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Consulta il sito della FP-CGIL di Bergamo – www.fpcgilbergamo.it 1 Diffondilo tramite intranet ed affiggilo in bacheca APRILE - MAGGIO 2014 - formato elettronico Questo numero è diffuso solo in formato elettronico Sommario: ASSEMBLEA DEL 23 MAGGIO 2014 – ORDINE DEL GIORNO DEI DIPENDENTI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE DELLA PROVINCIA DI BERGAMO Pag. 2 ASSISTENZA EDUCATIVA DEL COMUNE DI BERGAMO – LETTERA AI CANDIDATI SINDACI DEL COMUNE DI BERGAMO Pag. 4 OSPEDALE GIOVANNI XXIII° - COMUNICATO DI FP-CGIL E NURDIND SUI RAPPORTI TRA OO.SS. Pag. 7 ENTI LOCALI – LA RIDUZIONE DELLA SPESA DI PERSONALE Pag. 11 __________________________________________________________________________

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Diffondilo tramite intranet ed affiggilo in bacheca

APRILE - MAGGIO 2014 - formato elettronico

Questo numero è diffuso solo in formato elettronico

Sommario:

ASSEMBLEA DEL 23 MAGGIO 2014 – ORDINE DEL GIORNO DEI DIPENDENTI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE DELLA PROVINCIA DI BERGAMO Pag. 2 ASSISTENZA EDUCATIVA DEL COMUNE DI BERGAMO – LETTERA AI CANDIDATI SINDACI DEL COMUNE DI BERGAMO Pag. 4 OSPEDALE GIOVANNI XXIII° - COMUNICATO DI FP-CGIL E NURDIND SUI RAPPORTI TRA OO.SS. Pag. 7 ENTI LOCALI – LA RIDUZIONE DELLA SPESA DI PERSONALE Pag. 11 __________________________________________________________________________

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ASSEMBLEADEL23MAGGIO2014‐ORDINEDELGIORNODEIDIPENDENTIDELLEAMMINISTRAZIONIPUBBLICHEDELLA

PROVINCIADIBERGAMO

Il 23 maggio si è tenuta un’affollata assemblea organizzata da FP-CGIL, CISL-FP, UIL-PA

con la partecipazione di oltre 500 dipendenti delle amministrazioni pubbliche

bergamasche, al termine della quale è stato votato pressocché all’unanimità l’ordine del

giorno di seguito riportato. Lo stesso ordine del giorno, peraltro, è stato poi inviato alle

federazioni nazionali e regionali delle citate OO.SS.

L’assemblea dei dipendenti appartenenti ai diversi comparti pubblici, riuniti presso

l’auditorium della Casa del Giovane di Bergamo il 23 maggio 2014, ritiene che il metodo

usato dal Governo per lanciare l’ennesima riforma della pubblica amministrazione con

una consultazione online dai confini poco trasparenti, che evita il confronto con le parti

sociali ed al contempo “offre generosamente“ un mese alla “discussione” non si sa di chi,

non possa essere condivisa e non passa rappresentare quella volontà di voler fare sul serio

declamata dal presidente del Consiglio.

L’assemblea, inoltre, dopo cinque anni di blocco dei contratti nazionali di lavoro e quattro

del trattamento economico accessorio, ritiene che sia necessario fare in modo di giungere

nei tempi più rapidi possibili al rinnovo dei CCNL nel pubblico impiego, passaggio,

peraltro, necessario anche per rendere sostanziale la stessa contrattazione decentrata

integrativa, soggetta alle condizioni definite nel contratto nazionale di lavoro.

Tale necessità appare tanto più urgente ove si tenga conto del paventato blocco della

contrattazione e del trattamento economico dei dipendenti fino al 2017 e che il rinnovo dei

contratti collettivi nazionali di lavoro nel pubblico impiego non figura tra i 44 punti di cui

si compone la nuova riforma della pubblica amministrazione sostenuta dall’attuale

governo.

Si invitano, quindi, gli organismi dirigenti nazionali FP-CGIL, CISL-FP, UIL-PA a mettere

in campo tutte le iniziative più opportune affinché:

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1) si pervenga in tempi brevi all’individuazione dei comparti di contrattazione nel

pubblico impiego;

2) si proceda a definire piattaforme unitarie articolate a livello economico e normativo per

il rinnovo dei CCNL di comparto relativi al periodo 2015 -2017, da sottoporre alla

valutazione dei lavoratori, superando la fase dell’individuazione di linee guida

indifferenziate per tutto il pubblico impiego;

3) si avviino in tempi ragionevoli le trattative per il rinnovo contrattuale invitando i

comitati di settore a definire le loro linee guida per i rinnovi contrattuali da inviare in

tempi ragionevoli all‘ARAN.

L’assemblea dei dipendenti ritiene, pertanto, assolutamente necessario che entro la

scadenza del 31. 12. 2014, data cui è stato prolungato il blocco del rinnovo dei contratti

nazionali di categoria, vengano intraprese dai citati organismi dirigenti tutte le iniziative

necessarie per la definizione delle piattaforme per il rinnovo dei CCNL di comparto nel

pubblico impiego e l’avvio delle relative trattative.

L’assemblea, infine, ritiene che non possa passare sotto silenzio l’ennesima

discriminazione nei confronti del pubblico dipendente considerato che non concorre alla

determinazione del reddito a cui applicare la riduzione del cuneo fiscale ( i famosi 80 euro

mensili) il reddito soggetto ad imposta agevolata del 10% e relativo agli incrementi della

produttività, nel limite di 3000 euro annui, , mentre quello soggetto ad un’aliquota più

elevata sì .

Infatti non essendo applicata l’imposta agevolata del 10% al pubblico dipendente,

quest’ultimo risulta doppiamente penalizzato, da un lato per la mancata applicazione di

tale imposta e dall’altro perché non può fruire dell’esenzione dei redditi soggetti a

tassazione agevolata ai fini della riduzione del cuneo fiscale, come indicato nella circolare

9/E del 14 maggio 2014 dell’Agenzia delle Entrate.

Si chiede, pertanto, agli organismi dirigenti nazionali di FP-CGIL, CISL-FP, UIL-PA di

sollevare la questione in modo che almeno per la riduzione del cuneo fiscale vi sia parità

di trattamento tra dipendenti pubblici e dipendenti privati.

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5/7/2012 Parere ARAN RAL_1232 Una lavoratrice che fruisce dei permessi di cui all’art.39 del

D.Lgs.n.151/2001, può prestare lavoro straordinario o essere inserita

in turni di reperibilità?

Attualmente,  non  risultano  disposizioni  legislative  o  contrattuali  che  ostino  a  richiedere 

prestazioni di  lavoro straordinario o a porre  in reperibilità  la  lavoratrice che usufruisce dei riposi 

giornalieri della madre, ai sensi dell’ art.39 del D.Lgs.n.151/2001. 

Su un diverso piano si pone, invece, la valutazione del datore di lavoro pubblico circa la sussistenza 

di  una  effettiva  ed  inderogabile  necessità  di  richiedere  prestazioni  di  lavoro  straordinario  o  la 

collocazione  in  reperibilità  proprio  alla  lavoratrice  che,  per  l’esigenza  di  assistenza  al  bambino, 

attualmente si avvale dei sopradetti riposi e, quindi, indirettamente di un orario di lavoro effettivo 

ridotto,  soprattutto  nell’eventualità,  ad  esempio,  in  cui  le  due  ore  di  riposo  siano  fruite  dalla 

lavoratrice interessata alla fine dell’orario di lavoro. 

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ASSISTENZAEDUCATIVADELCOMUNEDIBERGAMO

LetteraaicandidatisindacidelcomunediBergamo

Abbiamo ricevuto da parte di un gruppo di assistenti educatrici del servizio di assistenza

scolastica del Comune di Bergamo l’allegata lettera con preghiera di inoltro ai sei

candidati sindaci che si presenteranno al voto dei cittadini bergamaschi il prossimo 25

maggio.

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Riteniamo importanti i temi sollevati nella lettera in quanto nelle scuole del comune di

Bergamo, come nel resto della nostra Provincia, operano parecchie ragazze e ragazzi in un

ruolo fondamentale per l’integrazione degli alunni diversamente abili o con disturbi

dell’apprendimento all’interno del percorso scolastico.

Assistenti educatrici/tori che spesso vivono una situazione di scarso riconoscimento della

propria professionalità, con retribuzioni troppo lontane rispetto a tutti coloro che lavorano

all’interno della Scuola e in condizioni precarie che la sola contrattazione tra

Organizzazioni Sindacali e Datoriali non è in grado di risolvere totalmente.

Riteniamo che i comuni bergamaschi, committenti di questi servizi, possano fare molto per

fornire qualche risposta alle domande poste.

Ci auguriamo che questa tematica venga assunta dalla futura Giunta tra le priorità nel

campo del welfare territoriale.

Bergamo, 21 maggio 2014 Per la FP-CGIL di Bergamo

F.to Roberto Rossi

Gentili candidati, 

siamo un gruppo di lavoratrici/ori operanti su vari servizi scolastici della città e siamo a sottoporvi 

un problema di  carattere  lavorativo e  sociale  che  in altre parti d’Italia ha già  trovato molteplici 

soluzioni, ma che a Bergamo persiste. 

Nel  campo  del  sociale  e  delle  cooperative  sociali  esiste  una  figura  educativa/assistenziale  che 

opera sui già citati servizi scolastici di tutta la nostra città: “l’assistente educatore”. 

Tale profilo, poco definito nelle menti di chi non opera nel settore dell’istruzione e del sociale si 

può qualificare  come una  figura professionale  che  si  interfaccia  con  i docenti di  classe  e  la  cui 

attività  è  complementare  a  quella dell’insegnate  di  sostegno;  che  opera  attraverso modalità di 

intervento  differenziate  in  base  all’alunno  seguito;  che  individua  strategie  per  garantire  il 

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benessere  dell’alunno  nel  gruppo  classe  e  nel  contesto  scuola  e  che  pertanto  contribuisce  a 

delineare  e  a  perseguire  gli  obbiettivi  didattico/educativi  previsti  dal  P.E.I.  (piano  educativo 

individualizzato). 

Come si evince da quanto detto sopra esso, nei servizi scolastici, è sempre più un ruolo di punta. 

Qualsiasi  logica  di welfare  territoriale  non  può  dunque  prescindere  da  un’attenta  analisi  delle 

problematiche che circondano questa figura. 

Purtroppo  infatti ci troviamo di  fronte ad un profilo per  il quale  l’attuale normativa contrattuale 

non  fornisce  strumenti  specifici  per  quanto  riguarda  la  gestione  del  rapporto  di  lavoro  e  non 

garantisce nessuna sicurezza retributiva. 

Nella fattispecie un assistente educatore anche inquadrato a tempo indeterminato si vede coperti 

da  stipendio  solo  9  mesi  a  fronte  dei  12  annuali  (corrispondenti  all’anno  scolastico),  e  non 

percepisce  alcuna  retribuzione  per  tutte  quelle  casistiche  che  prevedano  una  sospensione  del 

servizio quali ad esempio l’assenza per malattia dell’utente o le chiusure scolastiche straordinarie. 

Come già detto,  in altre realtà del nostro paese,  in un’ottica migliorativa, è stato già previsto un 

sistema di copertura e tutela per queste figure da parte della committenza, cioè il Comune stesso,  

la quale serve a coprire almeno parzialmente tutte queste spettanze non previste e la cui assenza 

nella  nostra  città  indebolisce  nel  confronto  non  solo  le  figure  stesse, ma  anche  la  qualità  del 

servizio e quindi del nostro comune. 

Chiediamo  perciò  che  anche  nel  nostro  comune  di  Bergamo  vengano  previste  simili  forme  di 

salvaguardia a tutela di lavoratori che nonostante tutti i problemi esposti garantiscono comunque 

un servizio sociale importante per la comunità. 

Augurandoci da parte vostra un rinnovato interesse per quanto esposto porgiamo 

 

Cordiali saluti. 

Un gruppo di assistenti educatrici 

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6/12/2011 Parere Aran RAL874

La malattia sopraggiunta durante il periodo di rinvio della astensione obbligatoria, impone la

fruizione della stessa astensione da parte della lavoratrice?

Riteniamo  che  la  soluzione  debba  essere  individuata  tenendo  conto  della  specifica  disciplina 

dettata per  la  flessibilità del  congedo di maternità dall’art.20 del D.Lgs.n.151/2001.  Infatti,  tale 

articolo nel consentire alla lavoratrice, sussistendone i presupposti in esso indicati, di astenersi dal 

lavoro  anche  solo  a  partire  dal mese  precedente  la  data  presunta  del  parto,  in  nessun modo 

stabilisce che, ove la stessa sia avvalsa di tale facoltà, in presenza di una malattia sopraggiunta nel 

periodo  antecedente  (di  flessibilità,  cioè  l’ottavo  mese),  deve  necessariamente  utilizzare 

l’astensione  obbligatoria  o  che,  automaticamente,  comunque  si  determina  l’anticipo  della 

decorrenza dell’astensione obbligatoria. 

Solo  la  lavoratrice,  sulla  base  di  un’autonoma  valutazione  della  propria  situazione,  in  tale 

particolare fattispecie della malattia sopraggiunta, deciderà se interrompere o meno il periodo di 

flessibilità dell’astensione obbligatoria che ha richiesto e di cui sta fruendo. 

Ove ciò non avvenga, al  termine del periodo di malattia  (per  la disciplina della quale valgono  le 

regole  generali dell’art.21 del CCNL del 6.7.1995, e  successive modificazioni ed  integrazioni),  la 

lavoratrice  potrà  riprendere  regolarmente  servizio,  fino  all’effettivo  inizio  del  periodo  di 

astensione obbligatoria. 

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OpedaleGiovanniXXIII°–comunicatodiFP‐CGILeNursindsuirapportitraOO.SS.

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Bergamo, 16 aprile 2014

Le scriventi organizzazioni sindacali , che insieme rappresentano il 70 % delle preferenze

espresse dai lavoratori nelle ultime RSU, hanno abbandonato il tavolo della trattativa del 10

aprile perché non sussistevano le condizioni per proseguire, o meglio, per iniziare una qualunque

discussione sulle problematiche all’ordine del giorno, visto l’atteggiamento che una parte, peraltro

minoritaria, dei soggetti sindacali ha mantenuto in tale sede. Un atteggiamento volto a sterili

polemiche interne alle organizzazioni sindacali ed estraneo alle questioni all’ordine del giorno.

Apprendiamo ora della “ lamentela” di alcune sigle sindacali che, rovesciando la realtà, chiedono

di affrontare la discussione di una serie di problematiche poste all’ordine del giorno.

Confermiamo la nostra DISPONIBILITA’ alla ripresa immediata del tavolo delle trattative per la

discussione dei punti indicati e contemporaneamente ci rallegriamo che, per la prima volta in due

anni, le medesime organizzazione sentano la necessità di affrontare problemi che riguardano i

lavoratori.

Ci auguriamo che tale “volontà” permanga anche in sede di delegazione trattante ( duri cioè un po’

più a lungo della stesura di un volantino).

Rammentiamo, però, che finora al tavolo della trattativa le grandi questioni poste da tali

organizzazioni riguardavano, nella migliore delle ipotesi, solo loro stesse ( intese come

organizzazioni) oppure loro stessi (intesi come sindacalisti).

Fino ad oggi abbiamo evitato polemiche pubbliche tra organizzazioni sindacali, considerando che

la situazione per i lavoratori è tutt’altro che facile e di tutto si sente il bisogno tranne che di inutili e

sterili polemiche.

Se si vuole provare ad affrontare insieme i problemi che ci sono noi non ci sottraiamo di certo. Se

però i tavoli delle trattative sono un palcoscenico per scaricare frustrazioni personali, insulti

gratuiti, garantendo così all’Amministrazione di poter agire indisturbata e di non agire laddove sia

richiesto, allora è meglio trovare altre soluzioni.

Restiamo FERMAMENTE CONVINTI CHE I PROBLEMI TRA ORGANIZZAZIONI

SINDACALI SI AFFRONTANO PRIMA E DOPO LE DELEGAZIONI TRATTATANTI.

DURANTE LE DELEGAZIONI SI AFFRONTANO I PROBLEMI DEI LAVORATORI (

POSSIBILMENTE DI TUTTI I LAVORATORI) e la Direzione deve rimanere la controparte e

doverosamente estranea alle questioni interne alla parte sindacale quali la richiesta di dimissioni del

coordinatore della RSU, l’espressione di pareri in merito alla composizione dell’esecutivo della

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RSU o addirittura essere sollecitata ad intraprendere azioni unilaterali su materie che dovrebbero

essere contrattate.

Se così sarà… benvenuti!

FP CGIL NURSIND

Giacomo Pessina Donato Carrara

 

 

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I permessi retribuiti per accertamenti prenatali previsti dall’art. 14 del D. Lgs.

n.151/2001 spettano alle lavoratrici anche se il CCNL non li ha richiamati

espressamente ?

Crediamo  che  non  possa  esservi  alcun  dubbio  sul  diritto  della  lavoratrice  ai  permessi  retribuiti 

previsti dall’art. 14 del D. Lgs. 151/2001; come pure è evidente che  le relative ore di assenza dal 

lavoro non devono essere recuperate. 

Quanto  al  fatto  che  tali  permessi  non  troverebbero  riscontro  nei  vigenti  CCNL,  premesso  che 

trattandosi di disciplina applicabile a tutti  i  lavoratori, pubblici e privati, non v’è alcun bisogno di 

una specifica clausola contrattuale, essendo sufficiente la generale previsione dell’art.2, comma 2, 

del D.  Lgs. n.165/2001,  si  sottolinea,  comunque,  che  l’art.  19,  comma  9 del CCNL del  6.7.1995 

stabilisce,  con  rinvio  mobile,  il  diritto  del  dipendente  a  tutti  i  permessi  retribuiti  previsti  da 

specifiche disposizioni di legge. 

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6/12/2011 Parere ARAN RAL896

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E’ possibile avere qualche chiarimento sulla disciplina applicabile alle dimissioni

presentate dalla lavoratrice durante il periodo in cui è previsto il divieto di

licenziamento ai sensi dell’art. 54 del D. Lgs. 151/2001?

L’art. 55, comma 1, del D. Lgs. 151/2001 stabilisce che “in caso di dimissioni volontarie presentate 

durante  il  periodo  per  cui  è  previsto,  a  norma  dell'articolo  54,  il  divieto  di  licenziamento,  la 

lavoratrice ha diritto alle  indennità previste da disposizioni di  legge e  contrattuali per  il  caso di 

licenziamento.” 

Il periodo  interessato da  tale previsione,  ai  sensi del  richiamato  art. 54 del D.  Lgs.  151/2001  è 

quello  che va dall'inizio del periodo di gravidanza  fino al  termine dei periodi di  interdizione dal 

lavoro previsti dal Capo III dello stesse decreto, nonché fino al compimento di un anno di età del 

bambino. 

Il  comma  4  del  citato  art.  55  prevede,  inoltre,  che  “la  richiesta  di  dimissioni  presentata  dalla 

lavoratrice, durante  il periodo di gravidanza, e dalla  lavoratrice o dal  lavoratore durante  il primo 

anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o  in affidamento, 

deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. 

A  detta  convalida  è  condizionata  la  risoluzione  del  rapporto  di  lavoro”. 

Sulla base di tali disposizioni è possibile concludere: 

∙ che le dimissioni presentate dalla lavoratrice nel primo anno di vita del bambino devono sempre 

essere  convalidate  dal  servizio  ispettivo  del  Ministero  del  lavoro  a  pena  di  nullità  (l’effetto 

risolutivo del rapporto si verifica solo in presenza della convalida); 

∙ che in caso di dimissioni convalidate la lavoratrice ha diritto all’indennità sostituiva del preavviso 

calcolata come se si trattasse di un licenziamento (e, naturalmente, al T.F.R. secondo la disciplina 

dell’art. 5 del CCNQ del 29.7.1999 ‐ sono queste le “indennità” previste dalla legge e dal CCNL ). 

Per  ciò  che  attiene  al  preavviso,  occorre  rilevare  che,  espressamente,  l’art.  55  del  D.  Lgs.  n. 

151/2001  esclude  che nel  caso di dimissioni presentate durante  il periodo per  cui  è previsto  il 

divieto  di  licenziamento,  ai  sensi  dell’art.  54  dello  stesso Decreto  Legislativo  la  lavoratrice  o  il 

lavoratore siano tenuti a darlo. 

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EntiLocali–Lariduzionedellaspesadipersonale

 

Per  poter  procedere  a  nuove  assunzioni  o  anche  solo  per  poter  effettuare mobilità    in 

entrata  gli  enti  locali  soggetti  al  patto  di  stabilità  interno  (vale  a  dire  tutti  quelli  con 

popolazione  superiore 1000 abitanti),  in applicazione dell’art. 1,  comma 557, della  legge 

296/2006 sono tenuti anche a ridurre la spesa di personale, quale vincolo che si aggiunge a 

quelli del  rispetto del patto di  stabilità  interno  e del  rapporto non  superiore  al  50%  tra 

spese del personale e spese correnti. 

Nella versione attuale il citato comma 557 dispone che: 

“Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, 

gli  enti  sottoposti  al  patto  di  stabilità  interno  assicurano  la  riduzione  delle  spese  di 

personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dellʹIRAP, con esclusione 

degli  oneri  relativi  ai  rinnovi  contrattuali,  garantendo  il  contenimento  della  dinamica 

retributiva  e  occupazionale,  con  azioni  da modulare  nellʹambito  della  propria  autonomia  e 

rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento: 

a) riduzione dellʹincidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle 

spese  correnti,  attraverso  parziale  reintegrazione  dei  cessati  e  contenimento  della  spesa  per  il 

lavoro flessibile; 

b)  razionalizzazione  e  snellimento  delle  strutture  burocratico‐amministrative,  anche 

attraverso accorpamenti di uffici  con  lʹobiettivo di  ridurre  lʹincidenza percentuale delle posizioni 

dirigenziali in organico; 

c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche 

conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali.” 

Il legislatore, dunque, pur lasciando una certa autonomia di scelta agli enti locali soggetti 

al patto di stabilità,  indica,  tuttavia, quali  sono gli ambiti di  intervento prioritari che  in 

linea di principio l’ente locale dovrebbe seguire per ridurre la spesa del personale.  

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Tali ambiti prioritari di intervento sono: la parziale reintegrazione del personale cessato e 

la  riduzione  del  ricorso  al  lavoro  flessibile,  la  riorganizzazione  con  riduzione  delle 

posizioni dirigenziali,  il  contenimento della  crescita dei  costi dei  contratti  integrativi. 

Ambiti di  intervento già  soggetti  a pesanti  limitazioni  legislative  e quindi di non  facile 

ulteriore contenimento. Infatti dal 2007 in poi, tali ambiti si sono rivelati assai più aleatori 

che  reali proprio a causa dei  ripetuti  interventi di contenimento della spesa  imposti dal 

legislatore  sia  sul  costo  dei  rinnovi  contrattuali,  sulla  possibilità  di  reintegrazione  del 

personale  cessato,  che  sul  ricorso  al  lavoro  flessibile,  l’unico  vero  ambito  di 

intervento,peraltro  non  certo  di  semplice  attuazione  appare  quello  della  possibile 

riorganizzazione della struttura interna. 

Tuttavia il comma 557 dell’art. 1, della legge 296/2007 (finanziaria del 2007) prima ancora 

di  delineare  possibili  ambiti  di  intervento  correttivo,  pone  una  serie  di  questioni 

interpretative tra le quali due risultano di particolare importanza. 

La  prima  questione  riguarda  la  composizione  della  spesa  di  personale  da  prendere  in 

esame, la seconda questione riguarda il riferimento temporale da cui partire per effettuare 

la riduzione.  

 

Quanto  alla  prima  questione,  il  Ministero  dell’Economia  e  delle  Finanze  era  gia 

intervenuto  con  la  circolare numero  9 del  2006,  concernente  “disposizioni  in materia di 

spese  per  il  personale  per  le Amministrazioni  Regionali,  gli  Enti  Locali  e  gli  Enti  del 

Servizio Sanitario Nazionale. Art. 1, commi da 198 a 206, della legge 23 dicembre 2005, n. 

266 (legge finanziaria 2006)”, ad individuare le voci da includere o escludere dal computo 

della spesa del personale. Tale circolare è stata poi ripresa dalle Sezioni Riunite della Corte 

dei Conti ai  fini dell’applicazione all’analoga spesa prevista dal citato art. 1, comma 557,   

della legge 296/2006. 

La  citata  circolare  include nel  computo della  spesa del personale degli enti  soggetti al    

patto di stabilità ai fini della sua riduzione le seguenti voci: 

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•    le  retribuzioni  lorde  ‐  trattamento  fisso  ed  accessorio  ‐  corrisposte  al  personale 

dipendente con contratto a tempo indeterminato e determinato; 

•    le  altre  spese  espressamente  richiamate  dal  comma  198  per  compensi  corrisposti  al 

personale  con  contratto  di  collaborazione  coordinata  e  continuativa  o  che  presta 

servizio  con  altre  forme  di  rapporto  di  lavoro  flessibile  (ivi  compresa  la 

somministrazione di  lavoro  temporaneo) o con convenzioni. Sono  inoltre  inclusi gli 

eventuali  emolumenti  a  carico  delle  Amministrazioni  corrisposti  ai  lavoratori 

socialmente utili; 

•    gli oneri riflessi a carico del datore di lavoro per contributi obbligatori; 

•    l’IRAP; 

•    gli assegni per il nucleo familiare, buoni pasto e spese per equo indennizzo; 

 le  somme  rimborsate  ad  altre  Amministrazioni  per  il  personale  in  posizione  di 

comando; 

•    le spese sostenute dallʹEnte per il personale in convenzione (ai sensi degli articoli. 13    

e 14 del CCNL 22 gennaio 2004) per la quota parte di costo effettivamente sostenuto; 

•     le spese sostenute per il personale previsto dallʹart. 90 del D.L.vo. n. 267/2000. 

•    i compensi per gli incarichi conferiti ai sensi dellʹart. 110, commi 1 e 2 del D.L.vo. n. 

267/2000. 

Dal  calcolo  della  spesa  di  personale  oggetto  di  riduzione  risultano,  invece,  escluse  le 

seguenti voci: 

le spese per il personale appartenente alle categorie protette; 

•  le  spese  sostenute  dallʹEnte  per  il  proprio  personale  comandato  presso  altre      

Amministrazioni e per le quali è previsto il rimborso; 

•    le  spese di personale  totalmente a  carico di  finanziamenti  comunitari o privati,  che     

non comportano quindi alcun aggravio per il bilancio dellʹente; 

le  spese  per  lavoro  straordinario  ed  altri  oneri  di  personale  direttamente  connessi 

allʹattività elettorale, per cui è previsto il rimborso da parte del Ministero degli Interni. 

le spese per personale in convenzione rimborsate dagli enti convenzionati. 

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L’elenco,  tuttavia,  è  da  ritenersi  non  esaustivo.  In  particolare,  per  espressa  previsione 

contenuta  nell’art.  1,  comma  557,  della  legge  269/2006,  sono  esclusi  dal  computo  della 

spesa del personale gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali. Sul punto le Sezioni Riunite 

della Corte dei Conti,  con parere  n.  27 del  12 maggio  2011,  hanno  sostenuto  che:  ”..  le 

risorse  destinate  alla  contrattazione  integrativa,  per  le  quali  è  previsto  un  tetto massimo 

fissato dalla contrattazione nazionale espresso in quote di monte salari, vanno considerate 

alla stregua di queste ultime,  fermi restando gli specifici vincoli posti dalla  legge o  in base alla 

legge  dai  contratti  nazionali  ai  contratti  integrativi  e  decentrati,  atteso  che  tale  ambito  della 

contrattazione integrativa è definito da quella nazionale. Le risorse aggiuntive che invece 

sono conseguenti a scelte di politica del personale effettuate dagli enti non possono essere 

escluse  dal  raffronto;  ciò  anche  in  considerazione  che  la  novella  al  comma  557  prevede 

espressamente tra le azioni prioritarie da attuare al fine di ridurre la spesa complessiva 

per il personale, quella di ridurre le spese per la contrattazione integrativa.”. 

Quindi possono essere esclusi dal computo della spesa del personale gli oneri,  ricadenti 

anche sulla contrattazione integrativa, purché stabiliti dai contratti nazionali di lavoro e 

non da scelte di politica del personale sostenute discrezionalmente dall’amministrazione.  

Occorre, inoltre, rilevare che in materia di oneri relativi alla contrattazione integrativa la 

Sezione Autonomie della Corte dei Conti, con deliberazione n 16 del 9 novembre 2009 ha 

escluso dal computo della spesa del personale di cui al comma 557 dell’art. 1 della legge 

296/2006  le  spese  relative  agli  incentivi  per  la  progettazione  interna,  in  quanto  spese 

d’investimento,  sostenendo  di  non  trattarsi  di  una  distinzione  “puramente  formale,  ma 

sostanziale, con conseguenze di grande rilievo:  le spese per  investimento,  infatti, possono essere 

finanziate anche con ricorso all’indebitamento, mentre per le spese correnti a ciò osta un divieto 

sancito addirittura a livello costituzionale”, quelle relative ai diritti di rogito, “che sono pagati 

da terzi interessati”, quelle relative al recupero dell’evasione ICI tenuto conto che “si tratta 

di compensi correlati anche ad un incremento dell’entrate dell’ente, con conseguente miglioramento 

del saldo complessivo tra entrate e spese della gestione finanziaria dell’ente stesso.” 

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Visto  il  tenore  delle  argomentazione  sono  da  ritenersi  pure  esclusi  dal  computo  gli 

incentivi  che  specifiche  disposizioni  di  legge  prevedono  e  che  si  “autoalimentano” 

come i progetti per l’incentivazione della definizione delle domande di condono edilizio, 

o quelle voci che risultano a carico di altri enti quali i compensi ISTAT. 

Peccato che la Corte dei Conti non abbia applicato lo stesso criterio interpretativo quando 

si è  trattato di  fornire un’  interpretazione per  l’applicazione dell’art. 9, comma 2bis, del 

D.L. 78/2010 il relazione al blocco del trattamento economico disposto dalla citata norma, 

in particolare in riferimento al recupero dell’evasione ICI.   

La citata circolare n. 9 del 2006 del M.E.F. esclude, inoltre, le spese per la formazione del 

personale e le missioni (indennità e rimborsi – quando ancora si pagavano), “in quanto già 

comprese … nellʹambito delle altre spese correnti.” 

 

In merito alla  seconda questione, vale a dire  il  riferimento  temporale da  cui partire per 

procedere a ridurre la spessa del personale contenuta nel comma 557 dell’art. 1 della legge 

296/2006  la Sezione Autonomie della Corte dei Conti, al fine di uniformare  i contrastanti 

giudizi delle diverse Sezioni regionali, ha assunto con le deliberazioni 2 e 3 del 2010 una 

posizione precisa:  il riferimento  temporale per  la riduzione della spesa di personale è 

quello dell’anno precedente.   

“In particolare – afferma  la Corte dei Conti nella  citata delib. n. 3 del 2010  ‐  il  legislatore, 

all’articolo 1, comma 557, della  legge 27 dicembre 2006 n. 296  (legge  finanziaria 2007) ha  inteso 

normativamente confermare l’obiettivo della riduzione della spesa per il personale, stabilendo che, ai 

fini del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, “..gli enti sottoposti al patto di stabilità interno 

assicurano  la  riduzione  delle  spese  di  personale,  garantendo  il  contenimento  della  dinamica 

retributiva  e  occupazionale,  anche  attraverso  la  razionalizzazione  delle  strutture  burocratico 

amministrative….,  al  fine  di  perseguire  un  corretto  comportamento  organizzativo  –  gestionale 

dell’Ente. 

Alla luce di quanto sopra, il parametro di riferimento non può non essere rappresentato dalla 

omologa voce di spesa dell’anno immediatamente precedente, in quanto, dall’interpretazione 

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sistematica  delle  leggi  finanziarie  succedutesi  a  partire  dal  2007,  emerge  la  volontà  del 

legislatore  di  incentivare  un meccanismo  volto  a  realizzare  una  riduzione  strutturale 

della spesa per il personale in termini progressivi e costanti”.  

Inoltre  con  la deliberazione n.  2/2010  la  Sezione Autonomie precisa  il  contenuto di  tale 

riduzione, che deve essere effettuata in termini costanti e progressivi, di anno in anno.  

“Quindi – afferma la Corte dei Conti nella citata deliberazione n. 2/2010 ‐ per operare detta 

riduzione,  non  essendo  al  riguardo  esplicitato  nella  legge  un  parametro  fisso  di  riferimento,  il 

Comune non potrà che fare riferimento alla spesa per il personale dell’anno precedente, in 

modo  tale da  garantirne  una  diminuzione  in  termini  costanti  e progressivi,  di  anno  in 

anno, coerentemente con il vigente quadro normativo che impone la programmazione dei fabbisogni 

e l’ottimizzazione delle risorse disponibili.” 

Vista  la posizione assunta dalla Sezione autonomie come non condividere,  il commento, 

“leggermente” disarmante di Gianluca Bertagna, con riferimento alla riduzione della spesa 

del  personale  in  riferimento  all’anno  precedente,  come  non  sottolineare  gli  effetti 

moltiplicatori  dirompenti  per  gli  enti  locali  della  riduzione  della  spesa  del  personale 

dell’anno precedente unita ai limiti imposti in materia di assunzioni di personale.    

“Per chi,  in questi anni, ha dovuto cimentarsi – scrive Bertagna  ‐ con  le decine (quasi centinaia 

ormai!) di calcoli sulle spese di personale, una cosa è risultata evidente: che il risultato dellʹanno 

precedente  diventi  lʹobiettivo  dellʹanno  in  corso  presenta  alcuni  aspetti  al  limite 

dell’assurdità. 

 Di fatto, rispetto allʹunico  fine di continuare a garantire  i servizi ai cittadini attraverso  lʹattività 

lavorativa  del  personale  dipendente,  gli  operatori  sanno  che  sì  devono  contenere  la  spesa 

rispetto  allʹanno  precedente,  ma  non  “di  troppo”  perché  in  questo  caso  essere  virtuosi 

significa essere paralizzati e penalizzati negli anni successivi. Detta in altre parole: è giusto 

ridurre la spesa, ma solo di un po’. 

E se questo è il pensiero dominante (e lo è nella pratica quotidiana), non ci si pone più lʹobiettivo 

prioritario di razionalizzare una spesa, quanto piuttosto quello di tenerla alta il più possibile 

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ancorché  nel  limite  previsto,  a  prescindere  da  ogni  vera  e  concreta  azione  di 

programmazione su questo importante aggregato.” 

Dunque, pur in assenza di un puntuale riferimento normativo, secondo la  Corte dei Conti 

negli enti locali soggetti al patto di stabilità l’obiettivo da conseguire è la riduzione della 

spesa del personale con riferimento a quella dell’anno precedente. 

 

In caso di mancato rispetto della riduzione della spesa del personale il comma 557ter del 

citato articolo 1 della  legge 296/2006 prevede che si applichi  la sanzione di cui all’art. 76, 

comma 4, del D.L. 112/2012, che statuisce, come si è sottolineato al precedente punto 6, il 

divieto di assumere personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia di rapporto di 

lavoro.    

Per  gli  enti  non  soggetti  al  patto  di  stabilità  (dal  2013  quelli  fino  a  1000  abitanti)  si 

applica, invece il comma 562 dell’art. 1 della legge 296/2006 che prevede: “Per gli enti non 

sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi 

a  carico  delle  amministrazioni  e  dellʹIRAP,  con  esclusione  degli  oneri  relativi  ai  rinnovi 

contrattuali, non devono superare  il corrispondente ammontare dellʹanno 2008. Gli  enti di 

cui al primo periodo possono procedere allʹassunzione di personale nel  limite delle cessazioni di 

rapporti di  lavoro a  tempo  indeterminato  complessivamente  intervenute nel precedente 

anno, ivi compreso il personale di cui al comma 558”.  

Dunque anche nell’attuale versione, pur essendo stato sostituito il 2004 con il 2008 come 

anno da prendere a riferimento,  la disciplina è sostanzialmente rimasta  invariata. Per  il 

calcolo delle spese di personale valgono le considerazioni svolte in relazione al comma 557 

dell’art. 1 della  legge 269/2006,  le modalità di  computo  sono  sostanzialmente  le  stesse 

come si desume dalle voci  individuate nei questionari allegati alle  linee guida approvate 

dalla Sezione Autonomie  della Corte dei Conti con deliberazione n. 3 del 2008. 

 

Occorre  rilevare  infine  che  le  Sezioni  Riunite  della  Corte  dei  Conti  con  la  citata 

deliberazione  n.  27  del  12  maggio  2011,  hanno  individuato  quale  parametro  per  il 

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computo delle spese di personale (si ritiene per  tutte le fattispecie in cui occorre calcolare 

la  spesa  del  personale)  debba  essere  quello  riferito  alla  gestione  della  competenza,  in 

particolare agli impegni, e non di cassa.         

“Si tratta dunque – afferma la Corte nella citata deliberazione ‐ dell’enucleazione del parametro 

cui gli enti locali devono attenersi per rispettare il rapporto delle spese di personale; …. 

Nellʹassenza  di  una  esplicita  previsione  normativa,  va  considerato  che  il  riferimento  al 

parametro della cassa potrebbe  risultare non affidabile per  fondare  il  riscontro, per via della 

possibile casualità dell’entità dei pagamenti effettuati dalle amministrazioni  locali nell’anno 2010, 

in ragione del fisiologico scarto temporale fra impegno e pagamento. 

Infatti  il  dato  dei  pagamenti  potrebbe  risentire  di  oscillazioni  non  riportabili  ad  un  andamento 

stabile  della  spesa,  risultando  inadeguato  a  costituire  l’indice  di  un  rapporto  strutturale.  E’ 

preferibile perciò  impiegare un dato di maggiore affidabilità quale quello desumibile dalla 

gestione  della  competenza.  Pertanto,  assumere  a  riferimento  il  dato  di  competenza  relativo 

all’anno 2010 potrebbe essere funzionale alle esigenze di contenimento della spesa sottesa al decreto 

legge n. 78 del 2010  in quanto viene  in  rilievo sia  in  termini di  spesa del personale che di  spesa 

corrente un dato che proviene dalla effettiva gestione del bilancio……. 

Per  le  considerazioni  che  precedono  si  ritiene  di  dover  far  riferimento  al  dato  degli 

impegni,  in quanto esso deriva dalla effettiva gestione del bilancio e quindi non risulta  frutto di 

stime,  ma  è  suscettibile  di  riscontro  (dato  adottato  anche  nei  decreti  ministeriali  relativi  ai 

parametri di deficitarietà ex art. 242 del d.lgs. n. 267 del 2000). 

Al  riguardo,  emerge  un’ulteriore  questione  e  cioè  da  quale  documento  contabile  tale  dato 

debba  essere  desunto  e  in  particolare  se  sia  necessario  trarre  questo  dato  esclusivamente  dal 

rendiconto approvato o da altro documento che non abbia pari requisiti di ufficialità. 

E’ necessario tenere presente che il blocco delle assunzioni incide sulla gestione dell’esercizio 2011 e 

che  la  necessità  di  provvedere  al  riguardo  si  può  anche  manifestare  nei  primi  mesi  dell’anno, 

quando  ancora  non  è  disponibile  la  rendicontazione  ufficiale….in  caso  di  specifiche  e 

motivate esigenze, è anche ammissibile che, in attesa dell’approvazione del documento ufficiale, si 

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possa fare riferimento a documenti che hanno un minore crisma di ufficialità quali lo schema 

di rendiconto predisposto dagli uffici o quello approvato dalla giunta.”

Bergamo, 7 aprile 2014

Per la FP-CGIL di Bergamo

F.to Gian Marco Brumana

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6/12/2011 Parere Aran RAL873

La fruizione di un periodo di congedo parentale può essere interrotta, a richiesta

della lavoratrice, in caso di sua malattia?

Riteniamo  ammissibile  che,  sulla  base  dell'art.22  del  D.Lgs.n.151/2001,  la  lavoratrice  possa 

interrompere  la  fruizione  in  atto  del  congedo  parentale  in  caso  di malattia.  In  tal  senso  si  è 

espressamente pronunciato anche il Dipartimento per gli Affari Sociali. 

A tal fine la lavoratrice chiederà la trasformazione del titolo dell'assenza, da congedo parentale in 

assenza per malattia, presentando la necessaria documentazione. In materia troverà applicazione 

la generale disciplina delle assenze per malattia di cui all'art.21 del CCNL del 6.7.1995 e successive 

modificazioni ed integrazioni. 

Riteniamo,  inoltre,  che  l'intervenuta  interruzione  della  fruizione  del  congedo  parentale, 

traducendosi di fatto in una forma di frazionamento dello stesso, comporti che, ai fini dell'ulteriore 

godimento, sia necessaria una nuova richiesta da parte dell'interessata, nel rispetto dei termini di 

preavviso stabiliti 

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6/12/2011 Parere ARAN RAL842 La dipendente in congedo di maternità ha diritto alla retribuzione di posizione di cui

all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999 per tutta la durata del congedo anche se l’incarico

di posizione organizzativa scade all’interno di tale periodo ?

Si  è del parere  che  la  retribuzione di posizione di  cui  all’art.  10 del CCNL del  31.3.1999 debba 

essere corrisposta  in misura pari al 100% per tutto  il periodo del congedo di maternità, anche se 

l’incarico di posizione organizzativa scade all’interno del periodo di congedo. 

Infatti,  l’art.  17  del  CCNL  del  14.9.2000  stabilisce  che  nel  periodo  di  astensione  obbligatoria  la 

lavoratrice ha diritto all’intera  retribuzione  fissa mensile, alle quote di  salario accessorio  fisse e 

ricorrenti, compresa la retribuzione di posizione, nonché al salario di produttività; mentre l’art. 23, 

comma 1, del D. Lgs. n.151/2001, nel prevedere che agli effetti dell’art. 22 dello stesso decreto 

legislativo per retribuzione “s'intende la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga 

quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale 

ha avuto  inizio  il  congedo di maternità”  fornisce un  sicuro elemento per affermare  che non ha 

alcun rilievo la scadenza dell’incarico di posizione organizzativa durante il periodo di congedo. 

Quanto  sopra  vale  anche  con  riferimento  alle  posizioni  organizzative  di  alta  professionalità 

disciplinate dall’art.10 del CCNL del 22.1.2004.

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