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APRILE - MAGGIO 2014 - formato elettronico
Questo numero è diffuso solo in formato elettronico
Sommario:
ASSEMBLEA DEL 23 MAGGIO 2014 – ORDINE DEL GIORNO DEI DIPENDENTI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE DELLA PROVINCIA DI BERGAMO Pag. 2 ASSISTENZA EDUCATIVA DEL COMUNE DI BERGAMO – LETTERA AI CANDIDATI SINDACI DEL COMUNE DI BERGAMO Pag. 4 OSPEDALE GIOVANNI XXIII° - COMUNICATO DI FP-CGIL E NURDIND SUI RAPPORTI TRA OO.SS. Pag. 7 ENTI LOCALI – LA RIDUZIONE DELLA SPESA DI PERSONALE Pag. 11 __________________________________________________________________________
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ASSEMBLEADEL23MAGGIO2014‐ORDINEDELGIORNODEIDIPENDENTIDELLEAMMINISTRAZIONIPUBBLICHEDELLA
PROVINCIADIBERGAMO
Il 23 maggio si è tenuta un’affollata assemblea organizzata da FP-CGIL, CISL-FP, UIL-PA
con la partecipazione di oltre 500 dipendenti delle amministrazioni pubbliche
bergamasche, al termine della quale è stato votato pressocché all’unanimità l’ordine del
giorno di seguito riportato. Lo stesso ordine del giorno, peraltro, è stato poi inviato alle
federazioni nazionali e regionali delle citate OO.SS.
L’assemblea dei dipendenti appartenenti ai diversi comparti pubblici, riuniti presso
l’auditorium della Casa del Giovane di Bergamo il 23 maggio 2014, ritiene che il metodo
usato dal Governo per lanciare l’ennesima riforma della pubblica amministrazione con
una consultazione online dai confini poco trasparenti, che evita il confronto con le parti
sociali ed al contempo “offre generosamente“ un mese alla “discussione” non si sa di chi,
non possa essere condivisa e non passa rappresentare quella volontà di voler fare sul serio
declamata dal presidente del Consiglio.
L’assemblea, inoltre, dopo cinque anni di blocco dei contratti nazionali di lavoro e quattro
del trattamento economico accessorio, ritiene che sia necessario fare in modo di giungere
nei tempi più rapidi possibili al rinnovo dei CCNL nel pubblico impiego, passaggio,
peraltro, necessario anche per rendere sostanziale la stessa contrattazione decentrata
integrativa, soggetta alle condizioni definite nel contratto nazionale di lavoro.
Tale necessità appare tanto più urgente ove si tenga conto del paventato blocco della
contrattazione e del trattamento economico dei dipendenti fino al 2017 e che il rinnovo dei
contratti collettivi nazionali di lavoro nel pubblico impiego non figura tra i 44 punti di cui
si compone la nuova riforma della pubblica amministrazione sostenuta dall’attuale
governo.
Si invitano, quindi, gli organismi dirigenti nazionali FP-CGIL, CISL-FP, UIL-PA a mettere
in campo tutte le iniziative più opportune affinché:
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1) si pervenga in tempi brevi all’individuazione dei comparti di contrattazione nel
pubblico impiego;
2) si proceda a definire piattaforme unitarie articolate a livello economico e normativo per
il rinnovo dei CCNL di comparto relativi al periodo 2015 -2017, da sottoporre alla
valutazione dei lavoratori, superando la fase dell’individuazione di linee guida
indifferenziate per tutto il pubblico impiego;
3) si avviino in tempi ragionevoli le trattative per il rinnovo contrattuale invitando i
comitati di settore a definire le loro linee guida per i rinnovi contrattuali da inviare in
tempi ragionevoli all‘ARAN.
L’assemblea dei dipendenti ritiene, pertanto, assolutamente necessario che entro la
scadenza del 31. 12. 2014, data cui è stato prolungato il blocco del rinnovo dei contratti
nazionali di categoria, vengano intraprese dai citati organismi dirigenti tutte le iniziative
necessarie per la definizione delle piattaforme per il rinnovo dei CCNL di comparto nel
pubblico impiego e l’avvio delle relative trattative.
L’assemblea, infine, ritiene che non possa passare sotto silenzio l’ennesima
discriminazione nei confronti del pubblico dipendente considerato che non concorre alla
determinazione del reddito a cui applicare la riduzione del cuneo fiscale ( i famosi 80 euro
mensili) il reddito soggetto ad imposta agevolata del 10% e relativo agli incrementi della
produttività, nel limite di 3000 euro annui, , mentre quello soggetto ad un’aliquota più
elevata sì .
Infatti non essendo applicata l’imposta agevolata del 10% al pubblico dipendente,
quest’ultimo risulta doppiamente penalizzato, da un lato per la mancata applicazione di
tale imposta e dall’altro perché non può fruire dell’esenzione dei redditi soggetti a
tassazione agevolata ai fini della riduzione del cuneo fiscale, come indicato nella circolare
9/E del 14 maggio 2014 dell’Agenzia delle Entrate.
Si chiede, pertanto, agli organismi dirigenti nazionali di FP-CGIL, CISL-FP, UIL-PA di
sollevare la questione in modo che almeno per la riduzione del cuneo fiscale vi sia parità
di trattamento tra dipendenti pubblici e dipendenti privati.
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5/7/2012 Parere ARAN RAL_1232 Una lavoratrice che fruisce dei permessi di cui all’art.39 del
D.Lgs.n.151/2001, può prestare lavoro straordinario o essere inserita
in turni di reperibilità?
Attualmente, non risultano disposizioni legislative o contrattuali che ostino a richiedere
prestazioni di lavoro straordinario o a porre in reperibilità la lavoratrice che usufruisce dei riposi
giornalieri della madre, ai sensi dell’ art.39 del D.Lgs.n.151/2001.
Su un diverso piano si pone, invece, la valutazione del datore di lavoro pubblico circa la sussistenza
di una effettiva ed inderogabile necessità di richiedere prestazioni di lavoro straordinario o la
collocazione in reperibilità proprio alla lavoratrice che, per l’esigenza di assistenza al bambino,
attualmente si avvale dei sopradetti riposi e, quindi, indirettamente di un orario di lavoro effettivo
ridotto, soprattutto nell’eventualità, ad esempio, in cui le due ore di riposo siano fruite dalla
lavoratrice interessata alla fine dell’orario di lavoro.
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ASSISTENZAEDUCATIVADELCOMUNEDIBERGAMO
LetteraaicandidatisindacidelcomunediBergamo
Abbiamo ricevuto da parte di un gruppo di assistenti educatrici del servizio di assistenza
scolastica del Comune di Bergamo l’allegata lettera con preghiera di inoltro ai sei
candidati sindaci che si presenteranno al voto dei cittadini bergamaschi il prossimo 25
maggio.
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Riteniamo importanti i temi sollevati nella lettera in quanto nelle scuole del comune di
Bergamo, come nel resto della nostra Provincia, operano parecchie ragazze e ragazzi in un
ruolo fondamentale per l’integrazione degli alunni diversamente abili o con disturbi
dell’apprendimento all’interno del percorso scolastico.
Assistenti educatrici/tori che spesso vivono una situazione di scarso riconoscimento della
propria professionalità, con retribuzioni troppo lontane rispetto a tutti coloro che lavorano
all’interno della Scuola e in condizioni precarie che la sola contrattazione tra
Organizzazioni Sindacali e Datoriali non è in grado di risolvere totalmente.
Riteniamo che i comuni bergamaschi, committenti di questi servizi, possano fare molto per
fornire qualche risposta alle domande poste.
Ci auguriamo che questa tematica venga assunta dalla futura Giunta tra le priorità nel
campo del welfare territoriale.
Bergamo, 21 maggio 2014 Per la FP-CGIL di Bergamo
F.to Roberto Rossi
Gentili candidati,
siamo un gruppo di lavoratrici/ori operanti su vari servizi scolastici della città e siamo a sottoporvi
un problema di carattere lavorativo e sociale che in altre parti d’Italia ha già trovato molteplici
soluzioni, ma che a Bergamo persiste.
Nel campo del sociale e delle cooperative sociali esiste una figura educativa/assistenziale che
opera sui già citati servizi scolastici di tutta la nostra città: “l’assistente educatore”.
Tale profilo, poco definito nelle menti di chi non opera nel settore dell’istruzione e del sociale si
può qualificare come una figura professionale che si interfaccia con i docenti di classe e la cui
attività è complementare a quella dell’insegnate di sostegno; che opera attraverso modalità di
intervento differenziate in base all’alunno seguito; che individua strategie per garantire il
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benessere dell’alunno nel gruppo classe e nel contesto scuola e che pertanto contribuisce a
delineare e a perseguire gli obbiettivi didattico/educativi previsti dal P.E.I. (piano educativo
individualizzato).
Come si evince da quanto detto sopra esso, nei servizi scolastici, è sempre più un ruolo di punta.
Qualsiasi logica di welfare territoriale non può dunque prescindere da un’attenta analisi delle
problematiche che circondano questa figura.
Purtroppo infatti ci troviamo di fronte ad un profilo per il quale l’attuale normativa contrattuale
non fornisce strumenti specifici per quanto riguarda la gestione del rapporto di lavoro e non
garantisce nessuna sicurezza retributiva.
Nella fattispecie un assistente educatore anche inquadrato a tempo indeterminato si vede coperti
da stipendio solo 9 mesi a fronte dei 12 annuali (corrispondenti all’anno scolastico), e non
percepisce alcuna retribuzione per tutte quelle casistiche che prevedano una sospensione del
servizio quali ad esempio l’assenza per malattia dell’utente o le chiusure scolastiche straordinarie.
Come già detto, in altre realtà del nostro paese, in un’ottica migliorativa, è stato già previsto un
sistema di copertura e tutela per queste figure da parte della committenza, cioè il Comune stesso,
la quale serve a coprire almeno parzialmente tutte queste spettanze non previste e la cui assenza
nella nostra città indebolisce nel confronto non solo le figure stesse, ma anche la qualità del
servizio e quindi del nostro comune.
Chiediamo perciò che anche nel nostro comune di Bergamo vengano previste simili forme di
salvaguardia a tutela di lavoratori che nonostante tutti i problemi esposti garantiscono comunque
un servizio sociale importante per la comunità.
Augurandoci da parte vostra un rinnovato interesse per quanto esposto porgiamo
Cordiali saluti.
Un gruppo di assistenti educatrici
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6/12/2011 Parere Aran RAL874
La malattia sopraggiunta durante il periodo di rinvio della astensione obbligatoria, impone la
fruizione della stessa astensione da parte della lavoratrice?
Riteniamo che la soluzione debba essere individuata tenendo conto della specifica disciplina
dettata per la flessibilità del congedo di maternità dall’art.20 del D.Lgs.n.151/2001. Infatti, tale
articolo nel consentire alla lavoratrice, sussistendone i presupposti in esso indicati, di astenersi dal
lavoro anche solo a partire dal mese precedente la data presunta del parto, in nessun modo
stabilisce che, ove la stessa sia avvalsa di tale facoltà, in presenza di una malattia sopraggiunta nel
periodo antecedente (di flessibilità, cioè l’ottavo mese), deve necessariamente utilizzare
l’astensione obbligatoria o che, automaticamente, comunque si determina l’anticipo della
decorrenza dell’astensione obbligatoria.
Solo la lavoratrice, sulla base di un’autonoma valutazione della propria situazione, in tale
particolare fattispecie della malattia sopraggiunta, deciderà se interrompere o meno il periodo di
flessibilità dell’astensione obbligatoria che ha richiesto e di cui sta fruendo.
Ove ciò non avvenga, al termine del periodo di malattia (per la disciplina della quale valgono le
regole generali dell’art.21 del CCNL del 6.7.1995, e successive modificazioni ed integrazioni), la
lavoratrice potrà riprendere regolarmente servizio, fino all’effettivo inizio del periodo di
astensione obbligatoria.
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OpedaleGiovanniXXIII°–comunicatodiFP‐CGILeNursindsuirapportitraOO.SS.
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Bergamo, 16 aprile 2014
Le scriventi organizzazioni sindacali , che insieme rappresentano il 70 % delle preferenze
espresse dai lavoratori nelle ultime RSU, hanno abbandonato il tavolo della trattativa del 10
aprile perché non sussistevano le condizioni per proseguire, o meglio, per iniziare una qualunque
discussione sulle problematiche all’ordine del giorno, visto l’atteggiamento che una parte, peraltro
minoritaria, dei soggetti sindacali ha mantenuto in tale sede. Un atteggiamento volto a sterili
polemiche interne alle organizzazioni sindacali ed estraneo alle questioni all’ordine del giorno.
Apprendiamo ora della “ lamentela” di alcune sigle sindacali che, rovesciando la realtà, chiedono
di affrontare la discussione di una serie di problematiche poste all’ordine del giorno.
Confermiamo la nostra DISPONIBILITA’ alla ripresa immediata del tavolo delle trattative per la
discussione dei punti indicati e contemporaneamente ci rallegriamo che, per la prima volta in due
anni, le medesime organizzazione sentano la necessità di affrontare problemi che riguardano i
lavoratori.
Ci auguriamo che tale “volontà” permanga anche in sede di delegazione trattante ( duri cioè un po’
più a lungo della stesura di un volantino).
Rammentiamo, però, che finora al tavolo della trattativa le grandi questioni poste da tali
organizzazioni riguardavano, nella migliore delle ipotesi, solo loro stesse ( intese come
organizzazioni) oppure loro stessi (intesi come sindacalisti).
Fino ad oggi abbiamo evitato polemiche pubbliche tra organizzazioni sindacali, considerando che
la situazione per i lavoratori è tutt’altro che facile e di tutto si sente il bisogno tranne che di inutili e
sterili polemiche.
Se si vuole provare ad affrontare insieme i problemi che ci sono noi non ci sottraiamo di certo. Se
però i tavoli delle trattative sono un palcoscenico per scaricare frustrazioni personali, insulti
gratuiti, garantendo così all’Amministrazione di poter agire indisturbata e di non agire laddove sia
richiesto, allora è meglio trovare altre soluzioni.
Restiamo FERMAMENTE CONVINTI CHE I PROBLEMI TRA ORGANIZZAZIONI
SINDACALI SI AFFRONTANO PRIMA E DOPO LE DELEGAZIONI TRATTATANTI.
DURANTE LE DELEGAZIONI SI AFFRONTANO I PROBLEMI DEI LAVORATORI (
POSSIBILMENTE DI TUTTI I LAVORATORI) e la Direzione deve rimanere la controparte e
doverosamente estranea alle questioni interne alla parte sindacale quali la richiesta di dimissioni del
coordinatore della RSU, l’espressione di pareri in merito alla composizione dell’esecutivo della
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RSU o addirittura essere sollecitata ad intraprendere azioni unilaterali su materie che dovrebbero
essere contrattate.
Se così sarà… benvenuti!
FP CGIL NURSIND
Giacomo Pessina Donato Carrara
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I permessi retribuiti per accertamenti prenatali previsti dall’art. 14 del D. Lgs.
n.151/2001 spettano alle lavoratrici anche se il CCNL non li ha richiamati
espressamente ?
Crediamo che non possa esservi alcun dubbio sul diritto della lavoratrice ai permessi retribuiti
previsti dall’art. 14 del D. Lgs. 151/2001; come pure è evidente che le relative ore di assenza dal
lavoro non devono essere recuperate.
Quanto al fatto che tali permessi non troverebbero riscontro nei vigenti CCNL, premesso che
trattandosi di disciplina applicabile a tutti i lavoratori, pubblici e privati, non v’è alcun bisogno di
una specifica clausola contrattuale, essendo sufficiente la generale previsione dell’art.2, comma 2,
del D. Lgs. n.165/2001, si sottolinea, comunque, che l’art. 19, comma 9 del CCNL del 6.7.1995
stabilisce, con rinvio mobile, il diritto del dipendente a tutti i permessi retribuiti previsti da
specifiche disposizioni di legge.
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6/12/2011 Parere ARAN RAL896
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E’ possibile avere qualche chiarimento sulla disciplina applicabile alle dimissioni
presentate dalla lavoratrice durante il periodo in cui è previsto il divieto di
licenziamento ai sensi dell’art. 54 del D. Lgs. 151/2001?
L’art. 55, comma 1, del D. Lgs. 151/2001 stabilisce che “in caso di dimissioni volontarie presentate
durante il periodo per cui è previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la
lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di
licenziamento.”
Il periodo interessato da tale previsione, ai sensi del richiamato art. 54 del D. Lgs. 151/2001 è
quello che va dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal
lavoro previsti dal Capo III dello stesse decreto, nonché fino al compimento di un anno di età del
bambino.
Il comma 4 del citato art. 55 prevede, inoltre, che “la richiesta di dimissioni presentata dalla
lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo
anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento,
deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro”.
Sulla base di tali disposizioni è possibile concludere:
∙ che le dimissioni presentate dalla lavoratrice nel primo anno di vita del bambino devono sempre
essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro a pena di nullità (l’effetto
risolutivo del rapporto si verifica solo in presenza della convalida);
∙ che in caso di dimissioni convalidate la lavoratrice ha diritto all’indennità sostituiva del preavviso
calcolata come se si trattasse di un licenziamento (e, naturalmente, al T.F.R. secondo la disciplina
dell’art. 5 del CCNQ del 29.7.1999 ‐ sono queste le “indennità” previste dalla legge e dal CCNL ).
Per ciò che attiene al preavviso, occorre rilevare che, espressamente, l’art. 55 del D. Lgs. n.
151/2001 esclude che nel caso di dimissioni presentate durante il periodo per cui è previsto il
divieto di licenziamento, ai sensi dell’art. 54 dello stesso Decreto Legislativo la lavoratrice o il
lavoratore siano tenuti a darlo.
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EntiLocali–Lariduzionedellaspesadipersonale
Per poter procedere a nuove assunzioni o anche solo per poter effettuare mobilità in
entrata gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno (vale a dire tutti quelli con
popolazione superiore 1000 abitanti), in applicazione dell’art. 1, comma 557, della legge
296/2006 sono tenuti anche a ridurre la spesa di personale, quale vincolo che si aggiunge a
quelli del rispetto del patto di stabilità interno e del rapporto non superiore al 50% tra
spese del personale e spese correnti.
Nella versione attuale il citato comma 557 dispone che:
“Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica,
gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di
personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dellʹIRAP, con esclusione
degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica
retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nellʹambito della propria autonomia e
rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:
a) riduzione dellʹincidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle
spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il
lavoro flessibile;
b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico‐amministrative, anche
attraverso accorpamenti di uffici con lʹobiettivo di ridurre lʹincidenza percentuale delle posizioni
dirigenziali in organico;
c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche
conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali.”
Il legislatore, dunque, pur lasciando una certa autonomia di scelta agli enti locali soggetti
al patto di stabilità, indica, tuttavia, quali sono gli ambiti di intervento prioritari che in
linea di principio l’ente locale dovrebbe seguire per ridurre la spesa del personale.
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Tali ambiti prioritari di intervento sono: la parziale reintegrazione del personale cessato e
la riduzione del ricorso al lavoro flessibile, la riorganizzazione con riduzione delle
posizioni dirigenziali, il contenimento della crescita dei costi dei contratti integrativi.
Ambiti di intervento già soggetti a pesanti limitazioni legislative e quindi di non facile
ulteriore contenimento. Infatti dal 2007 in poi, tali ambiti si sono rivelati assai più aleatori
che reali proprio a causa dei ripetuti interventi di contenimento della spesa imposti dal
legislatore sia sul costo dei rinnovi contrattuali, sulla possibilità di reintegrazione del
personale cessato, che sul ricorso al lavoro flessibile, l’unico vero ambito di
intervento,peraltro non certo di semplice attuazione appare quello della possibile
riorganizzazione della struttura interna.
Tuttavia il comma 557 dell’art. 1, della legge 296/2007 (finanziaria del 2007) prima ancora
di delineare possibili ambiti di intervento correttivo, pone una serie di questioni
interpretative tra le quali due risultano di particolare importanza.
La prima questione riguarda la composizione della spesa di personale da prendere in
esame, la seconda questione riguarda il riferimento temporale da cui partire per effettuare
la riduzione.
Quanto alla prima questione, il Ministero dell’Economia e delle Finanze era gia
intervenuto con la circolare numero 9 del 2006, concernente “disposizioni in materia di
spese per il personale per le Amministrazioni Regionali, gli Enti Locali e gli Enti del
Servizio Sanitario Nazionale. Art. 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n.
266 (legge finanziaria 2006)”, ad individuare le voci da includere o escludere dal computo
della spesa del personale. Tale circolare è stata poi ripresa dalle Sezioni Riunite della Corte
dei Conti ai fini dell’applicazione all’analoga spesa prevista dal citato art. 1, comma 557,
della legge 296/2006.
La citata circolare include nel computo della spesa del personale degli enti soggetti al
patto di stabilità ai fini della sua riduzione le seguenti voci:
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• le retribuzioni lorde ‐ trattamento fisso ed accessorio ‐ corrisposte al personale
dipendente con contratto a tempo indeterminato e determinato;
• le altre spese espressamente richiamate dal comma 198 per compensi corrisposti al
personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o che presta
servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile (ivi compresa la
somministrazione di lavoro temporaneo) o con convenzioni. Sono inoltre inclusi gli
eventuali emolumenti a carico delle Amministrazioni corrisposti ai lavoratori
socialmente utili;
• gli oneri riflessi a carico del datore di lavoro per contributi obbligatori;
• l’IRAP;
• gli assegni per il nucleo familiare, buoni pasto e spese per equo indennizzo;
le somme rimborsate ad altre Amministrazioni per il personale in posizione di
comando;
• le spese sostenute dallʹEnte per il personale in convenzione (ai sensi degli articoli. 13
e 14 del CCNL 22 gennaio 2004) per la quota parte di costo effettivamente sostenuto;
• le spese sostenute per il personale previsto dallʹart. 90 del D.L.vo. n. 267/2000.
• i compensi per gli incarichi conferiti ai sensi dellʹart. 110, commi 1 e 2 del D.L.vo. n.
267/2000.
Dal calcolo della spesa di personale oggetto di riduzione risultano, invece, escluse le
seguenti voci:
le spese per il personale appartenente alle categorie protette;
• le spese sostenute dallʹEnte per il proprio personale comandato presso altre
Amministrazioni e per le quali è previsto il rimborso;
• le spese di personale totalmente a carico di finanziamenti comunitari o privati, che
non comportano quindi alcun aggravio per il bilancio dellʹente;
le spese per lavoro straordinario ed altri oneri di personale direttamente connessi
allʹattività elettorale, per cui è previsto il rimborso da parte del Ministero degli Interni.
le spese per personale in convenzione rimborsate dagli enti convenzionati.
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L’elenco, tuttavia, è da ritenersi non esaustivo. In particolare, per espressa previsione
contenuta nell’art. 1, comma 557, della legge 269/2006, sono esclusi dal computo della
spesa del personale gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali. Sul punto le Sezioni Riunite
della Corte dei Conti, con parere n. 27 del 12 maggio 2011, hanno sostenuto che: ”.. le
risorse destinate alla contrattazione integrativa, per le quali è previsto un tetto massimo
fissato dalla contrattazione nazionale espresso in quote di monte salari, vanno considerate
alla stregua di queste ultime, fermi restando gli specifici vincoli posti dalla legge o in base alla
legge dai contratti nazionali ai contratti integrativi e decentrati, atteso che tale ambito della
contrattazione integrativa è definito da quella nazionale. Le risorse aggiuntive che invece
sono conseguenti a scelte di politica del personale effettuate dagli enti non possono essere
escluse dal raffronto; ciò anche in considerazione che la novella al comma 557 prevede
espressamente tra le azioni prioritarie da attuare al fine di ridurre la spesa complessiva
per il personale, quella di ridurre le spese per la contrattazione integrativa.”.
Quindi possono essere esclusi dal computo della spesa del personale gli oneri, ricadenti
anche sulla contrattazione integrativa, purché stabiliti dai contratti nazionali di lavoro e
non da scelte di politica del personale sostenute discrezionalmente dall’amministrazione.
Occorre, inoltre, rilevare che in materia di oneri relativi alla contrattazione integrativa la
Sezione Autonomie della Corte dei Conti, con deliberazione n 16 del 9 novembre 2009 ha
escluso dal computo della spesa del personale di cui al comma 557 dell’art. 1 della legge
296/2006 le spese relative agli incentivi per la progettazione interna, in quanto spese
d’investimento, sostenendo di non trattarsi di una distinzione “puramente formale, ma
sostanziale, con conseguenze di grande rilievo: le spese per investimento, infatti, possono essere
finanziate anche con ricorso all’indebitamento, mentre per le spese correnti a ciò osta un divieto
sancito addirittura a livello costituzionale”, quelle relative ai diritti di rogito, “che sono pagati
da terzi interessati”, quelle relative al recupero dell’evasione ICI tenuto conto che “si tratta
di compensi correlati anche ad un incremento dell’entrate dell’ente, con conseguente miglioramento
del saldo complessivo tra entrate e spese della gestione finanziaria dell’ente stesso.”
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Visto il tenore delle argomentazione sono da ritenersi pure esclusi dal computo gli
incentivi che specifiche disposizioni di legge prevedono e che si “autoalimentano”
come i progetti per l’incentivazione della definizione delle domande di condono edilizio,
o quelle voci che risultano a carico di altri enti quali i compensi ISTAT.
Peccato che la Corte dei Conti non abbia applicato lo stesso criterio interpretativo quando
si è trattato di fornire un’ interpretazione per l’applicazione dell’art. 9, comma 2bis, del
D.L. 78/2010 il relazione al blocco del trattamento economico disposto dalla citata norma,
in particolare in riferimento al recupero dell’evasione ICI.
La citata circolare n. 9 del 2006 del M.E.F. esclude, inoltre, le spese per la formazione del
personale e le missioni (indennità e rimborsi – quando ancora si pagavano), “in quanto già
comprese … nellʹambito delle altre spese correnti.”
In merito alla seconda questione, vale a dire il riferimento temporale da cui partire per
procedere a ridurre la spessa del personale contenuta nel comma 557 dell’art. 1 della legge
296/2006 la Sezione Autonomie della Corte dei Conti, al fine di uniformare i contrastanti
giudizi delle diverse Sezioni regionali, ha assunto con le deliberazioni 2 e 3 del 2010 una
posizione precisa: il riferimento temporale per la riduzione della spesa di personale è
quello dell’anno precedente.
“In particolare – afferma la Corte dei Conti nella citata delib. n. 3 del 2010 ‐ il legislatore,
all’articolo 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) ha inteso
normativamente confermare l’obiettivo della riduzione della spesa per il personale, stabilendo che, ai
fini del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, “..gli enti sottoposti al patto di stabilità interno
assicurano la riduzione delle spese di personale, garantendo il contenimento della dinamica
retributiva e occupazionale, anche attraverso la razionalizzazione delle strutture burocratico
amministrative…., al fine di perseguire un corretto comportamento organizzativo – gestionale
dell’Ente.
Alla luce di quanto sopra, il parametro di riferimento non può non essere rappresentato dalla
omologa voce di spesa dell’anno immediatamente precedente, in quanto, dall’interpretazione
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sistematica delle leggi finanziarie succedutesi a partire dal 2007, emerge la volontà del
legislatore di incentivare un meccanismo volto a realizzare una riduzione strutturale
della spesa per il personale in termini progressivi e costanti”.
Inoltre con la deliberazione n. 2/2010 la Sezione Autonomie precisa il contenuto di tale
riduzione, che deve essere effettuata in termini costanti e progressivi, di anno in anno.
“Quindi – afferma la Corte dei Conti nella citata deliberazione n. 2/2010 ‐ per operare detta
riduzione, non essendo al riguardo esplicitato nella legge un parametro fisso di riferimento, il
Comune non potrà che fare riferimento alla spesa per il personale dell’anno precedente, in
modo tale da garantirne una diminuzione in termini costanti e progressivi, di anno in
anno, coerentemente con il vigente quadro normativo che impone la programmazione dei fabbisogni
e l’ottimizzazione delle risorse disponibili.”
Vista la posizione assunta dalla Sezione autonomie come non condividere, il commento,
“leggermente” disarmante di Gianluca Bertagna, con riferimento alla riduzione della spesa
del personale in riferimento all’anno precedente, come non sottolineare gli effetti
moltiplicatori dirompenti per gli enti locali della riduzione della spesa del personale
dell’anno precedente unita ai limiti imposti in materia di assunzioni di personale.
“Per chi, in questi anni, ha dovuto cimentarsi – scrive Bertagna ‐ con le decine (quasi centinaia
ormai!) di calcoli sulle spese di personale, una cosa è risultata evidente: che il risultato dellʹanno
precedente diventi lʹobiettivo dellʹanno in corso presenta alcuni aspetti al limite
dell’assurdità.
Di fatto, rispetto allʹunico fine di continuare a garantire i servizi ai cittadini attraverso lʹattività
lavorativa del personale dipendente, gli operatori sanno che sì devono contenere la spesa
rispetto allʹanno precedente, ma non “di troppo” perché in questo caso essere virtuosi
significa essere paralizzati e penalizzati negli anni successivi. Detta in altre parole: è giusto
ridurre la spesa, ma solo di un po’.
E se questo è il pensiero dominante (e lo è nella pratica quotidiana), non ci si pone più lʹobiettivo
prioritario di razionalizzare una spesa, quanto piuttosto quello di tenerla alta il più possibile
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ancorché nel limite previsto, a prescindere da ogni vera e concreta azione di
programmazione su questo importante aggregato.”
Dunque, pur in assenza di un puntuale riferimento normativo, secondo la Corte dei Conti
negli enti locali soggetti al patto di stabilità l’obiettivo da conseguire è la riduzione della
spesa del personale con riferimento a quella dell’anno precedente.
In caso di mancato rispetto della riduzione della spesa del personale il comma 557ter del
citato articolo 1 della legge 296/2006 prevede che si applichi la sanzione di cui all’art. 76,
comma 4, del D.L. 112/2012, che statuisce, come si è sottolineato al precedente punto 6, il
divieto di assumere personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia di rapporto di
lavoro.
Per gli enti non soggetti al patto di stabilità (dal 2013 quelli fino a 1000 abitanti) si
applica, invece il comma 562 dell’art. 1 della legge 296/2006 che prevede: “Per gli enti non
sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi
a carico delle amministrazioni e dellʹIRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi
contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dellʹanno 2008. Gli enti di
cui al primo periodo possono procedere allʹassunzione di personale nel limite delle cessazioni di
rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente
anno, ivi compreso il personale di cui al comma 558”.
Dunque anche nell’attuale versione, pur essendo stato sostituito il 2004 con il 2008 come
anno da prendere a riferimento, la disciplina è sostanzialmente rimasta invariata. Per il
calcolo delle spese di personale valgono le considerazioni svolte in relazione al comma 557
dell’art. 1 della legge 269/2006, le modalità di computo sono sostanzialmente le stesse
come si desume dalle voci individuate nei questionari allegati alle linee guida approvate
dalla Sezione Autonomie della Corte dei Conti con deliberazione n. 3 del 2008.
Occorre rilevare infine che le Sezioni Riunite della Corte dei Conti con la citata
deliberazione n. 27 del 12 maggio 2011, hanno individuato quale parametro per il
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computo delle spese di personale (si ritiene per tutte le fattispecie in cui occorre calcolare
la spesa del personale) debba essere quello riferito alla gestione della competenza, in
particolare agli impegni, e non di cassa.
“Si tratta dunque – afferma la Corte nella citata deliberazione ‐ dell’enucleazione del parametro
cui gli enti locali devono attenersi per rispettare il rapporto delle spese di personale; ….
Nellʹassenza di una esplicita previsione normativa, va considerato che il riferimento al
parametro della cassa potrebbe risultare non affidabile per fondare il riscontro, per via della
possibile casualità dell’entità dei pagamenti effettuati dalle amministrazioni locali nell’anno 2010,
in ragione del fisiologico scarto temporale fra impegno e pagamento.
Infatti il dato dei pagamenti potrebbe risentire di oscillazioni non riportabili ad un andamento
stabile della spesa, risultando inadeguato a costituire l’indice di un rapporto strutturale. E’
preferibile perciò impiegare un dato di maggiore affidabilità quale quello desumibile dalla
gestione della competenza. Pertanto, assumere a riferimento il dato di competenza relativo
all’anno 2010 potrebbe essere funzionale alle esigenze di contenimento della spesa sottesa al decreto
legge n. 78 del 2010 in quanto viene in rilievo sia in termini di spesa del personale che di spesa
corrente un dato che proviene dalla effettiva gestione del bilancio…….
Per le considerazioni che precedono si ritiene di dover far riferimento al dato degli
impegni, in quanto esso deriva dalla effettiva gestione del bilancio e quindi non risulta frutto di
stime, ma è suscettibile di riscontro (dato adottato anche nei decreti ministeriali relativi ai
parametri di deficitarietà ex art. 242 del d.lgs. n. 267 del 2000).
Al riguardo, emerge un’ulteriore questione e cioè da quale documento contabile tale dato
debba essere desunto e in particolare se sia necessario trarre questo dato esclusivamente dal
rendiconto approvato o da altro documento che non abbia pari requisiti di ufficialità.
E’ necessario tenere presente che il blocco delle assunzioni incide sulla gestione dell’esercizio 2011 e
che la necessità di provvedere al riguardo si può anche manifestare nei primi mesi dell’anno,
quando ancora non è disponibile la rendicontazione ufficiale….in caso di specifiche e
motivate esigenze, è anche ammissibile che, in attesa dell’approvazione del documento ufficiale, si
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possa fare riferimento a documenti che hanno un minore crisma di ufficialità quali lo schema
di rendiconto predisposto dagli uffici o quello approvato dalla giunta.”
Bergamo, 7 aprile 2014
Per la FP-CGIL di Bergamo
F.to Gian Marco Brumana
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6/12/2011 Parere Aran RAL873
La fruizione di un periodo di congedo parentale può essere interrotta, a richiesta
della lavoratrice, in caso di sua malattia?
Riteniamo ammissibile che, sulla base dell'art.22 del D.Lgs.n.151/2001, la lavoratrice possa
interrompere la fruizione in atto del congedo parentale in caso di malattia. In tal senso si è
espressamente pronunciato anche il Dipartimento per gli Affari Sociali.
A tal fine la lavoratrice chiederà la trasformazione del titolo dell'assenza, da congedo parentale in
assenza per malattia, presentando la necessaria documentazione. In materia troverà applicazione
la generale disciplina delle assenze per malattia di cui all'art.21 del CCNL del 6.7.1995 e successive
modificazioni ed integrazioni.
Riteniamo, inoltre, che l'intervenuta interruzione della fruizione del congedo parentale,
traducendosi di fatto in una forma di frazionamento dello stesso, comporti che, ai fini dell'ulteriore
godimento, sia necessaria una nuova richiesta da parte dell'interessata, nel rispetto dei termini di
preavviso stabiliti
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6/12/2011 Parere ARAN RAL842 La dipendente in congedo di maternità ha diritto alla retribuzione di posizione di cui
all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999 per tutta la durata del congedo anche se l’incarico
di posizione organizzativa scade all’interno di tale periodo ?
Si è del parere che la retribuzione di posizione di cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999 debba
essere corrisposta in misura pari al 100% per tutto il periodo del congedo di maternità, anche se
l’incarico di posizione organizzativa scade all’interno del periodo di congedo.
Infatti, l’art. 17 del CCNL del 14.9.2000 stabilisce che nel periodo di astensione obbligatoria la
lavoratrice ha diritto all’intera retribuzione fissa mensile, alle quote di salario accessorio fisse e
ricorrenti, compresa la retribuzione di posizione, nonché al salario di produttività; mentre l’art. 23,
comma 1, del D. Lgs. n.151/2001, nel prevedere che agli effetti dell’art. 22 dello stesso decreto
legislativo per retribuzione “s'intende la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga
quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale
ha avuto inizio il congedo di maternità” fornisce un sicuro elemento per affermare che non ha
alcun rilievo la scadenza dell’incarico di posizione organizzativa durante il periodo di congedo.
Quanto sopra vale anche con riferimento alle posizioni organizzative di alta professionalità
disciplinate dall’art.10 del CCNL del 22.1.2004.
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