui quantità sono indicate da q1 e q2) se:

C(q1,q2) < C(q1,0) + C(0,q2)

(ovvero se la funzione di costo è sub-additiva). Naturalmente in presenza di economie di scopo ci si aspetta una produzione congiunta.

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La massimizzazione del profitto

Assumendo che le imprese scelgano i prezzi per massimizzare i profitti (ipotesi che sarà discussa nel Cap. 3), in presenza di una curva di domanda decrescente è sempre possibile discutere come se scegliessero le quantità, operando sulla curva di domanda inversa P(q) (per ogni quantità c’è un solo prezzo “ottimo”) rilevante.

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I profitti si possono sempre scrivere come Ricavi – Costi, ovvero:

(q) = R(q) - C(q) dove:

R(q) = P(q)q.

La “condizione del primo ordine” (FOC) richiede dunque che il profitto marginale ’(q) sia nullo, e cioè che il ricavo marginale sia uguale al costo marginale. La condizione del secondo ordine (SOC) richiede che il profitto marginale sia decre-scente.

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Graficamente, la situazione è del tipo:

q

q*

’(q*) = 0 R’(q*) = C’(q*) FOC

’’(q*) 0 R’’(q*) C’’(q*) SOC

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Nel caso di un’impresa competitiva, , perciò R’ p e la precedente condizione im-plica p = C’ (non c’è potere di mercato)

CU(q*)

q

p

q*

p

O(p) CU(q)

C’(q)

p = C’(q*), q* = O(p), * = (p - CU(q*)) q*

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Si ricordi che, come nel caso della domanda:

• La curva di offerta di mercato si ottiene poi per aggregazione orizzontale delle curve di offerta delle singole imprese, e dunque in ciascun punto l’Offerta riflette il costo marginale delle imprese attive a quel prezzo.

• Nei grafici seguenti, dunque, il costo marginale potrebbe essere sostituito dalle funzione di offerta aggregata rilevante (nel caso di una molteplicità di imprese).

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Surplus del produttore - PS

Il surplus del produttore è convenientemente misurato dal profitto variabile (al lordo dei costi fissi):

v(q) = (q) + CF = R(q) - CV(q) Si tratta di una misura analoga al CS, ricavabile dalla funzione di offerta e definibile come somma, per ciascuna delle unità vendute, delle differen-ze tra prezzo ricevuto e Disponibilità (marginale) a Vendere (quest’ultima misurata dal costo mar-ginale).

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Il PS è dunque l’area che giace sotto la linea del prez-zo e sopra la curva del costo marginale/funzione di offerta:

p

p

qq

v

CV(q)

C’(q) =D. a V.

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Formalmente:

Come illustrato nel grafico precedente, il costo variabile è dato dall’area sottostante il costo marginale:

• Perciò:

v = pq - CV(q) = PS(q)

.)('0

)( q

dxxCqCV

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Il Benessere collettivo o Surplus Totale - W

• Sommando il CS e il PS si ottiene il Surplus To-tale (o benessere collettivo, o social welfare):

W(q) = CS(q) + PS(q) Si noti che si può definirlo come la somma, per ciascuna unità scambiata, delle differenze tra di-sponibilità a spendere e disponibilità a vendere (ovvero, si tratta dell’area compresa tra la curva di domanda e quella di offerta). E’ anche pari al surplus lordo del consumatore meno il costo variabile.

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Graficamente, supponendo che il prezzo P(q) sia superiore al costo marginale C’(q) :

p

qq

W(q)

CV(q)

C’(q)

P(q)EL(q)

qe

W(q) = CS(q) + PS(q)

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Il welfare è una misura (monetaria) aggregata del valore di un mercato per i soggetti coin-volti.

• Si noti che non dipende direttamente dal prezzo di mercato, che svolge però il ruolo cruciale di determinarlo indirettamente attraverso la determinazione della quantità scambiata, e di dividerlo tra la componente che spetta ai consumatori e quella che va ai produttori.

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Non è difficile capire che:

Il massimo benessere collettivo si ottiene se la quantità prodotta eguaglia prezzo e costo marginale.

Poiché:

deve essere

q

qCVdxxPqW0

)()()(

0)(')()(' qCqPqW

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Dunque:La precedente FOC implica che il be-neficio sociale marginale netto

W’(q) = (P(q) – C’(q))

di produrre un’unità in più sia nullo per la quantità che massimizza il welfa-re, indicata graficamente con qe.

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Efficienza I

• La quantità scambiata qe corrisponde ad una situazione di efficienza paretiana (se il prezzo fosse diverso dal costo marginale sarebbe teoricamente possibile per un con-sumatore e un’impresa scambiare ulterior-mente con reciproco vantaggio).

• L’area di Perdita di efficienza EL (dovuta al potere di mercato) è dunque una misura ra-gionevole di inefficienza (cosiddetta allo-cativa).

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Inefficienza produttiva

• Per efficienza produttiva s’intende che la quantità prodotta è realizzata al costo mi-nimo.

• Deviazioni sono possibili per a) Errori nel mix produttivo (inefficienza tecni-

ca)

b) Sprechi nell’uso dei fattori (cosiddetta ineffi-cienza di tipo X)

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In generale possiamo rappresentare l’inefficienza produttiva come un aumento dei costi marginali:

p CI’ C’

C

qqI

P(q)

q

Dove l’area C misura il maggior costo (variabile) di produrre qI

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Efficienza II

• Si noti che l’inefficienza produttiva “impli-ca” quella allocativa:

anche se l’impresa fosse competitiva pro-durrebbe troppo poco (qI invece che q).

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Efficienza dinamica• L’idea di efficienza dinamica può poi essere

catturata:a) dalla capacità di ridurre il costo marginale nel corso del tempo (attraverso l’introduzione di opportune innovazioni di processo)

b) dalla capacità di introdurre adeguatamente nuovi prodotti (innovazioni di prodotto)

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Efficienza III

• Anche l’inefficienza di tipo dinamico impli-ca quella allocativa, in senso stretto.

• Tuttavia essa è più difficile da considerare di quella di tipo statico (che prende per date le tecnologie a disposizione), e vi potreb-bero essere dei trade-off tra le due (come suggerito dal punto di vista “schumpeteriano” citato nella prima lezione).