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Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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LA RICOSTRUZIONE DI RAGUSA IBLA, LA PARTE PIÙ
ANTICA DEL COMUNE CAPOLUOGO, DOPO IL
TERREMOTO DEL 1693
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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INDICE
PREMESSA
LA RICOSTRUZIONE DI IBLA (dal 1693 al 1760)
IL NUOVO ABITATO OTTIENE L'AUTONOMIA AMMINISTRATIVA: 13 APRILE 1695
RIUNIONE DELLE DUE RAGUSE: 28 MARZO 1703
SI STABILISCE L’UNIONE DELLE DUE CHIESE: 25 MARZO 1705
GLI ANNI D’ORO DELLA RICOSTRUZIONE (1720 -1770)
LA RICOSTRUZIONE DI IBLA (dal 1771 al 1858)
LA RICOSTRUZIONE DI IBLA (dal 1861 al 1925)
RAGUSA SI DIVIDE ANCORA IN DUE COMUNI
1893 VIENE ATTIVATA LA FERROVIA
PALAZZO AREZZI DI SAN FILIPPO DELLE COLONNE
ALTRE COSTRUZIONI
NOTE
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
I ruderi del
castello
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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PREMESSA
Prima del terremoto del 1693 la Ragusa antica (che abbiamo chiamata la "Prima Ragusa" o
“Ragusa medievale”) si era espansa verso nord. La denominazione "Prima Ragusa" si è resa
necessaria per distinguere questa città dalla "Seconda Ragusa" o “Ragusa Barocca” cioè quella
che si sviluppò dopo il sisma (la parte verde a sinistra nella figura sotto), e dalla "Terza Ragusa"
o “Ragusa fascista” quando diventò provincia.
Anche se con ritmi diversi, la
ricostruzione cominciò
contemporaneamente nelle
due città subito dopo il
terremoto e proseguì per
quasi 200 anni. Per mettere
ordine a questa lunga fase di
ricostruzione ho preferito
elencare, in ordine temporale
e in due files diversi (uno per
Ibla ed uno per Ragusa) i
lavori e gli avvenimenti più
significativi per le due città.
TORNA
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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LA RICOSTRUZIONE DI IBLA (dal 1693 al 1760)
I primi mesi dopo il terremoto furono molto difficili, mancava tutto: alloggi, cibo, vestiario, beni
di prima necessità, difficoltà a recuperare i cadaveri (basti ricordare che dei 15.000 abitanti ne
morirono ben 5.050, cioè il 33,6% della popolazione). Era difficile parlare anche della
ricostruzione e quando ciò avveniva quasi sempre nascevano violente discussioni fra i circa 9.950
superstiti divisi in due partiti (Sangiovannari e Sangiorgiari).
I primi volevano che la ricostruzione avvenisse nella collina Patro; gli altri invece nel suolo natio.
Non poche famiglie, pur di non dover prendere una decisione in merito, si trasferirono in altre
parti della Sicilia. La ricostruzione fu possibile grazie alla forte pressione del “Clero”, che,
sfruttando l’ignoranza del popolo, presentò il terremoto come un “castigo di Dio”, come la
dannazione eterna e utilizzando lo spauracchio dell’inquisizione terrena incitava a costruire, fin
da subito, nuove, grandi e belle chiese per ottenere il perdono divino. Questo sottile e subdolo
terrorismo religioso spinse le diverse classi sociali a fare cospicue donazioni, in particolar modo
si distinsero le famiglie aristocratiche. I “Nobili”, fra l’altro, avevano l’abitudine di mandare i
figli cadetti (figli maschi non primogeniti) per preservare il patrimonio familiare
(la frammentazione ereditaria falcidiavano l’enorme patrimonio familiare), in cambio l’ordine
religioso riceveva una ricca dote (gioielli o denaro) in proprietà. Per questo motivo la ricchezza
di certi ordini religiosi crebbe in maniera sproporzionata al contesto economico e sociale del
tempo e ciò spiega il gran numero di chiese e monasteri costruiti dopo il sisma. L’aristocrazia
disponendo di diversi palazzi si adoperò in tutti i modi per edificare, seguendo i nuovi dettami
architettonici, anche le ville di campagna dove svernava o si trasferiva in estate.
Ibla quindi anche dopo il terremoto era sotto l’egida delle storiche classi dominanti: i nobili
e i preti.
Il popolino, privo di capitali com’era, non riusciva a sganciarsi da certi schemi prefissati ed
immutabili che si erano inculcati nella società. Per il popolo era più facile e rassicurante
sottostare alla classe dominante, si sentiva protetto e non sentiva il bisogno di mettere in atto
alcuna iniziativa commerciale privata.
Ritornando alla ricostruzione, i nobili fecero di tutto per impedire la fuga della popolazione
perché ciò avrebbe potuto causare la svalutazione dei loro palazzi e delle loro rendite. Per loro
era ancora molto importante dimostrare il loro prestigio e la loro potenza finanziaria.
(Foto storica risalente al 1890 che ritrae i
ruderi del castello di
Ibla dopo il terremoto
del 1693)
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Ma i problemi da risolvere erano tanti per cui i lavori procedettero con maggiore lentezza,
occorreva: livellare, spianare, definire dove far sorgere le piccole e grandi piazze, i raccordi, le
strade e soprattutto come aiutare i superstiti. Interi quartieri, quelli più devastati, non vennero
neanche ricostruiti, come: Penninelli, Spirito Santo e San Bartolomeo, dove furono riedificate
solo alcune chiese. La gente minuta, braccianti, ortolani, servi, legata economicamente ai baroni,
timorosa dell’avventura del Patro, insediò le loro minuscole case entro il circuito del castello
facendo di questa la parte di Ibla dove le particelle risultarono più frazionate. Esaminiamo allora
i vari momenti della ricostruzione, evidenziando per sommi capi gli aspetti più importanti.
(Ruderi del Castello su dipinto 1950 – 1955. Il Castello sarebbe stato abbattuto nel 1908
Nel febbraio del 1694 furono
ricostruite le case di Margherita
Lorefice nei pressi di Porta Modica e
la chiesa del Convento di S. Maria di
Gesù, che aveva subito gravi danni
durante il terremoto (vedi foto
sotto).
Il portale della chiesa
Nell’ottobre del 1694 fu
edificata provvisoriamente la
nuova chiesa di S. Giorgio,
costruita accanto alle rovine
della vecchia chiesa distrutta.
Sui pochi muri rimasti in piedi fu
infatti edificata una chiesa in
legno, che nel giro di pochi anni,
presentava 7 altari e ben 3.000
posti per i fedeli. Rappresentava
il segno della continuità. Tale chiesa fu utilizzata per il culto fino al 1739 TORNA
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IL NUOVO ABITATO OTTIENE L'AUTONOMIA AMMINISTRATIVA: 13 APRILE 1695.
Il 13 aprile del 1695 per evitare scandali, gelosie, controversie e dipendenza degli abitanti
dell’una e dell’altra città il Vicerè di Sicilia Giovan Francesco Paceco, duca di Uzeda (1687 –
1696) dispose che la città di Ragusa venisse divisa in due: la Ragusa Vecchia, poi Ragusa
Inferiore, poi Ragusa Ibla e la Ragusa Nuova, poi Ragusa Superiore ed infine Ragusa.
ANOMALA RIPARTIZIONE DEL TERRITORIO: DISSIDI FRA GLI STESSI SANGIOVANNARI.
Spettò al Governatore della Contea, Don Bernardo Arezzo Valseca il compito di dividere in due
la città, ma il criterio che usò, suggerito dal clero, fu alquanto discutibile: la città nuova e buona
parte di quella vecchia costituirono Ragusa Nuova, la parte rimanente della città vecchia costituì
Ragusa Vecchia.
Così Ragusa Nuova aveva 7.248 abitanti; mentre Ragusa Vecchia ne aveva solamente 1.400.
Tale ripartizione risultò molto strana, incomprensibile ed inaccettabile per i “sangiorgiari”
che considerarono i sangiovannari traditori e stranieri. I “sangiorgiari” non accettarono di
buon grado l’assegnazione alla città Nuova dell'area della vecchia parrocchia di San
Giovanni Battista, il tradizionale quartiere dei "cosentini" posto fuori le mura della città
medievale e collocato a cerniera fra i due nuclei.
Al contrario per i Sangiovannari la nuova ripartizione costituì una vittoria che fu salutata con
spari di mortaretti. San Giovanni, finalmente, fu proclamato patrono di Ragusa Nuova e per
sugellare l’avvenimento il Governatore della Contea di Modica Don Bernardo Arezzo Valseca fece
erigere un arco di trionfo in prossimità del Largo Camarina, vicino alla Porta Modica.
A parte i festeggiamenti, i dirigenti
della nuova città si resero subito conto
che lo sdoppiamento della città avrebbe
creato problemi di gestione e che i
Sangiorgiari avrebbero fatto di tutto
per revocare il decreto di divisione. Per
risolvere questo spinoso problema
cercarono in tutti i modi, con metodi
leciti e illeciti di convincere quei
Sangiovannari che volevano rimanere a
Ibla di ricostruire sulla collina del Patro.
Un modo per convincere questi ultimi fu
il comportamento utilizzato dalla
commissione edilizia, che cominciò a
negare il rilascio delle licenze sia per
l'edificazione di nuove abitazioni, che
per la ricostruzione degli edifici
esistenti. (nella foto accanto il “Mercato
degli Archi”). Come se non bastasse i
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dirigenti di Ragusa Nuova negarono agli stessi Sangiovannari di Ibla la possibilità di creare una
chiesa filiale di San Giovanni, secondo quanto prescritto dal vescovo, che voleva andare incontro
alle necessità dei parrocchiani impossibilitati nella pratica dei sacramenti. Ben presto tale
conflitto interno sfociò nella formazione di un terzo partito "il partito degli Archi" composta da
quei Sangiovannari che volevano restare nel vecchio abitato e che considerarono la chiesa del
Purgatorio il loro punto di riferimento.
Nel 1702 Filippo V (vedi foto sotto) aveva inviato Giovanni Tommaso Enriquez-Cabrera,
almirante di Castiglia e conte di Modica, come primo ambasciatore presso la corte francese. Ma
l’Almirante, recatosi in Portogallo presso i fautori del granduca d’Austria, si schierò
apertamente per il pretendente asburgico. Accusato di fellonia e alto tradimento, fu
condannato a morte in contumacia e gli furono confiscati tutti i beni, cosicché anche la contea di
Modica fu incorporata al
demanio regio e passò sotto il
controllo diretto del Vicerè,
nel caso specifico di:
Francesco Cardinal del Giudice
(1702-1705). La contea
rimase inclusa nel demanio
spagnolo dal 1703 al 1713.
Giovanni Tommaso, dal canto
suo, riuscì a scappare e si
rifugiò in Portogallo, dove morì
in battaglia tre anni dopo, nel
1705.
L’amministrazione della
giustizia nella Contea era
affidata ad un Procuratore
generale che risiedeva a
Palermo per curare gli affari
più importanti del conte (che a
sua volta risiedeva in Spagna).
Nel 1703 procuratore
generale era: Don Giovanni
Anderas. TORNA
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RIUNIONE DELLE DUE RAGUSE: 28 MARZO 1703
L’iniziale distinzione e
separazione di nome e
di fatto tra le due
città diede luogo,
purtroppo, sin dalla
fondazione della
Nuova Ragusa, a tali e
tante rivalità, rancori
e controversie fra i
due abitati da rendere
necessario, il 28
Marzo 1703,
l’intervento del
Viceré che dette
ordine al Governatore
Generale dello Stato
Comitale di Modica
Don Antonio Nigri di
riunire i due Comuni
e distruggere ogni
traccia di divisione.
Piazza degli Archi nel 1954
Tale ordine era la conseguenza di una petizione presentata dal Reggente in carica, il ragusano
don Giovanni Ioppolo, in data 10 dicembre 1702 che chiedeva la riunione dei due comuni, già
divisi nel 1695. Il 24 settembre dello stesso anno il re stesso Filippo IV fece arrivare da Madrid
un dispaccio con una precisa ripartizione delle cariche pubbliche del comune. Alla vecchia città
spettò il Capitano di Giustizia e due giurati, al quartiere degli Archi un giurato ed il sindaco, ai
quartieri del Carmine e del Patro un solo giurato ed un secreto. Le riunioni si sarebbero tenute in
un luogo a metà strada fra la Chiesa di S. Nicolò e la Piazza degli Archi (vedi foto sopra) . Il
decreto regio sancì anche la supremazia dell’oligarchia “sangiorgiara” ed il suo monopolio
pressoché esclusivo delle cariche pubbliche e del potere locale. Nonostante la disparità di
popolazione fra i due comuni, il governo della cosa pubblica era saldamente in mano ai
“sangiorgiari”.
Era evidente che questa volta il quartiere del Patro ne uscì molto svantaggiato.
Piazza degli Archi diventò il punto di contatto, nodo di comunicazione e di scambio tra il vecchio
ed il nuovo insediamento e per congiungere le due città venne costruita una scalinata di 370
gradini.
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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La riunificazione delle due città provocò l’aumento delle dispute anche sanguinose fra le due
fazioni e poiché la situazione stava diventando insostenibile, il Vicerè Cardinale Francesco Lo
Giudice (1702 – 1705) ordinò la demolizione dell’arco divisorio costruito nel 1695, nominò un
unico magistrato per governare la città, furono vietati i termini "Ragusa antica" e "Ragusa
nuova", in quanto esisteva un'unica Ragusa, pene severe per chi non rispettava queste regole.
Quartiere degli archi
Ogni traccia di divisione fra i due comuni doveva essere distrutta. San Giorgio ritornò ad essere
la chiesa madre e l’unico santo patrono.
Sempre nel 1703, Re Filippo V riconfermò con un dispaccio l’unione l’unione fra i due comuni e
sollecitò (invano) la risoluzione delle cause fra le due chiese rivali.
Nel 1703 fu riedificata in forma ridotta, con un’unica navata anziché tre rispetto alla vecchia,
la chiesa di San Giovanni. A dire il vero questa chiesa era stata risparmiata dal terremoto, ma fu
distrutta dagli stessi “sangiovannari”.
Sembra un assurdo ma fu proprio così, una delle tante dimostrazioni di odio e di rancore
reciproco fra le due tifoserie. I “sangiovannari” non volevano concedere ai “sangiorgiari”,
l’utilizzo della propria chiesa per le funzioni religiose e preferirono addirittura distruggerla con
un’esplosione. La detronizzazione di un patrono in favore di un altro e le ribellioni dei
devoti del santo rivale sarebbero continuate ancora per molto tempo. C’è da dire anche che
attorno a queste manifestazioni popolari girava una cospicua quantità di denaro poiché il clero,
per aumentare il lustro della chiesa, stabiliva dei contributi che alimentavano la gare fra
parrocchiani ad incassare più elemosine. TORNA
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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SI STABILISCE L’UNIONE DELLE DUE CHIESE: 25 MARZO 1705
Il vicario don Pietro La Grua, per far cessare l’odio fra le due fazioni, il 25 marzo del
1705 riuscì a convocare i cittadini moderati delle due correnti e, dopo animata discussione, li
convinse a mettere in atto reciproche rinunzie e concessioni per riunire le due chiese e far
sorgere "una sola grandiosa chiesa" dedicata a San Giorgio e San Giovanni da costruire dove per
secoli si trovava la chiesa di San Nicola, equidistante dalle due chiese distrutte. La nuova chiesa
doveva avere due cappelle identiche dedicate ai due Santi.
L’accordo di conciliazione fu trascritto con atto notarile presso lo studio del notaio Paolo
Francalanza.
Il tempo passava e la costruzione della nuova chiesa stentava ad iniziare.
Purtroppo il campanilismo fra le due fazioni non cessava mai e spesso riaffioravano rancori, liti,
disaccordi, come negli anni: 1710, 1816, 1820, 1837 e così via fino al 1865 quando la città fu
nuovamente divisa.
Stufi di queste lungaggini i Sangiovannari, dopo alcuni anni, trasgredirono il patto iniziale e
decisero di erigere la loro chiesa sulla collina del Patro. In attesa che la nuova chiesa venisse
completata trasferirono nella chiesa di Santa Maria delle Scale, una delle poche chiese rimasta
quasi intatta, tutto ciò che fu possibile recuperare dalle macerie della vecchia chiesa, compreso
le reliquie del Battista.
Provvisoriamente costruirono una chiesetta in
legno sulla collinetta sovrastante, a metà strada
fra la nuova chiesa e Santa Maria delle Scale.
Tutto ciò non fece altro che riaprire
nuovamente e con maggiore forza i rancori e
l’odio fra le due fazioni.
L’agnello, che il santo porta in
braccio, ha appeso al collo uno
scudo d’argento con incisa una
croce (vedi anno 1896 pag. 25 )
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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A distanza di 20 anni dal terremoto, nel censimento del 1713 la popolazione di Ragusa passò da
9.950 (numero dei superstiti del terremoto) a 8.863 abitanti facendo registrare un trend
negativo di 687 abitanti, probabilmente dovuto all’emigrazione di alcune famiglie in altre parti
della Sicilia.
Nel 1713, con il trattato di Utrecht, la Sicilia fu concessa al Duca Vittorio Emanuele II di
Savoia. I Savoia, pur di acquisire in fretta il loro primo titolo, cedettero agli spagnoli il possesso
della Contea di Modica e di tutti i beni personali che il re di Spagna possedeva in Sicilia. In
sostanza dal 1713 al 1720 la contea fu di Filippo V che la rese un’enclave spagnola autonoma
all’interno del Regno di Sicilia in mano ai Savoia. Si venne a creare così la strana situazione
dell’esistenza di un feudo del re di Spagna nel regno di Vittorio Amedeo. Filippo V poteva essere
considerato (e questo avvenne effettivamente) come un barone spagnolo soggetto al re sabaudo.
Nel 1714 con una bolla pontificia, Papa Clemente XI (1700-1721) concesse ai “sangiovannari” la
separazione dalla chiesa di San Giorgio. Ma gli effetti di tale separazione si ebbero dopo 15 anni,
cioè nel 1729 con la nomina di Don Francesco Guarino a parroco di S. Giovanni. TORNA
GLI ANNI D’ORO DELLA RICOSTRUZIONE (1720 -1770).
Il miracolo della ricostruzione di Ibla barocca si realizzò in gran parte nel cinquantennio
che va dal 1720 al 1770. Le opere eseguite dopo questo periodo non raggiunsero mai le
altissime vette dei capolavori degli anni d’oro, il Gagliardi era invecchiato, anche se con la
mente lucida, faceva fatica a parlare “loquela non tam expeditus”. Nel frattempo tutto il
territorio della Contea di Modica tornava nelle mani degli Enriquez Cabrera, siamo nel
1722.
Fra il 1720 ed il 1730 fu ristrutturata dal Gagliardi la chiesa del Purgatorio, che durante il
terremoto aveva subito pochi danni.
Nel 1724 iniziò la costruzione del Palazzo Battaglia-Giampiccolo, il primo ed il più fastoso
costruito dopo il terremoto (vedi foto sotto la facciata secondaria del palazzo). Ad iniziare la
costruzione fu il barone Grandonio Battaglia di Torrevecchia, che acquistò alcune case distrutte
e demolite. Il figlio del barone Giovanni Paolo Battaglia ampliò il palazzo con l’ala settentrionale,
ma morì anzitempo ed il palazzo passò alla sorella Vincenza che era sposata con il barone
Giampiccolo di Cammarana.
La famiglia Giampiccolo risultava presente a Ibla fin dal 1282 con Iohanni Pichulo, uno dei soldati
a cavallo forniti dalla città al re di Sicilia Pietro III d’Aragona, in carica dal 1282 al 1285.
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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Nel 1730 le due parrocchie stabilirono un nuovo concordato per definire in modo più equo i
confini fra le due parrocchie. I 10.094 abitanti furono così divisi in parti uguali, per cui i
quartieri di Raffo, Pirrera, Archi e Mocarda passarono alla parrocchia di San Giorgio. La chiesa
delle Anime del Purgatorio passò quindi ai “sangiorgiari”. Nonostante la riunificazione formale le
dispute, le liti, le ingiurie, le risse si protrassero fino all’arrivo dei Borboni e cioè fino al
1735.
GLI IBLEI FINALMETE DECIDONO DI COSTRUIRE LA LORO CHIESA.
Nel 1738, dopo 45 anni dal terremoto, gli iblei, spinti dall’antagonismo nei confronti dei
sangiovannari, decisero finalmente di dare l’incarico della costruzione della nuova chiesa
all’architetto Rosario Gagliardi a cui erano stati versati 8 onze come compenso per il disegno
della nuova chiesa. Venne decisa la ricostruzione della chiesa di San Giorgio spostandola in una
posizione più centrale, esattamente nel sito dove sorgeva l’antica chiesa di San Nicola eretta dai
bizantini ormai completamente rovinata.
Il 25 ottobre del 1739 si pose la prima pietra della nuova Chiesa di San Giorgio progettata
dall’architetto Rosario Gagliardi. La chiesa sarebbe stata completata dopo quasi 36 anni, cioè nel
1775. La cupola fu iniziata invece nel 1810 e terminata nel 1820. Costruendo la chiesa di San
Giorgio, il partito dei Sangiorgiari volle dimostrare la loro superiorità sociale e culturale, la
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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maggiore raffinatezza del gusto nei confronti dei più grossolani Sangiovannari.
La chiesa di S. Giorgio, in effetti, rappresenta uno dei più begli esempi di tutta la Sicilia e non
solo del Val di Noto. Per maggiori informazioni vedi: www.terraiblea.it e nel menu principale
selezionare: IBLA/CHIESE UNESCO/SAN GIORGIO
Fra il 1730 ed il 1740 l’area intorno a Piazza degli Archi e alla Chiesa delle Anime del
Purgatorio si arricchisce di raffinate costruzioni come la Chiesa dell’Itria, il Palazzo della
Cancelleria, ed il Palazzo Sortino-Trono. Con il ripristino delle botteghe, delle locande, dei
laboratori, dei mulini danneggiati, ma anche con l’apertura di nuove attività artigianali, l’area
attorno a Piazza degli Archi divenne il centro commerciale della Collina.
Su progetto di Rosario Gagliardi, architetto siracusano attivo a Noto, l’edificazione della chiesa
iniziò nel 1744 e terminò, ad eccezione della cupola, nel 1775.
Nel 1760 fu portato a termine il Palazzo Nicastro o della Cancelleria, i cui lavori erano iniziati
dopo il terremoto
del 1693. Il palazzo
è un monumento
riconosciuto
dall'Unesco e poggia
su di un altro
edificio il cui
impianto è ancora
visibile per la
presenza di una
stalla, che risale a
prima del periodo
barocco. L’edificio si
trova lungo la Salita
del Commendatore,
dopo il Palazzo
Cosentini, e la
Chiesa dell'Itria.
Nel 1761 dopo 48
anni dall’ultimo
censimento (1713) la
popolazione passa da
8.863 a 13.500 con
un aumento
percentuale del 34%
circa.
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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Nel 1767 nel quartiere degli Archi venne inaugurato il Palazzo Cosentini, iniziato nel 1762,
grazie all’interessamento del barone Raffaele Cosentini (morto giovanissimo a soli 39 anni nel
1782) e del figlio Giuseppe. Il palazzo era collegato con la Chiesa dell’Itria dove la famiglia
Cosentini aveva una cappella di famiglia con altare e sulla quale chiesa i Cosentini esercitavano lo
Jus patronato. TORNA
LA RICOSTRUZIONE DI IBLA (dal 1771 al 1800)
Nel 1772 gli abitanti delle due Raguse erano 12.213, un decremento di 1.287 persone rispetto al
1761.
Nel 1776 fu ricostruita la Chiesa di Santa Petronilla che era stata distrutta dal terremoto. La
chiesa, situata oltre le mura del Castello, in fondo alla Cava del Pozzo fu ricostruita nello stesso
sito. Più avanti nel tempo, sarebbe stata sconsacrata e venduta a dei privati.
Nel 1778 iniziarono i lavori di ampliamento e ristrutturazione del Palazzo Sortino-Trono, che
sarebbero finiti dopo 15 anni nel 1793. I primi proprietari furono i Distefano, baroni di Cutalia
che lo abitavano già nel ‘600. Dopo il terremoto il palazzo passò nelle mani del barone Sortino-
Trono e ancora dopo alla famiglia Trifiletti.
Nel 1780 fu completato il Palazzo la Rocca di proprietà del barone di Sant’Ippolito: Saverio La
Rocca. La costruzione si trova, alle spalle della chiesa di S. Giorgio, lungo quella che era la strada
principale dell'antico abitato di Ragusa detta la "Ciancata" perché l'unica strada pavimentata
con lastre di calcare chiamate "cianche”. Acquistato dalla provincia oggi è sede del Musac
(Museo di Storia dell’Architettura e della Costruzione).
Nel 1796 si completò la ricostruzione della Chiesa di San Giuseppe. I lavori erano iniziati nel
1759.
Nel 1798 il barone
Corrado Arezzo (diversi
furono gli Arezzo di nome
Corrado, vedi prospetto sotto)
decise di costruire la parte più
cospicua del Palazzo Arezzo di
Donnafugata di Corso XXV
aprile, (nella foto a destra),
conferendogli l’aspetto che
ancora oggi presenta. Il palazzo
era crollato durante il
terremoto, ma era stato subito
ricostruito dal prozio il Barone
Vincenzo Arezzo, senatore a
Caltagirone dal 1706 al 1707.
Dopo la morte del barone
Corrado Arezzo (1824-1895)
tale palazzo passò alla nipote
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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Maria Paternò Arezzo che sarebbe morta nel terremoto di Messina assieme al marito nel 1908
senza lasciare eredi. Erede della principessa ed esecutore delle disposizioni testamentarie fu il
nipote Corrado Arezzo Giampiccolo (1893 – 1974). Il palazzo infine passò alle due figlie:
Costanza (morta nel 2009) e Vincenza sposata con Salvatore Scucces.
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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Nel 1800 fu restaurata la Chiesa dell’Annunziata (vedi foto sotto) in stile neoclassico,
danneggiata dal terremoto. Era stata costruita nel 1550 con il nome di Chiesa di Santa Maria di
Porto Salvo (1) sulle rovine di una sinagoga costruita dagli ebrei abitanti a Ragusa (2) che a loro
volta, dopo la cacciata dei saraceni, l’avevano edificata al posto di una antica moschea (3),
quest’ultima eretta a sua volta al posto di un tempio pagano (4) (quante trasformazioni!).
Dopo il terremoto in questa chiesa fu istituito da cittadini caritatevoli il Monte di Pietà,
soppresso nel 1806 da Ferdinando IV. (Interno della chiesa)
Segue esterno della chiesa
Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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Autore: Giacomo Giampiccolo 02/11/2018
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Nel 1801, per contribuzione spontanea della popolazione, iniziarono i
lavori della Chiesa del Santissimo (o del Signore) Trovato. La
popolazione con quel gesto volle ricordare il ritrovamento della sacra
pisside (contenitore) con le ostie consacrate rubate il primo marzo
del 1801 nella chiesa di Sant’Antonino da un certo Cassarà
forestiero a Ragusa che catturato e incarcerato moriva di lì a poco
in prigione per la disperazione (così come diceva una canzone
popolare). La chiesa sorgeva a ridosso del “muro bizantino”. I lavori
terminarono nel 1807.
Il 20 maggio del 1815 venne ratificata la decisione del Congresso
di Vienna (1° novembre 1814 – 9 giugno 1815) di unificare in un solo
regno i due regni borbonici: Regno di Napoli e Regno di Sicilia.
L’unificazione avverrà l’8 dicembre del 1816 e fu portata avanti fino al 17 febbraio 1861 e
con la proclamazione del Regno d'Italia il 17 marzo dello stesso anno.
Il 10 ottobre del 1833 a causa di piogge ininterrotte le terre erano intrise d’acqua e i fiumi
ingrossati scaricavano verso il mare l’eccesso di acqua. L’Irminio straripò causando la morte dei
componenti della famiglia Garozzo, ricco agricoltore, che avevano una casa presso la Fiumara,
morirono ben 7 persone i cui corpi non furono mai trovati.
IL COLERA DEL 1837. Periodicamente il colera, terribile morbo che fino al secolo scorso
infestava il mondo mietendo
milioni di vittime, colpiva la
città di Ibla e ne decimava la
popolazione. Così avvenne nel
1552, nel 1576 (con 4.500
morti su 10.000 abitanti), nel
1626, nel 1729. La mancanza
di adeguati rimedi
terapeutici (vaccini), le
insufficienti misure di
profilassi, le cattive
condizioni igieniche
estremamente malsane, la
carenza di acquedotti, e
fognature erano le cause
principali della diffusione di
questo morbo. Il morbo
(chiamato anche “mortifero
vomito orientale”) aveva
avuto il suo focolaio nel 1829
in Russia e Polonia, nel 1831
era passato in Inghilterra,
nel 1835 in Francia, nel 1837
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in Italia ed il 7 giugno del 1837 colpì il Regno delle due Sicilie. Ad Ibla il 19 agosto morì un
giovane contadino che nei giorni precedenti aveva avuto contatti con persone di Siracusa dove il
morbo era arrivato al culmine. Dopo pochi giorni centinaia di persone morirono nelle due Raguse.
Fuggirono improvvisamente medici, preti, becchini, per cui molti cadaveri rimasero insepolti
nelle case e perfino nelle strade, favorendo la diffusione del morbo. Quei pochi eroici medici
che si prodigarono a curare, visitare e medicare gli ammorbati come i dottori: Cascone, Cabibbo,
e Rimmaudo furono sospettati dal popolo di spargere polverine venefiche per diffondere il
morbo.
Casi di eroismo ci furono anche fra i preti, da citare il canonico Battaglia (parroco di San
Giorgio), padre Zaccaria Gurrieri che, incuranti del contagio, somministrarono i Sacramenti e
recarono conforto alla popolazione sfiduciata. Nonostante gli aiuti portati da una colonna di
militari svizzeri l’11 settembre del 1837, nella sola giornata del 21 settembre ben 54 perone
morirono per l’infezione. I morti trasportati da una mula bianca, senza guida, venivano raccolti in
una fossa comune. Non esisteva ancora il cimitero comunale che sarebbe sorto nel 1884 per
merito del sindaco Cav. Paolo La Rocca Impellizzeri.
Nel 1850 fu realizzato ad Ibla il Palazzo Arezzo di Trifiletti di proprietà del barone Carmelo
Arezzo (1795 – 1864). Nello stesso anno il 12 ottobre 18 soci, nobili ragusani di Ibla che non
professavano alcuna attività lavorativa in quanto nobili, si tassarono per realizzare il “Circolo di
Conversazione” (vedi foto). Furono versati 390 onze (pari a circa 70.200 €) e ognuno contribuì
per quanto gli era possibile.
Nel 1857 il sacerdote Giuseppe Vitale, basandosi sulla lettura di un documento del 1642
rappresenta Ibla con la forma di un pesce. Nello schizzo sono rappresentate 43 chiese,
l’Archivio Comunale, il Tocco, il Castello.
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Nel 1858 fu realizzato ad Ibla il Giardino Ibleo per iniziativa di alcuni nobili locali (Cav.
Emanuele La Rocca Impellizzeri, Cav. Carmelo Arezzo di Treffiletti (o Trifiletti) ed il Marchese
Giuseppe Maggiore di S. Barbara) e di buona parte del popolo che vi lavorarono gratuitamente.
Confinavano con questo giardino la Chiesa di San Vincenzo Ferreri, la chiesa di S. Giorgio, la
Chiesa di S. Giacomo e la Chiesa di Sant’Agata annessa al Convento dei Cappuccini.
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TORNA
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LA RICOSTRUZIONE DI IBLA (dal 1861 al 1925)
Nel gennaio del 1861 nel primo Consiglio comunale di Ragusa, furono eletti esclusivamente
abitanti di Ragusa Superiore, gli abitanti di Ibla non ottennero alcun rappresentante. Ciò
avvenne per la notevole differenza di abitanti fra le due città (17.162 a Ragusa Superiore, 5.720
a Ragusa Inferiore), 22.882 abitanti in tutto. Ragusa si ponevai al secondo posto nella
graduatoria provinciale preceduta solo da Modica e seguita dalla stessa Siracusa.
I contrasti fra le due fazioni non si fecero attendere. I Sangiorgiari rappresentati dalle
famiglie aristocratiche più antiche e facoltose, da secoli detentori del potere economico e
politico, non volevano assolutamente essere spodestati dai Sangiovannari, rappresentati da una
nobiltà e da un ceto borghese di più recente formazione e da un vastissimo strato di contadini,
artigiani e commercianti. Ciò spinse i cittadini di Ibla a chiedere la divisione amministrativa che
fu ottenuta 4 anni dopo. TORNA
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RAGUSA SI DIVIDE ANCORA IN DUE COMUNI.
Si erano già divisi una prima volta il 17 aprile del 1695, si erano riuniti il 10 marzo del 1703 e
dopo le elezioni comunali presentarono una petizione per chiedere la divisione amministrativa,
che avrebbero ottenuta il 10 dicembre del
1865. Ragusa Superiore finisce in
prossimità di Santa Maria delle Scale, dopo
comincia Ragusa Inferiore. Questa
suddivisione, ordinata dal Prefetto, non
rispettava affatto la differenza di
popolazione fra i due comuni e causò una
serie di polemiche religiose che si
protrassero per ben 50 anni e che finirono
solo quando Ragusa diventò Provincia nel
1926.
Nel 1865 il barone Corrado Arezzo (1824 –
1895) decise di trasformare la tenuta di
Donnafugata.
Il 21 gennaio del 1866 venne sciolto il
Consiglio Comunale visto che la città si era
divisa in due. L’11 marzo avvennero le
elezioni e per Ragusa Inferiore venne
eletto come podestà Giuseppe Nicastro.
Sempre nello stesso anno crollò
definitivamente per incuria ed abbandono la
chiesa dello Spirito Santo che era stata
costruita tra il 1542 ed il 1597. Durante il
terremoto aveva subito pochi danni.
(Ritratto del Barone Corrado Arezzo De Spuches (1824-1895)
Il 15 agosto del 1867 il governo italiano varò un decreto per sopprimere tutti gli ordini
religiosi ritenuti superflui alla vita religiosa del paese. Per non perdere quadri di notevole valore,
dipinti da grandi artisti siciliani, preziosi oggetti e libri, il barone Corrado Arezzo assieme al
barone Paolo La Rocca Impellizzeri improvvisarono, nell’ex monastero di S. Giuseppe, una
Pinacoteca comunale dove trasferirono tutti i preziosi beni rendendoli così non sequestrabili dal
governo perché appartenenti al comune e non alle chiese.
Nel 1871 Ragusa Inferiore contava 6.820 abitanti
Il 12 maggio del 1881 venne presentata al Consiglio comunale una petizione di alcuni cittadini
che chiedevano di aprire una strada di comunicazione utilizzando i ruderi del Castello per avere
altri spazi edificabili. Dovettero passare 25 anni per vedere l’inizio dei lavori (settembre del
1906) e sarebbero finiti il 24 ottobre del 1908. Il 23 luglio dello stesso anno venne presentato
un progetto per realizzare una strada rotabile interna per collegare le due Raguse, ma l’opera
sarebbe cominciata nel 1922 e terminata nel 1931.
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Sotto 1882 Festa di San Giorgio a Ragusa Ibla.
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Nel 1884 nacque di fatto il cimitero di Ibla per l’interessamento del Sindaco Cav. Paolo La
Rocca Impellizzeri che espropriò il terreno al notaio Veninata, che si oppose energicamente.
Il primo morto che fu sepolto e che inaugurò il nuovo cimitero fu proprio il fabbro comunale, che
stava realizzando il cancello del futuro cimitero.
1893 VIENE ATTIVATA LA FERROVIA
Nel 1893 venne attivata a Ibla la linea ferroviaria Siracusa – Gela - Caltanissetta Xirbi. La
ferrovia metteva in comunicazione la parte ionica della Sicilia con quella che si affaccia sul
Canale di Sicilia. Con andamento est-ovest la linea ferroviaria collegava fra loro un buon numero
di grossi centri urbani (come Modica e Ragusa).
Il collegamento con Ragusa alta avvenne nel 1896. In quell’anno Ragusa contava 31.836 abitanti,
Ibla invece 6.830. Sempre nel 1896 a Ragusa Superiore venne concesso il diritto di avere come
proprio patrono San Giovanni, così si ebbero due città con due patroni.
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Nel 1896 S.
Giovanni venne
riconosciuto
Patrono di Ragusa
superiore e
necessariamente
la chiesa venne
riconosciuta
matrice. In quella
occasione i
cittadini di
Ragusa donarono
a San Giorgio la
lancia d’argento e
quelli di Ragusa
inferiore
donarono a San
Giovanni lo
stemma di San
Giorgio: la croce
in uno scudo
d’argento (visibile
sul collo
dell’agnello che la
statua di San
Giovanni porta in
braccio.
TORNA
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Nel 1901, per recuperare nuovi spazi edificabili, dato l’aumento della popolazione, venne
deliberata l’apertura di una strada che da Piazza Duomo, attraverso l’apertura di un passaggio
sotto il Palazzo Arezzi di San Filippo delle Colonne (prima del terremoto apparteneva alla
famiglia Tommasi e vi erano nati Giulio nel 1669 e Carlo nel 1675) doveva raggiungere la parte
più alta della collina, utilizzata come orto demaniale e che conservava ancora resti dell’antico
castello distrutto dal terremoto.
Gli allora proprietari dell’immobile, i
fratelli Arezzi Pollara, si opposero a
tale progetto, ma il ricorso fu
respinto dal re Vittorio Emanuele
III. Nel 1903 il Consiglio comunale
diede mandato all'Ing. Vaccarisi di
Catania di completare il progetto
tagliando la casa Arezzi Pollara dal
portone principale, per cui nel 1906
furono abbattuti il primo piano ed il
piano terra, collegando
precariamente con una struttura di
legno le due ali del palazzo. I lavori
terminarono nel 1908. TORNA
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ALTRE COSTRUZIONI.
Nel 1903 in Piazza della Repubblica, all’Archi, fu fondato il “Circolo Operai G.B. Marini” in un
locale a pianoterra, che successivamente sarebbe stato acquistato dai soci.
Nel 1908 vennero abbattuti i ruderi del Castello con una procedura non del tutto trasparente
(si sospettò il pagamento di una mazzetta e la complicità di alcuni funzionari).
Nel 1910 sulla spianata della collina di Ibla, dove prima c’erano i ruderi del Castello, fu
costruito il Villino Arezzo di Trifiletti, in stile liberty e neoclassico. Le quattro facciate
rispettano i quattro punti cardinali e quella principale si affaccia sul piazzale con due rampe di
scala simmetriche e opposte che al centro finiscono con un baldacchino con arco a tutto sesto
retto da 4 colonne con capitelli. Il villino, progettato dall'Ingegnere ragusano Giorgio Migliorisi,
fu il primo edificio antisismico di Ragusa, e sicuramente l'edificio nobiliare più recente di Ibla.
Dopo il terremoto tutta l'area era rimasta in parte abbandonata tranne che il limitato uso di una
palazzina adibita a carcere. Per la famiglia Arezzo la scelta di questi luoghi fu dettata dal fatto
che non esisteva a
quel tempo ad
Ibla uno spazio
libero per una
nuova residenza
con giardino e
quindi
l'amministrazione
comunale pensò di
riconquistare la
collina, che
presentava gli
unici spazi aperti
rimasti liberi, per
l'edificazione.
Durante i lavori di
costruzione della
villa si narra che
furono ritrovate
sia le segrete del
castello con le camere di tortura, che le grandi cisterne le quali approvvigionavano il conte e la
guarnigione durante il soggiorno. Nel 1914, , l’Italia dichiara la propria neutralità, per poi
partecipare al conflitto a fianco della Triplica Alleanza (Germania, Austria-Ungheria-
Italia) il 24 maggio del 1915. TORNA
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NOTE
SECRETO= Al "secreto" era affidato un determinato territorio ("secrezia") e deteneva il
registro nel quale erano depositati gli atti pubblici di propria competenza. Le sue funzioni erano
relative a mansioni di carattere fiscale e giuridico. TORNA
VALSECA= Bernardo Arezzo Valseca, primo barone di Serri, di S. Filippo e di Gaddimeli (o
Caddimeli, o Cadimeli, o Candimele) visse prima e dopo il devastante terremoto. Prima del sisma
fu Procuratore del conte Giovanni Tommaso Enriquez Cabrera, (conte di Modica dal 1691 al
1702) che aveva accumulato con la famiglia Valseca un debito di 1164 onze (circa 150-200 mila
euro attuali). Nell’agosto 1693 fu nominato Governatore e Maestro Razionale della Contea
(costui svolgeva diversi importanti compiti, quali: esercitare il controllo di legittimità sui
provvedimenti regi e viceregi che comportavano un onere di spesa, nonché il controllo
sull'attività contabile svolta dagli ufficiali) ed ebbe l’incarico di accordare e delimitare il
territorio di “Ragusa Nuova”.
Un suo antenato il dottore in legge Andrea Valseca di Modica nel 1596 aveva acquistato la
contrada di Gaddimeli, una delle tre contrade che assieme a Mazzarelli e Castellana costituivano
Marina di Ragusa. All’epoca, cioè nel 1596, la Contea di Modica era governata da Ludovico II
Enriquez de Cabrera, detto Luigi II Enriquez Cabrera che aveva ereditato dalla madre Anna
Cabrera la contea. TORNA
QUELLA VECCHIA= Il Governatore incluse nel nuovo comune tutto il territorio delimitato dalla
vecchia parrocchia di San Giovanni in Piazza degli Archi. Per ricordare l'avvenimento il
Governatore fece innalzare un arco di trionfo sul più stretto limite dei due comuni o sull'unica
via che li univa (vicino largo Camerina) vicino alla Porta dei Mulini. TORNA
PETIZIONE= Promotore e firmatario di questa petizione, insieme con gli altri officiali, nobili,
baroni ed il clero dell’antico quartiere, fu Don Giovanni Martinez, giurato nobile della corte
giuratoria di Ragusa, il quale, precedentemente eletto, per acclamazione di tutto il popolo
superstite, presidente della commissione per la scelta del sito ove fabbricare la nuova città,
aveva, prima <<. . . caldeggiato la scelta di un luogo centrale per meglio provvedersi ai bisogni e ai
vantaggi dell’agricoltura, unica sorgente di ricchezza per il paese>> ed aveva deciso infine,
dinanzi alla più accetta proposta del concittadino barone Leggio, di edificare la nuova città
sull’antistante altura di Santa Maria delle Scale. TORNA
CHIESA DI SAN NICOLA= Il canonico Giorgio Occhipinti (poeta e storico 1872 - 1959)
scrisse a proposito: "....per cui si dovette ricorrere ad innalzare una chiesa provvisoria in
legname addossata alla parte meno danneggiata del pericolante edifizio (cioè la vecchia chiesa di
San Nicola), molto vasta per essere capace di contenere ben 3.000 persone e con 7 altari...."
continuando "....il 28 giugno 1738, i resti di Bernardo Cabrera, la lapide delle sua tomba e quanto
di pregevole è recuperato nella chiesa gotica, sono trasportati, con una solenne processione e
con l'intervento dei giurati, del Capitano e del Procuratore Generale della Contea nella nuova
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Capanna di San Giorgio allestita nella Chiesa di San Nicola in attesa della costruzione del Duomo.
TORNA.
PALAZZO DELLA CANCELLERIA= I lavori in effetti finirono nel 1760, ma si chiamava Palazzo
Nicastro. Nel 1840 diventerà Palazzo della Cancelleria quando sarà acquistato dal Comune.
TORNA.
RELIQUIE DEL BATTISTA= il braccio reliquiario d’argento, utilizzato oltretutto nei secoli
successivi per garantire la protezione durante gli interventi chirurgici, che viene esposto ancora
oggi in Cattedrale durante le ricorrenze del Santo e il piatto argenteo contenente la testa del
Battista, nella cui bocca è incastonato un dente del Santo. TORNA
COLERA= Il colera è causato da un batterio (vibrio cholerae o vibrione) che se respirato
s’introduce nell’organismo moltiplicandosi nell’apparato digerente. I sintomi classici iniziano da
due ore a cinque giorni dopo l'esposizione e si presentano con: diarrea profusa, crampi muscolari,
vomito, occhi infossati, pelle fredda e bluastra, diminuita elasticità della cute e rughe delle mani
e dei piedi. La diarrea può essere così grave che può portare in poche ore ad una grave
disidratazione e quindi alla morte. TORNA
UCEDA= Duca di Uceda (O Uzeda) è un titolo nobiliare creato dal re di Spagna Filippo III il 16
maggio 1610 in favore di Cristobal de Sandoval-Rojas y de la Cerda (1577-1624), 1º duca di Cea
dal 1604, 2º duca di Lerma. Cristóbal Gómez de Sandoval-Rojas y de la Cerda era un político
spagnolo, figlio di Francisco Gómez de Sandoval y Rojas, meglio noto come 1º duca di Lerma, a cui
succedette come favorito (valido) del re di Spagna Filippo III, e di Catalina de la Cerda, prima
cameriera della regina Margherita d'Austria. TORNA
ENCLAVE= In geografia politica, un'enclave è una regione interamente compresa all'interno di
uno Stato, che però appartiene ed è governata da un altro Paese. Viceversa, la parte di
territorio di uno stato sovrano che giace all'esterno dei confini della nazione si chiama exclave.
TORNA
TORNA ALL’INDICE
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BIBLIOGRAFIA
Giovanni Distefano “Ragusa, atlante storico” Casa Editrice Supernova. Edizione 2017
Mimì Arezzo “Una Ragusa da amare” Vol. 3° Mim’ Arezzo Editore. Ristampa del 2013
Amalia Cornale “Ragusa un piccolo viaggio nel tempo” Edizione Cora Banche. Stampa 2013
SITOGRAFIA
https://www.facebook.com/archiviodistato.ragusa/photos/d41d8cd9/1849251865329792/
http://www.terraiblea.it/il-terremoto-del-1693.html
http://www.ibla.it/pages/55-san-giorgio