Il melanconico lamento di Ippocrate

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n. 9 – settembre

la Biblioteca di via SenatMilanomensile, anno vii

BIBLIOTECHE

Di libro in libdi volumein volumedi massimo gatta 

BIBLIOFILIA

I preziosiincunabolidi casa Maggidi giancarlo petrell

ALTERNATIVE

DI SCRITTURA

La pelle comepagina e raffinlibro d’artedi vitaldo conte

FEUILLETON

L.E.X.Le bibliotechprofondedi errico passaro

LIBRI DI MEDI

 Il melanconic

lamentodi Ippocratedi guido del giudic

ISSN

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4   la Biblioteca di via Senato Milano – settembre 201

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tempi diversi, a esercitare il proprio influsso, campo medico-scientifico essa si è ridotta a pucuriosità storica. Soffocata dall’impetuoso svilupo tecnologico, quella fonte inesauribile di creat

 vità, di consapevolezza delle capacità umane,stata ritenuta non più in grado di offrire alcun vlido contributo. Mentre il riferimento ai paddell’ars medica (Ippocrate, Avicenna, Galeno) s

L

a lezione del Rinascimento è sempre viva eoperante nella nostra cultura, in quantoesso non rappresenta soltanto un periodo

storico, ma esprime una condizione dell’animo,che torna ad illuminarsi ogni qualvolta l’agireumano viene sopraffatto da periodi di torpore eoscurantismo. Se nell’arte e nella filosofia, la tra-dizione rinascimentale ha continuato, in modi e

Libri di medicina

IL MELANCONICOLAMENTO DI IPPOCRATE

Un viaggio nell’arte medica del Rinascimento

GUIDO DEL GIUDICE

 A sinistra: Ippocrate, in un’incisione di Pieter Paul Rubens (1638). Sotto da sinistra: Ippocrate e Galeno, affresco della cripta

della Cattedrale di Anagni (prima metà del XIII sec.); Ippocrate, nella rappresentazione di un artista bizantino del XIV seco

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conservato come pura testimonianza di ossequio,la memoria della medicina rinascimentale è statapressoché rimossa, come se tutto ciò che appartie-ne all’era pre-galileiana sia qualcosa di cui vergo-gnarsi. Questa voglia di liberarsi della cattiva co-scienza di pratiche antiche, come magia, astrolo-gia e alchimia, ha comportato un allontanamentoda quella filosofia della natura, che consentiva almedico di rendersi conto che tutto è legato a tuttoe che la scienza, da sola, non può dare risposta adogni quesito, senza una visione monistica dell’uo-mo e dell’universo.

 A differenza degli antichi, che possedevanoun grande talento nel comprendere le verità gene-

rali, i medici moderni hanno progressivamente ristretto il campo della loro attenzione su fatti particolari. Questo cambio di prospettiva ha comportato un mutamento d’immagine: continuamentimpegnati a inseguire le conquiste del progresstecnico-scientifico, essi hanno scelto di sacrificarquel connubio tra medicina e filosofia che avevsempre caratterizzato la loro formazione umanistica.

La celebre sentenza di Ippocrate secondo cuil medico che si fa filosofo è simile a un dio(«ιατρóς φιλóσοφος ισ óθεος»), ripresa poi dGaleno («Nullus medicus nisi philosophus»), di

 venne nel Rinascimento un vero e proprio dogma

Frontespizio dell’Opus chirurgicum di Paracelso (volume impresso nel 1565, a Francoforte sul Meno)

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«Se non sono astronomi manca loro già un’ala; senon sono neanche filosofi, manca loro anche l’al-tra», sentenziò Philipp Theophrast Bombast vonHohenheim detto Paracelso, uno dei principalidepositari di quell’orgoglio intellettuale, nonchédi quella sensibilità, a tratti mistica, nei confrontidella natura, che furono caratteristiche peculiaridello spirito rinascimentale. La consapevolezzadella sintonia tra uomo e natura, tra microcosmo emacrocosmo, tra “interno” ed “esterno”, che in luiammirò Giordano Bruno, al punto da definirlo«medico fino al miracolo», gli faceva considerarela filosofia madre della medicina, giacché permet-te di conoscere la natura: «E che altro è questa na-tura se non la filosofia, che altro è la filosofia senon la natura invisibile? Solo chi è filosofo è degnodi cimentarsi nell’arte medica».

La mentalità sperimentale viene continua-

mente chiamata in causa come discrimine tra vec-chio e nuovo, tra medioevo e modernità: pure essanon era del tutto assente nella medicina rinasci-mentale. Il ricorso all’esperimento è continua-mente richiamato da Cardano e Paracelso ed è ad-dirittura il fondamento dell’ ”Accademia dei Se-greti“ di GiovanBattista Della Porta, il cui statutodichiara il preciso obiettivo di testare ricette e ri-trovati, per stabilirne la reale efficacia. Il puntonon era, quindi, l’atteggiamento nei confrontidella sperimentazione, bensì il suo oggetto e imezzi utilizzati per realizzarla. Se oggi può sem-brare ridicolo cercare di guarire il mal di testa consalassi e scongiuri, non meno ridicole apparirannomolte delle nostre attuali convinzioni tra cinquesecoli. È vero, abbiamo allungato di molto la no-stra vita media, ma contemporaneamente abbia-

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 A destra dall’alto: celebre ritratto di Paracelso (incisione

del 1606); Paracelso, Astronomia magna (Frankfurt: Martin 

Lechler fur Hieronymous Feyerabend, 1571)

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mo depauperato il pianeta; abbiamo sconfittomolte malattie ma, al tempo stesso, determinato,con l’inquinamento, il diffondersi di altre, i cui ef-fetti rischiano di incidere drammaticamente sullegenerazioni future. Astraendoci dalla ruota deltempo, in cui la sopravvivenza del singolo è inin-fluente, chi è da considerarsi più folle?

Guardiamo, dunque, con indulgenza a questiprecursori della scienza moderna, in cui pure coa-bitarono disinvoltamente scienza e magia. Essinon avevano coscienza delle infinite applicazionipratiche del metodo sperimentale per cui, ogniqualvolta la realtà che andava svelandosi davanti ailoro occhi diveniva troppo complessa per unaspiegazione razionale, cercavano conforto nellafavolosa tradizione magica medievale. La praticamagica si presentava come l’unica via percorribiledal sapiente per sfruttare le enormi potenzialitàdella natura, intesa come forza operante nel crea-to. Paracelso considerava la magia «praeceptor et paedagogus», una maestra che aiuta a scoprire isegreti della natura: «chi non comprende la natura

la chiama stregoneria, ma è una vera arte, che richiede solo fede». Girolamo Cardano, pur accogliendo credenze e superstizioni di ogni tipo, concepì idee profondamente innovatrici, precorrendo i tempi con sorprendenti intuizioni, confermate a distanza di secoli dalla scienza ufficiale. I dieclibri del Contradicentium medicorum, in cui mise confronto le opinioni dei più grandi medici in relazione alle singole malattie, rappresentano unmirabile esempio di studio diagnostico differenziale. Descrisse analiticamente le varie forme dmalattie mentali, fu uno dei primi a curare la febbre tifoide e la sifilide, e a intuire l’incidenza dellallergie. I suoi studi di fisiognomica, anteriori quelli di Della Porta, contengono osservazioni giudizi che saranno ripresi da Cesare Lombrosopadre dell’antropologia criminale. Chi rimprovera, o addirittura deride gli stravaganti rimedi o i rituali che infarciscono le prescrizioni di Cardano Paracelso, vada a leggersi le cure somministrate aloro pazienti dai luminari dell’epoca: c’è da mera

 vigliarsi che qualcuno riuscisse a sopravvivere

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Da sinistra: Girolamo Cardano all’età di 49 anni; frontespizio dell’opera di Girolamo Cardano Contradicentium medicorum

liber (Venezia, Geronimo Scotto, 1545); Giovan Battista Della Porta all’età di 64 anni (vignetta del XVII secolo)

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Pur facendo tesoro delle esperienze del passato, ilmerito principale di questi uomini fu quello di tor-nare ad affidarsi alle proprie osservazioni, piutto-sto che all’autorità degli antichi, valorizzandoquei vincoli tra medico e malato, che furono subito

bollati dall’Inquisizione come magia demonica, dadebellare a colpi di malleus maleficarum.

È questo il senso del clamoroso gesto di Para-

celso che, a Basilea, nel 1527, bruciò simbolica-mente, su una delle pire accese nel giorno di S.Giovanni, la Summa del sapere medico. Un attaccofrontale agli arroganti colleghi, schiavi di un’obbe-dienza passiva alle teorie galeno-aristoteliche, chericonducevano tutte le malattie e le relative cureentro rigidi schemi predefiniti. Nel  Labyrinthus medicorum errantium, dopo filosofia, astronomia ealchimia, egli designa, come quarto fondamentodella medicina, la virtù, intesa come quel senti-mento di compassione, che antepone il reale be-nessere del malato al guadagno e ai privilegi di ca-sta. Da questo punto di vista, la medicina rinasci-mentale ha ancora qualcosa da insegnare a quellamoderna, in cui la burocratizzazione della funzio-ne del medico sta portando a considerare il pazien-te come un fattore da gestirein termini di controllonon della salute, ma della spesa. Ora che la marciatrionfale dello sperimentalismo segna il passo, siavverte la necessità di riportare l’attenzione sullapersona nella sua totalità, su quell’equilibrioosmotico tra organismo umano e ambiente circo-stante, che è stato nel corso dei secoli progressiva-mente sacrificato ad una fede assoluta nel progres-so tecnologico. I problemi etici sollevati dalla ge-netica, i dubbi gnoseologici, generati dalle osser-

 vazioni della fisica quantistica, evidenziano la ne-cessità di una collegamento tra conoscenza scienti-fica e indagine filosofica. Spetta al medico il nonfacile compito di coniugare queste due fondamen-tali capacità dello spirito umano, armonizzando leantiche conoscenze con le nuove, interpretando le

novità alla luce dei principi conosciuti, perché no v’è scienza nuova che non diventi vecchia, e non n’è una vecchia che una volta non sia stata nuov

 Volgi dunque lo sguardo, senza imbarazzo, o mderno Asclepio, ai tuoi antenati del Rinasciment

Riappropriati di questo pezzo della tua storia, pma di proseguire il cammino: «Sono amputate rdici che germogliano, son cose antiche che rivegono, sono verità occulte che si scoprono: è unuovo lume che dopo lunga notte spunta all’orizonte ed emisfero della nostra cognizione, e a poa poco s’avvicina al meridiano della nostra intelgenza» (Giordano Bruno).

Figura zodiacale dal Fasiculo de medicina in volgare di

 Johannes de Ketham (1494)