L’origine del linguaggio - HUB Campus · I diversi suoni del linguaggio, la natura spinse gli...

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Lucrezio

L’origine del linguaggio (5, vv. 1028-1033; 1056-1090)

In questo brano Lucrezio illustra la nascita delle prime parole e del linguaggio, dovuta all’al-terazione dell’animo dei primitivi, sulla spinta della necessità e a seconda dei vari sentimenti provati. A tal fine, Lucrezio si serve largamente dell’analogia, qui in forma di sillogismo: poiché i primitivi erano molto simili agli animali, e gli animali emettono versi differenti a seconda della situazione (paura, felicità, rabbia ecc.), anche gli uomini hanno creato diverse espressioni, poi fissatesi in parole ben precise.

metro: esametri

Atvarioslinguaesonitusnaturasubegit mittereetutilitasexpressitnominarerum,1030 nonalialongerationeatqueipsavidetur protrahereadgestumpuerosinfantialinguae, cumfacitutdigitoquaesintpraesentiamonstrent. Sentitenimvimquisquesuamquodpossitabuti. […] Postremoquidinhacmirabiletantoperestre, sigenushumanum,cuivoxetlinguavigeret, provariosensuvariaresvocenotaret?

Idiversisuonidellinguaggio,lanaturaspinsegliuominiaemetterli;eilbisognofecenascereinomidellecose,comevediamoilbimbocostrettoaricorrereaigestiperlasuaincapacitàdiesprimersiconlalingua,cheglifaindicarecolditoglioggettipresenti.Ogniesserehailsensodell’usochepuòfaredellepropriefacoltà.[…]Èdavverotantostranocheilgenereumano,inpossessodellavoceedellalingua,abbiadesignatosecondolesuediverseimpressioniglioggetticonnomidiversi?

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Cumpecudesmutae,cumdeniquesaeclaferarum1060 dissimilissoleantvocesvariasqueciere, cummetusautdolorestetcumiamgaudiagliscunt. quippe<et>enimlicetidrebuscognoscereapertis. InritatacanumcumprimummagnaMolossum molliarictafremuntdurosnudantiadentes,1065 longealiosoniturabies<re>strictaminatur, etcumiamlatrantetvocibusomniacomplent; atcatulosblandecumlingualamberetemptant autubieoslactant,pedibusmorsuquepotentes suspensistenerosimitanturdentibushaustus,1070 longealiopactogannituvocisadulant, etcumdesertibaubanturinaedibus,autcum plorantisfugiuntsummissocorporeplagas. Deniquenonhinnitusitemdifferrevidetur, interequasubiequusflorentiaetateiuvencus1075 pinnigerisaevitcalcaribusictusAmoris etfremitumpatulissubnaribuseditadarma, etcumsicaliasconcussisartibushinnit? Postremogenusalituumvariaequevolucres, accipitresatqueossifragae1mergique2marinis1080 fluctibusinsalsovictumvitamquepetentes, longealiasalioiaciuntintemporevoces,

Legreggiprivedellaparolaelespecieselvaggemandanogridabendiverse,asecondache le penetri la paura, il dolore o la gioia, com’è facile convincersene con esempifamiliari. Quando la collera fa ringhiare sordamente i canimolossi e, sollevando legrandiemolliguance,nemetteanudoiduridenti,isuonidicuiciminaccialarabbiacheneaggrottailmuso,sonodeltuttodiversidailatratisonorichepoiriempionolospazio.Quandoconlinguacarezzantecomincianoaleccareicuccioli,olistuzzicanoazampateominacciandodimorderee,trattenendolezanne,fingonodelicatamentedi volerli divorare, i guaiti chemescolano alle carezze non assomigliano alle gridache lanciano lasciati soliaguardiadellacasa,oai lamenti che fannosentire, con lagroppabassaenascondendosiaicolpi.Noncisembradisentirenitritidiversi,quandoinmezzoacavallegiungeilfocosostallone,nelfioredell’etàspronatodall’amore–suocavalierealato–econlefrogedilatatefremeprontoallalotta,oquandoaltreemozioniscuotonolesuemembraelofannonitrire?Ilpopoloalato,idiversiuccelli,glisparvieri,leossìfraghe1,imergi2cheneifluttisalatidelmarevannoacercareciboevita,hanno,inaltrimomenti,gridadeltuttodiversedaquandolottanoperlasopravvivenzaeleloropredesidifendono.Altrifannovariarecongliaspettideltempogliaccentidella

1. Anchedetteaquilemarine.2. Volatili(anchedettismergi)similialleanatre.

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etquomdevictucertantpraedaquerepugnant. Etpartimmutantcumtempestatibusuna raucisonoscantus,cornicumutsaeclavetusta1085 corvorumquegregisubiaquamdicunturetimbris poscereetinterdumventosaurasquevocare. Ergosivariisensusanimaliacogunt, mutatamencumsint,variasemitterevoces, quantomortalismagisaequumsttumpotuisse1090 dissimilisaliaatquealiaresvocenotare!

lorovocerauca:talilecornacchielongeveeglistuolidicorvi,secondoche–sidice–reclaminoleacquedellapioggiaoannuncinoancoraiventielatempesta.Selavarietàdellesensazionipuòguidareglianimali,muticomesono,aemetteresuonidiversi,quantoèpiùnaturalechegliuominid’alloraabbianopotutodesignareidiversioggetticonsuonidifferenti.

(trad.diO.Cescatti)

Guida alla lettura

contEsto Due armi molto potenti: il fuoco e il lin-guaggio subito dopo la descrizione della vita degli uomini primitivi, Lucrezio illustra i primi progressi che fecero uscire l’umanità dallo stato ferino. Il primo fu la vita in comu-ne (5, vv. 1011-1027), che smussò la rozzezza attraverso la scoperta dell’amicizia, dell’amo-re (che portò alla monogamia), dell’affetto verso i bambini. secondo Lucrezio, in questa evoluzione ebbe un ruolo importante l’uso del fuoco («quando seppero servirsi delle capanne, delle pelli di animali e del fuoco», v. 1011, e «il fuoco ne rese i corpi freddolo-si e meno capaci di sopportare il gelo», vv. 1015-1016). Ma prima ancora di descrivere questa importante scoperta (cosa che farà ai vv. 1091-1104), l’autore si sofferma sull’origi-ne del linguaggio, cogliendo lo spunto dei vv. 1021-1022: «si raccomandarono i bambini e le donne, facendo intendere confusamente

con la voce e col gesto ch’era giusto che aves-sero pietà dei deboli» (trad. o. cescatti).La conferma della scienza moderna L’im-portanza che Lucrezio dà al fuoco e al lin-guaggio – due scoperte apparentemente così diverse – è sostanzialmente confermata dalla scienza moderna. Il fuoco era noto già ai primi ominidi, che lo trovavano in natura (magari perché un fulmine aveva incendiato un albero o delle sterpaglie), ma solo quan-do impararono a conservarlo aumentarono la propria forza; quanto al linguaggio, i primi ominidi emettevano grugniti ferini, ma solo quando la loro struttura anatomica si modifi-cò poterono emettere una gamma più com-plessa di suoni articolati. Ebbene, entram-be queste innovazioni (utilizzo consapevole del fuoco e possibilità di creare un linguag-gio) sono legate all’homo erectus, vissuto tra 1.800.000 e 200.000 anni fa: non a caso, que-sto fu il primo homo che si aggregò ai propri

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simili, aumentando così le proprie possibilità di sopravvivenza, tanto che uscì dall’Africa, dove era nata la specie umana, e conquistò l’Europa e l’Africa.

tEMI E MotIvI La nascita delle parole: «per natura» o «per convenzione»? Lucrezio, in quanto filo-sofo e poeta, è naturalmente più interessato al linguaggio che al fuoco, e infatti gli dedica questo ampio excursus, da noi riportato quasi per intero. L’origine e la natura del linguag-gio interessò i filosofi greci almeno fin dal v secolo a.c. Democrito, osservando che una stessa parola poteva indicare oggetti diversi o che al contrario più parole potevano deno-tare lo stesso oggetto, fu il primo ad affer-mare che le parole non erano nate insieme alle cose (perché la natura non avrebbe certo creato quei doppioni o quegli equivoci), ma erano state assegnate per convenzione, ov-vero secondo un accordo tra individui. Anche i sofisti, che davano grande rilievo all’antitesi tra «natura» (phỳsis) e «usanza» (nòmos), so-stennero l’arbitrarietà del linguaggio, frutto dello sviluppo umano (si ricordi che per Pro-tagora «l’uomo è misura di tutte le cose»). nettamente a favore del naturalismo del

linguaggio è invece Platone, secondo cui il nome di una cosa partecipa dell’idea assoluta di quella cosa, ovvero della verità metafisica. Platone dedicò un intero dialogo alla que-stione del linguaggio, il Cratilo, che prende il nome da un filosofo seguace di Eraclito e convinto convenzionalista, confutato da so-crate nel corso della discussione. La risposta degli stoici e degli epicurei In età ellenistica, sia gli stoici sia gli epicurei si de-dicarono al problema, schierandosi entrambi a favore della naturalità del linguaggio, ma con presupposti completamente diversi. Per gli stoici le parole sono legate direttamente al Lògos, la «ragione», la grande mente uni-versale, razionale e provvidenziale che gover-na il mondo, quindi non possono che esistere di per sé (e per questo sostenevano che tutti i vocaboli fossero utilizzabili, anche i più scon-venienti, in quanto naturali e quindi giusti). Per Epicuro invece, come risulta chiaramente da questo brano di Lucrezio, le parole erano l’espressione spontanea dell’animo primitivo colpito dai vari sentimenti (espressione che naturalmente cambiava da luogo a luogo: di qui l’origine di diverse lingue): erano insom-ma dovute a quella «necessità naturale» che tanta importanza ha nella filosofia epicurea.