LE BEATITUDINI A TAVOLA - parrocchiamariassaddolorata.it · LE BEATITUDINI A TAVOLA: I TRIANGOLI...

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LE BEATITUDINI

A TAVOLA:

I TRIANGOLI DEL GUSTO

PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI

Anno Pastorale 2014-2015

La caduta della speranza attraversa tutti gli ambiti di vita e riguarda anche ciò che avviene attorno alle

nostre tavole.

Le famiglie dispongono ancora di

un’ampia scelta nei loro consumi materiali

ed emozionali (il sogno consumistico

non è tramontato; per chi se lo può

permettere tutto è ancora possibile), ma

questa libertà non sembra in grado di

garantire la soddisfazione

promessa.

Pur non potendolo ammettere («Con tutte le opportunità che hai a disposizione, come puoi non goderti la vita?») si

moltiplicano le espressioni di una sofferenza estesa, riassumibile sotto la cifra sintetica del vuoto

esistenziale.

Questa sensazione diffusa, sempre più

chiaramente avvertita, sembra

mascherare la mancanza e la

nostalgia di valori umani

fondamentali che appaiono smarriti o

incerti.

Il narcisismo (a volte il cinismo) del godimento di sé allontana dall’incontro con l’altro: i legami si

alleggeriscono fino a dissolversi.

Il deserto relazionale

dell’«amore liquido» amplifica

lo stato di frustrazione e di

melanconia, come se ci si sentisse traditi e respinti dalla società

che continua a definirsi del benessere.

La risposta a questa invasione del vuoto è possibile ma deve essere realistica, attiva ed efficace. Essa può

essere organizzata anche nelle nostre case, e una delle prassi è il modo in cui trattiamo e consumiamo quotidianamente il cibo delle nostre tavole, è il

desiderio che alimentiamo di mangiare insieme.

Mangiare è un bisogno, stare

insieme mangiando è un

desiderio. Il desiderio non

può essere confuso con il

bisogno, si distingue

nettamente dalla pulsione.

La parola «desiderio» definisce la capacità di slancio, di apertura, di creatività, di progetto, di amore della

nostra persona. Il desiderio non si nutre di oggetti (cibi, bevande, gratificazioni istantanee) ma di segni (affetti,

gesti, parole).

È domanda rivolta verso l’altro,

attraverso la potenza dei simboli e della

parola. Non ha modo di compiersi, infatti,

che attraverso l’incontro con l’altro,

dunque attraverso un evento che non si

può prevedere e governare ma ha

sempre il carattere della sorpresa, dell’inatteso.

La povertà, il dramma del nostro tempo consiste nel fatto che, corrompendosi il codice dell’amore, la vita

non sia più vissuta come un bene superiore della gratificazione immediata della pulsione.

Il godimento, pur limitato e fallace, sembra valere, in realtà, più della

stessa vita. Il vissuto soggettivo del vuoto prevale

sempre più chiaramente sulla

percezione interiore del

desiderio.

La cura della salute, l’educazione al suo inestimabile valore, è una prima scelta efficace per far convergere

la pulsione con il sentimento della vita e il suo piacere.

L’educazione alimentare cerca di mettere in discussione comportamenti e abitudini

alimentari non corretti e di proporre integrazioni e miglioramenti.

Un’alimentazione sana è quella che fornisce, tramite gli alimenti assunti quotidianamente, la quantità di nutrienti

che corrisponde al fabbisogno di ogni persona. In molti casi l’educazione alimentare viene combinata con

indicazioni e consigli per un’adeguata attività fisica.

I percorsi di educazione alla salute, svolti nelle scuole o in

altre comunità educative,

normalmente fanno riferimento al noto

triangolo (o piramide) alimentare. Ne

esistono diverse versioni secondo le

diverse teorie scientifiche in merito.

Le aree maggiori del triangolo sono occupate dagli alimenti che possono essere consumati in quantità

maggiore. Al livello superiore troviamo quei cibi il cui consumo deve essere progressivamente limitato.

Olio

Grassi e dolci

Legumi, pesce, carne, latte, formaggi

Cereali

Acqua, ortaggi, frutta

Varietà

TRIANGOLO DELL’ALIMENTAZIONE

TRIANGOLO DEL MOVIMENTO

Flessibilità

Vita sedentaria

Andare in bici correre

Sport, palestra

Gioco libero

Combinando equilibrio, varietà e gusto, individuiamo

alla base del triangolo acqua, ortaggi e

frutta, essenziali per l’apporto di vitamine e minerali, ma anche di fibre, importanti non per la funzione nutriente ma per il

mantenimento della funzione digestiva.

Al secondo livello si trovano i cibi ricchi in carboidrati complessi (pasta, pane, riso, cereali) che in molti regimi alimentari rappresentano la maggiore fonte di energia.

Al terzo livello

troviamo poi gli alimenti

proteici (carne, pesce,

uova, legumi), il

latte e derivati.

Al quarto e al quinto vanno posti l’olio e i grassi: questi alimenti, in condizioni di attività normali vanno consumati in quantità limitate perché hanno una

densità energetica maggiore.

All’apice si trovano i dolci e le bevande ipoalcoliche (vino e birra).

Combinando flessibilità, forza, resistenza si può

costruire il triangolo motorio che affianca quello alimentare. Il gioco

libero dovrebbe avere il massimo sviluppo nell’età

evolutiva.

Non è così perché sport e palestra

diventano sempre più centrali come impiego

del tempo e carico emozionale

(competitivo). Molto meno praticati sono il movimento, l’uso della bicicletta e la corsa. La

vita sedentaria per molti ragazzi non

occupa purtroppo un posto residuale.

I due triangoli dell’alimentazione e del movimento costituiscono i riferimenti di base essenziali per rivedere

e migliorare i comportamenti alimentari familiari. L’educazione alla salute parte da questo primo lavoro

formativo essenziale, ma non si ferma qui.

Ho voluto costruire altri «triangoli del gusto» come sintesi iconiche dei possibili temi che, pur sempre all’interno dell’educazione alla salute, riguardano

altre dimensioni ugualmente essenziali.

Una concezione saggia della salute non separa il corpo dallo spirito (Beati i poveri in spirito…), il bisogno dal desiderio, ma li considera insieme. In questo modo l’alimentazione diventa non solo la palestra per una ricca e complessa pratica educativa ma

anche un’esperienza quotidiana che rinnova le persone e ricostruisce le famiglia.

1. Il triangolo della condivisione

Nell’unità complessa

della persona umana il cibo del corpo è anche cibo dell’anima. Non è

sufficiente avere un posto a tavola; per la

nostra felicità è importante avere

anche un posto presso l’altro.

Il desiderio comprende ma, al tempo stesso, supera la soddisfazione dei bisogni primari. Contiene sempre

una domanda di riconoscimento.

L’illusione di farsi da sé (la

«partenogenesi» di se stessi) è un mito del nostro tempo:

nega il debito verso l’altro, teme il vincolo, non

considera l’alterità della propria provenienza.

L’esclusione dell’altro a tavola non produce solo solitudine, uccide anche il

piacere.

La soddisfazione di tutti i bisogni e l’appagamento di ogni pulsione non sono sufficienti a nutrire davvero la vita umana.

II «mangiar bene» non è, quindi, un comportamento individuale , è un evento relazionale. Presuppone la

cura dei legami.

TRIANGOLO DELLA CONDIVISIONE

La tavola è palestra di libertà.

Il cibo condiviso è un atto etico.

Il pane è un fatto sociale

La famiglia nasce attorno al cibo

Il bello

2. Il triangolo della qualità

Dunque il nutrimento è anche affetto e socialità.

Come più volte al giorno è necessario

alimentarsi, allo stesso modo quotidianamente

coloro che si amano sentono il bisogno di

rinnovare il loro affetto e di comunicarselo.

In questo modo la tavola ricostruisce la famiglia. La bellezza di ogni pasto consiste nel ripresentare ogni volta la misteriosa realtà umana, la sua esistenza di «creatura», di chi cioè ha bisogno di essere continuamente rinnovato e

«ricreato».

La vita non è data una volta per tutte: la si riceve e la si offre ogni volta di nuovo.

Nella conversazione e nel servizio reciproco

alla tavola avviene anche uno scambio vitale di doni: «Tu

dai a me la persona che io sono, io do a te

la persona che tu sei».

Qual è l’esperienza fondamentale della tavola di qualità? Si potrebbe rispondere: la parola. La quale, a

sua volta, si soddisfa nel sentirsi ascoltata.

Attraverso la conversazione della tavola, fatta del continuo intreccio di ascolto e di parola, avviene un’esperienza umana fondamentale: il mutuo riconoscimento delle identità personali.

Il cibo di qualità è indisgiungibile dalla conversazione a tavola. Le regole e gesti attorno ai

pasti la promuovono e la difendono.

L’arte culinaria, dove confluisce il contributo di

tutti i sensi, infatti, è tale

solo se è «parlata», come avviene in ogni

esperienza autenticamente

umana.

TRIANGOLO DELLA QUALITÁ

L’arte culinaria

Regole e gesti attorno ai pasti

La conversazione a tavola

Il cibo di qualità

Affetto

3. Il triangolo della socialità

Il cibo in famiglia si rivela un’inesauribile sorgente di significati e di esperienze, così che la vita della famiglia è sempre rispecchiata nel

significato dei pasti quotidiani (l’incontro è occasione d’intensa comunicazione, il cibo diventa affetto, il tempo scorre calmo, le persone si accorgono le une delle altre),

all’opposto, il suo disagio si svolge attorno al cibo (predomina il mutismo, il cibo si consuma veloce, il linguaggio è scostante e aggressivo).

La temperanza della relazione («mi modero per rispetto tuo») si scontra fatalmente con l’intemperanza del

godimento individuale («penso a me e basta»).

L’attaccamento intemperante

alle pulsioni si rovescia

paradossalmente nel suo opposto: la perdita del

proprio controllo.

In famiglia i pasti rischiano di diventare non palestra educativa ma momenti, a volte anche pesanti e travagliati, in cui i genitori non sono più punti di

riferimento educativo e non sanno neppure più che cosa considerare giusto.

Essi si accorgono che i figli sono largamente accuditi da altri, parlano parole parlate da altri,

introiettano valori di altri.

La povertà della confidenza, infatti, viene immediatamente riempita dall’influenza dei pari, dalle mode del momento, dalla parlata televisiva. La tavola diventa altra cosa da come i genitori avevano a lungo sognato.

La televisione diventa divoratrice, il volume sonoro e arrogante delle comunicazioni quotidiane riempie il vuoto relazionale.

Nonostante questi pesanti

condizionamenti, la famiglia

resiste, almeno nelle attese e

nella speranza dei bambini

come degli adulti.

La tavola familiare, infatti, non può essere sostituita neppure dai piatti eccellenti che la

pratica individualistica propone con successo.

TRIANGOLO DELLA SOCIALITÁ

Il cibo di compagnia

Il cibo veloce

Il cibo libero

Il cibo di lusso

Sovrabbondanza

4. Il triangolo dell’amore

I bambini sono la vera novità dei pasti delle famiglie di oggi: la conversazione familiare si

concentra su di loro. La preoccupazione perché

abbiano il tempo e l’opportunità di esprimersi,

le piccole ritualità che li coinvolgono,

le domande su come è andata a scuola,

la scelta dei cibi affidata spesso a loro,

sono i tratti della nuova centralità dell’infanzia.

La famiglia puerocentrica è però pericolosamente ambivalente: la magia dei bambini trasforma la casa ma il loro capriccio ha il potere di annullare ogni principio

educativo.

Il bambino viziato e sovrano impone

i suoi gusti, prescrive come e

che cosa si mangia in famiglia, guasta i comportamenti alimentari di tutti

gli altri.

La tavola si trasforma in un campo di battaglia per esercitare il controllo, per dimostrare la propria

«indipendenza».

In realtà il bambino vuole

accaparrarsi l’esclusività dell’amore. I

bambini, infatti, non sopportano la privazione del segno d’amore.

La loro presenza, quando è accompagnata dall’educazione dei genitori, è prova evidente che la magia della tavola nasce

dall’amore; non quello narcisistico centrato su di sé, ma quello che si apre all’altro e nel rapporto corretto con il

cibo, con la creazione intera e l’umanità che la abita.

L’educazione, infatti, fa capire ai figli quanto

siano fortunati a poter fare delle scelte tra la

varietà dei cibi, a vantaggio della loro

salute e del loro benessere,

considerando che ancora oggi masse di

bambini non dispongono neppure

degli alimenti indispensabili per

superare i primi anni di vita.

Il nostro desiderio invece non è sottomesso all’urgenza della sopravvivenza biologica. Ma questa

garanzia non basta alla nostra felicità. Non è sufficiente mangiare.

Soddisfatti i bisogni essenziali del sostentamento del corpo, si pone subito la domanda

su che cosa fare della vita, che si

riceve a ogni pasto. Solo l’amore può

rispondere a questa domanda.

TRIANGOLO DELL’AMORE

Amare sè

Dare piacere

Aspettare l’altro

Preparare i pasti

Negoziare le regole

5. Il triangolo della ritualità

Il godimento, proprio perché non basta a se stesso, domanda un

senso che lo abbracci. Il piacere contiene

sempre un’indicazione di trascendenza. Nel

suo rapido scomparire reca implicita la

domanda su che cosa sopravviva a quel

fuggevole passaggio.

Le ritualità della tavola raccolgono quel lampo di luce e gli danno consistenza e continuità.

Nelle ritualità si rispecchia il

paradosso virtuoso della libertà che si radica nei legami.

Non esiste rito senza un ordine, non si può dare consistenza al

piacere senza il vincolo delle regole.

Il simbolo del cibo condiviso, che si traduce nelle ritualità, rende possibile ciò che le regole familiari spesso oggi non riescono a ottenere, a comporre

nell’armonia gli opposti:

la regolatezza con la spontaneità,

il gusto del cibo con la voracità del mangiare,

l’ordine con il disordine.

La quotidiana cura della qualità della vita familiare trova il suo primo luogo naturale attorno alla tavola dei pasti. La simbolica alimentare occupa un posto centrale nella

vita familiare: il cibo e le ritualità che accompagnano la preparazione e

consumazione dei pasti, sono la metafora viva delle relazioni affettive, tanto da

poter affermare che la rigenerazione della famiglia, nel suo momento di crisi o di passaggio, può prendere avvio da una

mutata condotta alimentare.

Le ritualità della tavola sono espressione d’amore, di un amore concreto rivolto alla singolarità irrepetibile

di ognuno. È questa la radice profonda del mansionario della tavola, il motivo che sottende

l’educazione alle buone maniere.

Essendo espressione d’amore, il piacere dello stare a tavola

comporta sempre un «sacrificio»: dono di sé, come avviene nel servizio vicendevole, nella conversazione

familiare, nell’attenzione alle

persone.

TRIANGOLO DELLA RITUALITÀ

Simboli

I cibi che rendono felici

Le buone maniere

Il mansionario della tavola

Il rito dei pasti che costruisce la famiglia

6. Il triangolo della consapevolezza

Nella società complessa è accresciuta la

consapevolezza che vivere insieme impone obblighi e genera rischi. Tuttavia tutti riconoscono di aver bisogno

della collettività. Senza il riconoscimento sociale, ognuno si sentirebbe un

estraneo. La vittoria dell’individualismo non è

riuscita, infatti, a eliminare la voglia di comunità.

La pausa caffè alla macchinetta, gli spuntini consumati insieme per spezzare il tempo della scuola o del lavoro,

sono tracce elementari di condivisione, piccoli tentativi di rilanciare micro forme di solidarietà.

Queste molteplici, brevi esperienze alimentari condivise sono importanti perché dimostrano la permanenza della domanda di unione e di amicizia attraverso il cibo. I pasti familiari sono però fortemente influenzati dall’individualismo oggi imperante.

Rimane evidente la domanda di socialità, ma quando si smarrisce il riferimento all’altro, la sovrabbondanza

alimentare e la bulimia generalizzata, più che piacere, generano eccesso, dismisura e anomia.

Si mangia «male» e ciò che fa male. Si attenta alla propria salute. I propositi

salutisti svaniscono al primo insuccesso.

TRIANGOLO DELLA CONSAPEVOLEZZA

La consapevolezza

Condividere

Governarsi

Amarsi

7. Il triangolo della responsabilità

La tavola è un’esperienza

di comunione perché trasforma la

soddisfazione individuale in un evento comunitario

e fa di un bisogno naturale un’esperienza

etica. Per questo la tavola familiare è palestra di

educazione alla libertà. Il cibo condiviso, infatti, è

sempre una sintesi originale del buono, del

bello e del vero.

Si vive questa esperienza particolarmente nel pasto festivo il quale, anche al tempo della secolarizzazione, conserva la sua attualità, dimostrando quanto la festa sia un potente rivelatore della socialità. Dell’eccedenza

della festa si arricchisce anche il pasto feriale.

La tavola, attività intermediaria tra natura e cultura, rivela e rinforza i rapporti tra esseri umani e universo. Studiare

l’alimentazione vuol dire cimentarsi in un esercizio di consapevolezza e superamento di alcune delle dicotomie

che caratterizzano spesso il pensiero e il linguaggio con cui si descrive la società: locale-globale, materiale-simbolico,

produzione-consumo, oggetto-soggetto.

TRIANGOLO DELLA RESPONSABILITÁ

L’assunzione di responsabilità

Il cibo equo e solidale

Il capitale naturale

Passato

Il cibo è anche affetto perché non è semplicemente materia ma è dono. Non è semplice oggetto da consumare, ma è esperienza di vita, ricevuta e donata. Il cibo è fatto non solo per essere consumato, bensì per essere condiviso.

La voracità vorrebbe che il cibo si limitasse a essere

esclusivamente «cosa» e così essere consumato per sé e

per il proprio esclusivo piacere,

ma manca il suo obiettivo.

Vero piacere è invece il cibo condiviso, «segno» dell’affetto e della socialità. In fondo il cibo ripresenta

la logica del piacere.

Quando la piacevolezza del gusto è vissuta nell’amicizia delle persone con cui si condivide il cibo e nel

ringraziamento a chi lo ha donato, il piacere raggiunge la sua perfezione. Allora il cibo non solo «riempie» ma

rende felici.

L’esperienza umana è esposta a

un’insufficienza radicale: ogni

giorno si ritorna ad avere

fame, ogni giorno si

avvicina la morte.

Il desiderio è denso di tracce di

trascendenza, si apre verso un altrove

senza il quale la vita gradualmente si

mortifica e si spegne. Per questo la tavola è anche il luogo della preghiera, tempo sacro e benedetto.

TRIANGOLO DELLA SPIRITUALITÀ

Prodotto della terra

La politica del quotidiano

Il valore del lavoro

La sostenibilità